Come nasce un romanzo? Per gli Autoracconti d’Autore di Letteratitudine: ROBERTO COTRONEO racconta il suo romanzo “La cerimonia dell’addio” (Mondadori)
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Con il passare degli anni per gli scrittori le cose si fanno più difficili. La scrittura della giovinezza è più focalizzata, più nitida, ha bordi assai meno sfrangiati. I libri escono con la nitidezza che vuole un’età che spesso non ha mezze misure, che per certi versi divora il tempo, lo scolpisce con facilità. Poi il tempo passa. I libri precedenti diventano dei crocevia, dei passaggi. Persino dei ripensamenti. Non si inizia mai in un momento esatto. Non si finisce quando si crede di aver finito. Quell’unità di scrittura pare sgretolarsi negli studi in cui si scrive, sulle scrivanie, e poi sui tavoli, e ancora persino nei tavolini dei caffè. Finisce per esibire un’alterità, la distanza dalla vita che lo scrittore vuole, pretende, dal suo narrare, dal suo raccontare, ed entra nelle cose minime di ogni giorno, assume le tonalità dei mobili attorno, lascia che si depositi persino la polvere, sorprende perché è ancora più presente delle presenze a cui siamo abituati nella nostra vita quotidiana.
La scrittura de La cerimonia dell’addio è stato questo. Quando è iniziato? È una risposta che non so dare esattamente. È iniziato nel 2006, forse nel 2007. E soprattutto: è iniziato con una scrittura, con un pensiero, con un’idea da mettere a punto, con un dettaglio da cambiare? Oppure è iniziato quando ho capito che il mondo che avevo attraversato fino a quel momento, entro un tempo purtroppo definibile, avrebbe cessato di esistere? Sapevo che era questo il nodo iniziale. Sapevo che avrei raccontato la perdita nel momento in cui si compiva, nel momento che prendeva una strada obbligata.
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