La nuova puntata della rubrica di Letteratitudine intitolata “A botta e risposta (un tandem letterario conversando di libri)” è dedicata al volume “Il libro segreto di Jules Verne“ di Luca Crovi e Peppo Bianchessi (Solferino).
Questa è la storia di uno strano volume rilegato in pelle, pieno di pagine bianche. La storia di un cimitero e di una notte di tempesta, di un pescecane e di una balena, di due giri del mondo e di un diavolo in una bottiglia. La storia di un libro segreto che può raccontare a chi lo sfoglia avventure fantastiche che cambieranno per sempre il suo destino. Questo è successo a Jules Verne, Collodi, Edgar Allan Poe, Robert Louis Stevenson, Edmondo De Amicis, Nellie Bly… E accadrà anche a voi lettori.
Un libro che, essendo destinato anche ai giovani lettori, lo colleghiamo pure alla nostra rubrica “Giovanissima Letteratura”
Abbiamo invitato Luca Crovi e Peppo Bianchessi a partecipare al “tandem letterario” di Letteratitudine. Li ringraziamo entrambi per la loro adesione all’iniziativa
* * *
Ma come diavolo abbiamo fatto
di Luca Crovi e Peppo Bianchessi
L.C.: “Ma come diavolo ha fatto immaginarsi certe cose?”. Mi sono fatto spesso questa domanda leggendo le storie di Jules Verne, restando ogni volta a bocca aperta davanti alle incredibili invenzioni presenti nel suo immaginario. Poi è arrivato il mio amico Peppo Bianchessi che ho conosciuto qualche anno fa realizzando insieme la riedizione de “Gli uomini in grigio” di Giorgio Scerbanenco. Peppo mi ha sorpreso con due illustrazioni che hanno costituito la suggestione principale de “Il libro segreto di Jules Verne” che abbiamo costruito insieme. Mi puoi raccontare come eri arrivato a realizzarle?
P.B.: Anni fa feci alcune tavole per la mostra degli illustratori a Bologna. Chiamai questa serie “La biblioteca segreta di Jules Verne” perché raffiguravano un lettore alle prese con dei libri “magici” dai quali uscivano personaggi, cose e mostri che coincidevano con molti dei libri di Verne. Alcune di loro le esposi in una delle mie ultime mostre insieme a uno dei miei “Improbabilibri” (sculture/libri molto spesso nati dalle mie collaborazioni con autori): “Il libro Segreto di Jules Verne” dove da un libro aperto emergevano tentacoli e un vascello. Tu sei venuto all’inaugurazione e dopo averlo visto e te ne sei uscito con la battuta: “Ho già in mente la storia. Facciamolo”. Ovviamente ho sperato che fosse solo una boutade e che non mi avresti costretto a disegnare dell’altro.
L.C. Sai che sono insistente vero?
P. B. Sei troppo buono!
L. C. Beh non sei contento del risultato?
P. B. Non sono mai contento del risultato! Se ad un certo punto non si dovesse andare in stampa continuerei a rivedere e aggiustare quello che ho fatto. E poi sono sempre più interessato al prossimo lavoro. Ma sì, al di là delle mie fisse, quando ho ricevuto la prima copia mi son detto: È un libro mica male. E sai che detto da me…
L.C: Tu mi hai costretto a prendere sul serio la nostra sfida letteraria. Mi spieghi cosa ti ha divertito del progetto al di là della fatica?
P.B: Al contrario di quello che si può immaginare, quello serio sei tu: nel senso che hai una conoscenza della materia e una memoria per nomi e fatti che crea una base solida e “rispettabile” dalla quale partire e sulla quale uno si sente al sicuro anche a azzardare. Cioè, sei uno che si può prendere sul serio.
Io, al contrario, sono uno incapace di prendere una cosa senza smontarla, esplorarla e rivederla per capirne le possibilità. Questo non renderebbe facile la collaborazione se anche dall’altra parte non ci fosse la curiosità e la volontà di sperimentare i propri limiti, quelli delle storie che amiamo e dei loro “supporti”, in questo caso i libri. Ma la premessa sulla quale ci siamo intesi fin dall’inizio è stata: in ogni caso ci interessa fare un bel libro, al meglio che possiamo e senza troppi compromessi o preoccupazioni di target, età o altro che spesso spingono gli autori a fare quello che gli altri si aspettano autocensurandosi o limitando il proprio lavoro allo stretto necessario…
L.C: Non è un po’ da masochisti?
P.B: Alle volte sì ma, come dico spesso, certi lavori (in particolare quelli creativi) sono pagati troppo poco (in termini di riconoscimenti e anche economici) per farli male. Sembra un paradosso ma per chi -come noi- ha scelto di fare un lavoro che ama, sentirsi chiedere di farlo in un modo che non è il nostro richiede uno sforzo per il quale sarebbe giusto essere pagati di più. Diciamo che una certa libertà di azione si paga con un sacco di notti insonni!
Essere liberi di fare il proprio lavoro nel miglior modo possibile.
Tutto questo, unito alla consapevolezza di avere abbastanza esperienza per riuscire a fare un libro che piaccia a noi e a chi lo leggerà, ha reso l’esperienza divertente… una specie di Jam Session o di partita a ping-pong a distanza, dove alle scoperte e suggestioni di uno rispondeva l’altro con nuove idee o altre scoperte. È iniziato tra citazioni, ritrovamenti, illuminazioni improvvise e lavoro investigativo, dove si faceva a gara ad unire dei puntini in apparenza lontani ma in pratica affini ed è un gioco che, con l’andare del tempo, si è rivelato solo l’inizio di un progetto più complesso.
L.C.: Nei tuoi libri hai usato stili differenti. Perché hai scelto questo nel caso del nostro libro?
P.B: Molti illustratori hanno un approccio -diciamo- “interpretativo” e qualsiasi cosa fanno diventa “la loro”: ogni libro diventa “alla maniera di”. Hanno uno stile ben definito e riconoscibile. Li invidio: ce ne sono alcuni bravissimi che hanno trovato un segno e lo lasciano impresso su qualsiasi cosa tocchino, rendendola unica. Da lì quel libro verrà classificato come si fa con altre opere legandole agli interpreti migliori o più originali: “Le variazioni Goldberg” di Glenn Gould o “Il Pinocchio” di Carmelo Bene o “L’Amleto” di Gielgud, tanto per fare qualche esempio.
Li invidio perché significa riconoscibilità e di fronte a un nuovo libro magari saprei subito cosa fare ma, essendomi trovato a fare questo mestiere quasi per caso, non ho ancora trovato probabilmente il mio “segno”, allora tento un approccio diverso. Per me un libro è un oggetto complesso e collaborativo che, oltre a contenere una storia a sé, va considerato in tutte le sue parti. Cerco sempre di trovare il modo di creare immagini che ne estendano il senso o che ne diano nuove interpretazioni.
Conoscere qualche nuova tecnica o trucco è una delle parti divertenti di ogni lavoro nuovo e non mi sento sminuito: se voglio esprimere me stesso come artista lo faccio nei quadri e nelle mie installazioni. Nel caso dei libri, spesso si tratta di fare un passo indietro, se serve a far funzionare meglio la storia. Ma questa è tutta teoria!
Nello specifico, da una parte ho ripreso lo stile delle stampe d’epoca e il gusto per la decorazione delle edizioni di Hetzel, dall’altra ho voluto richiamare Karel Zeman,
L.C: Mi ricordo i suoi film in bianco e nero proiettati sulla TV Svizzera quando ero bambino.
P.B: Questo regista Ceco fece diversi film tratti o ispirati da romanzi di Verne facendo muovere gli attori in scenografie dipinte come le stampe d’epoca di Riou e Benett che illustravano i primi libri di Verne (consiglio a tutti di visitare il suo museo a Praga!) dando un effetto spiazzante.
L.C.: E dopo Zeman?
P.B. Per dare credibilità a quello che avevi scritto o meglio, per immergerlo nell’atmosfera giusta, ho passato giornate recuperando dai ritagli di giornali alle biografie d’epoca, dalle foto di casa Verne ai manuali di nautica e infine ho giocato mischiando elementi reali ad altri dettagli funzionali al racconto cercando di restituire quel senso di meraviglia che ho provato quando ho letto per la prima volta certi racconti. E che continuo a provare quando leggo.
Alla fine ho fatto un pastiche. Diciamo che tutti e due abbiamo giocato sul limite, sull’ambiguità di ciò che è vero e quello che sembra vero ma potrebbe non esserlo…
Dopotutto la “sospensione dell’incredulità” è il requisito necessario affinché un racconto funzioni e noi ci occupiamo della “messa in scena”. Se alla fine il lettore si diverte vuol dire che il trucco è riuscito; se poi gli viene qualche dubbio e volesse andare a controllare la veridicità di alcuni passaggi, meglio ancora: significa che lo abbiamo incuriosito e sicuramente scoprirà un sacco di cose nuove.
Quello che mi ha impressionato, è stato piuttosto vedere che tu sia riuscito a trovare collegamenti tra diversi autori reali legandoli a un libro immaginario e misterioso…
L.C: In realtà sono state le tue immagini a scatenare tutto. Sto parlando delle due illustrazioni che aprono e chiudono “Il libro segreto di Jules Verne” e che mostrano lo scrittore francese mentre tiene in mano un fantastico volume dal quale emergono creature marine e persino un simpatico cagnolino. Guardando quei disegni mi sono chiesto: è se fosse questo il segreto di Jules Verne? Se avesse posseduto un libro speciale capace di suggerirgli le storie forse il suo incredibile talento avrebbe una spiegazione. Così, suggestionato dalle tue immagini ho cominciato a pensare a dove avesse potuto trovare quel libro e chi avrebbe potuto averlo nelle mani. Visto che Jules Verne scrisse il seguito de “Le avventure di Gordon Pym” intitolandolo “La sfinge dei ghiacci” e firmò dopo Charles Baudelaire la seconda biografia ufficiale di Edgar Allan Poe mi è venuto facile partire da lì. I testi della poesia “Alone” e i ricordi d’infanzia in Inghilterra inserirti nel racconto “William Wilson” di Poe hanno fatto il resto. Per davvero il piccolo Jules Verne, innamorato della sua cuginetta, scappò di casa nella speranza di regalarle una collana di coralli e appuntò i suoi ricordi legati alla passione per i fiumi e il mare in un testo biografico che non pubblicò in vita e che lasciò interrotto. Ed Edmondo De Amicis incontrò Verne di persona passando del tempo a casa sua per scoprire i suoi segreti.
P. B: Ancora mi chiedo perché mi hai trasformato in professore nella storia… probabilmente sono l’unica parte di finzione. Non vorrei diventare il tuo alter-ego.
L.C: In realtà stavo solo spiegando la genesi della storia. Guarda che potrei anche raccontare dove sei andato a prendere le immagini…
P.B: Lo confesso: ho scavato tra i libri, esplorando biblioteche e archivi online in cerca di immagini (fuori copyright: solo i fantasmi dovrebbero venire a lamentarsi!). Ma più che altro si tratta di citazioni, di un tributo a un’epoca di grafici, illustratori e tipografi straordinari. Un pastiche e spesso un pasticcio che nasconde un profondo amore e ammirazione.
E poi è stato è stato un insieme di coincidenze strambe: prima i miei due vecchi disegni, poi tu ti sei messo a lavorarci e, contemporaneamente, ho passato i primi mesi di lockdown a fare copertine per una quarantina di Ebook della collana “Voyage Extraordinaires” per diversi bravi autori di Book On a Tree di Baccalario che erano “incorniciate” da finte decorazioni d’epoca. La ricerca legata a questo ha aggiunto materiale a una libreria digitale sterminata di cornici, decorazioni e illustrazioni che raccolgo da anni, soprattutto di edizioni uscite tra ‘800 e ‘900 dove a mio parere illustratori e stampatori hanno dato sfogo a tutta la loro creatività nella confezione di libri strabilianti e preziosi (Le edizioni dei libri di Verne di Hetzel -di recente ristampati e distribuiti in edicola ne sono un esempio).
L.C. E la mia storia ti ha suggestionato?
P.B.: Direi che il lavoro più faticoso sia stato tenere a bada la tua frenesia enciclopedica. A parte i limiti nel numero di pagine del libro, ogni volta che mi hai tirato fuori un nuovo aneddoto, con quell’entusiasmo alla Indiana Jones, ti ho amabilmente odiato: gli scrittori sono spesso irresponsabili e ti buttano addosso continuamente input che nella testa di un illustratore si trasformano in assenza di sonno per starci dietro.
L.C: Beh, ma Nelly Bly me la hai suggerita tu e io sono andato a scoprirmela poco a poco.
P.B.: Ho pensato che avessi fatto apposta a dimenticarti del suo giorno del mondo in 72 giorni e speravo di vendicarmi facendotela illustrare ma non ha funzionato: altre notti insonni.
L.C: A un certo punto gli incastri sono diventati talmente tanti che il libro avrebbe potuto anche essere più lungo. Non mi sarei mai immaginato che impaginando il libro avremmo aggiunto altri elementi.
P.B.: L’altro giorno mi è venuta in mente un’immagine, in risposta a una domanda di un giornalista: la letteratura è vasta e i nostri amori letterari e artistici ci spingono sui fondali della letteratura a trovare perle. Mi sono messo a ridere, pensando che abbiamo proprio “le Phisique du role” dei pescatori di perle… Però ammetto che mi hai fatto far pace con Guido Gozzano, quando hai scoperto che il poeta, triste per la scomparsa di Jules Verne, gli dedicò una lirica che incarnò il sentimento di tutti i suoi lettori.
L.C.: E tu mi hai stupito scoprendo che qualche settimana dopo quell’evento iniziò a vivere le sue avventure a fumetti Little Nemo, in qualche modo erede dei viaggi straordinari di Jules Verne.
P.B.: In realtà, in quel momento, è riemerso il mio spirito di animatore: avevo trovato una foto di Verne sul letto di morte e il libro sarebbe potuto finire lì. Inutile dire che quello è un finale che più si addice alla vita reale… invece il meccanismo che abbiamo innescato con il libro, virtualmente, lascia aperte molte possibilità…
L.C.: Shhhh. Non fare spoiler abbiamo detto già troppo.
P.B.: Quello che intendevo è che, avendo trovato nuovi elementi da inserire, mi piaceva l’idea di rappresentare visivamente -visto che molti definiscono “immortali” gli scrittori attraverso le loro opere- il perpetuarsi dell’arte, dell’immaginazione in autori e forme diverse, da qui il finale “doppio”.
L.C.: Visto che sei un Professore!
P.B.: Sul serio: quando tu pensi di aver fatto una cosa semplicemente divertente e divertendoti, ti accorgi che invece è una specie di riflessione sulla creatività, sull’ispirazione e -ogni tanto- sulla maledizione che spinge gli artisti a fare quello che fanno.
La differenza -ed è qui che mi convinco che sia un buon lavoro- è che, dove un altro scriverebbe un saggio specialistico, tu sia riuscito a scrivere una storia divertente e coinvolgente, che può essere letta a vari livelli e in modo diverso a seconda del lettore, della sua età e delle sue esperienze: mi ricorda il Libro Segreto…
L.C.: O il segreto dei libri.
P.B.: Qual è?
L.C.: È un segreto.
P.B.: Cosa?
L.C.: Il Segreto.
P.B.: Ah, già. Non vedo l’ora di vedere il seguito…
L.C.: Shhh… È un segreto!
* * *
© Letteratitudine – www.letteratitudine.it
LetteratitudineBlog / LetteratitudineNews / LetteratitudineRadio / LetteratitudineVideo