IL GOLEM NELLA RETE
Continua l’onda lunga di LUCCA COMICS & GAMES 2014 nell’ambito dello spazio di Letteratitudine dedicato a “Graphic Novel e Fumetti“. Pubblichiamo il secondo contributo del nostro inviato a Lucca, Furio Detti.
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Intervista a Maurizio Rosenzweig: da Zigo Stella a Dampyr con qualche anticipo sul futuro
“Perché tutti gli autori quando disegnano cose che gli piacciono sembrano bravissimi.” (Rosenzweig)
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di Furio Detti
Ha appena presentato all’auditorium della Fondazione Banca del Monte di Lucca, insieme con Paolo Interdonato, Paolo Bacilieri e Marco Corona, la raccolta dedicata a Robert Crumb, ospite d’onore di questa edizione di Lucca Comics&Games 2014. È Maurizio Rosenzweig, autore di punta del fumetto underground italiano, grafico pubblicitario, visionario forte e segno duro del panorama nostrano che ci concede una lunga e rilassante intervista, per Letteratitudine, sul suo passato e sul suo futuro prossimo venturo.
-Sei un autore presente da anni sulla scena comics, vorremmo conoscere i progetti che hai appena concluso e le storie che stai per cominciare…
Sto lavorando per Bonelli, alla testata “Dampyr”, una storia doppia che uscirà il prossimo maggio-giugno. Questo era un tipo di lavoro di cui sentivo la necessità, perché dopo tanti anni di autoproduzione – soprattutto “Zigo Stella”, fumetto in cui mi potevo muovere liberamente – sono entrato in quella fase di “necessità assoluta” di imparare cose nuove. Perché tutti gli autori quando disegnano cose che gli piacciono sembrano bravissimi, ma la vera sfida è forzarsi a fare quello che non hai mai pensato di fare, il lato duro del mestiere: per me adesso questo significa lavorare dentro una casa editrice che ha criteri ben precisi, come appunto Bonelli, che considero come una scuola enorme in cui c’è tutto da imparare. E anche perché lavorare con Boselli [Mauro Boselli, sceneggiatore della scuderia Bonelli NdR], a cui ho chiesto di fare tutte le correzioni che gli passassero per la testa, è assolutamente una lezione costante di disegno. Ciò è quel qualcosa che cercavo: avevo bisogno di questo per evolvere.
-Proprio poco fa parlavi di Bonelli come di una casa dalle regole di ferro… Ma se tu potessi decidere da solo le regole, le gabbie in cui dovrebbe muoversi un fumettista; se alla Bonelli ti dicessero: “Maurizio, le regole del gioco le detti tu per un mese!”, che cosa avresti in mente?
Mah… no, non imporrei nulla, perché da quando collaboro con la Bonelli mi sembrano tutti così bravi, in un lavoro difficilissimo e lunghissimo: un anno intero su un albo, perciò assolutamente rispetterei tutto quello che in Bonelli si fa e si ottiene dal proprio mestiere. Poi il bello è che ci siano autori Bonelli così rigorosi e disciplinati e autori come Bacilieri e Crumb. Imporre regole farebbe “perdere il valore dell’esclusività di certe influenze” per citare Carver, che parlava appunto di Crumb.
-Parlando di “influenze” quali sono quelle che ora senti particolarmente o alle quali sei particolarmente debitore, riconoscente?
Gli autori che mi hanno più sconvolto sono Crumb e Corben e anche uno di cui secondo me oggi si parla pochissimo: John Romita Sr. Tutti parlano benissimo del figlio (assolutamente bravo!), ma il padre era un disegnatore eccezionale, Alex Toth (DC Comics) e Gil Kane che nei fumetti Marvel usava le diagonali come nessuno sapeva fare: sicuramente ricorderete le sue tavole per la dinamica inconfondibile.
-Parlando di “dinamica” non la tralasci neanche tu se pensiamo al tuo recente lavoro a più mani con Gischler e Dinisio, “Clown Fatale”. Non hai abbandonato questo amore per il moto e la tavola bella “piena”.
Per gli americani la dinamica è tutto: pensa che quando lo sceneggiatore si dimenticava che un personaggio era già morto, io, che vengo dal Neorealismo (De Sica, Umberto D, Il Cappotto di Gogol, e tutte quelle storie…) ricordavo l’attenzione per tutte le dinamiche umane e di coerenza; però per gli americani più “rompi” la pagina, più ti diverti, più tutti sono contenti.
-Guardando le tue tavole, ci colpisce il legame che hai con un autore di satira sociale, Ron Cobb (anni ’70), non so se lo hai presente… un autore comunque difficile da reperire sul mercato, almeno europeo.
Lo conosco; mi piaceva anche tanto. So che suona triste, ma gran parte del suo materiale lo trovi in rete. Però Cobb essendo legato alla satira non aveva necessità di raccontare certe atmosfere, che per me invece sono fondamentali. Di quella generazione mi piacevano molto Wally Wood, Will Eisner – più come sceneggiatore e autore che come disegnatore… Eisner secondo me non era un gran disegnatore, ma un grande narratore. Per questo più di Cobb mi sembrano più pertinenti i nomi che ti ho fatto prima.
-Tornando al tuo lavoro, a noi pare che i caratteri eminenti della tua produzione siano l’onirismo e l’ironia, molto ebraica, delle tue atmosfere. Il primo entra prepotentemente, anzi, prende proprio a cazzotti la realtà. La seconda l’accarezza dopo le sberle. Ci sbagliamo? Ci piacerebbe anche sapere se hai mai avuto la tentazione di illustrare qualche storia della cultura ebraica? (Avremmo un titolo ma te lo riveliamo nella prossima domanda)
Beh sì, tutta questa parte onirica non mi deriva dai fumetti ma dai libri. Io ho letto molti meno fumetti di quanti ne abbia comprati. Molte delle mie storie vengono da Fellini, dal primo Woody Allen – le storie tipo “Il Dormiglione” in cui c’erano flashback del tutto incontrollabili, assurdi – o penso al film “Lo Sceicco Bianco”. Ricordo che mi colpì enormemente quella scena in cui Sordi dondola su un’altalena sospesa al …nulla. Una scena molto evocativa, e pensa che Fellini non voleva neppure realizzare il film, il suo esordio assoluto come regista. Fu il grande Sordi a convincerlo, l’aveva quasi costretto, e forse dobbiamo proprio a lui tutto il fantastico cinema felliniano. Della mitologia ebraica mi piacerebbe molto raccontare “Il Golem”. Di Meyrink conosco la storia, ho scritto un trattamento, ma non ci sono più tornato sopra; ma è la figura che mi interessa molto. La mia famiglia è ebrea – mia sorella insegna Yiddish a Bar-Ilam, a Gerusalemme – perciò è chiaro che tutto quello che riguarda la cabala è di interesse per me e molto legato alla mia tradizione familiare.
-In effetti ci siamo sempre detti: “Diavolo, ma Rosenzweig potrebbe raccontare magnificamente un Jiri Langer” – poeta e scrittore Ceco, ebreo, amico di Kafka e Max Brod; quello de “Le Nove Porte” sui segreti dello Chassidismo. Un ebreo dell’alta borghesia austroboema, che letteralmente scappa tra i più remoti e isolati villaggi chassidici dell’Est Europa e poi ritorna alla civiltà moderna con un bagaglio incredibile di storie e misticismo, incredibilmente sognanti ma anche tremendamente concrete, materiali. Te lo consigliamo di cuore, se poi magari ti viene voglia di disegnarci su…
Grazie, non lo conoscevo.
-Quali sono le tre cose che non vorresti vedere in un fumetto di un esordiente?
Non vorrei vedere l’ennesimo emulo di Pazienza, che era un autore meraviglioso, bravissimo; non mi ha mai emozionato, ma mi rendo conto della sua inarrivabile genialità, ma è un modello troppo autoreferenziale. Basta col pensare che disegnare grandi vignette con enormi deliri linguistici significhi essere geniali. Non è così. Uno: basta emuli di Pazienza. Due: basta con le storie fantasy. Non le sopporto più: ne vedo sin troppe anche nella scuola di fumetto dove insegno da quattordici anni. Il fantasy non appartiene alla nostra cultura. Dico sempre ai ragazzi che la fantasia è limitata, se non si nutre della realtà, che è la sola cosa davvero infinita, che non possiamo conoscere mai del tutto. Basta fantasy, a mio dire è limitante – a mio parere eh… vi invito a dissociarvi pure dalle mie opinioni. Voglio solo dire che il fantasy è deprimente se affrontato male, che di Tolkien ce n’è uno, tutto il resto è veramente dare i nomi agli alberi che parlano, o alle spade infilate nelle rocce. A meno di non recuperare degli archetipi, il fantasy affrontato in modo superficiale è qualcosa di idiota. Tre cose, avevi detto? Tre: basta storie con vampiri, efebi o criptogay…
-Detta da uno che disegna Dampyr…
Eh però Dampyr viene da una tradizione cinematografica che viene da Maurizio Colombo; Boselli si ispira al cinema di genere italiano degli anni ’70. Ormai il mito del vampiro è all’osso… ho trovato Twilight qualcosa di scurrile, scritto da una mormone, che insiste sulla sottomissione della donna rispetto all’uomo, una roba di un gusto… hai visto nel film, che il protagonista quando si espone al sole diventa luminoso! Ma cos’è?!? “Non posso sposarti, Bella, perché divento luminoso al sole.” Ma sei scemo?
-Io [Furio Detti] beh – ho definito Twilight e simili “Pornografia senza sesso.” Pornografico nel suo ammiccare sfacciato a qualcosa che non si consuma mai.
D’accordo. Pienamente. Roba devastante. A me piace quando un ragazzo mi propone un lavoro onesto, sincero. Non pretendo l’originalità a tutti i costi, tutte le storie si assomigliano un po’, la differenza è tutta in come le racconti! Per questo preferisco la freschezza dell’onestà al talento privo di essa. Secondo me paga questo piuttosto che emulare il maestro del momento. Bisogna vedere dove ti porta il desiderio di emulazione. Questo prova che i gusti personali del fumettista sono pericolosi, perché si autoalimentano e possono portarti fuori strada.
-Hai parlato di scuola… dove insegni?
Alla Scuola del Fumetto di Milano, quella di Giuseppe Calzolari. Secondo me una scuola molto ben organizzata, con un programma diurno, dalle 09:30 alle 13:30 in cui gli allievi studiano non solo il fumetto, ma fanno formazione sul disegno. Infatti quello che preme alla scuola è formare dei disegnatori. Io insegno fumetto, ma ci sono percorsi di grafica, illustrazione…
-Hai mai pensato di fare l’illustratore in un momento della tua carriera?
Io ho lavorato tanto per la pubblicità, facendo storyboard, layout, illustrato opuscoli di dentisti, medici… un disegnatore se ama semplicemente il suo mestiere può fare di tutto. Nella fattispecie mi piacerebbe illustrare o un racconto di Lovecraft – la sua mitologia mi interessa molto – oppure una versione per ragazzi del Golem di Meyrink.
-Ultima domanda: se tu ritrovassi il Maurizio Rosenzweig di alcuni anni fa, come allievo, ai tuoi corsi: cosa gli diresti? Una cosa di cui pentirsi, una cosa di cui essere fiero, per esempio.
Gli direi… strana come domanda, è veramente strana!
-Qui a Letteratitudine siamo tutti pazzi e amiamo le domande fuori di testa.
[ci pensa su] Gli avrei detto di essere forse …meno arrogante in certi momenti, e più lungimirante. Mi ricordo che la Bonelli mi aveva già chiamato altre due volte – intanto ho fatto “Zigo Stella”, sono molto fiero di Zigo (poi fammi un’altra domanda su Zigo Stella, dopo…) e poi mi hanno chiesto di lavorare quando avevo trent’anni sull’Uomo Ragno, ma lì – mentre per la Bonelli non mi sentivo all’altezza proprio per l’ordine, la costanza e l’autodisciplina necessari – per l’Uomo Ragno mi sentivo del tutto inadeguato, avevo la sensazione di peccare di “lesa maestà”.
-Non vediamo tutta questa arroganza… E, una cosa di cui sei veramente contento e la rifaresti un milione di volte?
Zigo Stella.
-Come mai?
La storia di Zigo Stella è nata perché avevo voglia di recuperare l’idea che avevo di fumetto quando ero tredicenne. Ero felice quando facevo quelle tavole lì: mi mettevo alla sera, facevo una tavola, slegata dalla storia; poi con Schiavone abbiamo creato ponti narrativi che collegassero tutte le parti che avevo indisciplinatamente disegnato, però disegnare Zigo è stato per me molto importante e mi sono divertito molto. Era un periodo in cui stavo davvero bene, mi piaceva. Lavorare su quelle tavole è stato veramente bello, un bellissimo ricordo.
-Abbiamo letto in una tua precedente intervista che consideri molto seriamente il pericolo della pirateria artistica in Rete. Parlando di Web abbiamo la sensazione che non sia stata ancora inventata una fruizione del fumetto pensata e progettata espressamente per Internet, vogliamo dire che il fumetto è diventato digitale ma restando sempre legato alla logica lineare e editoriale tradizionale, delle pagine “stampate”, nulla di radicalmente pensato per il mezzo internettiano. Secondo te vale la pena inventare una forma, una declinazione del fumetto che sia espressamente legata all’interazione in Rete.
Secondo me sì. Non ti anticipo nulla, ma con alcuni altri dieci autori sto pensando a realizzare qualcosa del genere e si tratta di qualcosa di pensato non per il cartaceo, ma perché sia pensato per la mobilità del Web. Non dico altro, ma vi farò sapere quando sarà il momento. Credo che sia fondamentale lavorare con Internet, anche perché i social network e quello che succede in rete è assolutamente reale come la vita in cui esistiamo. Un fumettista e un artista non possono prescindere da questa dimensione sociale. È impossibile farlo, adesso, e se lo fai questo significa escludersi. Essere nel Web è fondamentale.
-Con quest’ombra di anticipazione sulle tue ultime creazioni, ti ringraziamo a nome di tutti i nostri lettori, in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti, e a risentirci.
Grazie a tutti voi. Alla prossima.
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