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“Il dovere della speranza. Le guerre, il disordine mondiale, la crisi dell’Europa e i dilemmi dell’Italia” di Massimo Giannini e Romano Prodi (Rizzoli, 2024)
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a cura di Ennio Givoli
Nel cuore di Il dovere della speranza (Rizzoli, 2024), scritto da Romano Prodi e Massimo Giannini, c’è un interrogativo che si fa sempre più urgente: come affrontare le sfide globali di un’epoca incerta? È una domanda che s’intreccia alla struttura stessa del libro, un affresco di tensioni politiche ed economiche; il ritratto di una civiltà che, tra le pieghe della sua fragilità, continua a sperare. I due autori, con la loro intesa dialogica, in una sorta di convulso ‘botta e risposta’, non si limitano a esplorare il presente, ma cercano di riscrivere la mappa di un futuro che, pur apparendo sempre più lontano, è ancora nelle mani di chi sceglie di affrontarlo.
Prodi, con la sua esperienza da statista e presidente della Commissione Europea, porta con sé un pragmatismo che sembra sfidare la pesantezza della realtà. La sua voce non si nasconde dietro il velo della retorica, ma punta dritta a illuminare le rovine di un sistema mondiale diviso. Le democrazie, a suo avviso, sono fragili, in declino, vittime di un mondo che tende verso il ritorno delle autocrazie. Ma la sua speranza non è passiva, un attimo di illusione che si dissolve alla prima luce del giorno. È una speranza che chiama a raccolta l’impegno di tutti. Prodi racconta, con il tono fermo di chi ha visto cambiare il mondo, eppure con lo sguardo rivolto all’orizzonte; un orizzonte che è possibile costruire, se solo ci si arma di coraggio.
Giannini, dal canto suo, non si ferma al quadro lucido ma inquietante che Prodi traccia. La sua critica, attraverso domande acute e senza filtri, scuote la polvere che si è accumulata negli angoli più nascosti del nostro sistema. Domande che scavano nella politica, nel potere delle élite, nella retorica vuota che alimenta il disincanto collettivo.
Il capitolo sull’Unione Europea è, per certi versi, l’essenza stessa di questo confronto. Prodi, da europeista convinto, parla di un continente in bilico, un progetto che cammina su un filo sottile tra speranza e disillusione. La crisi della UE, la sua incapacità di rispondere a sfide comuni come quella climatica, migratoria, economica, è il nodo che lega le riflessioni politiche del libro. Ma Prodi, pur riconoscendo le difficoltà, non cede alla tentazione di chiudere gli occhi: la soluzione non è disfare, ma rifondare, rinnovare le istituzioni, rafforzare l’Europa con una visione di solidarietà e giustizia.
In questo contesto, l’Italia non è altro che il microcosmo di una società che lotta contro i propri demoni: il populismo, l’apatia, la paura di un futuro incerto. Prodi suggerisce un percorso di rinascita: un impegno democratico rinnovato, investimenti nell’educazione, un passo lungo che guardi alla crescita e alla giustizia sociale. Ma Giannini, come il navigatore che non si perde d’animo neppure nelle acque più tempestose, non smette di smascherare le lacune di un paese che sembra aver perso la bussola.
Ma nel cuore del libro, la speranza diventa qualcosa di più: non un semplice desiderio, ma un atto di resistenza. Un dovere: come recita il titolo. Una sfida lanciata contro la tendenza all’immobilismo e alla rassegnazione. La speranza di Prodi invita a non fermarsi di fronte alla complessità, a non cedere alla tentazione di accettare il cinismo come unica risposta possibile. La speranza, in fondo, è ciò che ha sempre guidato i cambiamenti più significativi della storia. Ed è questo che il libro chiede: che ogni lettore diventi parte attiva di un movimento che non si ferma mai, che si rifà ogni volta che sembra sprofondare.
La struttura dialogica tra Prodi e Giannini traccia una visione che diventa terreno fertile per una riflessione profonda. L’esposizione del testo è chiara, precisa, ma mai banale, e si adatta alle diverse anime del libro: quella pragmatica e quella critica. È un viaggio che non è solo intellettuale, ma anche emotivo, capace di trasmettere la tensione di un mondo che non smette di cambiare. Eppure, anche quando il tono si fa tecnico, quando i temi si allargano a questioni come l’economia globale o le dinamiche europee, il libro resta accessibile, grazie alla lucidità della prosa e alla capacità di affrontare anche gli argomenti più complessi con un linguaggio che non perde mai la sua umanità.
Alla fine, Il dovere della speranza è un testo che, pur nella sua critica, non smette mai di cercare una via d’uscita, un cammino che non sia solo sopravvivenza, ma trasformazione. Un invito, alla fine, a vivere con più consapevolezza, a non rimanere mai spettatori passivi, ma a diventare attori di una storia che è ancora tutta da scrivere.
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La scheda del libro: “Il dovere della speranza. Le guerre, il disordine mondiale, la crisi dell’Europa e i dilemmi dell’Italia” di Massimo Giannini e Romano Prodi (Rizzoli, 2024)
“Sono tutti buoni a parlare con san Francesco, il problema è quando devi parlare con il lupo.” Romano Prodi ne ha incontrati tanti di lupi, ma ha sempre saputo che è necessario parlare anche con i dittatori, tenendo ferme le proprie ragioni. La vera questione è la nostra perdita di orizzonti sui grandi problemi che affliggono le democrazie. Custodire e promuovere “il dovere della speranza” vuol dire non arrendersi alla progressiva evanescenza europea. Vuol dire continuare a credere in una politica internazionale che non sia solo uno strumento dottrinario di rese dei conti. Perché il rischio di perdere tutto è incredibilmente concreto. “Nessuno si ingegna per provare a salvare le conquiste che hanno reso l’Europa la terra dei diritti e delle libertà solidali” afferma Prodi. “Nessuno pensa a preservare e rilanciare l’eredità buona del XX secolo, che ci ha lasciato le due più immani sciagure di sempre, cioè le due guerre mondiali, ma ci ha anche donato la più grande invenzione delle democrazie moderne, cioè il Welfare State.” E in questa lunga conversazione con Massimo Giannini sulla posta in gioco del mondo che verrà, emergono tutti i principali nodi conflittuali di oggi: autocrazie contro democrazie, civiltà contro barbarie, la dea incompiuta e irrisolta dell’Europa fino a toccare i nervi scoperti dei problemi interni al nostro Paese. Il risultato è un confronto serrato su tutti i grandi mali che rischiano di polverizzare il lungo lavoro di costruzione politica della pace. Con una certezza: abbiamo ancora “il dovere di sperare”, soprattutto per i giovani, perché questa è la vera sfida per il futuro.
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