Sulle pagine culturali di Panorama, n. 5 del 28 gennaio 2008, Monica Vignale ha pubblicato un articolo molto interessante dal titolo: Passaparola, Il best-seller nasce sul web.
Ve lo riporto di seguito (approfittandone per ringraziare la Vignale di aver citato Letteratitudine).
Leggete il pezzo e rifletteteci un po’ su.
Vi chiedo:
Dando per scontato che, per quanto concerne l’acquisto dei libri, il web (considerato nel suo complesso) ha un suo potere persuasivo, ritenete che tale potere sia effettivamente paragonabile a quello tradizionale delle recensioni pubblicate sui giornali (sempre considerate nel complesso) ?
Un’ulteriore (e complementare) occasione di dibattito sul tema proposto ce lo offre un articolo di Ermanno Bencivenga pubblicato su Tuttolibri del 24 novembre 2007.
Il titolo è: Internet ci salverà dal finire al macero. Articolo interessante in cui si propone agli editori di mantenere in catalogo più titoli possibile, evitando il macero, basandosi sullo slogan «selling less of more»: gioco di parole che si potrebbe tradurre (credo) con «vendere di tutto un po’».
Domanda per voi:
Ritenete che, in effetti, «vendere di tutto un po’» sarà l’inevitabile futuro per l’editoria?
A voi le risposte.
(Massimo Maugeri)
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PASSAPAROLA: IL BEST-SELLER NASCE SUL WEB
di Monica Vignale
letteratura in rete. Aumentano i siti nei quali i lettori diventano recensori dei libri che comprano. Ne discutono, li consigliano o li stroncano e il tam tam dei navigatori influenza il mercato. Risultato: i romanzi snobbati dai critici di professione diventano successi. E gli editori corrono ai ripari.
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Irina ha appena finito di leggere Il giorno in più di Fabio Volo (Mondadori). Le è piaciuto e ritiene importante condividere le impressioni con altri lettori. Apre il sito di comparazione prezzi www.ciao.it e nella sezione dedicata alla letteratura scrive: «Quella che sembrava una storia destinata a finire subito si rivela una storia quasi fiabesca, un sogno… lo consiglio a tutti».Su letteratitudine.blog.kataweb.it si discute animatamente di romanzi di guerra e si promuovono Il pittore di battaglie (Arturo Pérez-Revert, editore Tropea), Neven (Joe Sacco, Mondadori) e Ali di sabbia (Valerio Aiolli, Alet Edizioni). Gli interventi fioccano a centinaia, malgrado l’argomento sia di nicchia. C’è anche chi non ha ancora letto i romanzi: «Ma lo farò presto, mi avete fatto venire voglia di correre in libreria».
Che i libri si vendano col passaparola assai più che con le promozioni ufficiali è vero da secoli. Funzionava così nei «salons» settecenteschi e, in tempi più recenti, è stata la comunicazione diretta fra i lettori a consacrare il capolavoro di Boris Pasternak quando, nel 1957, la Feltrinelli pubblicò in anteprima mondiale Il dottor Zivago, traducendo il dattiloscritto che in pochi mesi divenne best-seller. Con internet sarebbe bastata qualche settimana.
Come è accaduto, per esempio, con L’eleganza del riccio (edizioni E/o), opera prima della docente di filosofia Muriel Barbery, best-seller in Francia, e gran successo in Italia, che ha venduto centinaia di migliaia di copie grazie all’impressionante tam tam online.
È il web ad accorciare i tempi. I lettori navigatori si definiscono books-eater (letteralmente: divoratori di libri) e condividono le emozioni che regala un romanzo avvincente, decretandone, più o meno inconsapevolmente, la popolarità.
Com’è avvenuto per The Stolen Child di Keith Donohue, mandato in libreria dalla Rizzoli con il titolo Il bambino che non era vero. Nel silenzio della critica, il romanzo ha fatto incetta di consensi grazie al brusio telematico scattato su Amazon, il più importante sito di libri del mondo.
Le librerie online hanno capito che conviene cedere la parola ai lettori più che ai recensori di professione. Riproponendo sul web un’abitudine consolidata: il lettore chiede una dritta sui titoli da acquistare all’amico che stima e che ha dimostrato, nei gusti, di essere attendibile. Così, sulla scia dei blog personali, i maggiori portali specializzati nel lancio e nella vendita di libri hanno aperto spazi di discussione libera dove i lettori diventano recensori.
Su Bol.it oppure Qlibri.it, per citare due delle più frequentate librerie della rete, sotto ogni titolo in commercio si possono leggere i contributi dei navigatori, le loro opinioni e il voto assegnato espresso in stelle, come per i film. A guadagnarci sono soprattutto gli scrittori esordienti. Come la controversa Babsi Jones, autrice per la Rizzoli di Sappiano le mie parole di sangue, una storia intensa ambientata durante il conflitto nei Balcani della quale, in rete, si sta discutendo moltissimo.
Capita in Italia e capita oltre confine. In Spagna La sombra del viento di Carlos Ruiz Zafón è stato scoperto dal pubblico di internet prima che dai critici. E internet l’ha rilanciato anche sul mercato italiano, dove il romanzo è stato pubblicato, con successo, dalla Mondadori. Tanti lettori dagli scaffali virtuali di www.internetbookshop.it l’hanno consigliato come regalo di Natale.
Le comunità del passaparola sono un aiuto determinante soprattutto per la piccola editoria, che può aspirare a un’improvvisa notorietà. È il caso di Ultimo appello dell’esordiente Salvo Toscano, un giallo pubblicato da Dario Flaccovio che, viste le dimensioni dell’editore, è stato un trionfo di vendite.
Può accadere anche il contrario, certo. Il contagio viaggia in due direzioni, come racconta un lettore sul forum di Qlibri.it: «Volevo comprare Brucia Troia, perché dello stesso autore di Caos calmo (Sandro Veronesi, ndr), un libro che ho adorato. Però ho visto che a molti lettori, dei quali recepisco i consigli su internet, non è piaciuto, e per ora ho rimandato».
Potere del condizionamento reciproco, che può influenzare facilmente anche il non acquisto.
Nei cyberluoghi dove navigano milioni di persone dai gusti variegati, il tam tam riserva sorprese inaspettate. I gruppi di bibliofili sparpagliati dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, refrattari ai diktat delle mode, discutono anche di opere datate o trascurate, delle quali sintetizzano pregi e difetti in schede che inseriscono sul proprio sito web, dando vita a una rete nazionale (http://gruppodilettura.word press.com) di scambio di opinioni e giudizi sulla letteratura, classica o contemporanea.
Non è strano, quindi, che improvvisamente nelle librerie si registri una impennata di richieste per Danny l’eletto dell’americano Chaim Potok, pubblicato in Italia all’inizio degli anni Ottanta e riscoperto vent’anni dopo, quando internet ha fatto da cassa di risonanza a una toccante storia di amicizia fra due ragazzi divisi dall’ortodossia ebraica.
Significativo anche il caso di Eureka Street dell’irlandese Robert McLiam, una storia di amicizia, sangue e perdono ambientata in una Belfast di conflitti irrisolti. Il romanzo, pubblicato dalla Fazi nel 1999, è stato scoperto solo qualche anno più tardi sul web, dove è rimasto a lungo fra i testi «vivamente consigliati». L’ascesa è stata irresistibile, tanto che l’editore ora annovera il libro come uno dei più venduti del suo catalogo.
Miracoli di un fenomeno il cui esempio più vivido resta Il cacciatore di aquiloni (Piemme) di Kalhed Hosseini, che ha fatto piangere l’Europa ben prima che i raffinati opinionisti lo incoronassero principe delle librerie, e che per 3 anni, in Italia, ha venduto quasi 1.000 copie al giorno nell’indifferenza di giornali e tv.
La critica lo aveva ignorato ma i libri, è risaputo, vendono grazie ai consigli di chi li legge per piacere, non per dovere.
Monica Vignale
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INTERNET CI SALVERA’ DAL FINIRE AL MACERO
di Ermanno Bencivenga
Da anni le case editrici italiane si stanno disfacendo dei fondi di magazzino. Se un libro non si è dimostrato sufficientemente «attivo» negli ultimi tempi, viene messo fuori commercio e i diritti vengono restituiti all’autore. Insufficienze e conseguenti bocciature, peraltro, non vengono assegnate dai direttori editoriali o delle singole collane: se parli con loro, allargano le braccia e lamentano che «il commerciale» ha deciso così, in base a criteri di cui è esclusivo e geloso depositario.
Ne deriva l’impressione di una severa realtà con cui è purtroppo necessario fare i conti; e per fortuna che ci sono i contabili a farli, altrimenti chissà che guai potrebbero combinare intellettuali e utopisti. Ma, come spesso capita, i contabili stanno facendo i conti di ieri e adeguandosi a una realtà che sta cambiando – starei per dire sotto i loro occhi, se non fosse che guardano ostinatamente altrove.
Oggi i libri si comprano sempre più in rete; e questo ha rivoluzionato l’intero settore. Mentre prima tutto dipendeva dalla visibilità di un titolo, e quindi poteva essere plausibile investire su pochi e spesso rinnovati best-seller, Internet ha creato un mercato di nicchia, che fa affari d’oro.
Amazon informa che il 25% delle sue vendite riguarda libri che non sono compresi fra i 100 mila più venduti.
Chris Anderson, direttore della rivista Wired, ha ampiamente discusso tale nuova opportunità nel suo The Long Tail, uscito l’anno scorso, e l’ha riassunta nello slogan «selling less of more».
Occorre ragionare in modo diverso dal passato, afferma, perché la rete ha creato un’economia di abbondanza, in cui non ha più senso porsi i limiti che erano inevitabili quando c’erano pochi scaffali in negozio, pochi canali in televisione, pochi cinema, poche pagine nei giornali. Chi ancora rispetta questi limiti ormai obsoleti si troverà a mal partito in una situazione in cui è possibile gestire un inventario praticamente infinito.
Nell’economia dell’abbondanza della long tail, vincerà chi avrà i cataloghi più ampi: anche un titolo che vende dieci copie l’anno sarà utile, soprattutto per chi avrà migliaia di titoli del genere. Ma le case editrici nostrane stanno appunto smantellando i loro cataloghi, in nome di un sano, impietoso «realismo». Dove si dimostra una volta di più che la realtà è sovente un’etichetta per la propria ignoranza.
Ermanno Bencivenga
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A TUTTI I BLOGGER (soprattutto a coloro che si occupano di libri)
Se potete, linkate questo post (o ricopiatene il testo) e provate ad avviare, sui vostri blog, dibattiti paralleli a quello che si svilupperà qui. Grazie mille.
(Massimo Maugeri)
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AGGIORNAMENTO del 2 febbraio 2008
Cari amici,
come ricorderete avevo posto questa domanda: dando per scontato che, per quanto concerne l’acquisto dei libri, il web (considerato nel suo complesso) ha un suo potere persuasivo, ritenete che tale potere sia effettivamente paragonabile a quello tradizionale delle recensioni pubblicate sui giornali (sempre considerate nel complesso)?
Il realtà la domanda era volutamente fuorviante per i motivi che vi spiegherò di seguito.
Partiamo da questo ulteriore punto di domanda. Cosa è web? E cosa non lo è?
La maggior parte degli articoli pubblicati su quotidiani e riviste vengono automaticamente pubblicati anche on line. Dirò di più. Seguendo la direzione fissata dal New York Times – interamente e gratuitamente consultabile su Internet – anche molti dei nostri quotidiani si stanno adeguando. “Il Messaggero”, “Il Mattino”, “La Sicilia” sono già consultabili on line dalla prima all’ultima pagina. La maggior parte degli articoli pubblicati sui principali quotidiani vengono riproposti all’interno dei rispettivi siti (in alcuni casi gli articoli consentono di rilasciare commenti). E così per molti magazine e riviste.
Cosa voglio dire?
Che la differenza tra il web e il cartaceo è già quasi inesistente (o tende comunque ad affievolirsi) per il semplice fatto che la Rete sta inglobando l’informazione e i media tradizionali, integrandoli all’interno di un nuovo sistema di comunicazione (in parte ne avevo già parlato qui).
Quando Monica Vignale e Ermanno Bencivenga hanno scritto i loro articoli lo hanno fatto rispettivamente per Panorama e per La Stampa, ma al tempo stesso – più o meno consapevolmente – hanno scritto per il web. Io stesso, in effetti, pur avendoli letti, in origine, in versione cartacea, li ho poi proposti su Letteratitudine copincollandoli da Internet.
A loro volta questi articoli (anche per via del mio invito) sono stati riproposti su altri blog.
Da qui la considerazione che vi ripropongo: la differenza tra il web e il cartaceo è già quasi inesistente (o tende comunque ad affievolirsi). Il processo, a mio avviso, è inarrestabile e giungerà molto presto al suo completamento.
Se partiamo da questo presupposto probabilmente arriveremo alla conclusione che la differenza vera è determinata non dalla presenza on line o su carta, ma dall’autorevolezza della fonte. E forse dalla maggiore diffusione che, per un po’ di tempo, continueranno ad avere gli articoli pubblicati anche in forma cartacea.
Lascio a voi le ulteriori controdeduzioni.
(Massimo Maugeri)
Questo mi sembra un post interessante.
Leggete con attenzione i due articoli.
Poi, se vi va, commentate…
Vi riscrivo le domandine:
1. Dando per scontato che, per quanto concerne l’acquisto dei libri, il web (considerato nel suo complesso) ha un suo potere persuasivo, ritenete che tale potere sia effettivamente paragonabile a quello tradizionale delle recensioni pubblicate sui giornali (sempre considerate nel complesso) ?
2. Ritenete che, in effetti, «vendere di tutto un po’» sarà l’inevitabile futuro per l’editoria?
Rinnovo l’invito agli amici blogger.
Se potete, linkate questo post (o ricopiatene il testo) e provate ad avviare, sui vostri blog, dibattiti paralleli a quello che si svilupperà qui. Grazie mille.
@ massimo:
ovviamente sei già su
http://enricogregori.splinder.com/
E’ pubblicità e nessun invito al dibattito. Quelli che faccio qui mi bastano e mi avanzano.
Pensa se mi ritrovo Zauberei anche nel mio blog. Eccheccazzo, peggio della “cura Ludovico” di Arancia Meccanica!
🙂
@ Massimo:
Complimenti di cuore!Che bella soddisfazione vedersi stimati e riconosciuti come “capitano” di un dialogo culturale che pur trattando argomenti di “nicchia”, come li definisce Monica Vignale, trascina folle di appassionati !
Bravo!
Per rispondere alla tua domanda…Credo che non solo il blog abbia un impatto più immediato delle recensioni tradizionali, ma direi anche maggiore. Perchè coinvolge di più e ti consente un contributo personale.
E’ veloce, leggero come un pensiero, ti mette in contatto con tutti e crea anche un legame che definirei di intensità affettiva con chi discute.
A mio avviso è il vero passaparola dei nostri tempi. Quello che non si fa più con la lingua, essendo ormai i confini di un territorio troppo stretti, ma sulle ali della rete.
Infondo è sempre e soltanto il vecchio e indistruttibile desiderio della comunicazione. Ma certamente amplificato dalla potenza dei mezzi.
Ancora un abbraccio e BUON LAVORO!
mo vediamo se cucino quarcosa
Per intanto questo post mi ha messo un ineffabile buonumore.
buongiorno massimo!
un altro argomentone intrigante!
… non potevo perdermelo!
😉
IMHO il web, con i blog, sta a cavallo, per potere di comunicazione e influenza sull’acquisto dei libri (come di tutti gli altri generi di “consumo”) tra il classico PASSAPAROLA e i giornali
provo a spiegarmi:
dopo un po’ che si frequenta un blog, si impara a conoscere (e eventualmente a fidarsi) il “padrone di casa”
si entra in confidenza
se pensiamo che il padrone del blog sia un bravo cuoco, e quello (quella) posta una ricetta, la proviamo, come facciamo con la zia che cucina bene, con l’amica esperta di fornelli
per i giornali, invece, non sempre è facile che il giornalista che cura una rubrica di recensioni o anche solo di segnalazioni di libri, ci convinca allo stesso modo dell’amica (o della zia)
ecco, il web sta a cavallo di queste categorie,
perché il blog è scritto e impaginato e a volte ha “le figure” (come i giornali) e ha il vantaggio che, se continuiamo a frequentarlo, siamo già stati conquistati dal gestore di quel blog, per cui abbiamo una certa fiducia nei suoi consigli
nonostante quello che spesso si legge, di questi tempi, sulla potenza di persuasione dei blog, però, io continuo a credere che l’acquisto (e il successo) di un libro rimanga più che altro affidato all’esposizione sugli scaffali della libreria e alla seduzione di una copertina
non mi convincono i lettori che acquistano un libro ogni millennio, per i suggerimento dell’amico (o del blogger di riferimento)
chi non frequenta abitualmente le librerie (anche online, tipo IBS o amazon) non può modificare il mercato e quindi non salverà mai un libro dal macero
ti abbraccio e ti ringrazio ancora per queste discussioni
a presto!
lanasmooth
Bel post e dibattito che si preannuncia interessante.
In serata segnalerò sul mio blog.
Intanto complimenti a Massimo per la segnalazione su Panorama, avevo già letto l’artciolo sulla rivista e mi era già piaciuto.
Tu domandi
“ritenete che tale potere sia effettivamente paragonabile a quello tradizionale delle recensioni pubblicate sui giornali (sempre considerate nel complesso)?”
Secondo me, in tutta onestà no. No perchè la gente “comune”, la maggior parte dei cittadini considera internet come un mezzo poco autorevole e quindi leggere una recensione positiva di un libro su un quotidiano o leggerla su internet per molti non è la stessa cosa.
Purtroppo la carta stampata e i giornali hanno una capacità di influenzare maggiore di un blog letterario anche se le cose stanno cambiando, per fortuna.
*
Per quanto riguarda l’articolo di Bencivenga sono d’accordo con l’autore.
Tenere vecchi titoli in catalogo potrebbe rivelarsi una buona scelta per molte case editrici invece che mandare al macero migliaia di copie.
Meglio stampare 10 titoli in meno all’anno ma mantenere intatto il proprio archivio.
Alcune case editrici hanno lanciato una campagna per diminuire il numero di copie che stampano in un anno e questo per evitare di rendere saturo il mercato.
Queste secondo me sono le strategie da adottare.
sì, bell’argomento; soprattutto per noi che scriviamo e forse avremo come unico pubblico quello di internet. Io penso però che già si pubblichi di tutto e ci sia spazio per tutto a prescindere da internet. Il passaparola è ed è stato sempre importante. Non so se questo mezzo sia più incisivo delle critiche sui giornali, suppongo che in entrambi i casi chi legge sia già ‘in cerca’, interessato. Di sicuro sul web si conoscono autori che sul giornale non vedremo mai. Le case editrici non dovrebbero mandare al macero, dovrebbero stampare la prima tiratura in un numero congruo alle aspettative e soprattutto se di piccola casa editrice si tratta. Che senso ha stampare 3000 copie di un libro che non si ha la forza di sponsorizzare?
coca-dalla parte degli alberi
Dando per scontato che, per quanto concerne l’acquisto dei libri, il web (considerato nel suo complesso) ha un suo potere persuasivo, ritenete che tale potere sia effettivamente paragonabile a quello tradizionale delle recensioni pubblicate sui giornali (sempre considerate nel complesso)?
Per quanto mi riguarda assolutamente si. Le recensioni ‘tradizionali’ mi procurano l’orticaria da anni. Il web ha il grosso pregio di dare spazio a tutti. Letterati come non. Avvocati e camionisti. Appassionati di playstation o lettori incalliti. E’questa la sua forza, secondo me. Trovo molto più interessanti e utili le segnalazioni e i suggerimenti scovati on line (e quindi appunto di lettori incalliti o fiscalisti) piuttosto che le tradizionali recensioni. Poi certo, per carità, si rischia comunque di comprare un libro che poi si rivela diverso dalle aspettative (ma questo succederebbe comunque, no?).
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2. Ritenete che, in effetti, «vendere di tutto un po’» sarà l’inevitabile futuro per l’editoria?
Anche qui dico si però penso sarà un processo lungo, forse la generazione di mio figlio (attualmente impegnato in scritture primitive al nido) vedrà la fase cruciale di questo fenomeno. Forse.
E comunque ‘di tutto un pò’ non vuol dire un bazar di merce avariata, non è detto. Se è un ‘di tutto un pò’ ma di qualità è uno sforzo costruttivo che permette a tutti di trovare qualcosa vicino ai gusti e alle preferenze.
Penso anche che in futuro il web diventerà più ‘forte’ nelle vendite dei libri. Anche se, chi ha conosciuto ‘l’acquistare la carta stringendola tra le mani’ fatica a disinnamorarsi. Io compro on line quasi tutti i libri, è comodo e veloce una volta trovato il sito adatto. Però se passo davanti a una libreria e ho ‘giusto’ cinque minuti è la fine (mio marito mi torna a recuperare diversamente non si sa se e quando ne esco).
Dimenticavo: post linkato!
Certamente internet ha due grandi vantaggi: innanzitutto l’immediatezza nella ricerca. Vuoi un libro che tratti una particolare tematica? Sul web puoi trovarne la gamma completa e sceglierne il più interessante, eludendo quella “costrizione” causata dello spazio fisico limitato che impone al libraio di suggerirci in vetrina, o sugli scaffali, solo i titoli più venduti o i più in voga. In secondo luogo, nella nostra frettolosa società, la recensione sul web é più facilmente consultabile da una più ampia fetta di persone, rispetto alla recensione sul giornale che per quanto “idealmente” possa ritenersi più autorevole é anche spesso letta solo dai più accaniti.
In particolare, il web, consente la lettura di rapide recensioni, di poche righe, lasciate dagli “utenti finali” di un libro, ovvero i lettori, e che possono in tal maniera orientare l’acquisto dell’opera sulla più venduta come sulla sconosciuta.
Ritengo infine che, considerato il potere del web, sarà effettivamente inevitabile per gli editori “vendere di tutto un po’” salvo, ovviamente, sconvolgimenti che finiscano per porre sottocontrollo anche l’unico scorcio di libertà rimasto a noi mortali: internet.
Infine, le recensioni ed i commenti sul web consentono di saggiare il reale potere letterario di taluni titoli, in particolare di quelli poco meritevoli. Capita spesso, di questi tempi, di vedere pubblicata parecchia spazzatura, dandone ampia risonanza da parte dei media convenzionali solo per la nomea dell’autore o per la posizione che quest’ultimo ricopre all’interno del circo mediatico, tralasciando deliberatamente il contenuto letterario dell’opera. In tal maniera, in nome del profitto, che in un editore dovrebbe sempre trovare il giusto compromesso con la sua “missione culturale”, si finisce per ledere la giusta diffusione di scritti ampiamente più meritevoli. Il web può aiutarci a disincentivare l’acquisto di tali testi, letterariamente poco validi, e a favorire invece le opere meno conosciute ma di indubbio spessore.
In ultima nota, tengo precisare che io sono un convinto sostenitore del “pubblicare tutto e tutti”, perché penso che anche un libro scritto male o letterariamente piatto sia in fondo cultura. Tuttavia viviamo nel mondo reale e non in quello ideale e non essendo possibile, nella nostra società, pubblicare ogni cosa occorre operare delle scelte. Tali scelte é giusto ricadano sulle opere effettivamente meritevoli.
ho fatto!
mo’ però come faccio a discutere qui?
mo la mia opinione sta la!
nun ve fate impressionà dal titolo.
http://zauberei.blog.kataweb.it/2008/01/31/libri-e-reggiseni/
uh
anvedi:) katawebbe!
La promozione di qualunque articolo, bene o servizio, oggi ha un passaggio obbligato attraverso mezzi quali internet, radio e televisione. Anche la letteratura non può esentarsi dal farlo, e personalmente apprezzo e condivido l’utilizzo di questi canali. Sono mezzi che arrivano a tutti, che permettono una diffusione veloce e su larga scala. Non sostituiscono certo il piacere di aggirarsi tra gli scaffali della libreria per scegliere un buon libro, ma sono sicuramente il veicolo più immediato per farsi conoscere. Internet è sicuramente il canale preferenziale, e mi accorgo che anch’io leggo bene i commenti prima di decidere se acquistare. Certo, non sempre è così, ma il passaparola funziona e ha sempre funzionato, anche in epoche non sospette.
Vendere di tutto un pò? Mi auguro di no, ma temo che arriveremo a questo. Se poi quel “di tutto un pò” non è merce avariata, come scrive Barbara, allora ben venga.
Quoto Silvia (mi hanno spiegato che nei blog si dice così).
D’altro canto, se mai volessimo scambiarci delle impressioni di lettura, dove mai potremmo farlo oggi se non qui. Aggiungo che l’autore “immergendosi” nei commenti che riceve può uscirne, se non migliore, quanto meno diverso. Non farà mai altrettante presentazioni de visu.
Infine di tutto un pò no, vi prego. Poco, ma buono.
Di tutto un pò. Forse può salvare gli editori dallo sfacelo (anche i libri di cucina si vendono) ma questo non farà sì che la cultura migliori. Il libro di Fabio Volo l’ho letto, è di certo “carino” ma non possiamo paragonarlo a Cecità di Saramago o a Non buttiamoci giù di Nick Hornby, Sulla strada di kerouac, insomma, è letteratura televisiva o cinematografica, ma il web riesce a farla passare per cultura a tuttotondo. Una volta si spingeva la gente a leggere Dumas o i romanzi d’appendice, si dava al “popolo” un’impostazione letteraria che aiutava il pensiero ad evolversi (Platone docet), e gli scrittori quindi erano veri e propri mentori, decidevano il destino di una guerra. Ora la letteratura è una palla pazza che non ha meta e si basa sui gusti dei teenager che, strano a dirsi per una società anziana come quella italiana, sono quelli che comprano di più. Gli editori cambiano modello editoriale e ci ritroviamo con la cultura del Moccia, stricia le notizia, il GF e Saranno famosi. E pian piano andiamo a pezzi, così la nostra cultura. Ammiro gli editori che scelgono il cuore e la qualità. La carta si può sempre riciclare.
Un abbraccio,
Alessandro Cascio
http://www.myspace.com/underground_book_village
Quoto Alessandro in pieno.
Da genitore, però, un pò di responsabilità me la sento sul groppone nel senso che ho ancora l’idea (forse banale illusione) che i ragazzi possano avvicinarsi alle letture ‘meno trandy’ tipo i classici ma anche i contemporanei che non necessariamente mimano le mode del momento o parlano di niente (ma lo fanno in modo molto trandy è!). Da genitore penso che si può tentare di insegnare la passione, l’amore addirittura per un buon libro che lascia addosso qualcosa, che trasmette (a ognuno in modo diverso, mi pare ovvio) ma che non arriva nello stesso modo della tv o dei videogiochi. Io ho iniziato così, da piccoletta rubavo i libri che mia madre ordinava per posta (e c’era davvero di tutto, dal bestseller straniero al romanzo sconosciuto di un tale di timbuctù). E non mi sono più fermata.
ps: in bocca al lupo ad Alessandro Cascio per i suoi progetti letterari (di cui ha parlato anche Francesca Mazzucato su Books and other sorrows qui: http://scritture.blog.kataweb.it/francescamazzucato/2008/01/17/underground-book-village-un-progetto-e-un-intervento-di-alessandro-cascio/)
Jean de Luxembourg scrivi: “io sono un convinto sostenitore del “pubblicare tutto e tutti”.
Ma non ti sembra una follia?
Il mercato è già saturo con la selezione e con le centinai di testi che gli editori scartano ogni giorno, pensa se si pubblicasse di tutto!
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Sto riportando sul mio blog i commenti secondo me più interessanti (http://caffestorico.splinder.com)
tanti complimenti a massimo e a tutti coloro che scrivono qui (tranne a me)
🙂
però fa un po’ impressione.
bisogna fare attenzione a ciò che scriviamo. qui ci controllano dall’alto
🙂
Chi pensa che il web possa intaccare il potere dei quotidiani, quelli più importanti, è un illuso. In Italia la Tv e i 2 quotidiani la fanno da padroni. All’estero non so.
il passaparola è sempre stato uno dei motori base del successo di un libro, come di un film o uno spettacolo teatrale. e chiaramente il web è un altoparlante fenomenale nella sua capacità di raggiungere istantaneamente una gran massa di persone, per di più mirata in quanto raggruppata secondo i rispettivi interessi.
dopodichè mi dispiacerebbe dover rinunciare alla gioia di trovare un bel libro inciampandoci in libreria perchè attratta dal titolo o da chissache, alle volte credo dal puro istinto di lettrice vorace.
le mie letture sono sempre state disordinate, e adoro il concetto di serendipity: la scoperta casuale e fortunata di un tesoro cercando tutt’altro.
e anche il passaparola deve pur iniziare da qualcuno..
🙂
E comunque il web è disordinato e inaffidabile
Un po’ come il mondo, Stefano.
Le recensioni fanno molto, ma non so quanto facciano per gli acquirenti. In vita mia, non ho mai comprato un libro in virtù di una recensione. Manco una volta una. Immagino che non sia per tutti così e che se ci sono hanno un loro economico solido perchè.
Di fatto il lettore sa che scrivere un libro e leggere un libro e parlare di un libro, sono tre atti molto intimi correlati alla propria individualità. I nostri gusti di noi narratori, noi autori, noi censori, raramente e rocambolescamente riescono a trascendere, il noi poilitico, il noi sessuato, il noi individuale. Per non parlare del noi leccaculo considerando certe critiche che si leggono. E ancora. Ci sono lettori che amano certe prose barocche e decorate altri che invece gli piacciono le lingue asciutte. Qualcuno sopra parlava di Horbny. Ho letto tutto Horbny – mi rilassa. Ma per me non supera la landa del “carino” e dovessi recensirlo non gli farei un buon serivizio.
– Ancora. chi recensisce un libro spaccia per oggettività un parere soggettivo. La fa cadere dall’alto, perchè questa è la struttura della recensione cartacea. Un autorevole parere, disincarnato teoricamente dal suo codice di provenienza elargisce giudizi. si ti va bene bene – se no pippa. Non è che poi puoi fare na’ telefonata al recensore ecco. questa unidirezionalità impoverisce la conoscenza di un testo, la sua presentazione.
Guardiamo invece al funzionamento di questa piattaforma: si parla di un libro, si confrontano le proprie reazioni chimiche a una trama, a un linguaggio a un’esperienza estica. Contro la verticalità di una recensione cartacea, c’è l’orizzontalità del confronto telematico: più persone forniscono un parere. E le parti soggettive di esse restituiscono la soggettività di quel liubro raccontato condiviso, quasi riscritto quasi reinterpretato. Affinità lontananze simmetrie e asimmetrie. La discussione libraria in un forum come questo è molto più sofisticata complessa e perciò onesta nei confronti di un libro, di quanto possa essere una semplice recensione.
ecco perchè qualcuno di noi, può comprare più facilmente un libro di cui si parla qui rispetto che un libro raccomandato da un D’Orrico qurasiasi.
Il web assolve una funzione amplificatoria di quello che una volta era il semplice passa parola tra amici. Attraverso un blog come questo (complimenti quindi a Massimo, se anche Panorama se ne accorge) è come se la cerchia degli amici si allargasse a macchia d’olio; per me almeno è stato così (e infatti vi considero un pò tutti miei amici, coi quali mi piace chicchierare, giocare, scherzare e a volte litigare -amichevolmente, spero-). Recensioni di stampa? Si, forse possono essere recepite come più autorevoli, come dice Franceso Giubilei, ma dipende anche dal livello di autorevolezza che riesce a conquistarsi il blog stesso. Se le discussioni sono di livello penso che il blog possa guadagnarsi anche più fiducia (alcuni blog mi hanno indotto a scappare subito per le stronzate che ci trovavi scritte; solo su questo alla fine mi sono fermato); la recensione a stampa poi a volte non è esente dal sospetto di pubblicità, dipende anche dalla firma e dalla testata.
Per quanto riguarda la seconda domada: il futuro dell’editoria mi è francamente sconosciuto. Quello che riscontro è che alcune case editrici (parlo dei piccoli naturalmente, non di Mondadori o Bompiani) si sono guadagnate una certa stima nel tempo in settori ben determinati (vedi ad es. Fanucci per la SF, il primo che mi viene in mente, ma in fondo anche i più noti Sellerio o Adelphi non è che pubblichino di tutto, e soprattutto erano partiti con proposte in ambiti abbastanza specifici, allargatisi in seguito). Concluderei con il dato di fatto che esiste una certa fetta di mercato di lettori che si affida volentieri a proposte di editori considerati affidabili in campi abbastanza specifici e ristretti. Ma qui mi fermerei.
Un po’ OT ma mica troppo. Al volo tradurrei “selling less of more” vendi meno copie, ma di molti pù titoli. Sul POD la questione è: rende? A chi? Gian Arturo Ferrari ha già detto: no. E intende: non a Mondadori. meditiamo, dunque, noi non-mondadoriani.
Poi. Una delle conseguenze di un libro disponibile POD è che non si restituiscono i diritti all’autore perché il libro non è mai davvero “fuori catalogo”. Se il tuo ex editore ti giura eterna vendetta, può essere una maledizione!
L’unico libro che ho comprato via internet è quello di Enrico, e sono comunque stato in ansia finchè non mi è arrivato sano e salvo.
Considerato che io sono il tipo che, quando passa davanti alle librerie da queste escono i commessi e mi fanno un applauso fin quando non ho superato le vetrine, e se per sbaglio ci entro dentro stendono il tappeto rosso, penso che il WEB non potrà mai soppiantare il potere delle recensioni cartacee. Insomma, mi nutro di cellulosa che neanche un tarlo…
Ma ad attirarmi, come credo succeda al lettore standard, più che la recensione è la lettura della trama, o la conoscenza dell’autore. Se poi questa conoscenza derivi dal mondo internet o dal mondo dell’editoria tradizionale penso che importi poco.
Spezzo però una lancia in favore del mondo IT: considerate le decine di migliaia di titoli che ogni anno vengono messi in giro, il “conoscerli” tramite web è l’unica strada percorribile. Ed il numero enorme di titoli in giro è la causa primaria del “selling less of more”.
@Zaub
non sono sicuro, more solito, di aver capito quello che intendevi, ma se ho capito bene, sono d’accordo al 100%
Enrico… è molto grave da parte mia ?
🙂
Caro Massimo, nulla accade per caso. Ho scoperto il tuo blog qualche tempo fa e oggi l’ho aperto con la voglia di trovarci qualcosa di interessante… Eccola! Non solo rispondo alla tua domanda ma ti prescelgo come “padrino” (senza doppi sensi, eh) del mio blog di ricerca e approfondimento.
bitletteratura.blogspot.com
Il tuo post sarà il mio primo post, spero mi porti fortuna.
Venendo a ciò che penso.
Sono abbastanza d’accordo con la Vignale. Funziona già così, e da tempo, con le recensioni cinematografiche. I buoni lettori che non hanno la patente di critico ma sono quanto meno dotati di buon senso e di onestà intellettuale, cosa che (almeno la seconda) spesso non si ritrova nei recensori di professione. Il lettore non ha condizionamenti legati alla pressioni delle case editrici, degli uffici stampa, dell’editore ecc.
Certo, resta il rischio della dilettantismo e dell’inaffidabilità che a volte il web ci rimanda indietro. Brutalmente e per nostra sfortuna. I lettori, quelli veri ovviamente, raramente sono stupidi. Per questo mi ritrovo abbastanza nell’opinione di Carlo S.
Il problema posto da Bencivenga è di altro calibro. La mia risposta è un malinconico “ni”, ma neanche troppo convinto. Una scappatoia per salvarsi esiste ancora.
io ho comprato diversi libri su internet, ma sempre per studio, mai per diletto. Parlo di libri scritti in inglese o in francese, che qualche professore trombone inserisce nei programmi d’esame, fregandosene del fatto che sono introvabili. Prossimamente, nel senso astronomico del termine, acquisterò il libro di Enrico Gregori. Per il resto, non saprei.
Saluto tutti,
http://avantifuori.blogspot.com
Intervengo al volo solo per ringraziarvi per i vostri commenti.
Ho dato una rapida occhiata, ma lì rileggerò con molta attenzione più tardi (in tarda serata).
E cercherò di rispondere a tutti coloro che sono intervenuti.
Intanto grazie.
Grazie davvero.
Massimo
Non ho letto tutti i commenti. Serataccia questa, con mal di testa apocalittico e targa dispara quindi vietata alla circolazione fino alle nove. Sono confinata in redazione, ho rubato una postazione computer ed eccomi qui: il passaparola sul Web per me funziona eccome. Da quando io e Lory abbiamo aperto il blog ho acquistato una quantita’ di libri di scrittori assolutamente esordienti e a noi sconosciuti, libri che non avrei mai incontrato, comprato e letto. Riguardo invece alle recensioni sui giornali, a me di solito fanno l’effetto opposto: piu’ un libro viene osannato e piu’ mi cresce il fastidio. Motivo per il quale sono una scarsissima lettrice di best-sellers e primi in classifica.
Riguardo alla seconda domanda: a me sembra veramente assurdo che le case editrici mandino al macero copie di libri che hanno stampato. Odio quanto cerco un titolo e mi dicono che non e’ piu’ in catalogo. Perche’? Te lo portavi sul groppone? Ti pesava? Alimentava troppi pesciolini d’argento in magazzino? Da questo punto di vista trovo che l’idea del vendere “di tutto un po’” piuttosto che puntare a spararsi tutto e subito sia la strada piu’ conveniente editorialmente parlando, ovviamente se si pensa alle piccole case editrici. Da questo punto di vista apprezzo molto la Di Salvo che all’ultima fiera Piu’ libri piu’ liberi ha portato nello stand anche il libro di Francesca Serra EL DUENDE, sebbene risalga ormai al 2005, se non al 2004. E’ un ottimo libro, perche’ dovrebbe uscire dal catalogo? Non riesco ad abituarmi ai ritmi frenetici con cui si macina tutto, dai titoli dei libri ai film programmati nei cinema. Non faccio a tempo a pensare: voglio comprarlo o voglio andarlo a vedere, che scopro che e’ gia’ stato sorpassato. La lettura, sebbene io sia una lettrice molto veloce ed onnivora, e’ l’elogio stesso della lentezza, della riflessione. Un libro e’ uno scrigno che contiene spunti infiniti, sempre disponibili ad essere colti ad ogni rilettura. Quindi un libro non puoi trattarlo come un pantalone a vita bassa, uno stivale con la punta, un cd di Sandy Marton. Un libro ha diritto ad una vita lunga, lunghissima e quindi deve rimanere disponibile nei cataloghi, pronto per essere colto e scoperto.
Laura
p.s. ho linkato sul blog
Una volta uno scrttore non ancora arrivato, si sceglieva un critico di riferimento e i suoi consigli erano molto ricercati. Il discepolo con umiltà cercava di crescere scritturalmente accettando, alcune modifiche alle architettura strutturale della sua cartacea creatura e subiva le
giuste rampogne della sua Guida. Oggi, bisognerebbe chiedersi se la critica letteraria ha sempre una sua valenza nell’orientare l’apprendista scrittore e anche l’eventuale lettore?. La recensione dovrebbe essere una onesta guida, frutto di una analisi ponderata ed obbiettiva. Un’altra considerazione importante è che attualmente il numero degli autori si è moltiplicato a dismisura . Ogni nuovo libro, ha una propria esistenza sempre più labile e breve, sommerso da altri volumi che vengono catapultati nelle librerie ,come una continua catena di montaggio. Molte di queste opere non aprono un sentiero innovativo, ma lo seguono, i testi risultano spesso privi di stimoli e infarciti di idee stantie, tanto da sembrare omologati per genere e categorie. Ciò è dovuto al buono o cattivo contenuto, rispetto alle esigenze del mercato. Numerosi lettori si affidano solo sul nome famoso e i più esigenti seguono di norma, le indicazioni di un critico militante. Secondo Pedullà la critica dovrebbe riappropriarsi del proprio insostituibile ruolo, superando i confini del provincialismo, come fecero a suo tempo, gli ottimi scrittori russi che riuscirono a superare le crisi , la miseria e l’arretratezza del proprio paese. infatti i loro splendidi capolavori, ancora resistono indenni all’usura del tempo.
M. Teresa
Faccio il giornalista da quasi 30 anni…….E chissenefrega, diranno in molti.
Ne convengo. Ma il fatto è che per circa tre decenni ho ascoltato almeno una volta alla settimana persone che dicono “eh, se facessi io il giornalista, lo saprei quello che bisognerebbe scrivere sul giornale!!!!”. E a seguire sorrisino beffardo che significa “la so lunga, io!”.
Ovviamente chiunque scriverebbe sui giornali dei più svariati argomenti e senza uno straccio di pezze d’appoggio. Quel politico è un cornuto, quell’imprenditore è un ladro, l’assassino è tizio, il tal film è una bufala, questo libro è una cacata.
Le cose che molta gente vorrebbe scrivere sui giornali comportebbero la disintegrazione dei medesimi sotto una slavina di querele.
Rassegnamoci, quindi, a lasciar scrivere sui giornali i giornalisti. Peraltro esiste la rubrica della posta dei lettori. Le lettere vengono pubblicate. Quelle possibili, ovviamente, perchè la maggior parte sembrano scritte da Zauberei in overdose da Roipnol. “C’ho i servizi segreti che mi spiano mentre caco”. “Il mio vicino di casa è un pedofilo, si tromba anche i cuccioli di dalmata”
Ecco allora che Internet è finalmente quel muro bianco sul quale ognuno può scrivere ciò che vuole. Tutti sono writers più o meno competenti, ma comunque liberi. Capita anche che taluno su quel muro bianco ci faccia una pisciata. Ma vale la pena tapparsi il naso in ossequio alla libertà.
gluck è un uomo di classe, mica come quello smandrappone de Gregori.
Che poi, io lo so che lui fa sesso coi cuccioli di dalmata.
Sono fra gli ultimi arrivati in rete, e per me è ancora continua sospresa ogni possibilità di conoscenza e di amicizia che questo mezzo comporta. Da quel poco che ho potuto osservare, in tre anni circa di comunicazione “webale”, mi è parso comunque che molti scrittori professionisti oltre a quelli esordienti se ne avvalgano.
Però vengono a crearsi nicchie di frequentazione che, se pure si diramano in blog e sottoblog attivando una sorta di tamtam, non arrivano mai ad essere così capillari da assicurare una sicura diffusione della notizia, che si tratti dell’uscita di un libro e di altro. Ho poi notato che quasi tutti i percorsi virtuali si attestano su conformazioni standard, a volte monocordi. Cionostante penso che le opportunità per chi scrive, in questo contesto siano centuplicate.
Se poi il web sarà la libreria del futuro, è cosa ancora da venire.
Su internet faccio tutto quello che mi è posibile fare. A volte anche prendere una boccata d’aria. Frequento la Rete da anni ed ho assistito alla sua evoluzione. E’ indubbio che le notizie oggi viaggino tutte anche sul web. Che poi siano certificate ed affidabili è altro tema. I blog hanno il merito di consentire un confronto che è sempre cosa sana nelle società civili. Che si parli di viaggi, di libri o di elettrostimolatori all’interno di queste piazze è possibile sentire pareri, giudicarne la fonte sulla base della conoscenza o dei riscontri, fare micro indagini di mercato, fare amicizia e financo condurre un pacato struscio sul corso di questo paese senza case. In libreria è un’altra cosa. Subentrano meccanismi personali di scelta, processi quasi esoterici di elezione del singolo testo, c’è la dimensione tattile, quella olfattiva e quella estetica dell’oggetto libro. Non riesco ad esprimere una preferenza per la scelta off o per quella on. Mi piace servirmi di entrambe. Non mi interrogo sul futuro perchè ho un’unica, semplice, cconvinzione: non potrò mai fare a meno della parola scritta. L’unica condizione è che sia di qualità. Questo si.
Ma perché non riusciamo tutti quanti a dire delle cosa pacate, sensate e comprensibili come fa Cristina Bove?
Semplice. Cristina è unica.
Quello che mi auguro e’ che sulla rete vengano creati sempre piu’ siti specialistici dove i principianti non osino metter becco. Salvi i siti e i blog piu’ divulgativi, certo. Ma abbiamo bisogno anche di punti di riferimento certi, che sostituiscano l’autorevolezza che i critici d’un tempo mettevano nei giornali – i quali giornali oggi fanno in genere culturalmente pena.
E mi auguro questo perche’ io sono vecchio stampo e vorrei che i giornali rinsaviscano tornando a comportarsi civilmente con gli uomini di cultura. Il web come spilla nel cuolo dei giornali, ecco. Questa e’ un’ottima funzione.
Sozi
Errata corrige: volevo dire ”culo”…
Cristina,
io ”speriamo che la libreria tradizionale se la cavi”…
Sergio
Barbara Gozzi,
ciao, cara, e’ da molto che non ti scrivo. Lo faccio adesso per rinforzare il comune amore pei classici: Eneide, Omero, Dante, Ariosto… c’e’ tutto li’. Cos’altro potremmo leggere e parafrasare, per i nostri figli? Diamogli sotto, Barbara!
Sergio
@ sergio.
e se per caso qualche principiante osa metterci becco, si genera all’stante un virus che gli brucia l’hard-disk, la schedra madre e le palle. Ecco, ordine ci vuole. Eccheccazzo! visto mai che qualche principiante metta il naso nel cenacolo di Sergio per imparare qualcosa? Ma no, reietto di merda. Ignorante sei nato e ignorante devi crepare.
ps: già finita la vacanzetta, serge’?
Laura Costantini dice:
”La lettura, sebbene io sia una lettrice molto veloce ed onnivora, e’ l’elogio stesso della lentezza, della riflessione. Un libro e’ uno scrigno che contiene spunti infiniti, sempre disponibili ad essere colti ad ogni rilettura. Quindi un libro non puoi trattarlo come un pantalone a vita bassa, uno stivale con la punta, un cd di Sandy Marton. Un libro ha diritto ad una vita lunga, lunghissima e quindi deve rimanere disponibile nei cataloghi, pronto per essere colto e scoperto.”
Giusto. Ma allora forse bisognerebbe che gli editori selezionassero maggiormente. Se no, con tutta ‘sta roba sul groppone, come si fa? Meno editori ma piu’ seri. Ho proposto anche un metodo infallibile per ottenere questa magia…
Ciao
Sergio Sozi
@ sergio:
se il metodo infallibile si chiama decimazione o olocausto o sterminio sei arrivato come minimo secondo
Enrico,
suvvia: mica ho detto di eliminare i siti divulgativi. Infatti ho scritto (ma tu forse non l’hai letto) che: ”Salvi i siti e i blog piu’ divulgativi, certo.”
Ho solo detto che, come ovunque nel mondo, servono ANCHE dei posti nei quali chi non e’ veramente interessato se ne vada. Non ti sembra ovvio e naturale? Tu faresti scrivere a chiunque sul Messaggero, Enrico? O vogliamo dire che basta l’interesse per essere pediatra, tecnico nucleare, ingegnere?
Mi sembra di dire cose scontate. Gia’ esistenti nella realta’ normale. Nella rete… un po’ meno. Ecco perche’ lo auspico.
Sergio
Perdonate il ritardo, ma sono rientrato solo adesso (giornata un po’ pesante).
Allora…
(Adesso, Enrico, per favore leggi tutto. Tutto, dico. Grazie).
@ Enrico (sul tuo primo commento)
Grazie per avermi linkato. In effetti non sono riuscito a resistere all’idea del ping pong blog/rivista/blog (un salotto letterario virtuale che si interroga sui salotti letterari virtuali). Ma non è un incubo kafkiano…
🙂
–
@ Simona
Grazie mille SuperSimo letteraria. Per le tue parole e per gli ottimi contributi che dài qui
@ Zauberei
Anche tu mi metti di buonunore 🙂
–
@ Lanasmooth
Carissima…
Scrivi: “chi non frequenta abitualmente le librerie (anche online, tipo IBS o amazon) non può modificare il mercato e quindi non salverà mai un libro dal macero”
– Be’, credo che tu abbia ragione. Se il passaparola arriva a uno che non frequenta librerie (reali o virtuali che siano)… la parola si ferma lì.
Enrico,
lasciamo stare le iperboli. Il mio metodo infallibile e’ una legge che obblighi gli editori a pagare chi viene pubblicato, TUTTI, non solo chi sta con il culo sulla scrivania da trent’anni. Perche’ e’ diritto di chi riempie le pagine altrui avere almeno qualche euro. E perche’ cosi’ molti truffatori di ”editori” diverrebbero quel che sono in realta’ gia’ oggi: tipografi o ladri. Costringere a pagare ex lege tot. Vedi tu, poi.
Sono stato chiaro, stavolta. Spero.
@ Francesco Giubilei
Intanto grazie.
Scrivi: “la maggior parte dei cittadini considera internet come un mezzo poco autorevole e quindi leggere una recensione positiva di un libro su un quotidiano o leggerla su internet per molti non è la stessa cosa.
Purtroppo la carta stampata e i giornali hanno una capacità di influenzare maggiore di un blog letterario anche se le cose stanno cambiando, per fortuna.”
– Può darsi. Anzi… probabile. Ma secondo te chi è legge soprattutto le recensioni nei giornali? Il cittadino o l’addetto ai lavori?
P.s. Grazie per avermi linkato
@ Cinzia.
Grazie mille. Stiamo dalla parte degli alberi 😉
–
@ Barbara
Grazie mille. Sono piuttosto d’accordo con i tuoi commenti. E ti ringrazio per aver “rilanciato” da te.
Scrivi: “Però se passo davanti a una libreria e ho ‘giusto’ cinque minuti è la fine (mio marito mi torna a recuperare diversamente non si sa se e quando ne esco).”
– Tuo marito è un uomo fortunato. Diglielo! Pensa se tu fossi un’appassionata di gioelli. Va be’ che ci sono libriche valgono quanto tesori… ma in genere in libreria si spende meno che in gioielleria.
😉
@ Jean de Luxembourg
Intanto grazie.
Tra le altre cose scrivi: “il web, consente la lettura di rapide recensioni, di poche righe, lasciate dagli “utenti finali” di un libro, ovvero i lettori, e che possono in tal maniera orientare l’acquisto dell’opera sulla più venduta come sulla sconosciuta.”
– Vero. Ma su letteratitudine trovi spesso recensioni-fiume 😉
*
Poi scrivi: “io sono un convinto sostenitore del “pubblicare tutto e tutti”, perché penso che anche un libro scritto male o letterariamente piatto sia in fondo cultura”.
– Be’, qui non sono molto d’accordo. Secondo me un libro scritto male è “un libro scritto male”: possiamo discutere se sia letteratura (magari pessima) o meno… ma cultura?
Voi che dite?
@ Zauberei (again)
Sei splendiderrima 😉
Certo che il parallelismo che fai sul tuo blog tra libri e reggiseni è quantomeno originale.
Peò mi viene in mente che certi libri vanno affrontati di petto.
ed alla tua figlioccia virtuale non dici niente?
@ sergio:
benchè io ritenga il mestiere del giornalista di pari dignità rispetto a qualunque altro, ti rendo noto che per lavorare in un giornale occorrono un contratto, diciotto mesi di praticantato e un esame di Stato. Un esame inutile come tanti, ma ancora esistente.
Per andare a visitare i siti web, anche i più elitari, e scriverci dentro non è necessario nemmeno avere le mani. Infatti ci riescono anche i monchi usando una penna inserita nella bocca.
Te la sentiresti di rompere i coglioni a una persona in queste condizioni che entra nel tuo salotto di poeti montenegrini perché egli non sa di cosa si sta parlando?
Sergio, perché una persona intelligente come te è anche così modesta da voler tenere l’intelligenza nascosta il più possibile?
@ Silvia
Grazie anche a te.
Scrivi: “Internet è sicuramente il canale preferenziale, e mi accorgo che anch’io leggo bene i commenti prima di decidere se acquistare.”
– Di’ la verità. Ti capita mai di leggere il commento di X e pensare: okay, ne parli bene? Allora non lo compro!
X potrei essere io…
🙂
Boh… io scrivo come posso. E scelgo di leggere le cose che capisco e che mi prendono. Chi scrive male grammaticalsintatticamente parlando e’ facile da individuarsi, perche’ esistono le grammatiche tradizionali. Gli altri, che scrivono ”male” per altri versi, restano invece piu’ difficili da decidere ed additare. L’importante insomma, per me, e’ applicare le regole sintattiche: anche con quella intelligente liberta’ che lascia capire al lettore che l’autore conosce la grammatica e non sbaglia per ignoranza. Cosa difficile, questa, non alla mia altezza.
@ Enrico e Sergio
Ho sbirciato i vostri ultimi commenti. Datemi tempo e vi “raggiungerò”
@ massimo:
io non sto commentando, sto insultando sergio. mi è mancato per troppo tempo
🙂
@ Evento
Se tu quoti Silvia, io quoto te
–
@ Alessandro Cascio
Hai ragione. Però sai che penso? Che il successo di Fabio Volo e Federico Moccia (che possiamo criticare fino alla nausea) ci sarebbe anche senza Internet, non credi? Anzi, mi pare che molto spesso (anche) su Internet i suddetti vengano aspramente criticati. O no?
Però se ti quota Barbara ti quoto anch’io. E guarda che siamo ad alta quota, eh?
grazie per il tuo commento
Enrico sei simpatico, Eventounico ti appoggio.
Che bello andare dal giornalaio e sentirsi dire : – Ciao bella come stai? Il solito? –
Si grazie il solito – e andarsene via contenti con quel pacchetto sotto il braccio, piegato e in odor di nuovo, desiderosi di sfogliarlo appena è possibile. Si ha quasi la sensazione di avere fra le mani una specie di antenna satellitare che ti mette in contatto con molte parti del pianeta… vabbè qualcuno usa il quotidiano per raccogliere la cacca del cane quando lo porta a spasso, ma questa è un’altra storia.
Si apre contestualmente a quanto si sta commentando il valore del “tramite virtuale” e l’analisi dei suo pro e dei contro insieme alla spontanea domanda se la tecnologia avanzata (il computer ne è l’esempio massimo) rimane a supporto dell’uomo o se finisce per dettargli le regole di sopravvivenza.
Ciao cari.
Enrico caro,
secondo me, creare dei luoghi, anche internettiani, dove chi scrive sa quel che dice, e’ una conquista importante per tutti (eppoi io parlo con tutti e anche coi gesti, sai? Altro che salotto. Non sono all’altezza di certi scrittori montenegrini, e credo nemmeno tu lo sia). Invece il salotto ce l’hanno in Italia gli ”addetti ai lavori”, arrivati non si sa come e perche’ a farla da padroni senza manco saper mettere un periodo ipotetico come si deve. Nonostante gli ”esami”. Ecco: sulla rete non si puo’ fare esami: allora bisogna che, in certi luoghi, si venga a creare una naturale esclusione degli incompetenti totali. Tanto esistono tanti luoghi per tutti. E gli uni non escludono gli altri.
@ Luisa
Grazie. Attenta a quel che scrivi, eh?
🙂
–
@ Stefano (il laconico)
In fin dei conti hai ragione (scusa la brevità).
STOP
Ma ha ragione anche Giulio (nel successivo breve commento).
STOP
😉
@ Gea
Grazie per il commento. E’ vero, la scelta anche casuale – che sa un po’ di scoperta – di un libroin libreria continua ad avere un suo fascino.
Però non inciampare sui libri! Rischi di rovinare le copertine… 🙂
P.S.
Insulta, insulta, Enri’, che qui non mancano risposte. Intanto spiegaci perche’ la meta’ degli articoli di giornale non vengono pagati. Eggia’: serie A e serie B. Guarda che la conosco la realta’ di cui parlo, mica do’ aria alle corde vocali. Certa gente non arrivera’ mai a ricevere UNA LIRA da un giornale. Mai. E mica perche’ non sappia scrivere. Spiegacelo tu, il perche’.
@ Zauberei (n. 3)
Scrivi: “Le recensioni fanno molto, ma non so quanto facciano per gli acquirenti. In vita mia, non ho mai comprato un libro in virtù di una recensione.”
– Lo sanno anche gli addetti ai lavori… ma le recensioni continuano (be’, mi ci metto anch’io: continuiamo a scriverle)
*
Scrivi: “chi recensisce un libro spaccia per oggettività un parere soggettivo.”
– Dici? Io credo che ogni critico pratichi l’esercizio del proprio gusto che cerca ovviamente di argomentare al meglio per essere il più possibile convincente. Ma hai assolutamente ragione quando sostieni che un dibattito (da forum) tra più lettori “bilancia” le opinioni in guisa tale da far emergere una sorta di opinione di gruppo.
P.S. Continuano a sostenere che D’orrico sia in grado di “far muovere” migliaia di copie
Intanto ti dico quel che penso e so:
esiste in Italia una ”serie B” di sfigati bravi intellettuali e giornalisti che vien fatta pubblicare mai troppo spesso, solo saltuariamente, in maniera tale che costoro non possano mai chiedere una lira ne’ un contratto al direttore. Gente che i direttori manco conoscono di nome. Se la legge non esige un pagamento obbligatorio per ogni articolo pubblicato, questa situazione fa si’ che lo spazio delle pagine dei giornali venga riempito GRATUITAMENTE da tanti aspiranti giornalisti. I quali restano col culo a terra e si cercano altri lavori, mentre continuano a farsi il culo per pubblicare – non sapendo di essere della semplice merce da riempiticcio, dei tappabuchi a gratis.
Bello.
Morale ed etico comportamento.
E cio’ detto senza troppa intelligenza, come mio solito, Enrico. Basta la razionalita’.
@ Carlo
Grazie per le belle parole. Hai scritto cose sagge e giuste (come è tua abitudine)
–
@ Paolo
La tua traduzione mi pare convincente. E sulla questione “diritti” che non si restituiscono finché il titolo non è fuori catalogo dico… dipende dal contratto che stipuli. Se è un contratto con cessione dei diritti a tempo è quello (il tempo) a cui bisogna far riferimento.
–
@ Gluck
Enrico sarà contento.
Una curiosità… il mondo IT è quello del celebre romanzo di King? 🙂
P.S.
Aggravante a quanto detto: gli editori dei giornali percepiscono dei forti finanziamenti pubblici.
E qui la smetto.
Buonanotte
Sergio
@ Rosa Maria
Grazie per il commento e il link.
Un enorma in bocca al lupo al tuo “bitletteratura.blogspot.com”
Onorato difarti da “padrino”. Noi siculi siamo particolarmente portati a fare i “padrini”
🙂
grazie a te. incrocio le dita
@ Giulio e a tutti
D’ora in poi ogni dichiarazione d’acquisto (rilasciata su questo blog) del libro di Gregori sarà sottoposta a tassazione
😉
@ Laura Costantini
Grazie per il link e per l’ottimo commento… nonostante la serataccia (e la targa sfavorevole)
–
(Comincio a esser stanco… sigh! perdonate la probabile mancanza di lucidità)
@ Maria Teresa
Tu poni una domanda giustissima: “la critica letteraria ha sempre una sua valenza nell’orientare l’apprendista scrittore e anche l’eventuale lettore?”
Tutto sommato… io penso di sì. Del resto, come sicuramente ti sarai accorta, c’è un rifiorire dei pamphlet di cirtica letteraria in questi mesi.
Tu che dici?
@ Enrico:
Scrivi: “Le cose che molta gente vorrebbe scrivere sui giornali comportebbero la disintegrazione dei medesimi sotto una slavina di querele. Rassegnamoci, quindi, a lasciar scrivere sui giornali i giornalisti.”
– Concordo… aggiungo tre considerazioni (considera che di tanto in tanto anch’io collaboro “da esterno” con alcuni quotidiani)
1. Molta gente potrebbe scrivere sui giornali “bene” come molti giornalisti
2. Molti giornalisti (tra cui tu) sono anche blogger e scrivono sul muro bianco
3. Chi scrive su Internet non è esente da querele. Tutt’altro.
@ Cristina Bove
Grazie per il tuo commento. Eventounico scrive: “Ma perché non riusciamo tutti quanti a dire delle cosa pacate, sensate e comprensibili come fa Cristina Bove? Semplice. Cristina è unica”.
“Quoto” Eventounico 😉
@ Sergio (ed Enrico)
Sono troppo stanco. Replicherò ai vostri ultimi commenti domani.
‘Notte
Beh effettivamente il web è una opportunità incredibile soprattutto per chi come me ha pubblicato per una piccola casa editrice…
La cosa importante poi è la interattività e le possibilità di confronto con i lettori.
Un saluto,
Giulio
Dai Sergiolino c’ha ragione Grego. Va bene la moda di dare addosso alla stampa, va bene che molti giornalisti, come Grego sa :-), sono dei raccomandati di modesto talento, ma insomma … non si può essere nemmeno totalmente anarchici. Non so … dopo la quinta elementare ho automaticamente diritto a diventare un editorialista del Corriere della Sera. Eddai!
Poi basta anche con ‘sta cosa degli editori che DEVONO pagare gli scrittori. Loro non DEVONO pagare un beatissimo ca … volino di Bruxelles.
Per il semplice fatto che se scrivi male, scrivi male. Allora se ti vuoi pubblicare lo fai da solo. Ecco, l’ho detto.
Regà, quello del romanziere è un mestiere facile come la soluzione del cubo di Rubik.
Pubblicare mica è diritto come quello di accesso alle strutture sanitarie, non scherziamo! Altrimenti ci rendiamo ridicoli eppoi i giornalisti per forza ci prendono per il culo 🙂
La maggior parte di noi non scrive così bene eppure lo fa lo stesso, solo che poi pretende di firmare un contratto più opzione con Adelphi.
E’ patetico, suddai!
La scrittura è roba mica da poco. E in ogni caso, non mi stancherò mai di dirlo, pubblicare con un editore che ti paga (nessuno ti paga, in realtà alla firma del contratto ti anticipano una parte dei soldi che sperano di ricavare dal tuo libro) è un minuscolo passo, non è certo l’entrata nella famosa botte di ferro.
Lo sai come chiamano gli editori gli autori esordienti? O.P. che significa opera prima, vale a dire: pivelli negati che, se si impegnano intensamente, tra vent’anni scriveranno un libro decente.
Dimenticavo … io sono una fiera esponente della categioria O.P. sono cavoli ragazzi miei, ne ho davvero tanta di strada da fare.
Buon giorno a tutti,
@Sergio
Leggiamo, leggiamo i classici… l’altra sera mio figllio (che come tutti sanno è ormai un uomo fatto – ^ _ ^) guardando la tv con in mano i lego ha ripetuto ad alta voce ‘giardino segreto’ o qualcosa che si assomigliava… e lì, devo dire che ho avuto una sorta di illuminazione… hahahahahahah
Un abbraccio!
@ Massimo, grazie per aver quotato il commento favorevole, di Enrico Gregori, non di eventounico, devo precisare.
@ Sergio Sozi: che devo fare? non so come andarmi a cercare un sito per principianti o per O.P. come suggerisce Rigo, onde evitare fastidio all’intellighentia, mi potresti consigliare?
scherzi a parte, io penso che la selezione avviene naturalmente, prima o poi chi si sente intruso o non all’altezza dei Sommi, se ne va.
io vorrei stare, anche per imparare, eventualmente, posso?
@ enrico, 🙂
Ottimo post Massimo. Complimenti!
Il passaparola funziona e funzionerà sempre. Perché è qualcosa che avviene in maniera spontanea, gratuita e imprevedibile. E internet è un’ottima cassa di risonanza.
Smile
@ Massimo
Per rispondere alla tua domanda “Di’ la verità. Ti capita mai di leggere il commento di X e pensare: okay, ne parli bene? Allora non lo compro!”.
La risposta è ni, dipende. Ci sono libri di cui si parla bene che proprio non mi ispirano, mi stanno antipatici a pelle, e libri per i quali i commenti sono talmente entusiastici e genuini che non puoi non fidarti. Ma c’è tutto un contorno fatto da autore, tema del libro, priorità nell’acquisto…
@Massimo – effettivamente il commento per Cristina è di Enrico per quanto io lo condivida pienamente.
@Enrico – a proposito del commento: per forza Cristina è una poetessa e di livello
@F.M. – qualcosa mi dice che lungo quella strada ci incontreremo spesso. Sarà piacevole confrontarsi tra di noi O.P.
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@Massimo – a me sta cosa di “quotare” non è che mi piaccia tanto…
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@Tutti – credo che Sergio sia assolutamente convinto delle proprie idee e, permettetemi, a prescindere da quanto si possa essere daccordo con lui (in effetti a volte puoi apparire un pò “rigidino”…accettala sta cosa), bisogna rendergli merito di ciò in una Italia di canne al vento.
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@Sergio – Cristina ha ragione. Pensa alle reazioni che si sono avute qui quando qualcuno ha scritto cose non condivisibili (nella forma o nella sostanza)
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@Enrico – sulla difesa della “gavetta” e del “mestiere” non posso che essere daccordo con te. Da che mondo è mondo si va a bottega da quelli più bravi: nello sport, nella scrittura, negli ospedali, negli studi da avvocato o notaio, ecc.. D’altra parte il curriculum bisogna pur “sporcarlo” in qualche modo.
Massimo buongiorno:) grazie della splendiderritudine – ma sei te quello su Panorama!
Le cose che mi dici le capisco, dico quelle sui critici. Credo che l’effetto verità rivelata non dipenda dalla loro volontà, ma dalla situazione contestuale in cui operano: sono chiamati in quanto autorevoli, e in quanto tali sono percepiti. Sono una voce scelta tra molte per diversi motivi. Pure se so timidarelli e modesti, alla fine l’effetto Pinco su Polli, è garantito.
qui ci sarebbe una riflessione da fare su certe categorie dell’esistenza quotidiana, che sebbene siano proprie di ognuno, hanno partorito comunque una figura professionale. il critico letterario è il lettore professionale. Lo psicologo è un vivente professionale. La diffidenza che io provo nei confronti dei critici è la stessa che molti provano per gli psicologi.
– chi cazzo sei tu per dirmi come devo percepire io
– chi ti da il crisma epistemologico per decretare il tuo parere come scala di valore universale.
Nessuno dei due in effetti, gratta gratta questo potere ce l’ha, ed è per questo che conviene rivolgersi a critici o terapeuti che abbiano un’affinità elettiva di fondo.
Naturalmente Massimo, se se ne sente il bisogno.
Naturalmente ci si pole avvalere di amichetti fidati – che si stimano.
@massimo:
E ci mancherebbe che, essendo io un giornalista, trovassi disdicevole scrivere in un blog! Questa in rete è una forma di comunicazione e, quindi, non posso non trovarla costruttiva ed efficace.
Non ho alcun dubbio che sui giornali scriverebbero benissimo anche i non-giornalisti. Sono abbastanza convinto che, per esempio, un docente di lettere scriverebbe 30 righe su uno scippo in migliore italiano di quello usato da un redattore.
Però, semantica a parte, sono sicuro che le 30 righe del prof. non funzionerebbero. Ma, poi, c’è un discorso a monte che, mi rendo conto, è difficile da spiegare (Laura Costantini, dammi una mano). In un giornale, scrivere è la punta dell’iceberg. Questo non vuol dire che si può anche scrivere male o pubblicare delle troiate. Ci sono giornalisti che scrivono, come si dice in gergo, “col culo”, ma il discorso non è questo. Dico semplicemente che i pezzi che vedete pubblicati sono, dal punto di vista del lavoro redazionale, l’ultimo anello della catena.
Non è un caso (ma manco un disonore, è semplicemente la prassi), che la stragrande maggioranza degli articoli siano scritti da giornalisti con qualifica di “redattori ordinari”. I cosiddetti “capi” non scrivono mai o lo fanno raramente. E posso assicurare che non passano la giornata in sauna o a mignotte.
@ sergio:
Coloro che scrivono su un giornale e (eventualmente) non vengono pagati sono i cosiddetti “collaboratori esterni”. Si tratta ovviamente di una pessima cosa che spesso riposa sul pensiero “questo ci tiene tanto a mettere la firma su un giornale, si accontentasse. I soldi li becca solo se e quando vogliamo”.
Questa è la filosofia, ma non è sempre così o non è così dappertutto.
Per quanto riguarda i siti esclusivi non mi convinci. Io credo che ognuno abbia il diritto di partecipare a blog, salotti e dibattiti di qualunque tipo anche se non ne sa una fava. L’importante è l’atteggiamento col quale uno si avvicina all’argomento ignoto. Se lo fa con modestia e desiderio di imparare, credo che nessuno abbia il diritto di sbattergli la porta (anzi il portale) in faccia.
Accennando un attimo O.T. all’editoria a pagamento, tu, caro Sergio, mi devi spiegare quando, a che ora e su quali argomenti ti senti orgoglioso di essere il più italiano di tutti noi.
Che tu sia pronto alle barricate anti-americane sostenendo che la letteratura statunitense fa cacare in confronto a quella italica, io l’ho capito.
Dopo di che, su alcuni aspetti particolari dell’editoria a pagamento (non quella selvaggia che anche io contesto), affermi: “guardiamo all’estero. questo fenomeno degli editori che non pagano gli scrittori e, anzi, si fanno pagare, esiste solo in Italia. Quindi è evidente che è un errore”.
E se, per caso, invece, mio caro Sozi-Mazzini-Mameli-Pisacane-Cavour, avessimo ragione noi italiani?
O noi italiani ci abbiamo ragione solo se pisciamo sopra i libri di Hemingway?
Arrivo tardi. Scusate. Ho avuto un sacco di beghe…
1) Se non esistesse internet le Edizioni Il Foglio non sarebbero mai nate nè sarebbero cresciute.Vero che la rete serve a vendere libri di autori poco noti e di editori minuscoli.
2) Per contro sostengo che in pochi leggono recensioni, sia su internet che su carta. Purtroppo la sola cosa che fa vendere un libro è la televisione. Il mio libro davvero venduto è SERIAL KILLER, perchè sono stato spesso in TV, non per merito di internet. Non è il mio miglior libro…
Gordiano Lupi
Ho l ‘impressione, spero di sbagliarmi, che il web porti solo o prevalentemente alla libera circolazione delle idee e talvolta dei pregiudizi sulla narrativa di autori affermati e non, e alcuni di Noi si limiteranno e accontenteranno delle recensioni del passaparola di titoli di libri che non leggeranno mai: nel nostro raffinato e dibattuto blog di “letteratitudine” sta già succedendo, forse, in parte?
Questo è frutto senz’altro dei tempi, secondo me, manca il tempo per leggere e non solo ed è innegabile che un aggiornamento costante letterario è molto oneroso, quanto la musica o altri interessi culturali e di svago!
Devo precisare, secondo me, che i lettori tradizionali, non aumenteranno di numero nel tempo, continueranno invece ad acquistare i libri che li soddisfano dove li trovano al miglior prezzo, e se lettori di quotidiani, della stampa in genere, consulteranno le pagine di critica letteraria, integrandole con gli altri media a disposizione gratuitamente: tv,radio,internet e qualche altra diavoleria.
Il mercato editoriale, pertanto, deve prendere una decisione importante, dopo aver sistemato bene la distribuzione, mantenere in vita il numero di titoli, nel proprio catalogo, che producano loro reddito e relativi finanziamenti a fondo perduto previsti, come per i quotidiani, dallo stato italiano e dalla cee.
Inoltre, in internet tutte le case editrici hanno un loro sito con un catalogo di titoli che metteranno a disposizione a pagamento, anche per consultazioni on-line e relativo spazio chat per commenti e interviste dirette con gli autori.
Riassumendo: il web potrà mai diventare libero scambio gratuito o a prezzo politico di idee e narrazione?
Se consideriamo come un buon servizio “Wikipedia”, per esempio, possiamo pensare che le case editrici mettano a disposizione i titoli di libri a rotazione, come promozione editoriale, o dei più venduti o dei più sconosciuti valutando il break-even di ciascun prodotto editoriale (il punto di pareggio tra costi e ricavi relativi ) così che: non avrebbero costi fissi di stampa, costi accessori, oneri di distribuzione e otterrebbero degli sgravi fiscali; con la finalità di mettere a disposizione on-line, riconoscendo i diritti d’autore, di tutti i lettori interessati parte dei libri del loro catalogo ad un prezzo politico.
Grazie, Massimo Maugeri, questo è il futuro secondo me e secondo te e secondo Voi?
Luca Gallina
Enrico mi ha chiamata in aiuto e come posso resistere ad un simile accorato richiamo? ;-P
Quindi vediamo, Sergio si fa portavoce dei diritti di noi scribacchini pennivendoli, non solo presso gli editori di libri che dovrebbero pagarci (quattro romanzi pubblicati e ancora non ho visto un euro in due anni, mi devo preoccupare?), ma anche presso gli editori di giornali (spesso sono la stessa persona) che sfruttano le capacità dei cosiddetti collaboratori esterni senza riconoscere loro alcun compenso. Faccio giornalismo dal 1994 e quando ho cominciato consideravo una grandissima fortuna quella di poter firmare un articolo senza percepire una lira. Dirò di più, avrei pagato se me lo avessero chiesto. Perché? Perché scrivere è il mio sogno da sempre, quando ero bambina a chi mi chiedeva: che vuoi fare da grande? Io rispondevo sempre: la giornalista. E intanto scrivevo fiabe, racconti, piccole novelle, cavolatine di ogni genere. Ritengo che andrebbe rivalutato quello che un tempo si chiamava andare a bottega perché i mestieri vanno imparati e il giornalismo è soprattutto un mestiere. Io posso ovviamente parlare per la mia esperienza: quando ho cominciato a scrivere articoli, di sicuro la mia dote migliore era la scrittura perché l’avevo esercitata da sempre. Ma un giornalista non deve solo saper scrivere (anche se non è superfluo come invece appare leggendo i giornali di oggi), deve avere il senso della notizia, la disciplina, la curiosità, la capacità di mediare e moltissime altre cose che Enrico di sicuro potrebbe elencare meglio di me. Il mio primo guadagno come giornalista furono 40.000 lire per un pezzo di cronaca nazionale sul Secolo XIX. E mi sembrò un sogno. Oggi tocco con mano che molti aspiranti giornalisti trovano a dir poco umiliante non essere pagati, oppure essere pagati poco, per le loro incomparabili perle di saggezza. E’ la mentalità che è cambiata, è il concetto di gavetta che è andato a farsi benedire, assassinato dai vari Grandi Fratelli e simili porcate televisive. Esiste oggi la convinzione che basti un passaggio televisivo per svoltare la vita, in qualsiasi campo, e poi vendersi come Vip sulla riviera romagnola a 20.000 euro a serata. Non è così, non deve essere così. Soprattutto nell’ambito di attività come quella giornalistica o, peggio ancora, come quella di scrittore. Però l’idea di creare dei salotti per pochi eletti, come mi pare esorti Sozi, non mi trova consenziente. Sono famosa per fare sempre nomi e cognomi, anche in Rai dove questa pratica è a dir poco sconveniente, e dico che di salotti di sommi pensatori ho avuto esperienza. Ho tentato di inserirmi, per esempio, nei dibattiti, spesso molto interessanti, di Vibrisse Bollettino. Nessuno, neanche il moderatore, che mi abbia mai neanche dato cenno di essersi accorto della mia presenza. Solo uno dei frequentatori si degnò, una volta, di rispondermi per contraddirmi sul discorso editoria a pagamento, affermando che Il Filo lo aveva pubblicato senza chiedere alcun contributo. Lo ringraziai e gli augurai in bocca al lupo. Poi, dopo ripetuti tentativi, mi sono ritirata in buon ordine ed ho cancellato Vibrisse dal blogroll. Loro non avevano spazio per le mie opinioni, evidentemente troppo banali per l’altissimo livello culturale che rarefa l’aria da quelle parti. Liberissimi, per carità, ma a me le conventicole che se la cantano e se la sonano mi stanno parecchio sui cabbasisi, come direbbe Camilleri.
Laura
Grego’,
noi Italiani abbiamo una bella Storia Letteraria e artistica in genere. Questo e’ il nostro bello, qui ”abbiamo ragione”, per usare le tue parole.
NON abbiamo ragione, invece, nel permettere che a livello nazionale accada quel che anche tu hai ammesso che accade di negativo e ingiusto; e NON abbiamo ragione a non fare leggi per gli editori – cosi’ ufficializzando il caos e lo sfruttamento. Inoltre io su di un libro non piscio mai. Lo metto in un cantuccio o non lo compro. Gli Americani mica mi hanno preso a schiaffi per strada, non ce l’ho con loro: solo che loro stanno li’ ed io qui, e qui rimango orgogliosamente. Loro stanno li’ e va bene per tutti.
A TUTTI:
Ripeto che NON parlavo di eliminare siti e blog ”per tutti” (anch’io sono uno di questi ”tutti”), ma di creare ANCHE nuovi spazi internettiani per addetti ai lavori, poiche’ ce ne sono pochi, mi sembra.
A Cristina Bove:
io sono uno che impara come te. Nessuno e’ nato imparato.
Vostro
Sergio Pisacane Cavour Mazzini Sozi
Laura,
la gavetta in tutti i Paesi europei viene regolarmente pagata. E ti assicuro che di giornalisti incapaci ce ne sono tanti di piu’ in Italia che altrove in Europa. Strano, no? Con tutta ‘sta gavetta, a rigor di logica, in Italia dovrebbe emergere solo la crema della crema, invece… Stranissimo fatto. Altro fatto incredibile, solo italiano: emergono gli incapaci stile Grande Fratello, ma i bravi stanno sempre a fare la fila. Dietro a loro senza mai scorrere in avanti.
Stranissimi fatti.
Ciao
Sergio
Post copiato e incollato!
marialuciariccioli.splinder.com.
Scusate, sono ancora asinella a linkare…
P.S. Per Laura.
Con quattro libri pubblicati alle spalle, in Germania faresti almeno quasi esclusivamente di professione la scrittrice… Qualche collaborazione alle pagine culturali di un periodico in piu’ ed e’ fatta: ci campi dignitosamente.
Non certo in Italia. Dunque preoccupiamoci.
Sergio
forse in germania ci sono più lettori e meno scrittori
🙂
@ sergio sozi, io di più! Devo imparare molto di più.
@ tutti, se sono capitata qui tra voi, del tutto casualmente, e resto, non è certo perché io pensi di possedere l’ampia cultura che vi contraddistingue, sono qui perché sono attratta comunque dall’intelligenza e delle infinite forme in cui si manifesta. Le mie letture sono state disorganizzate e discontinue, ho letto così tanto, perché non so vivere senza leggere, ma anche così disordinatamente, che tutto ciò che ho letto si è sedimentato nella mia memoria senza etichette e senza alcuno schema.
Più che attitudine allo studio, la mia era voracità onnivora per il sapere.
Il risultato è che conosco con molta approssimazione gli argomenti , che non riesco a riferirmi agli autori se non per quel minimo che ricordo, qualcuno di più, qualcuno di meno, altri completo oblio… e certamente le citazioni non sono il mio forte
A volte sono sorpresa io stessa di un lampo di memoria, di una improvvisa vividezza relativa ad un libro ed al suo autore.
Aggiungo che non è solo per apprendere che sono qui, ma anche per il piacere di leggervi, tutti.
Cari saluti
Provo a porre la questione in termini diversi, anche se per molti aspetti quoto Laura Costantini.
Io prendo come esempio il Nord America. lo faccio perchè lo conosco bene indirettamente, in quanto mio marito prima di insegnare all’università qui l’ha fatto li. Voglio parlare di mio marito, perchè secondo me è un esempio tipico di persona, modestia a parte, molto brillante, uscito dal niente che ve dico niente. Babbo contadino, mamma casalinga infanzia in paese piccolo del viterbese. Oggi è PhD, di cose letteratesche. Insegna all’università.
E fa paragoni tra due mondi diversi di fare cultura – paragone che ho fatto anche io quando sono andata con lui per la discussione della sua tesi di dottorato.
– in nord america esiste molta editoria a pagamento, molta editoria non a pagamento, che che ne dica Sergio, moltissima cultura ad alto livello – sinceramente più di qua. Lo inviterei a dare un occhiata ai titoli e ai contenuti di una qualsiasi University Press, alla bibliografia alla qualità del lavoro, e in genere al mazzo che un letterato di qualsiasi orientamento si deve fare prima di potersi dichiarare tale. Lo inviterei a considerare il fatto che qui se io voglio publicare un articolo sulle mutande de Ciccio Formaggio e la loro relazione con la seconda guerra mondiale deve telefonare all’amico Giovannetto redattore della rivista “pippe storiche”. in Usa la medesima rivista avrà una commissione di lettori, rigorosamente segreta alla quale verrà sottoposto l’articolo in questione, rigorosamente anonimo.
Nello stesso posto, quando stavo all’università ad aspettare un libro, m’arriva un tizio colla paglietta e mi dice se me serve qualcosa. Ha la camicia di jeans e un modo di fare colloquiale.Quel tizio colla paglietta era il capo del dipartimento di americanistica.
Dico queste cose, per sottolineare come non è la mancanza di fluidità tra livelli diversi di produzione culturale, a salvare la cultura. Invece la fluidità tra diversi livelli è anche lo specchio di una fluidità socioeconomica viva Dio. E credetemi voto da sempre a sinistra, e ho molti buoni motivi per non amare gli States, ma di fatto è un paese per molti aspetti, specie quelli culturali più democratico del nostro. Perchè fondamentalmente due cose sono un valore condiviso: la qualità e il fatto che ti fai un mazzo tanto. Non il clientelarismo, non la raccomandazione. E co ste basi, se mio marito rimaneva qui, finiva a fare tutt’altro. Motivo per cui, molti amici miei se ne stanno andando altrove.
Ma noi invece siamo Italiani. abbiamo una storia fantastica, tanti belli monumenti e ci illudiamo di poter campare di rendita. Il nostro prestigio pieno di crepe ci permette ancora il lusso di non investire sulle nuove risorse – cioè nuovi cervelli, nuovi pensieri, nuove visioni della realtà. Possiamo non pagare i giovani che vogliono scrivere, possiamo non prendere sul serio la qualità delle produzioni scientifiche, possiamo cristallizzarci in gerarchie di parrucconi, tanto che cazzo ci frega, ce sta sempre l’Alighieri.
@ zauberei:
sono d’accordo con te su tutto. ergo vado a farmi l’elettroshock
e ora mi sono stancata pure io. sergio, giuro che ti voglio bene, però:
A) essere pubblicati non rientra tra i diritti costituzionali.
B) moltissimi grandi scrittori hanno iniziato in sordina e vissuto facendo altro.
C) per guadagnare bisogna vendere, e diciamocelo chiaro, in italia vendono poco anche i best sellers (salvo pochissimi)
D) vivere di scrittura è bellissimo, ma possono farlo in pochi. tutti gli altri affiancano altri lavori, e se ne fanno una ragione.
E) proust era ricco di famiglia, svevo sposò bene, joyce insegnava inglese alla berlitz… cosa può far pensare ad uno qualunque di noi di essere migliore?
non me ne volere, caro, ma onestamente ho difficoltà a capirti.
ma adesso non metterti a spiegare, per pietà….
🙂
@ laura:
grazie del supporto. anche se arriva da collega di serie B
🙂
Condivido quanto ha detto Laura Costantini. i suoi romanzi se arrivassero dall’America sarebbero sicuramente pubblicati. Ritorniamo al fatto che l”elite”libresco-letteraria-conventicola-amici degli amici-palati fini-voinuncapiteniente- da soli se la cantano e da soli se lasuonano. Evocando capolavori per il loro stile preferito: due camere e cucina.
Appunto il web é una grande vetrina non controllabile e non gestibile da i vari; prizzi, pazzi,pozzi ect.
Prima di scrivere bisogna saper vivere, ma viverci veamente in una camera e cucina, non perché te lo racconta la governante…
Rettifico- I libri di Laura costantitni e Loreadana Falcone sono stati pubblicati da piccole case editrici, ma non avrebbero niente da invidiare ai best sellers anglofoni.
Zauberei: concordiamo. Questo aspetto degli USA mi piace. E lo ritrovo ovunque meno che in Italia. Qui i piu’ bravi fanno la fila e i furbi sorpassano.
Gea:
De gustibus non est disputandum. Ognuno campi come meglio crede: io lotto per stare meglio e realizzare i miei sogni. Te lo dico con altrettanto affetto.
Francesca Serra:
ho campato in venti metri quadrati di ”casa” per dieci anni. Pero’ mi sembra di non far parte dei tromboni di cui parli. Appartengo a quel tipo umano che ammira e sa riconoscere le persone competenti, almeno in Letteratura.
Ciao a tutti, amici! E un saluto speciale a Luca Gallina.
Sergio
Sergio ma figurati se ce l’ho con te…Noi eravamo in cinque in trenta metri quadri al tuscolano. Potevo raccontare un certo mondo se volevo… Ma ho preferito raccontare altro…Ho preferito trasformare.
La trasformazione é la vera meta di ogni essere umano.
L’elite culturale italiana, é chiusa, é prestabilita. Non passi…puoi essere bravo quanto ti pare, ma non si passa… Almeno che qualcuno non ti sponsorizzi.
A me non importa nulla perché sto percorrendo altre strade. dico solo di non farsi illusioni.
se A è d’accordo con B
e B è d’accordo con C
se ne desume che A e C sono d’accordo.
Sillogismo che i logici chiamano Barbara, perchè ce so tre A, affermazioni.
E per il quale deduciamo che Gregori e Sozi – in quanto d’accordo con me, sono d’accordo sugli Usa:)
@ zaub:
cazzata. A tromba con B. B tromba con C. A non tromba con C
‘Sillogismo che i logici chiamano Barbara’
….
ma facciamo anche no, dai. Non chiamiamolo ‘sto sillogismo e amen.
^ _ ^
Sui sillogismi che i logici chiamano Barbara sono stato rimandato a Settembre. Mi dispiace.
@ evento:
quindi il tuo quaderno sui sillogismi era “come pagina bianca”
@ Francesco Giubilei scrivi:
Jean de Luxembourg scrivi: “io sono un convinto sostenitore del “pubblicare tutto e tutti”.
Ma non ti sembra una follia?
Il mercato è già saturo con la selezione e con le centinai di testi che gli editori scartano ogni giorno, pensa se si pubblicasse di tutto!
Ed io sono pienamente d’accordo con te. Forse, e scusami per questo, nel mio posto non mi sono espresso al meglio. Io sono convinto sostenitore del “pubblicare tutto e tutti” perché ritengo cultura ogni cosa, ma questo é un sogno per un mondo ideale. Sfortunatamente, come ho già scritto nel precedente post, viviamo nel mondo reale dove lo spazio per la pubblicazione è limitato e, come giustamente scrivi, sarebbe follia pubblicare tutto. Dunque occorre destinare le pubblicazioni solo agli autori più meritevoli.
@ Massimo Maugeri
Poi scrivi: “io sono un convinto sostenitore del “pubblicare tutto e tutti”, perché penso che anche un libro scritto male o letterariamente piatto sia in fondo cultura”.
– Be’, qui non sono molto d’accordo. Secondo me un libro scritto male è “un libro scritto male”: possiamo discutere se sia letteratura (magari pessima) o meno… ma cultura?
Voi che dite?
Cerco di spiegare, con qualche esempio estremo e ripeto “estremo”, il motivo della convinzione: “tutto è cultura”.
Ritengo che sia cultura tutto ciò che insegna. Leggere un libro scritto male, pieno di errori, letterariamente osceno, mi insegna che nel mondo non esistono solo gli Eco, i Follet, i Cornwell, che non esistono solo quelli che, come molti di questo post, son capaci di scrivere correttamente in italiano mettendo le virgole al loro posto e gli accenti dove è corretto (attenzione a non prendere questa mia ultima frase come una polemica, prendo semplicemente atto che in questo blog la stragrande maggioranza degli interventi sono scritti in ottimo italiano).
Leggere l’anticultura, permettimi di definirla così, ci permette di conoscere modalità espressive ignote e, per carità, certamente terribili.
Il mio timore é che si finisca per definire cultura solo ciò che è legato alla sfera degli scrittori, con il conseguente rischio di ghettizzarci ed estraniarci dal resto del mondo.
Se parliamo di Cultura, con la “c” maiuscola, allora sono d’accordo con te. Uno scritto, forbito, fluido e appassionante é Cultura. Tutto il resto é cultura (con la “c” minuscola”).
Spero tu abbia compreso la sottigliezza del mio pensiero, nonostante la difficoltà nell’esporlo in maniera esauriente.
Sergiolissimo, ho ricevuto tutto, che dire … ti ringrazio con la faccia per terra mi tatuerò la tua recensione sulla mascella.
Smakkete, smakkete.
Prima di risponderti al quesito: come funziona in America, volevo ringraziare Laura e Grego per i loro contributi sul giornalismo, se ne parla sempre poi in fondo, tranne gli addetti ai lavori, nessuno ne sa un caxxo.
Oh, dunque gli States … Zaube ha ragione, specialmente per quanto riguarda l’ambiente delle università. Hanno dei piani di studi, degli insegnanti, dei metodi didattici che, porca miseria, spaccano. Se vogliamo generalizzare direi che la loro forza sta nella capacità di tramandare il sapere. Una questione mica da poco. Se in italia è particolarmente vero che chi sa fare fa e chi no insegna, nelle Americhe (non solo del nord) questo non corrisponde a realtà. A New York, a Boston, a Los Angeles, si possono frequentare dei corsi di scrittura (parliamo di questo, no?) realmente pensati per rispondere alle esigenze dei “principianti”. Da noi, porca zozza, si deve fare tutto da soli. Gli stage di scrittura sono o ermeticamente avvitati sull’ego del relatore (vedi la Holden di Baricco) oppure delle emerite truffe. A me sembra che il problema italico dell’approssimazione in questo campo nasca principalmente da questo.
Il talento è innato, lo sappiamo tutti, però va indubbiamente coltivato, in special modo se da grandi si vuole scriver romanzi.
A occhio e croce la nostra situazione mi sembra livellata su dei talenti quasi sempre … come dire … disorganizzati, immaturi. Lasciando perdere per un secondo la faccenda dei clientelismi, nepotismi & co. direi che anche gli scrittori bravi, arrivati, da noi, peccano di una incompletezza che genera discontinuità. Qui si punta molto sulla casualità che un’opera “esca bene” dimenticando che l’autore di questa alla seconda botta può benissimo mancare di deporre il suo bell’ovetto d’oro. Quanti ne abbiamo di scrittori (e parliamo solo di quelli bravi) che hanno dato vita a un paio di belle cose e poi si sono cacati in mano? Direi una moltitudine, azzarderei forse sono quasi tutti così.
Questo secondo me dà vita ad una insicurezza di base che porta alla proliferazione di massonerie, protezionismi e varie. Uno che ha scritto un libro di successo senza sapere nemmeno perché, è obbligato a frequentare e ingraziarsi i critici. Lo fa perché sente la sedia traballargli da sotto il culo.
Se avesse un minimo di cognizione di quello che sta facendo passerebbe le sue giornate a far cose più significative di farsi venire il naso marrone.
Non dimentichiamo che per raccontare bisogna prima sperimentare dal vivo qualcosa degno di interesse.
Ecco come nascono le irritantissime lobby, i gruppetti di eletti che fanno finta di non capirti, che non rispondono alle tue mail, che ridono soltanto alle scolorite battute del prodigio di turno.
Lo snob non a caso è sine nobilitate, perchè di base è un coglione, è uno che senza tutto l’armamentario di contorno vale quanto un pelo pubico. La chiusura è paura che qualcuno più intelligente scopra il bluff. Da qui le invettive di queste cariatidi contro internet, contro la democratizzazione della comunicazione e via dicendo.
Va be’ ho perso il filo senza dire nulla sull’America, tanto l’avete capito da soli. Lì e diverso, si fanno il mazzo e bla, bla, bla, ma soprattutto hanno degli insegnanti che danno delle dritte utili. E’ come nella psicoanalisi: se vai da uno bravo questo ti dà gli strumenti per imparare ad analizzarti da solo. Se ti rivolgi a uno scrauso dopo trent’anni devi accendere un mutuo perché le sedute costano e i cappelli napoleonici d’epoca non te li tirano di certo addosso.
Scusate, ma chi minchia è Barbara?
🙂
@ Massimo Maugeri
ho messo un link per Letteratitudine
http://cristinabove.splinder.com/
Barbare Gozzi e’ una che scrive bene. E non ringraziarmi per quelle mie quattro fesserie, Fausta. Se non le pensavo non le scrivevo.
Scrivimi in privato, se vuoi, rispetto alle altre cose di cui parlavamo.
Ciao
Sergio
@sergio
fausta non si riferiva a barbara gozzi, ma al sillogismo omonimo.
Vi ringrazio molto per i nuovi commenti.
Cristina, grazie mille per il link.
Vero. In effetti il commento/dedica per Cri era firmato da Enrico e non da Eventounico-
Quoto Eventounico quando sostiene che il termine “quoto” è fastidioso.
Un saluto a Elektra, Rossella e Luca Gallina.
–
@ Luca, non saprei dire cos accadrà nell’immediato… però sono convinto che nel futuro internet ingloberà tutto.
Vedremo!
@Massimo, riconfermo l’utilità del critico.Se però vogliamo essere pignoli forse dovremmo fare una distinzione, poiché il critico per eccellenza, che scrive saggi letterari come Contini, Romano Luperini, Giulio Ferroni, Armando Gnisci, Giorgio Manacorda, Walter Pedullà e molti altri (che non sto ad elencare), sono degli addetti ai lavori, ossia studiano e vagliano Letteratura Italiana (certo anche loro scrivono prefazioni e recensioni), ma il recensore di molti giornali, oltre a fare pubblicità all’autore, ha il preciso compito di informare i lettori sui libri in uscita con sommo gaudio degli editori….. Per il gran numero di volumi da recensire, gli articoli vengono elaborati con più velocità e sono più brevi di quelli di una trentina d’anni fa. Il mancato approfondimento del testo, tende a far diminuire il valore e l’utilità della recensione.Infatti prima, una ponderata recensione riusciva a dare sia un parere competente all’opera dell’autore, sia ad influenzare positivamente le sue opere successive. Ora il folto numero di recensori ,alcuni improvvisati, non solo confondono il lettore con i loro pareri discordanti, ma lo scrittore, alla fine si rende conto che non esiste un vero e valido parere su ciò che ha creato ,poiché pareri negativi e lodi se sommati fra loro, poi si elidono. Molti si reputano degli ottimi critici solo perché hanno il vezzo di stroncare i malcapitati…, tale mal-vezzo, li rende importanti oserei dire stellari. A mio parere,la buona critica deve essere sempre obbiettiva e costruttiva si può benissimo far notare qualche eventuale incongruenza, ma non c’è bisogno di umiliare l’autore e di ledere la sua reputazione, le attese e sudate vendite…anche se non è bravo e ponderoso come il Manzoni.Da parte sua lo scrittore deve con sana umiltà esercitare il senso del limite e non sentirsi un Manzoni anche se il suo volume ha ottenuto un discreto successo.
M. Teresa
@ Sergio
Capisco la tua amarezza e le tue reiterate “denuncie”.
Io però la vedo più come Enrico, Zauberei e Gea.
Credo che l’Italia stia attraversando un brutto periodo a tutti i livelli. Le pratiche clientelari interessano tutti i settori, mica solo il giornalismo.
Poi ritengo che anche nei nostri quotidiani possiamo leggere articoli interessanti, scritti da bravi giornalisti.
Le “collaborazioni esterne” andrebbero pagate, sì, certo, ma lo “sfruttamento” avviene in tutti i settori (mi ripeto).
E naturalmente bisogna fare dei distiguo.
Non c’è dubbio sul fatto che la gavetta è necessaria…
(continuo più tardi)
Jean de Luxembourg – sono d’accordo sul fatto che la cultura è un concetto più ampio di quello che in certi contesti è tradizionalmente inteso. Ma il fatto che tutto è cultura stai sereno che è un concetto assodato ovunque tranne che in Italia (e forse a casa di Sergio Sozi) certo che tutto è cultura. Solo che se dici tutto è cultura tocca che trovi una parola ad hoc per la cultura di un certo livello. se tutto è cultura, dobbiamo considerare una parola a parte per la Buona Cultura. Il che non riguarda solo i romanzieri russi dell’800, la nona sinfonia e un quadretto di Renoir. Ma può riguardare anche i Soprano, per esempio. o Madonna, per esempio. Ma di fatto rimane la necessità di distinguere un prodotto intellettuale che sia capace di produrre una stella di significati da uno che non lo è. qualcosa che dica BENE delle cose nuove da qualcosa che non è in grado. I reazionari di solito hanno questo problema di miopia, e scambiano per inadeguatezza l’esito di un linguaggio che non capiscono. Ma rimane il fatto che a mio giudizio almeno, Proust può essere apprezzato sia da un antropologo che da un critico letterario. Moccia può essere apprezzato solo da un antropologo.
Perciò, bene che la cultura si dica, ma bene che ci siano livelli diversi. Poi ogni curioso sceglierà a quale sezione della piramide di significanti avvicinarsi con la lente.
Giusto. Per quanto riguarda casa mia. E anche il resto, Zauberei.
Come al solito devo dire che Maria Teresa ha espresso, a mio avviso, un parere fra i piu’ equilibrati.
Sergio siamo d’accordo su un numero impressionante di questioni:))
Non lo so cosa pensare dell’intervento della Maria Teresa Santalucia – mi verrebbe da condividerlo, certo però Manzoni ecco, insomma io tutto sto desiderio de esse Manzoni nun ce l’avrei:)
@cristina bove
Quello che hai scritto nel tuo post delle 12.30 lo sottoscrivo parola per parola, virgole incluse. E’ esattamente quello che avrei scritto anch’io, e mi fai quasi sospettare che siamo gemelli separati alla nascita.
Aggiungo che la vera necessità è proprio quella di disporre di buoni maestri, di intellettuali che non si occupino solo di interloquire tra loro nei circoli chiusi, ma che si preoccupino della divulgazione, che sentano l’urgenza di trasmettere la loro passione per l’arte e per la cultura a qualcun altro, ai possibili “allievi”. Alto e basso devono colloquiare, essere in continuo contatto se vogliamo che il livello culturale salga. Se no qua finisce che una decina di parrucconi finirà a farsi le pippe su Dante, mentre la massa saprà discorrere solo dei personaggi del grande fratello.
Sempre Cristina fa anche notare, e giustamente, che esiste la selezione naturale: chi vuole solo sparare la sua cazzata, senza curarsi di leggere, di ascoltare, verrebbe presto ignorato dagli altri: si scasserebbe la minchia e prima o poi (prima secondo me) state certi che se ne va da solo.
Massimo,
certo che il clientelismo e lo sfruttamento esistono a tutti i livelli, ma questo blog parla di Letteratura, no? E io mi interesso proprio di questo. Delle altre cose ne parlo in altri spazi e luoghi.
Comunque l’esistenza di Internet e’ una cosa tutto sommato positiva, eccetto che per quegli aspetti che dicevo dianzi. Per quanto mi riguarda partecipo ad un blog solo perche’ tratta di quel che piace a me e posso confrontarmi con persone in genere preparate. Reputo personalmente tempo buttato fare chiacchiere d’altro tipo. E il mio tempo e’ mio e basta, spetta a me gestirlo. Come tutti fanno, ognuno a modo suo.
Buonanotte a tutti
Sergio
Cristina dice: ”Aggiungo che non è solo per apprendere che sono qui, ma anche per il piacere di leggervi, tutti.”
Ricambio volentieri: anch’io leggo te con vero piacere. Cresco insieme a tutti, sia con le polemiche che con gli apprezzamenti motivati e seri. La sincerita’ qui non manca: Letteratitudine e’ eccellente per questo motivo – grazie innanzitutto all’ottimo Maugger, col quale spesso discordo ma che reputo di profonda civilta’ e cultura letteraria. Un angolo di civilta’, Letteratitudine.
@ Sergio che scrive: “Come al solito devo dire che Maria Teresa ha espresso, a mio avviso, un parere fra i piu’ equilibrati”.
Ecco, adesso siamo sicuri della qualità dell’intervento di Maria Teresa.
Ahimé, purtroppo devo chiudere. Vi rimando a domani… vorrei tornare sul tma del post con delle considerazioni che reputo importanti.
Ho giusto il tempo per ringraziarvi ancora (grazie Maria Lucia per il link, Francesca Serra e Fausta per i commenti e tutti gli altri).
Un paio di altri commenti al volo…
@ Maria Teresa
D’accordo con te!
La critica letteraria ha ancora un suo ruolo. Sbaglia chi parla di morte o eutanasia della critica!
Nel tuo elenco inserirei assolutamente Berardinelli.
E poi, come avrai sicuramente notato, in questi mesi c’è stato un rifiorire della critica letteraria con pubblicazione di svariati saggi (e pamphlet) da parte di critici quarantenni-cinquantenni, tra cui (vado a memoria): Onofri, Ficara, La Porta, Leonelli, La Manica, Pischedda (ma ce ne sono altri).
Ne parleremo di certo.
Grazie
@ Jean de Luxembourg
Da’ un’occhiata a questo post, se puoi…
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/06/03/terra-matta-di-vincenzo-rabito/
@ Sergio
Se la pensassimo tutti, sempre e comunque, allo stesso modo morirebbe il dibattito e non avrebbe senso mantenere in vita un blog come questo.
Come sai credo moltissimo ai dibattiti (anche alle polemiche costruttive), perché sono convinto che il confronto civile sia alla base di ogni crescita.
Comunque, se dovessi pensare a ciò che mi “divide” da te… la prima cosa che mi verrebbe in mente è il giudizio di merito conferito alla letteratura americana.
Io l’apprezzo, tu la detesti.
😉
Auguro una buona notte a tutti voi e vi do appuntamento a domani.
Il rischio di esser tutti d’accordo in Italia non si corre mai, tranquillo, Massimo. Pero’ per chiarezza: io non detesto niente aprioristicamente. Ma ho delle opinioni che comportano apprezzamenti e deprezzamenti. Non sono fatto per alcun tipo di tergiversazione – purche’ si rimanga nei limiti del teorico senza scadere nel personale – e altrettanto mi aspetto nei miei confronti.
Perche’ la realta’ e’ fatta anche di scelte, non solo di ”forse”, ”ma”, ”puo’ darsi”. Questo stare nel vago di molti, secondo me, spesso significa non sbilanciarsi per evitare di farsi nemici, sotto sotto disprezzando l’oggetto del commento. E io non disprezzo mai un’opera letteraria, anche se non mi piace per niente. In poche parole a me di avere dei nemici non me ne frega nulla: non e’ una mia preoccupazione, ne’ lo e’ mai stata, anche se preferisco sempre avere dei nuovi amici.
Buonanotte
Sergio
Preso da istinto creativo, dopo copiosa ed anomala defecazione, ho aperto un blog. Un altro schifoso, insignificante blog. Mi ha contattato l’Einaudi, la Guanda e persino l’Adelphi. Ho detto no. Non mi vendo per così poco. Dunque ammiratemi. Con moderazione ché ho poco inchiostro per gli autografi. Grazie.
Un caro saluto a tutti,
Trovo che quanto raccontato nell’articolo sia destinato ad autoavverarsi.
Ne discussi nel Maggio dell’anno scorso con un amico scrittore, avevamo di fronte un Gargano che si era vestito del suo violetto più solare.
Carlo mi parlò, appassionato, di un fatto elementare, ovvero del fatto che il mercato italiano non fosse paragonabile a quello anglofono o spagnolo.
“Questione di numeri”, disse snocciolandomi una serie di conti della serva.
Aveva ragione: nel nostro mercato vendere 5.000 libri è già un grosso risultato. In mercati che sono dieci volte più grandi, si arriva con la stessa difficoltà a fare 50.000 copie vendute e ci si colloca nello stereotipo dello scrittore con la pipa, il cane e il cottage.
Eppure…
Eppure mi infervorai parlandogli di passaparola e marketing virale: le armi dei poveri che permettono anche agli esordienti di fare dei successi insperati.
Il sole declinava, compiaciuto, alle nostre spalle, mentre ancora parlavamo.
Ancora spero che non abbia ragione lui…
@ Cristina e Carlo (C. & C.)
Mi piacerebbe tanto capire chi sono i veri maestri.
Cri cri ha fame di libri: occhio bambolina che qualcuno invece di Collodi ti rifila il Kamasutra. Libro interessante.
Carlo lo spedisco al caffè Volpini. Qui Bruno Bruni :- Dopo di avervi parlato del buon senso negli studi – concluse – per quanto ha permesso la brevità mia, è naturale che mi domandiate cosa avete a fare per acquistarlo. Vi risponderò che due sono i mezzi; uno la lettura dei buoni libri; l’altro la conversazione degli uomini culti, e letterati –
Alla fine del discorso ci fu un grande applauso e conclusero Federico Zuccari e l’architetto Lomazzo, entrambi antirazionalistici e mistici : – la bellezza viene da Dio, è nello spirito dell’artista non delle cose – dissero quasi coralmente e senza remore.
A far da contrappunto a questa introduzione ci fu all’angolo della sala un gruppo di persone vestite in modo informale, di razza bianca e nera, alcuni dei quali sembravano uomini provenienti da sobborghi urbani e da ambienti di miseria metropolitana. Avevano messo al centro del loro tavolino pasticcini, salatini e bevande, arraffando il più possibile quanto era stato offerto dall’organizzazione del convegno. Uno fra i più giovani si alzò e si presentò come un leader: portava una strana parrucca colore blu elettrico. Iniziò il suo discorso ridendo.
Per Bruni e Lo Mazzo non fu facile interloquire con loro anche perchè si accorsero molto presto di che cosa avevano bisogno questi signori che intervenivano con tono provocatorio e per sfidare la pomposa dottrina moraleggiante.
Fu comunque molto importante anche il loro intervento, un segnale culturale che testimoniò una certa confusione mentale, fatta di qualche libro, del grande fratello, trasgressione e scambio, riuscirono comunque a portare quel tepore tanto caro ai cervelli, come fosse una borsa calda.
Scritto da Rossella
@ Carlo S. mi auguro per te che non si sia gemelli alla nascita visto che ho 65 anni . Per la condivisione ti ringrazio.
@ Sergio , se mi leggi come commentatrice, bene, se mi leggessi anche come poeta potrei essertene infinitamente grata…
@ Rossella, (bambolina?) In tutta la mia vita anche il kamasutra ha avuto il suo turno di lettura, credimi.
Maestri tanti, sotto forma di libri o di persone reali. Penso che sia lo stesso discepolo a richiamare, in qualche maniera, il maestro del momento. Non ho mai permesso che mi si “rifilasse” qualcosa, ho sempre scelto, magari male, ma scelto.
Grazie comunque dell’attenzione, quanto mai gradita.
@ cristina:
65 anni? mannaggia, troppo giovane per me! e, peraltro, mi troverei anche a mal partito con una “bambolina” che conosce il kamasutra.
Mannaggia, e io che mi ero illuso di poter campare di poesia e amplessi immaginifici dopo avere letto…”abbracciata a me stessa, cingo la solitudine del mio mistero….”
Che delusione!
🙂
@ enrico, peccato essere troppo giovane per te! Ed io che ci avevo fatto un pensierino!…
“Abbracciata a me stessa…” qualche contorsionismo devo pure averlo appreso da qualche parte, non trovi?
@Sergio, sono lieta che tu condivida ciò che ho scritto, il termine equlibrato e la tua approvazione…cosa dire grazie, almeno per oggi posso sentirmi gasata?
@ Enrico, che volevi dire? E’ ben accetto anche un parere opposto a quello di Sergio. Il mondo è bello perchè è vario..altrimenti che noia sarebbe!
@Zauberei,anche se la poetica del Manzoni e non mi esalta troppo, reputo “I Promessi sposi”, una pietra miliare della nostra Letteratura. La mia coltissima insegnante di italiano, su questo romanzo, ha preteso uno studio assiduo e profondo. Dopo averlo assimilito per un anno,oltre alla caratura dei personaggi , alla ricostruzione storica e dell’ambiente alla minuziosa e poetica descrizione dei paesaggi, oggi con una diversa maturità e preparazione , rileggendolo, ho cominciato ha gustare persino la sua complessa struttura grammaticale.Quindi essere bravi come il Manzoni, almeno per me, è una vera utopia. Per natura tendo al perfezionismo e amo ciò che conosco bene. Capisco tuttavia che la mia affermazione possa averti lasciata interdetta , anch’io quando ero costretta a studiarlo, gli ho rifilato un sacco di improperi.
@ Massimo, si hai ragione ho tralsciato tantissimi nomi di critici importanti. Personalmente ringrazio il web ,che mi ha dato una maggiore ed impensata visibilità e mi ha concesso la gioia di conoscere tutti voi. Inoltre ora i miei testi viaggiano spediti per conto loro, anche se io staziono, giorno dopo giorno, nella mia angusta cameretta. A voi che mi sopportate ,un grato salutone.
Tessy
Ciao.Io credo moltissimo nel passaparola ma soprattutto fra le persone in carne e ossa più di quello che intercorre fra i naviganti ….ho bisogno di conoscere la persona con cui scambio opinioni, sensazioni, emozioni ho bisogno che sia credibile – almeno secondo la mia opinione – per accettare un suggerimento un consiglio di lettura anche perché se ci mettiamo a considerare il valore letterario di un libro dalla quantità di lettori che ha quel testo allora il discorso si allargherebbe senza una possibile conclusione: ogni lettore è convinto di essere un buon lettore attento e sapiente, non ammetterebbe mai di essersi appassionato nella lettura di opere mediocri.
Credo che innanzitutto sia necessaria una forte curiosità e senza pregiudizi, rischiare leggendo anche cose di poco valore per poi costruirsi lentamente una capacità critica imparando così a scremare. Questo vale naturalmente per l’arte in genere, la musica, la pittura, il cinema… bisogna essere fortemente curioso e sapere che per apprezzare davvero un buon libro, un bel quadro ecc. ecc. bisogna comunque compiere uno sforzo se poi si vogliono avere gli strumenti per “comprendere” davvero, oppure accontentarsi di quello che non ci racconta niente di nuovo ma ci “accarezza” e ci tranquillizza facendoci sentire parte di una maggioranza rassicurante.
P.S…..ma visto che qui siamo, posso consigliarvi tre libri così a caso:
“tre cavalli” Erri de Luca, “Aspettando i barbari” J.M. Coetzee , “Memorie dall’aldilà” (1880) J.M. Machado de Assis : ciao Stefano
come ho scritto da Zaub, per me i blog letterari non hanno interesse(con l’eccezione di Carmilla).
I blog letterari sono figli di un dio minore, e credo che chi li scrive ambirebbe tanto a un abella rubrica su una prestigiosa testata.
@ Tessy:
oibo’, come puoi dubitare che io trovi i tuoi interventi sempre molto interessanti? Li trovo intelligenti così tanto che, appunto, la sottolineatura di un “Sozi qualsiasi” 🙂 è pleonastica. Insomma, tirando le somme, ho dato la consueta stilettata sulla pellaccia di Sergio. Tu sei “innocente”.
🙂
Bravo, Grago’: proprio ”pellaccia” e’ la mia… insensibile come quella degli elefanti (magari se mi colpisse un poeta ci sarebbe qualche fastidiuccio… invece, le tue sono carezze).
Sergio
Ammesso, caro Sergio, che tu possa distinguere la poesia da un maglio o il suono di un violino dal cigolio di una carrozza. Ma speriamolo!
Cristina Bove,
ah, Lei e’ anche poetessa? Se vuole si faccia dare il mio indirizzo di posta elettronica da Maugeri e mi faccia avere qualcosa. Pero’ per quanto riguarda la critica poetica io non sono il massimo. Veda, se vuole, su Internet quanto ho scritto a proposito di Carlo Betocchi e sullo sloveno Dane Zajc (basta cercare il mio nome su Google).
Invece me la caverei meglio su racconti e narrativa lunga.
Mah!
Grazie e Saluti Cordiali
…almeno un ”noirista” da un macinaversi lo distinguo ancora Grego’, nonostante la pastasciutta alla norcina che ho appena ingollato.
@ cristina bove
Beh, io 54. Si vede che ci stavo comodo là dentro e ho aspettato un pò di più ad uscire.
Cari amici,
ho appena aggiornato il post inserendo un ulteriore “pezzo”. Vi chiedo la cortesia di andarlo a leggere – se potete – per poterne discutere insieme.
Grazie mille.
Massimo
Cara Cristina,
piace ad entrambe la diversificazione di interventi ed è una posizione molto intelligente quella di vedere proficuo ogni tipo di scambio culturale.
Nel mio primo post però ho segnalato che interloquire da diverse parti d’Italia con tempi brevissimi e con altrettanta rapidità di argomenti diventa davvero una bel fatto culturale (apprezzato anche da ottimi giornali quali Panorama e da coloro che dalla moderna tecnologia ricavano il meglio), ma non dimentichiamoci che le relazioni sono virtuali e non fisiche, per cui sarebbe molto più interessante vedere la tua faccia o i capelli di Carlo o la fronte del Gregori mentre dicono la loro.
Forse mi spiego meglio se ti dico che chi portava la parrucca blu elettrico e voleva discutere “culturalmente” di liberazione di costumi è stato capito meglio dall’interlocutore in quanto gli ha mostrato l’occhietto torbido. Insomma un soldato semplice fra le fila di una fanteria con tanto di generali che organizzano strategicamente la guerra e delle cui ragioni personalmente me ne frego.
Preferisco il vaglio dei risultati . Con questa affermazione chiedo scusa a tutti quelli che sono contenti dei loro trascorsi e dei loro contenuti, ottimisti sul presente e mai critici col passato, non si girano mai indietro sulle loro scelte “culturali”, nessun ripensamento e nessun danno (almeno per loro).
Ciao
Naturalmente vi ringrazio per i nuovi commenti. Rispondo al volo a:
.
– Rossella.
Scrivi: “non dimentichiamoci che le relazioni sono virtuali e non fisiche, per cui sarebbe molto più interessante vedere la tua faccia o i capelli di Carlo o la fronte del Gregori mentre dicono la loro.”
Be’, certo il virtuale non potrà mai sostituire davvero la “fisicità” dei rapporti… ma con tutti i suoi limiti è una grandissima (e rivoluzionaria) opportunità di cui prima non potevamo beneficiare.
@ Rossella
Si, me la ricordo quella serata al caffè Volpini e quel giovane un po’ tracotante, ma tanto simpatico, con la parrucca blu elettrico. L’ho rivisto: oggi non sfoggia più il bizzarro abbigliamento di allora e fa il primario in un ospedale di Ceppaloni.
Sempre suo
Arch. Aristide Lo Mazzo
@ Laura
Scrivi: “per me i blog letterari non hanno interesse(con l’eccezione di Carmilla). I blog letterari sono figli di un dio minore, e credo che chi li scrive ambirebbe tanto a un abella rubrica su una prestigiosa testata.”
–
Cara Laura, intanto ti ringrazio per il commento. Pur comprendendo la tua opinione credo doveroso fare alcune precisazioni.
Carmilla, più che un blog, è un vero e proprio magazine culturale: uno dei migliori in Italia (e il fatto che sia on line per me è ininfluente).
Molti titolari di blog letterari scrivono già su testate cartacee. Capita anche a me. Ma potrei farti tantissimi nomi (a titolo di esempio faccio quello di Loredana Lipperini, che scrive su Repubblica).
In verità sta succedendo (anche) il contrario di ciò che tu sostieni, ovvero che i titolari di rubriche su prestigiose testate stanno aprendo (o hanno aperto) dei blog personali.
Ti faccio un altro, significativo, esempio.
L’allegato culturale/letterario più prestigioso è probabilmente il Domenicale de Il Sole 24Ore. Ora, il suo direttore – Riccardo Chiaberge (ne approfitto per salutarlo) – titolare della rubrica “Contrappunto” (in prima pagine del Domenicale) ha di recente aperto un suo blog personale (che contiene gli articoli della rubrica):
http://riccardochiaberge.blog.ilsole24ore.com/
Sono ancora dell’idea, che la ricerca di un libro sia un’avventura.
Il web è appiattimento, nessuno ci osserva e potremmo mettere a nudo l’inconfessabile del nostro pensiero eppure parliamio a slogan. Tutti corretti, pulitini, anche quando scappa la parolaccia. E’ una comunicazione che si difende e che trae dalla paura, la sua stessa ragione d’essere. Baudrillard forse l’avrebbe definita oscenità nell’assenza, sicuramente è business, una nuova forma di cultura, non sta a me giudicare. Anch’io vivo e sopravvivo nella rete, un libro però, ha bisogno di consapevolezza.
donatella.f
@ Rossella
capisco perfettamente quanto hai voluto intendere a proposito dei rapporti “webali” anche se io non frequento ambienti letterari tranne questo e qualche blog. Però posso dirti semplicemente quello che rappresenta per me: un miracolo, perchè io non avrei mai avuto l’opportunità di interloquire con le vostre belle menti, se non in questo modo.
Nè avrei mai potuto pubblicare un libro che non fosse a mie spese, e qui invece è successo.
Ma, soprattutto, non avrei mai potuto fare le nuove, bellissime amicizie che mi stanno riempiendo la vita.
Che poi io non conosca il colore dei tuoi capelli o gli occhi di Enrico, o la fronte di Sergio, poco importa, mi basta anche solo uno scambio di idee.
Grazie Sergio, chiederò a Massimo,.
un caro saluto a tutti.
Massimo, grazie per la risposta gentile.
Che non cambia la sostanza di ciò che penso.Nel senso che trovo interessante leggere il Domenicale(non sento il bisogno di andare a leggere il blog di Chiaberge), come anch eil blog della Lipperini, posso leggere con interesse le cose che scrivi tu.
Ciò che salto volentieri sono tutti i commenti.Non ci trovo nulla di interessante, anzi , dopo aver letto per un pò Nazione Indiana mi son o ritratta inorridita.
Credo che stare a leggere tutti i commenti sia tempo perso, sottratto alla lettura ‘vera’.
Anzi, scrivendo mi si chiarisce il motivo per cui Carmilla è la rivista on line migliore: a parte il valore intrinseco dei post, non ci sono commenti.
Saluti
Laura
@Enrico, presunta innocente perché… ” Una donna che scrive commette due peccati:aumenta il numero dei libri e diminuisce il numero delle donne:” Aphonse Kerr.
Allora come la mettiamo mio simpatico seduttore?
@ Tessy:
La mettiamo che Kerr non capiva nulla e probabilmente era un finocchio
🙂
A leggere ciò che scrive Laura mi verrebbe l’istinto di suicidarmi qui ed ora, ma con discrezione per non arrecare troppo fastidio.
@ evento:
e per lo stesso motivo noi pregheremmo sommessamente. Addio!
Curioso: Laura non trova nulla di interesante nei commenti di un blog (tempo perso) e lo scrive dove? tra i commenti di un blog. Boh; non capisco.
Carlo tu, per parlare così, sei figlio di un dio maggiore, minore o uguale ?
Le mie divinità sono solo diesis o bemolle. Forse son figlio di un dio bemolle.
Volevo ben dire…altrimenti ad un fije ‘ntrocchie di un dio-ci-scampi come me non dovevi nemmeno rivolgere la parola
@Enrico, mi arrendo e mi ritiro in buon ordine, ma ti prego non infieire sul nostro delizioso Sergio Pisacane Cavour Mazzini Sozi
Ti auguro una domenica al plutonio, possibilmente senza pioggia, la compunta… ex collegiale dell’Istituto Orsoline di Via Nomentana…
Tessy
@ tessy:
può anche grandinare. io la domenica lavoro
🙂
Sabato sera.
E già un’ora che questi non intervengono: bene, il blog è mio, posso farne quello che voglio. Molti saranno all’happy hour’s; molti in giro con la moglie (quelle non sono virtuali, non il sabato); Gregori sarà in bagno (non credo abbia una tastiera e un monitor anche lì), credo che ogni tanto gli viene una diarrea; Sozi ha una bambina piccola e, per come lo conosco, stara scrivendo un trattato sulla “fenomenologia sul pianto delle bambine italiche in suolo straniero”;
Maugeri starà mangiando le “pastarelle” da Salvo Palummo a Guardia Mangano, sulla Leonardi non ho think, la sua figura esile mi sfugge, specialmente nei week-end, insomma sono libero di dire quello che voglio, poi quando tornano…
Ma è questo il potere del web: scrivere, sognare, divertire, far arrabbiare e intromettersi in stanze dove un tempo potevo solo entrare per dire: “Signori, se poteste accomodarvi nella camera affianco ne sarei lieto, devo dare l’ultima mano di bianco al soffitto e mettere il parato”
Mi avreste risposto: “Certo Francesco, fai in fretta e, dopo, netta bene gli schizzi!”, mica: “Ma no Didò, resti qui con noi, si sorseggiava anicette parlando di Celine, ci faccia capire cosa ne pensa.”
Vedi @Sergio Sozi, è questo il bello della rete, liberare le energie, poi il filtro viene da se, la zavorra si perde, cade, come i punti di sutura autoestinguenti, o si aggiorna (la zavorra) e si accomoda sul tavolino basso davanti al camino, stando ad ascoltare con reverenza, ma senza sudditanza psicologica.
Il network mi sembrava un suk all’inizio, ma è un po’ come il mercatino in viale Parioli, c’è di tutto, a buon prezzo, ma molto è elegante e sobrio, perchè la democrazia è elegante e sobria, come la cultura.
Francesco l’unite vero limite di questo contesto è che non posso venire a stringerti la mano.
Domenica plutonica anche da parte mia, Grego’! (eh! eh! eh!).
Franceschiello Dido’:
bloggare e computerizzare mi va pure bene; pero’ i libri io li leggo su carta, se no a voglia di chiacchiere, finisce che non si legge piu’ e si commenta troppo. Come ogni strumento, Internet va usato senza farsi prendere la mano.
Ciaobbelli
Sergio
A Donatella F.,
che scrive ”Il web è appiattimento, nessuno ci osserva e potremmo mettere a nudo l’inconfessabile del nostro pensiero eppure parliamio a slogan. Tutti corretti, pulitini, anche quando scappa la parolaccia. E’ una comunicazione che si difende e che trae dalla paura, la sua stessa ragione d’essere.”
Io risponderei cosi’: 1) L’appiattimento e’ purtroppo cosa generalizzata nella societa’ di massa moderna occidentale; 2) Personalmente detesto usare linguaggi che non mi appartengono, che non sento miei, come quello del turpiloquio o dell’epigramma sboccacciato. Questione di gusti: parlare senza parolacce non e’ PER ME questione di conformismo, ma sintomo di liberta’. Io mi esprimo cosi’, poi, anche per rispettare il lettore, che non conosco e dunque devo trattare con distacco. Ma quando ho da dire cose affilate, mi creda Donatella, le dico e non lesino contenuti forti e decisi. Tant’e’ che mica ricevo senza carezze. E non sempre le do’. Dice, inoltre: Slogan e frasi fatte. Che roba sarebbe? Non farina del mio sacco. 3) Che nessuno ci osserva non e’ vero. Ci osservano eccome – articoli su Panorama e su altri giornali.
Saluti Cordiali
Sergio
Errata: ”mica ricevo SEMPRE carezze…”
@ Sergio,
Totò usava una grandiosa contraddizione in termini: “Ammesso e non concesso”.
Se non ci fosse stato il blog, non avrei conosciuto “Il maniaco” e non lo avrei maniacalmente inviato a svariati amici (maniaci a loro volta), non mi far fare la controfigura di Gregori, ma tu saresti conosciuto molto meno (se poi consideri “il più” l’andito e l’ambito di nicchia, bhè, lasciamo perdere…).
Tutti i libri li leggono su carta, leggerli sul pc farà diventare ciechi molti e non leggeranno più. Ma, quanti addetti, scrittori, critici e quant’altro leggono per piacere e non per mestiere (famme vedè ‘sto ‘strunz c’ha scritto!)?
Maria Teresa,
tranquilla. Enrico e’ un monumento di interesse naturalistico sotto tutela, proprio come il Ristorante alla Parolaccia di Roma. Va messo sottovetro perche’ non si sciupi troppo la verve – gia’ piuttosto usurata, a dire il vero…
France’,
mi sono spiegato male. Intendevo dire che molta gente finisce per non aprire piu’ un libro buttando ore ed ore al giorno sul commentare internettianamente. Questo mi sembra sbagliato. Tutto qui.
P.S.
Chi fa di mestiere il critico e’ un privilegiato che se non legge anche per piacere personale vuol dire che si meriterebbe di andare a zappare i campi.
A Laura:
credo che la cosa piu’ utile da fare sia creare altri blog come questo di Massimo, dove sia chiaro che ci si deve comportare rispettosamente nei confronti degli altri, senza offendere per svariati motivi personali e pazzie varie, come accade altrove. Altri ”posti virtuali” per gente sana di mente e culturalmente motivata sarebbero auspicabili, credo. Senza nulla togliere alle riviste e agli inserti che – finche’ stavo in Italia – leggevo anch’io abitualmente. Il Domenicale del Sole 24h in primis. Ottimo.
Dido’:
ho passato il pomeriggio con un’altra (deliziosa) famiglia italo-slovena come la mia: due pupe terribili, la mia e l’altra! Sono a pezzi, mannaggia a li pescetti rossi!
Non volevo offendere o criticare, lo slogan secondo me, è ormai l’unica forma di comunicazione concessa in un sociale che non ammette contradditttorio, anche Benedetto lo usa e ne abusa, come tanti altri, per lanciare messaggi che devono solo centrare il bersaglio. E’ l’anima che ci manca, siamo solo immagine anche quando parliamo in un sito dove non ci vede nessuno.
donatella.f
Cara Donatella,
non hai offeso nessuno, per carita’! Io ti rispondo solamente che io non sono cosi’. Punto. Io no. Gli altri non so: 58 milioni d’Italiani sono difficili da analizzare a fondo.
Saluti Cari
Sergio
Donatella se ti dico che sono forse più vero qui che nella vita off, mi credi ?
@ sergio che scrive:
“mannaggia a li pescetti rossi!”.
Che bello, che amarcord! L’ultima volta che ho sentito questa frase avevo 3 anni e l’ha detta mia nonna mentre mi portava a vedere i burattini al Pincio. Grazie di questo tenero flash-back.
“E’ l’anima che ci manca, siamo solo immagine anche quando parliamo in un sito dove non ci vede nessuno.”
Cara Donatella,
sai che questa tua frase mi dispiace molto? Davvero.
Io penso che si è immagine se lo si vuole essere. Dal lattaio come in casa come al ristorante o in ufficio. E on line, certo.
E credo anche che ci sono luoghi virtuali dove l’anima si ‘sente’ eccome. Come qui su Letteratitudine e non lo dico per sviolare, non ha senso.
Sono d’accordo quando dici che un libro ha bisogno di consapevelezza però non è detto che il suggerimento dell’amica o vicina di casa o collega sia più ‘sentito’ e ‘vero’ di quello che posso trovare su un blog, magari di qualcuno che seguo da un pò, di cui condivido almeno alcune opinioni o gestioni. Ecco.
Poi certo, ci si può sbagliare e on line è facilissimo perchè non c’è il contatto fisico, non ci vede (il più delle volte) né ci si sente parlare. Sacrosanto.
Ma da questo a definirci ‘solo immagine’ c’è un confine neanche poi tanto sottile.
Per non generalizzare troppo, cara Donatella, io un’anima ce l’ho eccome , a rischio di sembrare spavalda lo scrivo. Poi sul fatto dell’immagine… per la verità me ne frega quanto di comprare l’ultimo modello di televisori al plasma. Zero. L’occhio vuole la sua parte, si dice ma quando si tratta di contenuti (siano essi legati ai libri o alla cronaca o agli approfondimenti in generale) io proprio non ci sto.
Buona domenica a tutti!
Dimenticavo!
Sergio scrive:
“credo che la cosa piu’ utile da fare sia creare altri blog come questo di Massimo, dove sia chiaro che ci si deve comportare rispettosamente nei confronti degli altri, senza offendere per svariati motivi personali e pazzie varie, come accade altrove.”
Anche questo, secondo me, è un aspetto importante.
A volte certi luoghi virtuali sono ‘ricchi’ di spunti, testi, riflessioni, sperimentazioni ma non conoscono il rispetto. Non c’è nessuno che se ne preoccupi. E allora ci vuole davvero uno stomaco bello resistente o forse una piccola dose di irrispettosità che alla fine alimenta il ‘cerchio’.
Non è tanto una questione di ‘perbenismo’, intendiamoci. Io posso non essere d’accordo, ritenere Tizio un cretino ma non c’è bisogno che si arrivi agli insulti o le minacce… tanto se non c’è punto d’incontro amen.
Ciao Sergio!
Dido’,
se il mio ”Maniaco” ti piace ne sono contento. Quando lo scrissi, pero’, tieni presente che ero da solo davanti alla mia scrivania di Capodistria e facevo solo ed esclusivamente quel che piaceva e pareva a me, senza stare a vedere quel che scrivono gli altri, i contatti e gli editori, la divulgazione eccetera. Poi ho visto, col tempo, che quei racconti mi piacevano veramente, nonostante i difetti, e ho creduto giusto provare ad estendere questo piacere anche ad altre persone: li ho pubblicati, insomma, ma ci sarebbero stati ugualmente anche senza che li vedessero altri occhi. Li ho scritti prima di tutto per me stesso e per le persone che conosco fisicamente. Se piaccino anche agli altri, meglio, grazie, ne sono felice e orgoglioso. Ma l’origine resta. Come la pianata che non scorda mai di essere anche seme.
Volevo dire: ”la pianta”. ”Piacciono”.
Ma a volte ‘sti computer saltano le battute, porcaloca.
Un ciao – di particolare condivisione – a Barbara! E un ciao generico a tutti gli altri! Saluti da un uomo primitivo sotto mentite spoglie (mi riferivo alla questione dell’immagine: io non mi sprofumo, mi lavo quando mi pare meglio se poco, leggo e scrivo quel che mi pare e mi taglio i capelli solo quando mia moglie mi forza con le forbici in mano, i miei denti non sono bianchi e ho le unghie lunghe. Tutte. Pero’ sono intonato. Eh! eh! eh! Alla faccia delle convenzioni per gli imbecilli e i poveri di spirito – esclusi i presenti, naturalmente e senza ironia).
@ Barbara Gozzi
Standing ovation
@ il primitivo Sozi
Nomen omen (naturalmente E CON ironia)
Ciao, Carlo S(costumato, nel senso di senza costume),
quand’e’ che ci sentiamo anche privatamente? Se vuoi chiedi a Maugger il mio indirizzo elettronico.
Salutoni
S.
Lo farò con piacere.
Un saluto anche a te.
Precisazione – stavolta tragicomica – sull’etimologia del mio cognome:
Sozi viene da Sotii, ovvero Socii: pl. lat.: soci in affari. Borghesissimo cognome, ma poco pulito, come la classe sociale cui appartiene.
Sono di passaggio, giusto pessalutà – dopo un concerto che mi ha un po’ sdrumata per la mancanza di verve.
Lo farò con piacere.
Un saluto anche a te.
Postato Sabato, 2 Febbraio 2008 alle 11:36 pm da Carlo S.
FALSO COME UNA BANCONOTA DA 3 EURO!
🙂
Gentile ARCHITETTO ARISTIDE LO MAZZO,
lo sapeva che il suo cognome fa rima con tante cose?
Distinti saluti
Mamma mia mi hanno fatto bere, so che volevate saperlo, scrivere in queste condizioni è assurdo ti sent fichissimo invece mi sa che scrivi cazzate.
Babbè una bacio a tutti Szi in primis e Grego in secundis e Zaube un terziS?
F.M. in vino veritas
@Enrico, davvero lavori? ” Aih fero giorno…” E io che mi ero illusa che oggi mi avresti portato al ” Caffè Greco”, pazienza via tanto a Siena ….” piove sui nostri volti /silvani,/piove sulle nostre mani ignude,/ su i nostri vestimenti/ leggeri, / su freschi pensieri/ che l’anima schiude /novella,/ sulla favola bella che ieri/ ti illuse, che oggi m’illude,” o Enricone e “molle di pioggia” e reclusa,aspetto… aspetto ..sul portone….
Tessy
@ enrico
False? ah, ecco perchè non me le prende mai nessuno.
Cari amici di scrittura, dopo aver letto con interesse, come sempre, i Vostri interventi: Vorrei raccontarVi una storia vera.
Un mio carissimo amico d’infanzia, giorni fa, mi ha raccontato che un suo amico conosce o forse ne ha solo sentito parlare di un tizio veramente forte, secondo lui.
Sentite se vi va ed avete tempo, cari amici: il signore in questione di circa
cinquant’anni, bell’aspetto, laureato in medicina, e con più di una specializzazione conseguite, in parte all’estero, si divide tra Milano, Roma, Parigi, Londra, N.Y..
Si occupa di affari internazionali, messi su, ed ereditati dalla sua famiglia, dal bisnonno paterno: investe, anche, in piccole case editrici, con sviluppo in internet on-demand, ed il suo core-business è investire nell’industria farmaceutica. Ritorniamo al mio amico d’infanzia che mi riferisce quanto detto dal suo amico di un conoscente o di sentito dire, che questo tizio ha una segretaria, laureata in filosofia con master in giornalismo, abilitata alla professione, che dispensa periodicamente al Dottor vattilapesca una rassegna editoriale sulle novità pubblicate di narrativa e relativa recensione; il tizio è invitato regolarmente, attraverso le sue compartecipate, alle manifestazioni ufficiali di premi letterari e quant’altro nel gotha letterario e culturale italiano: tutti lo vedono il Signor vattilapesca, ma nessuno sa come si chiami esattamente. Com’è possibile chiedo io al mio amico, una cosa del genere? Con questa mania di protagonismo che abbiamo ciascuno di Noi. E pensare che tizio è un uomo di cultura che investe in piccole iniziative editoriali, lasciando carta bianca agli editor, ai dirigenti, riguardo la selezione dei manoscritti,eventualmente, da pubblicare e non si presenta di persona, nemmeno chiamando “qualcuno” di professione critico o addetto culturale nelle commissioni dei premi letterari per mettere una buona parola: ma com’è possibile, dico io per la seconda volta?
Il Signor Tizio attorniato da una bella e sana famiglia, vive in belle case, con arredamenti importanti: biblioteche ricche di volumi preziosi, collezioni di quadri importanti, se può bastare!
Allora io mi chiedo e Vi chiedo a che tipologia di persona devo considerare appartenere il Signor Tizio, rispetto a quelle emerse dai Vostri interventi:
1) Chiarissimo Professore Universitario di letteratura: accreditato e certificato per fare cultura.
2) Persone laureate con incarichi professionali che parlano di cultura e che, forse, la praticano.
3) Giornalisti di professione, scrittori, che non si pongono il problema della cultura con la C maiuscola.
4) Persone che possono permettersi uno stile di vita ideale per fare cultura.
5) Persone comuni che investono la loro vita, arricchendola, prendendo profitto dall’idee, dalle vite altrui, senza avere una reale possibilità di verificarne i contenuti.
6) Scrittori riconosciuti ed apprezzati: senza Albo professionale, senza certificazione ed esame di stato per l’abilitazione, come le altre libere professioni, con tirature limitate di libri pubblicati, certificazione Siae dei diritti d’autore, non sempre quantificabili, praticano la cultura con la C maiuscola, forse.
Pertanto, cari amici di scrittura siamo così diversi tra di Noi, a ben vedere e viva la diversità, che non possiamo accontentarci di confrontarci attraverso la vita degli altri letterati più illustri, per denunciare le carenze di alcuni di Noi, – e liberamente espresse con diritto di contraddittorio – ,certo solo dal punto di vista cultural-letterario, non Vi pare?
Un saluto a tutti! Un saluto speciale a Sergio Sozi e grazie a Massimo Maugeri per l’ospitalità sempre gradita.
Luca Gallina
Informativa riservata:
segnalasi a cotesto spettabile comando Polstrada di Siena signora elgante, nobile e travisata da scrittrice che, in realtà, risulta essere implicata in eventi delittuosi inerenti la circolazione di sostanze stupefacenti.
Se intercettata si comanda procedere alla prova dell’alcol-test e ad accurata perquisizione.
mammamia…se sparisco,mi sentirò una…zavorra!
Prima però me ne starò buona buona davanti al camino a rosicchiarmi le unghie,visto che di pastarelle nemmeno l’ombra, e a d assaggiare almeno le poche briciole di scienza che sarò in grado di raccogliere.
Gentile Rossella, animabella, dovrebbe ben sapere che ognuno fa rima con qualcosa (salvo forse il mio amico Zbignewz).
Io cerco di portare la mia rima con dignità.
Sempre suo
Arch. Aristide Lo Mazzo
Luca Gallina, hai dimenticato la cultura che nasce dal vuoto, di coloro a cui è stato insegnato appena a leggere e scrivere. Non sono gente comune anche se non sono stati baciati dalla buona sorte e i riscontri li raccolgono, da come riescono a sopravvivere ed imporsi nella giungla in cui viviamo.
donatella.f
🙂 per donatella
Grazie mille a tutti per i nuovi commenti.
Provo a rispondere a qualcuno andando a ritroso…
@ Rossella
Secondo me, ti sei presa una cotta (virtuale) per Carlo.
Eh, sì, sì, sì…
😉
@ Luca Gallina
Grazie a te per i tuoi interventi.
@ Sergio
Scrivi: “molta gente finisce per non aprire piu’ un libro buttando ore ed ore al giorno sul commentare internettianamente. Questo mi sembra sbagliato.”
– Capisco cosa intendi. Questo è uno dei motivi per cui non pubblico (e non pubblicherò, salvo eccezioni) più di tre post a settimana.
@ Laura
Grazie a te per la gentile risposta.
Credo sia un tuo diritto sostenere che non vale la pena leggere i commenti dei blog (in qualche caso ti do ragione… mi riferisco ai blog particolarmente rissosi). Però ti garantisco che in questo blog puoi trovare commenti caratterizzati da un’attenta analisi. Ora, tu dirai – e avrai anche ragione – che sto tentando di fare l’apologia dei frequentatori di letteratitudine, ma ti garantisco che molto spesso rimango colpito positivamente dalla profondità di certi commenti che leggo qui.
Riguardo Carmilla non credo che il valore del magazine dipenda dalla presenza o assenza dei commenti (ciò che conta è la qualità degli articoli). Ti riferisco cosa mi ha detto tempo fa Valerio Evangelisti (il fondatore di Carmilla) sulla “questione”.
Inizialmente Carmilla consentiva il rilascio di commenti. Dopo qualche giorno, a causa di attacchi e commenti disdicevoli, sono stati costretti a inibire tale possibilità.
Altri blogger noti hanno scelto di “inibire” i commenti per analoghi motivi: Giuseppe Genna, per esempio. E – almeno fino a poco tempo fa – Francesca Mazzucato.
–
(Laura, per il momento devo chiudere qui… ma riprenderò più tardi. A dopo!)
@Maugeri, ma sicuramente per…
@Tutti gli amici di “Letteratitudine”.
Chissà se questo che sto per comunicarvi è :
1) Interesse privato in atto pubblico o
2) Interesse pubblico con un atto privato.
E’ ospite a casa mia, now (adesso) una delle figure più interessanti della diaspora intellettuale irachena (succedutasi alla guerra e sconvolgimenti vari).
Parlo dello scultore Ahmed Al-Safi, figura emergente dell’arte della moderna Mesopotamia. Uso in questo caso il web, come si usa per i libri, per veicolare il grande messaggio di dolore, di richiesta di pace e di conoscenza della cultura araba.
E’ esule culturale in Francia (c’è poco da fare arte adesso in Iraq) in un centro culturale che mi fa vergognare di essere italiano (sapete quanto spende la destrorsa Francia nei beni culturali? Il bilancio dei galletti prevede quasi un 8%). Si tratta de “La Prée”, un convento cattolico che ospita gratuitamente e laicamente, artisti stranieri da tutto il mondo, senza discriminazioni razziali,ne religiose.
Sono fuori tema, ma l’arte, come la scrittura ha bisogno della rete.
Vi invito a visitare i suoi link e a moltiplicarne la conoscenza: gli iracheni devono tornare in Iraq, gli americani in America e Al-Quaeda all’inferno, da dove proviene.
http://alsafiart.googlepages.com/
http://it.wikipedia.org/wiki/Ahmed_Al_Safi
Didò vi ama (Gregò, non ti lusingare).
@Massimo @Carlo @ a tutte le donne simpatiche
Max Mau mi piaci di più tu…non puoi capire la mia reazione quando ho visto la tua foto in alto del blog con quella camicia aperta al terzo bottone e quel pettorale villoso… mizzica che cultura abbronzata! A ben pensarci anche Lo Mazzo dovrebbe avere il tuo stesso sorriso compiacente, dignitoso e pingue. Che sicularitudine!
Uomini così li trovi solo su internet…irreali, patinati, questo è il cult, la mano si protende in avanti ma il suo palmo tocca solo il gelido schermo del computer, vorresti strappare qualche pelo e invece niente, virtù detta anche del virtuale, ovvero che esiste in potenza ma non è in atto, simulato, una specie di virtuosismo che il divismo conosce molto bene.
@ Massimo
IL quadro è molto bello (quello coi tomi uno sull’altro….)
Chi è l’autore?
@ Anonimo
Si ricordi (now) che nel 2001 furono abbattute le torri gemelle. Il giorno 11. Se Al Safi in Mesopotamia apprese l’arte dei numeri sa che questo non è culturale. OK?
Dal Comando della Polstrada di Siena:-
A seguito della sua segnalazione e dopo un’accuratissima perquisizione dell’appartamento della signora citata, abbiamo eseguito col nostro palloncino in dotazione. un pignolissimo alcol- test, alla para- scrittrice, poco nobile e poco elegante. La suddetta forse un pò svampita, ma alquanto arzilla, per l’età che incombe, è risultata del tutto estranea ai fatti da Lei contestati. Forse Lei signor giornalista ha preso un’abbaglio? O ha voluto gonfiare la notizia per riportarla nel suo quotidiano romano? Del resto da informazioni prese sul suo conto, è emerso che Lei
scrive e divora troppi libri gialli , i quali possono aver negativamente influenzato il suo pensiero nei confronti della ineffabile… signora Purtroppo, l’indagine è stata sospesa la sua denuncia archiviata.
Il Maresciallo, addetto alla stretta sorveglianza del quartiere.
Gennarino Esposito
Il web è un potente passaparola e forse riviste e case editrici se ne stanno rendendo conto. Quello che sta per finire o forse è già andato è il ruolo del critico, la sua aura di prestigio che gli veniva da una sorta di tacita investitura: tu hai la competenza per decidere cosa va letto e cosa no, tu comprendi ciò che ha valore letterario e cosa no… stroncature e incensamenti derivano proprio dall’abuso di quello che avrebbe dovuto essere un ruolo di mediatore, di facilitatore. Il web è la riforma protestante della lettura, perché postula il libero esame dei libri senza filtri e mediazioni di sedicenti esperti. Col pericolo di leggere su blog e riviste: non posso vivere senza Moccia – Faletti è il più grande narratore del secolo – i classici fetono di muffa. Perdonate il sicilianismo.
Libertà col rischio dell’anarchia. Questo è il web. Che però ha le sue oasi come “Letteratitudine” – e non sono d’accordo con chi pensa che qui siamo tutti finti: se io e tanti altri che lavoriamo e abbiamo i nostri bei da fare leggiamo post e commenti, lasciamo un’opinione, dibattiamo, è anche per crescere e imparare. Via web ho avuto la possibilità di conoscere libri ed autori che altrimenti non avrei mai conosciuto. E poi io leggo tra le righe tante belle individualità. Certo nessuno di voi mi conosce a fondo ma credo e spero di essere sempre stata me stessa. Non ho mai scritto cose che non pensavo né fatte polemiche tanto per il gusto della provocazione.
E’ una bella sfida fare cultura anche così…
a volte mi chiedo cosa spinge Sozi a rendersi cosi’ antipatico.
e ci riesce cosi’ bene ,e’ cosi’ credibile,accativante nella sua supponenza,che capisco che è una parte,un ruolo che ha scelto di rivestire,solo per nascondere che in fondo,ha un cuore sensibile e dolce,e che vuole difenderlo da coloro che potrebbero ferirlo in quanto nn lo capiscono.
Anche l’affare del cognome:si deprezza e si denigra,perche’ l’attacco e’ la miglior difesa.
Dimmi se ho ragione Sergio.
@ m.g.:
qualora sergio sozi dovesse darti ragione potrei prendere in considerazione l’ipotesi di offrire aragosta e champagne a tutti i partecipanti a questo blog. intendiamoci, non me lo potrei permettere, ma accenderei volentieri un mutuo ventennale.
peraltro nel tuo intrvento sembra quasi di capire che, in fondo, a sergio “vuoi bene”. il tuo cuore d’oro, pertanto, avrebbe fatto passare per un serial killer persino il Garrone di de Amicis.
@ Tessy:
sei un fenomeno
🙂
Sono fatto a modo mio e non scrivo qui per fare il simpatico, ma per parlare di Letteratura. Non voglio avere dei nuovi amici, ma delle persone che abbiano i miei interessi. Stimo comunque il mio prossimo in maniera ”virile”, ossia dicendogli chiaramente quel che penso di cose che reputo importanti: la Letteratura et similia, le questioni dell’editoria, eccetera. Pero’ pongo dei limiti al mio esprimermi, perche’ nudo in piazza non mi ci metto. E sulla morale altrui non mi permetto di interferire o giudicare, visto che per me l’amicizia vera non e’ certo quella che passa per Internet, eccetto eccezioni, ma quella diretta. Non mi permetto quindi di parlare troppo ”ad personam”, perche’ non ho mai mangiato la pasta nello stesso piatto di nessuno. Parlo di questioni letterarie e su queste accetto tutto. Ma non su di me.
A chi piaccio cosi’, bene, a chi no, pace. L’Italia e’ un Paese libero, no? Di gente simpatica ce n’e’ tanta in giro.
P.S.
Sul mio cognome ero autoironico. L’unica forma di ironia che mi venga naturale, visto che stimo il mio prossimo e non entro mai indiscretamente in case che non conosco.
Ed ora credo sia giusto dare risalto a quanto detto da Dido’, che per quanto sottoriportato ammiro:
”Vi invito a visitare i suoi link e a moltiplicarne la conoscenza: gli iracheni devono tornare in Iraq, gli americani in America e Al-Quaeda all’inferno, da dove proviene.
http://alsafiart.googlepages.com/
http://it.wikipedia.org/wiki/Ahmed_Al_Safi
Didò vi ama (Gregò, non ti lusingare).”
La persona in questione si chiama Ahmed Al-Safi ed e’ un artista iracheno esule. Io gli darei una mano.
@ enrico
e anche stavolta ti è andata di violino..
🙂
@ Didò
grazie per il tuo off topic. In bocca al lupo a Ahmed Al-Safi.
@ Rossella
Riceverai per posta ordinaria, e per la tua gioia, ben sigillato in una busta da lettere, un esemplare del mio pettorale villoso. Fanne buon uso.
😉
Sul quadro non so dire…
@ Laura (seconda parte)
Dal mio punto di vista la possibilità di consentire di lasciare commenti in questo blog è essenziale. Perché letteratitudine si definisce come un open-blog: un luogo d’incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, giornalisti, operatori culturali, ecc.
Peraltro, prefrisco la definizione scritta qui sopra a quella di “salotto culturale”.
Considera un’altra cosa Laura. Lasciare la possibilità di inserire commenti ha una funzione duplice:
1. poter leggere i commenti (e le opinioni) degli altri
2. poter esprimere le proprie opinioni.
Mi pare che tu ti sei legittimamente avvalsa della seconda opzione.
Aggiungo che molti siti web di quotidiani (italiani e stranieri) consentono di inserire commenti.
È un’opportunità ulteriore a quella di leggere semplicemente le notizie.
Cara Laura, torna a trovarci quando vuoi.
Sarai sempre la benvenuta!
😉
@ Marialucia
Grazie. Leggo solo ora il tuo più recente commento
Una curiosità.
Perché nessuno ha commentato il mio aggiornamento al post del 2 febbraio?
Seguono le opzioni:
a. quello che ho scritto è talmente giusto, sensato e incontrovertibile che non sapevate proprio cosa replicare
b. quello che ho scritto è talmente sbagliato, insensato e controvertibile che non avete replicato per pura amicizia per non mettermi in imbarazzo
c. non ve ne frega nulla
d. ma chiss’è proprio scemo
e. varie ed eventuali
🙂
@ rossella:
se insisti co’ ‘sto architetto Lo Mazzo tra un po’ la rima d’obbligo te la faranno anche Cristina Bove e Maria Teresa Santalucia Scibona. E se lo fanno me le porto a cena tutte e due. C’è uno che viene con me e mi aiuta a reggere le due bambole?
🙂
Eccomi Enrico. Come potrei mai lasciare sole con te le nostre leggiadre fanciulle
Massimo!!
Poverettillo!
E’ che io per dire dell’aggiornamento der 2 febbraio non mi ero proprio accorta!
– la tua analisi, mi sembra molto sensata per quello che concerne strettamente l’informazione. e io ho constatato negli anni un cambiamento che risponde molto alla tua analisi, anche se non è ancora del tutto compiuto.
Nel senso che di fatto, la roba veramente scientificamente interessante – almeno nel mio campo, ma alludo quanto alla psicologia quanto alla filosofia – non è mai reperibile on line, e quando lo è è perchè qualche santo di tipo fichissimo mi procura preziose chiavi di accesso ad archivi informatici blindatissimi. Ma per ora, la forbice tra qualità scientifica del cartaceo e qualità scientifica della rete ancora c’è. Credo che però si vada nella direzione da te indicata.
Questo però per l’informazione. Un libro al mare sur computer pemmè nun ze po’ legge.
@ Zauberei
Ben detto. Non posso che essere pienamente d’accordo con te.
@ Massimo Maugeri
Ho letto il post e alcuni degli interventi. Grazie. Veramente interessante e soprattutto centra in pieno il tema del mio discorso.
Purtroppo non ho letto il libro e sfortunatamente, per esigenze di tempo, non credo riuscirò a colmare questa lacuna.
Tuttavia non ho potuto fare a meno di apprezzarne le poche pagine pubblicate e di constatare il dissenso di chi, giustamente, desidera separare nettamente la letteratura, di questo genere, dalla Letteratura. Eppure è innegabile, a mio avviso, il fascino del mondo raccontato dalle parole di Rabito. In particolare sono proprio le parole a proiettarci in quello spaccato di vita. Infine, combattuto tra ideali e realtà, devo ammettere che mi sono trovato in accordo con tutti gli interventi, sia quelli favorevoli che quelli sfavorevoli, e la discussione a mi ha giovato parecchio.
Condivido le cose che dice Laura Costantini sulle conventicole letterarie. Ho cancellato pure io Vibrisse dalla lista dei contatti. Ci sono troppe cose che non mi convincono in certi ambienti e io mi sento troppo anarchico per stare al loro gioco. I miei autori sono liberi di contattare chi credono. Non posso togliere loro la speranza che il santone di turno, il guru della letteratura italiana lo accolga tra le sue braccia e lo scritturi per prossima illeggibile antologia di italiani edita da Minimum Fax. La grande editoria e la media editoria che si raggiunge solo tramite raccomandazione del santone di turno non fa parte dei miei orizzonti.
Gordiano Lupi
Non ho saputo resistere, una cena con enrico gregori ed eventounico insieme, mica è cosa di tutti i giorni!..
Ma ci tengo a precisare che è solo un piccolo divertissement, niente contro qualcuno ed invariato rispetto per tutti.
Che diamine, Rossella,
l’hai trattato da pupazzo
lui voleva solo quella,
l’etichetta del palazzo.
Gli hai negato per difetto
questo titolo del c…o
ed infine lo hai costretto
a gridarlo dal terrazzo…
in fondo ti bastava averlo detto
per renderlo felice, l’architetto.
Cristina, sei grande. Sono sicuro, però, che Tessy non vorrà essere da meno.
@ Sergio Sozi e tutte le donne intelligenti
Mi dispiace ma al giorno d’oggi non possiamo discutere di cultura senza parlare di aspetti morali che purtroppo appartengono a qualsiasi argomento si voglia trattare. E’ altrettanto chiaro che le conclusioni tratte dai summit di esperienze e conoscenze sono viste in via di principi del pensiero non come un attacco “ad personam”. Se poi l’individuo è suscettibile a certe osservazioni non è colpa mia, sarà maggiormente saggio ed adulto se valuterà con obbiettività quanto ha preferito accantonare nella sua vita: spesso si è specchiato come uomo di cultura mentre invece si identifica con un grosso pene e con la sua prestazione, qualunque siano state le sue scelte. Ti spiego perché.
Quando si parla di cultura, di terrorismo islamico, di torri gemelle, di sapienza mesopotamica tutto si confronta su linee essenziali, illuminanti per la crescita dello spirito.
Un grande filosofo quale Maurice Blondel nel suo trattato “Principio di una logica della vita morale” ha spiegato come l’uomo dovrebbe sforzarsi di tendere verso l’ordine divino che ispira l’eticità dei nostri atti in opposizione all’indulgere delle tendenze naturali inferiori che conducono al depotenziamento della persona.
Sono stata negli Stati Uniti e conosco molto bene cosa vuol dire il parallelepipedo in ferro che altissimo s’innalza verso il cielo, simbolo fallico di potenza economica, quindi ricchezza e sfida. Il grattacielo ha psicologicamente inscatolato l’uomo moderno nell’ idea di potenza e di energia petrolifera ed ha favorito quindi, nell’inconscio, quella mentalità occidentale che pensa a quest’ingranaggio e al suo funzionamento, figurarsi ai principi filosofici (europei peraltro) di Maurice Blondel, o dell’Islam o di Maometto.
Gli arabi (che hanno una tradizione culturale di tutto rispetto) hanno buttato giù il simbolo della torre, in forma doppia però (11), come fossero anch’essi il gemello di questo sogno americano da petroldollaro, non differenziandosi quindi, nella loro violenza, da un marine U.S.A.
La cultura che cosa ha sostenuto?
A questo punto diventa fondamentale capire (bravo Luca Gallina e il tuo post di ieri) i contenuti di base delle lezioni del professore d’economia, ritenuto uomo sensibile e sapiente ma che molto probabilmente ha tanto bisogno di guardarsi dentro, essere più sincero con il movente pieno d’ambizioni e di lusso che l’ ha portato in cattedra (ed ecco il concordato piatto di pasta ) e che, eventualmente, prende in considerazione il kaftano arabo come indumento da passerella. Di questo le generazioni non possono culturalmente e spiritualmente pagarne il fio.
Saluti.
IL DISCORSO DI CUI SOPRA ESONERA NATURALMENTE TUTTI I GENTLEMEN CHE CON IRONIA E che con CLASSE FILO- EUROPEA TENGONO ALTO IL TONO DEL BLOG.
GRAZIE
ROSSELLA
Rossella,
bell’intervento, complimenti. Personalmente lo ritengo in larga parte vero, riscontrabile nella realta’ occidentale – ossia nostra. Comunque ti sarei grato se mi dicessi anche a quale altro intervento di Letteratitudine esso era riferito.
Poi c’e’ da aggiungere che gli arabi nei secoli scorsi ci hanno insegnato l’agronomia, la matematica e tantissima filosofia. Eredita’ oggi in possesso di una minoranza araba, come d’altronde qui da noi Hegel, Croce e Voltaire sono noti ad una minoranza di persone intelligenti e profonde. Insomma il Mondo e’ messo male: urgerebbe una rinascita soprattutto morale ed un sistema di pensiero (e direi anche di fede religiosa) forte che ci portasse fuori dal nichilismo e dall’agnosticismo consumistici. Purtroppo pero’ non ne vedo in giro, di pensatori di questo calibro. E nemmeno io lo sono, ovviamente. Pertanto evito di confondere le acque e mi limito a scrivere su Letteratitudine e altrove a proposito di cio’ che credo di conoscere meglio: gli aspetti estetici e contenutistici, stilistici e poetici della scrittura narrativa e poetica. Faccio quel che so fare. Poco ma tant’e’.
Ciao cara e grazie ancora per la bella pagina.
Sergio
P.S.
Per quanto mi riguarda mi guardo allo specchio e mi vedo come un semplice essere umano di sesso maschile, avente una sua integrita’ e dignita’ pari a quella degli altri. Poi faccio delle scelte: quelle morali sono mie, private, e ne parlo con gli amici, quelle che riguardano gli interessi le condivido con chi pare a me, come tutti fanno.
Fantastiche cristina e rossella-per due post diversi negli obbiettivi e nello spirito – ma proprio bellini entrambi questi post.
@ zauberei:
rossella si era rivolta a sozi e a tutte le donne intelligenti. che cazzo ci fai tu qui?
🙂 per eventounico
i commenti qui da Massimo valgono di più: hanno tre emme…me ne sono accorta solo adesso.
a sergiio
sarebbe troppo facile farti notare le contraddizioni in cui cadi:mentre dici che vieni qui per parlare di letteratura e confrontarti con chi ha i tuoi stessi interessi,poi ti metti a parlare dell’etimologia del tuo cognome.io,forse ingenuamente l’ho visto come un tentativo di sfatare l’alone di orso che ti eri creato intorno.Me ne scuso.intanto,qualunque intento tu persegua,nn risparmi sciabolate quasi a nessuno,almeno di quelli che potrebbero avere opinioni dissonanti dalle tue.Secondo me la cultura nn e’ solo sapere,e’ atteggiamento,apertura e disponibilita’ a capire le diversità.guarda Maugeri,sempre distaccato ma sempre signorile,da’ retta a tutti ma nn si prende confidenza con nessuno.non perche’ sia calato nel ruolo di moderatore,ma per propria natura.Una persona amabile,che fa piacere avere in un salotto come conversatore o padrone di casa.Mi e’ capitato di conoscere contadini,che qualcuno potrebbe definire zotici senza cultura,che avevano un garbo nel parlare e una eloquenza veramente accattivante,per cui se quando se ne andavano i tappeto si era sporcato di fango,nessuno ne aveva odio.
Non devi mai dire tu chi sei,ma devi lasciare che siano gli altri a dire di te come tu vorresti essere definito.avrai la certezza di esserti comportato in modo consono al concetto che hai di te stesso.
ora nn prendertela,questo e’ il mio modo di pensare.
Te lo dico con molta simpatia.
alla prossima.
@ m.g.
vedi, sergio a suo modo è sincero. “io qui non offendo nessuno”, dice sempre. E dicendolo, egli è vicino alla verità. In quanto lui è davvero, sinceramente, onestamente, visceralmente e profondamente convinto di non offendere alcuno.
Gli manca un passaggio “minuscolo”, ossia che qualcuno possa sentirsi offeso da quello che lui dice. “Problema suo”, penserà Sergio. E mica tanto, perché spesso è anche un problema di Massimo.
“Ma io faccio del dialogo”, penserà sempre il sozi.
E come glielo fai capire che c’è dialogo e dialogo?
Così come, del resto, c’è elemosina ed elemosina.
Un mendicante potrebbe essere felice di ricevere un’elemosina da 20 euro.
Ma se gliela spari in un occhio in monete da 50 centesimi con la fionda forse no.
a enrico
hai perfettamente colto il senso di quello che volevo dire.
non e’ il caso di aggingere niente,se nn che sono tornata qui nel timore di essere fraintesa,ma se tu hai capito,vuol dire che mi sono espressa all’altezza delle mie intenzioni.grazie.
:-).
@Rossella
Grazie! ed aggiungo:
Davvero, cosa ci importerebbe della letteratura se non creasse dei continui cortocircuiti con la vita, con le nostre esperienze, esteriori ed interiori?
Il vero miracolo della letteratura mi sembra il modo in cui interagiscono le forme e i contenuti, per cui approfondendo la conoscenza della forma afferriamo nuovi significati e nell’esperienza dei significati riconosciamo l’indissolubile espressività della forma.
Io che ero cresciuto in un’atmosfera culturale in cui prevaleva una visione idealistica della letteratura: ma non bisogna dimenticare che la letteratura ha a che fare con la lettera, con la parola, con la lingua. Non è solo contenuti: altrimenti che differenza ci sarebbe tra letteratura e filosofia?
Potrebbe, secondo me, anche svelarci l’intento del mio amico di scrittura Sergio Sozi, cosa ne pensi Rossella e il diretto interessato?
Luca Gallina
enrico stavo per dire che hai 5 nasi e tutti collocati ar posto delle meningi, ma invece no, esse funzionano abbastanza bene come si evince da questo commento e i cinque nasi stanno tutti al loro posto.
soffiate er quarto però!
🙂
A tutti:
se veramente ognuno di noi tutti, ogni qualvolta dica ”a”, dovesse pensare profondamente ed ecumenicamente a chi potrebbe offendere, vigerebbe un silenzio sepolcrale.
Luca Gallina:
La tua solita bonarieta’ e delicatezza, fatta di affetto e concetti seri indissolubilmente legati, mi e’ veramente vicina, mi dona serenita’. Poni sempre delle domande utilissime, la cui esistenza e’ gia’ di per se’ un merito. Tuttavia credo proprio che parlare del rapporto tra forma e contenuto, senza far ricorso a pericolose o quantomeno inesaustive sintesi, in un solo commento da blog sia impossibile. Io almeno non ci riesco.
Se ti interessasse avere una risposta d’ordine teorico da me, spero che forse sarebbe meglio leggere quel che scrivo nei miei raccontini, e poi dirmi come credi che io la pensi su questa questione della forma-contenuto. Infatti io non riesco a teorizzare altrettanto compiutamente quanto esprimo narrativamente. Dunque dimmi, se vuoi, caro Luca: come pensi che io abbia risolto questo ”problema” nelle mie narrazioni?
(Lo so che in genere non si deve rispondere con una domanda ad una domanda, ma… l’ergomento mica e’ da poco!)
Ciao caro
Sergio
@ Sergio:
tu scrivi “se veramente ognuno di noi tutti, ogni qualvolta dica ”a”, dovesse pensare profondamente ed ecumenicamente a chi potrebbe offendere, vigerebbe un silenzio sepolcrale”.
Il problema, caro sergio, è che quando tu dici “a”, “b” fino all’alfabeto completo, non ti poni proprio il dubbio se puoi offendere o meno. altro che pensiero profondo ed ecumenico! Il guaio non è che spari cazzate, perché più o meno lo facciamo tutti, ma che le spari a occhi chiusi. Quindi Massimo dovrebbe sequestarti il porto d’armi.
Bene. Imparero’ da te.
Il rapporto tra forme e contenuti è come come la falcata dell’aquila che con un sol battito d’ali attraversa grandi latitudini.
A parte Sergio che confonde la Volontà come rappresentazione di Shopenauer dall’alienazione oggettuale della Marylin di Wahrol, decisioni artistiche quotate socialmente dal mercato, anche se prese privatamente.
Vabbè, non prendetemi per una che combatte le torri d’acciaio, ma l’argomento “AIUTIAMO AL SAFI ARTISTA MESOPOTAMICO” non l’ha tirato fuori la sottoscritta. Anzi se anche lui scrivesse ne sarei felice e avrei un sacco di cose da chiedergli.
Luca su di te mantengo il silenzio. Sai perchè? San Luca è il patrono dei pittori e la sottoscritta avrebbe bisogno di un paio di miracoli!!!
Grazie a Voi.
@ Sergio e Luca
Qualcuno mi ha voluto mettere il burka! E invece quel che avete letto nel messaggio sopra non l’ha scritto un anonimo: porta il mio nome
ROSSELLA
Rossella: Il burka? Io, chi? Scusa, ma non capisco.
Anonima:
ermetismo tuo per ermetismo mio rispondo cosi’: ambaraba’cicciccocco’. Meno pillole, gente, meno pillole.
A Luca Gallina:
scusami, per favore: poiche’ penso sia meglio, date le circostanze generali un tantino sopra le righe, ti pregherei gentilmente di chiedere a Massimo Maugeri il mio indirizzo di posta elettronica per poterci appartare un pochino e parlare in santa pace.
Ciao, Luca.
Sergio
Ah, Rossella, scusami: l’avevi scritto tu. E che volevi dire?
@ Luca Gallina e (se vuole) @ Sergio (se non capisci chiama un traduttore)
Ancora sui contenuti, forme e formalità.
Viviamo in un epoca in cui il macaco vuol fare l’essere umano e di Darwin non m’importa.
Se ci pensate bene ogni valore autentico nasce da una fonte autentica, e nessun risultato sarà positivo se chi l’ ha trasmessa era un falso.
E’ urgente fare una distinzione: chi segue una religione, una fede, un’istituzione, non è come chi la rappresenta; ma questo vale anche per chi rappresenta qualsiasi altra dottrina.
Abbiamo il recente accaduto nella politica italiana: se chi fa il Ministro preposto alla giustizia svela forme di corruzione, il suo ruolo avrebbe dovuto essere un altro da quello che ha rappresentato e non posso subire passivamente la retorica che dà per scontato il malcostume come fatto di prassi.
Nessuna condanna alla natura degli uomini (a meno che non fa del male al suo prossimo) ed a come ritengono opportuno gestire la propria vita, ma come faccio ad ignorare il dato morale quando dovrebbe rappresentarne il conduttore dello stesso?
A questo punto sarebbe più corretto dire che le pillole le ha spacciate il macaco ed macachi sono chi le ha ingoiate.
Così per dire su chi fa cultura.
Non senza sorpresa, sono stato citato nell’articolo di Panorama. Sul principio nulla quaestio. Ma quanto alla tua prma domanda, è fuor di dubbio che la capacità di penetrazione della casa editrice (e del suo distributore) resta una discriminante chiave per il successo editoriale di un’opera. I miei libri in cartoleria o al supermercato non li trovi.
@ Holden
La tua risposta non fa una piega, a parte qualche errore di ortografia.
@ Holden C
Nessuna condanna alla natura dell’ uomo (a meno che non fa del male al suo prossimo) ed a come ritiene opportuno gestire la propria vita, ma come faccio ad ignorare il dato morale quando dovrebbe esserne degno rappresentante? (Come vedi ho corretto anch’io)
Il principio di base rimane comunque che non si può agire privatamente in un certo modo e pubblicamente far credere il contrario. Soprattutto quando si ha una certa responsabilità sui plurali.