Il nuovo ospite di “L’autore straniero racconta il libro” è lo scrittore e giornalista americano John Scalzi.
Molti di voi, lettrici e lettori di Letteratitudine, mi avete chiesto più volte di dare spazio ai romanzi di fantascienza. Eccovi accontentati, dunque. John Scalzi, infatti, tra le altre cose, ha vinto il John W. Campbell Award (importante premio letterario dedicato, appunto, ai romanzi di fantascienza).
In occasione della pubblicazione di questo post, John Scalzi ha scritto a Letteratitudine per raccontarci qualcosa sul suo nuovo romanzo “L’ultima colonia” (edito da Gargoyle Books, traduzione di Benedetta Tavani). E ne ha anche approfittato per ragionare sulla fantascienza come genere letterario e sulla relazione tra personaggi e lettore. Questa è la scheda di presentazione del libro…
Dopo anni passati a combattere per le Forze di Difesa Coloniale come soldato artificialmente potenziato, John Perry ha infine trovato un’oasi di pace in un universo violento. Un piccolo pianeta periferico dove vive con moglie e figlia servendo l’Unione Coloniale come semplice difensore civico.
Un giorno però il passato bussa alla porta della sua fattoria: John e Jane, anche lei ex soldato delle FDC, sono stati scelti per guidare la colonizzazione di un nuovo pianeta in un’operazione che si prospetta da subito di grande importanza strategica per il futuro dell’Unione.
I due non ci impiegheranno molto a capire che nulla è come sembra e che la nuova colonia è solo una pedina in un gioco di potere interstellare fra la razza umana e gli alieni, in bilico fra diplomazia e azioni di rappresaglia militare. John Perry dovrà districare una fitta rete di menzogne per salvare se stesso e la gente di cui è responsabile, impedendo che la loro finisca per essere l’ultima colonia del genere umano.
Ringraziamo John per averci inviato questo suo contributo, che pubblichiamo di seguito (anche in lingua originale). E ringraziamo Costanza Ciminelli per la traduzione in italiano.
P.s. Nelle precedenti puntate abbiamo ospitato: Glenn Cooper, Ildefonso Falcones, Joe R. Lansdale, Amélie Nothomb, Clara Sánchez, Gabrielle Zevin, Caroline Vermalle.
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L’UMANITÀ DELLA FANTASCIENZA
di John Scalzi
I miei non possono dirsi dei romanzi completamente o soltanto di fantascienza; il tema centrale che affronto è piuttosto l’evoluzione dell’individuo e le scelte che compie. L’evoluzione individuale e le scelte conseguenti sono la risposta agli eventi che caratterizzano la vita di ognuno di noi e hanno lo scopo di lasciare la nostra personale impronta nel mondo che abitiamo. Ciò potrebbe essere percepito sia come una sorpresa sia come una delusione per coloro che guardano alla fantascienza fondamentalmente come il luogo per antonomasia dove impazzano laser, alieni e astronavi – tutti elementi che comunque non mancano nella serie dei miei romanzi “Old Man’s War”, di cui L’ultima colonia costituisce il terzo volume.
Cominciamo con l’osservare un semplice fatto, ovvero che mentre la fantascienza ha luogo in un futuro lontano, i lettori che la leggono stanno vivendo qui e ora, e gli esseri umani che popolano la Storia sono gli stessi animali – gli stessi umani – che esistono da centinaia di migliaia di anni. Questo per dire che non importa quanto diventerà ancora più incredibile la nostra tecnologia, non importa se arriveremo al punto di conficcarci il computer nel cervello e viaggeremo tra i pianeti, saremo comunque le stesse persone che siamo ora, e che eravamo nell’età della pietra, quando guardavamo le stelle chiedendoci cosa fossero e come fossero arrivate sin là.
Eravamo, siamo e saremo esseri umani. Questo significa che le preoccupazioni che ci rendono umani continueranno a esistere. Ciò che ci rende umani è dato principalmente dalle le scelte che facciamo per noi stessi, per i nostri cari e per le nostre comunità. Ne L’ultima colonia, John Perry, l’eroe della serie “Old Man’s War”, prende le distanze dall’azione militare che è, invece, al centro di Morire per vivere, primo libro del ciclo, per ricoprire il ruolo di Amministratore di una delle tante colonie umane che ho immaginato popolino lo spazio. Ma, così come in guerra, le scelte compiute da Perry condizioneranno lui e avranno un contraccolpo sulla colonia che lui e sua moglie, Jane Sagan, sono stati invitati ad amministrare. Alcune scelte di Perry si riveleranno buone, altre no. Buone o cattive, tutte le scelte avranno un peso nella storia.
Quello che la fantascienza ci permette di fare è di mettere gli esseri umani in situazioni in cui diversamente non potrebbero trovarsi, mettendo anche i lettori in quelle medesime situazioni. Nel caso de L’ultima colonia, al centro di tutto c’è la brama di colonizzare un mondo nuovo di zecca. Ciò avviene, da un lato, attraverso alcune sfide che sono familiari alla storia individuale di ognuno di noi, se non al nostro mondo attuale, dall’altro, attraverso parecchie sfide che, invece, non ci sono affatto consone, perché non appartengono al mondo umano.
Che cosa vogliamo, come lettori, da queste situazioni? Vogliamo che i personaggi siano umani perché vogliamo vedere noi stessi in loro, identificarci con loro. Conoscere il percorso compiuto dai personaggi nella risoluzione dei loro conflitti è un aspetto che comprendiamo, pure quando non concordiamo con le loro azioni.
Anche se L’ultima colonia è il terzo titolo del ciclo “Old Man’s War”, ciascun romanzo è narrativamente autonomo, da un lato perché l’obiettivo di realizzare una serie di storie compiute c’è stato sin dall’inizio, dall’altro perché non è detto che tutti i libri del ciclo si trovino in circolazione (così vanno le cose nel mercato editoriale). In ogni romanzo c’è una crisi e i personaggi agiscono per fronteggiarla. Non importa a che punto si comincia a leggere la serie, il lettore familiarizzerà subito con l’umanità dei personaggi. L’umanità dei personaggi è la costante di tutti i romanzi dell’intero ciclo: a volte si tratta di esseri ingenui, altre di esseri frustrati e suscettibili di errore, in ogni caso si tratta sempre di qualcuno che potrebbe essere uno di noi.
Penso che avvicinare i personaggi delle storie di fantascienza a noi umani sia il modo migliore per scriverla e divulgarla e spero che, leggendo L’ultima colonia, arriverete anche voi a questa conclusione.
[traduzione dall’inglese di Costanza Ciminelli]
(Riproduzione riservata)
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John Scalzi (1969) è un giornalista e scrittore americano. Con il suo primo romanzo Morire per vivere (Gargoyle 2012) ha vinto il John W. Campbell Award 2006 come miglior scrittore esordiente e lo stesso libro è stato anche finalista al Hugo Award come miglior romanzo dell’anno. Ha pubblicato inoltre Le Brigate Fantasma (Gargoyle 2013), Zoe’s Tale e The Human Division. Con Redshirts ha vinto il Hugo Award per il miglior romanzo e il Locus Award per il miglior romanzo di fantascienza. È autore inoltre di saggi e racconti. È stato consulente creativo per la popolare serie televisiva di fantascienza Stargate Universe e fino al 2013 è stato presidente della Science Fiction and Fantasy Writers of America.
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THE LAST COLONY
The major theme of my science fiction work isn’t particular science fictional at all – it’s about the development of the individual and the choices that individual makes, both in response to the events in his or her life, and in order to shape the events in their world. This may come as either a surprise or disappointment to anyone who thinks science fiction is fundamentally about lasers and aliens and space ships that explode – all of which I have in my Old Man’s War series of books, of which The Last Colony is the third volume – but bear with me here, and I will explain all.
Let’s begin by noting a simple fact, which is that while science fiction takes very often takes place in a far off future, the audience who reads it exists now, and the human beings who the story follows are the same animal – the same humans – that have existed for a hundred thousand years now. Which is to say that no matter how amazing our future technology becomes, no matter whether we stick computers into our brains and travel the stars, we will be the same people we are now, and were in the stone age, when we looked up at the stars and wondered what they were and how they got there.
We were, are and will be human beings – and that means that the concerns of what makes us human will still exist. And what does make us human are in a large point the choices we make, for ourselves, for our families and for our communities. In The Last Colony, John Perry, the hero of the Old Man’s War series, steps away from the military action of the first book and into the role of a colony leader. But as in combat, the choices he makes shape him and have an effect on the colony he and his wife Jane Sagan have been asked to lead. Some choices he makes are good ones – and some are not. Both matter.
What science fiction allows us to do is put humans in situations that we can’t have them be in otherwise, and put the readers in those situations with them. In the case of The Last Colony, the situation is colonizing a brand new world. This comes with some challenges that are familiar in our history, if not our current world – but also several challenges which are not, because they are literally not of this world.
What do we want of humans in these situations? We want them to be human – because as readers we want to see ourselves in them and to identify with them. We want to know their journey toward the resolution of their crisis is one that we can understand, even if we don’t ultimately agree with their actions.
Although The Last Colony is the third book in the Old Man’s War series, I intentionally wrote each book to be able to stand on its own, partly simply because of the realities of the bookselling world (you can’t always guarantee the other books in the series are around) and partly because I wanted each book to tell its own, complete story. Each book has its own crisis, and the characters in the books deal with it. No matter where you step into the Old Man’s War universe, you’ll see the characters being human: sometimes being ingenious, sometimes being frustrated and fallible, but always recognizably one of us.
I think it’s the best way to write science fiction. When you read the book I hope you agree.
(Riproduzione riservata)
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