Novembre 18, 2024

140 thoughts on “IL GREGARIO di Paolo Mascheri

  1. Come dicevo questo libro ha riscosso un notevole successo a livello di critica. Lo stesso Andrea Di Consoli, in genere molto parco nelle sue considerazioni critiche, ne parla davvero molto bene.

  2. Paolo Mascheri parteciperà alla discussione e sarà felice di rispondere alle vostre domande e a soddisfare vostre eventuali curiosità.
    Consentitemi, dunque, di dare il benvenuto a Paolo Mascheri.
    Caro Paolo… benvenuto a Letteratitudine!🙂

  3. Il romanzo, peraltro, offre spunti per un importante dibattito collaterale al libro.
    Uno degli spunti più interessanti è proprio legato al rapporto padre-figlio.
    Da qui le mie domande, a cui vi invito a rispondere…

  4. Caro Massi,
    il tema è bellissimo.
    Attualissimo.
    Come giudice mi trovo spesso a dirimere controversie in cui il ruolo della paternità e della maternità vengono strumentalizzati.
    E come madre faccio l’esperienza quotidiana del dono. Del ponte necessario e consapevole che devo tessere tra mio figlio e il padre.
    Ecco. Credo che una maternità sana e matura sappia lasciare andare. Che sappia attendere.
    Che sappia anche rinunciare.
    Per questo in tribunale collaboro con centri di terapia e ascolto.
    In cui le famiglie ferite possano trovare la falla che le incurva. Che si riversa sui figli.
    Sul loro fragilissimo equilibio.
    Raramente ascolto i bimbi, perchè li proteggo dalle mura aride dell’udienza, dal calpestio rivoltoso e duro dei passi di chi ha fretta. Di chi lascia un’aula dirigendosi nell’altra senza pietà. Senza nostalgia.
    Senza dolore.
    Ma quando mi capita di farlo, quando li accolgo nella mia stanza a porte chiuse, serrati come in un segreto e accovacciati nell’ombra del mio essere madre – ancor prima che magistrato – li scruto senza interrogarli.
    Aspettando che siano loro a incuriosirsi.
    A lanciarmi un appiglio.
    Lo fanno quasi sempre perchè hanno la vita che gli pressa nel cuore nonostante tutto. E perchè il gioco prende il sopravvento. Persino tra le scranne di chi deciderà del loro destino.
    Dopo, a luci spente, a vebale chiuso, torno a casa.
    Nell’abbracciare mio figlio che mi accoglie, ho sempre un motivo in più per amarlo senza egoismo.

  5. Bentrovato e grazie dell’ospitalità innanzitutto.
    Parto dal titolo del libro. Ovviamente non mi interessava l’accezione sportiva del termine “gregario”. L’accezione vicina al sentire mio e del libro è quella latina, quella militare. Il gregario è il gregarius miles, il soldato semplice che muore anonimo sul campo di battaglia. Il significato è vicino quello dell’everyman di Roth. In questo libro, come nella vita, davanti alla caducità, alla precarietà dell’esistenza, alla fragilità del corpo ci sono- siamo- solo gregari.

  6. Passando alle altre domande alle quali non so fino a che punto posso rispondere, posso dire che guardando al mio romanzo, a posteriori, forse in esso c’è la possibilità di reinvestire nella figura del padre, nella famiglia. Devo sottolineare il forse altrimenti il mio sarebbe un romanzo a tema. Il protagonista del mio libro è immerso in un mondo senza Dio, dominato dal liberismo delle merci e dei corpi e volevo che il protagonista riuscisse a superare questo deserto guardando con la massima trasparenza e umanità al rapporto col padre, al legame col padre.

  7. Begli intenti. Dal punto di vista stilistico, chiedo, caro Mascheri, come si e’ regolato? Secondo me, modestamente parlando, la Letteratura di oggi puo’ far distinguere un autore da un altro solo in base ad un determinato stile espressivo, scrittorio e sintattico, oltreche’ delle figure retoriche e grammaticali.
    Grazie
    P.S.
    Parlo cosi’ non avendo letto il Suo romanzo.

  8. 1. il male oscuro di berto
    2. il nome del padre di lacan
    3. il padre di genna
    4. quando a mio padre si fermò il cuore non ho provato dolore di de andrè:
    5. grisù, il draghetto che vuole diventare pompiere malgrado la strenua opposizione del padre:

    (strane coincidenze legano in questo contraddittorio epocale i miei percorsi alternati a visioni suicide di un figlio gay mai accettato):
    non è il parentetico ciò che mi interessa (visto che mi riguarda molto narcisisticamente.)

    una domanda a paolo mascheri:
    innanzitutto, complimenti! bravo, non ancora letto il tuo libro. gli autori sopraelencati mostrano una tipologia estrema di conflitto paterno: il padre assente. dunque, figendo di essere nella mia trasmissione radiofonica, ti chiedo quale potrebbe essere più vicina al tuo romanzo.
    (il draghetto grisù lo considero la metafora che più si avvicina al mio possibile rapporto se mai scrivessi un romanzo… sempre narcisisticamente parlando).
    tu fingi di rispondere al telefono (in genere le interviste agli autori sono radiofoniche).

  9. riformulo: quali tra le queste figure di conflitto paterno reputi più vicina al tuo personaggio?
    1. il male oscuro di berto
    2. il nome del padre di lacan
    3. il padre di genna
    4. quando a mio padre si fermò il cuore non ho provato dolore di de andrè

  10. @ Sergio Sozi: per quanto riguarda il punto di visto stilistico credo che la recensione di Di Consoli risponda per me in un certo senso. Posso aggiungere che solo la terza persona poteva avere l’equilibrio stilistico e morale per raccontare una storia del genere.
    @Gianluca: un tempo, quando ero più giovane, ero un lettore forte di John Fante. Ho la sensazione che i romanzi, e i padri e figli di Fante si siano sedimentati in un certo modo nella mia mente. Forse, sono partito da lì. Ma ho svuotato questo rapporto di ogni comicità. Il termine conflitto è troppo netto, tuttavia. Io credo come uomo e come scrittore che non esistano rapporti facili, rapporti semplici. Se questa mancanza di semplicità la vogliamo chiamare conflitto allora nel mio romanzo il conflitto non è affatto generazionale bensì naturale. Ovvero non è tra due generazioni diverse e distanti ma tra due uomini che si trovano a condividere un legame.

  11. fante… ho presente la figura del padre all’inizio di ‘chiedi alla polvere’ se non erro. è una questione di esser-ci, ora.
    ‘notte a tutti.
    grazie paolo e grazie massimo per il bel post.

  12. In attesa che il precedente contributo appaia on line – sospetto che possa essere di comune interesse – saluto e omaggio il genio di Paolo Mascheri.
    Un fan datato luglio 2004. “Ribellione borghese”.

    Cura ut valeas,
    gf

  13. buonanotte a te, amice Massimo. Credo – parlo dei link – che sia un problema di programmazione dei blog. In sostanza, per evitare messaggi pubblicitari irrichiesti, c’è un comando che manda in approvazione qualsiasi commento contenga più di x link (2, 3, etc: si regola manualmente).
    Non credo tu possa correggerlo via back-office di Letteratitudine. Ma potresti scoprire la funzione, navigando nel pannello d’amministrazione.
    *
    Quanto a Mascheri, credo sia tra i 5 migliori narratori nati negli anni Settanta, con Andrea Consonni e Claudio Morici (gli altri due stavolta non li nomino!). Tre miei pallini sin dall’esordio. Se potessi, li terrei sempre con me – ma io purtroppo non ho ancora trovato stabilità presso un editore. Un giorno, magari…;).
    Paolo ha potenzialità abnormi e ancora inespresse. Sono felice che in molti scoprano la sua scrittura con questo romanzo, ma a quei molti posso dire che – paradossalmente – questo è niente rispetto al capolavoro che Paolo ha in canna. Prosaicamente dixi:).

    salutem dico,
    gf

  14. e OT ma non troppo: a riprova di quanti stupidi mestieranti lavorino nell’editoria, e di quanto mediocre sia il fiuto di certi direttori editoriali o di certi direttori di collana… c’è che la critica (e il pubblico), come osservi, ha molto apprezzato questo libro. Non posso aggiungere altro ma direi che ci siamo capiti, fermiamoci qua. Plauso a MF che ci ha creduto.
    Spero sappiano gestire un patrimonio come questo.

  15. Mi interesserebbe parlare, caro Mascheri, dell’assenza di Dio dallo scenario provinciale cui allude Di Consoli. Glie ne sarei grato.
    Saluti Cordiali
    Sozi

    Gianfranco,
    Claudio Morici e’ quel mio collega della Casini, vero? Sai che ancora non ho avuto modo di leggerlo – sempre che sia lui?
    Ciao, caro

  16. Mi perdoni se insisto sullo stile, caro Paolo Mascheri, ma Di Consoli dice che ”(…) Qui siamo in presenza di una matura asciuttezza, di un “antistile” raggiunto con una grigia lingua media, e dopo aver distrutto il feticismo dello stile”.
    Ma qualcosa in piu’ che ”una grigia lingua media” potrebbe dirla Lei, credo. Ho finora capito, dalla recensione, l’assenza di preconcetti dai quali partire per ricostruire letterariamente la realta’, ma invece il Suo partire dalle piccole cose per comporre l’affresco del romanzo, del protagonista e del suo ambiente e della sua crisi di valori – infine risolta, mi sembra. Ma non ho altre coordinate sulla lingua da Lei adottata nel romanzo. Mi perdoni.
    Saluti Cari
    Sozi

  17. le sue braccia a sollevarmi mentre mi seppelliva
    il suo sorriso e già sapevo si sarebbe cancellato
    io non più bambina e lui non era più il mio mito
    lunghi capelli e lo ammazzavo piano con il mio
    seno che cresceva in fretta e insieme la voglia
    di scappare e lui cacciatore a custodire un petalo
    che volevo donare e per vendetta al primo che ho incontrato
    padre paterno padre padrone incesto mentale rabbia secolare
    sono andata via in un mondo che lui non capiva
    in strade ovunque a far casino denudando cuore
    pensieri e rabbia dalla parte di chi non poteva
    ho riso e mi sono uccisa e la tua immagine era
    una bambola sporca con le vesti di seta vera
    ed è per questo che ho indossato scarponi neri
    poi cent’anni dopo mi è toccato starti accanto nell’ora
    dell’addio e finalmente eri totale tenerezza padre mio

  18. Sto leggendo proprio in questo momento “Il gregario”, poche pagine alla fine.

    E’ un libro molto sincero, che fa male per quanto riesce a dire cose che tutti conoscono, anche sulla propria pelle, ma che è meglio sempre non dire…

  19. Il padre. Sono io, quel padre. Io che ho “ucciso” il mio e reso omaggio alle sue spoglie, io che ho portato dei semplici fiori, per rispettare il silenzio, io che mi fermo sulla tomba a leggere parole che lui non comprende. Sono io, quel padre, tutte le volte che nei suoi occhi rintraccio il vuoto che ho saputo colmare e popolare e musicare. Sono io, adesso, con la gratitudine del figlio che dice – Grazie! – senza amarezza, che lo abbraccia forte quando i suoi occhi si bagnano, che lo stringe a sé e lo assedia d’amore, procurandogli uno smarrimento indifeso. Sono io, quel padre, tutte le volte che mi fingo figlio per inorgoglire la sua paternità, che assecondo una sua battuta e rivedo il gigante buono della mia infanzia. Io, adesso, che ho lasciato andare altrove il peso della competizione, che ho toccato con mano sicura quelli che un tempo erano i limiti indefiniti dei nostri ruoli, che annullo con un sorriso il dolore tondo dell’assenza nemica.
    Il padre genera il figlio dal quale quello stesso padre rinasce e vive e si perpetua… così, all’infinito! Ed anche se il figlio non è ancora padre, il padre non smetterà mai d’essere figlio…

    Un saluto a Paolo Mascheri e un affettuoso abbraccio a tutti gli amici del blog.

  20. Anch’io sto leggendo “Il gregario” e sono a metà. Mi unisco al commento di Sofia e faccio tanti complimenti a Paolo.
    Paolo, a quando il prossimo libro?

  21. Dimenticavo di ringraziare Massimo che ci dà sempre l’opportunità di comunicare con gli autori di ottimi libri e che ci offre tante occasioni di riflessione. Grazie Max.

  22. @ Sergio Sozi: il protagonista del mio libro parte proprio da questa assenza per reinvestire in maniera reazionaria- nel senso più letterale del termine- e quasi dogmatica nella famiglia e nella figura del padre. Non ci sono approdi politici o religiosi. C’è solo questa vita. I legami possono supplire a queste mancanze? Questa è la domanda. Se vogliamo rispondere a questa domanda possiamo farlo solo facendo un atto di trasparenza e al tempo stesso di fede nell’uomo. Penso alla umanità della Yourcenar nell’affrontare la figura di Adriano. Ecco. Quando penso a come costruire un personaggio non posso fare a meno di pensare alla complessità con cui la Yourcenar ha lavorato su Adriano. Un lavoro immenso e probabilmente inarrivabile. Ma quello è lo standard con cui confrontarsi per me. Per quanto riguarda lo stile non ho problemi a dire che Coetzee è stato l’influenza principale. Volevo che la trama fosse soprattutto psicologica, che la trama non risiedesse nelle azioni ma soprattutto nei pensieri, nei dubbi e nelle paure del personaggio.
    @ gianfranco: grazie per le premonizioni future…ma lasciamo stare le premonizioni… il futuro è adesso per me. E posso dirmi contento del gregario. Posso dirmi orgoglioso di un libro che va avanti in qualche modo, lentamente- o forse non va avanti per niente- ma sempre senza canali preferenziali e senza che il suo autore prenda scorciatoie.
    Un grazie di cuore a Sofia e Alessandro.

  23. @ Martina: grazie di cuore. Il prossimo libro? Chissà… io sto lavorando da un anno su una storia ma mi ci vorrà ancora del tempo e della calma. Il mio futuro editoriale poi non è affatto scontato. Dipenderà dalla mia fortuna, dal mio talento, dalla mia costanza e infine moltissimo dagli editori. Anche a te i miei migliori auguri.

  24. @ Sergio Sozi: per quanto riguarda la lingua ho lavorato per ottenere una lingua che unisse essenzialità e precisione.
    Per quanto riguarda lo scenario provinciale del libro, non credo che esista oggi più in Italia la provincia del dopoguerra. Ho lavorato per neutralizzare la Toscana e renderla meno caratteristica possibile, perché mi serviva uno sfondo più neutro possibile per universalizzare la storia. Dal mio punto di vista il libro non è un libro sulla vita in provincia, quindi.

  25. Salve a tutti. A mio avviso Il gregario va letto perché fa male. Mi spiego. Ci sono libri esagitati, che si dannano l’anima per traumatizzarti a colpi di effetti speciali. Così come ci sono libri scritti con misura che alla fine, purtroppo, convogliano solo quella. Un innocuo grigiore. Il gregario è un lupo vestito da pecora: in apparenza scorrevole e “medio” come il protagonista, ma in realtà punta a papparti in un boccone. Un esempio per tutti, che in questa discussione è già emerso, è il rapporto col padre e più in generale il modo scelto da Mascheri di affrontare il tema della famiglia. Sono argomenti e situazioni che ci riguardano tutti e che è raro incontrare in un romanzo trattati come vengono trattati qua, con questa sincerità scabra e tagliente. Mascheri non è uno che si mette in cattedra o che gioca col materiale umano, con le reazioni del lettore. La franchezza del Gregario mi ha letteralmente stordito.

  26. Bello il tema del rapporto tra padre e figlio.In esso si sono cimentati la maggior parte degli scrittori che mirano a fare letteratura del profondo.
    Non conosco il libro di P. Mescheri ma dalle recensioni ho capito che questo personaggio è tutto il contrario di Bazàrov (Padri e figli di I.Turgeniev) o sbaglio?
    L’idea che ho sempre avuto di questo ancestrale rapporto è quella che mi sono fatta studiando l’Eneide:Enea che porta sulle spalle Anchise così ho sempre pensato che del padre non puoi mai liberarti nanche se bruciasse tutta la città terrena.
    però può succedere ed è quello che succede che i padri non possono liberarsi dei figli. Il rapporto tra padre e figlio è governato dalla natura
    e contro la natura ogni combattimento si ammanta di sconfitta.
    L’unico modo per liberare entrambi è la scelta di un referente che sia al di sopra di essi, e cioè cercare,anche insieme, il Padre dei padri e metterlo al centro dello stesso rapporto.
    Ci vuole sempre una mediazione e nella concretezza delle situazioni questo compito se lo assume la madre perchè la madre può permettersi di partorire tante volte il proprio figlio e riuscire a farlo rigenerare dal Padre.

  27. Molto interessante il tema del post , così come il libro proposto. Non l’ho letto, ma mi ha molto incuriosita, per cui lo cercherò.
    A Paolo Mascheri faccio tanti auguri e ti chiedo : chi sono secondo te i punti di riferimento della narrativa italiana di oggi ?

  28. a Massimo sempre tanti complimenti per i temi e gli autori che propone e per l’attenzione che riesce a far accentrare intorno ai suoi post

  29. @ Emanuela Gallo: penso a tre libri bellissimi e italiani. Il Kaddish profano di Francesca Mazzucato, Troppi Paradisi di Walter Siti e Non c’è più tempo di Andrea Carraro. Ci sono poi alcuni autori della mia generazione che apprezzo molto. I miei migliori auguri a te e grazie.

  30. A Paolo Mascheri
    Di Consoli nella sua bella recensione scrive ‘Il gregario è anche il ritratto di una provincia disperata, cagnescamente attaccata ai soldi. Una provincia fondata sulla frustrazione (anche in presenza di benessere)’.
    Cosa ne pensi?
    Sopra mi pare che tu abbia scritto che non consideri ‘il gregario’ un romanzo sulla provincia.
    Hai ragione tu o ha ragione Di Consoli?

  31. ciao. Massimo le tue domande sono molto interessanti, ma rispondo, a modo mio, alle ultime due e cioè chi è il gregario e per quale motivo. Lo faccio procedendo per analogie…

    Qualche tempo fa fui particolarmente colpita da un articolo scritto in inglese a proposito di un concorso che annualmente si svolge a Londra ed al quale partecipano cani provenienti da tutte le parti del mondo, “il miglior cane di razza”.
    Amici un vero spasso la passerella cinofila, cani tolettati, peli messi a lucido, sculettature a due e quattro zampe, barboncini con creste ricciute, musi affusolati, orecchie a taglio corto, codini lunghi, arricciati, andature fiere che precedono chi li accompagna, pizzuto orgoglio dei proprietari, cani amati come figli!
    La razza.
    L’aggregazione. Svolgimento del concorso (in inglese competition)
    I rappresentanti delle razze divise in specie e sottospecie per via dei pedegree grazie ad accoppiamenti calcolati con cagnette d cotanta qualità, tanto per non perdere le caratteristiche con le quali gareggiare, il carattere, la bellezza della razza, il combattimento, l’aggressività, la potenza, la velocità, la compagnia nei salotti, il fiuto, la guardia, che bel cane! no..non è bello…è bellisimo…
    Buon sangue non mente! L’addestramento è importante poi, si sa, i rappresentanti delle razze si ritrovano per affinità, attenti però se vengono messi in cattività possono scannarsi, abbaiarsi addosso l’uno contro l’altro, ringhiare, scannarsi, un tale inferno, vabbè sono cani…
    Succede anche fra padri e figli? Purtroppo.
    Chissà chi ha ragione!!!!!!

    Baci Rossella (una bastarda qualunque di padre cielo e madre terra)

  32. Caro Paolo,
    hai affrontato un argomento davvero molto profondo che estende i suoi significati su piani diversi e diversificati…..sono certa che alla fine verranno fuori conclusioni molto interessanti
    rossella

  33. @ Angela: Di Consoli ha scritto una recensione bellissima e profonda. Io e Andrea ci siamo conosciuti dopo che lui aveva letto e recensito il mio libro. Non per ricambiare o per amicizia ma posso dire, avendo letto i suoi due romanzi, che Di Consoli è senza dubbio uno dei migliori autori della mia generazione e non solo. Andrea ha letto Il gregario anche come un libro sulla provincia e va benissimo. Io lascio aperta ogni interpretazione. Ma a mio avviso è la provincia stessa che non esiste più. Non vedo differenze, né stili di vita così diversi: c’è stata una omologazione tale che in Occidente ovunque si vada troviamo le stesse possibilità di comunicare, gli stessi non luoghi, le stesse zone residenziali. Questo sommato all’operazione di neutralizzazione fatta da me sul paesaggio fa sì che Arezzo, il mio sfondo, possa essere anche un’ altra città dell’Occidente in fin dei conti. Abbiamo ragione entrambi: dipende da quale prospettiva si guarda il libro.

  34. A Mascheri : Sto seguendo con interese il dibattito sul tuo libro ed appena finirò di leggere la pila che ho sulla scrivania leggerò il tuo però subito ti voglio dire che hai ragione quando dici che la provincia non è più quella di una volta e che tutto il mondo è stato omologato ma il guaio è che l’omologazione non ha modelli ma interazioni caotiche per cui la provincia ha intereagito con la città e viceversa anche dal punto di vista dei valori e delle aspettative.
    L’ unica differenza è ancora che in provincia,gratta gratta, ti accorgi che sotto il modernismo galleggia sempre un mentalità arcaica. Pertanto essa per uno scrittore potrebbe diventare un laboratorio di ricerca.
    Forse il tuo lavoro è risultato così interessante perchè lì ti è stato possibile attingere ad un corredo di informazioni che nella città(oggi megalopoli) è impossibile rinvenire.

  35. @ Mela Mondi: grazie del tuo intervento. Grazie per aver proposto l’immagine di Enea e Anchise. Immagine a cui ho pensato e penso spesso. Immagine che ho tenuto ferma nella mia mente mentre scrivevo il penultimo capitolo del libro. La pietas, la devozione, le spalle offerte.
    Sono d’accordo con quello che dici. Ma al di là della mentalità i problemi dell’uomo sono gli stessi, ovunque, ed è questo che mi interessa ed è per questo, a mio avviso, che alla fine quando si vuole raccontare l’uomo ogni luogo è lo stesso luogo.

  36. Felicissima che Letteratitudine dia onore a questo romanzo. Andrei oltre la figura del padre e il rapporto padre e figlio.
    E’ una straordinaria epica contemporanea dell’uomo piegato, dell’uomo fragile, friabile, sconfitto, provinciale, piccino e anche grande, grandioso, riottoso, abitudinario e speciale, dell’uomo normale ma anche capace di pensare in grande, potendo, di guardare più avanti, se mai le cose attorno e accanto glielo permettessero. Se ci fosse abbastanza calore, se non ci fosse quel tarlo dentro, quel piccolo grande dolore, quel senso di essere stato defraudato anche se la vita è agiata e tutto procede bene.
    Questo è, è stato ed è per me Il Gregario. Un libro che resterà. Con un linguaggio soprendentemente potente, nel suo adattarsi alla piccola vita del protagonista, alle sue piccole omissioni, alle sue commissioni, al suo saper amare così, a quel momento sublime in cui compra le scarpe alla ragazza slava. Un linguaggio così poco italiano, così poco da strapaese, e per questo, alla fine, questa Italia ce la restituisce e rimaniamo stupiti con quanta precisione.

  37. Cara Simona, come sempre ciò che scrivi è splendido per l’insuperabile
    delicatezza dell’animo. Peccato che abito così lontano….
    Massimissimo, i dibattiti che scateni, ci insegnano sempre argomenti nuovi e stimolanti, ma li pensi la notte? Vorrei sapere cosa aspettano
    i dirigenti Rai a chiamarti in televisione come conduttore assoluto?
    Altro che Pippo Bau bau…
    Sergio, lo sapevi che il tuo ex compagno di cella, Sivio Pellico, è stato il bibliotecario della marchesa Juliette Colbert Barolo, che aveva il Salotto Letterario più esclusivo del tempo? Ti prego, non spaventarmi con le tue
    domande insidiose, il giovane e promettente Paolo Mascheri.
    Non avendo letto il suo libro, non azzardo nessun commento, con la mia
    tenera età dico solo. Anche se sono noiosi e invadenti amate i genitori ora che sono in vita. Basta vecchia, con le prediche!
    Vi propino il solito motto fulminante del mio amico Oscar:-
    “Il generale era essenzialmente un uomo di pace, tranne che nelle questioni domestiche” Oscar Wilde.
    Un corale saluto a tutti
    La rediviva e scalcinata Tessy

  38. @ M.Teresa Santalucia Scibona
    Sì: hai ragione: bisogna “amare i genitori ora che sono in vita, anche se sono noiosi e invadenti”. Io li amo molto, i miei. E non sono neppure noiosi e invedenti. Hai fatto bene a dircelo, però.

  39. Ho ascoltato l’intervista di Paolo Mascheri a Farenheit su Radio Tre.
    Il libro sembra interessante e “sembrerebbe far male” leggerlo, ha scritto qui qualcuno. Ci sono certi romanzi che fanno male.
    Gianluca ha fatto riferimento a “Il male oscuro” di Berto: aiuto, sicuramente geniale( anche se credo non sia stato capito quando é stato pubblicato- mi hanno detto che Berto ne aveva sofferto molto-giustamente); infatti anche quello é un libro che non leggerei due volte, ma non si dimentica.
    Bisogna incoraggiare i nuovi scrittori, secondo me. Ma é anche giusto che rispondano a domande come quelle di Sergio, perché nel momento in cui si “mettono in gioco” proponendo il loro primo romanzo in un blog, si dà loro la possibilità di “spiegarsi”( sempre che vogliano farlo, perché ci sono anche gli scrittori che non amano farlo e restano di più nell’ombra).
    Mi ha colpito, da parte dello scrittore, il riferimento a Marguerite Yourcenar e al suo MEMORIE DI ADRIANO, che lo avrebbe “ispirato” per la costruzione del suo personaggio. Mi sembra un’ottima ispiratrice.
    Cari saluti e auguri per il suo libro.
    PS: ho trovato anche molto interessante( nell’intervista allo scrittore) il concetto della “universalizzazione” della provincia.

  40. @ Simona-Paolo Mascheri-Massimo e gli altri tutti:
    Incomincio con lo elogiare Simona per il suo commento.
    In poche frasi ha dimostrato di avere una sensibilità e chiarezza di pensieri fuori del comune.
    Ed ora al tema:padre e figlio; due esseri: uno adulto e nel pieno della sua vita e l’altro, il suo successore per il periodo di dopo, piccolo e bisognoso di cura e sostegno.
    Che cosa porta i padri a trascurare la famiglia: l’affievolirsi dei sentimenti, dopo i primi anni di amore intenso consumato nell’appagamento fisico invece che nel creare unione d’intenti e di scopi, difficoltà di lavoro e di reddito che umiliano i padri fino a farli considerare dei falliti, costume di vita leggeroccio consumante tutto perché ridotto a materia e distruggente ogni forza spirituale liberatrice?
    Se osserviamo lo stile di vita attuale che riduce l’uomo a consumatore di tutto anche della sua anima per finire poi a quella dei suoi figli, non posso escludere nessun punto sopra accennato.
    Come sono i padri, diventeranno anche i figli quando saranno presi come esempio, altrimenti saranno soggetti a disturbi psichici gravi, fino a gravissimi.
    Lo sviluppo della scienza e l’indirizzo dell’economia del reddito hanno creato i loro padri, le loro famiglie, che protestano, dissolvendosi nell’incapacità di non poter assolvere i molteplici impegni impostigli dalla società moderna e dal sistema consumistico, che sempre più diventa un’ossessione per loro, oltre che non essere più finanziabile.
    Soli, cercano di risollevarsi dal peso aggravante e tentano un’altra via. A parte i brevi momenti di sollievo in rapporti limitati e senza impegno, non immaginano di ridursi sempre più alla solitudine.
    Eppure, oggi riscontriamo una società più preventiva e soccorrente i perdenti di questo sistema: i figli. È giusto affermare, che essi sono maggiormente tutelati e custoditi dalle varie istituzioni create appositamente, o dalle persone e famiglie private volontarie.
    Sebbene non creda, che sia possibile raggiungere un livello d’educazione e cura, capaci di risolvere veramente il problema, riscontro, ciò non di meno, la necessità di migliorare i sistemi di soccorso e cura.
    La famiglia, caposaldo della società umana fin dall’antichità, non è e non sarà mai in grado di risolvere veramente i problemi che incombono sulla società intera e particolarmente sui figli.
    Forse potrà risolverlo la scienza in un non più lontano futuro, ma ciò comporterebbe una mutazione radicale d’indirizzo della vita e di conseguenza di tutti i rapporti umani.
    Chissà, se i padri e le madri non imploreranno i tempi passati, caratterizzati da maggiore calore e contatto umano, con tutti i suoi difetti.
    Sarebbe un monito alle famiglie d’oggi, che non riescono a convivere perché prese tanto dalle pretese personali, da non comprendere che esse li conducono là dove non vorrebbero mai stare.
    Saluti.
    Lorenzo
    PS) non potendo leggere il libro, mi limito a queste mie riflessioni personali sul tema.

  41. Gentile Roberta,
    Non considero il mio romanzo “un libro in grado di far male”. Capisco tuttavia che molti lo possano percepire in questo senso.
    Credo che i libri sfuggano sempre di mano agli scrittori. Sarebbe ideologico partire con l’idea di dover esser per forza di cose disturbanti o sentimentali. E niente è più sbagliato e dannoso per uno scrittore di essere ideologico, di voler imprimere una direzione al proprio lavoro. McEwan ha detto che c’è uno stato di “attenzione passiva” in cui si scrivono le cose migliori. Lo credo anche io. Per quel che mi riguarda in questo stato lo scrittore non impone significati o direzioni nette ai personaggi ma in un certo modo lascia che il romanzo venga scritto dai personaggi, lascia che i significati vengano fuori in maniera spontanea.
    Non ho letto “il male oscuro” di Berto.
    Spero di aver risposto fin qui alle domande vostre in maniera chiara. Un caro saluto a lei.

  42. Gentile Paolo Mascheri,
    La ringrazio per l’attenzione alle mie parole. Non ho letto il Suo libro ma, dopo aver letto i commenti qui e aver sentito la Sua intervista su Radio Tre, credo che lo farò.
    Mi perdoni, ma quella sul “far male” non era una mia opinione: scrivevo solo quello che dicevano gli altri.
    La Yourcenar, in una sua celebre intervista, dice di “detestare” i lettori che leggono nei libri “quello che gli pare” e che proiettano se stessi in ciò che leggono( questo perchè, come Lei ricorderà, la scrittrice mal sopportava il culto “occidentale” dell'”egotismo” e quello, sempre occidentale, dell'”esaltazione” dell’individuo). Mi sembra che avesse proprio ragione, perché non é rispettoso verso chi scrive.
    Per quanto concerne Berto, io non volevo leggerlo perché sapevo che si parlava un pò di “depressione”. Il riferimento é stato fatto da Gianluca, credo, perché il protagonista soffre moltissimo per il rapporto con suo padre. E’ un romanzo molto “psicanalitico”. Credo, a questo punto, che non abbia molto a che fare col Suo romanzo.
    Dovremmo astenerci, magari, dal parlarne, prima di averlo letto.
    Rinnovo i miei auguri e La saluto.

  43. Ps: nel caso in cui la lettura di un libro dovesse “far male” , significherebbe che esso é incisivo. Questo non impedisce al libro di essere bello.
    Certi capolavori restano tali, anche se fanno male ( ha presente il film di Ingmar Bergman: SUSSURRI E GRIDA? E’ un capolavoro del cinema, ma “fa male” vederlo).
    Sì, le Sue risposte sono chiare e mi sembra molto gentile che Lei ci risponda.

  44. Molto bella la recensione di Di Consoli. Invogliante. Le conferme di Francesca Mazzuccato e di tutti quelli che hanno già letto il libro mi spingono a comprarlo alla mia prossima capatina in libreria. Il discorso sulla provincia (c’è? non c’è? la questione mi pare controversa) per me è molto interessante.
    La provincia, per quanto l’omologazione in corso sia effettivamente in atto (sempre più vero che “tutto il mondo è paese”), ha sempre un’atmosfera, un sapore, un odore tutto suo che a mio parere donano un certo fascino alle storie. Come se il senso delle sconfitte (o delle conquiste) in provincia possano assumere dimensioni o signaficati diversi. Non più piccoli o più grandi. Diversi. Con alcune sfumature che sono particolari.
    La Gioconda è famosa per il soggetto in primo piano, per il particolare del suo sorriso, ma con un altro sfondo (o senza uno sfondo) non sarebbe lo stesso quadro.

  45. Ringraziando il caro Paolo Mascheri per le delucidazioni – chiare pure sullo stile, scrivo ora per dire una cosa che sento in modo diretto ed inequivocabile: la provincia e’ l’Italia che resiste alla pazzia modernistica esattamente quanto la metropoli non e’ la pazzia tout court ma di certo la modernita’. E la modernita’ ”spinta”, ”accelerata” e’ quanto piu’ distrugga i cittadini e li distolga dalle strutture – ancor valide a mio avviso – del mondo arcaico che abbiamo alle spalle. E che abbiamo pure ”dentro”, si’.

  46. P.S.
    Spero di non esser stato ”fumoso” rispetto ai canoni dello scrivere odierno. Se servissero spiegazioni, sono a disposizione per chiunque.

  47. Maria Teresa, cara,
    vengo dai Sozi che fondarono l’Accademia di Belle Arti di Perugia e furon tra i fondatori dell’Accademia degli Unisoni, sempre in Perugia. Non spavento nessuno… sono solo un po’ profondo e rompiscatole. Con garbo pero’, eh. Mascheri potrebbe interessarmi, solo che cerco di tastare il ”terreno”, di auscultarlo.
    Sentiamoci
    Ciao, cara

  48. Consuntivo di non-lettura del ”Gregario”: Paolo Mascheri cerca di salvare il salvabile del nostro povero Paese, e lo fa con un’operazione dimostrativa dell’allontanamento e conseguente riaccostamento del giovane borghese di provincia alle origini familiari. Lo stesso, credo, direbbe, del figlio di contadini della provincia. Mi piace come operazione.

  49. Riporto una parte di quanto detto da Mela Mondi, che apprezzo in toto, per la profondita’ e veridicita’ nell’analisi:
    ”L’idea che ho sempre avuto di questo ancestrale rapporto è quella che mi sono fatta studiando l’Eneide:Enea che porta sulle spalle Anchise così ho sempre pensato che del padre non puoi mai liberarti nanche se bruciasse tutta la città terrena.
    però può succedere ed è quello che succede che i padri non possono liberarsi dei figli. Il rapporto tra padre e figlio è governato dalla natura
    e contro la natura ogni combattimento si ammanta di sconfitta.
    L’unico modo per liberare entrambi è la scelta di un referente che sia al di sopra di essi, e cioè cercare,anche insieme, il Padre dei padri e metterlo al centro dello stesso rapporto.
    Ci vuole sempre una mediazione e nella concretezza delle situazioni questo compito se lo assume la madre perchè la madre può permettersi di partorire tante volte il proprio figlio e riuscire a farlo rigenerare dal Padre.”

    E’ cosi’. Credo. complimenti, Mondi.

  50. Credo che tanti anni fa il padre rappresentasse un modello fittizio. O meglio, il figlio poteva essere influenzato a scegliere la professione o il mestiere paterno solo per convenienza. Il padre ha un negozio? è notaio? e farmacista? Bene, seguirne le orme e imitarlo diventa una sorta di naturale predisposizione per trovarsi la strada spianata.
    Poi (e qualcosa il ’68 c’entra) il “ragazzo” si è sentito sempre più portato a trovare una strada autonoma, affrancandosi dal padre.
    Oggi stiamo vivendo una crisi economica di difficile soluzione e che, probabilmente, avrà strascichi per chi sa quanto. E’ ipotizzabile, perciò, un ritorno al passato. Un ritorno al modello-paterno di lavoratore. Insomma ad accontentarsi di quel posto (qualunque sia) che egli può lasciare in eredità.
    In tutto ciò, è evidente, i sentimenti viaggiano su un altro piano. Parallelo, forse. Ma non so fino a che punto.

  51. @roberta: parla della nevrosi dell’autore, ed molto utili per chi voglia affinare l’ascolto ad orientamento psicanalitico. chiedevo dei punti di riferimento a paolo mascheri. per quanto mi riguarda sento che dovrei leggerlo, forse. non so. in questo periodo provo l’angoscia nel vedere mio padre andarsene. è come una sottile tortura. sono convinto che mi perdonerà per come sono fatto, smetterei di essere solo. ma non lo farà, e nemmeno mia madre. non la faranno. io morirò da solo. 🙂

  52. @paolo: scrivi
    “Per quel che mi riguarda in questo stato lo scrittore non impone significati o direzioni nette ai personaggi ma in un certo modo lascia che il romanzo venga scritto dai personaggi, lascia che i significati vengano fuori in maniera spontanea.”

    anche per questo ti leggerei. mi piace l’alta considerazione che hai dei personaggi. io li definisco, nella mia ricerca sensoriale della spontaneità loro, ‘personaggi elettrici’. mi sembra che tu abbia, secondo queste poche righe che ho estratto leggendo, un approccio ‘fenomenologico’: verso le cose stesse! fare che le cose parlino di voce propria. 🙂
    buonanotte!

  53. Buona domenica a tutti.
    Vi ringrazio moltissimo per i vostri interventi. E grazie a Paolo Mascheri per le sue ottime repliche.
    Purtroppo ho avuto qualche difficoltà a collegarmi. E vi chiedo scusa.
    In ogni caso tornerò a intervenire stasera interagendo con molti di voi.
    Ancora buona domenica (prima domenica di non pioggia da diverse settimane qui…):-)

  54. Interessanti interventi. Ho letto il romanzo consigliata da un’amica e l’ho trovato anch’io disturbante e struggente al tempo stesso.Forse o sicuramente proprio perché “lo scrittore non impone significati o direzioni nette ai personaggi”.Anch’io nel rapporto del figlio col padre ho rivisto la pietas di Enea .Quanto allo stile concordo con quanto espresso da Di Consoli.
    Il Gregario è stato una vera rivelazione.

  55. @ Roberta: la Yourcenar aveva la sua buona dose di ragione, tuttavia è inevitabile e in fin dei conti anche giusto che i lettori vedano ciò che vogliono nei libri. Se i lettori sentono che il libro “fa male” va benissimo e vorrei ringraziarli io delle loro emozioni… Come osserva Lei, se riesce a “far male” significa che lascia qualcosa. Questa è la cosa più importante. Quello che alcuni lettori a volte fanno- e che non capisco- è la sovrapposizione tra la vita e le opinioni dei personaggi e la vita e le opinioni dell’autore. Io apprezzo e capisco chi ha considerato il libro come epico, disturbante, sulla figura del padre, struggente, generazionale, provinciale o sul declino italiano, ecc…non capisco quando con molta ingenuità alcuni lettori credono che le opinioni dei personaggi siano necessariamente quelle dell’autore. Qui vedo una “forzatura ingenua” e torniamo alla Yourcenar, sì.
    La ringrazio ancora delle Sue parole e della Sua attenzione, di nuovo i miei migliori auguri.
    @ Carlo S.: è vero quello dice. Il quadro non sarebbe lo stesso. Ma diciamo che volevo che il primo piano- l’uomo- fosse ancora più “in primo piano”; solo attraverso uno sfondo incolore in questo caso potevo ottenere uno sfondo più vasto…Un saluto e grazie dell’attenzione.
    @ Gianluca: è così. Solo un approccio per certi versi fenomenologico può dare significato; se cerchiamo a tutti i costi l’allegoria o il significato è la volta buona che non li troviamo. E’ lo stesso motivo per cui uno scrittore non deve scrivere libri col fine di veicolare le proprie opinioni. Perché se lo fa, fa una forzatura, tradisce i personaggi. Gli intenti, che non posso che chiamare in questo caso “intenti ideologici”, gli intenti ideologici devono restare fuori. Elizabeth Costello dice: “Io sono una scrittrice, non posso avere opinioni personali. Opinioni personali ostacolerebbero il mio lavoro”. Ed è così. Uno scrittore nel momento in cui costruisce una storia, lavora su dei personaggi, deve lasciare da parte le proprie opinioni personali. I miei migliori auguri a te e a tuo padre.

  56. @Paolo Mascheri.
    Molto interessnte anche la figura della madre.Con la mia de-formazione ideologica dovuta all’anagrafe,c’ho letto tra le righe la crisi del femminismo.Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa lei.

  57. @Gianluca
    Caro Gianluca,
    leggerò i racconti che hai inserito non appena avrò il tempo. Non per “giudicarli”, ovviamente( perché chi sono io?), ma perché se li hai inseriti ti farà piacere che qualcuno li legga. Va bene un comune lettore?
    Per quello che scrivi su Berto, guarda io l’ho letto quel libro in un momento in cui non avrei dovuto, ma se lo cominci, é impossibile non andare avanti, perché “ti acchiappa”. Dipende dal fatto che lo si consideri come “una cura” oppure come uno “specchio”, vedi tu. Io quando sto male guardo i cartoni animati di Walt Disney( senza che questi mi “rincretiniscano” o mi allontanino dal mio problema, ma così per pensare per breve tempo che tutto andrà bene).
    Per il “perdono”, se posso permettermi, come scrivi tu, ci sarà di sicuro, non dubitarne. Magari solo perché non c’é nulla da “perdonare”.
    Cari saluti 🙂 e buona domenica:)

  58. @ Giovanna: la madre è la figura più razionale nel romanzo. Al tempo stesso è il tessuto connettivo della famiglia. La Sua è una lettura interessante. Come scrittore e da quello che ho affermato in precendenza qui posso leggere questi significati solo “a posteriori” nel romanzo. Quindi, in tutta onestà, nel momento in cui scrivevo la mia unica intenzione era quella di colpire al cuore del lettore, di emozionarlo. Né di parlare della crisi occidentale né di quella del femminismo. Capisco che il libro si possa prestare a letture come la Sua. A posteriori, da lettore, sarei tentato di leggervi tuttavia una più ampia crisi dell’individualismo, della cultura dell’individualismo.
    La ringrazio della attenzione.

  59. questo tema è per me delicatisimo,ma mi riprometto di rileggere con attenzione i commenti e anche il libro in questione. Da figlia potrei ancora piangere se vedo la famigliola del mulino bianco inseme a colazione,la rabbia dolorosa che si ferma ai fianchi mi ricorda che la vita non mi darà più la possibilità di avere un padre che si interessi a me,e non perchè lui sia morto,ma perchè io per lui è come sia stata morta,obliata nella sua indifferenza.Da madre uso il mio amore come un mantello sulle spalle dei miei figli per farli stare al caldo e le mie armi magiche perchè l’uomo che mi sta accanto sia un buon padre.E per fortuna,per lavoro costante e per amore lo è.Vedere mia figlia che si nutre dei suoi abbracci è per me la gioia più grande,sapere che mio figlio diventerà uomo con la sua considerazione mi lascia dormire più serena.Cosa dire?L’amore e il sostegno di un padre ti aiuta a camminare nel mondo con la certezza di essere visibile,è triste dire alla mia età che però tutto ciò è più difficile da realizzare se non c’è la mano della madre che indirizza, Spero che il tempo mi dia la forza di perdonare,intanto guardo gli occhi dei miei figli e sò che in famiglia si può essere felici.

    grazie a simona lo iacono che ha scritto una cosa bellissima,e si occupa di famiglie in difficoltà,le dico grazie come se fossi la madre di ogni bambino che lei accoglie nella sua stanza calorosa proteggendolo dai pugni dolorosi degli adulti.
    buona domenica a tutti

  60. scusate se è zeppo di errori,di fretta e di un tema che mi emoziona,perdonate.
    saluti carissimi

  61. Grazie Roberta per le tue espressioni. Apprendo con piacere che godi di
    una splendida famiglia dove regna l’amore. Oggi la reputo una insperata fortuna, un saldo rifugio ricco di calore, che ripara dalle insensate battaglie che si presentano appena scendi dal portone e ti ritovi nel caos della strada.
    Al nobile cavaliere Sergio, amico di cuore e di penna non voglio rimproverare niente, del resto lo sai bene Sergio, che su tante cose la pensiamo esattamente allo stesso modo.
    Al giovane Paolo Mascheri vorrei dire, che la pressante, invasiva omologazione ci assedia ovunque, tuttavia in provincia di Siena, si vive ancora serenamente. In città e nei paesi limitrofi, cerchiamo di valorizzare i tesori che abbiamo ereditato dai nostri padri. Non solo i Beni Artistici, ma anche le sane tradizioni enogastronomiche e il di-vino nettare. Un altro vantaggio – svantaggio, è quello di conoscere tutti (a me sono pervenute lettere col mio solo nome e cognome), ma è sempre meglio che ritrovarsi in un ospedale di Roma, da perfetta sconosciuta, come è successo a mia cognata, che da malata terminale, è stata lasciata per dieci giorni in una scomoda barella nel corridoio del Pronto Soccorso.
    Caro Paolo, malgrado le delusioni che potresti trovare sulla difficile strada della scrittura, se avrai fiducia in te stesso con costanza e determinazione, nessuno potrà carpire il capitale letterario e dei sentimenti che hai accumulato nel cuore e che hai riversato nelle pagine del romanzo per donarle anche a noi. Grazie
    e un sincero – in bocca al lupo -.
    Tessy

  62. Caro Paolo, e Caro Massimo – ospite di grandissima qualità.

    Non sono riuscito a leggere tutti i commenti, quindi non sono certo che le mie annotazioni non siano già state trattate.

    Leggendo questo eccellente, necessario romanzo si ha l’impressione di percorrere degli scalini. La costruzione è talmente essenziale che è difficile non accorgersi della rampa. Il tempo è letteralmente ghiacciato, e l’abitudine – nel senso più deleterio e usurante – ha reso vano qualunque dimenarsi. Eppure, chi legge, un qualche movimento lo compie. Salendo, passo dopo passo, si intravvede il fantasma imprenditoriale – magistrale il paesaggismo: pare di assistere al fetido brulicare dietro i cartoni dipinti di verde e dolci colline – declinato anche privatamente: adesso mettiamo su una parafarmacia, poi facciamo tanti soldi, così ti compri tutte le macchine che vuoi e ti fai cucire dal miglior chirurgo che troviamo un bel sorriso: la paroxetina, per carità, lasciamola agli ignoranti. Si coglie molto dello squallore, anzi lo si raccoglie, con la pala dimessa di chi è stradino della propria vita – si sa, nella poubelle qualcosa di luccicoso di solito si trova. Le icone sono molte, giustamente dissacrate da quel pennello al neon che Mascheri possiede magistralmente e che macchia di luci nette il cosiddetto reale. Non vale neppure la pena infierire: la quasi sterile madre, una variante accessibile di questa, un’altra variante meno accessibile e che addirittura pecca della fastidiosa abitudine di sottoscrivere frasi fatte, come se ci fosse veramente da lamentarsi. Il gregario non tira fuori neanche la bilancia: le nullità pesano tutte ugualmente. E lui, tra sgommate e momentanei traslochi inscenati correttamente, in realtà prosegue, cioè s’avvicina. Il romanzo è fatto di due parti, dalla potenza e dalle dimensioni diverse: la prima è evidentemente l’occhiata generale – chiamiamolo lo stato dei luoghi in pendenza; la seconda è il cambiamento, breve e efficace, posto su una piazzola atroce – la malattia del padre, le molte gocce della notte, la serenoa repens, la virilità (su questo ci sarebbe da dire, ma rischierei di ingolfarmi in analisi di scuola, e le analisi sono scritte per chi non sa leggere, da chi sa leggere ma non sa scrivere). In mezzo ci sta una consapevolezza che giustamente non viene accentuata. Niente ruminazioni intellettualistiche, ma pura e diretta azione: la consapevolezza, appunto, che si fa cosa reale in un punto.

    La verità è che come abbiamo detto si sale, fino a una sorta di ritratto. Non è esattamente un redde rationem, perché il gregario non vuole scorgere veramente il fondo, duro e metallico, di ciò che è. (Qui voglio porre una domanda a Paolo: quanto, il gregario, decide; e quanto, invece, segue, cioè sente chiamiamolo il sangue, e si raccoglie su esso: gregario in forma diversa, egli non può veramente emanciparsi ed essere padre finalmente di sé stesso).
    In fondo, quindi, si comprende la strumentalità delle tappe e questo dà una gioia estrema alla lettura (Il benedetto senno di poi, opportunamente tardivo). È l’unico momento in cui il protagonista acquisisce forza, crede alla dignità e immagina che debba esserci un filo che finalmente lo lega alla terra. La delicatezza con cui questo filo viene tratto da un corpo, quello paterno, un corpo che tragicamente ha appena conosciuto il senso di una imminente putrefazione; la cura con cui questo legame viene riconosciuto e sfilato e passato intorno alla cintola; questa forma di amore potente, pieno, riempie il finale di pagine più che eccellenti. Non mi importa neanche l’immagine della corsa, la canottiera da maratoneta: quella già corre. Il gesto si è compiuto prima, e a me interessa questo. Adesso il gregario potrà anche sopportare, finirà di scappare. Gregario, appunto, e fedele come un figlio.

  63. @ Tessy: molte grazie. Auguri anche a lei!
    @Marco Busetta: Caro Marco, grazie per le tue parole, quanto alla domanda che mi poni, credo che la parola chiave, ammesso che ce ne sia una, in quel frangente sia riconciliazione: nel penultimo capitolo, davanti alla malattia del padre, non c’è più tempo per combattersi, non ha più senso combattersi. Nella parte finale del capitolo quando il figlio stringe il braccio del padre e spera con quella stretta, spera che quella stretta possa dire, comunicare quello che lui, il figlio, non riesce a dire, in quel momento io credo in questo senso di riconciliazione definitiva, radicale, necessaria tra loro due. Sono carne e sangue, sono fallibili perché umani e vivi. Sono soli, in quel momento, con la tutta la precarietà del corpo umano. “Non possono combattere da fronti opposti la stessa guerra”.
    Le pagine finali del libro sono state le più difficili e faticose. Perché in quelle pagine ho dovuto perdere definitivamente quella che posso chiamare “la forza del mio pessimismo” e ho dovuto cercare ancora di più l’umanità e la speranza in questo rapporto padre e figlio. In questi pochi anni di scrittura ho capito che la maggiore difficoltà per uno scrittore che vuole essere onesto nei confronti del lettore e della propria attività non sta nel manicheismo, nel dissacrare o criticare ma la vera difficoltà sta proprio nello scavare, nel guardare con umanità nei personaggi.

  64. grazie Paolo. le posizioni, infatti, non hanno senso se non estetico.
    umanità, onestà, (ri)conciliazione: messe da parte. grazie
    (ah la forza del pessimismo! 😉 )

  65. @Paolo Mascheri
    le sue risposte oltreché gentili,sono molto interessanti.Ho letto le varie e autorevoli recensioni al suo romanzo,tutte positive,e non capisco perché minimumfax non spinga questo libro come si merita.

  66. @ Marco Busetta: la tua riflessione mi permette di chiarificare un altro aspetto riguardante l’imprenditorialità del padre e del figlio. Non era mia intenzione, in tutta onestà, stigmatizzare il loro modo di fare impresa. Al contrario trovo credibili e riusciti come personaggi, e qui tiro di nuovo in ballo la Yourcenar, dei personaggi capaci di delitti ma non carichi di delitti, dei personaggi umani, con le loro debolezze e paure. Io non credo, come forse si è capito, alla superiorità morale dello scrittore nei confronti dei personaggi e trovo che proprio questa posizione, questa assenza di superiorità, sia l’unica posizione morale. Se da una parte metto a nudo i personaggi con le loro debolezze dall’altra in una certa maniera io sono dalla loro parte.
    Grazie a te, Marco.
    @ Giovanna: Sono grato a Minimum Fax per aver creduto nel libro e avermi dato la possibilità di arrivare a più lettori che in passato. Per il resto credo che uno scrittore debba concentrarsi sulla Scrittura. Conta solo quella alla fine. Un saluto e grazie molte.

  67. Davvero un libro interessante e ricco di spunti, Il Gregario.
    Mi piacerebbe sapere, se già non è stato chiesto, quanto c’è di autobiografico nel libro?
    Finita la lettura la sensazione che permane è la malinconia: malinconia per come finisce la storia, malinconia per il rapporto tra padre e figlio ma soprattutto (al di là della fiction) malinconia per la decadenza italiana.
    Malinconia mista ad incazzatura in certi passaggi, come quando Mascheri descrive le zone industriali e come si sono trasformate le nostre città.
    Ma in certi passaggi anche paura, paura del futuro per chi il proprio futuro deve ancora costruirselo.
    Paura per come andremo a finire.

  68. Leggo ora questa risposta di Mascheri ad un’intervista:

    Il Lettore tende spesso a credere che un libro sia autobiografico in linea di massima. Quanto c’è di Paolo Mascheri in questa storia?
    ‹‹Credo, spero che sia un problema relativo e limitato ai lettori più ingenui. Ho inserito nel colophon (è una breve descrizione testuale, posta all’inizio o, più spesso, alla fine di un libro, ndr) l’avviso “Questo romanzo è un’opera di fantasia. I personaggi sono frutto di invenzione ecc…” proprio per essere onesto con il lettore e evitare ogni sovrapposizione. Sarei più furbo, venderei di più a pormi diversamente, a essere più ambiguo. A me interessa scavare nell’essere umano. È questo che mi stimola a scrivere; non diventare personaggio o far diventare personaggi le persone intorno a me. Magari un giorno- chi può dirlo- scriverò un libro di memorie, un libro autobiografico. Ma se accadrà, credo che sarà tra diversi anni››.

  69. @ Francesco Giubilei: grazie del tuo contributo. A questo punto non c’è bisogno che risponda alla tua domanda, no? Un caro saluto e tanti auguri.

  70. Rieccomi. Chiedo venia per l’assenza.
    Ancora grazie per i nuovi commenti. E grazie a Paolo per la sua presenza costante.
    Mi accingo a replicare a qualcuno dei vostri commenti…

  71. @ Gianfranco Franchi
    Sui link…
    Purtroppo, caro Franco, il sistema antispam è imperfetto. Per esempio, tutti i link con estensione .eu (come il tuo) li considera automaticamente spam. C’è poco da fare. O almeno… io non so rimediare.
    Poco male. Sono sempre pronto a ripescarli.
    Tra le altre cose – ogni tanto – finiscono in spam commenti normalissimi. A volte perfino commenti miei.

    Secondo me “Minimum Fax” si terrà ben stretto il “patrimonio Mascheri”:)

  72. Un caro saluto ad Alessandro Savona… ottimo e sensibile scrittore che nel suo libro “Etica di un amore impuro” affronta proprio il tema dell’incontro/scontro generazionale e usa la metafora architettonica del ponte…
    Il libro di Mascheri mi sembra molto interessante. Siamo gregari nel senso che spesso siamo condannati a una vita da mediani… a raccattare palle per qualcun altro, uno che segnerà al posto nostro.
    A naso, penso ad Anchise ed Enea, a Bastianazzo e Padron ‘Ntoni coi nipoti, a Kafka… meno esplorato il rapporto padre/figlia.
    La poesia di Cristina è bellissima e credo che una donna vi si possa identificare.
    Abbiamo bisogno di padri autorevoli, di padri che insegnino ai figli a vivere. La nostra società è spesso molto “mammista” e la mancanza di figure paterne, maschili, forti si avverte. Per forti intendo il complementare di ciò che è la figura femminile: accoglienza, comprensione…

  73. Trovo che il discorso “provincia- non provincia” sia interessante.
    Esiste ancora o non esiste più la provincia?
    Ed è bene o male che non esista (o che esista)?
    È probabile che siano vere entrambe le tesi. Che piaccia o no la “globalizzazione” (odiosa parola, quasi obsoleta giacché sono stati coniati altri neologismi: vedi “glocalizzazione”) ha messo in atto un processo “uniformizzante”, quantomeno in superficie… sotto sotto, però, provincia e provincilialismo potrebbero continuare a esistere.
    Cosa ne pensate?
    [Io stesso, per esempio, ho ambientato il mio romanzo “Identità distorte” a Catania (qualcuno di voi l’ha letto), ma avrei potuto ambientarlo in qualunque altro luogo… senza compromettere la trama e la storia.]

    Su “glocalizzazione”:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Glocalizzazione

  74. Ciao, Mari…
    Bella la tua metafora: “Siamo gregari nel senso che spesso siamo condannati a una vita da mediani… a raccattare palle per qualcun altro, uno che segnerà al posto nostro.”
    Paolo, tu che ne pensi?
    La condividi?

  75. Sul discorso “provincia/non provincia” sono piuttosto d’accordo con Mela Mondi quando scrive: hai ragione quando dici che la provincia non è più quella di una volta e che tutto il mondo è stato omologato ma il guaio è che l’omologazione non ha modelli ma interazioni caotiche per cui la provincia ha intereagito con la città e viceversa anche dal punto di vista dei valori e delle aspettative.
    L’ unica differenza è ancora che in provincia,gratta gratta, ti accorgi che sotto il modernismo galleggia sempre un mentalità arcaica.

  76. Ottimo, Paolo.
    A questo punto su “una vita da mediano” ci si potrebbe anche fare una canzone. Potremmo farla cantare a Maria Lucia (che ha una bellissima voce).:-))

  77. Mela Mondi l’ho ”scoperta” prima io, pero’, Maugger! E sono proprio d’accordo con lei, sulla provincia: e’ tutt’ora l’unica Italia che abbia un po’ di armonia e di moralita’, secondo me. L’Italia che resiste – diceva De Gregori in ”Viva l’Italia”…

  78. …dimenticavo di precisare che la mentalita’ arcaica a me piace, dopotutto… meglio del caos e’ di certo.

  79. Saluto e ringrazio l’amica Francesca Mazzucato per il suointervento. Belle queste parole, rivolte al romanzo di Paolo: “E’ una straordinaria epica contemporanea dell’uomo piegato, dell’uomo fragile, friabile, sconfitto, provinciale, piccino e anche grande, grandioso, riottoso, abitudinario e speciale, dell’uomo normale ma anche capace di pensare in grande, potendo, di guardare più avanti, se mai le cose attorno e accanto glielo permettessero.”

    Anticipo che Francesca Mazzucato tornerà a essere presto ospite di Letteratitudine per discutere sul suo nuovo romanzo “Generazione McDonald’s”. Libro che si presta, appunto, a un bel dibattito.

  80. @ Sergio
    Scrivi: “vengo dai Sozi che fondarono l’Accademia di Belle Arti di Perugia e furon tra i fondatori dell’Accademia degli Unisoni, sempre in Perugia”.
    Della serie “lei non sa chi sono io”.
    Ma smettila, buffone…
    🙂

  81. Per gli amici milanesi ricordo che domani, lunedì 19 gennaio dalle 21 presso il B ART a Milano (via Alzaia Naviglio Grande, 54), potranno incontrare Paolo Mascheri durante la manifestazione “Carta canta e fondali di bottiglie”.

    Paolo, poi ci farai il resoconto della serata, eh…

  82. @ Massimo: posso dirti, visto lo stato embrionale in cui è, che il nuovo libro nelle mie intenzioni è la storia di una coppia, di un amore. Se riuscirò ad andare avanti poi mi lascerò condurre dal libro stesso…

  83. Massimone,
    va be’… volevo ricordare a Maria Teresa che in fondo prendo le cose sul serio, non provoco. E dunque se qualche volta faccio domande un po’ particolari agli autori e’ solo per saperne di piu’ – prima la cara Maria Teresa mi diceva che cosi’ le spavento il Mascheri! No… e’ che sono un tipo un po’ complicato da qualche generazione, mannaggia… ecco perche’ parlavo degli antenati.
    Ciao bello!

  84. @roberta:
    tranquilla, non è nulla di che. non sono uno scrittore. si parlava del padre e allora… è una cosa così, non ti scomodare, robaccia senza senso. come la vita d’altronde, che per fortuna finisce. 🙂
    ti conosco da poco, e già devo lasciarti e chissà quando tornerò, se tornerò, a leggerti di nuovo. ciao e buone cose. 🙂

  85. @Gianluca
    Io li leggo lo stesso( si tratta di racconti?non ricordo).
    Che la vita sia un “peso” per la maggior parte delle persone é vero.
    (Beh, ti rimando al celebre monologo dell’ AMLETO, al riguardo: lì ci sono molte risposte, eventualmente..).
    Però intanto ti volevo dire che stamattina “ho salvato un agnellino” che si era perduto e con altri due signori lo abbiamo riportato alla sua mammina. E’ successo durante il mio quotidiano viaggio per andare al lavoro e non ti dico l’emozione quando l’ho preso in braccio… Eh che tenerino…
    Caro Gianluca, qualsiasi sia il periodo che ci affligge, bisogna sempre pensare che ne arriva un altro dopo e che in quello la vita ci sorride. Il mondo é pieno di persone indegne, ma é anche pieno di persone care e affettuose; vedi qui in questo spazio ce n’é del secondo tipo, per esempio.
    E poi c’é la Natura e gli animali. E’ tutto abbastanza bello, dipende da quale punto di vista lo si guarda.
    E’ abbastanza idiota, credo, se uno é giù per qualcosa, che gli altri gli ricordino di star bene ché la vita é bella. Perché se uno é in quello stato d’animo, nulla gli sembra bello.
    Ricordo un mio collega, anni fa. Mi “tormentava” perché lui viveva un bel periodo e a me era toccato, a quell’epoca, uno schifo. Mi diceva sempre che la vita a lui sorrideva. Grazie al cavolo. A te sorride e a me no( dico in quel momento per me).
    Poi la donna che amava l’ha lasciato e lui era “depresso”. Nel frattempo io ero uscita dallo schifo. Lo guardavo negli occhi e basta. Lui lo sapeva che gli volevo dire: “Quindi non sei più tanto “garrulo”!- Ma non gioendo del suo dolore( sia per educazione che per sensibilità) non gli dicevo nulla. Un giorno ho risposto al telefono e sento la sua voce dirmi: “Scusami. Ti devo chiedere scusa, per tutto quello che ti dicevo”. Vabbé. Figurati. Chi gli diceva nulla, a quel punto? Era come un cane ferito.
    Però questo per dire: é facile “spiattellare” la propria “felicità”( che é sempre un’illusione, del resto)a chi sta male.
    Comunque la “felicità” non esiste nell’animo umano. Inutile rincorrerla ed arrabattarsi per raggiungerla. E cito Sergio: “Così é per me”.
    A me fa molto piacere se continuiamo a parlare con te di letteratura e dintorni qui in questo spazio. La tua opinione mi sembra importante.
    Ciao carissimi saluti:)

  86. Chiedo scuasa a Paolo Mascheri per avergli tolto un pò di spazio con un discorso che non c’entra nulla, ma volevo rispondere a Gianluca e non sapevo in quale altro spazio farlo.

  87. Ciao Massimo,
    sono Fernando Coratelli, fondatore con Luigi Carrozzo del gruppo MacchiaUmana. Volevo intanto fare un mio apprezzamento sul libro di Mascheri – che non a caso abbiamo scelto per aprire la nostra manifestazione “Carta canta e fondali di bottiglia”, che si terrà ogni due lunedì al B Art, un bar sul Naviglio a Milano. Poi volevo, appunto, invitare i milanesi che passeggiano sul tuo blog a passare questa sera, per assistere a questo reading a più voci con Paolo Mascheri.
    Se mi darai opportunità, ti informerò sugli appuntamenti successivi di questa manifestazione che durerà fino ai primi di maggio.
    Grazie, a presto

    Fernando

  88. ho letto con molto interesse la presentazione del libro, la recensione e i commenti. gli argomenti affrontati sono molto interessanti. complimenti a tutti e all’autore in particolare

  89. Sono stato fuori sede e non sono potuto intervenire su questo libro che mi sembra di capire sia molto interessante. Mi limito a fare i migliori auguri all’autore.

    @Roberta. Molto poetica la scena dell’agnellino. Ti fa onore. Io stamattina non sono stato così fortunato da poter compiere la stessa buona azione: una lepre mi ha attraversato la strada ed è finita sotto le ruote della mia macchina. Sapessi che strazio al cuore! Sono sceso per prestarle soccorso, era ridotta male. Avrei voluto portarla all’ospedale ma era troppo tardi. Che dovevo fare? Le ho dato il colpo di grazia per non farla soffrire. Stasera si mangia lepre alla cacciatora con contorno di patate e carote.

  90. ritenetevi fortunati, incontrate sul vostro cammino agnellini e lepri, e poco importa se uno li salva e l’altro li mette sotto. io ho incrociato in città uno sparuto gruppo di manifestanti che avevano bloccato la strada, non li ho buttati sotto…anche perchè non avrei potuto mangiarli!
    saluti a tutti

  91. @Francesca Giulia. Coraggio, sarà per la prossima volta. Pare che il Governo stia per varare una legge che permette agli automobilisti di mettere sotto i pedoni pensionati, per risanare le casse dello Stato.

  92. Mi state prendendo in giro?
    Salvo, fai il cinico. Fai pure. Intanto io l’ho tenuto in braccio ed era contento e l’ho riportato alla mamma, con l’aiuto di un caro signore che si é fermato ad aiutarmi.
    In Sardegna ce ne sono molti agnelli e pecore, lo sapevi? Immagino di sì.
    Siamo raffigurati sempre col gregge. Non é un’immagine distrorta, anzi. Solo che io non li mangio. E neanche mangio le lepri.
    Ma ognuno mangia quello che vuole. Non sarai mica di quelli che pensano che gli animali esistono perché devono essere mangiati? Eh.
    Mah… E’ pericoloso raccontare qui avvenimenti personali…
    L’ho scritto a Gianluca per l’emozione di aver preso il piccolino in braccio..
    Ciao:)
    ps: sei sicuro che la tua lepre non fosse Bugs Bunny?

  93. Scherzo, naturalmente. Ti trovo molto simpatico.
    E poi non credo nemmeno che abbia cucinato la lepre..
    Era solo per prendermi in giro.. Lo so…:)

  94. @Sì, chiudiamola qui, perchè giustamente Paolo si potrebbe seccare. Per farmi perdonare prometto che mi procurerò il libro e se mi piace (ma sono sicuro che mi piacerà) lo recensico. Del resto, se ne ha parlato Andrea Di Consoli…non so se mi spiego.

  95. @Roberta E poi non mi parlare di pecore che ne ho la nausea.

    Mio nonno era pecoraio.
    Mio padre era pecoraio.
    Io stesso, l’unico l’unico mestiere che so fare è il pecoraio.
    Discendiamo da una famiglia di pecorai che trae origine direttamente da Noè.

  96. @roberta e @salvo scusatemi,sono io che mi sono introdotta nella discussione sugli agnelli e le lepri scherzondoci su,ma in realtà non solo stimo molto chi ripsetta con amore gli animali,ma mi sono davvero intenerita al pensiero che a Napoli quello che potevo incontrare sulla strada erano solo “manifestanti”…roberta è una cosa teneressima quella che hai fatto e l’agnello non lo mangio neppure io,lo vedo quasi come un animale sacro,l’innocenza fatta animale.Comunque uno spettacolo meraviglioso l’ho trovato qnche qui, a Napoli, nel caos di questa città brulicante di gente: al tramonto in piazza del municipio se alzi la testa ci sono nuvole di milioni di storni che volteggiano come pazzi alla ricerca di un punto nel cielo creando disegni scuri e magici cambiando posizione oigni secondo.
    Con questo vi lascio alla discussione sul libro che leggerò con grande piacere.
    cari saluti

  97. @ Francesca Giulia+ Salvo
    abbiamo scherzato, ma anche Massimo ha scritto a Paolo Mascheri perché abbiamo scherzato.
    Vi rimando alla CAMERA accanto n° 8.. Se volete, continuiamo là.
    Anche se lì si parlava di Edagar Poe e di psicanalisi ecc.
    Ciao:)
    Cari saluti:)

  98. Resoconto della serata di “Carta canta e fondali di bottiglia”. Ospite “Il gregario” di Paolo Mascheri.
    di Fernando Coratelli

    Per non tradire le attese e i luoghi comuni alle 19, all’arrivo in Stazione centrale di Paolo Mascheri, scende acqua e neve. Una pioggia fredda, dura, umida e fitta. Paolo non è mai stato a Milano se non di passaggio via Malpensa per destinazioni più calde, più romantiche o più esotiche. Mi dice subito che il suo immaginario collettivo di Milano è “Studio Aperto”. Non viene tradito: su corso Genova c’è una sfilza di tram fermi, sarà successo qualcosa per aprire il notiziario? Forse, ma noi dobbiamo raggiungere l’albergo prima e il bar dopo. Vediamo anche davanti a un negozio un gran numero di uomini vestiti di rosa con cilindro rosa. Sarà un anticipo di Milano moda? Lasciamo come sempre a “Studio Aperto” di indagare. Ci dimeniamo nel traffico e raggiungiamo l’hotel. Paolo si sistema, poi raggiungiamo il bar. L’aperitivo milanese è stanco, non ha più il dinamismo di alcuni anni fa (finalmente, aggiungo io) è più indolente, lento. Ma nel bar c’è gente. Purtroppo per un disguido di corrieri imbecilli, incapaci di comporre un codice su un citofono siamo senza libri – non si potranno vendere stasera, ma speriamo che nei prossimi giorni potremmo tenerli lì al B ART e vendere le copie che stasera non riusciremo. Beviamo un paio di bicchieri di vino, Paolo a dire il vero del succo – è praticamente astemio. Chiacchieriamo seduti a un divanetto io, Paolo e Luigi Carrozzo che con noi leggerà passi del Gregario. Fuori un leggero nevischio si azzarda a imbiancare le auto parcheggiate. Ma il reading e il pubblico sarà più forte degli agenti atmosferici.
    Si fa l’ora. Ci siamo. Un rapido sguardo al bar. Ci sarà una buona trentina di persone. La musica scema fino a spegnersi. Lo stesso succede con le luci. Fa sempre un certo effetto vedere e sentire un bar zittirsi. Quando il silenzio fa invidia a un pulpito religioso, ecco che una luce illumina noi tre. Luigi fa un brevissimo preambolo sulla manifestazione che da stasera e ogni due lunedì fino a metà maggio darà spazio a reading di autori italiani fra un bicchiere di vino e una bionda media. Poi tocca a me. Due parole due, sul libro, quel tanto che basta per incuriosire il pubblico, senza esagerare, per non perdere quell’attenzione. Voglio dire e dico che Il gregario non è una metafora sportiva, bensì è lo sguardo su quelle comparse, come nelle grandi produzioni hollywoodiane tipo Il gladiatore, che muoiono nell’indifferenza degli spettatori pronti a piangere e ridere sentimenti per l’eroe, che senza gregari però non vincerebbe e non ci emozionerebbe. Lo sguardo su una provincia toscana patinata, simbolo per noi di buon cibo, vino, colline e agriturismi. Ma esiste ancora un mondo di gente comune che lì si sveglia.
    Finalmente tocca a Paolo. Legge un paio di brani, il silenzio – se possibile – si zittisce di più. Ogni tanto si percepisce solo un turacciolo che viene via, o il gorgogliare di vino o birra in un boccale. Legge Luigi, leggo io, di nuovo Paolo. Andiamo avanti così per venti minuti abbondanti.
    Le luci si riaccendono, la gente applaude, Eduardo, il proprietario del bar paragona Mascheri a un Moravia dei nostri giorni. Applausi ancora, sorrisi compiaciuti. E ancora vino, e gente che si avvicina a Paolo per parlare, per chiedere, per dire. Peccato i libri, l’unica nota stonata in una bella e nevosa serata letteraria al bar – dove con il vino ci si inebria di virtù – almeno per stasera.

    E lunedì 2 febbraio si replica, con Francesco Forlani e il suo “Autoreverse”, edizioni Ancora del Mediterraneo.
    Fernando Coratelli

  99. Perdonami Massimo se non sono riuscita a ritagliarmi uno spazio per colloquiare con gli amici di letteratitudine. Stamani leggo il tema del dibattito: rapporto tra padre e figlio. E’ uno dei nodi più intricati che la vita possa regalarci. Come uscirne? La soluzione,unica, é tagliarlo, come fece Alessandro a Gordio, ossia, fuor di metafora, viverlo fino a consumarlo, a sentirne la fine, quella fine che brucerà ogni fibra e apprenderai ,attraverso l’empeirìa, che il fine(telos) é la fine(finis) per poi ricominciare: la morte incorporata nella vita. Il padre malato é il figlio ferito che saprà guarire grazie a quella ferita, rammemorando il suo vissuto. Saluti. lucia arsì

  100. Non aggiungo altro alle parole di Fernando sulla serata milanese. Anzi ringrazio lui, Luigi e il B Art per avermi dato l’onore di aprire la loro bella rassegna.
    Gordiano: grazie mille e in bocca al lupo anche a te!

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