Dicembre 3, 2024

288 thoughts on “LA CAMERA ACCANTO 4° appuntamento

  1. Caro Massimo,
    ho letto il tuo racconto. Giochi di specchi. Noto che ritorni ancora sul tema dell’identità, sulla questione di basilare importanza: cosa è REALE? Ho scritto e pubblicato anch’io racconti su tale tema. Geometrie vertiginose percorrono il tuo “Mind games”. Sì, “love is the aswer”, se per amore si intende la capacità di abbandonarsi alla vita con fiducia. Altrimenti rimaniamo prigionieri del nostro futile, fantasmatico io, d’una illusoria identità che ci separa dall’esistenza. Mi vengono in mente due racconti “parenti stretti” del tuo “Mind games”: “Le rovine circolari” di Borges e “La formica elettrica” di P.K. Dick. Complimenti per il tuo racconto e in bocca al lupo per la tua carriera letteraria!
    Un abbraccio,
    Gaetano

  2. Carissimo,
    sai bene quello che penso di “Identità distorte” e, d’altro canto, come è possibile non considerare il racconto su carmilla come un fratellino del romanzo? O magari tu non sei d’accordo. Bè, succede. Agli autori il compito di scrivere, ai lettori quello di interpretare ciò che sentono.
    Affascinante il tuo racconto. Allucinante e fuori dal mondo. Ma, proprio per questo,….plausibile e coinvolgente
    🙂

  3. Caro Massimo,
    avevo già in programma di rileggermi “Identità distorte”, dopo aver gustato le proiezioni del tuo racconto “Allucinante e fuori dal mondo. Ma, proprio per questo,….plausibile e coinvolgente” (cito Gregori), lo farò al più presto.
    A volte ci si sente proprio così, dentro e fuori da un ascensore che, probabilmente, non raggiunge nessun piano. Bene e condivido Evangelisti: sei un conduttore di grande equilibrio (nonostante la distorsione delle identità).
    🙂

  4. Massi, quello che penso dei tuoi racconti lo sai, ma te lo riscrivo perchè questo in particolare è il più introspettivo, quello che gioca con le possibilità infinite del riflesso e della percezione, del se’ e del fuori di se’.
    C’è il tema dello sdoppiamento che era già di “Identità distorte” e che qui si colora di maggiore consapevolezza, perchè l’io si percepisce come tale, è quasi lucidissimo nel contemplarsi, nell’affievolirsi innanzi alla propria condizione.
    E’ il dramma dell’uomo moderno. E’ il suo disperato bisogno di relegarsi in zone dell’inconscio e della memoria che lo rassicurino e lo spieghino, gli diano senso e commozione.
    E’ anche l’avvilupparsi in sè senza saperne trovare l’origine. O temendo di trovarla.
    Inqietitudini che io trovo attualissime e che qui , proprio nell’alternanza delle voci e dei dialoghi, balzano pietosissime, vive, prendibili e quasi consistenti.
    Lo sai, Massi: bravissimo.

  5. @Massimo
    Ben tornato a casa!
    Il tuo racconto ha un ritmo impressionante e ti sto scrivendo dopo averlo letto; lo rileggerò: ma è così che voglio, in questo momento, mantenere accesa la mia emotività: sto anch’io andando a prendere Dani e spero di sapere qualcosa di più dalla maestra a cui devi dare del Lei; ma tua sorella? Le tue proiezioni, ché devi riuscire a sentire e a vedere attorno a te persone, rumori, colori, immagini che tu essendo solo proiettato dentro di te: oramai avevi perso il piacere di un contatto vero e generosamente donarti agli altri: può darsi, forse: ma caro Massimo questo è Teatro; non hai mai pensato di scrivere per il Teatro? Ché la tua scrittura è azione pura: i tuoi personaggi hanno già trovato un autore e credono in te caro Massimo: falli andare in scena al più presto!
    Con affetto,
    Luca Gallina

  6. fantasmi, proiezioni di sensi di colpa mai sopiti, voci dentro e fuori, la prigione dalla quale non si può uscire mai..
    da ”giro di vite” in poi l’orrore vero. non facile splatter, ma abissi di angoscia, supportati da una scrittura efficace e con tempi da metronomo.
    bravissimo, massimo.
    direi che possiamo essere orgogliosi del nostro nocchiero.
    🙂

  7. Navigero, hai centrato in poche righe e con efficacia il capovolgimento di visuale che può ingenerare uno stress profondo: in fondo siamo quello che crediamo di essere e talvolta ci ostiniamo a credere quello che non è più. Al sovvertire i parametri in cui incanaliamo la nostra vita basta una sotuazione non prevista e non prevedibile nelle sue implicazioni. Bravo. Il primo che mi fece riflettere su questa ‘concezione rovesciata’ fu Ingmar Bergman che in un suo film (il Settimo sigillo, mi pare) mostrava come una situazione aberrante, come l’essere in guerra, può diventare di assoluta normalità in poco tempo. Ma lo dico solo come ricordo personale, non come paragone (altrimenti ti monti la testa!).

  8. Caro Maugger,
    piu’ tardi me lo leggero’ con il solito vero piacere che provo ogni qualvolta che io trovi dei tuoi racconti. Secondo me – non l’ho ancora letto – tu saresti molto bravo nella narrativa breve. Lo dico avendo finora letto solo un tuo racconto (un bel dialogo). Quasi tutti gli Italiani, in verita’, funzionano meglio su sette-otto pagine che su trecento. Ammo’ vedemo, poi ti dico cosa ne penso.
    Ciaobbello e complimenti anticipati… a scatola chiusa!
    Sergio

  9. Vi ringrazio per i vostri commenti (siete troppo buoni… lo so che mi volete bene).
    Domani replicherò uno per uno. Ora no perché ho già scritto troppi commenti sull’altro post. Non vorrei monopolizzare il blog con un eccesso di commenti da parte mia.
    Vi dico solo che questo racconto fa parte di una raccolta di “racconti teatrali” (bravo Luca… c’hai preso!) insieme ad altri due che conoscete (“Muccapazza” e “Aclas”).
    Ne riparliamo domani.
    Grazie ancora.

  10. Vi ricordo che questo è uno spazio libero. Ciascuno di voi può lanciare discussioni su qualunque argomento.
    Voglio dire… mica si deve parlare solo del mio racconto.

  11. Sul racconto esprimo vivo apprezzamento.Sembra la trascrizione di un incubo,nei sogni d’angoscia a tutti sara’ capitato di impattarsi in situazioni note e codificate che invece poi ci si ribaltano addosso in forme sconosciute e inquietanti,parole che ci rimbalzano nella coscienza senza trovare un nesso logico con il vissuto o con la consapevolezza della nostra identita’.Senso di smarrimento,confusione mentale,cosa mi sono perso nella memoria,o…mi sono perso?
    In un racconto cosi’ ognuno si puo’,almeno oniricamente,riflettere,ma mi sento di dare un consiglio all’ottimo massimo:a cena evita la peperonata!

  12. Massi, bellissimo racconto. Mi hai fatto venire i brividi! Ed è difficile farmi venire i brividi, sai?
    Non andare mai a cena con Maria Gemma.
    Smile

  13. @Massimo
    Viviamo in una realtà superflua e sorprendente, perché sempre e velocemente mutabile, come se il raggiunto non ci influenzi, da poterlo sostituire con il nuovissimo, anche lui poi già superato e quindi insignificante e inutile.
    La mancanza di una realtà stabile, cioè sulla quale poter riflettere ed adattarci un po’, prima che venga superata, di modo di percepire il senso e la necessità di imparare da lei, crea in noi disturbi psichici, che si esprimono nel contenuto del tuo racconto.
    Per dirla banalmente, è come se un motore ad alta potenza venga montato su una carrozzeria instabile e fragile, da venir sollevata e sbattuta nell’aria al primo battito del motore.
    Tendiamo a svanire in una realtà inventata a posta per sfuggire al ritmo reale imposto e superiore alle nostre capacità elaborative e assimilative, tanto da non avere alcun senso.
    Entriamo così in una psicosi salubre e di necessità.
    Un bel racconto, che c’insegna a regolarci e reagire prima che il disastro finale crei una situazione incontrollabile anche da chi l’abbia imposta.
    Complimenti per il tema scelto che, come ha affermato Luca, si adatta benissimo al teatro.
    Saluti
    Lorenzo

  14. @ subhaga gaetano failla
    Grazie molte per il tuo commento.
    Sì, il tema delle identità (il tema del doppio) è uno dei miei preferiti (diciamo pure che sono un po’ fissato).
    “Le rovine circolari” di Borges e “La formica elettrica” di P.K. Dick non li ho mai letti… ma li cercherò senz’altro.
    Grazie mille.

  15. Grazie anche a te, Miriam.
    Un conduttore può esser di grande equilibrio solo con l’aiuto degli altri co-conduttori e co-conduttrici.
    Lo so che l’epoca dei co-co-co è tramontata.
    Abbiate pazienza.
    🙂

  16. @ Francesco Giubilei
    Grazie Francesco,
    per ora di mio (on line) puoi trovare i racconti “Muccapazza” e “Aclas” oltre a questo. Mi pare che li hai letti già, giusto?

  17. @ Luca
    Come ti dicevo hai colto proprio nel segno. Questo racconto è inserito in una raccolta di “racconti teatrali”.
    Li chiamo proprio così.
    Questo, nella fattispecie, è caratterizzato da dialoghi (con assenza di testo a supporto) che finiscono per rivelarsi come una sorta di monologo.
    Grazie anche a te.

  18. @ Sergio
    Grazie per i complimenti anticipati… a scatola chiusa!
    Poi il racconto lo hai letto e me lo hai commentato per mail. Riporta il commento anche qui, su
    🙂

  19. Buongiorno, Massimo. Ti ho appena conosciuto grazie a Carmilla.
    ‘Mind Games’ è un esperimento riuscito, testimonia una scrittura ispirata e matura. Davvero una buona mano: dal polso che tende la storia alle dita che la lasciano scorrere. Da oggi hai un lettore in più: vedo di procurarmi il romanzo. Grazie per il piacevolissimo quarto d’ora.
    Se ti fa piacere, sul mio blog posto racconti senza pretese e notizie sul mio onesto apprendistato. E segnalerò il racconto agli amici.
    Buona letteratura,
    ze.

  20. A gentil richiesta, obbedisco garibaldinamente:

    Caro Maugger,

    Vedo che pi-randelli le teste dei lettori con un certo piacere, ultimamente, grazie a questi dialogoi spiralidali-auto-attorcigliati. Bene. La Forma Dialogica, pero’, tu la violenti e prima o poi ti prendera’ a calci nel didietro, attento, Maugger! La spezzetti e la prolunghi, e ripeti molto questi ”termini-frammenti”; insomma la fai perdere nelle nebbie della psicologia quasi esistenzialistica, alla sartriana ”L’inferno sono gli altri”, ma Lei si ricordera’ di te e ti verra’ a cercare anche all’Inferno, attento!

    Ciao
    Sergio

  21. Beh, Massi… una conferma. “Identità distorte” mi aveva colpita per la capacità di rappresentare la spersonalizzazione e la follia. Qui continui sullo stesso filone ma in maniera più serrata e asciutta. Benissimo! Mi piacerebbe leggere gli altri racconti di cui parli. Questo l’ho già linkato sul mio blog, vai a vedere!
    ML

  22. Piuttosto, Maugger, va’ presto a vedere su LibMagazine cosa ne penso di un ”nuovo” scrittore, veramente tosto: Remo Rapino. Secondo me presto lo troveremo sotto contratto con qalche grosso stampalibri. Se no, vuol dire che i grandi editori di Letteratura non ci capiscono niente.

  23. Un assaggio (da R. Rapino, ”Un cortile di parole”, 2006, pp. 50-1):

    ”Aureliano Nemésio Veloso era nato, viveva e sarebbe
    morto di certo, un giorno proprio lì, in America. E dove
    se no? Una morte normale sperava, senza soffrire, come entrare
    lentamente nel sonno più lungo, come si entra in un
    mare largo, eterno. Come si dice, una gran bella morte: di
    quell’attimo, di quanto sarebbe stato gli sembrava di averne
    già il ricordo, l’immagine con i pochi amici intorno, una
    donna possibilmente che si asciugava le lacrime scuotendo
    le spalle, un piccolo passero che aveva cercato sollievo a sud
    fuggendo intirizzito dai venti crudi del nord, ed in ultimo i
    colori del pappagallo a svolazzare sul cerchio contrito della
    cerimonia, uno scenario semplice, poche parole, niente addobbi
    da baraccone, i cavalli bianchi sarebbero stati meglio
    nel caldo delle stalle a rosicar carrube, solo qualche fiore ed
    un po’ di musica. Avrebbe preferito una stagione di mezzo,
    né calda né fredda, appena un filo di vento. E ci sarebbe
    stato posto pure per quel matto di cane, che continuava a
    saltare ai gabbiani senza minimamente sospettare di quanto
    stava accadendo, senza sapere di quel rinnovato miracolo.
    Perché un miracolo, un segno del destino sembrava ad Aureliano
    quel nuovo incontro, dopo sì e no dieci giorni dal
    primo accadimento. Qualcosa doveva pur significare, non è
    che le cose accadano così, sempre per caso.”

    Bello, eh? Questo e’ un grande, credimi!
    Sergio

  24. questo intervento è in tema con il presente post ma può essere anche destinato a quello sui generi letterari. perché di noir, si parla. anzi, si legge. e a volte, leggendo, ci si può stupire specialmente se chi scrive è solitamente “insospettabile”. Beh, io sono stato sorpreso. Piacevolmente sorpreso. E, per quel che vale, ho dato visibilità. Per me la merita. Certo, come suol dirsi, una rondine non fa primavera. Però nel post “piccoli mostri crescono” (nel mio blog), io intravedo uno spiraglio di sole.

    http://enricogregori.splinder.com/

  25. Russo Lorenzo 2004-05-15 14:13 Aspettare un segnale divino! È l’anno X, in un pianeta Y di una Galassia dell’Universo. Due esseri, seduti a un tavolino di un bar, sembrano immersi in un discorso.
    Sono due esseri con personalità contrarie, che danno luogo a concetti diversi e a volte contradditori, ma anche comprensivi.
    In comune hanno il desiderio di credere in qualcosa di vero.
    Sono sempre nell’attesa di intendermi con il mio Dio, dice Aldo, mentre Bruno sfogliando un giornale fa finta di non aver udito nulla.
    Attendo sempre di ricevere un messaggio divino per sapere cosa fare per il resto della mia vita, ripete Aldo.
    Ho sentito risponde finalmente Bruno, ma per me non esistono queste attese, per lo meno non me le aspetto dall’Alto; ho infine molto da fare nel mio mondo.
    Vivi anche tu la tua vita, senza aspettare segnali dall’Alto, che poi non sei in grado di comprendere.
    Viene tutto dall’Alto, anche se lo trovi solo in terra, risponde Aldo, ma va bene, se non vuoi, rimani pure così, io intanto mi do da fare in questa vita.
    Dopo ore di domande e risposte decidono infine di andare insieme nel deserto per scoprire il senso dell’esistenza.
    Vedi, dice Aldo, qui è tutto silenzio, non sarà difficile intenderci con Lui, che è dappertutto, e poi questo è il posto dei prediletti e Lui sa che lo aspettiamo. Al tuo posto, non porrei troppa speranza risponde Bruno.
    Il silenzio e la solitudine mi portano via dai miei veri problemi, molto non aspetterò, perché ho da fare, da sbrigare, prima che la fine mi prenda.
    Quale fine chiede Aldo, con uno sguardo che nascondeva difficilmente la sua curiosità; quale fine ripete Bruno? Naturalmente la mia come anche la tua, l’aspettare è solo tempo perduto. Vieni, andiamo e viviamo con l’adempiere ai nostri compiti.
    Quali compiti dice Aldo, scusami non riesco a capirti; i compiti d’ogni essere umano, ripete Bruno, sorti con la nascita, da coltivare con la crescita e lasciare agli altri con la nostra fine.
    Non capisco, dice Aldo, da lasciare agli altri con la nostra fine? all’infuori di noi due, non vedo nessun altro essere che sia in grado di crescere per adempiere i suoi compiti, per poi lasciarli anche lui ad altri, che non ci saranno.
    Ohimè risponde Bruno, che errore abbiamo fatto, pensando solo al nostro benessere e credendo che il tempo avrebbe rimediato al tutto nel nostro bene, ed ora siamo davvero soli, senza eredi della nostra sapienza, della nostra speranza, del nostro destino.
    Bè, dice Aldo, nessun erede, nessuna sapienza, nessuna speranza, significa anche nessun Dio, quel Dio che è solo in noi dal momento in cui sappiamo vivere nel suo senso, che dovrebbe essere anche il nostro.
    Quel Dio ci punirà, riprende Bruno, perché abbiamo ignorato la sua volontà che c’imponeva di creare una nuova vita in Suo onore; aspettando un segnale divino abbiamo fatto nulla, il Dio del Male ci aspetterà, Lui non manda segnali, non prescrive, a Lui basta solo aspettare che il tutto si risolvi da solo.
    Aldo lo interrompe: c’è sempre una speranza, un rimedio. Quale chiese Bruno?
    Pregare, riconoscere i nostri torti e promettere di migliorare, continua Aldo, sai che lo fecero anche gli imperatori , i papi e i…., che vissero peccando e morirono chiedendo il perdono.
    Credi veramente che Dio li abbia perdonati, riprende Bruno? Perdonati o no, non è importante, vero è che loro morirono in serenità…., riprende Aldo.

    Un momento, lo interrompe Bruno, cos’è con la vita eterna, con quella dopo la morte?
    Non essere così ingenuo continua Aldo, sono tutte frasi dei potenti per indurre i credenti a sottomettersi a loro; no, no, ricomincia Bruno, va bene che i potenti ci vogliono tenere a corto, ma la vita eterna è di certo un’altra cosa, in lei c’e speranza per il meglio e non la trovi all’esterno, ma solo in te, nella tua anima, che alimentata dal tuo spirito, invocato da te, ti può donare pace, serenità, forza di sopportare e vivere per l’altra vita. Aldo diventa pensieroso, riflette e incomincia a capire che il suo migliore amico Bruno era un po’ più avanti di lui alla ricerca del divino e disse: forse hai ragione, sono stato troppo preso dal voler vivere, tanto da non essermi accorto che il divino era sempre qui, vicino, così vicino da non poterlo vedere.

    È il momento in cui entrambi capiscono che aspettare non aveva più senso, essendosi il loro Dio già manifestato dal momento in cui s’incontrarono.
    Dio è la vita stessa, che bisogna viverla con tutte le sue sofferenze, ingiustizie e gioie, allo scopo di riconoscerLo e viverLo in lei.

    Il discorso finisce qui e i due protagonisti ritornano in città, dove i pericoli, in forma di tentazioni ed attrazioni, rendono i suoi abitanti ingrati, inabili, sordi ai richiami del loro spirito.

    Forti delle esperienze fatte nella solitudine del Creato, promettono di cambiare la loro vita e di metterla al servizio del Dio che è in ognuno che lo cerchi, da sempre e fino alla fine dei tempi.
    All’infuori di noi, dall’Alto, non si percepisce nessun segnale di speranza, di giustizia, essendo già in noi, così vicino da non volerci e poterci credere. Lorenzo Russo

  26. bravo Lorenzo:Dio era gia’ nel loro incontrarsi,ma spesso non lo capiamo il senso di un incontro.A me e’ successo. A te?

  27. @bravo Lorenzo:Dio era gia’ nel loro incontrarsi,ma spesso non lo capiamo il senso di un incontro.A me e’ successo. A te?
    Postato Sabato, 24 Maggio 2008 alle 5:06 pm da maria gemma

    Non è così che un incontro ci rende anche un po’ pensierosi e titubanti, anche quando ci procuri gioia, come se possa svelarci un segreto?
    Per lo meno per me, è sempre così, e non solo un incontro, anche un viaggio.
    Succede più volte nel corso della propria vita, e sempre nei momenti di grande attesa che succeda qualcosa di significante che risolva una situazione personale sospesa.
    Chi non ne ha una?
    Ti allego un altro mio scritto sulle fermate della vita.
    Ciao e grazie della partecipazione.
    Lorenzo
    Le fermate della vita:
    A passo lento, come se il tempo mi appartenesse, anzi proprio non esisti per me, mi avvio ad una delle tante fermate della mia vita, dove prendere un altro mezzo di trasporto e continuare a viaggiare.
    Alla fermata vedo un gruppetto di persone sostare e attendere l’arrivo del mezzo.
    Dai loro sguardi differenti intuisco lo stato d’animo che l’attesa del mezzo procura in ognuno che si trova ad una svolta della sua vita soprattutto quando potrebbe rivelarsi decisiva.
    Come ogni svolta, può assumere il senso di un cambiamento radicale, di una ripetizione abituale, di una nuova forma d’incertezza, d’illusione o perdita d’ogni speranza e che così varia secondo che il soggetto sia una persona seria, leggera, interessata, nervosa, impaziente, apatica, tranquilla, indifferente. Tutti, però, aspettano di essere raccolti e portati verso mete altrettanto differenti.
    Arrivato il mezzo, saliamo tutti; chi in fretta per occupare il posto preferito e ritenuto più propizio, altri lentamente e volgendo lo sguardo qua e là, non sapendo bene dove andare e quindi anche dove mettersi.
    I programmati, quelli ritenuti ufficialmente i bravi e disciplinati nel loro ruolo d’indispensabili per il sistema agente, scendono alla loro fermata, che già riconoscono prima che sia annunciata dal conduttore o dai cartelli indicatori.
    Scendono e con passo svelto si avviano ai loro compiti come se fossero gli unici che vogliano qualcosa.
    Mi chiedo, come reagirebbero, se nelle sequenze dei loro movimenti fossero improvvisamente costretti a fermarsi, a causa di un guasto o di un errore di programmazione.
    Penso, che si sentirebbero disorientati, inutili, insufficienti, amorfi e paurosi e non riuscirebbero a nascondere l’ansia nell’aspettare che il loro capo arrivi e dia loro nuovi ordini con i quali sentirsi nuovamente richiesti, valutati e spinti a dare ancora il massimo delle loro capacità.
    Gli incerti, invece, non sanno, dove scendere, rimangono seduti e osservano l’andirivieni con un’apatia e timore dietro il quale trapela il loro disorientamento davanti alle richieste decisive della vita.
    Altri non hanno idee e propositi, aspettano che accada qualcosa da sé che li rianimi e invoglia a decidere qualcosa.
    Altri ancora, godono l’attesa, scrutando ogni avvenimento con interesse nell’intento di arricchire le loro esperienze e poter prendere poi una decisione più giusta e valida.
    Intuiscono che solo attraverso le esperienze fatte e valutate per utili percepiscono il senso di muoversi continuamente, fatto che rende la loro vita desiderabile e realizzabile, perché voluta, e dove gli eccessi e i freni bloccanti sono controllabili.
    Il senso del moto li rende liberi dalle costrizioni e dai confini impostigli dagli altri, da non influire più su di loro.
    Sono esperienze, elaborate e adattate nella profondità e vastità dei loro pensieri, che donano il senso di possedere tutto il Creato e d’essere dappertutto presenti.
    Stando qui, si sentono d’essere anche là e ovunque il senso di vivere li trasporti, e dove le fermate sono necessità di riflessione e aggiornamento per prendere decisioni libere e volute.
    Questa è vita da vivere, in un mondo che per la sua forma è senza confini, per cui ognuno dovrebbe muoversi sempre di propria iniziativa, anche in caso di guasto o di programmazione errata.
    Saluti,
    Lorenzo Russo lì, 24.05.07

  28. Torno dopo una settimana di vacanza. Al mare. Una settimana di relax, un pò di sole (non molto in verità), qualche nuotata, niente computer, e molta lettura: Catena Fiorello (Picciridda ha così finito di stazionare sul comodino, e non meritava no una sì lunga attesa: è un romanzo veramente molto bello); Massimo Maugeri (finalmente le sue Identità distorte) e uno strano romanzo giapponese che debbo ancora finire (Murakami Haruki: Kafka sulla spiaggia) ma che è molto affascinante e di cui se capiterà l’occasione vi parlerò a tempo debito.
    Comunque è a “lettura calda” che mi sento di confrontare il romanzo ed il breve ma denso racconto di Massimo che ho trovato al mio rientro.
    Identità distorte mi ha molto colpito, per il tema, la scrittura, i personaggi (il più riuscito mi pare quello di Lidia, la più distorta di tutti), la bella trovata finale. Ma forse il racconto mi ha colpito ancora di più.
    Nella sua brevità va subito al sodo. Ma soprattutto non svela, come nel romanzo invece accade, l’artificio nella distorsione delle identità. Il gioco delle proiezioni rimane aperto. E’ Cidrolin a sognare di essere il Duca o il contrario? E’ Chuang-tzè a sognare la farfalla o la farfalla a sognare di essere Chuang-tzè? Così Queneau (I fiori blu).
    Credo che quello della ricerca dell’identità sia uno dei temi principali della letteratura moderna. E un pò (un bel pò) è anche il tema del romanzo giapponese che sto leggendo (di cui sopra).
    Un tema che ci appassiona, e che credo continuerà ad appassionarci.

  29. Ciao Carlo,
    sei tornato più abbronzato dal mare? Immagino di sì.
    Grazie mille per le belle parole rivolte ai miei scritti.

    Riguardo a Cati Fiorello… riferò. Devo sentirla in settimana.
    Ti anticipo i ringraziamenti da parte sua.

  30. A proposito del mio “Identità distorte”…
    Vi ho già scritto altre volte che il libro è praticamente introvabile. A parte qualche copia sparuta che si può ancora trovare in alcune librerie, il romanzo non è più disponibile nemmeno richiedendolo all’editore.
    Spero comunque di ripubblicarlo, un giorno.
    Ciò premesso, mi sono accorto che un tale l’ha messo in vendita su ebay alla modica cifra di euro 6,50 (all’interno di un negozio virtuale di libri difficili da reperire).
    Non so bene come funzioni ebay. In ogni caso vi lascio il link:
    http://cgi.ebay.it/Maugeri-Massimo-Identita-distorte_W0QQitemZ230149863804QQcmdZViewItem?hash=item230149863804

    E con questa “ebayata”, vi auguro buonanotte.

  31. Nocchiero, mi unisco al coro dei cacciatori che, nonostante i cani sguinzagliati, non sono riusciti a catturare il tuo libro. (Per la cronaca, il tuo Editore non mi ha neanche risposto). Ti suggerirei di inviarlo a un giovane, arrembante, editore, nato nel 2006, ma dal naso lungo: Excelsior1881 , Via Lanzone 2, 20123 Milano. Ha diverse collane e, nel mese di settembre, pubblicherà il libro di un tuo conterraneo: Una raggiante Catania, di Domenico Trischitta. Proverei a contattare anche lui (redazione palermitana di Repubblica). Tentar non nuoce. Ciao.

  32. Dalle stalle, alle stelle.
    Inversione d’obbligo visto quello che è accaduto a Laura&Lory. Le nostre Kessler tetterarie, infatti, furono sconfitte tempo fa in una sorta di gara tra racconti organizzata al “Papyrus” di Roma. Nel corso di una eliminatoria avvenuta proprio nel pub-libreria a due passi da Fontana di Trevi, il loro “Estenscion” fu battuto ed escluso dal proseguimento della kermesse.
    Ma, a insidacabile giudizio di un organizzatore del concorso, il racconto di Laura&Lory è stato ripescato e ha partecipato alla finale avvenuta venerdì 30 maggio.
    Il loro “Estenscion”, quindi, si è battuto contro “Al buio” (ben scritto ma zeppo di luoghi comuni), “Mia” (profondo ma eccessivamente autoreferenziale, narcisista e pipparolo) e “Nuvole su rotaie” (secco, essenziale, descrittivo, efficace…insomma bello).
    I quattro racconti sono stati letti a pubblico (votante) e a giurati da Rocco Papaleo, attore bravissimo in quanto con i piedi aderenti al terreno.
    Insomma, leggi di qui, dibatti di là, vota di qui e vota di là, alla fine “Estenscion”, ex negletto e spernacchiato, ha vinto il concorso battendo in finale “Mia”.
    Vittoria meritata? Non sono, aimè, così distaccato da poter giudicare Laura&Lory in contrapposizione con altri. Ho votato per loro, avrei votato per loro anche se il loro racconto mi fosse piaciuto meno degli altri, sono un votante inattentibile e ho sempre alzato bovinamente la mano per loro.
    Per fortuna, incidentalmente, il loro racconto (a mio gusto) era insidiabile solo da “Nuvole su rotaie” che, però, era “deragliato” in precedenza battuto da “Mia”.
    Quindi, nel match finale, non ho avuto alcun problema etico.
    Non sarebbe male, anche se il confronto con gli altri non si può fare, se Laura&Lory mettessero qui o altrove un link per sottoporre il loro “Estenscion” al pubblico di Letteratitudine. In fondo ha vinto un concorso e, da quello che ho visto, un concorso più credibile di tante fiere del cazzeggio che riescono ad avere risonanza e credito.
    Dopo applausi, baci, abbracci, complimenti, telefonate a parenti e c.v. (cazzi vari),
    la serata è proseguita con cena. Tavolo composto da Laura Costantini, Carlo(esse), Giancarlo Frulio (detto lo scultore di Dio ma a me sembrava di più uno scoppiato della Madonna) e me medesimo.
    Io mi sono occupato della parte letteraria, solo perché ho fatto prima degli altri a mettermi al computer.
    A Laura e/o Carlo il compito, se vorranno, della cronaca della cena.

  33. Vorrei leggere il racconto di Laura et Lory.
    Hai partecipato anche tu, Enrico?
    perché non inserite i link qui? Oppure, se volete… perché non riportate direttamente i vostri racconti?
    Vi anticipo che prossimamente organizzerò una “gara” (in realtà un gioco) di racconti anche su Letteratitudine.

  34. @ Gianmario
    Mi dispiace che non abbia avuto modo di trovare il mio “Identità distorte”.
    Prima o poi, quando i tempi saranno maturi, lo ripubblicherò. Magari in una versione riveduta.
    Per ora è meglio che mi dedichi ad altri lavori narrativi.

  35. Essì, ceroanchio. Ho votato e giudicato. E poi ho magnato e bevuto pure (pè festeggià). Vittoria meritata comunque, ve potete fidà.
    Spero che L&L linkino il loro racconto (io sul loro sito, checchè mi dicesse laura iersera non l’ho trovato). Si chiama ESTENSCION ed è veramente carino, ben scritto ed un ritratto graffiante ed efficace di una ragazza di oggi. Vi invito a leggerlo appena disponibile.
    Sulla cena…. Beh, abbiamo mangiato piuttosto bene a due passi dal Papyrus ove si era svolto il contest e da fontana di Trevi. Una trattoria toscana che mi pare citi il Chianti nel nome. Ed una bottiglia dell’omonimo (una sola) ci siamo scolati in 4. Morigerati insomma.
    Enrico però alla fine (in vino veritas) si è abbandonato a nostalgici ricordi di gioventù, di frequentazioni con un certo Schicchi (che non era il Gianni del trittico pucciniano)…. e Laura è rimasta un pò basita (sue testuali parole).
    Io non ho preso posizione di fronte a una disputa che si era aperta su un certo argomento. Non ho avuto il coraggio nè di difendere nè di condannare un Enrico ventenne che non ho conosciuto. Ho solo sottolineato il peso diverso che uomini e donne danno a certi comportamenti e che marca il solco della differenza mentale tra i due sessi. Poi, tornando a casa ci ho pensato su molto: forse, onestamente, è solo per il fatto che a vent’anni a me non è capitato di conoscere Schicchi.

  36. @ massimo:
    ho tentato di partecipare anche io al concorso, ma la commissione selezionatrice mi ha testualmente detto: “lei che partecipa a una gara di racconti scritti da non-professionisti? ma suvvia, è come far partecipare Ronaldinho al toneo balneare di calcetto!”
    🙂
    nella vita reale, ho saputo dell’iniziativa a concorso già iniziato e, comunque, gli appuntamenti si svolgevano in orari per me improponibili.
    Ha partecipato Silvia Leonardi (sfortunata). Certo, un’ipotetica finalissima con Laura&Lory, Silvia e me medesimo sarebbe stata l’apoteosi di Letteratitudine. Chiunque avesse poi vinto.
    @ carlo:
    prometto che alla prossima cena parlerò solo di quando, a 9 anni, ho fatto il lupetto nella sezione Agesci della mia parrocchia
    🙂

  37. e io non c’ero, uffa.
    mica giusto.
    comunque sono moooolto contenta che abbiano vinto. il racconto è bellissimo, davvero, e non riesco a pensare ad un avversario degno.
    dobbiamo essere tutti molto orgogliosi delle nostre ragazze. sono bravissime, e delle grandi persone.

  38. Allora, vado a fare il resoconto di questa piccola gara e di come nasce. Tutto cominciò quando un bel giorno la titolare del blog Rael-is-real mi chiese se volevamo partecipare ad uno speciale del collettivo Sodadal titolo Core de Roma, Core bastardo. Si trattava di scrivere un racconto, genere che a noi non è particolarmente congeniale (ci piace spaziare il più possibile). Però abbiamo accettato, abbiamo scritto Estenscion e lo abbiamo mandato. Rael ne è stata entusiasta e lo ha inserito nello speciale. Nel frattempo Silvia Leonardi mi aveva chiesto di presentare al Papyrus il suo Allo specchio. Ho accettato volentieri e dopo la presentazione il libraio Calogero, uno di quelli vecchio stampo, con la passione per la lettura, ci dice della gara per racconti. Perché non partecipate? Non ci avrei scommesso un centesimo, come ripeto i racconti non sono esattamente il nostro genere. Però… però Estenscion ci era venuto carino e quindi, lo abbiamo mandato. Essere eliminate alla prima manche ci ha demoralizzate, soprattutto perché ci siamo battute contro altri tre racconti di quelli che vanno per la maggiore: e dolore e morte e distruzione e sofferenza e ferite e anime lacerate e ancora dolore… eccheppalle! Quindi abbiamo archiviato la vicenda. Poi ci arriva una mail dal libraio: siete state ripescate. Beh, ci siamo dette, proviamo. Ma senza alcuna vera speranza. Altro scontro con altri tre racconti e dolore e morte e distruzione. Ma siamo arrivate allo scontro finale e abbiamo battuto l’avversario 4 a zero (tipo Roma Juve dei tempi d’oro) con complimenti da parte dei giurati (Veruska Amoroso, Chiara Ingrao, Alessandro Hellmann). Sono cose che non hanno prezzo!

  39. @ Laura et Lory
    Complimenti! E complimenti anche per il tuo (Laura) “eccheppalle…dolore e morte e distruzione e sofferenza e ferite e anime lacerate e ancora dolore… ”
    Oggi mi sono vista “Chisciotte e gli invincibili” di Erri De Luca e con Testa e Mirabassi: vi dedico lo stato di benessere che mi ha regalato. Complimenti ancora!
    🙂

  40. Credvo che questo post fosse stato ormai archiviato,per cui non mi affacciavo da un pezzo,invece,girovagando per caso,mi imbatto i queste entusiasmanti novita’.Pare che le nostre gemelle abbiano concepito un racconto all’altezza della loro fama,e si siano portate a casa una bella vittoria ,meritatissima sicuramente.Unisco al coro di letteratitudine i miei piu’ sinceri complimenti.E auguro alle due valchirie,numerosi e altri piu’ importanti successi.

  41. Evviva per Laura e Lory!
    Ho avuto difficoltà a collegarmi, stasera splinder faceva i capricci. e solo ora sono riuscita a lasciare un commento.
    Complimenti, sono felice per voi!
    cri

  42. La serata (questa serata) era cominciata male. Girovagando qua e là mi sono imbattuta in un blog (che non ho intenzione di nominare, sarebbe troppo onore) dove io e Laura figuriamo come zimbello del momento. Frutta fradicia e uova marce ci vengono gettate in faccia come i coriandoli a carnevale (periodo dell’anno notoriamente propizio ai gestori di detto blog perchè gli è più facile nascondere le loro grottesche sembianze dietro ludiche maschere). Insomma, diciamo che mi si stava girando la luna. Poi passo qui e leggo i vostri commenti, i vostri apprezzamenti per la piccola vittoria di ieri. Ebbene, grazie. Grazie di cuore a Enrico, a Carlo, a Gea, a Cri, a Massimo, a Maria Lucia, Maria Gemma… a tutti voi. Grazie, per aver cambiato la marcia di questa serata e per l’iniezione di fiducia che ci avete regalato con la nota, apprezzata generosità.
    Lory

  43. a laura e loredana:
    ho letto il vostro racconto: molto bello! Premio meritatissimo ( e una confidenza che laura conosce già: anche certi giudici si truccano mentre guidano!!!)
    Ho letto qualcosa di Lucianone che fa i complimenti a Biondillo e frequenta i “capoccioni di Nazzione” per il figlio…simpatico Lucianone.
    Fra i partecipanti c’era anche Marco Candida, è lo stesso che qualche anno fa scriveva, i suoi primi resoconti, su Vibrisse di Giulio Mozzi?
    Adesso leggo il resto…
    brave 🙂

  44. Core de Roma:
    ma c’era anche un racconto di Mario Bianco! La piola meravigliosa: bello e simpatico…

  45. Si, nello Speciale del Collettivo ci sono nomi importanti: Marco Candida (si, è quello che scriveva racconti per Mozzi, è anche l’autore di “La mania dell’alfabeto”), Marco Salvador e molti molti altri. Confesso che devo ancora leggerli tutti. ll tempo è tiranno. Io non parto, anche perché ho in previsione un weekend lungo a Parigi dal 5 al 9 giugno. Me ne sto a Roma e domani è lunedì, quindi mi incontro con Loredana per continuare a limare il nostro noir hardboiled da sottoporre ad un concorso (capito Enrico?).
    Buona domenica a tutti voi.
    Laura

  46. Ho capito che in rete si possono anche prendere scoppole pazzesche, gente che ti demolisce per il solo gusto di farlo o che non sa fare una critica costruttiva. Ragazze, se uno ha scritto onestamente e ha fatto del proprio meglio non si deve curar di lor ma guardare e passare…
    🙂
    Sì, Massi, forse conviene lasciar passare il ponte…

  47. LETTERA APERTA A RINO BARILLARI, PAPARAZZO GENTILUOMO E VITTIMA DI UNA FEROCE AGGRESSIONE

    Caro Barillari, prima di tutto auguri, anzi in bocca al lupo per domani, per l’intervento che ripristinerà “l’offesa ossea”. Gli ortopedici hanno raggiunto una professionalità così alta che tutto si risolverà nei migliori dei modi. Sono un’ esperta e non sono un medico!
    “Ma che sta succedendo a Roma?” . Ieri a conclusione di un intervento, su quel fatto triste della bimba dimenticata in auto, mi chiedevo, dopo aver ascoltato alcuni commenti “ma per cosa piange l’Uomo?” Se la preoccupazione per l’accaduto è solo per la madre? Anche io provo una grande pietà, ma in pochi hanno speso una parola per la piccola vittima. Perché la “dimenticanza” ha fatto una vittima. E’ questo che sta succedendo, e non solo a Roma. Abbiamo frantumato il cuore in piccole pietre d’appartenenza. E guai a raccoglierle! Ognuna di quelle pietre ha un proprietario, che con ragioni e scuse, protegge il “tesoro” la sua collana sfilacciata . E’ in questo “trovar giusto e comprensibile” (scriveva un grande: Musil) che l’Uomo si disperde. Perché chi ”gliel’ho fa fà ( si scriverà così?) a uno de’ impicciasse?”
    Per fortuna ci sono ancora gli impiccioni come lei! Con tutto il cuore, in bocca al lupo!
    ( l’unica cosa fastidiosa degli interventi alle gambe, sono quelle iniezioni cutanee da farsi nella pancia! Una “flesciata” inopportuna!!! Pazienza.) Un bacio,
    Miriam Ravasio

  48. @ miriam e a chi fosse interessato:
    arrivo or ora dalla clinica in cui Rino Barillari è ricoverato. Non ha più il fisico di un ragazzino, ma il morale sì. E il morale è importante. Rino sta lì a fare battute, a prendere in giro chiunque, preti compresi.
    La sua stanza è meta di pelligrinaggio di volti vip e no. Cossiga, Bertolaso, amici, parenti e cittadini. Ovviamente tanti colleghi. Ogni tanto una smorfia di dolore, mi prende la mano e “enrico mio, quanto mi fa male”. E domani, dopo l’intervento, saranno altri dolori. “ma tra venti giorni starò già per strada a lavorare”, dice. Non è vero, non potrà. Non potrà così presto. Ma comunque tornerà per (come dice lui) “lavorare tra genti e people”.

  49. In merito a questo triste episodio ho inviato un commento sul sito del messaggero.
    Spero che il responsabile di questa barbarie, sia nei confronti della donna,che del fotoreporter sia esemplarmente punito.
    Non se ne puo’ piu’di sentire fatti cosi’ orripilanti.

  50. @ maria gemma: è questo? bravissima. ti ringrazio io da parte di Rino il quale, peraltro, è calabrese come te

    “vorrei testimoniare la mia piu viva solidarietà a Rino Barillari per l’increscioso episodio di cui e’ stato vittima nel difendere un’altra vittima di ingiustificata e barbara violenza.Il suo gesto e’ stato eroico e mi fa sentire orgogliosa di essere una sua corregionale.Questo suo atto cavalleresco e’ infinitamente apprezzabile e spero spinga tutti a prenderne esempio.Seguirò con fraterna partecipazione il decorso postoperatorio che mi auguro breve e tranquillo.Un grazie di cuore da tutte le donne.A presto”.
    commento inviato il 01-06-2008 alle 18:43 da m.g.

  51. @ quelli del Messaggero:
    però avete pubblicato una brutta foto, quella del Sole è moooolto più bella!
    vai e guarda!

  52. @enrico
    So di quanto tu sia amico di Rino Barillari. Grazie per averci dato sue notizie. Se lo risenti digli quanto i tuoi amici di letteratitudine abbiano ammirato il suo gesto: uomo di altri tempi; altra pasta, oggi rara.
    Diglielo e fagli tutti i nostri auguri.

  53. @ carlo e altri:
    grazie mille. domani lo operano e nel pomeriggio tenterò di parlarci al telefono anche se non so se sarà possibile visto che purtroppo non starà in gran forma. ma comunque al più tardi il giorno dopo lo vedrò o lo chiamerò e porterò gli auguri del blog

  54. Segnalo il libro di Gero Mannella, “Non gettate cadaveri dal finestrino”, Coniglio Editore, 2006. Sono cinque racconti che giocano con il genere noir, e c’è naturalmente anche uno strampalato investigatore. Era da tempo che non incontravo una tale delizia di scrittura. Mettete insieme Charms, Groucho Marx, Campanile, Queneau, Douglas Adams, Mark Leyner, i Monty Phythom, Luttazzi, l’ispettore Clouseau, Gadda, Perec, Bufalino. Poi dimenticateli. E immaginate cinque storie d’una comicità funambolica, pirotecnica, surreale e ferocemente realistica, immerse in un lessico raffinatissimo, dove chi cerca di dare un senso alle parole si sorprende nel ritrovarsi con meravigliose parole dissennate. Questo il sito di Gero Mannella: http://www.geromannella.com
    Buona Festa della Repubblica (Repubblica? Ah, sì, si dice in giro che siamo ancora in una repubblica),
    Gaetano

  55. Ancora complimenti a Laura e Lori.
    Avete “fatto fuori” acnhe scrittori noti e affermati del calibro di Marco Salvador (che penso di invitare presto qui). Avete di che essere orgogliose.
    Noi lo siamo per voi…
    🙂

  56. Buon 2 giugno!
    Enrico cavolo, ho letto stamattina – prima questo post coi commenti, e poi cercando la notizia di cui parlavi. Ma poveraccio! Però ha ragione Emma, è stato molto bravo.
    Speriamo che vada tutto per il meglio.
    Ma naturalmente te gli puoi dare in comodato un dei tuoi sette otto femori.

    (A parte gli scherzi, fagli gli auguri e tienici informati!)

  57. @Laura e Lory: ma siete state bravissime! Che bella soddisfazione! Ve ne auguro altrettante e altrettanto belle!Il vostro racconto meritava questa meravigliosa vittoria!
    @Enrico: porta – ti prego – i miei saluti più affettuosi a Barillari.

  58. Urge chiarimento: il concorso del Papyrus è una cosa, lo speciale del Collettivo Soda è un’altra. Unico elemento in comune il nostro ESTENSCION che al Papyrus ha gareggiato si contro altri racconti, ma NON contro quelli presenti sullo speciale del Collettivo Soda. Quindi non abbiamo battuto nomi illustri, tanto meno Marco Salvador. Siamo onoratissime di essere affiancate in una pubblicazione, anche se online, a nomi importanti ma, ribadisco, il concorso era un’altra cosa e noi non abbiamo sconfitto Marco Salvador. Anzi, sarebbe stato un grandissimo onore già essere surclassate da lui.

    Ci uniamo poi al coro di auguri di pronta guarigione di quel simpaticissimo gentiluomo un po’ guascone di Rino Barillari che io (Laura) conosco da un bel po’, avendo bazzicato paparazzi per ben otto anni della mia carriera giornalistica (si, Enrico, di serie B, ma sempre carriera!)

  59. Tanti auguri di pronta guarigione a Barillari…
    E anche alla nostra Repubblica, che mi pare un poco febbricitante. La speranza sta nei singoli italiani, nel loro coraggio, nella loro voglia di lavorare, nell’amore di cui sono capaci.
    Miriam, comprendere non vuol dire giustificare. Avere pietà non vuol dire scordarsi che bimbi come Samuele o le piccole vittime della dimenticanza, dello stress, dell’incuria dei genitori. Cum-prehendere, accogliere, abbracciare. Purtroppo nel nostro paese il garantismo – giustissimo – si è trasformato in permissivismo. Ma la pietà prima di tutto. Per la vittima e per chi ha sbagliato.

  60. @ Maria Lucia,
    la mia comprensione comprende la pietà; la comprensione assurda invece è quella che relativizzando elimina il pensiero dell’Uomo. E’ la comprensione comoda (se vogliamo antietica, giustificante) o semplicistica che ci porta a racchiudere, nella difesa di un privato ideale, ciò che invece è altro. Perché nessuno è solo e la responsabilità è il metro che ci distingue dalle figure antropomorfe. La perdita di senso ha origine qui, nell’azzeramento degli effetti . Nel caso della bimba, ci sono troppi luoghi oscuri, su cui ,giustamente, la magistratura sta indagando. Affrettarsi ad una semplificazione è solo un atto gratuito che non aiuta nessuno, soprattutto chi è direttamente coinvolto. Meglio il silenzio e la riflessione. Ciao

  61. Miriam, concordo perfettamente con te. Il relativismo etico è il giustificazionismo ad oltranza che impera di questi tempi… Riflettiamo. Preghiamo.
    Ad Enrico: fatti portavoce dei nostri saluti ed auguri a Barillari…

  62. aggiornamento:
    l’intervento chirurgico al femore di barillari sembra sia andato bene. come previsto, però, i dolori post-operatori sono fortissimi e vanno gestiti con opportuni farmaci. escluderei, pertanto, di poter parlare con rino in giornata. credo sarà più facile domani e Letteritudine potrà esprimere attraverso me la grande partecipazione a “The King”

  63. Mi associo ai cordiali ed augurali saluti a Rino Barillari, scusandomi per il ritardo – imperciocche’ vivo all’estero e dunque non potei sapere in tempi ragionevoli dell’increscioso avvenimento.
    Pregasi riferire all’interessato.
    Sergio F.M.Q. Sozi

  64. Scrivo noir, scrivo “zozzerie”. Però, ora non ricordo come, conversando con Morena Fanti è saltata fuori l’idea di scrivere un racconto a 4 mani. Ho accettato. Poi mi sono chiesto: “perché hai accettato?”.
    La risposta è stata perché me lo ha chiesto una bella persona. Cosa che avvenne anche tempo fa con Cristina Bove. E poi, in fondo, il “4 mani” consiste nell’aver suddiviso la stesura: a ognuno il suo pezzo e poi una bella cucita.
    Sono contento di averlo fatto, sono contento di conoscere Morena, sono contento se questo racconto piacerà a qualcuno.

    Come pesci nella rete
    su:

    http://viadellebelledonne.wordpress.com/

  65. Non sono sparito.
    È che mi sono beccato un virus gastrointestinale con febbre a 40 e annessi e connessi.
    Più tardi spero di avere la forza di pubblicare un nuovo post.
    Intanto vi ringrazio per i vostri nuovi commenti (lasciati qui e altrove).

  66. Massimo, rimettiti presto in forma! Certo che oggi, con tutti gli antivirus che circolano in rete, proprio tu…..

  67. (Scusami, Massimo, ma, viste le tue drammatiche condizioni di salute, il mio racconto su VDBD potrebbe interessarti. Morena Fanti lo pubblichera’ credo in giornata.)

  68. Mannaggia, Maugger! Come antiemetico ti consiglio il racconto di Enrico Gregori, presente nello stesso blog. Il mio fa cac… ehm. Riprenditi presto, aho’!
    Tuo
    Sergio
    P.S.
    Nonostante l’infermita’, hai appena proposto un articolo e un argomento interessantissimi. Sono gia’ intervenuto – rompiscatole come sono.

  69. @enrico gregori
    “Come pesci nella ‘rete’”
    Caro Enrico Complimenti!Certo che Voi scrittori riuscite a compiangerVi, a vicenda, delle ingiustizie degli editor che non vi riconoscono il Vostro appeal; ma il Vostro sense of humor è suggestivo e la modernità la sapete sfruttare oltremodo compiacenti: Voi scrittori web on-demand, speriamo bene! Per il momento io, se me lo consentite tu e la tua collega Morena Fanti, me lo rimaneggio e lo metto in scena come racconto teatrale amatoriale: grazie a Voi!
    Perché, invece, non prendete in seria considerazione di scrivere per il teatro a quattro mani: secondo me, Vi divertireste di più, facendo realisticamente vedere a Noi tutti l’anima letteraria che avete: virtuale s’intende!
    Ciao Enrico con empatia sempre e cordiali saluti alla tua collega Morena Fanti che ci mette l’appeal,è una mia sensazione, da buon sagittario
    Luca Gallina

  70. @Massimo
    Le ostriche in questo periodo e i tartufi di mare,li trovate in Sicilia perchè è proibita la pesca? – fanno veramente male ai cristiani è vero caro Massimo -?Riprenditi presto se tiva, anche, perché non ho capito bene il premio Strega in che data si svolgerà, non c’è scritto da nessuna parte sul Web?
    Con affetto,
    Luca Gallina

  71. “Carissimi, purtroppo non vi conosco, ma attraverso Enrico ho saputo che vi siete interessati alla mia disavventura e che mi avete testimoniato grande affetto. Vi ringrazio e spero che il vostro sito internet abbia sempre il successo che merita”.
    (Rino Barillari)

  72. In merito al messaggio di ringraziamento del King,direi che interessarci era il minimo che potessimoe dovessimo fare.
    riguardo al nuovo edito a 4 mani,l’osservazione di laura Costantini sulle parti scritte e poi ricucite,mi ha fatto pensare a robe come trapianti,autopsie,o mostri alla frank…,non sappiamo piu’ cosa mangiamo,ne’ cosa leggiamo,mah..se ho tempo leggo e riferisco le mie impressioni.
    saluti a tutti.

  73. Nel mio blog ho linkato quello di Barbara Garlaschelli. Il suo è un sito che chi ama la lettura deve visitare assolutamente. Io ringrazio Barbara per aver regalato un suo racconto al mio blog e io ho ricambiato con una mia cosa per il blog suo. Credo sia nata almeno una simpatia. Per me è un onore.

    barbara-garlaschelli.splider.com

    enricogregori.splinder.com

  74. isolata dal Web come nel racconto, vi sto scrivendo dalla biblioteca. Un saluto a tutti voi, con affetto, Miriam ravasio

  75. Senza internet si vive, però qualcosa manca!
    Mi manca la paginata di Letteratitudine, la camicia di Maugeri, le mie cinque caselle di posta (un’ambizione esagerata, cinque come le dita di una mano), i blog amici e tutte le parole che ordiniamo sui tasti. Sono normale, leggo, scrivo, cucino, progetto, faccio ginnastica, impreco contro questo stupidissimo tempo novembrino, dormo bene e l’aspetto è il solito; però qualcosa manca. Sopporto le conseguenze della mia intraprendenza creativa che ha prodotto una disinstallazione radicale (un po’ preoccupante) di connessioni libere e remote, con stoicismo. Riassumendo: con la propensione terapeutica di chi, anche nelle avversità, trova una ragione di equilibrio, faccio fronte, confidando che “domani è un altro giorno” e il nuovo gestore con abile mossa aggiusterà il dissesto (quandoooo?).
    In biblioteca, questa mattina (ieri per chi legge) ho dato uno sguardo veloce ai racconti rosa/rossi/noir scritti a due e a quattro mani: il villaggio globale e i suoi protagonisti. Le percezioni sono confuse, le storie si sovrappongono, ma assemblando il tutto e dividendolo per generi, mi si abbozzano, nitidamente due figure: l’avulso e la mancata promessa. L’uomo che vedeva nudo, la donna che parlava troppo; ma lui vede di contrabbando e lei parla con la radio accesa.
    Torno domani fra “genti e people”
    A tutti voi un affettuoso saluto, Miriam Ravasio

  76. A proposito di “nascondimenti” e del fascino (dei soldi).
    Ieri sera mentre guardavo i servizi sulla clinica di Milano trasmessi da Matrix, riflettevo, anzi cercavo proprio di immaginarmi la vita, reale e quotidiana, dei medici, due donne, che con disinvoltura si accordavano per tacere, ad un loro collega, il gravissimo fatto. Immaginavo questa giovane donna intenta a parlare o anche a bere un caffé, insomma a comportarsi con naturalità, con il collega a cui aveva inserito un tendine sbagliato e non solo. Incredibile!
    Abituata, come tutti, al Male, riesco quasi a figurarmi l’abuso verso sconosciuti, ma non nei confronti di chi si conosce e con cui si dividono ore di lavoro, attimi di vita. E’ un fatto nuovo: l’altro non è più chi non si conosce o il diverso da noi. Il concetto di Altro è più esteso, ed è tutto quello che sta fra Me e il mio interesse assoluto. “Figurati, non gli dirò niente. Starò zitta e muta” continuando a lavorare, a visitare, e ad inserire protesi.
    🙁

  77. @ Massimo:
    hai fatto bene a richiamare la nostra attenzione; siamo ormai dei grandi circumnavigatori ombelicali (scriveva un poeta) e non sappiamo tradurre le notizie, riportandole all’Uomo. Anche noi che ci occupiamo di letteratura e di arte.
    Buonagiornata

  78. C’è qualcuno che crede ancora che i miei piccoli racconti noir siano solo fantasie?

    MONZA: STRANGOLA LA COMPAGNA, LA BRUCIA CON L’ACIDO E LA MURA NEL SOTTOTETTO =
    Milano, 12 giu. – (Adnkronos) – Strangola la compagna di 34 anni, poi la mette in un sacco, le versa addosso
    dell’acido per sfigurarla e infine la mura in un sarcofago nel sottotetto della loro casa in costruzione. È
    successo a Usmate-Velate (Milano) venerdì scorso, ma i Carabinieri ne sono venuti a conoscenza solo questa
    notte.

    Dopo 6 ore di interrogatorio ininterrotto, trenta minuti dopo la mezzanotte, P.L., imbianchino muratore e
    autista tranviario cinquantenne, è crollato di fronte alle contraddizioni del suo stesso racconto ed ha
    confessato di aver ucciso la compagna in un raptus di follia.

    A scatenare il comportamento omicida in P.L. sarebbe stata la confessione della compagna, una donna
    peruviana di 36 anni, con regolare permesso di soggiorno in Italia, con cui l’uomo conviveva a Muggiò in
    Brianza e con la quale avrebbe condiviso la nuova casa di Usmate-Velate, divenuta mausoleo.
    “Il bambino non è tuo” avrebbe detto la
    donna, riferendosi al loro figlio di 4 anni, al culmine di una lite per la forte gelosia di lui. Una frase che le è
    costata la vita. La donna, di corporatura minuta, sarebbe stata afferrata al collo dal compagno che con un
    braccio avrebbe stretto sul suo sterno fino a farla spirare. Dopo aver messo la vittima in un sacco, l’uomo
    si sarebbe recato in due negozi diversi per comprare dell’acido con cui avrebbe poi cosparso la donna.
    Sfigurata la sua vittima in viso e in alcune parti del corpo l’uomo, secondo le ricostruzioni dei Carabinieri di
    Desio (Milano), avrebbe costruito un vero e proprio sarcofago in cui riporre la compagna per poi murarla
    nel sottotetto dell’abitazione in costruzione.

    Da venerdì a lunedì silenzio per P.L. Poi la decisione di recarsi dai Carabinieri di Desio e denunciare la
    scomparsa della donna. Una denuncia con alcune contraddizioni, che non ha convinto i militari. «Abbiamo
    preso accordi con l’uomo per risentirci il giorno dopo -spiega il Colonnello Barbato, del comando di Desio-
    ma non ci ha contattato, così mercoledì abbiamo richiesto noi un incontro con lui e dopo un lungo
    interrogatorio è crollato ed ha confessato tutto».

    L’uomo, un piccolo precedente per furto all’interno di un negozio Esselunga nel 1995, è stato fermato per
    omicidio volontario e occultamento di cadavere e si trova ora in carcere a Monza. Il corpo della donna si
    trova all’ospedale di Vimercate, in attesa dell’esame autoptico disposto dal pm di Monza Pepe.

    (Pin/Zn/Adnkronos) 12-GIU-08 16:43 NNN

  79. e c’è qualcuno che crede ancora che non sia all’interno della famiglia che cova ed esplode il maggior numero delle peggiori atrocità e violenze?

  80. No, Enrico. Anzi, queste cose sono diventate talmente, purtroppo, usuali, da farmi pensare che asrebbe meglio che la fantasia degli scrittori si indirizzasse altrove. Bastano i giornali. Che io non leggo quasi – eccetto la pagina della Cultura. Perche’? Per non contaminarmi di lordure. E’ sufficiente essere uomo, per conoscere ”ante litteram” tutta la barbarie del mondo: ”Homo sum, nihil humani a me alienum puto” (Terenzio).

  81. Al tg Regionale hanno mostrato il “sarcofago”, una parete di mattoni smussata in alto : grande per un corpicino minuto.
    Condivido con Sergio: scrivere di queste cose, se non si vuole dire altro, è una assurda mancanza di fantasia. Ma la vera scrittura, che dice altro, è rara , anzi rarissima, soprattutto quella di questo genere.
    E a proposito di atrocità e nefandezze famigliari, aggiungerei anche una nuova disciplina : la stupidità mortale.
    A pochi kilometri da Bergamo, una mamma, per rispondere al telefono lascia cadere la propria piccolina dal terrazzo, dal quarto piano. Interrogata ha risposto che nel lasciarla cadere era convintissima che fosse al di qua della ringhiera.
    A Merate, la donna che dimenticò la figlia nella propria auto per più di quattro ore, telefonò in pronto soccorso dicendo di essere “andata in automatico”. Mi dicono che sono cattiva, che non ho pietas, rispondo che è tempo di rigore, di educazione alla responsabilità. La pietas si esercita in privato e sicuramente al commiato “sei lassù goditi gesù” io, avrei tolto l’audio, senza se e senza ma.

  82. No, Enrico, la cronaca nera non va abolita. Del resto far finta che l’orrore non esiste, o girare gli occhi da un’altra parte, non lo elimina di certo.
    Per il resto sono sempre stato convinto che la realtà, a volte, (e purtroppo) è di gran lunga più truculenta della fiction che cerca di riprodurla.
    Per questo, in genere, non mi piace la “narrativa splatter” o quella che si limita a raccontare crudeltà senza curarsi di mettere in evidenza l’aspetto psicologico dei personaggi.

  83. @ massimo:
    concordo sullo splatter. per il resto tra i più accaniti lettori di cronaca nera ci sono proprio quelli che dicono che fa schifo. è una vecchia storia, un po’ come quella dei giornaletti porno

  84. Però si può scrivere di queste cose come ha fatto la Mazzucco in “Un giorno perfetto”… Rileggete l’intervista che le ha fatto Sabatini sul post dedicato ad “Altri trucchi d’autore”. Psicologia, poesia… non solo cronaca splatter.

  85. @ maria luicia:
    si può nei libri, la cronaca è altra roba. vai a cercare tu qualche pezzo di cronaca nera (VERA CRONACA NERA) scritto da Dino Buzzati, e poi ne riparliamo

  86. Ma chi parla di eliminare la cronaca nera? E’ parte dell’informazione e della nostra vita, purtroppo. Personalmente cerco di evitarla (a parte quella sul Messaggero), al tg ascolto i titoli, spengo (quasi sempre)sulle serate a tema , non guardo le trasmissioni dedicate ai grandi crimini (tipo Leusini o quell’altro di cui non mi sta venendo il nome), non acquisto e non sfoglio riviste che si occupano di cronaca nera, non mi piace leggere gialli , qualche bel film invece sì, non sopporto la sociologia criminesca con gli esperti che straparlano, leggo qualcosa di noir (che piace anche per il nome perché il nero si porta con tutto) solo se conosco l’autore. Però nonostante tutti i filtri che ognuno di noi sa/vuole/può darsi, nella cronaca siamo immersi e con lei travolti. Anche quando ti metti alla ricerca di un “bravo” ortopedico e ti viene il sospetto che in quella clinica c’è qualcosa che non va, e allora segnali (10 febbraio 2006)

  87. Ormai un po’ ci conosceremo, penso. Ecco. Scrivo baroccamente nei racconti, ma altrove sono uomo di poche parole. Ma nette, scolpite, precise – almeno spero. Dunque dico solo che la sensibilita’ manca a tutti: alle madri-carogne come quelle citate da Miriam, ai padri-carogne che tutti conosciamo. E anche ai giornalisti di nera. Carogne pure loro se non hanno il buonsenso e, ripeto, la SENSIBILITA’

  88. Ormai un po’ ci conosceremo, penso. Ecco. Scrivo baroccamente nei racconti, ma altrove sono uomo di poche parole. Ma nette, scolpite, precise – almeno spero. Questo e’ il momento di esser lapidari.
    Dunque dico solo che la sensibilita’ manca a tutti: alle madri-carogne come quelle citate da Miriam, ai padri-carogne che tutti conosciamo. E anche ai giornalisti di nera: delle carogne pure loro se non hanno il buonsenso e, ripeto, la SENSIBILITA’ di capire che scioccare la gente con descrizioni minuziose di efferati crimini serve solo ad alzare ulteriormente la gia’ troppo alta soglia di SENSIBILITA’ degli Italiani. Abituare la gente al grand guignol secondo me E’ IMMORALE, BRUTTO, CATTIVO.
    E me ne sbatto delle opinioni altrui e delle sfumature. Le sfumature le lascio ai sofisti.

  89. Scusate: leggete il secondo intervento per favore, il primo mi e’ partito involontariamente.

  90. Buzzati stava male di testa, era ossessionato dalla morte. E mi interessa la sua narrativa, non la sua attivita’ giornalistica. Leggo le sue cose migliori, perche’ dovrei leggere un suo articolo del cavolo? Mica era Gesu’, oltretutto. ”Lo sbarco degli orsi in Sicilia”, per esempio, e’ un gioiello, e lo leggo. Altre cose no. Non e’ Gesu’, ripeto. Non me ne importa molto se faceva il giornalista.

  91. I giornaletti porno, inoltre, io li ho letti, ma con la morte non scherzo. La vita, anche se pornografica, e’ sempre vita: cambia, sorride, piange, migliora, bacia, crea. La morte…

  92. pĭĕtās
    pĭĕtās, pietatis

    devozione
    s. f. III decl.|n. f. III décl.|s. f. III decl.

    1 religiosità, rispetto, sentimento religioso, devozione verso gli dei
    2 affetto, amicizia, dedizione, fedeltà, devozione verso la patria, i genitori, gli amici, pietà filiale, amore paterno, amor patrio
    3 abnegazione, rettitudine, senso del dovere
    4 clemenza, benevolenza, indulgenza
    5 giustizia divina
    6 (eccl.) amor di Dio
    7 Pìetas, personificata come dea, Pietà.

    l’accezione 4) è molto rara, essendo prevalente il senso derivante dall’etimologia (”pius”)

  93. Per chi se lo fosse chiesto, non sono sparita. E’ che ultimamente sono un po’ in affanno con i tempi. Troppe cose da fare, da pensare, da pianificare. E l’editore che si separa dal socio e ci lascia nelle peste negandosi al telefono…
    Ma vi leggo.
    Un bacioa tutti
    Laura

  94. Morena Fanti è autrice di “Orfana di mia figlia”, edito da “Il pozzo di Giacobbe”. Credo sia inutile spiegare la genesi del libro perché è piuttosto evidente. Quello che è, invece, utile dire è che non si tratta di un libro sulla morte, ma semmai sulla vita. Nulla di più remoto, insomma, da un’apoteosi del dolore che peraltro in una circostanza come questa sarebbe comprensibile provare. Ma Morena parla d’altro. Per capire bisogna leggere. Io ho letto e (forse) ho capito.

    Anche con Morena abbia deciso di “giocare” con lo scambio di racconti. Il mio per lei si trova nel suo blog

    http://scriveregiocando.splinder.com/

  95. Il fatto è che un conto è la cronaca – e quella non si tocca: nera gialla rossa o verde. La cronaca è informazione, poi ogni tanto sbava, ma questo è un problema dei singoli giornalisti e delle singole testate – non un problema dell’informazione, che appunto ci è necessaria. Un altro conto però è il ricamo sulla cronaca, in stile Alda D’Eusanio, per capisse, che si spaccia per informaizone ma che in realtà è mero orrido voyeurismo, condito dal moralismo dei biechi. Fa bene Miriam a tenersene alla larga. Io una volta ho visto un giorno in pretura, e n’altro po’ corro al bagno e rigetto.

  96. Alda D’Eusanio (che comunque professionalmente è valida) non fa cronaca, ma una sorta di talk-show legato a una vicenda personale e umana. L’informazione è minimale e si da invece largo spazio a corredi e commenti. Forse con voyeurismo, sì, ma basta cambiare canale se la cosa non piace. La cronaca è notizie, punto e basta. E se uno (per caso) mal digerisce anche quelle, non le leggesse.

  97. enrico, forse non hai capito che sul dovere di cronaca siamo completamente d’accordo.
    Sulla D’eusanio no, ma anche sul fatto che non fa cronaca – siamo d’accordo.
    E sarà anche professionale, pure Vespa è molto professionale, naturalmente bisognerebbe aprire un capitolo su “professionale”, ma vabbè.. Ciò non toglie che anteriormente alla professione mi procurano entrambi uno schifo fisico. E mentre la cronaca, come cronaca di eventi offre un servizio necessario, il commentarium spicciolo alla D’eusanio offre un disservizio, è distorcente, e spesso irrispettoso nei confronti delle vicende narrate.
    Voglio dire, ci sarà differenza tra la storia da te riportata così come è riportata e i commentucci alla D’eusanio. Secondo te non conta?
    Ci hai sei nasi.
    Soffieteli, piove
    🙂

  98. @ zaub:
    sì, a occhio siamo d’accordo su tutto. l’unica cosa che mi chiedo è se l’anteriore schifo fisico ti condiziona nel giudizio professionale. Se non ti quadrano come giornalisti posso capire, ma sostituirli con George Clooneye Charlize Teron servirebbe solo a ricrearci gli occhi.
    Ci hai otto ginocchi: 4 della lavandaia, 4 della cugina della lavandaia. Restituiscili!
    🙂

  99. Enrico io ho fastidio sempre, e trovo che corrompa qualsiasi figura professionale quando arriva la bava da cronaca. Gli psicologi non ne sono esenti, e girano certi figuri in tivvù che manderei ai lavori forzati: vedi le prestazioni di Meloni nel caso di Cogne, o altre cose vomitevoli da Vespa nel caso del piccolo Tommasino, o di Rignano.
    Quando un giornalista, uno psichiatra, un casalingo precario un qualsiavoglia stronzo va in tivvù e usa il suo ruolo professionale per sdoganare pareri sui faciloni e tribunuzi, per me lede la categoria professionale donde proviene. La inzozza. La prostuisce. Non ci entra Clooney o Theroon o sta minghia. Non mi piace quando si fanno bieche incursioni nel privato, e si scatenano i bassi istinti dell’uditorio.

  100. PS: Io de ginocchi della lavandaia ce ne ho anche otto! Uno per detersivo che te credi! uno per li deligati, uno per i colori, uno per il bianco, uno per i capi scuri.
    Quindi non diffondere false informazioni: sei un giornalista ci hai er dovere de cronaca!
    otto ginocchi – tutti miei.
    Tu piuttosto, quando è che ti fai togliere quer dente del giudizio che ti cresce sotto ar tallone?
    Poi è chiaro che definisci la D’Eusanio “professionale”
    eh
    🙂

  101. Gea preferirebbe piantare chiodi con la testa piuttosto che scrivere. Quanto a pubblicare, poi, preferirebbe lavare le finestre di un grattacielo leccando tutti i vetri. Quindi sono orgoglioso del mio successo. Gea ha scritto e io l’ho obbligata all’incorcio dei racconti. Una “sfida” fratricida dato che lei e me ci siano conosciuti su

    http://letteratitudine.blog.kataweb.it/

    Quindi, come da tradizione, il suo racconto è su

    http://enricogregori.splinder.com/

    e il mio è su

    http://mahpuntogea.splinder.com/

  102. Maria Teresa Santalucia Scibona (Tessy, per noi) è poetessa colta e sensibile. Ma anche modesta, perché non abbiamo mai letto in alcun suo intervento il piglio della letterata elitaria. Questo elemento è evidente anche nelle sue poesie. Ora, nel sito qui sotto è possibile conoscere un suo lavoro presentato da Morena Fanti. Gli amici di Letteratitudine e non solo potranno rendersi conto ancor di più di ciò che Maria Teresa è in grado di fare. Buona lettura.

    http://viadellebelledonne.wordpress.com/2008/06/17/il-sogno-del-cavallo/#more-3677

  103. ULTIME (NON) NOTIZIE DALL’ITALIA.
    Ieri si annunciava il naufragio d’una imbarcazione affollata di persone in cerca d’una sorte migliore in Italia: 140 i morti nelle acque del Canale di Sicilia. Oggi la notizia è all’ultimo posto tra le notizie dall’interno, dopo otto minuti circa di trasmissione, sui dodici minuti della durata dell’intero telegiornale (Tg1 di poco fa, delle ore 17).
    Berlusconi prende il posto dei giudici, e decide quali processi devono essere svolti e quali no (tra cui uno in cui lui è imputato). Questa volta i governanti non mimetizzano le reali intenzioni della manovra legislativa: Bonaiuti dice in tv che gli emendamenti dell’ultima ora nel pacchetto sicurezza sono stati inseriti proprio per difendere Berlusconi dai “giudici di sinistra”.
    In Sicilia la destra vince al primo turno, con percentuali molto alte, in tutte e otto le province al voto. Non vota quasi la metà degli aventi diritto: la percentuale dei votanti è del 55%.
    Prima notizia dello stesso TG1 di poco fa, delle ore 17: partita di calcio Francia-Italia, oltre due minuti di trasmissione.
    Un caro saluto,
    Gaetano

  104. @ Tessy
    Sono stata sul sito Delle Belle Donne, ho cercato di lasciarti un saluto, ma non sono riuscita a postare, lo faccio qui.
    Piazza del Campo. Ti ho immaginata mentre intenta a scrivere sceglievi le parole giuste per dare il ritmo, alla rabbia, alla perplessità e infine al sospiro tollerante. E anche se quei tuoi versi ormai ci rappresentano, la Storia non è uguale per tutti e Siena saprà far fronte anche alla nuova “conquista”.

    Un abbraccio, Miriam

  105. Letteratitudine mi sembra il luogo più adatto per un omaggio a Mario Rigoni Stern, lo scrittore deceduto ieri e autore del capolavoro “Il sergente nella neve”.

  106. Accidenti Enrico, non avevo saputo niente… Mi dispiace davvero tanto. Ho conosciuto personalmente Rigoni Stern, una persona rara. Certo. Un omaggio a Mario Rigoni Stern, qui su Letteratitudine.
    Un abbraccio,
    Gaetano

  107. Ciao Enrico… quando parlavo della Mazzucco volevo dire che quando si vuole fare letteratura su certi fatti da cronaca nera si può scriverne come fa lei, senza indugiare sullo splatter e mettendo in risalto psicologia, eventi e cause. La cronaca nera è un’altra cosa, ma deve essere fatta con coscienza…

  108. Enrico e Massimo,
    avevamo dedicato un post a Rigorni Stern, era uno dei primi: potremmo riaprirlo, sì?

  109. Ringrazio Enrico, Miriam e Gaetano per avermi letto nel pensiero.
    Avevo appreso della morte di Rigoni Stern nel pomeriggio e avevo già deciso di pubblicare un post apposito. Vi chiedo una mano per portarlo avanti e per coordinarlo.

  110. Avremmo voluto fare bella figura. I soliti romani di Letteratitudine si sono incontrati a cena la sera del 18 giugno. Special guests: Barbara Garlaschelli e Gianpaolo da Piacenza, Maria Gemma e figlia Isabella da Cosenza.
    Volevamo e dovevamo fare gli onori di casa con chi (anche) per incontrarci si è sottoposto a lunghi viaggi.
    Purtroppo abbiamo fallito, abbiamo fatto una figura da peracottari per colpa di Silvia Leonardi.
    Si sappia, sappiano tutti, che a differenza col recente passato, l’unico giorno in cui Ella è indisponibile è proprio il mercoledì. Le altre serate possono essere rivoluzionate. Ma non il mercoledì perché c’è lezione di portamento e gestualità femminile della salsa.
    No, non è il sugo di pomodoro e nemmeno il s’alsa con apostrofo e storpiatura dell’erezione maschile. E’ proprio quel ballo lì, quella sculettatura vorticosa nella quale si rischia di schizzare cellulite negli occhi del partner.
    “Vi raggiungerò quando posso”, ha detto.
    Ci ha provato, e c’è anche riuscita.
    “Faccio il raccordo?”. No, le ho detto, a quell’ora è pieno di puttane. Tu sei più bella di loro, rischi di mandare i loro affari a scatafascio.
    Mentre ci dedicavamo al kebab arriva la prima telefonata di Silvia “ce l’ho fatta, tra poco sono alla piramide. poi?”.
    Poi sei arrivata, cazzarola. Siamo a 300 metri.
    Passano alcuni minuti e alcuni spiedini misti.
    “Aiutoooooooo, ero lì. Ma ho chiesto e mi hanno mandato altrove…non so dove sono….eppure ho chiesto a Max Tortora e poi a tre ragazze che stavano a piazzale Ostiense”.
    Max Tortora, l’attore-imitatore, ha fatto finta di essere un altro. Poi alle insistenze di Silvia…”ma tu sei Max, daaaaaaaiiiiiiiiii, dimmi la verità”……è crollato è ha confessato.
    Però ha anche pensato “questa è la classica acchiappa-vip, te la da ma poi non te la levi più dai coglioni”. Così, dalla Piramide, ha tentato di spedirla a Tor Bella Monaca.
    Silvia ha girato e rigirato. Finchè il suo cervello, pardòn, la sua testa non si è smarrita del tutto. Quindi ha provato a chiedere a quelle che lei definisce tre ragazze.
    Dunque, per capirci, le ragazze che dalle 22 in poi sono a piazzale Ostiense, come suol dirsi a Roma, pisciano ar muro.
    Inromma erano tre transessuali che, sempre temendo la concorrenza della nostra ficacciona, l’hanno indirizzata verso Borgata Finocchio, località a loro evocativa.
    Come Dio vuole, però, Silvia trova ugualmente il ristorante e, avendo fatto il pieno di vaffa parlando con me, decide di chiamare Carlo. “E’ un ristorante con le tende bianche? Sì? Ah…sì…vedo Enrico”.
    Come abbia fatto a vedermi è un mistero. Eravamo al secondo piano e la strada era imperscrutabile. Avrà visto me, la madonna di Loreto, i Duran Duran che cantavano “Wild boys” o un filmato bianco-e-nero di Italia-Germania del 1970. Avrà visto qualunque cosa, avendo il sensorio obnubilato da tutti i chilometri fatti intorno al ristorante evitando accuratamente di trovarlo.
    Finalmente si siede quando noi si stava per prendere il caffè. Lei ha ordinato una patata ripena. Ripiena esattamente come la testa di Silvia non è. Ma, come le ho detto tante volte, “sei così bella, non potevi essere anche intelligente”.
    🙂

  111. Silvia,
    meno male che trovo una come te: ho lo stesso senso dell’orientamento. Dacci per favore la tua versione del racconto-cronistoria appena resoci dal Greg, il quale sicuramente avra’ montato una delle sue invettive antifemminili mascherate da cronaca vera. E dicci che non balli (nel)la salsa, che insomma non ti macchi di pomodori sammarzano a tocchetti. Poi nota, Silvietta, che l’immaginario erotico-itineraristico, diremmo, del Greg e’ smentibile da una tua ricostruzione romana alternativa: sei stata alla Piramide e a piazzale Ostiense veramente? Hai chiesto a Max Volatili informazioni? Smentisci o rifai il percosro per noi, su.

  112. Mi riallaccio al messaggio postato da subhaga gaetano failla sulla scaletta dei telegiornali di questo periodo. La Tv ha abdicato da tempo (salvo rarissimi casi) al ruolo di assicurare, tra le altre cose, un’informazione di qualità. Non parliamo poi degli approfondimenti. Quanti italiani stanno prendendo coscienza dell’evoluzione politica, anzi di regime, in atto in queste ultime settimane? Sono rimaste poche coscienze, davvero avvertite, che provano a mantenere alto il livello di attenzione. Tra queste il direttore di Repubblica, Ezio Mauro, del quale allego questo editoriale. Meditare. E vigilare.
    John

    Il vero volto del Cavaliere
    di Ezio Mauro

    NEL mezzo della luna di miele che la maggioranza degli italiani credeva di vivere con il nuovo governo, la vera natura del berlusconismo emerge prepotente, uguale a se stessa, dominata da uno stato personale di necessità e da un’emergenza privata che spazzano via in un pomeriggio ogni camuffamento istituzionale e ogni travestimento da uomo di Stato del Cavaliere. No. Berlusconi resta Berlusconi, pronto a deformare lo Stato di diritto per salvaguardia personale, a limitare la libertà di stampa per sfuggire alla pubblicazione di dialoghi telefonici imbarazzanti, a colpire il diritto dell’opinione pubblica a essere informata sulle grandi inchieste e sui reati commessi, pur di fermare le indagini della magistratura.

    La Repubblica vive un’altra grave umiliazione, con le leggi ad personam che ritornano, il governo del Paese ridotto a scudo privato del premier, la maggioranza parlamentare trasformata in avvocato difensore di un cittadino indagato che vuole sfuggire al suo legittimo giudice, deformando le norme.

    In un solo giorno – dopo la strategia del sorriso, il dialogo, l’ambizione del Quirinale – Silvio Berlusconi ha chiamato a raccolta i suoi uomini per operare una doppia azione di sfondamento alla normalità democratica del nostro sistema costituzionale. Sotto attacco, la libertà di informazione da un lato, e l’obbligatorietà dell’azione penale dall’altro.

    Per la prima volta nella storia repubblicana, il governo e la sua maggioranza entrano nel campo dell’azione penale per stravolgerne le regole e stabilire una gerarchia tra i reati da perseguire. Uno stravolgimento formale delle norme sulla fissazione dei ruoli d’udienza, che tuttavia si traduce in un’alterazione sostanziale del principio di obbligatorietà dell’azione penale. Principio istituito a garanzia dell’effettiva imparzialità dei magistrati e dell’uguaglianza dei cittadini.

    La nuova norma berlusconiana (presentata come un emendamento al decreto-sicurezza, firmato direttamente dai Presidenti della I e II commissione di Palazzo Madama) obbliga i giudici a dare “precedenza assoluta” ai procedimenti relativi ad alcuni reati, ma questa precedenza serve soprattutto a mascherare il vero obiettivo dell’intervento: la sospensione “immediata e per la durata di un anno” di tutti i processi penali relativi ai fatti commessi fino al 31 dicembre 2001 che si trovino “in uno stato compreso tra la fissazione dell’udienza preliminare e la chiusura del dibattimento di primo grado”.

    È esattamente la situazione in cui si trova Silvio Berlusconi nel processo in corso davanti al Tribunale di Milano per corruzione in atti giudiziari: con l’accusa di aver spinto l’avvocato londinese Mills a dichiarare il falso sui fondi neri della galassia Fininvest all’estero.

    Quel processo è arrivato al passo finale, mancano due udienze alla sentenza. Si capisce la fretta, il conflitto d’interessi, l’urgenza privata, l’emergenza nazionale che ne deriva, la vergogna di una nuova legge ad personam. Bisogna ad ogni costo bloccare quei giudici, anche se operano “in nome del popolo italiano”, anche se il caso non riguarda affatto la politica, anche se il discredito internazionale sarà massimo. Bisogna con ogni mezzo evitare quella sentenza, guadagnare un anno, per dar tempo all’avvocato Ghedini (difensore privato del Cavaliere e vero Guardasigilli-ombra del suo governo) di ripresentare quel lodo Schifani che rende il premier non punibile, e che la Consulta ha già giudicato incostituzionale, perché viola l’uguaglianza dei cittadini: un peccato mortale, in democrazia, qualcosa che un leader politico non dovrebbe nemmeno permettersi di pensare, e che invece in Italia verrà presentato in Parlamento per la seconda volta in pochi anni, a tutela della stessa persona, dalla stessa moderna destra che gli italiani hanno scelto per governare il Paese.

    Con ogni evidenza, per l’uomo che guida il governo non è sufficiente vincere le elezioni, e nemmeno stravincerle: non gli basta avere una grande maggioranza alle Camere, parlamentari tutti scelti di persona e imposti agli elettori, una forte legittimazione popolare, mano libera nel dispiegare legittimamente la sua politica. No. Ancora una volta a Berlusconi serve qualcosa di illegittimo, che trasformi la politica in puro strumento di potere, il Parlamento in dotazione personale, le istituzioni in materia deformabile, come le leggi, come i poteri della magistratura.

    È una coazione a ripetere, rivelatrice di una cultura politica spaventata, di una leadership fuggiasca anche quando è sul trono, di un sentimento istituzionale che abita la Repubblica da estraneo, come se fosse un usurpatore, e non riesce a farsi Stato, vivendo il suo stesso trionfo come abusivo. Col risultato di vedere il Capo dell’esecutivo chiedere aiuto al potere legislativo per bloccare il giudiziario. Qualcosa a cui l’Occidente non è abituato, un abuso di potere che soltanto in Italia non scandalizza, e che soltanto l’establishment italiano può accettare banalizzandolo, per la nota e redditizia complicità dei dominati con l’ordine dominante, che è a fondamento di ogni autoritarismo popolare e di ogni democrazia demagogica, come ci avviamo purtroppo a diventare.

    Questo uso esclusivo delle istituzioni e della norma, porta fatalmente il Premier ad un conflitto con il Capo dello Stato, garante della Costituzione. Napolitano era già intervenuto, nelle forme proprie del suo ruolo, contro il tentativo di introdurre la norma anti-prostitute nel decreto sicurezza, spiegando che non si vedeva una ragione d’urgenza. Poi aveva preso posizione per la stessa ragione contro l’ingresso nel decreto della norma che porta i soldati in strada a svolgere compiti di polizia. Oggi si trova di fronte un emendamento che addirittura sospende per un anno i processi penali e ordina ai magistrati come devono muoversi di fronte ai reati, una norma straordinaria inserita come “correzione” in un decreto che parla di tutt’altro.

    Che c’entra la sospensione dei processi con la sicurezza? Qual è il carattere di urgenza, davanti ai cittadini? L’unica urgenza – come l’unica sicurezza – è quella privatissima e inconfessabile del premier. Una stortura che diventa un abuso, e anche una sfida al Capo dello Stato, che non potrà accettarla. Come non può accettarla il Partito Democratico, che ieri con Veltroni ha accolto la proposta di Scalfari: il dialogo sulle riforme non può continuare davanti a questi “strappi” della destra, perché non si può parlare di regole con chi le calpesta.

    Nello stesso momento, mentre blocca i magistrati e ferma il suo processo, Berlusconi interviene anche sulla libertà di cronaca. Il disegno di legge sulle intercettazioni presentato ieri dal governo, infatti, non impedisce solo la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, con pene fino a 3 anni (e sospensione dalla professione) per il cronista autore dell’articolo e fino a 400 mila euro per l’editore. Le nuove norme vietano all’articolo 2 la pubblicazione “anche parziale o per riassunto” degli atti delle indagini preliminari “anche se non sussiste più il segreto”, fino all’inizio del dibattimento.

    Questo significa il silenzio su qualsiasi notizia di inchiesta giudiziaria, arresto, interrogatorio, dichiarazione di parte offesa, argomenti delle difese, conclusioni delle indagini preliminari, richiesta di rinvio a giudizio. Tutto l’iter investigativo e istruttorio che precede l’ordinanza del giudice dell’udienza preliminare è ora coperto dal silenzio, anche se è un iter che nella lentezza giudiziaria italiana può durare quattro-sei anni, in qualche caso dieci. In questo spazio muto e segreto, c’è ora l’obbligo (articolo 12) di “informare l’autorità ecclesiastica” quando l’indagato è un religioso cattolico, mentre se è un Vescovo si informerà direttamente il Cardinale Segretario di Stato del Vaticano, con un inedito privilegio per il Capo del governo di uno Stato straniero, e per i cittadini-sacerdoti, più cittadini degli altri.

    Se il diritto di cronaca è mutilato, il diritto del cittadino a sapere e a conoscere è fortemente limitato. Con questa norma, non avremmo saputo niente dello spionaggio Telecom, del sequestro di Abu Omar, della scalata all’Antonveneta, della scalata Unipol alla Bnl, del default Parmalat, della vicenda Moggi, della subalternità di Saccà a Berlusconi, dei “pizzini” di Provenzano, della disinformazione organizzata da Pollari e Pompa, e infine degli orrori della clinica Santa Rita di Milano. Ma non c’è solo l’ossessione privata di Berlusconi contro i magistrati e i giornalisti (alcuni).

    C’è anche il tentativo scientifico di impedire la formazione di quel soggetto cruciale di ogni moderna democrazia che è la pubblica opinione, un’opinione consapevole proprio in quanto informata, e influente perché organizzata come attore cosciente della moderna agorà. No alla pubblica opinione (che non sappia, che non conosca) a favore di opinioni private, meglio se disorientate e spaventate, chiuse in orizzonti biografici e in paure separate, convinte che non esista più un’azione pubblica efficace, una risposta collettiva a problemi individuali.

    A questo insieme di individui – di cui certo fanno parte anche gli sconfitti della globalizzazione, la nuova plebe della modernità – il populismo berlusconiano chiede solo una vibrazione di consenso, un’adesione a politiche simboliche, una partecipazione di stati d’animo, che si risolve nella delega. La cifra che lega il tutto è l’emergenza, intesa come orizzonte delle paure e fine del conformismo, del politicamente corretto, delle regole e degli equilibri istituzionali.

    Conta decidere (non importa come), agire (non conta con che efficacia), trasformare l’eccezione in norma. Il governo, a ben guardare, non sta militarizzando le strade o le discariche, ma le sue decisioni e la sua politica. Meglio, sta militarizzando il senso comune degli italiani, forzandolo in un contesto emergenziale continuo, con l’esecutivo trasformato per conseguenza da organo ordinario in straordinario, che opera in uno stato d’eccezione perenne. Così Silvio Berlusconi può permettersi di venire allo scoperto in serata, scrivendo in una lettera a Schifani che la norma blocca-processi “è a favore di tutta la collettività”, anche se si applica “a uno tra i molti fantasiosi processi che magistrati di estrema sinistra hanno intentato contro di me per fini di lotta politica”.

    È il preannuncio di una ricusazione, in una giornata come questa, vergognosa per la democrazia, con il premier imputato che rifiuta il suo giudice mentre ne blocca l’azione. A dimostrazione che Berlusconi è pronto a tutto. Dovremmo prepararci al peggio: se non fosse che il peggio, probabilmente, lo stiamo già vivendo.

  113. Debbo dire che il portamento e la gestualità di Silvia sono già molto femminili di proprio. Ieri sera le cose che ha mangiato (la patata ripiena già citata da Enrico) prive tanto di salsa che di meringhe mi impediscono di esprimere un giudizio sulla validità e l’efficacia del corso da lei seguito.
    Delle sue affinità orientative con Sergio Sozi invece cominciavo a sospettare.
    Ma Sergio dalla megalopoli tentacolare è fuggito diversi anni or sono. Silvia ha fatto il percorso inverso (e questo si comprende meno).
    Comunque vorrei ringraziare anche tutti gli altri partecipanti al comitato di accoglienza per Barbara & Giammario e Maria Gemma & Figlia, che Enrico cafonescamente non ha ricordato: Laura & Lory (le inseparabili gemelle della letteratura letteratitudiniana), Pasquale-Eventounico e la rediviva Zauberei che diverse “buche” ci aveva dato in precedenti occasioni, ma che questa volta si è degnata “giusto perché il locale da noi scelto era a due passi da casa sua” (testuali parole).
    D’altro canto avevamo verificato nell’unica precedente occasione la sua affinità tanto con Silvia quanto col Sozi (interpretiamola così…..).
    E tutti e tre potrebbero, invece di spender tempo e denaro in salse rumbe e cha-cha-cha (come qualcuno fa), più proficuamente dedicarsi allo studio dell’uso della bussola, del sestante e nell’osservazione degli astri nel cielo stellato.

  114. Oh beh
    Come ho scritto già a casa mia, in verità il sangiovese non era proprio proprio sangiovese ma con ogni probabilità c’era der tritolo, der sangue de bue e anche altre cose strane. Non ci ho più er fisico di una volta.
    Dunque io ieri sera ero a un lato del tavolo e ci avevo vicino:
    eventounicherrimo con cui ho molto molto chiacchierato ed egli è è anche squisito proprio.
    poi ci avevo MAria Gemma et figlia. Ahò: Maria Gemma è simpaticissima! cioè lo dico perchè la volta prima ero riuscita solo a dije ciaio e non è che avessi un’impressione troppo definita. Maria Gemma ci ha una figlia ipersinaptica, e la povera disgraziata ha pensato di dire: ce lo vedi che sono intelligente? Mia mamma vuole mandarmi a studiare fuori, ma io invece in calabria voglio restare, perchè non mi piacciono le cose strane.
    Seguiva pippone zauberistico, e la poraccia non so se si è ripresa.
    Poi ci era la Lory che però che era simpatica già lo sapevo – essa si è anche rivelata competenterrima in fatto di marmellate.
    Poi c’era la Silvia che – era tutta obnubilata dalla Samba. Quel che desta sconcerto negli astanti, non è che la Silvissima sia obnubilata dalla Samba, ma dalla postura della Samba. Cioè ella adesso studiare l’anteriorità del ballo latino americheno eh:)) Però l’è bellina semo in demograzia, e adesso quando sarà il suo turno dirà cose tremende sulla mia persona:)
    Poi c’era una montagna de nasi, de ginocchi, e di ilei. Mi desta sempre la solita meraviglia vedere gregori che introduce una patata fritta in un anfratto posto tra un gomito e un polpaccio e due nasi. Però aldilà della sua Picassianità intrinseca è stato moderato.
    Poi puretroppo, noi non ci avevamo un tavolo tondo come una compagnia di sordi e leopardati e con motorola del tavolo vicino al prossimo che potevano urlanrsi giocondamente e paritariamente, sicchè io con quelli del lato opposto nun ci ho potuto parlare. Ma c’era la signorissima Barbara con una maglia molto scicche, e puro ir su fidanzato, scicche puro er fidanzato, poi c’era Carlo S. e poi c’era la Laura, che ovviamente congiungeva il cerchio colla Lory. Purtroppo con loro non ci ho potuto parlare perchè erano lungi!
    Ma Laura secondo me i capelli così riccioli te stanno bene! so codesti proprio i tuoi capelli?
    Chiudo e vado a prendere un alka selzer.

  115. La dovuta premessa al raccontino di Enrico è che io, nonostante la distanza tra il luogo dell’appuntamento e quello in cui mi trovavo, fino a piazzale ostiense ci sono arrivata senza problemi. Questo per dire che, anche se non è una zona che bazzico, il senso dell’orientamento non mi manca. Ma poi, che volete, la piazza è un intreccio di vie che ti sparano ognuna in una direzione di Roma, quindi nonostante la piantina che ho tirato fuori mi segnalasse che Viale di Porta Ardeatina era la prima a destra, per sicurezza ho chiesto. Alt, nuova premessa. Mentre mi avvicinavo a Piramide ho chiesto almeno a una decina di romani che molestavo al semaforo rosso, chiedendo appunto dove fosse suddetta via. Oh, nessuno che lo sapesse. E meno male che so’ de Roma. Dunque, dicevo, uscita da via Marco Polo, consapevole ma non certa di avere ‘sta via alla mia destra, chiedo a una macchina ferma nella quale effettivamente c’era Max Tortora, al quale avrei voluto dare più confidenza di quanta non glien’abbia data, ma era tardi e andavo di fretta.
    Insomma, Max che è romano de Roma, mi stava spedendo di nuovo a San Giovanni. Al che, gira che ti rigira, ritorno allo stesso punto. Chiedo al cameriere di un ristorante e finalmente quello mi spiega per benino la strada.
    Giusto per gradire chiedo ancora a tre trans, quando ero comunque a 10 metri dal locale. (qui è inutile che Enrico dica che le credevo donne, l’ho proprio specificato che erano uomini tra-(s)vestiti).
    Arrivo davanti al locale che parlavo con Laura e non con Carlo che cercava di chiamarmi nello stesso tempo, e dico, in effetti, “si, ho visto Enrico”. Questo me lo spiego solo con il fatto che fuori dal locale c’era un tizio con i capelli “tre metri sopra la testa” e che ci volete fare, la confusione si può fare. Entro, bacio tutti e anche Barbara e Gianpaolo che conosco in quel preciso istante (Isabella, la figlia di Maria Gemma l’ho già sbaciucchiata fuori dal locale). Che dire? Sono cavallette, hanno già spazzolato tutto e per non farli aspettare ancora, ma anche perché non avevo molta fame, ordino una buonissima patata al cartoccio con salsine che mi arriva tre minuti dopo. E siccome è noto che anche io spazzolo tutto a velocità, i cari amici non hanno dovuto aspettare molto per il dolce.
    Vorrei far notare che grazie agli insulti di cui Enrico mi ha incensata per tutto il tempo della cena, Barbara mi avrà preso per quella cretina che lui si diverte a sponsorizzare come tale(avete presente quello che dice di me Enrico,no? Bella e cretina, che st*****)
    Però devo dire che quando siamo andati via non era tranquillo e mi ha chiamata per assicurarsi che fossi arrivata a casa sana e salva. Allora un briciolo di cuore ce l’ha!!! 🙂
    Aggiungo che ieri sera un po’ ci si è messo anche Carlo contro di me…si, si, sta pericolosamente fraternizzando con Enrico! Meno male che c’era Laura che è persona speciale e sempre mooooooolto carina.

    Infine una nota. Si, caro Sergio, faccio salsa e adesso anche portamento e gestualità che rende meravigliosamente fluidi e aggraziati i movimenti quando si balla. E mentre qualcuno mi prendeva in giro (oh, ma che volete dico io? A me piace, mi diverte e mi scarica le tensioni) come fosse una cosa inaccettabile, qualcun altro ( e non faccio nomi) parlava di marmellate, melanzane sott’olio e si scambiav anche le ricette (pectina si, pectina no?).
    Vabbè, ho detto tutto. Anzi no, venite a vedermi ballare. Mi direte se ho perso il mio tempo 🙂

  116. @ Silvia & Zaub
    Si, forse mio sto enrichizzando un pò. Ma è per mettere un pò di sale nella … salsa. Chissenefotterebbe sennò di leggere delle vostre disquisizioni su melanzane e pectina nella marmellata?
    Rispetto per il lettore innanzitutto cacchio!
    E lo debbo dire io alle scrittore, io che scrittoro non sono?
    🙂

  117. @ zaub
    E io che ti avevo salvato risparmiando la scenetta della marmellata e della pectina e del polpettone-comizio sulla malattia come devianza ecc… ecc…!! Cattivaaaaa!!! 🙂
    Il ballo è espressione, corpo in movimento, abbandono. Quando ballo mi diverto, proprio di gusto. Non ci sono pensieri tristi a turbarmi, non c’è spazio e tempo. Ma che ve lo dico a fare???? Parlo con gente che non può capire! tsè!! E ditelo che siete dei tronchi! 😛

    P.s. ohhhh….ovviamente, sto a scherza’!

  118. Fuor di scherzillo
    – Si ho detto che venivo perchè era sotto casa.
    e lo riconfermo, essendo che avevo dormito quattro ore, cominciato a studiare alla 5 dato un esame alle 10 fatta la spesa a 12 ppassata da casa, andata a lavorare e uscita dal lavoro eccoce qui alla cena.
    Se fosse stata in un posto lontano, non sapevo se ce l’avrei fatta.
    Ci vuole il rispetto per il lettore, ma non bisogna far passare nessuno per quello che non è.

    Tu invece ci hai ragione Silvissima:)
    sei bella e intelligenta e poi fa come te pare, pure li corsi de ballo der qua qua.
    Ah beh, la devianza ancora ancora ma la pectina è un problema annoso su cui non so se sono in grado di ironizzare, perchè io credevo che colle fragole ci viene una marmellata bbona e invece la Lory dice che no, la mia fa cagare di marmellata! La sua l’è meglio senza pectina.
    🙂

  119. mai usata, la pectina.
    mi sembrerebbe di barare.
    (però ho un ricordo di una notte passata a girare una marmellata di susine e albicocche che non ne voleva sapere di rapprendersi.. la coerenza ha un prezzo)
    🙂

  120. Infatti, io credo che l’avrei fatta stile zaub…però c’hanno ragione anche Lory e Gea, la vera marmellata stile nonna papera è senza pectina.
    Ma che pizza girare e girare!!

  121. Zauberella, polemizzo con te tanto pe’ ffà, ma lo sai che tivogliobbene.
    E confermo che sapevo quel che tu confermi, e che quindi le mie erano tutte illazioni infondate e volutamente denigratorie (prima di vedermi citato per diffamazione presso la giudichessa Simona faccio quindi io la mia ufficiale smentita).
    Se vuoi scriverò cento volte “non mi enrichizzo più”.
    E poi la marmellata di fragole mia moglie la fa senza pectina, senza che faccia cagare alcuno della famiglia.
    Sono tornato buono e bello?

  122. Marmellata?
    frutta e zucchero, fuoco basso, e non la giro nemmeno tanto. L’ultima, di ananas, è golosa e buona, buona, buona. Un saluto, a tutti i commensali….letteratitudiniani: che tradizione simpatica!!!!
    🙂

  123. Grazie John, ci voleva. In Italia si sta vivendo una sorta di torpore ipnotico. Un paio di giorni fa, tra l’altro, dal Governo sono giunti gli elogi funebri in onore di Mario Rigoni Stern. Conoscevo personalmente Rigoni Stern. Era una persona buona, di rara umanità, semplicità e saggezza, e un grande scrittore. Ancora la sua morte mi rattrista. Egli, per il suo rifiuto dopo l’8 settembre 1943 di aderire alla Repubblica di Salò, al termine della tragica ritirata di Russia, era stato imprigionato per venti mesi nei Lager tedeschi. E adesso gli giungono elogi funebri da coloro che ancora sostengono in qualche modo le scelte della Repubblica di Salò.
    Un abbraccio,
    Gaetano

  124. riassumendo:
    a zaub serve un tavolo rotondo e sotto casa
    a silvia un posto conosciuto da max tortora ma mai di mercoledì
    a lory il sangiovese va bene ma non tanto forte
    a maria gemma la porzione di spiedini che non sia da 3 pezzi ma da uno
    alla garlaschelli il kebab che non sia misto ma solo di manzo
    alla figlia di maria gemma un supplì, nè troppo fritto nè poco fritto
    a laura meglio non parlare di carciofi marinati
    Ergo, non solo non c’è alcuna diminutio nell’essere gay, ma è davvero una fortuna

  125. caro Gaetano, dove porterà questo torpore ipnotico con cui hai ben rappresentato la passività che ci circonda? Secondo alcuni recentissimi sondaggi la maggioranza degli italiani non reputa gravi taluni fatti e provvedimenti che io non esiterei a definire attacchi alla democrazia, un incipiente eversione della nostra Carta Costituzionale. Il consenso c’è. Ma è un consenso meditato, consapevole? Non vorrei apparire noioso o peggio in preda a inutili fissazioni o paranoie, ma davvero vogliamo questo???

  126. @ zaub, io non ho detto che la tua marmellata fa cagare ma solo che se ci metti la pectina perde di genuinità e allora tanto meglio comprarla al supermercato. E comunque se vuoi un pare spassionato puoi sempre preparare una crostata con la tua marmellata di fragle: ti prometto che sarò imparziale;
    @ carlo esse ed enrico, il compagno di Barbara si chiama GIAMPAOLO, con la emme, l’ha ripetuto più volte spiegandone anche la ragione, evvabbè il sangiovese però….
    Lory

  127. @ Silvia: tronchi? Esattamente. Mi segnai tanto tempo fa ad un corso di latino americano insieme all’allora signor Costantini. Eravamo i più pippe di tutto il corso (loro studiavamno da mesi, l’insegnante era una ballerina amica di mia sorella che a sua volta faceva parte del cforso e che, tanto per dire, ha ballato anche al Teatro dell’Opera di Roma). Desistemmo e mai più ritentammo.
    @ tutti: a parte che Enrico e Carlo, ebbri di sangiovese, sono riusciti a ribattezzare tre volte il povero Giampaolo, voglio dire che la chicca di questa magnifica serata non è stato il senso dell’orientamento di Silvia, né Max Tortora che bara o io che chiedo, con perfetta pronuncia yankee una porzione di SPARE RIBS e il cameriere mi sputtana con un: spuntature di maiale. No, la chicca è stata quella splendida signora che risponde al nome di Barbara Garlaschelli. Non avevo dubbi, ma adesso so, anzi, sappiamo tutti per certo, che siamo stati fortunati ad averla conosciuta.
    @ Miriam: so che per dei misteri del web hai ricevuto un file di un nostro scritto… a questo punto sono curiosa del tuo parere e quindi:
    posta@lauracostantini.it
    Un abbraccio a tutti, meno che Enrico 😉

  128. @ laura:
    dei tuoi abbracci non so che farmene. le tue sono spire insidiose e mortali.
    ps: fino a qualche minuto fa ero disposto a investire una cifra per entrare in possesso di un mitico videoporno con barbra streisand. ora ci rinuncio: voglio il tuo in cui balli latinoamericano

  129. Caro John, il consenso si crea, come in ogni società e in ogni epoca, con il potere politico. E allora le idee dei dominanti divengono quelle più diffuse. E’ una vecchia storia, vecchia come i conflitti e le guerre. Coscienza di tale situazione? Consenso consapevole? Generalmente si risponde alle situazioni in modo emozionale, veniamo dominati dalle nostre emozioni. E le emozioni si possono anche indurre. Rispondiamo alle situazioni come se fossimo ancora nelle caverne, quando dal buio, dallo sconosciuto, dall’ignoto, potevano venir fuori belve pronte a divorarci. Di fronte allo “straniero” rispondiamo come se fossimo ancora nelle caverne. Non ci rendiamo conto che non viviamo più a contatto con le belve, ma siamo uomini tra gli uomini. Per dominare basta indurre l’emozione del buio, dell’ignoto. Le persone spaventate perdono la testa e, come se stessero annegando, afferrano qualsiasi cosa o persona, sia un Bossi, un Fini o un Berlusconi.
    Non so se hai saputo che costoro vogliono mettere mano anche alla legge di riforma carceraria del 1975, la legge Gozzini, limitando semilibertà, permessi ed altre possibilità che sono previste in tale legge per favorire il reinserimento dei detenuti. Ma quello che gira adesso in Italia è la vendetta e la crudeltà. E dire che all’epoca della legge di riforma carceraria si parlava anche del diritto all’affettività dei detenuti e si cercava di teorizzare sulla possibilità d’una società senza galere. Ma non sono gli stessi governanti attuali a dire che vorrebbero una carta costituzionale europea fondata sui “valori del cristianesimo”? Di quale cristianesimo parlano? Di quello che ha mandato sul rogo Giordano Bruno? Della parola di Cristo, della sua rivoluzione dell’amore, non fanno cenno. E ti parlo da non cristiano, ma da persona che riconosce la luminosità della vita e della parola di Cristo.
    Be’, il discorso si è fatto troppo lungo. Ti saluto e ti mando un abbraccio affettuoso,
    Gaetano

  130. Che invidiaaaaaaaaaaaaaa! Siete usciti a cena e io non c’eroooooo!!!
    Comunque ieri pomeriggio ho visto dal vivo a Catania il nostro Maugger nazionale alla libreria Megastorie per la presentazione di Paolo Di Paolo (Raccontami la notte in cui sono nato)…

  131. @ Gregori
    “dal morto” lo dicevano tue ex spasimanti quando si riferivano a te… dopo averti fatto visita. Eri giovane e nel pieno delle tue forze.
    (beccati questa 🙂 )

  132. Ragazzi,
    grazie mille per il divertentissimo resoconto della vostra belle cena.
    È un po’ come esserci.

    @ Carlo e Enrico
    Ehiiii, giù le mani da Silvietta!!!
    Guai a voi
    🙂

  133. @ John
    grazie per aver “postato” il pezzo di Ezio Mauro.
    Come abbiamo detto altre volte… non è che stiamo attraversando un periodo particolarmente luminoso!!!

  134. @ Enrico
    Sulle lapidi, in genere, vanno le foto migliori. E questa in fondo non è così male, dài.
    🙂
    E poi, ormai, è una specie di “icona pop”. Me l’ha chiesta il nipote di Andy Warhol.

  135. Ma certo che verrò, Zau.
    Però starò attento a non attraversare la strada mentre passi con la bicicletta… altrimenti davvero la foto rischia di fare “quella” fine.

  136. Silvia,
    ti prego di bastonare il centurione e i suoi adepti carleschi. O di invitarli a cena, cosi’ vedranno ”di che pasta sei”! Poi, ti scongiurerei anche di mandare un bacio, gia’ che bazzichi per l’Ostiense la Piramide e via Marco Polo, anche a via Peruzzi (angolo via Aventina), dove sono nato e vissuto per cinque anni. E dove non torno da anni, nonostante abbia casa (affittata).

  137. Complimenti all’allegra compagnia romana!Che qui al Nord i milanesi sono tutti casa e chiesa, o No? Perché chi vuole sui navigli in MIlano, cari amici di scrittura, potremmo spararci anche un bel happy- hours, con musica Jazz: e chi vuol intender intenda, giusto?
    Luca Gallina

    P.S. Com’ è che a Roma come nel blog le signore sono sempre in maggioranza? Beati voi cari amici maschietti de Roma: a Milano me lo sento, saremo solo uomini: povero me!

  138. @ silvia:
    via baldassarre peruzzi è la prima traversa a destra che trovi all’altezza di piazza albania percorrendo viale aventino verso il circo massimo. nel caso (improbabile lo so) che tu riesca a trovare viale aventino evita di chiedere indicazioni ad attori, punkabbestia, ubriachi, puttane, ricchioni, suonatori ambulanti di organetto e pedoni investiti.

  139. @ enrico
    il giorno che decidessi di cambiare vita, hai un futuro come tassista.
    pure dal punto di vista caratteriale…
    😀

  140. essendo stata gentilmente contattata dal preposto alla caserma dei carabinieri di via ardeatina,con invito formale a deporre in quanto ”persona informata dei fatti”,mi accingo a fornire la mia versione di quanto accaduto in serata del 18 u.s.(starebbe per ”ultimo scorso”),al numero 115,…ma dai state tranquilli,tutto si e’ svolto in modo serio e legale.ANZI,siccome avventatamente,in assenza di diverso possibile parcheggio,mi ero tirata dietro,previa minaccia e orribile ricatto(NON TI FACCIO ANDARE A BARCELLONA),la mia unica e innocente figlia ancora minorenne,conoscendo certi soggetti di cui non faro’ il nome,temevo per la piega che avrebbero potuto prendere i discorsi.Non mi guardate diffidenti,sto parlando di storia,leggetevi i resoconti delle cene precedenti e capirete.Ma ,devo dire,quelle persone sembrava proprio che la mattina si fossero sciacquati la bocca con collutorio alla candeggina.Praticamente come fare un 13.
    Ma che dico:due 13.Pensate che la povera bambina,per tutta la durata della cena,ossia per i tempo in cui non e’ stata al cell fuori dal ristorante,si e’ dovuta sorbire una raffica di predicozzi da zauberei,inframmezzati da indottrinamenti psicanalitici e improbabili ricette di sorbole in fricassea,non ricordo bene,che ancora e’ intontita.
    A parizale discolpa della Silvia,che deve avere tanto girato per la pista di ballo,e per roma, da perdere veramente la trebisonda,dico che, talmente era contenta di essere arrivata alla meta,che la prima sedia libera vi si e’ spalmata giuliva(era la mia),e dopo essersi spolverata una patata con salsa alle spezie,patatine e domande insinuanti sulla postura latino-americana,trasecolando esclama:”oh…ho rubato il posto a qualcuno?’
    Ora,io le voglio bene,non e’ dubitabile,ma siccome sono sono sotto giuramento,in tutta coscienza lo devo dire:è fuori come una terrazza,con tutti i gerani.
    Non mi dilungo,non parlero’ della Laura,di Lory,di Carlo,della Barbara,tutti all’altezza della situazione,mi limito a concludere dicendo che,una volta in hotel,ho chiesto a mia figlia:simpatici i miei amici?
    Mi ha guardato per lunghi attimi nel fondo degli occhi,assorta in muta e greve riflessione,le sopracciglia inarcate,pensosa e inqiuieta.Poi ha eslamato con espressione dubbiosa:”Mmmahh !”si e’ girata dall’altro lato ed e’ caduta in un sonno obnubilato e serafico.
    Non ho altro da aggiungere.

    Mmmah!”,si e’ girata ed e’ caduta in un sonno profondissimo.

  141. Ora capisco il perchè la tapina, parlando di una possibile scelta di iscriversi all’Università qui a Roma prima di cena sembrava possibilista, al termine mi è parsa escluderlo senz’ombra di dubbio: meglio Arcavacata, che diamine!

  142. Enrico, grazie, ma quella e’ via di San Saba. Comunque vabene: salendola da p.zza Albania, la prima a sinistra e’ via Baldassarre Peruzzi. E io stavo al dieci.
    Ciabbelli
    Sergio

  143. Insomma via Peruzzi va da via di San Saba a via Aventina, via di San Saba nasce a p.zza Albania invece via Aventina nasce da viale Aventino. Insomma e’ una traversa di entrambe le vie e ovviamente, le unisce. A voi l’ardua scelta.

  144. Domattina le mie due donne mi lasceranno solo per una settimana (vacanzetta in Istria) e, non so perche’ mi viene in mente un sentimento, questo: non bisogna mai scrivere per sentirsi vivi ma prima esser vivi e poi scrivere. Altrimenti le parole scompaiono nel nulla, pur volendolo ricoprire d’oro.

  145. Essere e scrivere. Insieme. Mai separatamente, comunque. Anyway, dicono gli stolti angli.

  146. Buona giornata e buon sabato a tutti.
    Sul post ho scritto che qui, ne “la camera accanto”, si può discutere di tutto… ma anche di libri e letteratura.
    Ho invitato due amici, Gaetano Failla e Gero Mannella, ha raccontarci reciprocamente dei loro libri proprio qui…
    Una sorta di “recensioni incrociate” un po’ meno formali. Un incontro tra amici, ecco.
    Potete leggerle qui di seguito.
    Vi invito a interagire con loro.
    E vi ringrazio anticipatamente.
    Massimo

  147. “MANICHINI IN FORMA D’UMANI”
    di Subhaga Gaetano Failla

    Sul libro di Gero Mannella, Non gettate cadaveri dal finestrino, Coniglio Editore, 2006

    “Gentile Gaetano,
    le scrivo in un empito di stupore figlio della serendipità web. Cerco su Google un mio vecchio racconto su un pupazzo e per assonanza incontro il suo Sasso polvere stella. Mi piace il pezzo, non la conoscevo; e allora la cerco.”

    Così mi scriveva Gero Mannella, la prima volta. Il mio stupore, perché di nuovo di stupore si tratta, è lo scoprire adesso che l’e-mail è stata spedita nemmeno un mese fa. In così poco tempo abbiamo condiviso, seppure solo attraverso uno schermo, passioni letterarie, nostre scritture e nostre vite; insomma, siamo diventati amici.
    La scrittura di Gero Mannella è sorprendente. Il suo libro Non gettate cadaveri dal finestrino (Coniglio, 2006) raccoglie cinque racconti umoristici che giocano con il genere noir. Non ridevo così tanto da una ventina d’anni, dai tempi di Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams.
    L’ispettore Gaudino Liberovici di Mannella cerca di sgusciare indenne dall’intrico di significati paradossali che avvolge ognuna delle cinque storie. Liberovici ha i tic dell’ispettore Clouseau e del tenente Drebin di Una pallottola spuntata, si muove inciampando indifferentemente nei fatti della vita come Groucho Marx, come in un film dei Monty Python. Ma la scrittura è un’altra cosa. Liberovici sprofonda in una giungla ostile di parole, in un tentativo affannoso, vano di cercare nelle parole un significato salvifico. Liberovici e gli altri personaggi di Mannella, in tale sforzo inutile, divengono “manichini in forma d’umani” (cito una frase di Gero a me inviata). Ci ritroviamo con essi nel mondo parallelo – uno dei nostri mondi paralleli – del film Being John Malkovich, ci sorprendiamo a ridere, similmente a certe risate crudeli di Mark Leyner, di fronte alle vicende di pupazzi smarriti, ma essi, i pupazzi, come nell’immobilità espressiva di Buster Keaton, non ridono. L’uomo, quando sa di essere una cosa comica, non ride. (Antonio Porchia, Voci).
    La scrittura di Gero Mannella è lussureggiante, funambolica, surreale e ferocemente realistica. Il mimetismo della parola ci conduce su falsi sentieri. Ci addentriamo in un lessico raffinatissimo e vitale (oggi irrigidito in registri giornalistico-televisivi), dove chi cerca di dare un senso alle parole si ritrova stupito (ancora lo stupore) a contemplare meravigliose parole dissennate, in consonanza con uno dei numi tutelari di questo libro (insieme a Queneau, Campanile, Gadda, ecc.), quel Daniil Charms – scrittore, fanciullo e martire – che ci unisce.
    Questo il sito di Gero Mannella: http://www.geromannella.com

  148. Subhaga Gaetano Failla
    La signora Irma e le nuvole
    Fara Editore, 2007

    Recensione di Gero Mannella

    Nel leggere “La signora Irma e le nuvole” sovviene il disincantato armonico distacco dal circostante di Licia Maglietta in Pane e Tulipani. L’aura di stasi, la descrizione del minimale, le passeggiate, ma anche gli improvvidi, inopinati scarti di umore, non possono non evocare Robert Walser, e quegli inserti apparentemente avulsi dal focus (gli scarafaggi del prof. Kunkel) certe note di Barthelme.
    Aneliti, noia, haiku, disciplina, di nuovo noia: paradigma della vita che scorre ed il cui senso non sempre è perspicuo.
    “La pesantezza” sembra fondere alla cadenza da operetta morale alla Gottfried Keller (si parlava di Walser) il visionarismo di Marcel Schwob. L’immagine che ne sortisce pare una miniatura del Savinio pittore.
    Il clima di sospensione, immersione ed emersione nei piccoli gesti del quotidiano, leggendoli con occhi diversi, che attraversa l’intera raccolta è enfatizzato in “Diario d’autunno”. L’approccio alla descrizione sul filo del sensoriale, si fa più evidente in brani come “Minestra di zucca” e “Raccolta di fiori”, ove echi di Nerval si innestano a straniamenti subitanei.
    Ne “L’aruaco”, in cui si sublima in estasi quasi francescana la permeante tensione dialettica con la natura, occhieggia il mito romantico ed Hesse, mentre una deviante impostura charmsiana fa capolino in “Storia vera”.
    Due squarci surreali con “Il 21 giugno” e “Un incontro con Daniil Charms”, il primo di inquieta impronta kafkiana, l’altro degno omaggio al nostro uomo.
    Come in un teatrino di ombre i sentimenti di gioia e di disperazione sono passati al vaglio equanime del narratore, come qualcosa di ineluttabile, di deterministico: così l’alternanza tra ascesi estatica e smanie suicide in “Stelle, uomini, cani e altre incredibili stranezze”, dove paradigmaticamente il proscenio finale è sul cane, elemento anodino della storia.
    E una parabola simile percorre “Favola tra terra e cielo”.
    E’ proprio questo uno degli elementi cardine della raccolta: l’indifferenza tra micro e macro eventi, micro e macro cosmo; sorta di democrazia del topos, di bilico tra sublime e vacuo.
    Si procede oltre, tra l’epica simbolista di “Spine”, gli squarci intimisti di “Un cielo azzurro” e “Correre dietro al sole” (uno dei racconti archetipici, dove si fondono i canoni dell’estetica failliana), i frammenti sinestetici di “Otto”, l’arcano quasi cabalistico di “Molto improbabile”.
    Ma l’impronta poligrafa che pervade gli scritti si concede un ultimo colpo di coda visionario: la coda di un coccodrillo che, aleggiando presso una comunità, sconvolge i tasselli dell’eterna dialettica natura-cultura.

    Insomma per quanto variegata e polifonica, la prosa di Subhaga Gaetano Failla è densa, pesata, vibratile, dove spesso la singola parola, oltre che concorrere al senso complessivo, suona da sola. E’ in ciò molti pezzi sembrano una cesura verso la poesia.

  149. Buona estate a tutti. Ringrazio Massimo Maugeri per l’ospitalità e per la consueta gentilezza.
    Il primo racconto del libro “La signora Irma e le nuvole” è stato pubblicato, prima della stampa in volume, sulla rivista letteraria on-line “Il babau”.
    “Il babau”, tra il 1991 e il 1996, è stata una bella rivista cartacea, con la quale ho collaborato per alcuni anni.
    Questo l’indirizzo per il racconto “Sasso polvere stella”:
    http://www.ilbabau.org/failla.htm
    Se qualcuno fosse anche interessato ad un racconto pubblicato successivamente (ottobre 2007) al libro in questione, per dare un’occhiata ad un altro mio stile di scrittura, poichè “La signora Irma e le nuvole” ha diverse sfumature stilistiche, può leggerlo on-line sulla rivista mensile “Faranews”, della mia casa editrice Fara.
    Questo l’indirizzo per il racconto “Lo zio Pino”:
    http://www.fareditore.it/faranews/94.shtml
    Un caro saluto,
    Gaetano

  150. Precisazione. La frase “Il tuo commento è in attesa di approvazione” che è apparsa all’inizio del mio commento precedente, non è stata scritta da me…
    Immagino che sia partita automaticamente da “Letteratitudine”.

  151. @ Gaetano Failla e Gero Mannella:
    ho letto le vostre recensioni con curiosità e simpatia; siete così diversi! Qualche anno fa avrei propeso, senza ombra di dubbio per gli “austriaci” di Gaetano. Erano gli anni della mia rarefazione: lontani più del vero, lontanissimi. Oggi, invece, mi siedo sul treno di Mannella accanto al finestrino per scrutare con attenzione i possibili varchi nel mondo parallelo. A Mannella mi legano le immagini che Gaetano ci proietta nella recensione. Sono curiosa e mi associo a Massimo chiedendovi gli stralci. A presto, Miriam

  152. Cara Miriam, ti ringrazio per il commento, il quale, tra l’altro, ha contribuito a spezzare il ghiaccio.
    Ho in questo momento un po’ di “incomprensioni” informatiche, perchè sospetto che il mio primo commento delle 11:45 am non sia stato pubblicato. Lì puoi trovare anche l’indirizzo per leggere il primo racconto della raccolta (sono complessivamente 27, alcuni brevissimi).
    Riscrivo qui tutto l’intero primo commento, con l’aggiunta solo d’una correzione nel secondo indirizzo on-line. Concludo informandoti che Gero Mannela mi ha fatto sapere che sarà on-line in serata; comunque nel frattempo puoi dare un’occhiata al suo sito. Ecco infine il mio primo commento, probabilmente non apparso:
    Buona estate a tutti. Ringrazio Massimo Maugeri per l’ospitalità e per la consueta gentilezza.
    Il primo racconto del libro “La signora Irma e le nuvole” è stato pubblicato, prima della stampa in volume, sulla rivista letteraria on-line “Il babau”.
    “Il babau, tra il 1991 e il 1996, è stata una bella rivista cartacea, con la quale ho collaborato per alcuni anni.
    Questo l’indirizzo per il racconto “Sasso polvere stella”:
    http://www.ilbabau.org/failla.htm
    Se qualcuno fosse anche interessato a un racconto pubblicato successivamente (ottobre 2007) al libro in questione, per dare un’occhiata ad un altro mio stile di scrittura, poichè “La signora Irma e le nuvole” ha diverse sfumature stilistiche, può leggerlo on-line sulla rivista mensile “Faranews” della mia casa editrice Fara.
    Questo l’indirizzo per il racconto “Lo zio Pino”:
    http://www.faraeditore.it/faranews/94.shtml
    Un caro saluto,
    Gaetano

  153. @ Miriam
    Ho problemi nel pubblicare i miei commenti. In due commenti mi è apparsa la scritta “In attesa di approvazione”. Ci riprovo, ricordandoti che il racconto “Lo zio Pino” pubblicato nell’ottobre 2007 in Faranews (un mensile on-line della mia casa editrice Fara), è successivo alla pubblicazione di “La signora Irma e le nuvole”; lo sottopongo all’attezione come esempio d’un altro mio stile di scrittura, poichè il volume in questione ha diverse sfumature stilistiche. Indico inoltre l’indirizzo d’una rivista on-line, “Il babau, con la quale ho collaborato quando negli anni Novanta era una bella rivista cartacea, dove si potrà leggere il primo racconto, “Sasso polvere stella”, del libro “La signora Irma e le nuvole”. Ecco l’indirizzo:
    http://www.ilbabau.org/failla.htm
    Gero Mannella sarà on-line da questa sera. Nel frattempo consiglio di dare un’occhiata al suo sito.
    E speriamo che questo commento venga pubblicato.
    Un caro saluto,
    Gaetano

  154. Be’, è andata bene. Ringrazio qui, come avevo già fatto nei due commenti precedenti spariti “in attesa di approvazione”, Massimo Maugeri per l’ospitalità e la consueta gentilezza. Ringrazio Miriam per il suo commento e per aver rotto il ghiaccio. Se ne riparla dopo la lettura (eventuale) dei due racconti da me indicati (“Sasso polvere stella”, il solo dei due presente nel mio volume, è il primo dei 27 racconti della raccolta).
    Gaetano

  155. Massimo, il quale ringrazio anche qui (dopo comunicazioni e-mail), ha risolto tempestivamente il problema informatico. Sono apparsi i miei commenti iniziali non pubblicati precedentemente.
    Buona estate!
    Gaetano

  156. @ Gaetano
    ora leggo, ma toglimi una curiosità (sono ignorante), Subhaga, che nome è?
    Finalmente è estate anche qui!!!! Sembra incredibile ma siamo a 26°!!!

  157. Cara Miriam,
    be’, capisco bene la tua incomprensione del nome Subhaga. Difficile che qualcuno sappia il sanscrito… L’intero nome, Jivan Subhaga, viene dal sanscrito, l’antica lingua indiana, e significa piu o meno “Vita ricca di doni”, “Vita fortunata”. E’ un nome che mi ha dato Osho 23 anni fa.
    Per quanto riguarda i miei riferimenti letterari “austriaci”, non so. Per molti anni il mio riferimento centrale è stato Borges, e altri autori del Sud America – Cortàzar, Bioy Casares, ecc. – legati al “fantastico”, insieme ad altri meno noti, come, ad esempio l’uruguayano Felisberto Hernandez. Ma la mia formazione di lettore è stata molto influenzata, durante l’adolescenza, dagli scrittori statunitensi tradotti principalmente da Vittorini e Pavese, e quindi Caldwell, Steinbeck, Dos Passos, Hemingway, Saroyan, ecc. Poe è un capitolo a parte, un autore conosciuto da ragazzino, e poi, negli anni, riletto innumerevoli volte, anche in lingua originale. Per il resto, sono un lettore avido e onnivoro.
    Ciao
    Gaetano
    P.S. Anche qui c’è stata una magnifica mattina (ero al mare già alle 7,30: una meraviglia!).

  158. Per i catanesi “in ascolto”.
    Stasera presenterò questo libro:
    http://www.azimutlibri.com/dettagli/dettaglio_general.php?id=218
    Elvis Presley non sarà presente, ma… faremo del nostro meglio per non farlo rimpiangere (ci saranno un paio di rock band a esibirsi).

    Ecco luogo e ora.
    “Led Zeppelin” (locale/pub)
    Via Vela, n. 1 – Catania – h. 20,30
    (zona Castello Ursino).

    Sarà un esempio di connubio tra letteratura e musica.

  159. @ Massimo
    Crepi il lupo!
    Mi chiedi qualcosa in più sul libro… Vediamo. Innanzi tutto ricordo che (vista la confusione precedente per impacci elettronici) a questo indirizzo è possibile leggere il primo racconto, “Sasso polvere stella”, presente nella raccolta:
    http://www.ilbabau.org/failla.htm
    e a quest’altro indirizzo un altro racconto, di pochi mesi fa, non presente nella raccolta, utile per avere un’idea della mia diversità di stile, riscontrabile anche nel libro in questione:
    http://www.faraditore.it/faranews/94.shtml
    E a quest’ultimo indirizzo si può vedere l’immagine di copertina, e leggere la scheda del libro, la quarta di copertina, brani di recensioni e link di recensioni:
    http://www.faraeditore.it/html/siacosache/irma.html
    Il libro raccoglie in 170 pagine 27 racconti, alcuni della brevità d’una pagina, scritti in anni diversi, il più recente risale a un anno fa. Lo stile comprende racconti surreali e visionari, insieme ad altri più realistici o che hanno il gusto dell’apologo. Come dice giustamente Gero Mannella, molti di essi si avvicinano alla poesia, sono scritti in una sorta di prosa poetica. E talvolta, ad intervallare la prosa, compaiono haiku e brevi brani di sapore teatrale. Per un certo periodo mi ha interessato la scrittura giapponese, denominata “haibun”, che attinge a modelli classici: brani in prosa e haiku, a comporre la struttura d’un unico racconto. Nel mio libro compare anche la scrittura in flusso di coscienza, in un impasto di immagini che può ricordare Joyce. Ma anche straniamenti e assurdità che vanno dal richiamo a Luciano di Samosata (II sec.), citato nel racconto “La pesantezza”, a disorientamenti nel paradossale, similmente alla scrittura di Charms, anch’egli presente, nel racconto “Un incontro con Daniil Charms”.
    Penso che Gero Mannella definisca particolarmente bene il mio libro qui:
    “E’ proprio questo uno degli elementi cardine della raccolta: l’indifferenza tra micro e macro eventi, micro e macro cosmo. Sorta di democrazia del topos, di bilico tra sublime e vacuo.”
    Per il resto, i temi principali penso che siano l’identità e la realtà, e l’illusorietà dell’io. Gulp!
    @ Massimo, di nuovo:
    in bocca al lupo per la tua presentazione!
    Gaetano

  160. Be’, non è serata con l’invio dei commenti. Mi è tornato indietro un altro commento “in attesa di approvazione” , scritto per rispondere all’invito di Massimo e, in tale confusione, mi appare di nuovo un link errato! E’ il secondo link, dei tre che avevo scritto.
    Eccolo, spero, corretto:
    http://www.faraeditore.it/faranews/94.shtml
    C’è lì un racconto non presente nella raccolta. Per il resto attendo il soccorso di Massimo. Buona serata,
    Gaetano

  161. Immagino sia arrivato il soccorso di Massimo: è apparso il commento, quello delle 5:50.

  162. Cari amici di letteratitudine, sono neofita in materia di blog ma mi fa piacere partecipare sia per la stima e l’ammirazione che ho per il Subhaga Failla scrittore (consiglio a tutti “La signora Irma e le nuvole”, mirabilmente recensita da Gero Mannella), sia per la simpatia ed il grande interesse che ha in me suscitato – qualche tempo fa – la visita al sito di Gero Mannella.
    Ho letto alcuni suoi inediti e non ho potuto resistere alla tentazione di inviargli una e mail, sufficientemente demenziale, alla quale e seguito un piccolo carteggio elettronico. Successivamente ho avuto modo di leggere due dei racconti contenuti nella raccolta “Non gettate i cadaveri dal finestrino” e ne sono rimasta letteralmente folgorata!
    Credo che, aldilà di tutto, la lettura dei testi sia l’unico vero modo di conoscere un autore.
    Un saluto, buona serata!
    Angela

  163. Chiedo venia per la è (seguito) senza accento, l’ho detto che sono neofita!
    Angela
    Spero che il padrone di casa non me ne voglia!!!

  164. eccomi!
    ringrazio massimo per l’ospitalità, gaetano per la recensione, e miriam per la curiosità.
    si, tra me e gaetano si è creata un’empatia basata sulle letture che condividiamo, sul limine tra l’assurdo, la finzione, il cabalistico, lo scarto semantico.
    i risultati sono diversi, come annota miriam. la scrittura di gaetano mi sembra trasversale ai generi, si assommano gli autori che ho citato nella recensione, così eterogenei per stile e fabula, e tanti altri a me ignoti. gaetano non teme il cimento col vissuto, nel sublime e nello squallido, si sporca le mani, non distoglie lo sguardo alla vista del sangue (ma non ce n’è nelle sue storie: è una metafora).
    la mia scrittura muove dal rifuggire il confronto con l’hic et nunc, i luoghi sono illusori, i personaggi, si diceva, sorta di automi, il sangue e’ succo di pomodoro. al proscenio ci sono le parole, e le trappole che tendono nel confronto tra umani (o presunti tali).

  165. Mannella:
    sembri quasi un patafisico!
    “al proscenio ci sono le parole e le trappole”
    Ora leggo i racconti e poi ritorno.

  166. Ciao Gero, Angela, Miriam,
    sono appena rientrato dalla partecipazione (passiva) ad una notevole iniziativa culturale: primo tempo, su schermo gigante in un bar-pizzeria, della partita Olanda- Russia, con birra media e sacchetto di patatine a farmi compagnia.
    Sì, Miriam, penso proprio che Gero abbia confidenza con la patafisica, Jarry, il gruppo dell’Oulipo, e allegri e stralunati compagni.

  167. un saluto e un grazie ad angela.
    quanto a jarry e il suo ubu, caro gaetano, credo abbia un’ombra di cinico, nihilista, palingenetico: registri che mi lasciano stranito.
    mi trovo più a mio agio con le fumisterie del coevo alphonse allais (di cui editori riuniti pubblico’ “un dramma davvero parigino”) e di certo col profilo basso dell’oulipo, con la narrazione che si fa gioco, si svuota della fabula e si sofferma sulle referenze semantiche. insomma non solo gli esercizi di stile, ma “la scomparsa” di perec, i suoi palindromi e le liste di oggetti e cibi dell’infraordinario.
    al contrario, trascendendo sullo straordinario ed evocando l’alter ego nostrano dell’oulipo, l’oplepo, sono incantato dai parti straordinari di giuseppe varaldo.
    ecco, mi affascina la letteratura come gioco.
    beninteso non sono in grado di praticarla, vado spesso in off-side. mi limito al tormentone, all’omofonia, alla ludolinguistica minore.
    in particolare sono affascinato dal nonsense nelle varie espressioni, dai limericks di Lear fino a Bergonzoni.
    del resto mi sembra, gaetano, che soggiaci anche tu ad una simile fascinazione, anche se nella tua scrittura laddove s’incrocia il non sense, l’anodino, non s’avverte discontinuità o frattura, ma una equidistanza olimpica, come da un osservatore posto su un satellite geostazionario.

  168. @ miriam
    ti ringrazio per l’epiteto. già da piccolo avrei voluto esserlo.
    ricordo mio padre spesso mi apostrofava a bruciapelo in ascensore chiedendomi “Gè, da grande che vuò fa, il dottore o l’ingegnere?”, ed
    io con una punta di scorno abbassavo il guardo e sibilavo “voglio fa ‘o patafisico…”
    e lui giù a tempestarmi l’occipite.
    finché un giorno presi il coraggio a due mani, lo guardai in faccia e gli chiesi perché mai prendere un ascensore se abitavamo al piano terra.
    lui allora si chiuse in un mutismo da cui non emerse più, almeno fino all’uscita dall’ascensore.
    quello suonò per me come un assenso.
    il giorno stesso mi convertii (procurandomi un particolare brivido la doppia i) alla fumisterie.
    solo dopo scopersi che alphonse allais non era mai stato in ascensore.

  169. Cari Gero Mannella e Gaetano,
    saro’ un caso strano, ma mi sento affascinato (piu’ da scribacchino che da lettore a dir il vero) da una linea narrativa che contempli sia, come stimolo di fondo, l’epicita’ di un’Iliade, sia l’inventiva sequenza di fasi concettual-meditativo-biografiche, elementi questi riscontrabili magari nel Calvino del ”Barone rampante” a proposito di Cosimo di Rondo’. Ma anche nell’Odissea e nell’Eneide, mutatis mutandis. Per non citare gli episodi sovrannaturali della stessa Iliade.
    Al di la’ del ”vero”, penso infatto che il ”credibile” sia un’ottima base per costruire un castello narrativo al contempo seducente, ”amichevole” e ludico-onirico. E dico ”amichevole” perche’ lo ”straordinario” secondo me va fatto anticipare, acche’ venga poi digerito dal lettore, da una tessitura contesta di oro favolistico-onirico e di fili d’acciaio sensuali, tangibili, se non propriamente attuali. No, certo, l’attualita’ mai in Letteratura, ma lo stravolgimento graduale, progressivo, dalla materialita’ del presente alla poesia dello ”straordinario” si’, sempre. Con, meglio ancora, degli andirivieni fra serieta’, sorriso, indignazione e tenerezza utopistica, utili tutti, credo, a non scambiare un racconto per una sinfonia verbale sic et simpliciter – quale magari puo’ esso anche essere, ma solo secondo certi aspetti sonori, mai disgiungibili da un affresco che sia, dopotutto, ben compiuto, ossia rifinito e facente centro su sentimenti metafisici seri.
    Salutoni!
    Sergio

  170. P.S.
    Gaetano, domani sera anch’io mi concentrero’ su un problema patafisico d’urgente risoluzione: Italia-Spagna. Saremo due Italiani a casa mia. A filosofeggiare sui percorsi della sfera e dei ventidue marcantoni che la corteggiano – meglio quando di Azzurro vestiti. Vabbe’… non e’ che si potrebbe avere qualche assaggio di scrittura narrativa di Gero? Dai, chiedi una ”postata extra” al Maugger qui, o fammeli avere per posta elettronica… chiedo troppo, Geno? Grazie!

  171. Gaetano, ultima mia prima di andare a letto:
    sopra alludevi a ”Il sogno” di Luciano di Samosata?

  172. Caro Sergio, grazie per i tuoi interventi e per la gentilezza. Di Luciano di Samosata alludevo alla sua “Storia vera”. Vi è nella mia raccolta un racconto che ha lo stesso titolo, ma non lo stesso leggero volo favolistico, in quanto il disorientamento del mio racconto ha il tenore della vertigine.
    Non so se in letteratura, come nella vita, ci possa essere differenza tra la materialità del presente e la poesia, tra attualità e inattualità. Terra e cielo, forse, vivono in un unico comune grembo.
    Un abbraccio e buona giornata,
    Gaetano

  173. Caro Gero, sì, anch’io sono attratto, come tu dici, da una fascinazione che porta al limite del senso, e che talvolta s’affaccia in uno squarcio che si apre, e appare la realtà, sorprendente.
    Di coloro che conosco dell’Oplepo (una sorta di versione italiana dell’Oulipo) sono respinto dall’iperrazionalismo di Odifrefddi e particolarmente attratto dallo stile di Ermanno Cavazzoni, uno degli autori da me più amati in questo momento.
    In passato, già ti dicevo, la mia bibbia letteraria è stata l’Antologia della letteratura fantastica di Borges, Ocampo, Bioy Casares, una vera miniera aurea. Per lungo tempo i sudamericani sono stati la mia “vertigine”, l’orrore del vuoto. E infine, questa storia, molto nota, continua a ossessionarmi – la diciottesima delle “101 storie Zen”:
    “Una parabola
    In un sutra, Buddha raccontò una parabola: Un uomo che camminava per un campo si imbattè in una tigre. Giunto a un precipizio, si afferrò alla radice di una vite selvatica e si lasciò penzolare oltre l’orlo. La tigre lo fiutava dall’alto. Tremando, l’uomo guardò giù, dove, in fondo all’abisso, un’altra tigre lo aspettava per divorarlo. Soltanto la vite lo reggeva. Due topi, uno bianco e uno nero, cominciarono a rosicchiare pian piano la vite. L’uomo scorse accanto a sè una bellissima fragola. Afferrandosi alla vite con una mano sola, con l’altra spiccò la fragola. Com’era dolce!”

  174. E nella storia Zen è saltata questa frase (dopo la frase “si imbattè in una tigre.”):
    “Si mise a correre, tallonato dalla tigre.”

  175. @ Gaetano e Gero:
    continuo a pensare che in comune avete solo il metodo Stern : tu fai, con gli altri, senza pensare e ti lasci andare . Ma fai da solo, non ti preoccupare e in ogni momento puoi lasciare. (ho riassunto il metodo in poche righe)
    Vi unisce la parola; sofferta (perché nasce sempre da lunghi percorsi) quella di Gaetano; un po’ sfrontata e irriverente quella di Gero.
    Ma Gero è più un artista figurativo che un aspirante scrittore: usa le parole perché è affascinato dai giochi possibili, dalla creatività. Mi sento vicina a lui perché l’arte “langue” (è ancora in ascensore, ma Segal se n’è andato da un pezzo!) e io penso che un movimento, un’idea comune stia già prendendo corpo: saranno le parole e cioè il pensiero . Celebreremo la capacità di pensare e di percepire per chiudere con la sociologia (del’arte) declinata negli effetti speciali della comunicazione massmediatica e “palancaia” (spero si capisca questo vecchio termine Serenissimo). Anch’io sono un “figurativa” di parole.
    Buonadomenica.

  176. caro sergio
    sull’ultimo periodo del tuo intervento delle 3:40 mi chiedo se può darsi buona letteratura sottratta al vincolo cogente del pathos e dell’epos.
    la risposta è si, e mi sovviene il queneau degli esercizi di stile, ma anche il palazzeschi del perelà, nonché il già citato charms, e ionesco e flann o’brien
    di “at swim two birds” (uno dei romanzi più magniloquenti ed eterodossi dello scorso millennio).
    io credo che la deriva della letteratura corriva sia porre il focus sul fatto, in ciò soggiacendo ad una osmosi nefasta col cronachistico, col diaristico (bloggistico, dovrei dire), e ad una assimilazione delle modalità di narrazione mediatica (dalla tv a youtube).
    è vero: l’istanza primigenia è il fatto. e coniugare fatto e parola sonora, fabula e stile (penso a gadda, bufalino, atzeni, consolo) è un’alchimia che proietta la letteratura verso l’iperuranio.
    tuttavia credo si dia buona letteratura anche laddove il filo lineare del racconto venga meno, si contraddica, si dissipi, si dissolva.
    ci si ritrova coi suoni delle parole, come ai tempi della lallazione. non è fantastico?

  177. Raccolgo l’invito di sergio e trapianto nel body del post il racconto breve che dà il titolo alla raccolta pubblicata. Con ciò non ledo alcun copyright in quanto con Coniglio ho rotto, son di nuovo autore allo stato brado, e faccio dei miei racconti ciò che voglio.

    Non gettate cadaveri dal finestrino

    Al margine dei binari del treno, in aperta campagna, fu rinvenuto il cadavere di un uomo sulla quarantina, riverso bocconi sul brecciolino con tumefazioni ed escoriazioni in varie parti del corpo.
    L’ispettore Liberovici, accorso sul luogo con gli addetti alle perizie, circumnavigò più volte il corpo, sia in senso orario che antiorario.
    “Di cosa sarà morto, boh?”, pensò ad una prima occhiata non rinvenendo ferite profonde, cappi al collo, ulcere, pustole o evidenze epidemiche.
    “Un morto in modo apparentemente naturale ai margini di un binario in aperta campagna”, pensò, “strano”.
    L’evento a ben pensarci era statisticamente irrilevante dacché la gente continuava a morire anche altrove, in letti d’ospedale o in grovigli di auto, e dunque sarebbe stato lecito chiedersi perché un letto d’ospedale andasse bene ed un binario no. Così la questura non diede molta enfasi alla cosa.
    Il giorno dopo però fu segnalato un nuovo cadavere lungo quel binario, poco più avanti.
    Al sopralluogo Liberovici trovò il morto nelle stesse condizioni di quello del giorno precedente, e non poté fare a meno di rilevare la curiosa coincidenza annotandola sul taccuino.
    Il giorno successivo, manco a dirlo, un nuovo corpo esanime costeggiava la strada ferrata.
    Per farla breve in poco tempo i morti nei pressi del binario in aperta campagna, privi di ferite che non fossero escoriazioni, e deceduti in modo apparentemente naturale, si moltiplicarono in modo sospetto.
    Quando il campione numerico superò di gran lunga la sommatoria dei morti in letti domestici, ospedalieri, da grovigli d’auto o da capsule spaziali, l’ispettore cominciò a sospettare che il binario dovesse entrarci in qualche modo.
    A riprova chiese alle autorità ferroviarie di deviare il traffico su un binario parallelo.
    Così di lì a poco cominciarono a rinvenirsi cadaveri nei pressi del nuovo binario, mentre sparirono da quello precedente.
    Per maggiore sicurezza, poiché era un tipo pignolo, Liberovici chiese che si deviassero un po’ di treni anche su un binario morto, poco distante.
    Come sospettava anche questa decisione determinò dei cadaveri, il cui numero crebbe peraltro esponenzialmente, dacché tutti i treni che imboccarono quel binario deragliarono e si accartocciarono uno sull’altro. In quel caso ai cadaveri extra treno se ne aggiunsero altri, infra e trans-treno, proiettati bocconi dai finestrini in pose più o meno plastiche.
    La prova era dunque inconfutabile: c’era qualche relazione tra il binario e tutti i cadaveri che vi si rinvenivano nei paraggi, qualsiasi fosse il binario, vivo o morto.
    Quel “vivo o morto” gli evocò i wanted del Far West, manifesti da affiggere ai pali del telegrafo, che raffigurassero una traversina ferroviaria dallo sguardo truce, e che riportassero l’iscrizione “Cercasi binario, vivo o morto”.
    Ma lui il binario non doveva cercarlo, lo aveva già individuato; doveva solo trovare la causa, il motore, il movente.

    “E’ meglio una prova sperimentale”, pensò.
    Sarebbe salito su un treno che passava sul binario a rischio ed avrebbe prestato attenzione a tutti i movimenti anomali, a tutte le facce sospette. E così fece.
    Tosto che fu seduto la sua attenzione fu carpita da una di quelle targhette apposte sui telai dei finestrini, che recitavano “Ne jetez aucun object par la fenetre”.
    Ammaliato da quell’avviso egli cominciò a cantilenare su quelle sillabe a mo’ di chansonnier, ed a guatare da occhiali scuri tutti i passeggeri che attraversavano il corridoio.
    Di lì a poco s’addormentò. Era un effetto che sistematicamente gli produceva il viaggiare in treno, il confortevole rollìo delle rotaie, lo sciabordìo del brecciolino e delle selci, il bramito del vetro del finestrino che s’intonava con lo stormire dei seggiolini.
    Fu risvegliato dal controllore che lo trovò senza biglietto e lo invitò a scendere nonostante egli avesse esibito l’abbonamento alla Settimana Enimmatica, non trovando il tesserino di ispettore della questura.
    Non aveva avuto modo di riscontrare movimenti sospetti nei cinque minuti in cui era stato sveglio. Gli rimaneva solo quella cantilena nelle orecchie: “Ne jetez aucun object par la fenetre”.

    Quella sera a casa gli comunicarono che un altro morto era stato trovato ai margini del binario, poco più avanti di dove lui era sceso.
    “Questa è la goccia che fa traboccare il vaso”, pensò in bagno appena dopo la minzione, mentre chiudeva la zip.
    Sta di fatto che lo scroscio dello sciacquone risalì fino alla tracimazione, schizzandogli i pantaloni ed instillandogli i prodromi di una bestemmia.
    L’ispettore si decise allora a chiamare l’idraulico, ma nel mentre il questore chiamò lui, chiedendogli ragione di tutti quei morti.
    Liberovici, nervoso e impacciato, ancora alle prese con la zip difettosa, s’inceppò nella risposta, inducendo il questore comprensivo ad una domanda laterale, meno diretta.
    “Ha mica un cavatappi?”, chiese quello a bruciapelo.
    “Beh, si”, rispose incerto l’ispettore.
    “Allora mi faccia la cortesia, me lo porti domani in questura. Ci vediamo là”.
    Liberovici attaccò il telefono in apprensione. Doveva escogitare una soluzione, doveva.
    Passò la notte insonne e l’indomani un osservatore agnostico ed omertoso lo avrebbe visto alla scrivania prostrato dopo aver compulsato una pila di libri di criminologia applicata ai vagoni di seconda classe.
    Lui lo sapeva, il cavatappi addotto dal questore era solo un paravento, la punta di un iceberg. E lui, doveva ammetterlo, non aveva mai provato ad aprire una bottiglia con la punta di un iceberg.

    Il giorno appresso l’ispettore non andò in ufficio, ma mandò il cavatappi in sua vece.
    Il cavatappi prese posto alla sua scrivania davanti alla pagina della Sfinge della Settimana Enimmatica. Pochi s’accorsero della differenza, a parte il questore che lasciò un biglietto di ringraziamento.
    “Un biglietto di ringraziamento!” fu il lampo che colpì l’indomani l’ispettore nel leggere il biglietto.
    “Nel leggere il biglietto!” fu l’espressione che lo folgorò subito dopo.

    Si sarà intuito che la chiave dell’enigma era meramente semantica.
    Liberovici studiò i transiti su quel binario e la conseguente conta dei morti. Nel farlo s’avvide che gli intercity non lasciavano cadaveri, ma gli espressi e i regionali sì.
    E qual’era la differenza tra i due a parte il prezzo?
    I primi, dotati di aria condizionata, avevano i finestrini sigillati. Sui secondi invece il finestrino si apriva per la ventilazione e l’eventuale lancio di oggetti. Di qui l’avviso che campeggiava perentorio sulla targhetta metallica.
    Liberovici chiese allora alle ferrovie di modificare l’avviso nel seguente: “Ne jetez aucun cadavre par la fenetre”.
    L’avviso e la relativa sanzione ai trasgressori (di euro 19,50 per il primo cadavere, e di euro 10 aggiuntivi per ogni ulteriore cadavere) sortì l’effetto voluto. Non si registrarono più cadaveri ai margini dei binari, ma tornarono le usuali lattine, bottigliette e pacchetti di sigarette, per i quali le sanzioni erano più leggere.

    Il questore giorni dopo si congratulò con l’ispettore.
    “Era solo una questione semantica”, si schermì quest’ultimo.
    Il questore lì per lì non capì.
    “Sarà come dice lei, in ogni caso i miei complimenti: è un ottimo cavatappi. Mi dice dove l’ha comprato?”

  178. Grazie, Miriam, del tuo interesse sopravvissuto, in questa domenica di calori estivi e di ansie calcistiche.
    Buona giornata!
    Gero, sono completamente d’accordo con te sulle possibilità/capacità della scrittura di estendere sino a limiti estremi il campo d’azione della propria libertà; voglio aggiungere ovviamente, oltre agli autori condivisi da te citati, Joyce di “Finnegans wake”.
    Già in passato, attento ai tuoi amati autori, mi aveva molto incuriosito “At swim two birds” di Flann O’ Brien. Proprio poco fa ho visto il modo di procurarmelo presso una biblioteca.
    Il racconto che hai qui sopra trasferito, “Non gettate cadaveri dal finestrino”, che dà il titolo alla raccolta, è, a mio parere, come già ti dicevo, di notevole eleganza, ed inoltre, è un raffinato omaggio a Charms.
    Buona domenica!
    Gaetano

  179. Guarda caso, ho poco fa ascoltato alla radio – durante pranzo solitario con spaghetti integrali, basilico, cipolla e peperoncino – quel geniaccio di Bergonzoni.

  180. Da padrone della lingua inglese quale credo tu sia, caro gaetano, avrai modo di leggerlo in originale (a meno di citazioni dal gaelico).
    Adelphi lo tradusse col discutibile titolo di “Una pinta d’inchiostro irlandese” ma con la perizia di Rodolfo Wilcock.
    Per il resto, tornando all’irrazionale, talvolta mi sovvengono dei flash-forward, anteprime di crononi venturi, sorte di premonizioni.
    Avverto ad esempio che stasera tra le 20:45-21:30 e 21:45-22:30 non ci saranno contributi alla discussione.

  181. Gero, hai il dono della divinazione! (e anch’io sento, chissà come, futuro vociare di genti, turpiloqui e vivaci entusiasmi, nonchè sgurgle di ignote bevande, crunch di invisibili cibi, yawn di sfere impantanate, gulp di gole affannate e !!! – spero – di circonferenze nello spazio giusto).

  182. Ma Gero Mannella!!!! Il tuo racconto è straordinario: quanto sei forte!
    Scusami la semplicità dell’esclamazione. Voglio ripensarci e ripostare con grazia. veramente entusiasmante. A dopo!
    Miriam

  183. Caro Gaetano,
    certo, certo… mi era sfuggito: il titolo della versione di Luigi Settembrini, che lessi anni or sono, era ”Di una storia vera”. Poi ho ritrovato fra gli scaffali anche la versione di Ugo Montanari, che invece riporta appunto il titolo ”Storia vera”.
    Indubbiamente Luciano, con questo racconto, e’ il capostipite del racconto fantastico di ogni tempo. Appena finito di svolgere alcune incombenze – innaffiare piante in primis – vado a leggermi Gero Mannelli. Poi ne parlo. Intanto lo ringrazio per la cortesia della pubblicazione in isti loci.
    Ciao
    Sergio

  184. Eccellente racconto, caro Gero! C’e’ ”dentro” tutta la personalita’ letterario-biografica del buon Raimondo Queneau: surrealista militante fino al ’29, poi surrealista a modo suo, membro dell’Oulipo (anche Calvino lo fu), filosofo, linguista, burlone e studioso di psicanalisi. Ludoletteratura che, come dici tu, e’ ”buona letteratura sottratta al vincolo cogente del pathos e dell’epos.” (anch’io ne ammetto l’esistenza e la possibilita’, associandomi al Palazzeschi narratore, soprattutto nel ”Codice di Perela”’, ed aggiungendo il Bulgakov de ”Le uova fatali” e ”Diavoleide”).
    Infatti parlavo di scelte scrittorie mie, dove dicevo che penso che ”Il ”credibile” sia un’ottima base per costruire un castello narrativo al contempo seducente, ”amichevole” e ludico-onirico. E dico ”amichevole” perche’ lo ‘’straordinario” secondo me va fatto anticipare, acche’ venga poi digerito dal lettore, da una tessitura contesta di oro favolistico-onirico e di fili d’acciaio sensuali, tangibili, se non propriamente attuali. No, certo, l’attualita’ mai in Letteratura, ma lo stravolgimento graduale, progressivo, dalla materialita’ del presente alla poesia dello ‘’straordinario” si’, sempre.” Non escludevo, pertanto, il perfetto funzionamento dei meccanismi affabulatorii.

  185. Inoltre, cari Gero e Gaetano, concordo perfettamente, dunque all’unisono affermo con voi, che, come esplicita Gero ”La deriva della letteratura corriva sia porre il focus sul fatto, in ciò soggiacendo ad una osmosi nefasta col cronachistico, col diaristico (bloggistico, dovrei dire), e ad una assimilazione delle modalità di narrazione mediatica (dalla tv a youtube).”
    Parole sante! Lo dico da decenni! Fuori la cronaca dalla Letteratura! (Ne abbiamo gia’ quanta ne vogliamo – SE la vogliamo, io no – sui giornali e ai telegiornali).

  186. Cristina Bove è una poetessa, un’eccellente poetessa. E gli amici di Letteratitudine lo sanno perfettamente.
    Alcune delle sue liriche si trovano in una raccolta intitolata “Fiori e fulimini”. Versi intensi ma (se posso dire) “alla mano”, che fanno prendere confidenza con la poesia anche a chi non la frequenta.

    Potevo esimermi dall’ospitare un suo “pensiero” in prosa noir che ha scritto appositamente per me?

    La risposta è sì, potevo esimermi. Ma se lo pubblico vuol dire che lo ritengo interessante. La poesia di Cristina, però, è comunque tra le righe. Basta scorrerle su
    http://enricogregori.splinder.com/

  187. Beh, che finita la partita Enrico ti sia preso la briga di inserire questa mia cosuccia nel tuo blog, mi gratifica molto. Ti ringrazio per gli apprezzamenti benevoli per la mia poesia e mi fa un sacco piacere che tu le attribuisca quanto hai appena espresso.
    Grazie anche di averla portata qui.
    un caro saluto a Massimo e a tutti i frequentatori di questo bel sito.

  188. Ringrazio Miriam e Sergio per il plauso.
    Lusinghiero ancorché siderale il parallelo con Queneau. Le sue bagattelle adombrano una solida dottrina logico-formale (proprio come il suo amico Calvino) mentre le mie sono bidimensionali, sorta d’avanspettacolo genere Tingel Tangel di Karl Valentin.
    Le Uova Fatali di Bulgakov sono l’asintoto letterario a cui tenderei la pargoletta mano. Ricordo una remota e mirabile riduzione teatral-televisiva (quando il teatro passava in tv) di Ugo Gregoretti.
    Sono d’accordo, lo humour che s’intreccia discreto con la fabula in un’aura di sospensione d’incredulità del lettore e financo di complicità (l'”amichevole” di cui parlavi) è lo stato di grazia letteraria da perseguire, ed è la prerogativa dei sommi (auspicabilmente tradotti da sommi).
    Credo di intuire ciò che dici sulla tessitura favolistico-onirica e sulla inattualità, e nel farlo mi sovviene (non so perché) il Bartleby di Melville.
    Ti ringrazio oltremodo perché in un periodo di letture incerte e sospese, mi stimola l’idea di rifuggiarmi nuovamente nelle mirabili vicende del professor Persikov.
    E’ un po’ infatti che, fatte salve le storie di Gaetano, sopravvivo di riletture.

  189. per gero,
    ecco, mi stavo giusto giusto predisponendo ad un commento che avrei iniziato così: non è il Naso e nemmeno sono Uova…
    I tuoi mondi paralleli non nascono da proiezioni personali, più o meno vissute e (forse) sofferte e dolorose, i tuoi mondi paralleli sono quelli di una insostenibile leggerezza dell’essere. Non ci facciamo più nemmeno male, basta un cartello a rimuovere gli impulsi o ad organizzare i gesti.
    Non ho ancora avuro tempo di curiosare bene sul tuo sito, lo farò appena libera dai doveri di zia (leggi, appena rigodrò una assoluta libertà di “navigazione”)
    A dopo
    Però il Naso è lì, come presente è tanta cultura francese (forse la parte più simpatica)

  190. a cristina:
    l’orario del post era indipendente dalla partita la quale mi aveva abbottato le palle già al quinto minuto del primo tempo. un cesso di squadra come la nostra non lo ricordavo da tempo. quella che fu eliminata dalla corea nel mondiale inglese del 1966, in confronto a questa odierna, era il brasile di pelè. proporrei due mesi di assistenza ad anziani disabili per donadoni e quasi tutti i giocatori. lavorare sul serio due mesi in una vita non è poi un dramma. Banda di cazzoni!

  191. Giusto, Enrico! D’estate vedremo dieci giocatori ad assistere disabili, e Di Natale?…

  192. Gero, domani avrò finalmente tra le mani Flann O’Brien, “Una pinta d’inchiostro irlandese”, nell’edizione Adelphi, versione di Wilcock.
    Per Gero, Sergio, Miriam: ho incrociato di nuovo oggi in biblioteca – da aggiungere a Bulgakov, Queneau, Palazzeschi, Perec e agli altri autori di cui si parlava – Fosco Maraini e il suo volumetto di “poesia metasemantica” dal titolo “Gnòsi delle Fànfole”; non potevamo dimenticarlo.
    Sergio, ho ripreso la lettura del tuo lungo racconto.
    Buona serata a voi,
    Gaetano

  193. @ gaetano
    conoscendo un po’ le tue predilezioni credo che at swim two birds sarà un’epifania.
    immaginifico, magniloquente, ebbro, prendi e perdi il bandolo della matassa più volte.
    come da piccolo quando le favole si incrociavano e i personaggi dell’una migravano nell’altra.

  194. @ miriam
    si, la lettura psicanalitica in nuce ricalca la mia istanza verso la scrittura, ovvero la fuga.
    fuga dall’iperrealtà, dal dolore, dal sangue (plasma e/o neoplasma).
    non mi interessano le descrizioni di cose e relazioni, le istantanee del mondo com’è.
    ce ne sono altri potenziali, terre di nessuno, dove le funzioni che ci correlano rispondono ad altre logiche,
    dove le parole scevre della cristallizzazione della consuetudine, dell’usura dei luoghi comuni, di interrelazioni
    parassitarie, tornano a suonare (da sole o in jam session).

  195. @ enrico
    allora forse devo ringraziare la “…partita la quale mi aveva abbottato le palle già al quinto minuto del primo tempo.”
    Vabbe’, mi accontento.
    🙂

  196. Appena ritornato da una vacanza lunga e piacevole, trovo difficoltà a rispondere ai moltissimi argomenti che hanno invaso Letteratitudine.
    Mi limito quindi a introdurre una mia analisi su un fenomeno che occupa l’umanità da sempre: l’omosessualità.
    Di principio sono contro ogni sua discriminazione, come sono contrario a manifestarla pubblicamente in maniera offensiva e spudorata, allo stesso livello come tutt’oggi viene esposta pubblicamente l’eterosessualità. Sembra che oggi tutto venga usato per essere consumato, invece di viverlo per il proprio benessere.
    Saluti a tutti, senza distinzione di pregi o meriti.
    Lorenzo
    L’Amore, incentivo di sostegno, ma anche di disturbi gravi:

    Luca e Roberto, si amano. Entrambi hanno passato una giovinezza serena nell’ambito delle loro famiglie.
    Le mamme, sempre premurose e accordanti ad appagare ogni loro desiderio, pensavano che le loro intenzioni, sorrette dall’amore, li avrebbero fatti crescere felici e sereni.
    Il giorno, in cui appresero delle loro inclinazioni, furono prese dalla delusione e spavento di averli influenzati negativamente con le loro assidue premure di mamma, nelle quali, sebbene involontariamente, agiva anche la loro natura femminile, e di averli così distolti dall’attrazione sessuale verso il loro sesso.
    Dopo una prima reazione di disorientamento, reagiscono come fanno tutte le mamme; accettano la situazione sorta addossando la causa altrove, che rimane così non risolta nel loro inconscio.
    Tra un sospiro frequente di delusione, continuano così ad amarli e accettarli come sempre, infine sono il prodotto delle loro premure, per le quali hanno vissuto e trovato sostegno.
    Da qui emerge l’importanza della presenza attiva del padre nella vita in coppia, e quanto sia importante il suo ruolo per la crescita dei figli.
    Mamme che sono troppo premurose verso i figli, lo sono non solo per inclinazione naturale, ma anche per riempire il vuoto lasciato dai mariti che, sia per disinteresse proprio o più spesso perché presi dallo stimolo tipicamente arcaico-maschile di fare carriera e di voler provvedere da soli al mantenimento della famiglia, rimangono assenti o quasi alle premure affettive.
    Sappiamo che i figli hanno bisogno di esempi completi, cioè riflettenti le reali necessità della vita, per riconoscere i loro compiti, da assumere da adulti. La mancanza di uno dei genitori, o anche una discordia continua tra di loro, lascia un vuoto e crea disturbi nel loro processo educativo e ricognitivo.
    Potrebbe capitare, che una volta che abbiano raggiunto l’età dell’adolescenza, tendano a unirsi con la parte che sia maggiormente mancata loro, come per uguagliare la sua mancanza.
    Gli elementi essenziali per realizzare una vita equilibrata e serena sono rappresentati dal possesso della sensibilità emotiva e affettiva, dalla certezza di ricevere aiuto e appoggio dagli adulti nei casi di bisogno, e dalla volontà di assolvere i propri compiti, che sono così riconosciuti.
    La mancanza di uno di questi elementi può causare squilibri vari e differenzianti da soggetto a soggetto.
    Naturalmente, bisogna cercare le cause delle proprie disposizioni anche altrove.
    Una disposizione genetica, per esempio, che è presente in ogni essere umano, uguale se maschio o femmina, e che, quando sia favorita da una situazione affettiva di squilibrio nell’ambiente vicino al giovane, può emergere e diventare dominante per lui.
    A priori, è necessario accettare le diposizioni di ogni singolo, individuandole come risultato dei vari processi agenti nella natura, dei nostri interventi su di lei, del nostro modo di comprendere e praticare l’educazione dei figli e infine dello stato rapportale vigente tra i membri della società.
    Chi spende troppo amore e premura potrebbe nascondere una debolezza propria o una mancanza di affetto non ricevuto nella sua infanzia, mentre una troppa severità e intransigenza impedirebbe al giovane di evolversi secondo le esigenze del suo tempo, la cui mutazione non viene sempre e subito riconosciuta dagli adulti rimasti fermi nel loro passato.
    Bisogna anche tenere in considerazione che non tutti i giovani soccombono alla mancanza o smisurata cura degli adulti che sono involti nella loro educazione e sostenimento.
    Esistono molti casi di giovani dotati di una personalità forte ed equilibrata, tale da trarre dalla loro precarietà un forte incentivo d’impegno, allo scopo di uscirne illesi e addirittura migliorare le loro condizioni di vita.
    Fondamentale, per la formazione di una società sana, è prima di tutto l’esempio degli adulti che deve rispecchiarsi nel loro stile di vita, poi lo stato della famiglia, delle associazioni private, delle istituzioni pubbliche e infine dei responsabili del mondo lavorativo.
    Ognuno è un elemento indispensabile per il funzionamento della società, che migliorerebbe attraverso il suo impegno serio e decisivo nel suo piccolo nucleo.
    La tendenza attuale, di sostituire la forma tradizionale della famiglia in un’altra basata su un accordo tra due persone adulte, anche dello stesso sesso, mi lascia per il momento scettico.
    Potrebbe avere successo, quando riuscissimo a mutare radicalmente le nostre attese che vogliamo riscontrare nella società, liberandole dei vincoli duraturi e per molti opprimenti, e sostituendole con un nuovo senso della libertà individuale, fondata prima di tutto sulla riconoscenza e rispetto reciproco, anche nelle decisioni prese di separazione. Inoltre sono indispensabili l’indipendenza economica del singolo e la sua disposizione seria e voluta di provvedere al sostenimento dei giovani, dei quali si è preso cura.
    Chi crede che questo modello potrà avere successo, rimarrà presto deluso e dovrà riconoscere che esso nasconde un gran senso d’egoismo individuale.
    La nostra vita rimane sempre quello che è da sempre, un percorso ricognitivo alla ricerca di ciò che in fondo non si vuole riconoscere, perché troppo impegnativo e richiedente, tanto da preferire la superficialità abbagliante e facile.
    Saluti,
    Lorenzo lì, 5.2.08

  197. Grazie, Gaetano. Speriamo ti piaccia il mio menu’! E grazie a Gero, col quale condivido entusiasticamente le basi teoriche sullo scrivere – anche se io ne aggiungo delle altre prese in prestito dalla retorica classica, mitologica ed epica.
    Ad entrambi chiedo inoltre: avete letto Bruno Schulz? Per me e’ nel numero dei grandi, assieme al nostro Bontempelli…

  198. Sì, Sergio, l’ho letto, condiviso con un carissimo amico poeta il quale è un devoto di Schulz. Non lo conosco in modo approfondito, ma il racconto “Le botteghe color cannella” è stato per me un sorprendente e intenso viaggio in sentieri sensoriali, un itinerario di percezioni dell’infanzia, in un cosmo in cui sogno e realtà non hanno confini ben netti e i sensi hanno la vitalità d’ogni nuovo inizio. Un’opera d’arte – raggiungere la semplicità, concepire l’inatteso – anche la sua vita e la sua morte. Apprezzo anche Bontempelli. Fa parte di quel campo letterario che maggiormente mi attrae. Nella mia piccola biblioteca conservo la sua raccolta di racconti “L’amante fedele” in edizione Oscar Mondadori del 1966 (bancarella dell’usato). Un abbraccio,
    Gaetano

  199. Ah! Ah! Ah! Incredibile! Gaetano, ci credi che ho la stessa edizione de ”L’amante fedele” di Bontempelli, quella con la prefazione di Luigi Baldacci? Se ti interessa, su Internet (Geocities) gira anche un mio vecchio (1997) saggio-omaggio al Bontempelli narratore, prima pubblicato su ”I Polissenidi” – rivista perugina che fondai e diressi per cinque anni, ossia fino al Duemila.
    Ciao, caro, saluti anche al bravo Gero Mannelli

  200. Gero,
    tu sopravvivi di riletture, io anche. Ma ne approfitto anche per approfondire cose eccellenti, o mai lette e studiate a fondo e integralmente, come la ”Gerusalemme liberata” e il ”Don Chisciotte della Mancia”. Adesso, stimolato da Gaetano, penso che riprendero’ in mano anche l’opera completa di Luciano di Samosata (tradotto da Luigi Settembrini, addirittura!) e cerchero’ la ”Gnosi delle Fanfole” del papa’ Maraini.
    Ciao

  201. Eh, Sergio, sintonie… e forse con lo stesso inebriante odore di muffa e umidità nelle pagine che ogni bibliofilo ama… Andrò a leggere il tuo saggio. Contento, inoltre, di averti riportato tra le nuvole del vecchio-giovane Luciano di Samosata e sulle tracce nascoste dell’avventuriero Maraini. Un abbraccio a te e Gero,
    Gaetano

  202. @ Sergio e Gero,
    si parlava di scritture lontane anni luce dai luoghi comuni e dalle convenzioni letterarie. Se non lo conoscete, consiglio la lettura di Gianni Toti (scrittore di poesia, prosa e saggi, nonchè “videoartista”, “poetronico” e “cosmunista”, come lui si definiva). Sul web ci sono diverse sue cose. I libri si reperiscono più difficilmente, sparsi in una miriade di grandi e piccole case editrici (vecchie edizioni in biblioteca, e più recenti tramite spedizione postale). Ultimamente ho diversi suoi libri che mi fanno buona compagnia. Ciao,
    Gaetano

  203. @ Sergio
    Trovato e letto (un po’ velocemente) il tuo saggio su Bontempelli – interressante, molto ben documentato, con il giusto sale, inoltre, della vis polemica. Forse oggi lo scrittore denuncia un poco i segni del tempo, d’una certa ridondanza ottocentesca. Comunque, mi raccomando, niente paragoni con Borges o ipotetici debiti o crediti. Lo stile di Borges è d’una asciuttezza non paragonabile a quello di Bontempelli. E la metafisica e la dedizione alla letteratura dell’Argentino pure.

  204. Giusto, Gaetano. Pero’ il primo Realismo Magico apparso sulla faccia della Terra e’ termine e definizione teorica del nostro Massimo Bontempelli. Gli altri, Borges compreso, vengono dopo: si tratta di un altro Realismo Magico, diverso da quello bontempelliano e della rivista ”900” da lui diretta con Malaparte. Questo e’ giusto che lo si sappia – e pochi lo sanno.

  205. Il caso Natascha Kampusch, visto da me.
    Un caso sconvolgente, per come si è svolto ed è finito, ma è finito veramente del tutto?
    È un caso che i giornali e la televisione hanno stilizzato per far soldi e di soldi ne hanno guadagnato tutti, compreso lo psicologo, ma ancor prima la denominata vittima.
    Io, personalmente, non sono certo della storia, che è stata riportata e coltivata a modo di sensazione.
    Certo è che lo stupratore suicida le voleva bene, si racconta che sia stato un conoscente della famiglia.
    Egli assunse il ruolo del padre mancante e fece di tutto per offrirle un ambiente più sereno e protetto di quello di casa.
    Ho visto alla televisione la mamma e il padre di Natascha. I loro sguardi erano di persone non felici e incapaci di ammaestrare la propria vita e ancor meno quella della ancora bambina Natascha.
    In un ambiente privo di rapporti stabili e affetto sereno da parte degli adulti, la bambina avrebbe probabilmente vissuto una giovinezza ancora più burrascosa e incerta.
    Il nuovo padre, che molti credono ancora stupratore di una minorenne, rispettò sempre la piccola e volle che si istruisse e godesse la sua giovane età con vacanze invernali sui posti sciistici di montagna e diversi altri svaghi come quello del nuoto.
    All’infuori dei primi mesi di segregazione per timore di una sua fuga, la giovane Natascha godette la libertà e gli svaghi come ogni altra giovinetta di buona famiglia.
    Ultimamente, ho letto su un quotidiano che la madre dovrà confrontarsi con un’accusa, presentata dagli inquirenti del caso dopo aver riscontrato contraddizioni tra le varie deposizioni fatte dalla madre e dalla figlia.
    Non riesco ad immaginarmi uno stupratore violento che abbia agito come il suicida.
    Il suo suicidio è un caso per gli psicologi e psichiatri. A mio modesto parere, egli preferì il suicidio, piuttosto di confrontarsi con un’opinione pubblica incomprensibile, perchè incapace di riconoscere e comprendere i veri moventi della sua azione.
    Viveva solo e aveva bisogno d’affetto e amore. Trovando o conoscendo la piccola Natascha e, sempre a mio parere, conoscendo la sua situazione famigliare, pensò di poterla aiutare e di essere così ricambiato.
    La mamma, separata dal padre, avrà acconsentito per preservare la bambina dal peggio.
    Scoperto, si ritrovò di nuovo nel vuoto affettivo, al quale si sarebbe anche aggiunto il confronto con la legge e l’opinione popolare del posto, un piccolo paese.
    Persa ogni speranza di uscirne illeso e per di più privo di Natascha, che era diventata come la propria figlia, dopo tanti anni di convivenza, egli preferì la fine.
    Natascha stessa, ormai diciottenne, incominciò ad analizzare la sua situazione.
    Volendola ammaestrare da sola, fatto tipico dei giovani d’oggi, deliberò di liberarsi di lui e di ritornare dalla sua mamma.
    Il rapinatore si è preso la verità con sé, così che sarà difficile scoprirla.
    Troppi interessi e mascheramenti sono involti nel caso. La mamma si coinvolgerà sempre più in contraddizioni e la figlia farà di tutto per tenerla fuori.
    Tutto facile, oggi, quando la cassa si riempie con la gioia di tutti i coinvolti.
    Saluti,
    Lorenzo 11.12.07

  206. Il miglior amico dell’orso.
    Oggi ho terminato la lettura dell’ultimo libro di Arto Paasilinna; strambo, picaresco e intenso di significati, come sempre. Anche in questa storia il personaggio che accompagna Paasilinna-Chisciotte-Gargantua, è un animale: un orso. Un cuccioletto d’orso che dopo l’arrostimento involontario di mamma orsa e della beghina che stava inseguendo, viene affidato alle cure di un pastore in crisi di vocazione. Si parla di religione, delle religioni e del bisogno spirituale che nonostante il lungo viaggiare per mari e amori, resterà irrisolto, come una presenza ingombrante a cui si vuole bene, ma sicuramente scomoda. Satanasso, è un orso che prega, conosce le liturgie di quasi tutte le religioni, stira le camice, diverte i turisti di tutte le coste, con uno special di salmi e balli. Questo divertente romanzo, va letto lentamente, va gustato con piacere parsimonioso, come un ghiacciolo in questi caldi giorni d’estate. Il pastore e l’Orso Pio pongono il problema del superamento liturgico e organizzativo delle religioni: un delirio lappone tutto da amare. C’è molta letteratura medievale, rivista e presentata con la leggerezza di un pensiero semplice e grandiosamente umano. Molto interessante è la postfazione di Nicola Rainò, di cui non anticipo niente, proprio per non togliervi il piacere della scoperta.
    Leggetelo, merita veramente.

  207. @ Massimo
    ricambio il supersaluto e grazie ancora per l’ospitalità.
    @ Sergio
    a mio parere non esiste relazione tra Bontempelli e Borges, al di là delle definizioni. Un abbraccio,
    Gaetano

  208. @ Miriam
    grazie per il consiglio di lettura (c’è però solo l’autore, senza il titolo). Arto Paasilinna rese ancora più felice una mia estate di molto tempo fa con il suo “L’anno della lepre”. Un abbraccio,
    Gaetano

  209. @ Gaetano,
    il titolo c’è : “Il miglior amico dell’orso” di Arto Paasilinna ed. Iperborea.
    C’è Gargantua e Pantagruel, se vogliamo possiamo leggerci anche Cervantes, in realtà questo testo è un insieme felice di citazioni, che rimandano alle origini della letteratura europea, nascoste da un racconto umoristico. Dovrebbe piacere molto anche a Gero.
    🙂

  210. ULTIME NOTIZIE DA “CARCERE ITALIA”
    Durante la nostra calda estate, tra afa e calcio europeo, il governo ha varato due giorni fa un gruppo di provvedimenti legislativi denominato “pacchetto sicurezza”.
    Chi compie reati ed è “clandestino” (perchè lo scrivono senza virgolette? La parola ha un significato più ampio. Sarà una forma di stigmatizzazione linguistica? ) avrà la pena aumentata di un terzo. Riflessione: la “clandestinità” resta una irregolarità non da galera, ma si trova il modo per colpire con gli arretrati i “clandestini” che eventualmente ci incappano.
    Chi affitta la casa in nero a “clandestini” rischia fino a due anni di galera! (esclamativo d’obbligo).
    Domanda: perchè, se i “clandestini” non sono dei delinquenti?
    Chi dà false generalità a un pubblico ufficiale rischia fino a sei anni di carcere!!!(triplo escalmativo d’obbligo). Riflessione: un “clandestino” che venga a trovarsi di fronte a un rischio del genere, potrebbe cercare di compiere sul serio un grave reato per sfuggire alla galera. Riflessione bis: è una pena d’una assurdità inaudita. Talvolta si vedono pene a sei anni per casi di omicidio.
    E inoltre, Maroni vuole rendere obbligatoria la norma di prendere le impronte digitali a tutti i bimbi Rom. “Per il bene dei bimbi Rom”, dice il sant’uomo.
    Riflessione finale: “La legge è uguale per tutti, ma per alcuni animali è più uguale”, scriveva più o meno Orwell nel suo “La fattoria degli animali”, nel decalogo “riscritto” dagli animali che avevano preso il sopravvento, i maiali. E cioè, nel caso di Carcere Italia: ultimamente Di Pietro ha pizzicato in flagranza di reato un parlamentare di maggioranza, cioè uno di quelli che fanno passare queste leggi. Il governante votava al posto d’un parlamentare assente, cioè il tipo lì tra i banchi era stato pescato a truffare lo Stato (in Parlamento), poichè per ogni seduta i parlamentari (se sono presenti…) percepiscono bei soldini. Un ladro di radio di automobili (c’è l’aggravante dello scasso) se in flagranza di reato sarebbe stato arrestato. Al “pianista” invece nemmeno una tiratina d’orecchie.
    Riflessione finalissima: si appesantiscono in maniera gravissima, gravissima ripeto, le pene per reati generalmente compiuti dai ceti più poveri. Il falso in bilancio, per esempio, che non è reato che potrebbe compiere un poveraccio, non ci deve riguardare. E nemmeno la sospensione di processi per reati compiuti da Lui.

  211. Ho sentito poco fa Moni Ovadia al TG3 parlare a proposito della schedatura e delle impronte digitali da prendere ai bambini Rom. Tra l’altro ha più o meno detto (non testualmente: trascrivo la sostanza di alcune sue frasi):
    “Il progresso dell’era digitale con la proposta delle impronte digitali! Il popolo Rom è nella storia l’unico popolo che non ha mai scatenato guerre. Bisognerebbe dargli il Nobel per la Pace! E siamo in tempo di pace! Se fossimo in tempo di guerra proporrebbero la marchiatura! “. E poi “… perchè non provano anche a proporre di prendere le impronte digitali ai bimbi italiani nei luoghi dove è presente la criminalità infantile? Ci provassero!… ma non lo fanno perchè dovrebbero poi sostenere la reazione di intere popolazioni!”
    Bel tono indignatissimo di Ovadia, di urgenza.
    Nel frattempo il Parlamento Europeo ha nettamente censurato questa proposta. Ma il Governo della sventurata Italia prova ad andare avanti.

  212. Segnalo l’uscita di questo libro firmato dal giovane e ottimo Marco Gatto: “Fredric Jameson. Neomarxismo, dialettica e teoria della letteratura”.
    L’editore è “Rubettino”:
    http://www.ibs.it/code/9788849821512/gatto-marco/fredric-jameson-neomarxismo.html
    È la prima monografia completa dedicata all’intera opera del pensatore americano. Si tratta non solo di una guida introduttiva alle principali coordinate del pensiero jamesoniano, ma di uno strumento critico finalizzato al rinvigorirsi del dibattito sull’ormai celebre autore di Postmodernism. Composto da quattro capitoli, il testo esplica, prendendo posizione, i connotati del dibattito sulla critica letteraria marxista e sul postmoderno, leggendo nella parabola teorica di Jameson i nodi cruciali di un’ermeneutica demistificante. Prefazione di Margherita Ganeri.

  213. Segnalo domani l’uscita di un numero particolare del quotidiano IL RIFORMISTA, che inaugura nuovi e ampi spazi nelle pagine culturali.
    Dovreste trovare anche un mio articolo.

  214. Buongiorno a Massimo, buongiorno a tutti !
    è da parecchio che non intervengo, perdonate la latitanza…
    volevo dirvi sapete oggi chi ho avuto il piacere di conoscere tramite la televisione??? stavo guardando Artnews su raitre, un servizio sul castello di caccamo a palermo e indovinate chi c’era? Roberto Alajmo! che strano effetto sorpresa ho avuto lì per lì! bellissimo il servizio e le storie che roberto raccontava in particolare quella della finta cappella con botola del castello!
    *
    volevo anche dirvi che ho partecipato ad un paio di concorsi/premi letterari e che ora i racconti sono on-line (in attesa di essere valutati dalla giuria)…bene aldilà del concorso in sè, mi piacerebbe che anche voi li leggeste per darmi un parere critico…sono linkati nel mio blog, in un post dal titolo lampante: “una scrittrice in erba!”
    Auguro a tutti un bel fine settimana!

  215. attenzione attenzione!!
    segnalazione segnalazione!!

    è in corso in queste ore un torneo di raccontini a tema lanciato da barbara garlaschelli ed enrico gregori. parola chiave ”ascensore”.
    stasera entro le 23.00 tutti coloro che hanno deciso di partecipare stanno postando sul proprio blog il parto delle proprie menti, più o meno sane.

    da me http://mahpuntogea.splinder.com/ la lista completa (spero) aggiornata in tempo più o meno reale con i links necessari.
    dai lo so che siete curiosi..
    🙂

  216. una letteratitudine parallela, anzi visto che va di moda, una letteratitudine ombra…..ovviamente scherziamo, perché il blog di Maugeri è inimitabile. Ma se fate un salto nel blog di Gea ci sono i link (aggiornati in tempo quasi reale) per leggere racconti su tema/parola “ascensore”. Parola scelta da cristina bove e accettata da chiunque abbia voluto cimentarsi. grazie

    http://mahpuntogea.splinder.com/

  217. @gea ed enrico:
    Li ho letti tutti! Che bella idea e che bella e ricca partecipazione, che coinvolge ed emoziona anche noi semplici lettori. Mi ha colpito moltissimo il racconto/presentazione di Mario Bianco: un piccolo album d’appunti per la traslazione poetica dell’ascensore. Un “ascensore” mezzo per salire o scendere nell’anima e nel nostro vissuto. Se fosse un concorso, voterei per lui: primo premio. Assolutamente!
    🙂

  218. @ miriam:
    i “semplici lettori” sono spessissimo preziosi perchè chi scrive è raro che si renda conto di cosa fa. peraltro, senza chi legge, declameremmo le nostre fesserie davanti a uno specchio o sulla tazza del cesso. quest’ultima eventualità nel caso che lo scritto faccia cacare. cosa non infrequente
    🙂

  219. SFASCIO ITALIA

    Mi è giunta poco fa notizia d’una comunicazione della CGIL riguardante un Decreto Legge (quindi già operativo) emanato dal Governo circa una settimana fa, di cui il silenzio generale è stato fino ad ora l’unico commento.
    Io già ero a conoscenza – come tanti spero – degli enormi previsti tagli del personale della scuola – tra docenti, non docenti e amministrativi – che dovrebbero sfiorare, mi pare, il 20% dell’organico attuale.
    Oggi vengo a sapere, da questo D.L. riguardante tutta la Pubblica Amministrazione, delle trattenute in stipendio per tutti per ogni giorno di permesso per malattia, delle vessazioni a tale proposito perchè si richiede la reperibilità domestica per quasi dodici ore consecutive, della impossibilità, dopo pochissimi giorni, di rivolgersi al proprio medico curante (bisognerebbe rivolgersi alla struttura di Sanità Pubblica, oltre i due giorni di malattia, ma a chi non si sa: al Pronto Soccorso?!), dei permessi per motivi familiari che si potranno prendere solo per ore e non più per giorni, d’una pensione pari a metà stipendio per chi abbia diritto – e lo scelga – di andare in pensione dopo 35 anni di lavoro, dell’annullamento del diritto del part-time, delegato alla opzionalità delle dirigenze, del decurtamento di 700 euro in media l’anno per coloro che lavorano negli uffici ministeriali della Pubblica Istruzione, ecc.
    Complimenti al Governo e ai suoi elettori, e a chi pensava, non votando, (o votando le liste dell’asino volante, che hanno raggiunto lo zero virgola niente per cento), “tanto sono tutti uguali, non c’è differenza tra destra e sinistra”.
    Buona serata e buona fortuna,
    Gaetano

  220. ciao massimo, è davvero un sacco di tempo che non scrivo sul blog. i librai spesso non trovano nelle 24ore della giornata il tempo per fare tutto! voglio segnalarti un libro, edito da fazi in questi giorni. è L’ULTIMO INDIZIO di piernicola silvis. qui a vicenza il libro è stato presentato nella mia libreria, ah ne ho aperta una nuova dentro la stazione ferroviaria, e ha suscitato parecchia emozione. si parla ancora una volta di mafia, ma dalla parte di chi mette in gioco tutti i giorni la propria vita. piernicola, al tempo della cattura di madonia qui a vicenza, era capo della mobile. il libro è decisamente più maturo del precedente da lui scritto, mostra la forza del poliziotto, l’umanità dell’uomo: dietro a queste storie di cronaca ci sono sentimenti ed emozioni fortissime, vissute in prima persona e su cui poche volte ci soffermiamo. sai come mi sono sentita dopo averlo letto? orgogliosa di avere uomini come questi a difenderci. in un paese dove la bandiera italiana viene tirata fuori dai cassetti solo x i mondiali (e qui fortunatamente anche per le adunate alpine!) fa bene leggere l’umanità di questi uomini, la sensibilità, anche la paura. e la loro determinazione. buona lettura, a presto. roberta

  221. Grazie delle belle parole, Roberta. Sono commosso. Una giornata bellissima, quella di mercoledì scorso alla presentazione del romanzo da te. Emozioni fortissime. Un bacio e a presto,

    Piernicola

  222. Caro Massimo,
    mi trovo in un impasse. Questa estate scorsa ho scritto un romanzo sulla vita di una Signora, che voleva appunto pubblicare una sua biografia. Lei mi descriveva in un brogliaccio alcune vicende e io trasformandole in uno stile appropriato, con un lessico tendente all’humour e sceneggiandole, formavo i capitoli, che regolarmente le leggevo. Concepii il romanzo secondo un certo progetto e una certa architettura che per non rendere monotono il susseguirsi dei fatti pertinenti alla Signora, “intrecciava” altri personaggi, vicende e commenti atti a legarsi ai fatti raccontati da lei. Il romanzo, nella sua stesura finale si presenta come la sovrapposizione di tre piani: Sullo sfondo si vede il “paesaggio storico” sul quale l’intera vicenda ha luogo, con la descrizione dei luoghi e delle tradizioni ivi connesse. In un piano più ravvicinato si svolgono le vicende “collaterali” coi loro personaggi, in un percorso che è quello durante il quale mi raffiguro che la Signora mi esponga le sue vicende e le sue problematiche. Ed è questo il piano principale, sul quale lei figura l’indiscussa protagonista. Ora è successo che la Signora non vuole più questa stesura, alla quale io ho dedicato una intensa partecipazione “giocando” con molti espedienti collaterali atti a suscitare emozioni, e vuole figurare come unica protagonista imponendo tagli che provocherebbero una alterazione vistosa dell’architettura originaria eliminando ogni elemento emozionale, rendendo altresì problematica la stesura scenografica. L’Editore, che già esiste, è stato messo al corrente di questo cambiamento, e dovrà fare la sua proposta alla fine di questo mese. Però so per certo che la Signora lo ha “addomesticato” a suo vantaggio. Il dilemma è: accetterò il compromesso che altera la mia opera e che io non sento, o rinuncerò all’incarico iniziale, peraltro non legato a nessun contratto? Che ne pensi? Nel primo caso avrei un guadagno (L’Editore vuole pubblicare ed è certo del successo), nel secondo caso mi resterebbe solo l’orgoglio. (Io però, ho bisogno dei soldi). Tu come risolveresti questo dilemma?
    Cordiali saluti
    Alberto

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