La nuova puntata della rubrica di Letteratitudine intitolata “A botta e risposta (un tandem letterario conversando di libri)“ è dedicata al romanzo “Il sangue macchia, Sir” di Costanza Durante e Giovanni Di Giamberardino (Neri Pozza).
Giovanni Di Giamberardino è sceneggiatore, autore televisivo (Il Boss delle Cerimonie, Il Castello delle Cerimonie) e critico per la rivista Rolling Stone. Ha pubblicato il romanzo La marcatura della regina, Edizioni Socrates, e non si è mai mosso da Roma.
Costanza Durante nasce a Milano nel 1990, cresce a Napoli e vive a Roma. Nel 2013 si diploma in Sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia. Vincitrice della Borsa Sbarigia al premio Solinas 2016, lavora come sceneggiatrice per varie produzioni.
Entrambi formano un’affiatata coppia letteraria che ha dato origine a due romanzi, entrambi pubblicati da Neri Pozza: “Giallo banana” e – per l’appunto – “Il sangue macchia, Sir”
A proposito di “Giallo banana” non sono mancate autorevoli e prestigiose dichiarazioni di stima (che riportiamo qui di seguito):
«Brillante come un collier, frizzante come lo champagne, urticante come il vetriolo. Il colore del crimine nei salotti buoni è Giallo Banana».
Maurizio de Giovanni
«Il primo investigatore a sangue blu della narrativa italiana, decaduto quanto basta da coltivare un insospettato fiuto per il crimine».
Diego De Silva
«Di Giamberardino e Durante… Sono loro i nipotini di Fruttero e Lucentini? Un romanzo delizioso, vivacissimo, ottimamente costruito».
Antonio D’Orrico, Sette
Le storie di Costanza e Giovanni hanno come protagonista un personaggio molto peculiare. Si tratta di Vittorio Maria Canton di Sant’Andrea (altresì noto come il principe di Sant’Andrea): quarant’anni, un metro e novanta per centodieci chili. In “Giallo banana” il principe di Sant’Andrea ha indossato i panni di un originale, ma brillante, investigatore… che ritroviamo anche in “Il sangue macchia, Sir“. Sono trascorsi solo pochi mesi dal primo caso di omicidio risolto da Vittorio Maria Canton di Sant’Andrea. È finita qui? Naturalmente no. E, per certi versi, è una fortuna… perché il nostro protagonista si ritrova solo e annoiato. A scuoterlo dalla noia, arriva un vecchio caso che ci riporta all’anno 1997. C’è un padre assassino, scomparso nel nulla, e una figlia che vuole assolutamente riabilitarne l’immagine. Il soggetto in questione è Pietro Saba, il killer dell’Aventino.
Ripartiamo da qui, dunque… con il Principe Investigatore che si ri-tuffa in una nuova avventura investigativa supportato dal maggiordomo sovietico Gelasio e della Tavor-dipendente zia Magda.
Abbiamo invitato Giovanni e Costanza a mettere alla prova le loro belle bene e a cimentarsi in un loro personalissimo “tandem letterario” finalizzato a farci conoscere qualcosa di più di “Il sangue macchia, Sir” e dei personaggi letterari che popolano il romanzo.
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“Il sangue macchia, Sir” (Neri Pozza): il “tandem letterario” di Costanza Durante e Giovanni Di Giamberardino
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G: Prego, prima le donne. Sono un gentiluomo.
C: Gentilissimo, grazie! Inizierei con una domanda sul personaggio, il conte Vittorio Maria Canton di Sant’Andrea. Sarei curiosa di sentire secondo te qual è il suo miglior pregio e il suo peggior difetto.
G: Credo che il peggior difetto di Vittorio sia la sua costante ricerca di approvazione da parte degli altri, chiunque altro. Il suo bisogno di sentirsi dire “Bravo, non sei troppo male, alla fine”, che lo riduce a fare le cose più patetiche immaginabili. Il suo miglior pregio invece è la sua risolutezza, il non mollare mai fin quando non raggiunge l’obiettivo, cioè quasi mai. Eppure ci prova lo stesso e non demorde. Vorrei avere anche io questo atteggiamento, glielo invidio molto.
A te invece chiedo in quale ambiente sociale non vedresti mai investigare Vittorio. Lo abbiamo visto nella Roma cafonal e in quella intellettuale. Dove invece non metterebbe mai piede?
C: Penso che non esista un contesto in cui Vittorio non si infilerebbe anche solo per ficcare il naso. È una persona curiosa e la sua sete di rivalsa potrebbe portarlo in capo al mondo, perfino nel Polesine, anche se non sa dov’è. In fondo gli basterebbe il look giusto per sentirsi a proprio agio in ogni ambiente, magari ecco, gli prenoterei una stanza di lusso in caso di lunghi spostamenti.
Voglio chiederti cosa secondo te è cambiato dal primo al secondo romanzo.
G: A parte che noi siamo diventati più bravi e più belli? Direi che principalmente i personaggi sono cresciuti di più. In Giallo Banana il nostro focus principale, a parte l’indagine, era descrivere e ironizzare su un ambiente ben preciso, la Roma dei nobili e dei rotocalchi e di Dagospia, mentre ne Il sangue macchia, sir tutto ha guadagnato profondità, a partire dai protagonisti della serie (Vittorio, il maggiordomo Gelasio e l’arcigna zia Magda) fino ai protagonisti del giallo. Insomma, penso che nel secondo romanzo l’universo narrativo abbia assunto un nuovo spessore e i personaggi abbiano ottenuto una dignità che non passa solo per la commedia, ma anche per un percorso di crescita personale.
A proposito di personaggi, escluso Vittorio, tu a chi pensi di assomigliare di più?
C: L’anno scorso ho scoperto di avere una deformazione al piede – alluce valgo – per curare la quale avrei avuto bisogno del tutore che ho deliberatamente deciso di non indossare. In quel momento mi sono sentita molto vicina a zia Magda, che probabilmente è da intendersi come una cartolina dal futuro per quanto mi riguarda – o almeno lo spero. Ad oggi mi piacerebbe molto somigliare a Gino de Mariniis, il grande amore di Vittorio, ma sono sicura che sia una dichiarazione presuntuosa da parte mia.
Ma ora basta parlare di me. Tu ti fidanzeresti più con Vittorio o con Gino?
G: Hai mirato al cuore, il mio! Beh, conoscendo ahimé fin troppo bene la mia sfortuna in amore e il mio debole per pazzi egomaniaci, direi che è più probabile che possa prendere una sbandata per Vittorio. Gino è un personaggio più quadrato, nonostante sembri più freddo e schivo, lui ha già ben capito cosa vuole dalla vita ed è pronto a impegnarsi sul serio, qualità preziosa per una relazione a lungo termine. Vittorio invece è un bambino capriccioso e concentrato solo su se stesso, ma cavolo quando ci si diverte insieme a lui. Mi innamorerei subito!
Visto che non vuoi parlare più di te, adesso parliamo di me. Quale colore pensi mi doni di più, mi valorizzi?
C: A me piaci molto nei toni del beige ma solo se sotto hai qualcosa di più vivace come ad esempio il rosa. Per assurdo non ti consiglierei mai un total black, che è da poveracci con qualcosa da nascondere, mentre il total white è da vedova milionaria, situazione sentimentale in cui ti auguro di ritrovarti tra qualche anno.
G: Sei davvero molto cara, oltre che simpatica e bellissima.
C: Grazie!
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La scheda del libro
Sono trascorsi pochi mesi dalla soluzione del suo primo caso (l’assassinio di Polly Castaldi Cestelli), eppure la vita del conte Vittorio Maria Canton di Sant’Andrea non sembra essere cambiata affatto, se non in peggio. Abbandonato dal suo partner Gino, in pessimi rapporti con il maggiordomo Gelasio e afflitto dai problemi di convivenza con la caustica zia Magda, il Principe Investigatore affoga nel gelato al triplo cioccolato le proprie frustrazioni, con la «Settimana Enigmistica» alla mano e la speranza che il telefono squilli per richiamarlo all’avventura. Cosa che, miracolosamente, accade.
Diana Palladio ha soltanto diciassette anni, ma un obiettivo ben preciso: riscattare il nome di suo padre Pietro Saba, scomparso quasi vent’anni prima e accusato del terribile, efferato delitto passato alla storia come Omicidio dell’Aventino, protagonista assoluto dei salotti televisivi nel 1997. Ma se la verità fosse un’altra e il vero killer si trovasse ancora in circolazione, impunito e contento?
Con le sue discutibili doti deduttive e animato da un’incredibile determinazione, il conte dovrà immergersi in un mondo a lui sconosciuto, quello dell’arte contemporanea, nel cui firmamento la giovane Diana sta per essere lanciata. Tra un vernissage e una tartina, Vittorio si perderà nel labirinto della borghesia intellettuale, che la polvere preferisce nasconderla sotto il tappeto, possibilmente birmano. In quel mondo, dove impera il conformismo dell’anticonformismo, Vittorio si ritroverà immerso «come una bustina di Twining’s nell’acqua bollente».
Sostituendo botox e chihuahua con pennelli e opere d’arte, la seconda avventura del Principe Investigatore si sposta dunque dai palazzi nobiliari del centro di Roma agli open space di Trastevere ricavati dalle ex fabbriche che continuano a chiamarsi «opifici» sebbene vendano birra. Cambia insomma lo scenario, non il punto di vista di Vittorio, ancora una volta impegnato nel lungo e periglioso cammino per diventare un vero detective.
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