Il titolo di questo post non si riferisce a un romanzo erotico o a un film spinto.
La camera accanto è la stanza, per l’appunto, posta di fianco a quella ufficiale (letteratitudine).
Se letteratitudine è una sorta di caffè letterario virtuale, la camera accanto è un luogo dove si possono affrontare argomenti di diverso genere. Si può parlare di letteratura – certo -, di libri; ma anche di cinema, sport, televisione, politica, gossip, ecc.
Insomma, si può parlare di tutto ciò che volete. Ciascuno di voi può sentirsi libero di avviare un dibattito o, più semplicemente, scambiare quattro chiacchiere.
Anche qui, però, vige la nota avvertenza (colonna di sinistra del blog); per cui vi chiedo di rispettare persone e opinioni. Vi chiedo, inoltre, la cortesia di evitare litigi e toni eccessivamente scurrili.
(Massimo Maugeri)
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È morta Fernanda Pivano: 18 agosto 2009
Ne approfitto di questo spazio per comunicare la notizia della morte di Fernanda Pivano. Apprendo da Repubblica.it che la scrittrice e giornalista si è spenta in una clinica privata di Milano, dove era ricoverata da tempo. I funerali si svolgeranno probabilmente venerdì prossimo, a Genova, dove era nata il 18 luglio 1917.
Wikipedia Italia la ricorda così:
Fernanda Pivano (Genova, 18 luglio 1917 – Milano, 18 agosto 2009) è stata una giornalista, scrittrice, traduttrice e critica musicale italiana.
Figura di rilievo nella scena culturale italiana, protagonista e testimone dei più interessanti fermenti letterari del secondo novecento, amica, ambasciatrice e complice di autori leggendari, a lei si deve la pubblicazione e la diffusione in Italia degli autori della cosiddetta Beat Generation.
Nata a Genova, adolescente si trasferisce con la famiglia a Torino dove frequenta il liceo classico Massimo D’Azeglio. Nel 1941 si laurea in lettere con una tesi in letteratura americana sul capolavoro di Herman Melville, Moby Dick, che viene premiata dal Centro di Studi Americani di Roma.
Nel 1943 pubblica per Einaudi la sua prima traduzione, parziale, della Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters, lavoro che segna l’inizio della carriera letteraria sotto la guida di Cesare Pavese, già suo professore al liceo. Nello stesso anno si laurea in filosofia con Nicola Abbagnano, di cui sarà assistente per diversi anni.
Nel 1948 a Cortina Fernanda Pivano incontra Ernest Hemingway con il quale instaura un intenso rapporto professionale e di amicizia. L’anno successivo la Mondadori pubblica la sua traduzione di “Addio alle armi”, traduzione che in realtà era stata realizzata clandestinamente nel 1943, e per la quale, durante l’occupazione nazista di Torino, la Pivano era stata arrestata. Negli anni seguenti curerà la traduzione dell’intera opera di Hemingway, intensificando l’amicizia con lo scrittore americano, del quale sarà più volte ospite in Italia, a Cuba e negli Usa.
Dal 1949 al ’54 cura per la Mondadori la traduzione dei principali libri di Francis Scott Fitzgerald: “Tenera è la notte” (dapprima pubblicata da Einaudi), “Il grande Gatsby”, “Di qua dal paradiso” e “Belli e dannati”.
Nel 1956 compie il primo viaggio negli Stati Uniti, che sarà seguito da numerosi altri in America e in vari Paesi (India, Nuova Guinea, Mari del Sud, diversi Paesi orientali e africani).
Nel 1959 appare la sua prefazione a “Sulla strada” di Jack Kerouac, per la Mondadori.
Nel 1961 compie il suo primo viaggio in India.
Nel 1964 scrive l’introduzione a Poesie degli ultimi americani Feltrinelli e nello stesso anno si dedica alla traduzione e cura di Jukebox all’idrogeno di Allen Ginsberg – Mondadori.
Nel 1966 scrive la prefazione di “I denti cariati e la Patria” di Antonio Infantino edito dalla Feltrinelli.
Nel 1971 cura l’introduzione della riedizione di “Il mio mondo è qui” di Dorothy Parker, e de “L’altra America negli Anni Sessanta” – Officina
Nel 1972 cura l’introduzione alla prima raccolta di testi e traduzioni italiane di Bob Dylan “Blues ballate e canzoni” – Newton Compton. Esce la Raccolta di saggi “Beat, Hippie, Yippie” – Arcana.
Nel 1976 pubblica il saggio “I Mostri degli Anni Venti”, in cui dedica un appassionato ritratto ai più grandi scrittori dell’ “età del jazz”, quali Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Dorothy Parker, William Faulkner e Edgar Lee Masters. Nello stesso anno esce la Raccolta di saggi “C’era una volta un beat” – Arcana
Nel 1982 pubblica “Quello che mi importa è grattarmi sotto le ascelle” – Intervista a Charles Bukowski.
Nel 1985 pubblica la biografia di Hemingway, Milano, Rusconi, 1985, che riceve il Premio Comisso nello stesso anno.
Nel 1995 pubblica “Amici scrittori” – Mondadori, Raccolta di saggi
Nel 2000 pubblica “I miei quadrifogli” – Frassinelli
Nel 2002 pubblica uno scritto su Fabrizio De André all’interno del volume “De André il corsaro” assieme a Michele Serra e a Cesare G. Romana.
Nel 2003 pubblica “Un po’ di emozioni”, Fandango Libri.
Nel 2004 pubblica “The beat goes on” a cura di Guido Harari – Mondadori, album fotografico.
Nel 2005 pubblica “I miei amici cantautori” – Mondadori, raccolta di saggi e interviste sui poeti della canzone d’autore e del rock, a cura di Sergio Sacchi e Stefano Senardi e “Pagine Americane” – Frassinelli, raccolta di scritti su narrativa e poesia dal 1943 al 2005.
Nel 2006 pubblica “Spoon River, ciao” con fotografie di William Willinghton scattate nei luoghi dell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters in Illinois – Dreams Creek e “Ho fatto una pace separata”, – Dreams Creek.
Nel 2007 pubblica “Lo scrittore americano e la ragazza perbene. Storia di un amore: Nelson Algren e Simone de Beauvoir”, Tullio Pironti
Nel 2008 pubblica “Diari (1917.1973)” a cura di Enrico Rotelli con Mariarosa Bricchi e contributi di Erica Jong, Bret Easton Ellis, Jay McInerney, Gary Fisketjon – Bompiani e “Complice la musica” – BUR
Fernanda Pivano ha contribuito ininterrottamente alla diffusione e alla conoscenza critica degli scrittori contemporanei più significativi d’America in Italia: da quelli del dissenso “negro”, come Richard Wright, a quelli del dissenso non violento degli anni Sessanta (Allen Ginsberg, Jack Kerouac, William Burroughs, Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti), l’autore della dissacrazione del sogno americano Charles Bukowski, fino a giovani autori come Jay McInerney, Bret Easton Ellis, David Foster Wallace, Chuck Palahniuk e Jonathan Safran Foer.
Altre informazioni, qui.
Inserisco, di seguito, il video di una vecchia intervista che Jack Kerouac rilasciò a Fernanda Pivano.
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È morto Turi Vasile: 1° settembre 2009
Ho appena appreso la notizia da Andrea Di Consoli. Nella mail, Andrea scrive così: “Lo scrittore, regista e produttore cinematografico TURI VASILE è morto. Qualche giorno fa anche Silvana, sua “eterna” moglie, è morta. Noi della casa editrice Hacca (il sottoscritto, Francesca Chiappa, Alessandra, Caterina, Francesca e Dora) ci sentiamo vicini alla famiglia Vasile in questo triste momento.
Abbiamo avuto l’onore di pubblicare il suo ultimo libro di racconti, “L’ombra” (www.hacca.it), e abbiamo sempre creduto nella eccezionalità di questo scrittore.
Parole comunque, in questo momento, non ce ne sono molte.
Speriamo solo che d’ora innanzi ci si ricordi dei suoi libri.
Addio Turi, che il dio che hai tanto cercato possa davvero esistere.
Andrea Di Consoli”
Segue un pezzo firmato dallo stesso Andrea Di Consoli…
È morto a Roma lo scrittore, regista e produttore cinematografico Turi Vasile. Era nato a Messina nel 1922, e sin dai tempi dell’università – durante il fascismo – si era trasferito a Roma. Molto intensa è stata la sua attività teatrale (L’arsura, La procura e L’acqua) e cinematografica, sia come sceneggiatore (per Luigi Zampa e Michelangelo Antonioni), sia come regista (Gambe d’oro con Totò), e sia come produttore (Roma di Federico Fellini, I vinti di Michelangelo Antonioni e Pane e cioccolata di Franco Brusati).
Di Roma di Fellini parlava, negli ultimi anni, come del più grande dolore della sua vita, perché Fellini non rispettò i patti, e fece lievitare i costi iniziali fino a costringere Vasile a indebitarsi pesantemente. Ma, per i bizzarri giochi del destino, negli ultimi anni proprio una badante ucraina di nome Roma lo ha accudito premurosamente, proprio come una figlia, tanto che più volte nei suoi racconti si parla di lei come di un angelo inaspettato.
A partire dal 1992 Turi Vasile ha iniziato a pubblicare una serie di libri, quasi tutti con l’editore Sellerio di Palermo (tra gli altri: Paura del vento, Un villano a Cinecittà, L’ultima sigaretta, Male non fare). Con l’editore napoletano Pironti ha pubblicato il romanzo Giòn, mentre con l’editore Avagliano ha pubblicato Morgana (2007) e Silvana (2008). L’ultimo suo libro di racconti, appena uscito per le edizioni Hacca, è intitolato L’ombra.
Ho avuto la possibilità di essere suo editore per ben due libri (per Morgana e per L’ombra). Per tanti anni ho ascoltato le sue storie affascinanti (la sua nostalgia per Anonimo veneziano di Enrico Maria Salerno, la sua devozione per scrittori quali Omero, Bellow, Flaiano, Babel, Bufalino, la sua ossessione per una Sicilia che non riconosceva più, ecc.). Sempre ci si incontrava nella sua piccola casa sulla Cassia, dove viveva prendendosi devotamente cura della moglie Silvana, gravemente ammalata, e protagonista di molti racconti dell’ultimo Vasile.
Non nascondo che uno dei nostri temi di conversazione era l’ipocondria – di cui soffrivamo entrambi – e che lui chiamava, in dialetto messinese, “la lissa”.
Nel 2008 lo accompagnai per alcuni giorni in Sicilia (a Siracusa, a Lentini, a Noto) per presentare Morgana, e quel viaggio rimane per me indimenticabile. Per rendere omaggio alla sua Sicilia perduta, aveva anche trasformato il suo piccolo giardino romano in un Eden di fiori e di frutti siciliani.
Tranne pochissime eccezioni, Vasile è sempre stato uno scrittore di racconti, finanche di scritti brevi (questo, insieme a una limpidezza di scrittura, lo affratellava a Raffaele La Capria, che più volte ha scritto di lui). La sua memoria era popolata di miraggi mediterranei, di favolose mitologie, di storie bibliche, e poi di tanti personaggi veri incontrati nel mondo del teatro e del cinema. Diciamo che i due poli estremi della sua geografia sentimentale sono sempre stati Cinecittà e Messina: il teatro del cinema, e il teatro della memoria.
Non sappiamo se per fortuna o per sfortuna – ma credo che Turi Vasile lo consideri un regalo del destino – venerdì scorso è morta anche Silvana, l’amata moglie. Negli ultimi anni era tormentato dalla malattia della moglie, e più volte l’ho guardato in silenzio mentre tentava disperatamente – con canzoncine antiche, con stornelli siciliani, con frasi del loro lungo codice amoroso – di suscitare la sua attenzione, di strapparla dall’oblio della malattia.
I funerali si svolgeranno a Roma giovedì pomeriggio alle 15 nella chiesa S. Andrea sulla Cassia.
Andrea Di Consoli
Interrompo per un po’ i pensieri vacanzieri per dare notizia della morte di Fernanda Pivano.
Lo faccio utilizzando questo nostro spazio chiamato “la camera accanto”.
La nota scrittrice, giornalista è traduttrice si è spenta oggi in una clinica privata di Milano, dove era ricoverata da tempo. I funerali si svolgeranno probabilmente venerdì prossimo, a Genova, dove era nata il 18 luglio 1917.
Invito, chi lo desidera, a lasciare un pensiero.
Conoscevate la Pivano?
Credo che un po’ tutti noi ci siamo imbattuti – nel corso delle nostre letture – se non in suo testo, quantomeno in una sua traduzione.
Metto in evidenza due passaggi estrapolati dal post…
1. Nel 1948 a Cortina Fernanda Pivano incontra Ernest Hemingway con il quale instaura un intenso rapporto professionale e di amicizia. L’anno successivo la Mondadori pubblica la sua traduzione di “Addio alle armi”, traduzione che in realtà era stata realizzata clandestinamente nel 1943, e per la quale, durante l’occupazione nazista di Torino, la Pivano era stata arrestata.
2. Fernanda Pivano ha contribuito ininterrottamente alla diffusione e alla conoscenza critica degli scrittori contemporanei più significativi d’America in Italia: da quelli del dissenso “negro”, come Richard Wright, a quelli del dissenso non violento degli anni Sessanta (Allen Ginsberg, Jack Kerouac, William Burroughs, Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti), l’autore della dissacrazione del sogno americano Charles Bukowski, fino a giovani autori come Jay McInerney, Bret Easton Ellis, David Foster Wallace, Chuck Palahniuk e Jonathan Safran Foer.
La mia gratitudine a una donna che ha speso la vita a servizio della letteratura.
Sul post trovate il video di una vecchia (ma interessantissima) intervista che Jack Kerouac rilasciò a Fernanda Pivano.
Un caro saluto a tutti.
Certo che conoscevo Fernanda Pivano. Ho letto l’ antologia di Spoon River. Mi piaceva molto, oltre la sua scrittura, la sua umanità. Ricordo il suo rapporto con De Andrè, caratterizzato da stima e affetto.
Anni fa andò via la corrente, di notte, per un tempo abbastanza lungo. Lessi che la Pivano, che lavorava di notte, era andata in panico. La sentii molto vicina perché anche io ho il terrore del buio. Sul mio comodino c’ è sempre un accendino e una candela. Anche se dormo, se va via la luce mi sveglio. Arrivederci, Fernanda. Spero di incontrarti quando sarà il mio momento. Franca
L’ho conosciuta più come traduttrice che come autrice.
Addio alla grande Nanda.
Fernanda Pivana è stata una donna che ha fatto molto per la letteratura, anche in contesti ed epoche difficili, quando per le donne le porte degli ambienti letterari erano un po’ più chiuse rispetto ad oggi.
Ciao anche da parte mia, Nanda.
Ciao grande Fernanda, grazie per esserci stata e per essere sempre assieme a noi nei tuoi libri.
Su Repubblica.it hanno pubblicato questo pezzo
http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/spettacoli_e_cultura/morta-pivano/morta-pivano/morta-pivano.html
Grazie a Franca, Aurelio, Letizia, Giuse, Aurelio…
Con lei va via un altro pezzo dell’Italia intellettualmente aperta e capace di accogliere cultura e arte.
Lei ha contribuito a congiungere due continenti, traducendo con fedeltà perfino poeti ribelli e difficili. Il talento lei lo sentiva a fiuto.
Ho sempre ammirato la sua umanità, e la sua disponibilità.
Addio, grande Fernanda, sentiremo la tua mancanza, ma, sono sicura, ci saranno tempi di altri incontri, in dimensioni in cui niente finisce.
Vi invito anche a vedere e ad ascoltare questa interessantissima videointervista su Repubblica.tv datata 3 luglio 2006:
http://tv.repubblica.it/copertina/fernanda-pivano-the-beat-victorian-girl/3416?video
Nanda (definita la massima ambasciatrice della cultura americana del ‘900 in Italia) risponde alle domande di Giulia Santerini…
Grazie anche a te, Cri.
Buonanotte a tutti.
Mi dispiace tanto… spero che, ovunque si trovi, abbia incontrato di nuovo i suoi amici scrittori, poeti e musicisti… è stata la donna degli incontri, quel link magico che ha permesso a certi libri e a un’intera cultura di “passare”. Credo che sia stata una persona generosa, che ha pensato più a fare da tramite che ad affermarsi personalmente.
Non ci resta che ringraziarla e far sì che la sua fatica, il suo lavoro, i suoi scritti vengano traghettati alle nuove generazioni.
Kerouac, la letteratura, Trollope e i postini…
Come sono diversi gli scrittori oggi!…
ML
Senza di lei non avrei letto Keruac, Fitzgerald e il mio amatissimo Hemingway.
Grazie Fernanda per come hai speso la tua vita e le tue passioni.
You are the golden eternity because there is
no me and no you, only one golden eternity.
*
Tu sei l’eternità dorata perchè non esiste
me o te, ma solo una eternità dorata.
(Jack Kerouac)
***
F. Pivano: Dai tuoi libri pensavo che tu fossi aggressivo e invece sei tollerante. Ed è una bella sorpresa per me. Peccato che questa intervista è stata troppo corta. Forse Joe mi porterà qui di nuovo la prossima volta che vengo a San Francisco. Così la prossima volta non dovrò pensare al registratore e potremo passare un paio d’ore soltanto a chiacchierare. Non posso dire a bere perchè io bevo solo soda, quella che noi chiamiamo acqua minerale. Hemingway mi diceva sempre: “Figlia, questa non me la dovevi fare”.
C. Bukowski: Già, a quelli che bevono piace la gente che beve con loro. Altrimenti…
F. Pivano: Sì, lo so. E’ come con l’acido e il resto.
C. Bukowski: Sì, la coca.
F. Pivano: Se non si fa insieme, gli altri si imbarazzano. Ma noi siamo amici lo stesso, vero?
C. Bukowski: Certo. Prendi questa rosa.
Alla Pivano devo le mie prime letture “americane”. E le devo ciò che quelle letture seppero donarmi: il senso dell’avventura, della curiosità, della “memoria”. Non è poco e desidero ringraziarla per questo. Uso il presente perchè per persone come lei, il tempo della vita è solo parte della loro presenza. Grazie Fernanda.
Di Fernanda Pivano ho un unico struggente ricordo. Un’estate messinese di moltissimi anni addietro. In casa di un’amica scrittrice, Giovanna Giordano. Mi presentano questa grande Signora della letteratura e io le siedo accanto, intimidito, senza ancora conoscerla. Iniziamo una chiacchierata incredibile, incentrata sul grosso anello che quel pomeriggio portava al dito. Era un regalo personale di Hemingway, mi disse. Io la guardavo allibito, incredulo. Per me Hemingway e Pavese e tantissimi altri – per i miei vent’anni scarsi d’allora – erano solo nomi stampati sulla carta. Monumenti. (Lo sono ancora oggi, Monumenti). Fernanda Pivano mi spiegò che si trattava di un regalo di Hemingway per ringraziarla di averlo raccolto su una delle numerose panchine parigine dopo varie notti di alcool e disperazione. Partì un discorso per immagini, e solo queste immagini ricordo, oltre alla grande incredibile forza delle sue parole. Kerouac. Ginsberg. L’America. Un generazione che ha fondato le basi della scrittura contemporanea. E sogni. Sogni su sogni. Ricordo una grandissima affabilità, legata a un senso della leggerezza. Di non-peso. E’ questa sensazione precisa che voglio conservare tra i ricordi. Questa levità. Questo garbo dell’essere. Che possa riposare in pace, e continuare a vivere attraverso le parole – quelle che ha detto e quelle che ha tradotto. Con lei perdiamo un pezzo della nostra stessa storia.
Grazie, Massimo, per questo post e anche per il video dell’intervista con Kerouac – il quale, anche per stemperare la tristezza con una battuta, è fatto come una pigna!
Della Pivano resterà lo splendido lavoro, che l’ha resa immortale.
Mentre sto scrivendo su Rai Uno ascolto Uto Ughi che suona sulle Dolomiti… violini, montagne, ruscelli, trote… citazioni letterarie… la bellezza salverà il mondo e Fernanda Pivano è stata una cercatrice di bellezza.
Di Fernanda ci resteranno le sue traduzioni, il suo acume, il suo amore per la scrittura. Di altre donne italiane- di quello che popolano tv e cronache- cosa ci resterà? Nulla, per fortuna. Onore a Fernanda!
Mi dispiace moltissimo. Purtroppo il tempo passa e non siamo eterni. Ma basta lasciare una piccola traccia del nostro passaggio che, unito alle tracce degli altri, costruiremo una bellissima e lunghissima autostrada.
E penso che la Pivano sarebbe anche d’accordo su questo semplice commento di commiato.
Intervengo solo per dire che è una vergogna il comportamento della RAI. Il TG1 ha dedicato due secondi alla notizia, per poi passare al caldo e ad altre stupidaggini estive. Il TG2 non ne ha proprio parlato.Scriviamo una lettera di protesta alla RAI. In quale mondo viviamo? Muore un cantante rock e se ne parla per settimane. Muore Fernanda Pivano e non si dice niente…
Gordiano Lupi
L’ho saputo ieri sera, l’ha ricordata Cristiano De Andrè al concerto alla Versiliana. Quando muore una scrittrice ne deve nascere un’altra. Le parole non possono fermarsi. Le emozioni devono fluttuare ancora. Per sempre…
Avevo vent’anni, studente universitario a Pisa, acquistai “Sulla strada” e “I sotterranei” Di J.Kerouac, sapevo già dell’attività di traduttrice di Fernanda Pivano e dei suoi rapporti come allieva di Cesare Pavese ma non conoscevo le sue capacità di scrittrice e la sua facilità, apparente, di introdurre il lettore neofita a quel grande oceano che la narrativa americana pre e post bellica rappresentava. Credo di avere letto da allora in poi tutto o quasi quello che usciva dalla sua mente poliedrica senza eccezioni e mi sorge spontaneo l’accostamento ad un altra grande donna della cultura contemporanea, in specie, di quegli anni così fecondi per la mia formazione e crescita intellettuale: Simone De Beauvoir.Un sentito grazie a Massimo Maugeri e a Renzo Montagnoli per avermi fatto tornare dolorosamente e profondamente sulle tracce che Fernanda Pivano ha lasciato nella mia mente e segnato nel mio cuore.Franco SEculin
Aveva da poco compiuto gli anni, 92. Testimone della letteratura mondiale, soprattutto americana, ci aveva fatto conoscere grandi autori come Hemingway, Kerouac, Ferlighetti, ma aveva anche indicato in un nome italico forse il poeta più importante degli ultimi cento anni, quel cantautore di successo che è stato Fabrizio De Andrè.
Fernanda Pivano ci ha lasciato in questo caldo agosto e non è una frase di circostanza dire che ne sentiremo la mancanza, perché tanto ha dato e tanto ancora riusciva a dare.
Di lei certamente serberemo un ricordo positivo, con quel suo sorriso che anche in tarda età aveva un che di sbarazzino, proprio di una che ha saputo comprendere il senso della vita, ritraendone quanto di positivo può offrire, sempre, fino all’ultimo, un esempio forse ancor più importante della sua notevole attività letteraria.
@luigi
Come al solito mi stupisci. Non sapevo avessi conosciuto personalmente Fernanda Pivano. Sono cose che restano nella memoria e nel cuore.
Così come la Pivano ha permesso l’ingresso nel nostro cuore di tanti scrittori che seppure geograficamente lontani abbiamo sentito vicini e parte di noi.
Adesso tocca a noi trasmettere alle generazioni future i messaggi della beat generation. I messaggi veri, quelli che hanno influenzato così profondamente cultura e modo di pensare. Per non dimenticare. Perchè ai più giovani non arrivino soltanto pallide caricature di ciò che è stato.
@ Maria lucia. La bellezza salverà il mondo, si. Lo fa già giorno per giorno
Mi ricordo di quella volta al CSo Conchetta quando le ho parlato animatamente del mio modo di intendere la scrittura e dei miei ideali, e lei si è addormentata sulla sedia: tanto interessanti sono i miei discorsi… Ricordi personali a parte, ha lasciato questa vita una protagonista della letteratura italiana del ‘900.
@Barbara X Il tuo senso dell’ironia e soprattutto dell’autoironia ti fa onore. Complimenti di cuore.
Ciao Fernanda.
Liz
io vorrei ribadire ciò che ha detto Gordiano Lupi: è una vergogna che non si sia dato spazio a una perdita come questa
è una vergogna ogni cosa che viene ammannita agli italiani da Rai-Set.
Ma vogliamo indignarci tutti, una buona volta?….
Fernanda era una donna curiosa, capricciosa, sola. Con i giovani era generosa e materna. L’ho conosciuta già malata un quindici anni fa, a Palermo. Eravamo al premio Mondello e fuggimmo a Palermo per cercare qualcosa nel vecchio mercato antiquario. Mi fece comprare delle straordinarie vecchie formine che ho ancora, di terracotta e di gesso. E mi portò nella migliore pasticceria della città. Poi ci siamo riviste a Roma, abitava a Trastevere, e nella sua casa di Milano che era del disordine pasticcione tipico di tanti intelletttuali, piena di libri sparsi. Parlava spesso dei suoi amati americani, della giovinezza, del marito che l’aveva abbandonata e che lei non aveva mai smesso di amare. Unica
@Cristina: indignarci? Prova a chiedere in giro di Fernanda Pivano? E’ raro che qualcuno ti sappia rispondere chi fosse; c’è un livello d’ignoranza incredibile che è proprio anche di non pochi laureati, gente che legge due o tre libri in un anno e che per questo si professa amante della letteratura. Ma sai che non pochi comprano libri per esporli in biblioteca e che non li leggeranno mai? E’ una società più di bestie che di uomini.
se moriva un tipo dell’isola dei famosi sicuramente la notizia era più curiosa.
A Renzo: ho capito in quale accezione tu intenda il termine ‘bestie’ (cioè come sinonimo di cacchette), ma -perdonami la petulanza antispecista- questa è purtroppo una società umana e umanizzata: è per questo che fa così schifo. Magari fosse una società dotata della purezza delle bestie, degli animali. Non ci sarebbe tutta quell’isteria (e quell’ignoranza) che deriva dall’inquietudo animi tipica dell’essere umano. E comunque le genti e la gioventù italiche non solo ignorano il lavoro svolto da Fernanda Pivano: moltissimi non hanno mai letto nemmeno una terzina della Commedia, non sanno che farsene… (e sono borghesi, manager, laureati: non più solo i cafoni di Silone, gente che comunque era terreno fertile, cioè disposta ad apprendere, ad amare la propria coscienza). Questo naturalmente non lo dico come ‘consolazione’: è una triste constatazione di un dato di fatto inquietante. ‘La nostra forsa l’è l’ignoransa, alè Atalanta alè alè’: un amico mi ha detto che a Bergamo (ma non penso solo a Bergamo) si canta così allo stadio.
Cara Mavie, sono quelle testimonianze che ti porti dentro come gemme, nel tesoro della memoria. Io credo che incontrare un grande, in un modo o nell’altro, ti segni. E aver parlato quel pomeriggio con Fernanda Pivano ha lasciato in me una traccia indelebile, rafforzata poi dalle letture e dall’ammirazione per il suo lavoro di scrittrice e intellettuale. Sono davvero dispiaciuto per questa morte, ma al tempo stesso consapevole che chi è così grande non muoia mai per davvero…
Ciao,
nelle peregrinazioni WEB di agosto mi sono imbattuta in questo blog.
E’ proprio carino, come si fa a corrispondere con voi? Non sono molto esperta in questa materia.
Intanto, vorrei dire di essere stata subito colpita dal commento di Maria Lucia Riccioli (per la morte di Pivani) in quanto riporta una frase bellissima, che anche a me piace citare spesso in questi tempi di cupe tenebre: “la bellezza salverà il mondo”. Non vi pare divina?
Ciao,
MAri
Grande ammirazione e un ringraziamento commosso a questa donna intraprendente che ha saputo riconoscere il valore rivoluzionario delle opere poetiche e narrative dell’America degli anni cinquanta.
Le ha tradotte e ce le ha portate, rivoluzionando il concetto di poesia come la tradizione ce l’aveva consegnata.
Grazie
Carla Paolini
A Salvo. Quella sera in Conchetta ho fatto un po’ una figuretta delle mie. Ma è comunque un aneddoto che mi è sempre piaciuto ricordare, poiché, prima che la stanchezza e i miei discorsi la vincessero, avevo assistito a una sua conferenza e poi, al termine di questa, mi aveva parlato di Faulkner e Steinbeck. Naturalmente, parole speciali.
Sulla Pivano dico soltanto: è morta una persona di una certà età, che ha speso per intero la propria vita, in maniera straordinaria, lasciando un segno importante E’ morta in un letto d’ospedale assistita dai medici. Così come di recente anche Bonaviri. E’ un fatto naturale, non c’è nulla di cui rattristarsi. Mi rammarica di più l’indifferenza della televisione, di cui accennava Gordiano Lupi. Ma si sa, in questo periodo fanno più notizia le tette al vento e le sparate di Bossi.
@Barbara X Secondo me sei molto in gamba, ogni tanto visito il tuo sito e trovo che scrivi cose egregie. In quanto alle figure barbine, chi ne è esente scagli la prima pietra. Ve ne racconto una così ci tiriamo su il morale: una volta (quindici anni fa) mi invitarono in un salotto letterario a Siracusa, c’era un gruppo di poetesse che si dilettavano a recitare le loro poesie. Me ne diedero una da leggere, mi concentrai e ci misi tutto il mio impegno: “Alle cinque della sera…” Mi sembrava di ricordare che fossero versi molto noti ma ero un po’ emozionato. Alla fine gli applausci scrosciarono. Io dissi: “Grazie. Ma gli applausi vanno rivolti all’autrice” indicando la dama che mi aveva porto il foglio.
“Ma no, sono versi di Pablo Neruda” mi corresse quella.
Giuro, avrei voluto sprofondare.
@Salvo: consolati, perchè anche quella si è sbagliata; l’autore è Federico Garcia Lorca…
Conoscevo Fernanda. Una sera l’avevo invitata a cena a casa mia Ed era venuta, ancora convalescente dopo un’operazione. Sapeva di essere stata tra i protagonisti di una stagione speciale, un lungo, irripetibile momento Di grande letteratura e scriveva perchè niente andasse perduto, neppure uno dei suoi ricordi. Quella sera ha confessato serenamente di sentirsi una sopravvissuta, superstite di un mondo scomparso, in parte perduto, dal quale continuava ad essere illuminata,come succede a certe stelle morenti : nonostante la distanza ne percepiamo ancora lo splendore.
@Barbara X: bestie, come affetti da bestialità, che nulla ha a che vedere con gli animali. Purtroppo, in campo animale, l’uomo è quello che è capace di gesti sublimi, ma anche di increbili nefandezze.
@Renzo. Mi stai dando una grande notizia. E’ proprio vero che la vendetta è un piatto da consumarsi freddo. Vado subito a dirglielo.
@Roselina Salemi. Conservo nella mia biblioteca “Il nome di Marina”, uno dei romanzi più belli che abbia mai letto. Complimenti!
@Salvo: non mi risulta che Neruda abbia scritto una poesia con questo titolo. Comunque, onde essere più realisti del re, ecco di seguito i primi versi della poesia di Lorca e vedi se collimano con quelli che hai letto:
Alle cinque della sera.
Eran le cinque in punto della sera.
Un bambino portò il lenzuolo bianco
alle cinque della sera.
Una sporta di calce già pronta
alle cinque della sera.
Il resto era morte e solo morte
alle cinque della sera.
…
@Renzo. Ma sì, sapevo bene che erano i versi di Lorca, mi sono divertito a mischiare un po’ le carte. Urca! vuoi che non conosca i versi di L’orca!
Poca lorca!
PorCa Lorca…
Insomma, Salvo, più che mischiare le carte diciamo che hai barato…
Per puro caso sto rileggendo PALME SELVAGGE di Faulkner, Oscar Mondadori edizione 1991, con introduzione di FERNANDA PIVANO.
E’ un libro “sperimentale” in cui l’autore scrive in realtà due romanzi, alternando i capitoli in un susseguersi di situazioni al limite della credibilità, a meno che non si conoscano di persona i luoghi in cui si dipanano gli eventi. Io quei luoghi li ho visti con occhio da viaggiatore comune, ma la penna di Fitzgerald ce li presenta nella loro eccezionalità con personaggi parimenti eccezionali.
La lucida introduzione della PIVANO è supporto di spessore alla comprensione di quanto Fitzgerald ha voluto trasmettere al lettore, impreparato a un siffatto modo di procedere nello svolgimento in contemporanea delle due trame.
Grande Pivano. Grazie per tutto ciò che ci hai donato.
Marisa magnani
@ Renzo
è appunto a questa becera ignoranza che mi riferisco.
al fatto che anche qualcun altro ha rilevato, che la cultura è merce rara, che tutto quello che ammanniscono le reti tv Stato-Set è robaccia da ottundere i cervelli…
Non mi meravigliavo del fatto che la maggior parte degli italiani non conoscesse la Pivano. Quanti conoscono la maggior parte degli scrittori del secolo scorso o attuali?
Mi indigno perchè si mantiene volutamente basso il livello di cultura, volutamente, lo ribadisco. perché è più facile imbrigliare le masse ignoranti.
aggiungo una considerazione: ai tempi della mia giovinezza, anche i ragazzi di periferia, quelli che studiavano a stento o già lavoravano, avevano scoperto i grandi autori americani proprio grazie alle sue traduzioni. Non c’erano discoteche, ci si radunava nelle case, si leggevano i Gialli Mondadori, curati proprio da Lei, e si imparava, insomma, anche da pubblicazioni d’evasione., perché lei non lesinava riferimenti, perfino nella collana dii fantascienza dello stesso editore.
Dei Grandi, nostri e d’oltreoceano, fu più volte garante.
Gran Donna, ebbi il piacere di vederla ad una conferenza a Bologna qualche anno fa e mi colpì il suo fascino nel raccontare le sue beate avventure.
Salutami Hank, Jack e gli altri.
In morte di Fernanda Pivano
Ora che anche lei se n’è andata, non so cosa più resti della beat generation e dell’urlo di Ginsberg.
E non solo da noi, in questa periferia lontana, dove arriva soltanto l’effimero spruzzo di una schiuma. I figli ribelli sono ormai dei quieti nonnini: qualcuno ha fumato “ senza aspirare”, altri hanno vaghi ricordi di una strada, per un concerto al Lambro, il Leaving che passava, i sacchi a pelo e la luna in tondo, a contemplare il mondo che intanto limonava.
Già, un flirt. Non sono mai riuscito a liberarmi dall’idea che Fernanda flirtasse con la letteratura. Non con questo o quell’autore, con Cesare piuttosto che con Ernest, ma con la letteratura in quanto tale. Lei, una gamine irriverente e dai modi tuttavia cortesi, leggera e quasi un po’ svagata mentre Kerouac le dondola sul fianco e le alita sul viso, lui sì portatore di una sincerissima e mortale infatuazione: certo, la letteratura.
Chissà, forse anche questo, l’esistere in forma vaporosa, a lato dei nostri modernissimi spoon river, può essere considerato poesia. Almeno nel senso in cui si dice che De André fu il più grande poeta del novecento.
Ecco, adesso sì che il novecento letterario se n’è del tutto andato. Con l’ultima piuma di Pavese a dondolare in aria, sopra la panchina.
Penso alle tante storie umane, le nostre, che s’incrociano lassù. E davvero non ho nessuna nostalgia.
La televisione? Quando sono nato neppure esisteva e la soluzione non sta nel fatto che parli o no di certe cose. Il problema, come diceva Pasolini, sono i nostri volti.
Ma di una cosa alla Pivano sono grato: di vera poesia credo ne resti poca; ma fu, se anche con mano irriverente, un aprire le finestre. E quel vento improvviso, non solo nel ricordo, per chi l’ha sentito almeno una volta è vivo e ardente come allora.
Grazie Massimo.. ho condiviso il video. Ero molto affezionata a questa grande interprete e la voglio ricordare come l’ho vista da viva l’ultima volta nella bellissima baia di Boccadasse, circondata da un pubblico numeroso e caloroso, che ascoltandola parlare avvertiva netta la sensazione di trovarsi di fronte a una grande donna, che la sua vita l’aveva vissuta tutta fino in fondo.
Grata per quanto ha donato alla cultura, a me personalmente e al mondo intero.. Porgo a tutti un cordiale saluto
🙂 Gianna
Addio Fernanda e grazie, grazie infinite, del tuo immenso, magnifico lavoro!
E se dovesse capitarti, nelle tue “vasche” su e giù per il Cosmo, di incontrare il tuo amico Faber, bé…portagli i miei saluti.
Danilo (Taggiasco a Sydney)
“Sal, we gotta go and never stop going till we get there.” “Where we going, man?” “I don’t know, but we gotta go.”
Addio a Fernanda Pivano, che celebrò la cultura della “beat generation”… Che tutti gli spiriti liberi di quel tempo e di oggi la accolgano con l’abbraccio di tutti quei sogni, ideali, valori, che non si stanco’ mai di celebrare!
UN’ALTRA GRANDE CHE SE NE VA E L’ITALIA E’ SEMPRE PIU’ ITALIETTA
E’ stata un faro che ha illuminato le opere di un’epoca. Grazie Fernanda.
E morto un essere umano, la scadenza per natura non ci viene stampata su di una etichetta e ce ne andiamo comunque, questo di per se non fa notizia, ma per pochi rmane il loro grande vissuto la loro capacità di donare emozioni, cosi’ per Fernanda Pivaro, a cui il merito di non essersi fermata mai, di aver nutrito la sua curiosità a vantaggio di tutti.
Francesca T.
Cari amici, vi ringrazio tutti per i vostri commenti.
Li leggerò con calma prima di intervenire di nuovo.
Intanto, ancora grazie…
Ho letto le sue prefazioni a libri di scrittori americani, in particolari quelli della beat generation. Non avrei penetrato l’essenza più profonda di quei testi senza il suo contributo. Con molto rimpianto,
Gloria
@ Caro Massimo, penso che ognuno di noi abbia un debito di gratitudine
nei confronti della meravigliosa Fernanda. Con il suo vivace talento ha
saputo spalancarci uno scrigno dorato di sogni.
La nota traduttrice, la conosco attraverso i racconti degli amici.
Venerdì, 9 agosto del 2002, nel salone delle feste, affollatissimo, di villa Durazzo, alla Pivano, da parte del Sindaco Angelo Bottino le venne conferita la cittadinanza onoraria di Santa Margherita Ligure.
Nella stessa occasione, il mio amico giornalista Marco Delpino, direttore della Rivista culturale “Bacherontius” assegnò alla scrittrice, il Premio
Internazionale ” Golfo del Tigulliio”, ossia una speciale targa in ardesia nella quale campeggiava un originale veliero cesellato in oro e argento.
Dopo tale importante riconoscimento alla carriera, Marco la intervistò in diretta. La Pivano, fra stornata e commossa riferì un saliente episodio
attinente al suicidio di Hemingway, desunto dalla testimonianza della moglie, che ricordò: ” come Ernest, deciso il gesto estremo, mentre scendeva gli scalini della cantina per andare a prelevare il fucile, canticchiava una canzoncina in italiano, insegnatagli dalla Pivano in occasione del loro primo incontro a Cortina..”
Di tutta l’intervista, questo piccolo frammento di vita, mi è sembrato così toccante e tenero che ho voluto condividerlo con voi.
A te, Massimo caro e agli altri tutti, grazie per tutte le attestazioni che
leggeremo sulla mitica ed amata Fernanda Pivano.
Un saluto caldo e afoso..
Tessy
Fernanda era l’unico vero riferimento della grande, e al tempo stesso inquietante, letteratura americana. Senza di lei, senza la sua grande sensibilità letteraria e la sua intelligenza, l’Italia, e forse l’Europa intera, non avrebbe avuto modo di avvicinarsi agli autori americani, così distanti dal pensiero europeo di quei tempi.
Grazie Fernanda per il contributo che hai dato alla letteratura.
Care amiche e amici, eccomi di nuovo qui. Desideravo ringraziarvi tutte/i, per i bellissimi commenti che avete scritto.
Grazie a: Maria Lucia Riccioli, emilia cirillo, Subhaga Gaetano Failla, Claudio Biondi…
@ Rita Charbonnier
È vero, Rita… dal punto di vista tecnico il video della Pivano con Kerouac non è granché (è una “pigna”, dici… facendomi ridere):-))
Credo che il video sia stato prelevato dai vecchi archivi Rai.
Però che bello vedere e sentire Kerouac lì con la Pivano…
@ Luigi La Rosa
Molto affascinante il tuo aneddoto sull’incontro con la Pivano.
Grazie, Luigi.
E ringrazio pure: Penna in affitto, Salvatore Armando Santoro, Gordiano Lupi (non ho visto i servizi Rai, Gordiano. Ma se davvero ne hanno parlato così poco direi che è quantomento disdicevole), Sandra Mazzinghi, Franco Seculin, Renzo Montagnoli, Mavie Parisi, Barbara X, Salvo Zappulla, Elisabetta.
Un ringraziamento e un saluto speciale a Sandra Petrignani, che sarà presto ospite di Letteratitudine per discutere del suo nuovo libro: “Dolorose considerazioni del cuore” (nottetempo)
http://www.ibs.it/code/9788874521784/petrignani-sandra/dolorose-considerazioni-del.html
(Grazie per l’aneddoto)
@ Mari
Benvenuta a Letteratitudine!
Come vedi, intervenire è molto semplice. Ti aspetto… e sentiti a casa.
E ancora grazie a: Carla Paolini (specchio), Marisa Magnani, gbohemien, Antonio Bianchessi, Gianna (Cyprea), Taggiasco a Sydney (saluti in Australia), Maurizio Della Nave, Giovanni Volpe, Alessandra Palombo, Francesca, Gloria, Andrea, M.Teresa Santalucia Scibona (in arte, Tessy: grazie per aver condiviso il “frammento”).
@ Roselina Salemi
Cara Roselina, grazie per essere intervenuta e per averci donato il tuo aneddoto con la Pivano.
Lo ha già fatto Salvo, ma consiglio a tutti gli amici di Letteratitudine, di leggere il tuo bellissimo romanzo/inchiesta “Il nome di Marina” (Rizzoli):
http://www.ibs.it/code/9788817009188/salemi-roselina/nome-marina
Più tardi inserirò, qui tra i commenti, un po’ di rassegna stampa, sulla morte di Fernanda Pivano.
MILANO (20 agosto) – È stata aperta questa mattina la camera ardente per Fernanda Pivano, allestita presso la casa di cura Don Leone Porta di Milano, dove la scrittrice è morta due giorni fa. All’entrata, sono stati collocati un gonfalone del Comune di Milano, in segno di omaggio da parte della città, e un registro dove già stamani sono stati lasciati dei messaggi di affetto e ricordo di ammiratori e amici, tra cui l’architetto Arnaldo Pomodoro. Sul corpo della scrittrice è stata adagiata la traduzione da lei curata dell’Antologia di Spoon River.
La camera ardente resterà aperta fino a stasera. Per espressa volontà degli amici non sono state autorizzate riprese e fotografie all’interno.
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Fonte: Il Messaggero
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=70248&sez=HOME_SPETTACOLO
di Renato Minore
ROMA (19 agosto) – L“anziana ragazza” che se n’è andata, classe di ferro 1917, era davvero un personaggio, unico e straordinario. Un personaggio mitico, un mito vero e proprio. Fernanda Pivano per oltre sessanta anni è stata, in senso specialistico, un’americanista. Un’americanista senza cattedra: la nostra accademia non aveva mai saputo approfittare di lei e della sua eccezionale, unica esperienza letteraria; e anzi ne aveva spesso diffidato considerandola una “dilettante” o peggio «il maggiordomo degli scrittori americani».
L’avventura di quella straordinaria “dilettante”, della “signorina perbene” della Torino borghese era iniziata alla fine degli anni Trenta quando Pavese, il suo giovane docente, le diede da leggere Foglie d’erba di Whitman, Addio alle armi di Hemingway, Il figlio di Windy McPherson di Sherood Andersen e l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Quest’ultimo libro fu poi tradotto da lei, per Einaudi, e divenne il testo di poesia che si rincorse da un lettore all’altro e unì le generazioni. E tutte nel segno di quella parola stretta e fulminante che la Pivano aveva saputo travasare, con vera pazienza creativa, nella nostra lingua.
Iniziava così la sua “carriera” di traduttrice di un’infinità di libri, da FaulkNer a Fitzgerald a Geltrude Stein a Poe fino alla cosidetta “beat generation”, Ginsberg, Kerouac, Bourroughs, Corso, Ferlinghetti. E iniziava la sua “carriera” critica, un critico che si definiva in primo luogo fan degli artisti a cui si applicava. La Pivano seppe individuare i più importanti scrittori americani per almeno tre generazioni. Prima Hemingway- Faulkner- Fitzgerald, poi la “Beat generation”, infine i minimalisti, Calver e McInerney. Alle prese con i loro testi e la loro eistenza, mise in atto quel metodo che in bel libro di saggi, Album americano, definisce sociobiografico. Ovvero nei grandi scrittori non esistono barriere tra l’opera e la vita e la critica non è che un racconto, «il racconto si converte a sua volta in vita».
La “ragazzina perbene” seguiva la strada indicatale da Pavese. Usava la traduzione come strumento per avvicinarsi sia alle tecniche espressive degli scrittori amati sia al mondo dal quale provenivano e che raccontavano nei loro libri. Era sedotta dagli ideali di libertà che alcuni di quegli scrittori esprimevano e aveva allargato il campo d’indagine. L’analisi letteraria doveva passare anche attraverso l’ambiente i luoghi il clima politico, era come un «etnologo sul campo invece che in biblioteca». La Pivano sapeva raccontare di amicizie appassionate, innamoramenti letterari fulminei, di pagine come diceva dettate «con l’anima sulle labbra». Divenne così quella straordinaria scrittrice che è stata: tutti i maggiori scrittori americani li abbiamo conosciuti attraverso le sue parole. Il suo metodo era proprio di raccontare con candore e con divertimento i particolari, anche i più personali, di tanti incontri.
In quei saggi che poi confluirono nei Diari (1917-1973), pubblicati due anni fa, c’era di tutto, materia leggera e quasi volatile, scorciata con grazia, misura, entusiasmo nella cornice dello schizzo grafico e della scrittura, stretta e fulminante. Una sorta di memoria involontaria che vaga e si deposita con libertà nei deliziosi cammei dove si sciolgono le figure di Primo Levi, Pavese, Hemingway, Abbagnano, Kerouac, Ginsberg, Corso… C’era la disperazione dell’ultimo Hemingway, il fascino irresistibile e lo humor di Saul Bellow, le disavventure italiane di Jack Kerouac, la vita tormentata di Don DeLillo, Bob Dylan a San Francisco, Gore Vidal nel 1948, Bret Easton Ellis a New York trenta anni più tardi… Fernanda Pivano era guidata da un ideale che lei stessa definiva anacronistico, «l’utopia di una democrazia universale». Un vero e proprio mito e, come tutti i miti, amato soprattutto dai più giovani che sono stati sempre e hanno continuato a essere ancora oggi, i fans più fedeli di quella novantenne ancora lucida e curiosa, con i capelli corti, che accoglieva il visitatore sotto la Marylin dorata di Andy Warhol in una casa zeppa di libri (che poi sono diventati, grazie a Benetton, una biblioteca pubblica milanese di oltre trentacinquemila titoli). Che sapeva parlarti come nessun altro degli scrittori americani, che sapeva dialogare con Jovanotti, che sapeva amare De André, che s’era conservata come «una signorina perbene» mantenendo (come ebbe a scrivere una volta Franco Cordelli) il coraggio, l’entusiasmo, la limpidezza, in una parola la fortezza d’animo. E immacolata tra le rovine «come le scrittrici inglesi di un’altra età, da Ivy Compton Burnett a Barbara Pym».
Sono in molti a ricordare la Pivano a Castelporziano, al festival dei poeti del 1979. C’erano sul palco i suoi amici della Beat Generation. «Il loro successo fu il suo successo: non c’era giovane poeta o giovane lettore di poesia americana, che potesse separare le immagini degli americani da quella del loro anfitrione italiano». A poco a poco così, «la sua vita aveva cominciato a prendere il sopravvento sulle opere, senza ovviamente prescinderne». Era questo il suo mito, e quello resisteva ancora all’ inizio del nuovo millennio, quando Fernanda parlava dell’America che tutte le generazioni hanno amato. O quando ricordava il Ginsberg disperato che urlava: «Io sono un uomo che ha avuto un sogno e lo ha visto fallire».
Era furiosa, voce fredda, dura, nessuna confidenza: «Con te non parlo, scrivete su di me cose false, assurde». Era nera, per un articolo o un commento che non le era piaciuto. Tu, ancora più freddo, reclamavi la tua innocenza. Lei poco a poco si sgelava, e parlando di Safran Foer e di Eggers si fece dolce, piccola, curiosa. Era la doppia anima di Nanda. Lei ti scrutava con quegli occhi da signora ribelle e diceva: «Tu con me devi usare la parola passione se no non capisci niente. Devi dire che i miei scritti sono viscerali: è questa la mia chiave. Hai capito?». Nanda testimone, oracolo, Nanda che narra la vita dietro la letteratura, Nanda Madonna beat e pellegrina, Nanda musa, amica, finestra sull’Atlantico.
Era difficile, ammettiamolo, non fare i conti con lei, con i suoi umori, le parole, le passioni. Basta sfogliare a caso tra le sue prefazioni, tra gli scrittori di cui è diventata compagna di viaggio, voce tradotta. A caso, così: L’ultimo dei Mohicani di Fenimore Cooper (1946), Storia di me e dei miei racconti di Sherwood Anderson (1947), Morte nel pomeriggio di Ernest Hemingway (1947), Tenera è la notte di Francis Scott Fitzgerald (1949), Non si fruga nella polvere di William Faulkner (1951), Sulla strada di Jack Kerouac (1959), Hydrogen Jukebox di Allen Ginsberg (1964), Meno di zero di Bret Easton Ellis (1986), Libra di Don DeLillo (1989), Fight Club di Chuck Palanjuk (1998). L’America della Pivano è qui ed è un po’ anche la nostra. Anche con i suoi errori, con quel soffio d’ideologia che rende rosso acceso l’individualismo anarchico di Jack e spoglia il maschilismo di Ernest. Ma era il suo tempo e non è giusto rubarglielo.
L’incontro con l’America è un amore liceale, in una Torino in camicia nera, e un professore antifascista. È Cesare Pavese (nella foto). «Avrei passato ore ad ascoltarlo, con una voce che avrebbe fatto morire d’invidia qualsiasi attore. Somigliava vagamente a quella di Hemingway». Una sera torna a casa e trova in portineria Antologia di Spoon River. Edgar Lee Masters. E un biglietto: traducilo. È l’inizio. Legge Whitman e Anderson. Scopre Hemingway. Traduce Addio alle armi e le SS la spediscono in carcere. S’innamora dei suoi paragrafi «stellanti». S’incontrano nel 1948. Lo scrittore è stanco e già depresso.
L’uomo che chiamano «Papa», innamorato di tori e toreador, è più fragile di quanto si pensi. Tra i due è la ragazza, che ormai ha quasi trent’anni, ad avere forza e futuro. È una grande amicizia, nulla di più, nulla di meno. Amore? «È una domanda che mi hanno fatto spesso. Ed è la più odiosa. Non sono mai finita a letto con lui». L’uomo di Nanda non scriveva romanzi. Era l’architetto Ettore Sottsass. È con lui che arriva a Milano. È la Milano degli anni ’50, quella di Vittorini e di Strehler, del Politecnico e del Piccolo. C’è il Corsera di Montale, Buzzati e Banchelli. Lei scrive per Epoca, Aut Aut, Successo, Corriere d’Informazione. Ha quasi quarant’anni e non è mai stata dall’altra parte, lì dove sono gli Stati Uniti. Ci va nel ’56, in tempo per vedere l’ultimo atto del maccartismo. La svolta però arriva un po’ più tardi: «Gli scrittori della beat generation erano cinque: Kerouac era il genio. Ginsberg era il pr. Burroughs era il perverso. Corso era il più grande poeta d’America. Cassady era la loro musa». La storia la conoscete. La Pivano l’ha raccontata in libri e parole. Sono stati i suoi ragazzi. Li ha tradotti e li ha portati in Italia. Una sera a San Francisco se ne va in giro con Neal Cassidy, il Don Giovanni maledetto che ha ispirato On The Road. Lui la guarda e dice: «Tu non bevi, non fumi, fai l’amore solo con tuo marito. E non mi capisci quando parlo. Chissà perché hai voluto conoscermi?». La risposta, in fondo, non era importante. La Pivano ha sempre agito d’istinto. Il suo rapporto con la letteratura è passione o indifferenza. L’ultima pagina di I miei quadrifogli dice tutto di Nanda. Nove anni fa, già quasi un testamento: «Un quadrifoglio a te Mister Papa, maestro di tutti. Un quadrifoglio a te, infelice Pavese. Un quadrifoglio a te, disperato Kerouac…». Ha fatto sempre così. Non ci sono domande, non ci sono ragioni. Non sai perché dica sì alla saga di Safran Foer, e al suo villaggio ebraico nel cuore dell’Ucraina, e liquidi Jonathan Franzen con un: «The Correction? Noioso». Non c’è ragione. «Io – diceva – mi sento sempre coinvolta e non valuto niente. Questo lo fanno i professori. Io quando leggo una pagina mi innamoro oppure non mi innamoro. E se non m’innamoro non ne parlo, perché non mi interessa più». Nanda Pivano aveva novantadue anni. Ha ascoltato l’America e ha regalato quadrifogli.
Cesare Pavese l’aveva avuta come allieva al D’Azeglio, e si innamorò di lei. Le chiese due volte di sposarlo, nel ’40 e nel ’45, e soprattutto le fece tradurre l’Antologia di Spoon River, quella mitica raccolta di poesie che doveva accompagnarla per tutta la vita, restare un simbolo e incarnarsi molti anni dopo nella lunga amicizia con Fabrizio De André.
Fernanda Pivano, «Nanda» per tutti, è mancata ieri alle 6 del pomeriggio in una casa di riposo milanese; aveva 92 anni e da qualche tempo era ormai molto indebolita. Ma aveva fatto in tempo a festeggiare il compleanno, in una sobria festa dove erano venuti da lei tutti gli amici cantautori, con Dori Ghezzi e Fabio Fazio. E’ stata una grande valorizzatrice di talenti, un’intellettuale che non si tirava mai indietro, e anche una delle figure più belle, materne, generose della nostra cultura. I suoi funerali si terranno venerdì a Genova.
In una delle tre poesie di Lavorare stanca a lei dedicate nel ’40 – ma solo nel dattiloscritto – Pavese scriveva: «Tu muovi il capo/come intorno accadesse un prodigio d’aria/e il prodigio sei tu». Sono versi, questi di Estate, che fissano per sempre un carattere, un’idea, un atteggiamento. Li avebbero potuti sottoscrivere tutti i grandi autori che negli anni sono stati inglobati nel suo perimetro culturale e amichevole, da Ernest Hemingway ad Allen Ginsberg e tutta la Beat Generation, per proseguire con Jay McInerney, Bret Easton Ellis, David Foster Wallace, Chuck Palahniuk, Jonathan Safran Foer. E’ partita poco più che studentessa alla scoperta dell’America, e ha trovato l’America bella. L’ha portata in casa, l’ha fatta conoscere, l’ha persino coccolata. Gli scrittori americani non passavano da Milano senza andare da lei, spesso per restarci il più a lungo possibile.
Quelli della Beat Generation, perennemente a corto di denaro, bivaccavano allegramente a casa sua: la loro sopravvivenza in Italia spesso dipendeva solo dalla sua generosità. Hemingway la corteggiò, certamente le volle molto bene dal giorno in cui, a Cortina – era il 1948 – la ricevette con un grande abbraccio e una frase rimasta celebre: «Tell me about the nazi», raccontami dei nazisti. Sapeva che nel ’43, durante la perquisizione alla sede torinese dell’Einaudi, era stata trovata la sua traduzione di Addio alle armi, e lei era finita in galera. Nacque un grande sodalizio. Il tempo per ripartire per Torino, e lo scrittore già le mandava una lettera in cui, al suo modo e col suo stile, ripeteva il concetto espresso da Pavese: «Ti ho trovata carina e bella, e anche con una buona testa per pensare».
Nel tempo, l’avrebbe anche chiesta in sposa, ma Nanda non si fidò: sapeva che le passioni dello scrittore, fino a poco prima innamorato pazzo di Marlene Dietrich, duravano molto poco. E poi stava per sposarsi con Ettore Sottsass, il grande architetto e designer. Negli anni, lasciò trapelare qualche vago pentimento, visto che insieme, raccontava, ci si divertiva tanto. E non solo per «Papa»: anche per Jack Kerouac, un altro scrittore che aveva ammirato moltissimo e aiutato non poco, facendolo infine pubblicare da Mondadori. Fernanda Pivano era nata a Genova nel luglio del ’17, ma presto la famiglia si era trasferita a Torino. Qui si laureò in lettere con una tesi su Moby Dick e poi in filosofia con Nicola Abbagnano. La strada era segnata, anche se in America andò per la prima volta molto tempo dopo, nel ’56, quando già aveva rivelato in Italia, con le sue traduzioni, la grandezza di Francis Scott Fitzgerald.
Di lì in poi, il suo ruolo era segnato: scriveva molto di suo (ricordiamo la biografia Hemingway, Mondadori, i racconti di Dov’è più la virtù, incentrati sulla fine del suo matrimonio, Marsilio, I miei quadrifogli, Frassinelli, e i Diari pubblicati da Bompiani) traduceva moltissimo, e soprattutto continuava a scoprire le nuove Americhe letterarie, le nuove culture e i nuovi autori. Non solo. Alla fine degli Anni 90 nacque la profonda amicizia con Fabrizio De André, che di Spoon River aveva musicato le poesie. Per lei, che era stata amica di Bob Dylan, il cantautore genovese era un grande poeta. Una volta disse persino il più grande di tutti; non le venne mai perdonato. Attraverso di lui scoprì gli eroi della cultura pop, da Ligabue a Jovannotti, fino a Paolo Conte e Vasco Rossi. Non disdegnava di salire sul palco, durante i concerti, con le sue buffe papaline che le conferivano un aspetto da antica ragazza sbarazzina, un po’ figlia dei fiori, un po’ grande madre.
Allen Ginsberg, in una delle sue ultime visite in Italia, registrò un monologo in cui la descriveva così: «Nanda è stata una delle mie compagne di strada più preziose. Senza di lei, oggi, in Italia la letteratura americana sarebbe un’altra cosa. Lei, soltanto lei, è stata capace di attraversare, incontrare, unire, spiegare, raccontare oltre cinquant’anni della nostra letteratura… Si è avvicinata a noi con umiltà, ha cercato di capire le nostre ragioni, ha condiviso i nostri sogni e più di noi, spesso più di noi, si è battuta perché questi sogni diventassero realtà. E oggi, ancora oggi che siamo stati sconfitti, che la guerra vince sulla pace, lei continua a pensare che i versi di un poeta possano fermare le bombe».
Seguono i link a tre articoli:
http://www.corriere.it/cultura/09_agosto_19/Io_uno_dei_bad_boys_iscritto_da_lei_nel_club_dei_famosi_jack_mcinerney_d4517498-8c8d-11de-90bb-00144f02aabc.shtml
–
http://www.corriere.it/cultura/09_agosto_19/Quel_modo_di_raccontare_i_grandi_per_esperienza_diretta_sergio_perosa_ab477340-8c8d-11de-90bb-00144f02aabc.shtml
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http://www.corriere.it/cultura/09_agosto_19/La_ragazza_che_adotto_la_Beat_generation_ranieri_polese_718e98c2-8c8d-11de-90bb-00144f02aabc.shtml?fr=box_primopiano
Link a due articoli:
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Italia/2009/commenti-sole-24-ore/19-agosto-2009/scomparsa-pivano.shtml
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http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2009/08/pivano-fernanda-ricordo.shtml?uuid=f8df11d0-8c88-11de-b130-b7670d20ee60&DocRulesView=Libero
di Stefano Ciavatta
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Non era una leggenda tra studenti universitari che si potesse andare a trovare Fernanda Pivano nella sua casa di Trastevere, anche senza appuntamento, semplicemente bussando alla sua porta. Bastava citofonare e si entrava nel caos di scaffali che traboccavano libri. Ed era vero. Un patrimonio inestimabile di libri che, divisi tra le case di Milano e di Roma, la Pivano nel 1990 aveva preventivamente stabilito dal notaio di voler destinare al rogo, e non in senso metaforico.
Come confessava a Mirella Serri nel 1997 sulla Stampa, «avevo fatto testamento e lasciato scritto, come mia ultima volontà, che i miei libri, dopo la mia scomparsa fossero bruciati. Non volevo, tra l’altro, che finissero frazionati in bibliotechine universitarie, dopo che gli accademici spesso hanno avversato il mio lavoro».
Nessun libro è finito bruciato per fortuna, ma quanta fatica per trovare una collocazione ai suoi cinquantamila volumi, un numero che inevitabilmente cambia i connotati a una semplice biblioteca, facendola diventare qualcosa di più simile a una istituzione. Oltre ai semplici testi, manoscritti e prime edizioni con dediche e autografi, l’archivio Pivano comprendeva all’epoca la corrispondenza di 40 anni di amicizia e attività con i suoi Hemingway, Fitzgerald, Bellow, Toklas, Ginsberg, Kerouac, Corso, e i minimalisti Carver e McInerney.
E poi monografie, opuscoli, periodici, tesi di laurea, pubblicazioni rare e introvabili, edizioni a tiratura limitata, materiali vari, pamphlet e opuscoli ciclostilati, articoli, recensioni, interviste, traduzioni.
Un tesoro personale costruito negli anni, che mescolava letteratura e vita. Ma perchè allora il rogo? La decisione trascritta nel 1990 davanti al notaio era l’estrema ratio di una profonda delusione, quella di aver provato a donare i suoi libri, per poterli vedere radunati in un unico posto, ma senza successo. «Nessuno li ha voluti- confessava in un’altra occasione- per problemi di spazio e di denaro. Allora ho redatto un testamento in cui chiedevo che tutti i miei libri fossero bruciati».
Neanche le due città che la ospitavano, Roma e Milano le diedero retta. Sempre a La Stampa dichiarò: «Mi sono rivolta a tanti politici. Ho cercato contatti con Carlo Tognoli, quando era sindaco di Milano, che mi fece gentilmente notare che i libri “era meglio tenerseli a casa propria”. Poi sono passata a chiedere ospitalità al Comune di Roma. L’allora assessore alla Cultura Renato Nicolini mi diede un appuntamento alle 7 di mattina per farmi varie ed inutili promesse. Ho chiesto aiuto al Vaticano e alla Biblioteca Sormani. Pensavo di far fare una valutazione del numero esatto dei volumi al libraio torinese Pezzana. Poi tutto è sfumato nel nulla».
Di qui la decisione del falò, senza sfoghi in pubblico. Ma la notizia trapelò lo stesso. E otto anni dopo, quella versione del testamento venne stracciata per merito dell’imprenditore Luciano Benetton che si fece avanti e offrì alcuni locali della sua Fondazione a Milano dove venne inaugurata il 16 dicembre del 98 la Biblioteca Riccardo e Fernanda Pivano. Oltre al fondo Pivano, ospita anche quello del padre Riccardo, più di 10 mila libri, con pezzi rari di edizioni scomparse di Marinetti, di D’Annunzio. E poi il fondo del marito, l’architetto Ettore Sottsass, costituito da documenti fotografici.
Nel fondo Pivano, non mancano ovviamente fotografie e registrazioni audio: interviste, readings di poeti e scrittori, la voce di Ginsberg, Kerouac e gli altri. E le chicche da collezionisti come la prima edizione di Tropico del cancro di Miller pubblicato dalla The obelisk press a Parigi, in inglese, ma con l’esplicito divieto – riportato in copertina – di pubblicazione in Gran Bretagna e Stati Uniti.
Libri e memorabilia che potevano finire anche sotto l’ala protettiva di Berlusconi, quando -già avviato il progetto da Benetton- arrivò la proposta di curare il patrimonio librario nella biblioteca personale di via del Senato.
Buon viaggio Fernanda.
Grazie a te ho conosciuto molti dei miei autori preferiti. Non ti dimentichero` mai.
Paola (Genovese a New York)
Volevo salutare i cari Luigi e Mavie: Luigino, hai conosciuto anche la Pivano! Incredibile…
Roselina Salemi: un caro saluto… ci siamo incontrate al concorso Porsche e al premio Vittorini. Concordo con Salvo Zappulla sulla bellezza del romanzo… per le gaffes: una volta ho scritto che ALLE FRONDE DEI SALICI, una delle mie poesie preferite peraltro, era di Montale! Perdono, Quasimodo!
Barbara: se l’uomo si comportasse come gli animali forse il mondo andrebbe meglio… il nostro coniglietto nano era una pallina di pelo e amore.
A Mari: benvenuta e grazie… credo molto in quella frase di Dostoevskij… bellezza intesa come arte, come verità, come amore, come Bellezza non solo ideale ma incarnata. Per il cristiano la Bellezza è il Dio che si fa carne e sangue e scommette sull’umanità, pur soffrendo e morendo.
io la ricordo ridente, più ancora che sorridente. rideva molto, ma ti scrutava con quegli occhi attenti di bambina vecchia. ci s’incontrava nella libreria di Santa Maria in Trastevere, allora gestita da Resy Lazzarone e Anthony Falco e che oggi inalbera la scritta ‘Minimum Fax’. ho avuto l’onore di cenare con lei in una freddissima sera invernale del 1994. eravamo in cinque o in sei (la serata era stata organizzata dai due librai) e ci siamo radunati in un locale della vecchia Trastevere in cui si dice che abbia vissuto l’amante di Raffaello, la Fornarina: è un angolo della città vecchia che amo molto, all’ombra di Porta Settimiana. Malgrado il gelo polare, o forse proprio per questo, la serata è stata speciale: era come essere andati a trovare una vecchia fata che ti raccontava le sue antiche magie. Si pendeva dalle sue labbra: era una cornucopia che dispensava immagini fantastiche. Gli incontri furtivi con Cesare Pavese, entrambi imbacuccati fino all’inverosimile nella Torino occupata dai nazisti, il fascino travolgente dell’America, gli incontri con Ernest Hemingway e con la divina Marlene Dietrich che le confidava le sue pene d’amore durante un viaggio in aereo. Saremmo rimasti ad ascoltarla fino all’alba e oltre. La mia mania di scattare fotografie in qualsiasi occasione si è rivelata provvidenziale. Conservo gelosamente un’istantanea di quella sera fatata. Fernanda Pivano è seduta accanto alla libraia Resy Lazzarone e noi uomini siamo in piedi dietro di lei come cavalieri intorno a una regina. Lei ride di cuore. Ogni volta che passo davanti a quel ristorante, a ridosso di Porta Settimiana, ricordo quella sera e il freddo che ci attanagliava, e la voce di Fernanda Pivano. Beh, che dire… la vita è come tu la vedi, alla fine, e lei la vedeva bella. Molti incontri, e tutti di spessore, e l’ostinazione a guardare in alto, a vivere con i contafavole e non con i burocrati. Era della razza di Madame de Staël che si precipitò in Germania nel 1803 per intervistare i grandi esponenti del Romanticismo, da Goethe a Schiller e oltre, e raccoglere i nomi nel suo celebre “De l’Allemagne”. Fernanda Pivano era di quella razza, apparteneva alla categoria di chi teme che la bellezza dei libri possa dissolversi se non ci si preoccupa di annotare, divulgare, sistemare, catalogare, tramandare… Combatteva contro l’oblio! Gran perdita, e soprattutto in un momento storico non particolarmente felice per questa nostra Italia così involgarita. Un abbraccio a Massimo e a tutti gli amici che mi hanno preceduto con i loro interventi. Francesco Costa
Grande, Nanda. A te il pensiero nostro.
73 è il probabile numero degli eritrei morti nel tentativo di raggiungere le coste siciliane. Il Ministro degli Interni dell’Italia, Roberto Maroni, rappresentante del partito politico denominato “Lega Nord”, esprime dubbi.
Se ci sarà, nei prossimi decenni o secoli, un’Italia migliore di quella di oggi, essa guarderà con orrore al trattamento riservato ai fratelli migranti e ai fratelli detenuti nelle carceri.
A Subhaga Gaetano Failla. Ho visto il tuo commento e unisco la mia voce alla tua, la filosofia di questi tristi tempi è affossare il più debole, o, nel migliore dei casi, non portargli alcun rispetto.
Un ringraziamento a Paola e a Mari.
@ Francesco Costa
Caro Francesco, grazie per essere intervenuto e per averci raccontato l’aneddoto del tuo incontro con Nanda Pivano.
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Ricordo che Francesco Costa, autore di “Presto ti sveglierai” (Salani), è stato ospite di Letteratitudine in questo post:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/06/29/presto-ti-sveglierai-incontro-con-francesco-costa/
Caro Gaetano,
grazie per il tuo commento delle h. 12:26 pm (e grazie anche a Barbara).
Riporto, nel commento a seguire, l’articolo di Marina Corradi uscito su Avvenire di oggi.
Credo che tutti noi dovremmo rifletterci sopra…
da AVVENIRE del 21 Agosto 2009
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Sulle rotte dei disperati: Chi non vuole vedere e chi muore
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Sono arrivati in cinque. Erano ischeletriti, cotti dal sole che martella, in agosto, sul canale di Sicilia. Ma il barcone, era grande: ce ne stipano ottanta, i trafficanti in Libia, di migranti, su barche così. Affastellati uno sull’altro come bidoni, schiena a schiena, gli ultimi seduti sui bordi, i piedi che penzolano sull’acqua. E dunque quel barcone vuoto, con cinque naufraghi appena, è stato il segno della tragedia. Laggiù a 12 miglia da Lampedusa, ai margini estremi dell’Europa, un relitto di fantasmi. Cinque vivi e forse più di settanta morti, in venti giorni di peregrinazione cieca nel Mediterraneo.
Decine e decine di eritrei inabissati come una povera zavorra di ossa in fondo a quello stesso mare in cui a Ferragosto incrociano navi da crociera, traghetti, e gli yacht dei ricchi. È questo il dato che raggela ancor più. Perché in venti giorni, nelle acque della Libia e di Malta, e in mare aperto, qualcuno avrà pure incrociato, o almeno intravisto da lontano quel barcone; ma lo ha lasciato andare al suo destino. Solo da un peschereccio, hanno detto i superstiti, ci hanno dato da bere. Come dentro a una spietata routine: eccone degli altri. E non ci si avvicina. Non si devia dalla rotta tracciata, per un pugno di miserabili in alto mare. Noi non sappiamo immaginare davvero. Come sia immenso il mare visto da un guscio alla deriva; come sia spaventoso e nero, la notte, senza una luce.
Come picchi il sole come un fabbro sulle teste; come devasti la sete, come scarnifichino la pelle le ustioni. Noi del mondo giusto, che su quelle stesse acque d’agosto ci abbronziamo, non sappiamo quale spaventevole nemico siano le onde, quando il motore è fermo, e l’orizzonte una linea vuota e infinita. Non possiamo sapere cosa sia assistere all’agonia degli altri, impotenti, e gettarli in acqua appena dopo l’ultimo respiro. ‘Altri’ che sono magari tuo marito o tuo figlio. Ma bisogna liberarsene, senza tempo per piangere. Perché quel sole tormenta e disfa anche i morti; e i vivi, vogliono vivere. Noi non sappiamo com’è il Mediterraneo visto da un manipolo di poveri cristi eritrei, fuggiti dalla guerra, sfruttati dai trafficanti, messi in mare con un po’ di carburante e vaghe indicazioni di una rotta.
Ma c’è almeno un equivoco in cui non è ammissibile cadere. Nessuna politica di controllo della immigrazione consente a una comunità internazionale di lasciare una barca carica di naufraghi al suo destino. Esiste una legge del mare, e ben più antica di quella pure codificata dai trattati. E questa legge ordina: in mare si soccorre. Poi, a terra, opereranno altre leggi: diritto d’asilo, accoglienza, respingimento. Poi. Ma le vite, si salvano. E invece quel barcone vuoto – non il primo arrivato come un relitto di morte alla soglia delle nostre acque – dice del farsi avanti, tra le coste africane e Malta, di un’altra legge. Non fermarsi, tirar dritto. (Pensate su quella barca, se avvistavano una nave, che sbracciamenti, che speranza. E che piombo nel cuore, nel vederla allontanarsi all’orizzonte).
La nuova legge del non vedere. Come in un’abitudine, in un’assuefazione. Quando, oggi, leggiamo delle deportazioni degli ebrei sotto il nazismo, ci chiediamo: certo, le popolazioni non sapevano; ma quei convogli piombati, le voci, le grida, nelle stazioni di transito nessuno li vedeva e sentiva? Allora erano il totalitarismo e il terrore, a far chiudere gli occhi. Oggi no. Una quieta, rassegnata indifferenza, se non anche una infastidita avversione, sul Mediterraneo. L’Occidente a occhi chiusi. Cinque naufraghi sono arrivati a dirci di figli e mariti morti di sete dopo giorni di agonia. Nello stesso mare delle nostre vacanze. Una tomba in fondo al nostro lieto mare. E una legge antica violata, che minaccia le stesse nostre radici. Le fondamenta. L’ idea di cos’è un uomo, e di quanto infinitamente vale.
Marina Corradi
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Fonte: Avvenire del 21-8-2009
http://www.avvenire.it
Grande donna! Devo a lei l’approccio con le Beat Generation, a lei le mie letture divoranti di Hemingway – che ho tanto amato – a lei e a Cesare Pavese la conoscenza della letteratura americana. Ho sempre pensato che Fernanda Pivano fosse donna e letterata eternamente giovane. Per i suoi entusiasmi creativi divoranti e mai sopiti, anche quando si è avvicinata al mondo di Fabrizio De Andrè e della musica d’autore. Ci sarebbe tanto da dire su di lei, tanto da meditare. Le mando solo un saluto affettuoso, dove è ora, e le sono grata.
Delia Morea
L’articolo di Marina Corradi è straziante ma soprattutto illuminante. Allora si educava il popolo a considerare gli ebrei carne da macello, esseri di una razza inferiore di cui liberarsi in fretta, nei forni crematori e in qualsiasi altro modo. In nome della purezza della razza ariana. I nazisti e i fascisti credevano di operare in nome di una giusta causa o comunque della loro causa. Così aveva deciso chi deteneva il potere. Oggi in Italia gente che ricopre cariche di governo agisce alla stessa maniera. Gli esseri di una razza inferiore sono gli emigrati, i neri, i meridionali. Non ci si stupisca se a furia di sentire le esternazioni di Calderoli e compagni qualcuno finisca per credersi superiore a un altro. Forse gli stessi siciliani di quelle barche che non hanno prestato soccorso. Non è indifferenza la loro ma cinismo, sprezzo per degli straccioni che a loro parere non valevano niente. Si è instaurato un clima pericolosissimo in Italia, qualsiasi scandalo viene assorbito nell’arco di una settimana e metabolizzato. E si procede come nulla fosse. Oggi si chiede il voto in nome del sacro valore della famiglia e domani si va a puttane. E la Chiesa sta a guardare. Oggi si fa la guerra ai magistrati, si cerca di abolire le intercettazioni telefoniche che sono state fondamentali per la lotta antimafia e domani si dichiara in pompa magna che nel giro di qualche anno la mafia sarà estirpata. Non si capisce come. Propaganda per risollevare i consensi. Non si sottovalutino le dichiarazioni di Bossi sull’inno nazionale, non sono dovute alla calura estiva, sono invece una maniera per eccitare e caricare il proprio elettorato, sono frasi scelte scientificamente, per segnare il territorio. Frasi che si ripercorreranno sugli immigrati, che avranno conseguenze, che tendono a isolare gli altri, a farli sentire ancor più stranieri.
Spero di non arrivare tardi per mandare il mio saluto a Fernanda Pivano.
L’articolo dell’Avvenire mi lascia tiepida, ottime intenzioni, e chi le darà torto? Ma è vago e perciò impolitico e perciò in ultima analisi piuttosto inutile. Ho avuto un guizzo di stima solo al parallelismo con i treni piombati e la sordità dell’epoca fascista- una delle rare volte in cui il rinvio all’Olocausto non mi incazza – ma per il resto, oltre che a farci sentire tanto fichi perchè leggendolo se sentimo morali e autocoscienti, che me ne faccio? O un ci arrivavamo da soli? Ah la critica alla sordità dell’occidente! – vero, però in occidente siamo tantini.
Senza nomi senza destinatari senza riferimenti espliciti alle politiche di questo governo, alla retorica falsa della Protezione civile, senza richiamo a delle norme giuridiche esistenti, nonchè convenzioni internazionali ONU evidentemente violate, questo articolo è un più un pezzo di retorica e bello stile che un atto di denuncia.
LA sensazione è la CEI faccia intravedere all’attuale governo la possibilità che lo sostenga di meno, e che strumentalizzi certi contenuti per far arrivare il messaggio. Ma che gliene freghi degli argomenti, e voglia veramente esporsi per essi – oh beh, è un altro paio di maniche.
PArere personale naturalmente.
Intanto i cinque eritrei sopravvissuti alla tragedia avvenuta nel Canale di Sicilia rischiano l’incriminazione per immigrazione clandestina.
Il procuratore di Agrigento: “Siamo costretti ad applicare le norme del decreto sicurezza”.
In ognicaso la procura di Agrigento ha aperto un’indagine per omicidio colposo plurimo sulla morte dei 73 immigrati eritrei.
http://www.repubblica.it/interstitial/interstitial1673402.html
Ci tengo a ricordare anch’io Fernanda Pivano, anche se non ho mai avuto il piacere di conoscerla personalmente.
“Una donna straordinaria, una mente straordinaria, di un’intelligenza rara”. Cosi’ Dario Fo, intervistato dal quotidiano online Affaritaliani.it, commenta la scomparsa di Fernanda Pivano. “Ci conoscevamo bene, abbiamo partecipato entrambi a incontri e dibattiti in varie occasioni, ma soprattutto l’ho incontrata spesso in privato. Dire addolorato e’ riduttivo e banale – ha aggiunto il Nobel – Il suo senso civile era altissimo. Ha partecipato a lotte e battaglie senza risparmiarsi mai, prendendo sempre posizioni chiare e nette sia in ambito politico sia in ambito culturale.
http://www.repubblica.it/ultimora/cronaca/PIVANO-DARIO-FO-ALTISSIMO-IL-SUO-SENSO-CIVILE/news-dettaglio/3707678
Fernanda PIVANO – DA SPOON RIVER AI BEAT COSÌ CI HA FATTO SCOPRIRE L’ AMERICA
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Repubblica — 19 agosto 2009 pagina 40-41 sezione: CULTURA
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di Irene Bignardi
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Pensare che Fernanda Pivano non c’ è più, che non c’ è più la Nanda, come la chiamavano gli amici e chi le voleva bene, dà una strana sensazione: come se si fosse interrotto un filo diretto, un rapporto vitale e viscerale con un’ esperienza, un pezzo di storia, un patrimonio letterario e culturale. Questa esperienza e questo pezzo di storia è il rapporto dell’ Italia, e non solo, con la letteratura americana di mezzo secolo, che ha trovato in Fernanda Pivano l’ ambasciatrice, la coprotagonista, e, per così dire, la levatrice. Perché Fernanda Pivano, che se ne è andata ieri a Milano, a novantadue anni (era nata il 18 luglio del 1917), è stata molto di più che la grande traduttrice, l’ amica di tutto un mondo di letterati e di poeti, la signora che aveva conosciuto tutti e che su tutti – da Hemingway a Ginsberg, da Gregory Corso a Pavese – aveva una storia di prima mano da raccontare. E’ stata la lettrice appassionata, la consigliera, la suggeritrice, l’ eminenza grigia di un mondo culturale che attorno a lei e secondo i suoi consigli e le sue scoperte si è mosso per decretare notorietà e successi, linee letterarie e cose da pubblicare. E’ curioso che Fernanda Pivano parlasse così poco di sé. Intendiamoci, «Nanda» parlava, e raccontava, generosamente e apertamente di quello che aveva fatto e di ciò che pensava. Ma parlava soprattutto degli altri, mettendosi apparentemente al centro del discorso e dell’ aneddoto ma come un necessario coprotagonista che permetteva, con la sua esistenza, le sue storie, la sua testimonianza, di rievocare gli altri, i grandi della letteratura che sono stati i suoi amici, e poi le sue scoperte, i suoi protetti, da Papa Hemingway, appunto (e i ricordi finivano sempre per affermare che no, non c’ era mai stato niente fra di loro, nemmeno un bacio, nonostante la leggenda) a Jay Mc Inerney, da Pavese a Don De Lillo. Ha conosciuto tutti, nella sua lunga e ricca vita, Fernanda Pivano. E troppo spesso l’ aneddotica su questa vita e questi incontri ha sopraffatto e messo in ombra la vera qualità del suo lavoro, la passione onnivora per la lettura e per la lingua inglese – anzi, dovremmo dire una cosa che in teoria non esiste come tale, la lingua americana. Una lingua e una letteratura che è stato Cesare Pavese a insegnarle ad amare, mettendole in mano i testi di L’ antologia di Spoon River, di Foglie d’ erba di Whitman e l’ autobiografia di Sherwood Anderson, fino a che la ragazzina sua allieva non ha deciso, unilateralmente, di tradurre il capolavoro di Edgar Lee Masters, fino a che lui non lo ho scoperto per caso, e fino a che questa traduzione clandestina non è stata presa da Einaudi su suggerimento dello scrittore, diventando anche per l’ Italia il classico che è. Fernanda Pivano era nata a Genova, da una famiglia borghese e colta, con un padre banchiere e agente di cambio dalle incerte fortune. A dodici anni la famiglia si era trasferita a Torino, lasciandole una grande nostalgia della luce e degli alberi della sua Liguria. Era carina, molto carina, la giovane Nanda, come ha continuato a esser anche nel corso del tempo, con una grazia un po’ da elfo, e la curiosità di una adolescente vorace. A Torino, al Liceo d’ Azeglio, ha avuto la straordinaria avventura di essere allieva di Cesare Pavese, che l’ ha tirata su a dosi di Momigliano e di De Sanctis e più tardi l’ ha introdotta alla letteratura americana (ma nessun amore, ci teneva a dire Fernanda, leggende, come per Hemingway), e le ha insegnato, con la matita rossa e blu in mano, quel mestiere del tradurre che lei avrebbe portato ad altissimi livelli. Nella grigia Torino degli anni di guerra è stata arrestata dalle SS, che avevano trovato nella sede della Einaudi il contratto per la traduzione di Addio alle armi – e raccontava di essere stata liberata perché li aveva imbambolati con le sue chiacchiere. Da Torino è partita, dopo la laurea (per la verità ne aveva due), con una borsa di studio alla volta degli Stati Uniti, dove il suo grand tour è stato un giro delle case degli scrittori che amava – Faulkner, Dos Passos, Hemingway, il cimitero di Edgar Lee Masters. Dall’ America, con cui aprì allora un canale di amicizia e di scambio che non si è mai chiuso, è ritornata con un carico di esperienze, di contatti e di conoscenza che ha arricchito la cultura italiana del dopoguerra di voci e di presenze fondamentali. Ha creato amicizie indistruttibili con Hemingway, che di passaggio a Cortina la mandò a chiamare per conoscere la sua audace traduttrice italiana saldando così un rapporto che durerà fino alla morte di «Papa», con Ginsberg, con Jack Kerouace tuttii ragazzi della Beat Generation, con Henry Miller, con Bukowski, con Burroughs. Si potrebbe pensare che, viste queste frequentazioni, anche a Fernanda piacessero i Martini e dintorni. E invece no, resisteva graniticamente, sempre lucida, sempre al servizio del talento degli altri, lontana dall’ accademia e vicino ai lettori, cronista e storica di un momento della cultura che ha raccontato, appunto, con la finta civetteria di mettersi al centro delle sue storie letterarie per poi parlare degli altri, «tusitala» (per usare la parola che usavano per Stevenson il narratore) del mondo della scrittura, affabulatrice capace di incantare per ore una platea con i suoi ricordi, parlatrice semplice e mirabilmente diretta. Sempre mettendo in ombra la realtà del suo impressionante lavoro «scientifico», che accumula (vedere la sua bibliografia per credere) traduzioni su traduzioni, testi su testi, libri di ricordi, saggi. Sempre curiosa – basti vedere le sue escursioni nel campo della musica, da De Andrè a Vasco Rossi fino a Jovanotti e Ligabue – , qualche volta difendendo anche la causa sbagliata (gli ultimi Mc Inerney, per esempio). Ma sempre con profonda onestà e generosità. E ricordo ancora il sostegno e i consigli che diede a me, disastrosa traduttrice in erba, in tempi ormai lontanissimi. Con Ettore Sottsass Jr., che aveva sposato e da cui divorziò con profondo dolore, ha formato una coppia di elettrica simpatia. Fernanda non si è mai risposata, ma, dividendo per molti anni la sua vita tra Milano e Roma, sempre pronta a intervenire in pubblico, sempre aperta a trasmettere le sue esperienze, ha trovato ovunque amici, allievi, ammiratori pronti a dividere le sue ore e ad attingere alla sua sapienza. Meno sostegno ha trovato nelle istituzioni, visto che la sua straordinaria biblioteca di trentacinquemila volumi – soprattutto letteratura americana, il meglio che si possa trovare sulla Beat Generation, e poi ritagli, autografi, documenti – esiste ancora e ha trovato una sede solo grazie all’ intervento dei privati (la Fondazione Benetton, nello specifico) dopo essere stata rifiutata da molte istituzioni pubbliche. E’ stata una gentile, appassionata, vorace, generosa militante della buona letteratura. E la sua scomparsa apre un vuoto che sarà difficile colmare. – IRENE BIGNARDI
Ringrazio Salvo, Zauberei e Antonio per i loro commenti sulla “tragedia in mare”.
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Cara Zauberei, a me dell’articolo della Corradi ha colpito soprattutto questo passaggio:
“Noi non sappiamo immaginare davvero. Come sia immenso il mare visto da un guscio alla deriva; come sia spaventoso e nero, la notte, senza una luce. Come picchi il sole come un fabbro sulle teste; come devasti la sete, come scarnifichino la pelle le ustioni. Noi del mondo giusto, che su quelle stesse acque d’agosto ci abbronziamo, non sappiamo quale spaventevole nemico siano le onde, quando il motore è fermo, e l’orizzonte una linea vuota e infinita. Non possiamo sapere cosa sia assistere all’agonia degli altri, impotenti, e gettarli in acqua appena dopo l’ultimo respiro. ‘Altri’ che sono magari tuo marito o tuo figlio.”
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Per quanto riguarda me (e sottolineo me)… è proprio vero.
Io non so immaginare davvero. Io non so quale spaventevole nemico siano le onde. Io non posso sapere cosa sia assistere all’agonia degli altri, impotente, e gettarli in acqua appena dopo l’ultimo respiro.
Però questo articolo della Corradi ha aiutato la mia mente obnubilata a immaginare.
E a sapere.
E a riflettere.
Per questo la ringrazio.
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Per il resto, Zaub, capisco perfettamente cosa intendi.
Grazie mille anche a Delia e a Martina.
Auguro una buona domenica a tutti.
Concordo MAssimo
Posso anche immaginare con guizzo di fantasia che fuori discussione non sia la buona fede della Corradi, il pezzo è veramente molto ispirato, ma l’ottica con cui è stato pubblicato.
Vorrei lasciare anch’io un pensiero per Fernanda Pivano, che in giovinezza ho conosciuto attraverso Pavese, Hemingway e soprattutto Edgar Lee Masters, del quale è stata la prima traduttrice in Italia. Mirabile.
Le dedico queste righe stralciate da un’antologia per le scuole medie superiori che ho costruito tre, quattro anni fa con una mia collega e che oggi tornano drammaticamente attuali. Grazie, Fernanda, grazie di tutto quello che ci hai dato con infinita generosità
“Nessuno meglio della prima traduttrice italiana dell’Antologia di Spoon River(Spoon River Anthology), opera di un ignoto avvocato statunitense, Edgar Lee Masters(1868-1950), è in grado di far rivivere l’atmosfera particolare in cui questo libro venne letto e amato dai giovani nell’Italia degli anni Quaranta. Anni di trionfante dittatura, in cui pubblicare un autore americano era impresa difficile, non solo perché il fascismo era rigidamente autarchico e ostile all’America, ma anche perché la poesia non aveva grande presa sul pubblico ed era difficile convincere un editore a stamparla. Invece quella raccolta di versi ebbe un successo enorme. «È incredibile », scrive la Pivano» come piacque ai ragazzi della mia generazione; è difficile spiegarne le ragioni ai ragazzi delle generazioni nuove. Perché sono passati tanti anni: Spoon River uscì in piena guerra e Pavese mi portò la prima copia in un caffè dove c’incontrammo imbacuccati fino al naso per farci riconoscere il meno possibile. Non so se il batticuore di quel giorno era dovuto all’emozione o allo spavento: forse non ricordo bene, perché sono passati tanti anni… La scoperta di Edgar Lee Masters non fu quella di un ambiente: della piccola città, del “villaggio” nordamericano …; fu la scoperta di un tono. Egli fissò con occhi chiari e spietati “l’uomo americano”, localizzandolo in provincia, con intento più simbolico che descrittivo» (F.Pivano, Spoon River e la scoperta dell’uomo medio occidentale, in La balena bianca e altri miti, Il Saggiatore, 1961, 1995, pp. 72, 74-75)”.
Questo testo, che oggi vorrei dedicare alla sua grande traduttrice, racconta l’adolescenza, la dolcezza del settembre quando, ragazzi, si esce di scuola e si va incontro alla vita, lo struggimento di giochi e voci e valli.
Hare Drummer
Vanno ancora i ragazzi e le ragazze da Siever
a bere il sidro, dopo scuola,gli ultimi giorni di settembre?
O a raccogliere nocciole lungo le boscaglie
nel podere di Aaron Hatfieldquando incomincia la gelata?
Perché spesso ridendo con ragazzi e ragazze
io giocai nella strada e sulle colline
quando il sole era basso e l’aria fresca,
fermandomi a bastonare il noce
ritto, senza una foglia, contro il tramonto in fiamme.
Ora il sentore del fumo d’autunno
e le ghiande che cadono,
e gli echi per le valli,
mi portano sogni di vita. Li sento aleggiare.
Mi chiedono:
Dove sono quei tuoi compagni ridenti?
Quanti sono con me, quanti
nei vecchi frutteti sulla strada di Siever,
e nei boschi che guardano
l’acqua tranquilla?
Saluto in Fernanda Pivano colei che culturalmente ci ha permesso di riscoprire l’America.
http://robertocelani.blogspot.com/2009/08/nanda-che-riscopri-lamerica.html
Grazie, Roberto.
E grazie anche alla cara Desi e (di nuovo) a Zauberei.
Caro Salvo (ma in realtà mi sto rivolgendo a tutt*), stavolta ti faccio ridere (perché, di solito che faccio?): sono diventata una perpetua! A questo link http://www.dongiorgio.it/ trovi il sito di un prete da trincea, un rivoluzionario: Don Giorgio De Capitani. E’ uno che mette in pratica i veri insegnamenti del Cristo, ed è uno che ha voluto offrire a me uno spazio nel suo sito, questo http://www.dongiorgio.it/proposte.php?id=46: è una cosa che ha dell’incredibile, in una società come la nostra. (Per il video, prendetevela con Massimo…)
@ Barbara X
Ho visitato il sito da te indicato (Don Giorgio: proposte) e letto alcune tue cose, e soprattutto ho trovato molto bello e di grande interesse (nonostante il sottofondo musicale da lacrimuccia televisiva) il video che trasmette la tua intervista su Rai Uno. Un caro saluto
@Barbara X
L’intervista non ho potuto ascoltarla perché non mi funzionano le casse del computer (a dir la verità ormai non mi funziona più nulla) ma ho letto quello che scrivi nella presentazione e lo condivido in pieno. Complimenti, sei una persona dolcissima e dotata di grande sensibilità.
A Gaetano: quando qualcuno mi dà uno spazio, cerco sempre di portarvi dei contenuti degni d’esser chiamati tali. Io sono secoli che non mi rivedo, ma ricordo di aver detto cose che si sentono assai di rado sulla mia condizione e non solo. Eppure sono cose semplici che dovrebbero essere scontate per chiunque. Ma evidentemente non è così. Ciao.
A Salvo: io una persona dolcissima? Si vede che non mi conosci bene. Scherzi a parte, diciamo che posseggo determinate pulsioni intellettive (e di cuore) che mi portano a coltivare certe tematiche nell’orticello del mio pensiero. Un caro saluto anche a te.
Ho semplicemente dato un aiuto “tecnico” alla nostra Barbara per caricare il suo video su YouTube.;-)
l’ho conosciuta nel “Mestiere di Vivere” di C. Pavese….e, nel mio piccolo ho anche io a casa un libro di lei:THE BEAT GOES ON” CHE LEGGO E RILEGGO E GUARDO E RIGUARDO POICHE’ PIENO DI FOTO DI LEI E DI TANTI ALTRI CHE L’HANNO CONOSCIUTA ED AVVICINATA – spero anch’io di incontrarla ormai in un altra dimensione – ciao fernanda – anna di mauro
LIBERTA’ DI STAMPA IN ITALIA
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“La Repubblica” di oggi, 28 agosto 2009, titola in prima pagina:
BERLUSCONI VA DAI GIUDICI E FA CAUSA ALLE 10 DOMANDE
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Copio-incollo l’editoriale di Ezio Mauro.
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Insabbiare
di EZIO MAURO
Non potendo rispondere, se non con la menzogna, Silvio Berlusconi ha deciso di portare in tribunale le dieci domande di Repubblica, per chiedere ai giudici di fermarle, in modo che non sia più possibile chiedergli conto di vicende che non ha mai saputo chiarire: insabbiando così – almeno in Italia – la pubblica vergogna di comportamenti privati che sono al centro di uno scandalo internazionale e lo perseguitano politicamente.
E’ la prima volta, nella memoria di un Paese libero, che un uomo politico fa causa alle domande che gli vengono rivolte. Ed è la misura delle difficoltà e delle paure che popolano l’estate dell’uomo più potente d’Italia. La questione è semplice: poiché è incapace di dire la verità sul “ciarpame politico” che ha creato con le sue stesse mani e che da mesi lo circonda, il Capo del governo chiede alla magistratura di bloccare l’accertamento della verità, impedendo la libera attività giornalistica d’inchiesta, che ha prodotto quelle domande senza risposta.
In questa svolta c’è l’insofferenza per ogni controllo, per qualsiasi critica, per qualunque spazio giornalistico d’indagine che sfugga al dominio proprietario o all’intimidazione di un potere che si concepisce come assoluto, e inattaccabile. Berlusconi, nel suo atto giudiziario contro Repubblica vuole infatti colpire e impedire anche la citazione in Italia delle inchieste dei giornali stranieri, in modo che il Paese resti all’oscuro e sotto controllo. Ognuno vede quanto sia debole un potere che ha paura delle domande, e pensa che basti tenere al buio i concittadini per farla franca.
Tutto questo – la richiesta agli imprenditori di non fare pubblicità sul nostro giornale, l’accusa di eversione, l’attacco ai “delinquenti”, la causa alle domande – da parte di un premier che è anche editore, e che usa ogni mezzo contro la libertà di stampa, nel silenzio generale. Altro che calunnie: ormai, dovrebbe essere l’Italia a sentirsi vilipesa dai comportamenti di quest’uomo.
Ringrazio Anna per il commento e Gaetano per la segnalazione…
Il link all’editoriale di Mauro – segnalato – è il seguente:
http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-22/mauro-28ago/mauro-28ago.html
Riporto l’indirizzo online di Repubblica attraverso cui si può accedere alla pagina che segue, da me riportata con il “copia-incolla”.
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http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-22/appello-repubblica/appello-repubblica.html
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Oltre trentamila persone in poche ore hanno aderito all’appello dei giuristi
La mobilitazione raccoglie consensi nel mondo della cultura e dello spettacolo
Tra i firmatari Fo, Camilleri, Ozpetek
“Non riduciamo al silenzio la libera stampa”
Tra i firmatari Fo, Camilleri, Ozpetek “Non riduciamo al silenzio la libera stampa”
Dario Fo e Franca Rame
ROMA – Oltre trentamila firme in poche ore, venticinquemila persone che sottoscrivono l’appello dei giuristi Franco Cordero, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky dopo la decisione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di denunciare Repubblica perle 10 domande a lui poste e ancora senza risposta.
Tra i firmatari anche molti esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo. Si sono uniti all’appello Dario Fo e Franca Rame, Bernardo Bertolucci, Andrea Camilleri, Carlo Verdone, Victoria Cabello, Fabrizio Gifuni, Francesca Comencini, Giulio Scarpati, Pierfrancesco Favino, Ascanio Celestini, Angelo Barbagallo (produttori cinematografico), Marco Risi, Davide Ferrario, Sandro Veronesi, Carlo Lucarelli, Antonio Scurati, Erri De Luca, Giuseppe Montesano, Domenico Procacci (produttore cinematografico), Enrico Deaglio, Francesco Rosi, Carla Fracci e Beppe Menegatti, Ornella Vanoni, Gabriele Salvatores, Angela Finocchiaro, Michele Placido e Renato De Maria.
E ancora, Carlo Ginzburg, Rosario Villari, Tullio Gregory, Corrado Stajano, Giovanni De Luna, Miguel Gotor, Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Ottavia Piccolo, Licia Maglietta, Carlo Freccero, Enrico Bertolino, Dori Ghezzi, Monica Guerritore, Ferzan Ozpetek, Milva, Marco Bellocchio, Teresa De Sio, Maurizio Nichetti, David Riondino, Franco Battiato, Saverio Costanzo, Carlo Degli Esposti, Massimo Ghini, Ettore Scola, Furio Colombo, Giacomo Marramao, Stefania Sandrelli, Giovanni Soldati, Valerio Mastandrea, Alessandro Gassman, Paolo Sorrentino.
Maurizio Crozza aderisce e osserva: “La mia solidarietà va a Silvio Berlusconi. Dove s’è mai visto un giornalista che pone domandi irriverenti al capo del governo? Un bravo giornalista non assume iniziative, un bravo giornalista scrive sotto dettatura”.
(28 agosto 2009)
E io mi permetto di aggiungere ” Non restiamo passivi, perchè il fatto è gravissimo. Quindi invito a firmare tutti coloro che hanno a cuore la libertà”.
P.S.: Ovviamente io ho già sottoscritto l’appello.
@ Renzo e Gaetano
Grazie a voi. Io avevo già sottoscritto.
Ho sottoscritto l’appello anch’io.
Buondì, sig Maugeri,
vorrei chiedere un consiglio: iniziare i fanciulli alla lettura.
Quali sono i primi libri che si dovrebbero suggerire? Partendo dagli, penso, otto anni e via a salire?
Molti classici sono stati visti nei film e quindi, ai loro occhi, il libro è obsoleto. Harry Potter ha conquistato molti lettori giovani e non, come utilizzare questo attimo di curiosità per i possibili lettori del futuro? Forse Lei e molti dei lettori di kataweb potrebbero darmi alcuni suggerimenti, magari spiegandomi il perchè della scelta, grazie.
Sorrisi
Patrizia Petracco
Patrizia Petracco io ho esperienza di undici enni. So troppi?
Io coi regazzini delle medie, mi gioco: la zoologia fantastica di Borghes, il libro dei sogni di Tabucchi, alcune i vanno pazzi per Pascal. Sono cose che si leggono insieme e poi se ne parla che fanno leva sull’amore del fantastico dei giovani. Penso che dove ci sono animali e dove ci sono mostri, cose magiche, c’è possibilità attrattiva. Pascal ci ha tutta una teoria di leprotti che corrono bendati etc, che li fa partirer dall’animaletto e li fa pensare e questo da loro moltissima soddisfazione.
gentile Zauberei, amo Borghes e Pascal e forse non è vero che siano troppo avanti per dei fanciulli, specialmente x il manuale di zoologia fantastica, io ho spesso utilizzato Ercole e da lui la mitologia del Tocci letto come se fosse una fiaba. Di Pascal sarei grata se mi dessi il titolo del racconto di cui parli.
Ma l’avventura umana? Oltre agli animali quali altri titoli? é affascinante scoprire come un libro abbia incuriositito le loro menti e quante cose s’imparano a vicenda
sorrisi.
Cara Patrizia, grazie per le interessanti domande. E grazie a Zauberei delle risposte. Avremo ci certo modo di riparlarne.
Adesso mi duole comunicare un’altra triste notizia: la morte dello scrittore Turi Vasile.
È MORTO TURI VASILE
Ho appena appreso la notizia da Andrea Di Consoli. Nella mail, Andrea scrive così: “Lo scrittore, regista e produttore cinematografico TURI VASILE è morto. Qualche giorno fa anche Silvana, sua “eterna” moglie, è morta. Noi della casa editrice Hacca (il sottoscritto, Francesca Chiappa, Alessandra, Caterina, Francesca e Dora) ci sentiamo vicini alla famiglia Vasile in questo triste momento.
Abbiamo avuto l’onore di pubblicare il suo ultimo libro di racconti, “L’ombra” (www.hacca.it), e abbiamo sempre creduto nella eccezionalità di questo scrittore.
Parole comunque, in questo momento, non ce ne sono molte.
Speriamo solo che d’ora innanzi ci si ricordi dei suoi libri.
Addio Turi, che il dio che hai tanto cercato possa davvero esistere.
Andrea Di Consoli”
Ho aggiornato il post inserendo un articolo appena scritto dallo stesso Andrea Di Consoli.
Il commento che segue è dedicato alla raccolta “L’ombra” di Turi Vasile (Hacca edizioni, 2009).
L’OMBRA (di Turi Vasile)
Pagine: 166
Prezzo: 14,00
ISBN: 978-88-89920-32-9
Anno: luglio 2009
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Questi racconti di Turi Vasile sono scritti in pienezza di luce. Il vecchio io autobiografico de L’Ombra torna a essere, per le misteriose metamorfosi del destino umano, un bambino ammalato di nostomanìa, abbacinato nell’eden di una Messina che sempre risorge, come l’Araba fenice, dalle sue ceneri. Non c’è scrittore in Italia altrettanto disarmato e disarmante, ché la mano di Vasile, nel mentre scrive, anziché chiudersi, si apre, mostrando ogni linea, ogni vena. Non ci sono segreti, in questi racconti; e anche la vita fuggitiva, e il mistero della morte e del dolore, sono accettati con bonomia, con lacrime di bambino con la faccia di vecchio. I racconti di Vasile sono aperti come un ventaglio. Tutto vi è detto con pudore e sincerità: la disperazione per la moglie Silvana, chiusa nella torre della malattia; l’affanno degli anni, che hanno perso la giovanile dispnea causata dalla “lissa”, e hanno trovato l’altra dispnea, quella di chi ha il cuore malato; i tanti ricordi che risorgono intatti da un luogo che non esiste, se non nell’anima; la certezza barcollante per un Dio che solo in quanto “essere” pensabile diviene possibile. Con questo memoriale lirico e familiare, Turi Vasile scrive uno dei suoi libri più commoventi. E, nonostante in uno dei racconti più belli di questa raccolta un uomo perda la propria ombra, solo alla fine quest’uomo capirà che, senza la propria ombra, si muore per davvero. L’ombra è su di noi, e dobbiamo portarla addosso come un doppio siamese. Sono pochi gli scrittori che sanno “dialogare con le ombre” come Vasile – e, sempre, anche i morti sembrano vivi, nei suoi racconti. Aleggia sull’opera di questo scrittore un nuovo mito, quello di Margite, colui che sapeva fare tutto, ma tutto faceva male. È, chiaramente, una riconferma del grande mito dello scrittore come dilettante. Senza grancasse e senza sociologia – sorretto soltanto da una lingua tersa e immediata, da un’attitudine al sogno che lo pone al fianco dei grandi lirici greci, e da un’attenzione al quotidiano miracolosa, e all’epifanico dettaglio minimo – Vasile si riconferma uno dei nostri grandi scrittori, proprio perché raramente s’era vista così tanta luce nella disperazione, sia pure addolcita da lontani gesti perduti, e da un Dio lontano che, in certi momenti, sembra avere la stessa faccia del suo buon padre.
Andrea Di Consoli
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Noi continueremo a vivere come se non dovessimo morire mai. E forse non moriremo mai, solo ci addormenteremo nella speranza della resurrezione. Dammi la mano, voglio che in ogni modo restiamo sempre insieme.
Auguro a tutti una serena notte.
Il pensiero è per Turi Vasile.
turi vasile era un grande uomo di cultura e scrittore. meritava più notorietà in vita, c’è la speranza che arrivi post mortem.
Per rimanere in tema di cultura… la memoria di Pasolini nel mostro ultimo post.
Ufficio Stampa Scrittori Precari
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Comunicato Stampa
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GIOVEDI’ 17 SETTEMBRE
ASSOCIAZIONE CULTURALE IL SIMPOSIO (Roma)
Scrittori Precari presenta
MARATONA LETTERARIA
ANTEPRIMA READING TOUR ITALIANO 2009
Il Collettivo romano Scrittori Precari presenterà presso l’Associazione culturale Simposio, in via dei Latini 11 (ang. Via Ernici) a San Lorenzo (Roma), il tour che, a partire dal 19 settembre, farà tappa in varie città di Italia per una serie di reading incentrati sul precariato inteso nel senso più esteso del termine.
Insieme ad altri autori ospiti Gianluca Liguori, Simone Ghelli, Angelo Zabaglio, Luca Piccolino e Alex Pietrogiacomi leggeranno opere inedite di poesia, narrativa e brani tratti dalle loro pubblicazioni con intermezzi musicali di Mad. Res. Klern
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Chi sono gli Scrittori Precari.
Nel dicembre del 2008 tra i tavoli di un bar del Pigneto, reduci dall’esperienza condivisa di Scrittori Sommersi, Gianluca Liguori e Simone Ghelli decidono di dar vita ad un nuovo progetto, Scrittori Precari.
Ai due si aggiungono Luca Piccolino, Angelo Zabaglio e Alex Pietrogiacomi.
Prende vita il collettivo Scrittori precari che rivendica la centralità della scrittura e della sua condivisione attraverso la lettura pubblica, intesa come forma d’impegno civile che sappia spezzare il ritornello della “crisi” con cui da mesi si giustificano i tagli e le disattenzioni reiterate nei confronti del mondo del lavoro, della scuola, dell’istruzione e della cultura.
Riappropriarsi del proprio tempo, dell’oralità e della sensibilità umana, anziché continuare ad essere prodotti e consumati.
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Programma della serata
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Ore 19.00
Gianluca Liguori
Antonio Romano
Girolamo Grammatico
Ilaria Mazzeo
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Ore 20.00
Simone Ghelli
Cristian Giodice
Dario Falconi
Peppe Fiore
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Ore 21.00
Intermezzo musicale
Alex Pietrogiacomi
Roberto Mandracchia
Alessandro Hellmann
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Ore 22.00
Intermezzo musicale
Luca Piccolino
Luca Moretti
Cristiano Armati
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Ore 23.00
Intermezzo musicale
Andrea Coffami
Dario Morgante
Massimiliano Coccia
Chiusura musicale di Mad. Res. Klern
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Ufficio Stampa
pressscrittoriprecari@gmail.com
Per informazioni
http://www.scrittoriprecari.wordpress.com
scrittoriprecari@yahoo.it
Ieri Berlusconi ha citato per danni anche l’Unità.
Ricordo che l’appello dei tre giuristi intitolato “Non riduciamo al silenzio la libera stampa”, pubblicato on-line su Repubblica.it, ha già raggiunto quasi 230.000 adesioni (il numero di coloro che stanno sottoscrivendo aumenta di minuto in minuto).
Segnalo tre video molto interessanti di Giulio Ripa (Giulioartvideo): sulla “videocrazia” il primo e sullo stato delle libertà democratiche e costituzionali in Italia gli altri due. I video attingono a fonti bibliografiche di notevole importanza, citate negli stessi documenti filmati.
http://www.youtube.com/watch?v=m9Wpuzuk6Fg
http://www.youtube.com/watch?v=cDadkEMVIMs&feature=channel_page
http://www.youtube.com/watch?v=23N7Uy9nNCE&feature=channel_page
LA MADDALENA – “Credo di essere di gran lunga il miglior presidente del Consiglio dei 150 anni della storia italiana” lo ha detto il premier Silvio Berlusconi.
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Ehi! Guardate che la notizia è vera! “Copiata e incollata” da Ansa.it nelle notizie di poco fa.
‘Credo di essere il miglior scrittore degli ultimi 150 anni.’
Lo potrebbe anche dire ciascuno di noi.
Ma una risata ci seppellirebbe (a noi).
In relazione all’eccellente brano, di imminente pubblicazione, che segue le tracce della letteratura sulla distopia in chiave grottesca, propongo un ulteriore colpo di scena:
durante la cerimonia di consegna dei primi alloggi, in diretta televisiva ecumenica, si potrebbe far comparire sul tavolo della casa di qualcuno, prescelto come “il miglior terremotato”, un bel piatto di spaghetti caldi e fumanti.
Ho scoperto, tramite il blog “Nuovo ringhio di Idefix-Luciano Comida”, questo godibilissimo “Generatore automatico di proclami di Berlusconi”, qui:
http://metilparaben.blogspot.com/2009/09/generatore-automatico-di-proclami-di.html
Riporto con copia-incolla questa notizia Ansa di oggi 20 settembre 2009:
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(ANSA) – VIENNA, 20 SET – Il rappresentante dell’Osce ha chiesto al premier Berlusconi di ritirare le querele contro i quotidiani la Repubblica e l’Unita’. Secondo Miklos Haraszti, rappresentante dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, i dirigenti politici devono accettare un livello di critica piu’ elevato rispetto al cittadino ordinario per via delle funzioni che svolgono, secondo i principi giuridici su cui si basa la Corte europea per i diritti dell’Uomo.
Lisbona. “Gli uomini non possono scegliere il luogo in cui nascere, ma quello in cui vivere e morire sì. Personalmente, non ho alcuna voglia di vivere in un Paese che autorizza le ronde, considera l’immigrazione un crimine e potrebbe un giorno obbligarmi all’alimentazione forzata.”
(Antonio Tabucchi, in “Il Venerdì di Repubblica”, 25 settembre 2009)
Tutti golpisti, caro Gaetano, congiuratori e golpisti! mascalzoni, comunisti e golpisti! E’ il complotto internazional-giudeo-pluto-marxista che avanza (come diceva il buonanima). E’ il protocollo dei savi di sion, e c’è anche il dott. No che tira le file dietro a tutto questo. O forse i marziani che vogliono conquistare il mondo.
Poveri noi!
Caro Carlo, è ben nota l’origine comunista dei marziani, abitanti del “rosso pianeta bolscevico e traditor” (“Fascisti su Marte”).
Notizie invisibili. Quel che è accaduto in Italia ieri 27 settembre 2009 (copio-incollo da melitoonline.it).
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Nel bergamasco blitz alla memoria della lotta alla mafia.
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Non bastava la rimozione della targa, che intitolava la biblioteca civica nel comune leghista di Ponteranica nel bergamasco, adesso anche il blitz all’ulivo piantato in nome di Peppino Impastato. La nuova coalizione leghista, il 10 settembre scorso, aveva deciso di cambiare nome alla struttura pubblica. Un gesto che voleva significare il cambio di rotta rispetto alla scorsa amministrazione di centrosinistra, che aveva intitolato la biblioteca a Peppino Impastato vittima della mafia e simbolo della lotta a qualsiasi tipo di criminalità organizzata. Il Sindaco leghista, precisava che l’iniziativa non aveva alcuna motivazione diversa da quella di valorizzare le personalità locali, come il sacerdote Giancarlo Baggi, al quale dovrà presto essere ridedicata la biblioteca.
E così per ribadire la vicinanza alla coalizione padana, qualche gruppo di ignoti balordi, serve su un piatto d’argento il vile gesto del taglio all’ulivo piantato in nome di Peppino.
La rivendicazione, avvenuta attraverso un cartello piantato vicino all’albero abbattuto dice: “Mé ché öle ü paghér”, “Io qui voglio un pino”. Dure le reazioni del mondo delle associazioni riunitesi ieri a Ponteranica, oltre 7000 persone, un lungo corteo che si è snodato verso il centro abitato. Sul palco, a conclusione della manifestazione, il fratello di Peppino non parla solo della targa tolta, ma anche di scudo fiscale e pacchetto sicurezza: “Non è solo ignoranza, è un progetto più ampio con la Lega come uno dei fautori”. I riferimenti al Carroccio sono più d’uno e duri: “Queste sono azioni di fascismo o razzismo, non importa se dal nero siamo passati al verde, le camicie sembrano le stesse”, continua Impastato. E’ intervenuto anche Salvatore Borsellino che attraverso una telefonata dichiara: “Non posso essere lì a esprimere la mia rabbia perché i campi di battaglia sono tanti. Si vuole cancellare anche la memoria. Agitiamo la nostra agenda rossa e resistiamo”. L’albero era stato piantato nel Parco del BoPo, luogo di ritrovo per molti giovani del posto, concerti, manifestazioni e mostre erano organizzate accanto all’ulivo di Peppino Impastato, una location non casuale adeguata per mantenere vivo il ricordo e non dimenticare uomini che hanno sacrificato la loro vita in nome di un mondo migliore. La società civile del luogo non ci sta ed il volto di Peppino, stampato sulle t-shirt di centinai di ragazzi presenti alla manifestazione lo testimonia.
La protesta, organizzata dal Comitato Peppino Impastato, ripropone in una gigantografia la vecchia targa che intitolava la biblioteca civica a Peppino. Il popolo “padano” non può ignorare la piaga mafiosa, non può localizzare un problema come la criminalità organizzata al mero territorio dell’Italia Meridionale. La camorra, la mafia e la ‘ndrangheta hanno investito i loro proventi illeciti in tutta Europa, come hanno dimostrato le più recenti indagini della Dia, la strage di Duisburg ne è la prova lampante. Ci inorridiamo di fronte a dichiarazioni come quella del sindaco di Milano, Letizia Moratti, che dichiara che nella sua città non esiste la mafia e ci sorprendiamo se ancora si vuole ghettizzare un problema che riguarda direttamente tutte le famiglie del nostro Paese.
Antonio Alliva
Grazie Gaetano, certe notizie che trovano poco spazio nella stampa (figuriamoci nelle telvisioni) meritano ben maggiore eco.
Sono il vero spaccato della nostra italietta quotidiana, di un potere locale consegnato a leghisti dal cervello di gallina, mentre il potere centrale è nelle mani di un satrapo affetto da priapismo e megalomania.
|Accolgo l’invito di Massimo Maugeri e spero che il mio post non sia troppo lungo. Presento qui la mia raccolta di poesie fresca di stampa|
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“LO SFASCIACARROZZE”
di RICCARDO RAIMONDO
A&B, BONANNO EDITORE 2009
____________________________
Dalla postfazione della Prof.ssa Cettina Rizzo
(Docente di Lingua e Lett. Francese all’Università di Catania):
L’immagine del cielo appare centrale nella raccolta di versi di Riccardo Raimondo, come tentativo di superamento del limite, come punto di fuga, come “pura vita”, quasi ricordo platonico ma innanzi tutto come apertura al sogno. Forse L’Albatros di Baudelaire ci conduce in modo doloroso e altrettanto inesorabile nell’universo poetico di Riccardo, in cui alla bellezza impenetrabile del volo si associa la discesa grottesca verso il basso, anche se la crosta terrestre appare piuttosto nella sua veste mitica di Gea che unendosi a Uranos partorisce Mnemosine, la dea della memoria.
La terra è difatti un intricato miscuglio di emozioni vissute e immaginate in una catena semantica che si snoda su un ritmo ossessivo del recupero dell’attimo, della definizione e della ricerca del suo senso ultimo.
* * *
Il grido dell’aquila
Mi è concesso un giorno al mattino
e uno alla sera, che duri un momento
che puoi volarci se vuoi
oppure urlarci dentro:
quando apro gli occhi e quando li poso.
Il resto del tempo è un baccello
crisalide stanca che freme.
Versare la vita nel sabba di piume.
* * *
Furtivo amore
Colmo le distanze:
a un sospiro da te il cuore
plana e brucia in una danza.
É un’immagine il tuo odore
che dipingo con frammenti
di momenti, coi ricordi
accesi e incendio
tutti quelli ancora spenti.
Il profumo, la tua pelle
mi disordina la mente
e non dormo ancora, e fremo
e non sono sveglio:
niente.
É una musica che scorre:
note umide e sudore.
Stonate le mie rime, le parole
– ché non so trovare il senso –
che non so cucire meglio
d’un sorriso a un raggio a un velo,
d’un sospiro a un nido a un forse,
d’un ventaglio d’impressioni,
satelliti del mio furtivo amore.
* * *
Lo sfascia carrozze
Schiaccia marchingegni, macchine:
dinamiche meccaniche:
bulloni vorticanti, pistoni trepidanti,
pannelli luminosi, granelli alluminiosi…
e poi su sfondo denso di fumi lievitanti,
cementi calcitanti, si ergono castelli:
grovigli di carcasse roventi arrugginite
digeriscono la luce, grattando il cielo grigio:
metalliche dispense di pezzi di ricambio.
E quell’uomo che si erge sulle macerie del consumo,
aspetta d’ingrassarsi con cibo raffinato…
e la scatola dei sogni propina gl’incentivi
per i poveri di oggi, per i ricchi ancora ricchi.
Con le rate puoi comprare
i modelli un po’ più nuovi… un po’ più nuovi.
Ed intanto si progetta di scavare altri crateri…
***
per info e/o per ricevere un’ateprima del libro:
raimondo.riccardo@yahoo.it
Ben fatto, caro Riccardo!
Faccio tanti auguri a questa tua silloge di poesie…
Faccio tanti auguri a Cetty Bruno per il programma del Museo della Civiltà Contadina iblea – 2009-2010.
Lo trovate qui (a fine bacheca):
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/02/06/presentazioni-di-libri-ed-eventi/#comments
Nobel per la pace a Barack Obama
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OSLO – Il premio Nobel per la pace 2009 è stato conferito a Barack Obama. Il presidente degli Stati Uniti era in una lunghissima lista di candidati. Nella motivazione vengono citati i suoi sforzi volti a ridurre gli arsenali nucleari e a rilanciare i processi diplomatici per la pace. Il premio sarà consegnato a Oslo il 10 dicembre prossimo.
Antonio Tabucchi sarà ospite della trasmissione televisiva “Che tempo che fa” (Raitre, ore 20.30), in occasione dell’uscita del suo nuovo libro di racconti “Il tempo invecchia in fretta”.
Grazie per la segnalazione,mi piace moltissimo Tabucchi ed ho fra le mani proprio il suo ultimo libro che mi è stato regalato giorni fa!
un caro saluto
Cara Francesca Giulia, spero di leggere tra poco questi nuovi racconti. Anch’io amo molto Tabucchi – “Notturno indiano”, “Requiem” e “Sostiene Pereira” sono tra i suoi libri quelli che mi piacciono maggiormente. Su “La Repubblica” di oggi c’è una lunga recensione di Paolo Mauri al suo nuovo libro.
Buon weekend e un abbraccio
Triste il paese che ha bisogno di martiri, di eroi, di vittime.
Piangiamo i morti di Messina – voglia il Cielo che ci venga risparmiata una puntata di PORTA A PORTA con la consegna di qualche baracca – , piangiamo Impastato che viene infangato da una banda di cialtroni che non sa quello che fa…
Tabucchi? Non me lo perdo, grazie della segnalazione!
Cetty Bruno: un bacio e a presto!
Anche io ho letto i titoli che hai indicato,inoltre Donna di Porto Pim e Sogni di sogni,molto belli…Grazie mille,andrò a leggere anche la recensione.Credo sia bellissimo questo ultimo libro di racconti,il tema del tempo è per me un’ossessione,un godimento vero leggere storie che lo affrontino di così alta qualità.
buon w.e. anche a te.
Domani dovrebbe partire un’esperienza radio-letteratitudiniana.
Trovate riferimenti nel prossimo commento…
Dettagli qui: http://letteratitudine.blog.kataweb.it/letteratitudine-radio-hinterland/
(La pagina relativa a “Letteratitudine Radio Hinterland” la trovate in alto sulla colonna di sinistra del blog)
Massimooo!!!Auguriiiiiiiiiiiiiii!!!Questa novità della radio mi pare bellissima,se hai tanti impegni ti aiutiamo tutti noi,io adesso quando leggo e scrivo su Letteratitudine metto radio hinterland di sottofondo.Magari imparo a cantare così scrivo e canto un pezzo per il blog!!…Nooooooooooo,paura eh??
Grazie, Francesca Giulia. E grazie a tutti coloro che mi hanno scritto privatamente.
Non ho nulla di preparato… del resto sarà una puntata introduttiva.
Speriamo bene!
🙂
A tra poco su Radio Hinterland…
http://www.radiohinterland.com/streaming/radiolimpia.asx
massimo, qua non si prende e su internet non riesco a connettermi con il link che hai messo… ora riprovo. intanto in bocca al lupo!
Massi, ti sto ascoltando….BRAVISSIMOOOOOOOO
parole di poesia, dette da un vero, grande sognatore.
Un bacio
Grazie, Simo. È andata: era una puntata introduttiva. Dalla prossima volta faremo sul serio.
Cara Giorgia, peccato! Ho anche letto un tuo commento e citato il tuo libro. Sarà per la prossima volta.
Ne approfitto per ringraziare ancora Radio Hinterland, Luca Corte e “Nu poets”: http://letteratitudine.blog.kataweb.it/letteratitudine-radio-hinterland/
E’ uno dei blog letterari più seguiti (e con più commenti) in Italia. Il suo creatore, lo scrittore e giornalista siciliano Massimo Maugeri, ha raccolto in un volume edito da Azimut (e i cui proventi vanno in beneficenza) il meglio dei primi anni di quest’esperienza. Nato a settembre 2006, Letteratitudine ha dato vita a una comunità di appassionati in cui non si alza mai la voce e con rispetto si condividono pensieri ed emozioni. Un caso rarissimo, non solo per il web.
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di ANTONIO PRUDENZANO
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– Da uno dei blog italiani sulla letteratura più interessanti, citati e frequentati (il record è di 1600 commenti per un post!), a un libro (quasi) omonimo, originale per struttura e scelta del narratore in prima persona, edito da Azimut (e i cui proventi sono interamente devoluti in beneficenza alla Comunità delle sorelle missionarie della famiglia ferita che ogni giorno si dà da fare in Croazia e Bosnia dopo il disastro della guerra).
Il passo non è poi così scontato, soprattutto se si considera che Letteratitudine (http://letteratitudine.blog.kataweb.it/) non ospita i tentativi più o meno riusciti di un aspirante scrittore.
Al contrario, è uno spazio unico nel suo genere in cui, con democratica pacatezza (e non potrebbe essere altrimenti, visto l’umile contagioso entusiasmo del suo fondatore, il siciliano Massimo Maugeri, “l’uomo con la camicia celeste”), si parla di libri con consapevolezza, e soprattutto senza urlare e urlarsi addosso come capita altrove.
Il blog che ispira il volume si considera infatti “un animo sensibile. Sì, un luogo d’incontro con animo sensibile…”.
Lo stesso Maugeri definisce la sua creatura “un open-blog, un luogo d’incontro virtuale tra scrittori, librai, lettori, critici, giornalisti e operatori culturali”. Qui però si parlerà non tanto del blog (anche se è inevitabile citarlo una riga sì e l’altra pure…) quanto di “Letteratitudine-Il libro”, a cura dello stesso Maugeri, omaggio affettuoso da parte del suo autore al proprio tempo libero (lo scrittore, giornalista e blogger siciliano dedica almeno quattro ore al giorno all’open-blog in questione, e lo fa gratuitamente!) e agli ‘amici’ di Letteratitudine, una comunità di innamorati dei libri e di tutto ciò che ruota intorno ad essi.
L’autoironico Maugeri ‘regala’ la prima persona del libro al blog stesso, che di capitolo in capitolo, oltre a prendere spesso in giro il suo creatore (“Rivendico la mia autonomia”, dice convinto il simpatico blog nell’introduzione, e aggiunge: “Io esisto perché devo esistere, e non perché lo devo a qualcuno”. E più avanti chiarisce: “Di tanto in tanto, piuttosto di rado per la verità, è bene precisarlo, l’uomo con la camicia celeste ha delle intuizioni interessanti”), introduce il post principale seguito da una selezione dei commenti più significativi. E sono numerosi gli interventi di Maugeri che hanno spinto tantissimi a commentare (anche nomi illustri, dalla ‘collega’ Loredana Lipperini a Elisabetta Sgarbi, fino a Ferdinando Camon e Roberto Alajmo).
Al di là dei temi trattati nel blog e selezionati per il libro, ciò che resta al termine della lettura è un senso di empatico affetto per questa comunità in cui rispetto e piacere per la condivisione di pensieri ed emozioni vincono sempre su superbia e voglia di sopraffare l’avversario. Difficile ritrovare nella vita reale, come pure negli altri blog letterari o meno, qualcosa di simile. E sì, diciamolo, viene voglia di entrare a farne parte.
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Affari Italiani – Culture
15 ottobre 2009
http://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/letteratitudine_dal_blog_al_libro111009.html
@ Antonio Prudenzano
Caro Antonio, ti ringrazio di cuore per la bellissima recensione. Ne approfitto per ringraziare anche “Affari Italiani” (importante quotidiano on line che consiglio di seguire con assiduità) per l’attenzione che mi ha voluto riservare.
Desideravo segnalarvi questa nuova sezione del blog, “Libri segnalti speciali”: http://letteratitudine.blog.kataweb.it/libri-segnalati-speciali/
Si tratta di una nuova pagina di Letteratitudine che sarà aggiornata in maniera continua. L’intenzione è quella di dare visibilità a libri che ritengo importante segnalare (anche con l’ausilio delle “schede” fornitemi dagli uffici stampa delle case editrici). Si tratta, per lo più, di libri che sto leggendo o che mi accingerò a leggere.
Caro Massimo,vorrei farti i miei complimenti per la bella recensione che ti ha riservato “affari italiani” e dire, per ciò che vale la mia parola, che meriti in pieno questo riconoscimento,perchè l’armonia e i toni pacati di rispetto e di piacevole dialogo di questo blog sono frutto dell’impegno non solo ma dell’amore che hai messo e metti quotidianamente.Non è cosa nuova parlare di letteratura,ma farlo “a braccia aperte” come concedi tu a tutti permette di sentirsi parte di una vera comunità e non di essere soltanto spettatori.Questo condividere è un atto molto generoso che pochi personaggi della cultura italiana sanno con semplicità donare agli altri,come sai fare tu.E’ dono prezioso che getta luce sullo scambio proficuo che sempre dovrebbe essere il segno dell’incontro fra esseri umani nel mondo.
Auguri e lunga vita a Letteratitudine!
Nella pagina dedicata a “Letteratitudine Radio Hinterland” avete la possibilità di ascoltare in podcast Massimo Maugeri e la puntata andata in onda il 13 ottobre 2009
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/letteratitudine-radio-hinterland/
Scendere in basso e cliccare su “Audio MP3”.
@ Francesca Giulia
Cara Fran, grazie di cuore. Per me è un dono averti qui.
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P.s. Non mi ricordo come eravamo rimasti: i soldi te li mando con bonifico bancario o vaglia postale?
😉
Martedì prossimo, 20 ottobre, dalle 21:30, un nuovo appuntamento dello “spazio radio” di Letteratitudine su Radio Hinterland. Preannuncio che il primo ospite sarà una scrittrice. Si chiama Simona Lo Iacono: per caso… la conoscete?:-))
Come preannunciato, vi aspetto a partire dalle 21:30 nello “spazio radio” di Letteratitudine su “Radio Hinterland”. Ospite della puntata la “nostra” Simona Lo Iacono.
Se volete potete ascoltarci qui: http://www.radiohinterland.com/streaming/radiolimpia.asx
La puntata di “Letteratitudine in FM” andata in onda poco fa potrete riascoltarla (o ascoltarla), in podcast, in questa pagina:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/letteratitudine-radio-hinterland/
Caro Massi, Caro Luca
grazie per la bellissima esperienza di condivisione! E’ stato emozionante e dolcissimo parlare di letteratura e diritto con voi.
Un grande, serale abbraccio
Simo
Eh,Massi,quando carichi la puntata in podcast?ieri non ho fatto in tempo ad ascoltarvi,accidenti, gli impegni familiari, devo sentire Simonaaaaaaaaaa…….
grazie bacioni
@ Francesca Giulia
Cara Fran, Simona è stata strepitosa. Domani Luca Corte di Radio Hinterland predisporrà il podcast e io lo inserirò nell’apposita pagina.
Ti abbraccio.
Non avevo dubbi,aspetto con ansia e curiosità famelica di sentire la puntata.
grazie e mille baci
Si segnala questo dialogo con Giorgio Vasta http://liotroblog.com/
Bellissimo!
Bravi…
Bravo Massi che con garbo e serietà, passione e sensibilità è riuscito a creare questa realtà così importante. Anche la radio, mezzo “caldo” per eccellenza, che ci dà le voci dei nostri scrittori preferiti, che ci restituisce i toni, le inflessioni e lo spazio per immaginare oggi così invaso dalla barbarie delle immagini a valanga.
Brava Simo!
Grazie, Mari. Tienti pronta… in una delle prossime puntate parleremo di “Letteratitudine chiama scuola”
Ho caricato il podcast della seconda puntata di “Letteratitudine in FM”:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/letteratitudine-radio-hinterland/
Abbiamo avuto qualche difficoltà tecnica (nel senso che non riuscivo a sentire bene le parole di Simona… e Simona aveva difficoltà a sentire le mie parole).
In ogni caso: strepitosa Simona!
–
Ringrazio moltissimo Luca Corte per la condivisione dello spazio e per l’assistenza tecnica (se abbiamo i podcast, è grazie a lui… grande Luca!).
finalmente sono riuscita a sentirvi. che effetto strano conoscere le vostre voci. bravissimi tutti e due! sembra che non abbiate fatto altro in vita vostra… avete una carriera assicurata davanti!
baci
Concordo con Giorgia. Davvero bravi. Continuate, credo che ce ne sia davvero bisogno.
@Massimo e Simona
Carissimi vi faccio i miei complimenti per come avete condotto il dialogo su Nu Poets,a Massimo per la spigliatezza e il calore che sa comunicare oltre il significato delle parole e la padronanza dei temi trattati, a Simona per la dolcezza ferma e la semplicità con cui sa toccare e approfondire argomenti che normalmente siamo abituati a considerare con minor poesia di quanta invece lei riesca a comunicarci.Brava davvero,donna che in un raro connubio di pragmatismo e sensibilità d’animo sa coniugare l’arte del fare e quella del sentire nobile e sincero.
Sentirvi mi ha messo di buon umore,spero che arriviate “lontano” ma che possiate restare sempre abbastanza vicini a tutti noi per farci partecipare alla gioia dello scambio e del dialogo.
un bacione ad entrambi!
@Francesca Giulia, Mari, Giorgia, Amelia: mamma mia,grazie! Aspetto con ansia le vostre vocine! E ancora grazie a Massi, che ha reso possibile trovare la bellezza e a Luca Corte perchè crede nei sogni.
Un bacio da Simo
Letteratitudine chiama Spazio…
tssqqwwwzzrtrtrtrtr… Sì, Massimo, qui Gesualdok Bufalinok. Sono collegati anche Sciasciak, Vittorinik…
In attesa di “Letteratitudine, il blog interstellare”, sogniamo…
Inserisco il brano “Innneres auge”, anteprima del prossimo album di Franco Battiato. Cliccando sull’indirizzo seguente e poi nella pagina che si aprirà, sarà possibile ascoltare il brano:
http://xl.repubblica.it/dettaglio/79118
INNERES AUGE
Come un branco di lupi che scende dagli altipiani ululando
o uno sciame di api accanite divoratrici di petali odoranti
precipitano roteando come massi da altissimi monti in rovina.
Uno dice che male c’è a organizzare feste private
con delle belle ragazze per allietare Primari e Servitori dello Stato?
Non ci siamo capiti
e perché mai dovremmo pagare anche gli extra a dei rincoglioniti?
Che cosa possono le Leggi dove regna soltanto il denaro?
La Giustizia non è altro che una pubblica merce…
di cosa vivrebbero ciarlatani e truffatori
se non avessero moneta sonante da gettare come ami fra la gente.
La linea orizzontale ci spinge verso la materia,
quella verticale verso lo spirito.
Con le palpebre chiuse s’intravede un chiarore
che con il tempo e ci vuole pazienza,
si apre allo sguardo interiore: Inneres Auge, Das Innere Auge
La linea orizzontale ci spinge verso la materia,
quella verticale verso lo spirito.
Ma quando ritorno in me, sulla mia via,
a leggere e studiare, ascoltando i grandi del passato…
mi basta una sonata di Corelli, perchè mi meravigli del Creato!
@Francesca Giulia, Mari, Giorgia, Amelia: grazie!
Siete dei tesori.
E grazie a et, Simo. E a Luca.
Grazie, Gaetano. La nuova canzone di Battiato è di denuncia, ma anche di speranza. Bella!
Avrete notato un rallentamento nella pubblicazione dei post (e organizzazione dei dibattiti). Ciò è stato determinato da un accumularsi di impegni. Spero di poter tornare molto presto allo standard di 2/3 post a settimana (meglio due, forse… che ne dite?).
Intanto auguro a tutti voi un buon fine settimana.
Voglio ascoltare questa canzone del mio Battiato, il grande Franco!
Povera patria…
Massi, 🙂
Mari, credo che il tuo commento sia stato troncato:-)
Vi auguro una serena notte e un buon inizio settimana.
Domani pubblicherò il nuovo post…
Incontreranno le selve gli indomiti cavalli e sproneranno zoccoli sul selciato
Incontreranno le selve
Gli indomiti cavalli
E sproneranno zoccoli sul selciato
“Non saranno uomini Veri questi…
Ma muli testardi
Della guerra medievale.
Ora l’uomo ..
Sarebbe un guizzante stalliere
Che corre verso mete lontane
E non si accorge
Di aver perso gli zoccoli alati.
Le piazze di Paese hanno l’odore
Di muffa
E il silenzio dell’abbandono
Ti penetra nelle ossa.
Torneranno ancora …credo
Gli innocenti dalla guerra e forse
Saranno loro
L’era del terzo millennio!
Le feste italiane
È ancora l’Autunno
E la natura respira le foglie cadute.
La campagna dorme
Sepolta dal silenzio
E i bambini a scuola aspettano
La festa italiana per eccellenza.
I pini rigogliosi
Accompagnano i morti
E veloce il Natale si prepara
Con vischio e bacche
Sulle porte.
Le fiabe abbondano
Sui comodini del fanciullo
E i genitori accontentano i figli
Con la venuta di Babbo Natale.
Peccato che quella letterina luminosa
Scorre dentro le vene del sogno
Stampato su un sorriso smagliante
Di mio padre che non torna…
Verrà un raggio di sole sui volti scarniti della gente
Vèrrà un raggio di sole
Sui volti scarniti della gente
E d’incanto tuoneranno i ricordi.
Fluiranno dalle tenebre
Come cascate di brina
E avranno il sapore del vissuto.
Calpesteranno aiuole di fango
Prima di arrivare prorompenti
Dentro la tua casa.
Verranno come volti scarniti
Alla tua tavola
E grideranno prorompenti
Fette di pane
Mentre la cenere
Scoppietta nel camino
E capirai cos’è la vita:-
“ Se non un affanno a sfamare le tue origini.”
Tripudio d’amore
Ti ricordi giovinezza
Quel tripudio d’amore
Che spesso arrossiva
Tra le ginestre in fiore
Negli angoli felici del viale
Sospiravi davanti ad una madonnina.
E l’odore del mare ancheggiava
La pelle ambrata sotto la luna
Miriadi di stelle ora contemplano
L’unione felice ..
E tra le onde del grano
Ricamo ancora quel tripudio d’amore.
Credere d’Autunno
Credere d’Autunno
Quando le foglie cadono..
“Aspettano un tempo
Della Primavera”.
Credere nel silenzio
Dei nostri giorni
Che battono il sentiero
Solitario del plasma
E’ credere
Al freddo dell’Inverno,
Alle nostre tribolazioni
Che avranno una fine.
E’ credere
Che senza l’Autunno
Non verrà mai la “Primavera”.
Ti parlerò d’amore e di poesia
Ti parlerò d’amore e di poesia Omero
“Padre universale del verso”
Ti citerò nel tempo
Con simili ricordi
Di donna..
E del naufrago
Che soggiace alle grazie di “Nausicaa”
Ne parlerò con voce di mistero.
Ora che il tempo ..
Ha deturpato le mie grazie di donna
Mi sovviene
Che non sono mai stata
Per “l’uomo”
Una dolce ancella..
E nel mio cuore imperativo
Alberga da sempre
Una “Circe” di amore maturo.
Il muschio nel viale
Come si fa
A credere che
La casa nel bosco
È una magica Cattedrale
Riempita di muschio.
Come si fa quando
Arriva l’Inverno
A togliere il muschio
Dai propri giorni
Come si fa
A sorridere quando
Hai compreso
Che la vita è
Un presepe vivente.
La tazza di latte di Proust
Seduta in un angolo sperduta
La tazza di latte di Proust
Mi consola
Senza maschere ritorna
E vuota o piena mi gioca
Nei momenti del destino.
Quanta pace avrebbe dato
Se le maschere
Fossero cadute per sempre
E ciò che mi rimane
È l’origine del tempo.
Parlerò di Paradiso
Parlerò di Paradiso
Al mio animo affranto
Parlerò di un fiume
Della Bibbia
Che molti già conoscono
Quando le giare saranno antiche
E l’umano trasparente.
Saranno rose e spine
Le visioni dello spirito
Lungo il fiume.
E mi corrode
Il tarlo del mio sangue
Senza amore.
Davanzale senza Luce
È il bisogno dei miei giorni..
E per vivere parlerò di poesia
Dei Santi e dei Profeti
Senza mai stancarmi
Fino alle porte della morte
In Paradiso.
Sui piani del mentale la poesia
E il mare regna sovrano
Sui piani del mentale
Come vulcano
Ti rapisce la poesia.
Cadono sui monti
Parole di fuoco
E il Se brucia
Nel sacrificio del sapere.
Cade anche l’amore
Che si apre
Al volere Spirituale:-
E Dio che fa luce!
E sotto i piedi vacilla
Per incanto
La struttura del reale.
E’ magico e fanatico
Il potere della Luce
E’ visione illuminata
dell’Amare Universale.
E’ già mattina
Forse Dio
Mi riconosce
Quando è già mattina
Quando si accendono
Sul mio viso i sorrisi
Della luce del sole
E la visione struggente
Delle rosse camelie;
Non parlo di visioni
Ma d’amore emozionale
E il rosso che mi inganna
Uccide il fisico anormale.
Parlerò di Paradiso
Quando il sole
È già tramonto
E l’alba mare oceano
Che gia regna
Nei fondali
Della mia sconosciuta ombra
Ed il cuore sarà già “l’anima”.
L’epilogo del verso sonante
Penetra l’ombra dell’uomo,
L’epilogo del verso sonante
Che fugace
Trasfigura l’umano.
Penetra nel verso di fede
L’orbita del vedere
Sotto le ciglia socchiuse
Distese di nebbia.
Penetra nel fuoco sacro
La silloge
Che accarezza l’essere
E simultaneo diventa
Presente nel metafisico
Come suono
D’epilogo pregnante della vita.
La sigla dell’eterno
Quante volte siamo rimasti
Con le spalle al muro
Dove l’eterno
Ha inebriato di spirito
La natura;
Quante volte
Ci siamo rivolti al Signore
Per siglare la nostra vita
Quante volte
Abbiano visto nascere il sole
E declinare il tramonto
Credo che a Itaca
Ci andremo tutti
Ora che l’eterno ha bussato
Nelle nostre case
Per siglare le nostre radici.
Poesia dell’algida luna
Poesia dell’algida luna
Dormi come una barca
Nel porto oscuro del divenire,
Quante risposte diventano
Figlie del tempo
Quanti sonetti sopiti
Riposano nell’abisso dell’anima;
Crudele fu quel tono pacato dell’amore
Che diventò centurione mortale
Dell’Universo
E “donna” fu il” sole”
Che dischiuse inconsapevole il dolore
E la conchiglia con l’uomo blasfemo..
A una certezza
E un patto con Dio.
Quel soffio d’Autunno
Quel soffio d’autunno
Spira leggero
Dentro l’arca incantata.
Quel soffio di vento
Armonico e secolare
Non smuove la “vecchia quercia”
Nutre il suo arrivo in Paradiso.
Marmorea e plateale
L’oceano si tinge di blu
Combatte
Nello Spirito
Il verbo del male .
Ora quando l’oceano tace
La vecchia (quercia risorge).
Gardenia fiore d’Autunno
Anche d’Autunno
Quel uomo blasfemo
Guardava la Sposa
E tirato ubriaco d’illusioni
Pensava alla sua gardenia perduta
Avrebbe voluto essere galante
Ma il sogno amava il potere
E un giorno decise di andare.
La casa vissuta spuntava di erbacce..
E spuntavano ancora
Gardenie nella neve d’Inverno.
Nel tempo la sposa
Viveva nel suo giardino
Di gardenie in fiore.
Era l’Inverno un giorno..
Vicino al sapore dell’uomo vecchio
E spuntò una gardenia graziosa
Nel giardino dei mancati sposi.
L’Autunno antico
D’Autunno l’antico..
Ha ancora il sapore
Dell’Estate negli occhi
E la gardenia sogna
I colori della verde età.
Conta molto ..il tepore
Dell’anima che canta
Come usignolo
Davanti alla finestra del tempo,
Davanti ad uno sguardo pacato
Rivolto al cielo blasfemo.
Conta molto sapere
Che d’Autunno
Cadono i giorni
Nella terra Eterna del ritorno.
Dei ricordi
Mi consola
L’isola felice
Del presente vissuto.
L’autunno di parole
Non conta l’ultimo tramonto
D’autunno.
Di parole l’eterno
Ti chiama.
È un sogno
Destare la mente
Che non tradisce
La comparsa di una rosa
Nella tua anima.
Non conta che il mare
Riposa.
Ai sensi l’autunno
Descrive la vita dell’uomo
Di parole coniate nel tempo..
Con versi di pianto
Che diventano musica
L’inno di Dio.
Lacrime e poesia
E’ un mazzo di mughetto
Intriso di lacrime e poesia
La mia vita consumata.
E’ un mughetto Stanco
Il mio germoglio di madre
Feconda.
Ha il tarlo
Di una rete di pescatore,
Si agita nell’oceano
E sulla battigia stanca
Si adagia il mio corpo lunare.
Di incanto
Che meraviglia
Questo mazzo di mughetto..
Aspetta ancora che lei sia
“La Sposa più bella”
Aspetta ancora
Il Messia Sposo come
La Donna di fiori.
Lungimiranti floreali di turchino
Penso a te
Vita lungimirante e floreale
Nell’azzurro turchino
Penso ai fiori
Dell’Essere
Nei coralli dell’abisso
Cerco l’edera del mondo
Sotto gli alberi dei pini
Ma una quercia spunta bella
E mi sorride..
“Secolare e appagante”
E’ la sua chioma
Mi richiama
Ai giorni del destino
E ancora ..e ancora
Cosi radiosa
Spunta la mia alba.
Cerco l’ alba del ritorno
Cerco l’alba del ritorno
Nel volto della gente emarginata
Quando l’anima soffre
Per donare agli altri la mia vita..
Cerco il fiume della fonte
E mi disseta il limo
La tua Presenza;
Cerco il fiume che purifica
Quando il vento
Spira piano e l’azzurro
Irrompe l’alba
Con raggi immacolati
E un verde incantato.
Cerco l’alba di Maria
Quando sono in pace
Con me stessa
E dono agli altri
Il mio respiro
Di pensieri
E mi accordo di sognare
Quando cerco la mia vita
come esempio dell’Esistere.
Pergole amare di profumi
Pergole amare di profumi
Si sono guadagnate le essenze;
Non sono i tannini
Il profumo di mio padre
E le vecchie foglie di pergole
Del vigneto
Era la sua presenza l’essenza
Dei tannini
E il ritorno del ricordo
Nei miei giorni di vita.
Si consuma la nostalgia..
Pare sia poesia dell’esistere
O il ritorno al ricordo del passato
O la fanciullezza andata..
Volano le farfalle
Volano le lucciole
E avvolte anche le libellule
Nei pensieri tristi
Del presente.
Tornerò a casa
Alla destra di Dio Padre
Insieme
A mia madre e mio padre
Sotto pergole di glicine in fiore.
Vibra il grano nel grembo della Madre
Vibra il grano
Nel ventre della Madre
E nessuno può pensare
Che sia il miracolo della vita.
Vibra il seme dell’Altissimo
Conta i chicchi
Davanti all’altare del suo tempio
E Gesù ancora non è nato.
Conta il grano
Nello Spirito
La Colomba nella chiesa
E il Messia si incanta
Quando aspetta
Tutti alla sua mensa..
Soprattutto i peccatori
E gli affamati.
Prende tempo Maria
A insegnare che il Signore ci l’istruisce
E cerca sempre la visione dell’umanità
Sotto il seme del buon Dio.
Il giunco fiorito
Il giunco fiorito
E’ comparso
Sull’arida collina
Vicino al camposanto
Dove i giorni..
Non hanno mai smesso
Di esistere;
Il giunco della giovinezza
Lussureggiante
Pullula nell’anima
Come dolce poesia
Mentre l’Essere
E’ Ubriaco..
E umiliato
Sotto la verga
Dell’uomo.
Il giunco ora mormora
E tace per non perdere
La Consapevolezza
Del suo Essere.
Il mughetto e il codice della lunga vita
Nel mio mazzo di Sposa
Il mughetto è scomparso
E la mimosa trionfante
Ha bruciato le sue essenze
E il codice della lunga vita;
Povero Sposo
Si è dimenticato
Della fede nuziale!
Ora ramingo
Cerca la Sposa.
Peccato che non si è accorto
Del tetto rovinato
Della sua casa!
Ora ..dormono accovacciati
I suoi spermatozoi in fiore.
La finestra dentro nuvole
È un cielo il mare
E la finestra dentro
Le nuvole
E’ una nube
Di desideri speciali
E di ombre che si dissipano
Al sapore di un brivido
Di Eternità.
Quel bocciolo di rosa…
Quel bocciolo di rosa
Sudava di brina
Era ombre dentro
Il porto inquinato.
Quel bocciolo avvizzito
Restava ingabbiato
Nel fumo delle ciminiere..
E lontana come una vaporiera
Tornava al passato.
Quel bocciolo stanco
Restava immobile:-
Nelle gelide acque
Bloccava il dolore
Della nostalgia:-
“Erano solamente i ricordi
Che tornavano invadenti
Nel porto di Taranto.”
Ho gettato il mio cuore in mare…
Ho gettato il mio cuore in mare
E le onde hanno lievitato
Il tramonto del sole.
Ho gettato i remi
Della mia barca
E la vita ha cercato
Un porto sicuro.
Era bello quel rosso
E quel viola
Sapeva di passione.
Ho cancellato gli anni
E gli attimi del mio presente
E la gioia dentro il mio cuore
Ha ripreso a nuotare
“Ero viva ero salva”…
I fiori di Ofelia
Sulle orme di Ofelia
Brizzolati
Tremuli fiori cascano
Nel mare di grano.
Nei campi di girasoli
Un paese lucano
Muore di nostalgie
E “Ofelia”grida
Disperata
Senza una madre e padre..
I ritmi del silenzio di filari Settembrini
I ritmi del silenzio di filari settembrini
Pullulano nei vigneti dei ricordi
E un padre già cenere negli anni
“Sbiadito nei ricordi “..
Torna a vendemmiare.
E un ciclo di ritorno
Ai luoghi dell’infanzia
Dove asini lungo le mulattiere
Segnano la via della vendemmia.
Sono acini e tannini che fermentano
Nei tini e l’acqua alla fontana
Porta un vino corposo
E di annata
Che scompare piano ,piano
con il ritorno
Alla ricchezza e del progresso.
Le stelle di San Lorenzo
Molte stelle brillano
In cielo
E il mare immenso
Respira lucciole amanti
Come bagliori
Di mistero.
Poche sono le stelle
Che cadono.. e “una”
Perde tutto..
Anche il desiderio
Della Rinascita.
Improvvisa e silenziosa
Quasi furtiva “Eva”
Innalza la sua preghiera al Signore
E San Lorenzo brilla nell’Universo.
L’Eternità
Si sciolgono i colori
Della mente
E limpidi come ruscelli
Cascano i “raggi del sole”
Dell’Archetipo-
Piano, piano
Tornano i pensieri
Del cuore
Come pezzi d’argento
A conquistare
L’armonia feconda
Dell’Essere..
E libera la “donna”
Si allontana dalla terra
Al cielo .
L ungo il sentiero
Immobile la serpe
Si accovaccia
E la notte ti rimbomba
Come tamburo battente
Di un Capolinea..
Poi si accendono
I colori consumati
Di una “lacrima”
E su di essa
Brilla solitaria l’Eternità.
L’Infinito amore del Creatore
In San Francesco da Paola
Ho amato il Creatore
Le piccole rondini
Nella Cattedrale
E i colombi arrampicati
Sul pendolo di foucault
Sento già l’inno della festa
Della madonna di Anglona
Tra l’Agri e il Sinni
E i rossi calanchi.
Sento già la Sposa
Che si innalza al Creatore
Tra i resti del tempio di Demetra
E sua figlia Persefone,
E vedo i raccolti abbondanti di spighe
Portati in dono alla Vergine
Madre di DIO
Nelle mura radiose
Della vecchia Pandosia.