Chissà quante volte, nella vita, vi sarà capitato di dover prendere decisioni e di non sapere che scelta fare…
Questo post è proprio dedicato alla capacità o incapacità di scegliere, di prendere decisioni. Lo spunto lo offre il romanzo “Il decisionista” di Vincenzo Monfrecola, pubblicato di recente nella collana di narrativa italiana della casa editrice Cavallo di Ferro.
Siamo a Londra, nel 1898… “Quando Robert Younghusband legge l’inserzione pubblicata sul «Croydon Gazette» non crede ai suoi occhi, perché non pensava esistesse un esperto di decisioni difficili e già intravede la soluzione dei suoi problemi con i vicini di casa.
Quando William Cardigon legge la lettera inviatagli da Robert, fa i salti di gioia, perché quello è il suo primo cliente e finalmente sta per rimpolpare le sue finanze.
Quello che Robert non sa è che William non ha mai preso una decisione in vita sua, soprattutto non una buona, tanto che la sua famiglia ha finito per tagliargli i fondi”.
Le suddette frasi sono riprese dalla scheda del libro. Per il resto vi rimando alla bella recensione di Simona Lo Iacono che potete leggere di seguito. Come sapete Simona, oltre a essere scrittrice, è anche giudice. Dunque ho pensato di coinvolgerla: chi meglio di lei, che è obbligata a prendere decisioni per mestiere?
Discuteremo, dunque, di questo romanzo di Vincenzo Monfrecola (l’autore parteciperà alla discussione)… ma sarà anche l’occasione per conoscere un po’ di più la casa editrice Cavallo di Ferro (un’ottima realtà della piccola e media editoria).
E poi, mi piacerebbe che discutessimo insieme del tema generale di questo post. Così vi domando:
1. Vi è mai capitato di non essere in grado di prendere decisioni?
2. Quali sono i presupposti necessari per prendere una buona decisione?
3. Essere decisi è sempre un pregio?
4. Viceversa, essere indecisi è sempre un difetto?
5. La scelta è – come diceva Kierkegaard – la scelta dell’uomo solo… o può essere demandata ad altri?
6. Sareste capaci di rimettere le decisioni più importanti della vostra vita a una terza persona?
7. Infine: saper prendere decisioni, è più un’arte o una necessità?
Di seguito, come anticipato, la recensione de “Il decisionista” di Vincenzo Monfrecola firmata da Simona Lo Iacono.
Massimo Maugeri
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IL DECISIONISTA, di Vincenzo Monfrecola
Cavallo di Ferro, 2010 – pagg.368 – € 16,80
recensione di Simona Lo Iacono (nella foto)
Se c’è un nodo che viene al pettine, che sospende l’animo, che svia e disarma, è la scelta. Sulla strada da prendere. Sull’imprevisto attacco della sfortuna. Sugli eventi che si sommano come inganni o come enigmi.
Nessuno è più solo dell’uomo che deve decidere.
Sarà per questo, allora, che Robert Younghusban legge con sollievo l’inserzione pubblicata sul “Croydon Gazette” e si affida con insperata consolazione a William Cardigan, il decisionista.
Qualcuno che interpreterà la sua vita. Che dipanerà apparenze. Qualcuno che si metterà al suo posto facendo la scelta giusta.
Non è solo perché Robert Younghusband e sua moglie si ritrovano, dopo l’arrivo di un’imprevista eredità che risolleva le loro incerte sorti, in un paese stranamente ostile, che pare reagire con insolito atteggiamento a ogni loro tentativo bonario d’amicizia. Né perché entrambi – appena trasferitisi a Croydon – tentano, con risvolti esilaranti, di farsi accettare dai sospettosi concittadini. Ma anche perché Robert e consorte non sanno mai che via imboccare, che bivio prediligere.
Perchè, insomma, sono due eterni indecisi.
Sarà forse perché lui è più aduso a giochi di fantasia che di realtà, essendo scrittore di gialli, sia pure squattrinato. O perché a decidere ti perdi sempre qualcosa, rischi di dare alla vita una coloritura che è meglio rinviare, di mesi, di stagioni, di anni. O perché – in fondo – la scelta è ciò che veramente impiglia l’anima e la tormenta, ciò che maggiormente la immette nel mistero e nel destino delle cose.
Qualunque sia la ragione di tanta incertezza, quando Robert s’imbatte nel decisionista, in una Londra felicemente scossa dalla rivoluzione industriale e costellata da caffè letterari e sboffi di suffragette che inneggiano alla libertà, non sa ancora di aver imboccato una scia pericolosa. Né immagina che – proprio per non scegliere – ha scoperchiato un equilibrio fragile e nebuloso. Pronto a esplodere con esilarante compiutezza.
D’altro canto la decisione è affare più di tribunali che di uomini, di sentinelle della verità, di giocolieri del senso. Niente di più lontano, quindi, da William Cardigan, il decisionista, che – sia pure con il candore di un adolescente – è capace di dilapidare in un attimo un patrimonio familiare costruito con inattaccabile professionalità da generazioni, e che all’amore strampalato della madre per poeti sventurati sa contrapporre – al più – un pessimo fiuto per gli affari e per l’interpretazione della realtà.
L’incontro tra un indeciso cronico e un decisionista incauto darà vita a un intreccio di equivoci, allarmi, suggestioni surreali e deliziosamente inglesi, in una realtà cittadina che si dipana agli occhi del lettore con leggerezza degna della Austen e con un humor che aleggia costante, latente, sottilissimo.
Libro degli equivoci e del sorriso, “Il decisionista” di Monfrecola riporta in auge la vecchia commedia degli errori e costella la lettura di soddisfatti borbottii di piacere. Per la freschezza dell’intreccio familiare. Per l’originalità dei personaggi. Per un modo di narrare arguto, scanzonato, brillante.
Una ventata d’aria buona, di leggiadria e di buon umore che s’abbatte sul cuore e lo allarga, lo apre, lo consola del mal di vivere e lo risana.
Ci voleva. Ci voleva proprio.
Simona Lo Iacono
Ed eccoci a un nuovo post, che – di fatto – è l’ultimo dell’anno…
Giorno 24 pubblicherò un post apposito dove potremo scambiarci gli auguri (poi metterò il blog in pausa, per riprendere subito dopo le feste).
Il tema di questo post è: prendere decisioni…
Come ho scritto in premessa: chissà quante volte, nella vita, vi sarà capitato di dover prendere decisioni e di non sapere che scelta fare…
Ecco. Questo post è, appunto, dedicato alla capacità o incapacità di scegliere, di prendere decisioni. Lo spunto lo offre il romanzo “Il decisionista” di Vincenzo Monfrecola, pubblicato di recente nella collana di narrativa italiana della casa editrice Cavallo di Ferro.
Siamo a Londra, nel 1898…
“Quando Robert Younghusband legge l’inserzione pubblicata sul «Croydon Gazette» non crede ai suoi occhi, perché non pensava esistesse un esperto di decisioni difficili e già intravede la soluzione dei suoi problemi con i vicini di casa.
Quando William Cardigon legge la lettera inviatagli da Robert, fa i salti di gioia, perché quello è il suo primo cliente e finalmente sta per rimpolpare le sue finanze.
Quello che Robert non sa è che William non ha mai preso una decisione in vita sua, soprattutto non una buona, tanto che la sua famiglia ha finito per tagliargli i fondi”.
Le suddette frasi sono riprese dalla scheda del libro. Per il resto vi rimando alla bella recensione di Simona Lo Iacono che potete leggere sul post. Come sapete Simona, oltre a essere scrittrice, è anche giudice. Dunque ho pensato di coinvolgerla: chi meglio di lei, che è obbligata a prendere decisioni per mestiere?
Discuteremo, dunque, di questo romanzo di Vincenzo Monfrecola (l’autore parteciperà alla discussione)… ma sarà anche l’occasione per conoscere un po’ di più la casa editrice Cavallo di Ferro (un’ottima realtà della piccola e media editoria).
E poi, mi piacerebbe che discutessimo insieme del tema generale di questo post.
Così vi domando…
1. Vi è mai capitato di non essere in grado di prendere decisioni?
2. Quali sono i presupposti necessari per prendere una buona decisione?
3. Essere decisi è sempre un pregio?
4. Viceversa, essere indecisi è sempre un difetto?
5. La scelta è – come diceva Kierkegaard – la scelta dell’uomo solo… o può essere demandata ad altri?
6. Sareste capaci di rimettere le decisioni più importanti della vostra vita a una terza persona?
7. Infine: saper prendere decisioni, è più un’arte o una necessità?
@ Vincenzo Monfrecola
Come nasce questo libro?
C’è una ragione particolare per la quale hai deciso di ambientare il romanzo a Londra, nel 1898?
Prima di chiudere, ne approfitto per ringraziare Simona per la bella recensione.
(Grazie, Simo).
Avremo modo di discutere di questo libro (e dei temi trattati) nei giorni che verranno, anche a cavallo (il riferimento al nome della casa editrice è tutt’altro che casuale) di Natale…
A tutti voi una serena notte.
Bel tema, questo delle decisioni. Avere la possibilità di prenderle, le decisioni, è un’opportunità ma anche un rischio.
Rispondo alla sfilza di domande.
1. Vi è mai capitato di non essere in grado di prendere decisioni?
In genere sono piuttosto decisa, ma ci sono state un paio di occasioni in cui, sinceramente, non sapevo cosa fare. In casi come questi ti dici che forse sarebbe meglio che gli eventi si mettessero in maniera tale che le decisioni da prendere siano decisioni forzate.
Ovviamente, le “decisioni forzate” sono “non-decisioni”.
2. Quali sono i presupposti necessari per prendere una buona decisione?
Avere bene a mente i pro e i contro delle conseguenze della decisione.
Più facile a dirsi che a farsi.
3. Essere decisi è sempre un pregio?
Non sempre. A volte prendere decisioni affrettate è fonte di guai.
4. Viceversa, essere indecisi è sempre un difetto?
Se l’indecisione è momentanea, può aiutarti a evitare di prendere cantonate. Il difetto è l’indecisione cronica.
5. La scelta è – come diceva Kierkegaard – la scelta dell’uomo solo… o può essere demandata ad altri?
Dal punto di vista (macro)sociale noi demandiamo sempre le scelte ad altri. A chi ci governa, per esempio.
Da questo punto di vista siamo costretti a “demandare ad altri”.
6. Sareste capaci di rimettere le decisioni più importanti della vostra vita a una terza persona?
Credo proprio di no. Come dicevo, in genere sono piuttosto decisa.
7. Infine: saper prendere decisioni, è più un’arte o una necessità?
Una necessità. A volte può essere anche un’arte. Putroppo anche in questo campo ci sono pseudoartisti.
I migliori auguri a Monfrecola per “Il decisionista” e alla casa editrice Cavallo di Ferro.
La recensione di Simona è molto intrigante (ciao, Simona).
Caro Massi, carissimo Vincenzo,
vi ringrazio di avermi coinvolta nella lettura di questo libro, la cui caratteristica è la godibilità e la ricostruzione – attentissima – della Londra del 1898, con la sua felicissima ansia di diventare moderna, con le sue macchine portentose e mirabolanti, come quella dei famosi magazzini Harrods (un ingranaggio che porta su e giù e che si sussurra porti il nome di “scala mobile”)…
In questa città vitale, già aperta a tutte le suggestioni dell’epoca nuova, in cui le donne si battono per propri diritti e la libertà ha ancora un profumo seducente, proibito, il bravissimo Monfrecola mette su una storia assolutamente originale nel nostro panorama letterario. Un meccanismo degno della migliore commedia degli errori in cui ai sussurri di paese si aggiungono coincidenze ed equivoci, e in cui i malcapitati protagonisti si muovono con buffa predisposizione alla catastrofe.
…E’ in questo contesto che si inserisce il “decisionista”…Un rampollo di ottima famiglia alla ricerca del proprio senso nella vita, del compito che darà significato alla sua esistenza.
Con intuito inconsapevole, infatti, William Cardigon si inventa un mestiere, mette un’inserzione sul giornale e – dopo gli insuccessi legati a passati investimenti fallimentari – si getta nel marasma che sempre è vivere, puntando al cuore di ogni destino: la scelta.
…Se non fosse che la scelta presuppone la conoscenza della verità, e che mal si adatta quidndi a chi – interpretandola – procede sbalestrato, già indeciso (lui stesso) sulla direzione da dare ai propri passi, e perciò certamente inadatto a offrire saggi consigli ad altri…
Vorrei chiedere a VIncenzo Monfrecola in che modo è nata l’idea di questo romanzo.
Da magistrato, infatti, mi interrogo costantemente sul riflesso che la mia decisione (sia pure ispirata a un dato normativo) possa avere nel destino degli altri. E sono spesso giunta alla conclusione che la sentenza “giusta”, perfetta, non sia che la vita stessa a darla, quando però è ben interrogata e ben compresa. Quando – cioè – si è disposti a cercare la verità non fuori, ma dentro se stessi.
Caro Vincenzo…in che modo la ricerca della verità influenza i tuoi personaggi? Vuoi parlarcene?
E ora una buona mattinata a tutti! Per quanto mi riguarda…spero di prendere le decisioni giuste….
A più tardi!
Buongiorno.
L’indecisione è senz’altro un argomento letterario. Basti pensare all’Amleto di William Shakespeare.
Questo è il passaggio della “indecisione letteraria” per eccellenza.
* * *
Essere o non essere, questo è il problema. È forse più nobile soffrire, nell’intimo del proprio spirito, le pietre e i dardi scagliati dall’oltraggiosa fortuna, o imbracciar l’armi, invece, contro il mare delle afflizioni, e combattendo contro di esse metter loro una fine? Morire per dormire. Nient’altro. E con quel sonno poter calmare i dolorosi battiti del cuore, e le mille offese naturali di cui è erede la carne! Quest’è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire per dormire. Dormire, forse sognare. È proprio qui l’ostacolo; perché in quel sonno di morte, tutti i sogni che possan sopraggiungere quando noi ci siamo liberati dal tumulto, dal viluppo di questa vita mortale, dovranno indurci a riflettere. È proprio questo scrupolo a dare alla sventura una vita così lunga! Perché, chi sarebbe capace di sopportare le frustate e le irrisioni del secolo, i torti dell’oppressore, gli oltraggi dei superbi, le sofferenze dell’amore non corrisposto, gli indugi della legge, l’insolenza dei potenti e lo scherno che il merito paziente riceve dagli indegni, se potesse egli stesso dare a se stesso la propria quietanza con un nudo pugnale? chi s’adatterebbe a portar cariche, a gèmere e sudare sotto il peso d’una vita grama, se non fosse che la paura di qualcosa dopo la morte – quel territorio inesplorato dal cui confine non torna indietro nessun viaggiatore – confonde e rende perplessa la volontà, e ci persuade a sopportare i malanni che già soffriamo piuttosto che accorrere verso altri dei quali ancor non sappiamo nulla. A questo modo, tutti ci rende vili la coscienza, e l’incarnato naturale della risoluzione è reso malsano dalla pallida tinta del pensiero, e imprese di gran momento e conseguenza, devìano per questo scrupolo le loro correnti, e perdono il nome d’azione.
(traduzione di Gabriele Baldini)
Essere o non essere è l’indecisione principe del depresso cronico. Ed in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, credo sia piuttosto diffusa.
Auguri a Monfrecola per il romanzo ‘Il decisionista’. Buon Natale a lui ed a tutti i frequentatori di questo forum letterario.
buongiorno a tutti e grazie molte a Massimo per avermi offerto l’opportunità di parlare de ” Il Decisionista”. Mi complimento con Simona Lo Iacono per la sua bella recensione. Veramente efficace e aperta a tante considerazioni
Premetto che sono un indeciso e, il mio romanzo, è nato proprio da una decisione da prendere e da un’anta dell’armadio di casa che si apriva all’improvviso mentre, sdraiato sul letto, mi scervellavo su cosa fare o cosa non fare. Era di domenica mattina e faceva caldo. Istintivamente guardo il lampadario, pensando al terremoto. Ma il lampadario era fermo. Ora, considerando che sotto casa mia non passa la metropolitana e considerando che l’armadio era nuovo, sarebbe stato facile immaginare che l’armadio si fosse aperto perché dentro c’era un assassino o un’amante che stavano uscendo. Tra l’altro la cinematografia ci ha abituato a questo tipo di scene. Invece mi è piaciuto pensare che saltasse fuori qualcuno che prendesse la decisione al posto mio: un decisionista. Tutto molto bizarro. Lo ammetto.
Che bello! Ho pensato. Qualcuno che decide per me. L’idea mi è piaciuta però, da indeciso che sono mi è subito venuto il dubbio: ” e se questo qualcuno non ha mai preso una decisione in vita sua? Se è capitato nel mio armadio per sbaglio? ” Questo pensiero successivo mi ha intrigato maggiormente. Quindi, come potete immaginare, quel giorno ho rinunciato alla mia decisione e, in compenso, ho iniziato a scrivere Il Decisionista
Vado di fretta, interverrò con più calma dei prossimi giorni (spero).
Auguri a Vincenzo Monfrecola per il libro e complimenti a Simona per la recensione.
Anticipo solo che sono abbastanza indecisa. Ed in questi giorni, che ti devi affrettare a scegliere e ad acquistare regalini natalizi, la cosa non aiuta.
Però, avere un’idea e la voglia di scrivere, non sempre è la ricetta giusta per scrivere un romanzo. Una bella storia ha bisogno di essere credibile ed è per me inimmaginabile scrivere della Londra di fine ‘800 standosene seduti davanti ad un computer a Napoli. Quindi siccome volevo che il lettore si sentisse coinvolto dall’ambiente, dall’atmosfera e dai personaggi, ho fatto l’unica cosa che potevo fare: ho preparato la valigia e mi sono trasferito nel Surrey. Ciò per ricercare soprattutto la suggestione e l’atmosfera da poter trasferire nella storia.
Carissimi,
inizio con Kierkegaard . L’uomo non può prendere alcun tipo di decisione da solo come “radicale individualista”, egli è facente parte dell’universo, vuoi o non vuoi il campo comprende altri sistemi solari, ogni organismo, se preferisci meccanismo, si muove grazie ad altri organismi o meccanismi.
Continuo con se il “saper prendere” decisioni è un arte o una necessità, chiedendomi se le trionfali scelte che portano al successo sono il frutto di reali esigenze dell’Essere che per talento ama evolversi, o dell’ego determinista che punta alle sue libertà come forma di potere, decisionista, soddisfatto per aver raggiunto ambiziosi risultati ed aspirazioni da trono. Spesso le scelte mirano ai propri vantaggi…
C’è da distinguere.
Concludo che il “demandare a terzi importanti decisioni personali” implica la responsabilità del risultato da parte di chi accetta di dare consigli o impartire direttive nei confronti di chi ha chiesto aiuto o numi, compreso il fatto di portarlo ad un livello da non “dover” chiedere più e “poter” camminare da solo.
A presto
Rossella
Io non credo che esiste una verità assoluta. Tantomeno, credo esistano decisioni giuste in assoluto. Credo, invece, che tutto si muova secondo coscienza. I personaggi del mio romanzo cercano una verità e prendono o meno decisioni a secondo della loro coscienza. Ne Il Decisionista la coscienza di molti personaggi è volontariamente “mascherata” salvo poi uscire fuori nel finale con un crescente di situazioni che danno una logicità ad ogni azione e restituiscono una verità, e quindi una coscienza, differente da quella che il lettore credeva di conoscere
leggendo l’introduzione al post e la recensione di simona lo iacono, trovo il romanzo di vincenzo monfrecola molto interessante.
mi interessa sia il tema della decisione, sia la leggerezza della storia.
se ho capito bene, infatti, si tratta di una ‘commedia narrativa’, di un gioco degli equivoci.
chiedo conferma all’autore: è così?
lo chiedo perché in questo momento ho voglia di leggerezza. preferisco leggere storie che non si confrontino con le grandi tragedie sociali che attanagliano l’umanità (gli scaffali delle librerie ne sono piene).
insomma, chiedo una bella storia capace di far sorridere.
sì giacomo. Il Decisionista è decisamente una commedia narrativa ricca di equivoci e, soprattutto, da leggere facilmente. Alcune scene, come ad esempio quella iniziale del funerale, l’ho sperimentata in prima persona. Proprio così! Per trasmettere al lettore delle sensazioni vivaci, seppur funebri, e al contempo stesso reali ed umoristiche, ho partecipato ad una quindicina di funerali inglesi finché non ho trovato quello giusto che, poi, ho descritto nel prologo.
be’, considerami un tuo prossimo lettore. 🙂
grazie per le precisazioni.
grazie a te giacomo e spero che il mio romanzo ti piaccia
L’humour anglosassone e l’ambientazione inglese piacciono anche a me. Londra e’ la mia città preferita in assoluto. Ci ho vissuto tre anni.
Chiedo scusa. E’ partito il commento prima che completassi. Cercherò di leggere Il decisionista, affascinato dall’idea che l’autore si e’ trasferito nei luoghi del romanzo per raccontarli meglio. Auguri a Vincenzo Monfrecola
grazie leo. Convengo con te che londra è una città fantastica e la sua periferia è ricca di fascino. Confesso che non sarei riuscito ad ambientare il romanzo in un posto differente
Carissimo Monfrecola,
il tema è entusiasmante per chi, come me, è invece sempre risoluto, mai titubante…anzi forse troppo frettoloso nella scelta.
E’ che non sopporto la sospensione che precede un’alternativa. Devo colmarlo, superarlo, aggredirlo.
D’altra parte lo psichiatra Irvin Yalom diceva che decidere equivale ad uccidere. Infatti nel prendere una decisione automaticamente escludiamo altre possibilità, siamo costretti a selezionare una soluzione. Anche l’etimologia della parola lo rivela: de-cidere, da de- ciduo, e cioè recidere, tagliar via. Eliminare.
E allora mi chiedo…s’è parlato di enigmi da risolvere nel suo romanzo. La Dott.ssa Lo Iacono ha lasciato intravedere dalla sua recensione una serie di coincidenze intorno ad un paese…Ci parli di questo paese. Dei suoi abitanti. Chi sono? E poi…non è che, in omaggio alla etimologia della parola “decidere”, c’è anche una morte…un assassinio?
La saluto, caro Monfrecola e mi complimento di cuore.
Abbia i più sinceri auguri di buone feste dal
Professor Emilio
Carissimo Vincenzo Monfrecola…lei un napoletano? E come ha fatto ad entrare nello spirito londinese???? Solo trasferendosi lì? Mi pare incredibile perchè niente più di Napoli mi pare lontano dalla fumosa Londra!
Un curioso saluto! Gioia
Carissimi…tema interessante, ma che mi pone domande di natura morale. E infatti demandare una scelta ad altri è come consegnare non solo la decisione, ma l’universo morale che ci anima.
Scegliere tra possibilità alternative è infatti costitutivo della vita cosciente. E questo pone subito il problema della libertà di fronte alle scelte. Ma allora, se io non posso fare a meno di scegliere, in base a quali criteri scegliere? Forse non ci sono che due possibilità: a) o scegliere a caso; b) o scegliere in base a qualche criterio valutativo che mi permetta di giudicare una scelta ‘ migliore’ di un’altra. Dove migliore vuol dire rispondente (o meglio rispondente ) al criterio valutativo assunto.
Ma a sua volta la scelta del criterio valutativo è ancora una scelta. La domanda ‘come scegliere?’ si ripropone indefinitamente finchè io non riesco a trovare un criterio valutativo che non rimandi ad altro. Non può porsi alcun problema morale se non si assume un qualche criterio valutativo assoluto che domini e governi le singole scelte concrete di cui è tessuta la nostra esistenza.
Il primo problema morale dunque è in sostanza il problema di dare un senso ultimo alla propria esistenza. Il secondo consiste nella individuazione di un convincente processo di passaggio dal senso ultimo dell’esistenza alla sua espressione concreta in ogni singola scelta, in modo che ogni singola scelta concreta tenda a realizzare tale senso.
Quindi vorrei chiedere al bravissimo Monfrecola se nel demandare la scelta il protagonista si spoglia in qualche modo della possibilità di dare un senso al proprio esistere.
Un abbraccio e felici festività!
Renata
cara Gioia, la sua osservazione è molto acuta però io non ho una risposta razionale da darle. Posso solo dirle che fin dal primo attimo della mia esperienza inglese ( precedente alla nascita del romanzo ) ho avuto la sensazione che in quel posto io ci fossi già vissuto. Forse in un altro tempo e in un’altra vita. Mi rendo conto che ciò può sembrare assurdo però, di certo, ha suscitato su di me un fascino incredibile. Quando poi è nata l’idea di scrivere una storia sentivo che non potevo ambientarla in un posto differente da Londra. Era come un’opportunità unica e irripetibile. Ci sono cose che è difficile spiegare e, forse, tutto ha un suo filo conduttore. Voglio solo dirle una cosa che, forse, può sembrare analogamente singolare eppure è vera: con il romanzo in procinto della pubblicazione, mi ero recato a Londra per approntare una ricerca per una successiva storia, ebbene stavo in una libreria di Charing Cross quando mi imbatto in una copia del Daily Mirror del 1910, lo sfoglio e, con grande sorpresa, in penultima pagina, in appena tre righe trovo un’inserzione. Non ci potevo credere ma un decisionista era vissuto veramente. Non le sembra curioso ?
cara Renata, il protagonista nel demandare la scelta ad altri è coerente con la propria coscienza. Suppongo che tu non abbia letto il romanzo e la tua osservazione è del tutto naturale ma se avrai l’opportunità di leggerlo capirai perché ti dico ciò. Comprenderai che la mia risposta è limitata dal fatto di non poter svelare l’evolversi della storia per non svilire il gusto della lettura
@ Caro Massi, in genere, dopo ponderata riflessione, ho sempre cercato di decidere senza lasciarmi influenzare dalle opinioni degli altri.
Tuttavia nelle scelte importanti della vita, ho dovuto più volte constatare, che c’è sempre l’imprevisto dietro l’angolo che ci fa
desistere o deragliare dal sogno a lungo accarezzato.
Secondo me, per realizzare i nostri progetti abbiamo una libertà alquanto condizionata.
Grazie e scusa la fretta. Ti scriverò presto.
@Gentile Vincenzo Monfrecola, dalle sue risposte e dalla accurata recensione di Simona, ben si deduce che la trama è molto attraente e ben congegnata. Mi farò regalare il libro come dono natalizio.
Londra con le sue brume, è la città ideale per l’ambientazione di una storia dove tutto può accadere.
Colgo l’occasione per augurare a Lei e agli amici del blog, delle feste
serene e ricche di calore familiare.
Tessy
Carissimo Signor Monfrecola,
in aggiunta alle mie osservazioni precedenti (che può leggere più su) vorrei chiederle se i classici della letteratura inglese l’hanno in qualche modo ispirata.
Un caro saluto dal
Professor Emilio
Gentile Tessy
è sempre un piacere leggere la sua ponderazione. Io invece sono un vero decisionista. Sono sempre stato un intuitivo, nelle scelte della vita, e anche quando ho sbagliato ho tratto giovamento dall’errore.
Le auguro scintillanti feste, cara Tessy. Abbia un Natale baloccoso.
Il suo affezionato
Professor Emilio
Cari amici,
torno a voi dopo una giornata di faccende natalizie (spesa per cenone, regali, visite ad amici e parenti)…
Ringrazio Vincenzo Monfrecola dei suoi chiarimenti e delle risposte.
Passando al cuore del romanzo, volevo evidenziare che l’ambientazione non è solo Londra ma anche la provincia limitrofa, e in partcolare la cittadina di Croydon, con i suoi pub intrisi da fumi di birra, i suoi abitanti sospettosi e ciarlieri, il suo tirare le somme sulla scorta della mera apparenza.
Come quando, ad esempio, Robert Younghusband, appena giunto nella cittadina, viene scambiato per il maggiordomo a causa del suo atteggiamento dimesso, e l’intera comunità inzia a tessere intorno a lui congetture e ipotesi esilaranti.
Sembra che Croydon sia un altro personaggio in aggiunta a quelli che la popolano. E’ così, caro Vincenzo?
Caro Vincenzo, tra i personaggi secondari c’è la madre del decisionista, indefessa sostenitrice di scrittori strampalati e sfortunati. Non so perchè nel mio immaginario ha l’aspetto di una Miss Marple più sofisticata, ma egualmente affascinata dal mistero dell’umanità. Puoi parlarci di questa donna? E perchè ama tanto i poeti senza ventura?
grazie tessy, auguro anche a te un sereno natale
Ma la madre del decisionista non è l’unico personaggio femminile dotato di una vitalità sorprendente. C’è anche zia Emily, cognata di Robert Younghusband, rivoluzionaria suffragetta dall’aspetto focoso e attraente. Esrciterà sul decisionista un’attrazione fortissima, la stessa che promana sul lettore che la vede entrare in scena come una tempesta beneaugurante.
La femmnilità nel tuo romanzo non è mai scontata, è ricca di personalità, sfaccettature, pennellate di arguzia, caro Vincenzo. Puoi parlaci anche di questa donna, della sua fascinosa presenza?
Ciao Vincenzo! Ci siamo incrociati! Siamo entrambi on line!
Approfitto per augurarti una felice serata e per rinnovarti un caloroso benvenuto nel blog del nostro Massimo!
A domani!
Buona serata a tutti e grazie per i commenti rilasciati.
Consentitemi, come prima cosa, di dare il benvenuto a Vincenzo Monfrecola: il protagonista di questo post.
Benvenuto a Letteratitudine, caro Enzo!
Un saluto e un ringraziamento alla mia splendida socia letteraria: grazie mille, cara Simo.
Ne approfitto, come sempre, per salutare e ringraziare tutti gli altri intervenuti: Amelia Corsi, Luigi Valentini, Vale, Rossella, Giacomo Tessani, Leo…
E ancora grazie al prof. Emilio, a Gioia, a Renata Mangiagli…
Un saluto speciale a M.Teresa Santalucia Scibona (la splendida Tessy), a cui ricambio di cuore gli auguri di un sereno Natale.
(in ogni caso il 24 metterò on line un post “apposito”, dove potremmo scambiarci gli auguri e commentare le festività natalizie 2010)
Come sapete, molto spesso colgo l’occasione di queste discussioni on line per contribuire (nel mio piccolo) a far conoscere un po’ di più la piccola e media editoria (ma senza avere alcun pregiudizio per la grande).
gentile professor Emilio la letteratura inglese sicuramente mi intriga. Non potrebbe essere altrimenti. Dal verismo pessimistico di George Gissing all’umorismo fanciullesco di Wodehouse fino al contemporaneo Michel Faber ( ma potremmo citarne molti altri ) esiste un vero e proprio percorso di vita di un popolo. Difficile non tenerne conto. Ma l’ispirazione è nata da altri presupposti
Oggi è il turno della Cavallo di Ferro di Romana Petri (ne approfitto per salutare Romana).
Mentre saluto Enzo Monfrecola (che è qui, on line) vi fornisco qualchje informazione sulla casa editrice che ha pubblicato “Il decisionista”.
–
Cavallo di Ferro Editore nasce dall’omonima casa editrice portoghese con l’intento di divulgare la letteratura lusofona in Italia, privilegiando autori di fama internazionale già pubblicati all’estero ma ancora poco conosciuti nel nostro paese – come Miguel Sousa Tavares, acclamato autore di “Equatore” e “Fiume dei fiori”, e José Rodrigues dos Santos, con i suoi thriller di grande attualità “Einstein e la formula di Dio”, “Il settimo sigillo” e “Furia Divina”. Il catalogo, infatti, propone prevalentemente traduzioni di romanzi e racconti di scrittori portoghesi e brasiliani. Ad oggi, la casa editrice ha ampliato la sua proposta editoriale con importanti riedizioni come “I diavoli di Loudun” e “Dopo molte estati muore il cigno” di Aldous Huxley e i romanzi di Adolfo Bioy Casares.
Nel 2008, con l’amatissimo romanzo di Romana Petri, “Ovunque io sia”, ha inaugurato anche una selezione di autori italiani, fra cui Michele Mari con il suo “I demoni e la pasta sfoglia”. Nello stesso anno con “La chiave di Cogne” e “Maddie La verità della menzogna” è stata varata anche la «Collana inchieste».
Bellissimi esempi, carissimo Signor Monfrecola.
E che mi dice della Austen, o di Agatha Christie? Hanno avuto qualche riflesso sulla sua arte?
Un abbraccio anche a lei carissimo dottor Maugeri!
Abbia un felice Natale dal suo
professor Emilio
Il 18 giugno 2010, ho avuto come ospiti della mia trasmissione radiofonica di libri e letteratura (in Fm su Radio Hinterland) Gianrico Carofiglio e Romana Petri.
Con Romana, oltre che del suo romanzo “Ti spiego” abbiamo discusso proprio di “Cavallo di Ferro” (delle sue origini e del progetto editoriale).
Potete ascoltare (o ri-ascoltare) la puntata, cliccando qui:
http://www.rhprogrammi.com/letteratitudine/puntata%2018%20giugno/puntata%2018%20giugnomp3PRO.mp3
Un carissimo saluto all’inimitabile prof. Emilio (anche lui on line).
Se qualcuno volesse ascoltare la puntata radiofonica (dell’8 ottobre) con Michele Mari, autore de “I demoni e la pasta sfoglia” (Cavallo di Ferro), può farlo cliccando qui: http://www.rhprogrammi.com/letteratitudine/puntata8ottobre_mp3pro.mp3
@ Vincenzo Monfrecola
Caro Enzo, qualche tempo fa discutevamo con Romana Petri dell’imminente uscita de “Il decisionista”.
Romana mi ha raccontato che si è imbattuta nel tuo dattiloscritto… pescandolo dal mucchio degli altri dattiloscritti arrivati in casa editrice.
Iniziandolo a leggere, è rimasta affascinata dalla storia e dall’ambientazione.
–
Dal tuo punto di vista, come è avvenuto l’incontro con Romana Petri e la “Cavallo di Ferro”?
Per stasera chiudo qui.
Auguro a tutti voi una serena notte.
ciao simona. sì è vero le donne de “Il Decisionista” sono donne forti anche se potrebbero sembrare deboli. Uno psicologo, volendo, potrebbe analizzare misteriose sfaccettature della mia infanzia però, in realtà, non è necessario andare tanto lontano perché tutto nasce dal mio profondo rispetto per l’arguzia femminile. Senza dubbio nel romanzo le donne esercitano un ruolo fondamentale, cosa di non poco conto se si considera che l’epoca tardo vittoriana ancora si mantiene su un retaggio sociale maschilista. Quindi, seppur infondendo nei caratteri di Emily, Margaret e delle altre, atteggiamenti a tratti disinibiti, ho dovuto comunque contenerne l’esuberanza per evitare di trovarmi fuori da un contesto storico. Agata, La madre del decisionista ha questa passione umanitaria per scrittori e poeti sventurati perché, in realtà, vede in loro se stessa e non potrebbe fare altrimenti visto che è consorte di un uomo d’affari vincente che oscura non solo gli antagonisti ma la stessa famiglia. Però nella vita le cose cambiano e, per tutti, ci sarà una resa dei conti. Anche per quello squalo della finanza di Albert Cardigon
Carissimo signor Monfrecola, cara dott.ssa Lo Iacono, sono molto interessato ai rapporti tra decisione e verità. Sia da un punto di vista professionale e giuridico (sono avvocato), che letterario. Ma d’altra parte, niente mi sembra più connesso che la ricerca della verità in entrambi i campi.
In diritto romano si dice che “res iudicata pro veritate habetur” e cioè la decisione vale come verità, al posto della verità.
E’ un’intuizione geniale, questa. Sia perchè congela la verità processuale ritenendola sostitutiva da quella umana (altrimenti non vagliabile) sia perchè mette in luce la fragilità del concetto di verità assoluta, applicata ai singoli.
Per il suo libro, caro Monfrecola, lei parla di coscienza. E allora, probabilmente, allude a un percorso, a una verità su se stessi tutta da scoprire e da ribaltare.
E’ così? C’è qualche personaggio che si evolve al punto da rinnovare (proprio attraverso la decisione) il giudizio su se stesso? La propria verità?
Abbia le mie felicitazioni e i miei sinceri auguri di Natale
Avv.to Salvatore Riscica
Carissimi,
buon giorno a tutti!
Spero che Vincenzo Monfrecola possa ancora intervenire nonostante il periodo di festa e di preparativi!
Volevo sottolineare anche la cura della ricostruzione storica del romanzo e l’ambientazione in un periodo, quello della rivoluzione industriale, che in letteratura oggi è del tutto trascurato (forse perchè l’immaginario collettivo non si pone più in quella posizione di stupore che destava l’arrivo di una nuova macchina).
E invece Monfrecola ha il pregio di riporatre alla luce il sentimento di meraviglia che accompagnava a quei tempi ogni innovazione della tecnica. L’uomo boccheggiava di contentezza ma anche di paura, paragonava la macchina quasi ad un organismo vivente: misterioso, oscuro, che sostituiva opere quotidiane e familiari, su cui era facile radicare non solo la vita ma anche la fantasia. E invece, con la rivoluzione, arrivano congegni impensabili, cigolanti, immensi come draghi.
In questo senso è davvero suggestiva la descrizione che Monfrecola fa dell’arrivo della scala mobile nei famosi magazzini Harrods e del clamore che suscitò l’allestimento di queste scale che salivano e scendevano, del timore che ingeneravano, della curiosità che evocavano.
Una scena che ha il pregio di riportare l’uomo alla sua dimensione di creatore della macchina, ma anche di utilizzatore quasi innocente e incosciente….
Caro Vincenzo, da dove hai attinto queste notizie? In che modo hai avuto l’idea di ricostruire questo evento?
Una felice giornata da Simona
Caro avv.to Riscica,
in effetti tanto il processo quanto la letteratura indagano la verità.
Solo che il processo ricerca una verità fattuale e psicologica, mentre la letteratura è il campo di ricerca della verità su se stessi.
In questo senso la decisione, la scelta del giudice è senza dubbio la sintesi, l’approdo di quella ricerca. Diciamo che non è mai una decisione priva di radici, ma è la risultante di un viaggio (la elaborazione e raccolta della prova).
Si potrebbe quindi rispondere così a una delle domande che pone Massi (e cioè qual è il presupposto di ogni buona decisione).
L’unico presupposto è probabilmente quello di fare della scelta l’esito di un viaggio. Di un’attesa. Di un vaglio degli elementi. E di ancorarlo alla ricerca, umilissima, della verità su se stessi.
Un via di mezzo, quindi, tra la ricerca della verità in campo giuridico e in campo letterario. Quella terra di mezzo tra diritto e letteratura che a volte ha il pregio di sanare l’anima, di conciliare mente e cuore, di tendere verso un equilibrio che possa associare l’uomo interiore a quello esteriore.
E lo spirito al mondo.
Un buon proseguimento di giornata a tutti!
Buongiorno a tutti. Torno ad intervenire dopo un po’ di tempo di assenza.
Saluti a Massimo Maugeri, a Simona Lo Iacono ed a Vincenzo Monfrecola.
Il tema della “decisione” mi intriga parecchio. Dico la mia.
domande e risposte
1. Vi è mai capitato di non essere in grado di prendere decisioni?
Sì, sopratutto quando mi sono trovato nella possibilità di cambiare lavoro dopo vent’anni. Contestualmente mi sono giunte due offerte allettanti altrettanto valide e non riuscivo a decidermi.
Alla fine mi sono tenuto il vecchio lavoro.
2. Quali sono i presupposti necessari per prendere una buona decisione?
Essere consapevoli delle conseguenze della decisione presa.
3. Essere decisi è sempre un pregio?
Direi di sì, purchè la decisione non sia avventata.
4. Viceversa, essere indecisi è sempre un difetto?
Temo di sì, perché la vita non è altro che un crocevia di decisioni da prendere.
5. La scelta è – come diceva Kierkegaard – la scelta dell’uomo solo… o può essere demandata ad altri?
Una scelta demandata ad altri non è più una scelta.
6. Sareste capaci di rimettere le decisioni più importanti della vostra vita a una terza persona?
purtroppo sì. E non credo sia un bene.
7. Infine: saper prendere decisioni, è più un’arte o una necessità?
Una necessità che potrebbe diventare arte.
Anche a me le atmosfere inglesi mi incuriosiscono molto (sono un divoratore dei romanzi di Ken Follet).
Credo che deciderò di acquistare “Il decisionista”.
buongiorno simona. Buongiorno a tutti. Giornata affollata ma ora sono tutto vostro
credo che debba scusarmi con massimo perché la sua ultima domanda di ieri sera è rimasta senza risposta. riguarda l’incontro avventuto tra me e Romana Petri e, quindi con Cavallo di Ferro
Gentile Professor Emilio, mi creda, il piacere è reciproco. Sarebbe bello poter attuare la saggia decisione di sostare più a lungo, nel giardino incantato del nostro virtuale “ Salotto Letterario”, ove tutte le idee regnano sovrane. Ma anche il Santo Natale preme ed esige i suoi tradizionali riti. Però, “ Non perdiamoci di vista !”
Gradisca l’augurio sincero di feste colme di un affettuoso calore con i Suoi cari. In uno sfolgorio di luci e suoni, non sempre celestiali, cavalco la mia scopa di saggina.. e mi rintano nella mia cucina. La Sua Tessy
Innanzitutto premetto che nella mia vita mi sono sempre trovato al posto giusto al momento giusto e, anche con Cavallo di Ferro, è stata la stessa cosa. A dicembre avevo finito il romanzo e avevo inviato una sinossi con scheda di lettura a quattro o cinque case editrici ( quelle vere ) tra cui anche Cavallo di Ferro. A febbraio mi telefona Romana per informarmi che la sinossi l’aveva incuriosita e, quindi, mi chiedeva di leggere il manoscritto. C’è mancato poco che il manoscritto glielo portassi di corsa e personalmente. Dopo una decina di giorni mi ritelefona Romana e mi dice che il libro vuole pubblicarlo. A questo punto vi confesso una cosa che non ho detto a nessuno: mi ritrovavo con un collega che si chiama, guarda caso, Renato Petra e, per un momento, ho pensato ad uno scherzo diabolico degno del decisionista. C’è mancato poco che non rispondessi per le rime. Però così non è stato ed è nata una fantastica collaborazione
sulla DECISIONE esistono anche alcuni proverbi, tipo: ” A chi aspetta sfugge il tempo”.
Oppure, “A pensar troppo non si fa mai nulla”.
o ancora “Chi presto risolve, tardi si pente”
questo è molto carino: “È meglio smarrir la strada con la buona fortuna, che star sempre al bivio”
senza dimenticare i due seguenti:
– Gli affari trascinati alla lunga non vanno bene.
– Prudenza nel decidere, ma energia nell’eseguire.
Auguri di buon Natale dalla redazione di Terzapagina a Massimo Maugeri, Simona Lo Iacono, Vincenzo Monfrecola e a tutti i lettori di Letteratitudine.
Io per natura sono una procrastinatrice…
🙂
Ma quando decido è fatta.
Penso ad Alessandro Magno che tagliò il nodo di Gordio.
Buonasera a tutti e grazie ai nuovi intervenuti.
Un caro saluto a: Salvatore Riscica, Marco Vinci, Maria Lucia e i ragazzi del blog Terzapagina
Un grazie di cuore a Simona per la sua presenza e a Vincenzo per le sue risposte.
@ Enzo Monfrecola
Caro Enzo,
non c’era mica bisogno di scusarsi! 😉 Piuttosto… essere al posto giusto al momento giusto è il sogno di tutti. Complimenti a te! 🙂
@ Tessy
Cara Tessy, ho provato a rispondere alla tua mail… ma il messaggio torna indietro. Avrai la casella di postya piena, dunque ne approfitto per ringraziarti qui.
Per saperne di più su “Il decisionista” di Vincenzo Monfrecola vi propongo qualche recensione (nei successivi commenti).
Quella di Francesco Durante, «Il corriere del Mezzogiorno», 24/10/2010
http://www.cavallodiferro.it/catalog/reviews/index.php?cmd=view&title_id=97&magazine=%ABIl+corriere+del+Mezzogiorno%BB&day=24%2F10%2F2010&img=..%2Fimages%2FDecis-corrmezz2.jpg
InterNapoli, 02/11/2010
http://www.internapoli.it/articolo.asp?id=19389
Paola Silvestro, «Il Roma», 02/11/2010
http://www.cavallodiferro.it/catalog/reviews/index.php?cmd=view&title_id=97&magazine=%ABIl+Roma%BB&day=02%2F11%2F2010&img=..%2Fimages%2Fil-roma-Monfrecola.jpg
Dario Pappalardo, «il Venerdì di Repubblica», 05/11/2010
http://www.cavallodiferro.it/catalog/reviews/index.php?cmd=view&title_id=97&magazine=%ABil+Venerd%EC+di+Repubblica%BB&day=05%2F11%2F2010&img=..%2Fimages%2FDecisio.Venerdi.jpg
Vincenzo Aiello, Il Sole di Stagno, 10/11/2010
http://blog.libero.it/VincenzoAiello/9490580.html
Ugo Cundari, «Il Mattino», 11/11/2010
http://www.cavallodiferro.it/catalog/reviews/index.php?cmd=view&title_id=97&magazine=%ABIl+Mattino%BB&day=11%2F11%2F2010&img=..%2Fimages%2FDeci_il-mattino.jpg
«Il Roma», 11/11/2010
http://www.cavallodiferro.it/catalog/reviews/index.php?cmd=view&title_id=97&magazine=%ABIl+Roma%BB&day=11%2F11%2F2010&img=..%2Fimages%2FDeci_roma.jpg
Il resto a domani.
Auguro a tutti voi una serena notte
1. Vi è mai capitato di non essere in grado di prendere decisioni?
Sono piuttosto decisionista, ma spesso mi è capitato di avere dubbi. Con il tempo ho imparato a documentarmi e soprattutto a chiedere. Spesso senza seguire i consigli richiesti.
2. Quali sono i presupposti necessari per prendere una buona decisione?
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Avere chiari i termini del problema, poter prevedere le conseguenze della decisione non solo a brevissimo termine, essere consapevoli di ciò che si vuole, di chi si è , di ciò che è meglio per le persone che amiamo.
3. Essere decisi è sempre un pregio?
–
Io lo considero un pregio quando non è arrogante e dispregiativo nei confronti degli altri. Anche la scelta di fare il volontario o il missionario è una buona scelta se risponde a un profondo sentire. La decisione deve rientrare nella sfera dell’autenticità non in quella della superficialità o della “moda”.
4. Viceversa, essere indecisi è sempre un difetto?
–
Vale il discorso fatto sopra. Ho avuto un ragazzo che mi adorava e mi lasciava il peso di ogni decisione; l’ho lasciato per uno che poi ho sposato che era l’esatto contrario, decisionista senza troppi scrupoli anche se anche lui molto innamorato.
Dieci anni dopo mi sono separata, prendendo io la decisione e votandomi ad una vita di sacrificio ( lavoro, affitto, figlio da crescere, contro casa nuova di proprietà, moto e Ferrari et similia, di cui mi importava nulla). Non si può schematizzare nessun percorso. Ciascuno poi si comporta secondo natura e cultura..
5. La scelta è – come diceva Kierkegaard – la scelta dell’uomo solo… o può essere demandata ad altri?
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La scelta dev’essere dell’uomo solo e non può essere demandata ad altri. Passare poi la vita a compiangersi o ad accusare? Mai.
6. Sareste capaci di rimettere le decisioni più importanti della vostra vita a una terza persona?
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No
7. Infine: saper prendere decisioni, è più un’arte o una necessità?
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Buone entrambe. E’ un’arte quando si raffina la capacità con gli aspetti sopra citati ed è una necessità di rispetto verso se stessi
Gentili Massimo, Simona, Vincenzo Monfrecola,
credo che la decisione sia una peculiarità dell’uomo razionale o, meglio, della ragione, ottenuta mediante l’utilizzo della logica. Se per decisione intendiamo scelta o selezione di varie alternative, non certo scelta immediata, impetuosa, causata cioè dall’istinto (di fuga o di attacco, per dire).
Il lavoro della d.ssa Simona comporta scelte basate sull’esame dettagliato dei fatti e delle intenzioni palesi e latenti. Insomma scelte necessariamente razionali, ossia ponderate, logiche. Un lavoro che accomuna i valori della necessità e dell’arte intesa come mediazione tra molteplici ipotesi, verifiche e conseguenze. Come d’altronte tutti i lavori, giacché ogni azione umana è dettata da impulsi soggettivi che si mescolano all’oggettività delle cose da affrontare nella più completa solitudine, come sostiene Kierkegaard.
Anche se capita di essere influenzati nelle scelte da altri, se la psiche è fragile o impigliata in mille nevrosi o disagi.
Ne deriva che esser decisi per me è un pregio se l’individuo con la decisione testimonia quanto si sia avvalso della ragione e dell’equilibrio, mentre è un vizio se la decisione dell’individuo è unicamente frutto delle sue capacità di condizionare o sopraffare le scelte altrui.
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Vorrei poi chiedere a Vincenzo Monfrecola se il suo romanzo scaturisce da esperienze vissute di persona o raccontate da altri, o se nasce invece da una sua particolare visione della vita e dell’animo umano (e delle sue debolezze).
Non ho ancora letto il libro, ma il tema mi affascina come penso affascinerà molti lettori, facendoli tra l’altro riflettere sulle inclinazioni e le prerogative del proprio animo.
Ne affrofitto per porgervi un fervido augurio di buona fortuna per le Feste e l’Anno Nuovo.
Cordialmente.
ciao Ausilio, Il Decisionista non nasce da esperienze vissute e tantomeno mi sono state raccontate da altri, però sicuramente denota molti tratti del mio carattere di indeciso ma anche dell’ironia che molti napoletanti sviluppano quasi congenitamente in risposta ai tanti problemi che ci affliggono. Sorridere per non arrabiarsi. Però, talvolta sarebbe più giusto arrabiarsi che sorridere. Il Romanzo non ha nulla a che vedere con Napoli, è di pura fantasia sebbene molte scene siano state studiate sul posto, osservando i luoghi e le persone ma anche respirandone le sensazioni e le emozioni
auguro anche a te un buon 2011
Riesco a connettermi dopo qualche giorno di “buio”! Infiniti auguri a tutti!
E a Vincenzo Monfrecola ancora l’auspicio di tanti lettori e tanti cuori da raggiungere con le pagine del suo libro! Buone feste!