Nei giorni scorsi mi ha scritto la regista Cinzia TH Torrini per segnalarmi l’imminente “messa in onda” su Rai 1 (il 4 e 5 marzo) della nuova miniserie televisiva da lei diretta : “La Certosa di Parma” (tratta dal celebre romanzo di Stendhal). Dallo scambio scambio epistolare è nata l’idea di organizzare un dibattito online incentrato sul romanzo e sulla fiction televisiva. Alla discussione, compatibilmente con gli impegni, parteciperà anche la stessa Cinzia TH Torrini (già nota, peraltro, per aver girato – tra gli altri – Elisa di Rivombrosa I e II e Terra Ribelle).
Molti di voi avranno già letto il famoso romanzo di Stendhal.
Qui di seguito, trovate parte della trama…
Il giovane Fabrizio del Dongo sogna la gloria e l’amore: esaltato dall’avventura napoleonica fugge per unirsi all’armata imperiale. Giunto a Waterloo, assiste per caso, senza capirvi nulla, alla battaglia. Tornato in Italia e scacciato dal padre si rifugia a Parma, da una zia, la duchessa di Sanseverina che nutre una vera passione per lui. Al giovane, sospettato di simpatie liberali dal principe Parma, la zia assicura la protezione del primo ministro, il conte Mosca. Ma Fabrizio diventa il bersaglio principale dei nemici di Mosca. Coinvolto in un duello e costretto per difendersi a uccidere l’attore Giletti, il giovane deve fuggire. Viene attirato in una imboscata e imprigionato nella torre Farnese. Dalla finestra del carcere Fabrizio vede la figlia del governatore della prigione, Clelia Conti, e se ne innamora. Malgrado i rigori della prigionia, i due riescono a comunicare.
E poi? Poi che succede? Chi ha letto il romanzo lo sa. Chi non lo ha letto è caldamente incoraggiato a posizionare “La Certosa di Parma” sugli spazi libreschi del proprio comodino. Vi propongo alcune delle edizioni disponibili (cliccate sulle copertine…)
Ma a qualunque categoria apparteniate (lettori o non-lettori de “La Certosa di Parma”) siete tutti invitati a vedere la miniserie Tv diretta da Cinzia TH Torrini. Ricordo le date: 4 e 5 marzo, su Rai 1.
La fiction, è stata girata a Parma tra il maggio e il luglio del 2011, ha coinvolto centinaia di comparse vestite con splendidi abiti d’epoca. Qualche informazione sul cast: il personaggio Fabrizio del Dongo è impersonato dall’attore Rodrigo Guirao Diaz, mentre il ruolo del conte Mosca è interpretato da Hippolyte Girardot.
L’attrice Marie-Josée Croze interpreta il ruolo di Gina (la Croze è un’attrice franco canadese che ha vinto a Cannes con il film “Le Invasioni Barbariche”; è stata anche attrice nel film “Munich” di Steven Spielberg o nello “Scafandro e la Farfalla” di Julian Schnabel). Nel ruolo di Clelia, invece, vedremo Alessandra Mastronardi (reduce dal successo delle fiction “Sorelle Fontana” e I Cesaroni).
Vi invito, dunque, a guardare la miniserie Tv e a discuterne insieme. Ne approfitto, altresì, per invitarvi a discutere sul romanzo e sul suo autore.
Per favorire la discussione, pongo alcune domande…
1. Avete mai letto “La Certosa di Parma”? Se la risposta è negativa… pensate di leggere questo romanzo (prima o poi)?
2. Nel caso in cui l’abbiate letto, cos’è che vi ha colpito di più?
3. Quale ricordo (o emozione, o impressione), in particolare, è rimasto vivo nella vostra mente a seguito di quella lettura?
4. Quali sono gli “elementi di attualità” di questo libro?
5. Se doveste consigliarne la lettura a qualcuno… cosa gli direste?
6. Che ruolo ha avuto Stendhal, nella storia della letteratura?
7. Qual è l’eredità letteraria che ci ha lasciato?
Di seguito troverete: il promo della fiction, una “nota” di Cinzia TH Torrini, un estratto dell’introduzione di Annamaria Laserra all’edizione de “La Certosa di Parma” pubblicata nella collana de “I grandi romanzi dell’Ottocento della Biblioteca di Repubblica” – Gruppo Editoriale L’Espresso (la Laserra è anche la traduttrice del testo) e un articolo di Daria Galateria pubblicato su Repubblica (nel gennaio del 2004) in occasione dell’uscita del volume.
Auspico un’ampia partecipazione e… grazie in anticipo per i vostri contributi.
Massimo Maugeri
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LA “NOTA” DI CINZIA TH TORRINI
Perché fare questo film? Un esercizio di stile? Uno dei tanti remake? Con la lettura del libro ho capito quanto fosse moderna e attuale questa storia e quanto avrei potuto identificarmi e darle una nuova interpretazione. A me piacciono le storie dove si può sviscerare attraverso l’amore e la passione le psicologie dei personaggi, mi ritengo fortunata per essere stata chiamata a realizzare la Certosa di Parma.
Nel romanzo Stendhal con ironia ci racconta una storia italiana piena di intrighi e passioni dove l’amore arriva sempre nel momento sbagliato e alla persona sbagliata. Con meccanismi estremamente attuali. E’ una storia anche sulla crudeltà del tempo che passa di come si ama diversamente a 20, a 30 o a 50 anni.
Abbiamo cercato i protagonisti sia in Francia che in Italia, il film è recitato dagli attori nella propria lingua originale per poter ottenere il massimo dalla loro interpretazione e per ricreare quelle emozioni date dagli attori sul set.
Il lavoro di postproduzione è stato molto difficile ma il risultato davvero esaltante.
Premettendo che stavo toccando una pietra miliare della letteratura francese e iniziavo un lavoro con attori francesi il cui metodo recitativo si affida, per loro stessa ammissione, all’intensità del dialogo sottraendo molto alla gestualità allo sguardo, ho lavorato cercando di ribaltare questo metodo per portare il loro sguardo verso la macchina da presa.
Ho girato scene d’amore non convenzionali chiedendo agli attori di interpretare la sensualità senza tecnica e azione diretta. Così facendo sono riuscita ad ottenere il risultato più erotico della mia carriera. In questo il film “Il Cigno Nero” è stato di forte ispirazione.
La Certosa è la storia di una passione e per trasmettere questa passione sono stata aiutata anche dalle musiche di Savio Riccardi (Elisa di Rivombrosa).
E’ stata una operazione produttiva durata anni, una vera prima coproduzione al 50% tra Francia e Italia. Ho avuto due produttori importanti che mi hanno permesso di realizzare un lavoro di alta qualità produttiva.
La realizzazione di questo film è stata fortemente voluta anche dal direttore Fabrizio Del Noce, abbiamo avuto il privilegio di poter girare negli stessi luoghi che ha conosciuto e descritto Stendhal, nei castelli e nei palazzi di Parma, Bologna, Reggio e Piacenza.
Abbiamo cercato con la scenografia di ricreare quelle magiche ambientazioni, grande il lavoro dei costumi che sono in gran parte realizzati su misura con un’attenta ricerca dei colori e tessuti. Quelli di archivio vengono dalle migliori sartorie d’epoca, Peruzzi e Tirelli per l’Italia, ma anche da Spagna, Vienna e Londra. E’ stata consultata una grande documentazione per le acconciature dei capelli, non solo per le donne ma anche per gli uomini. Una nota particolare è che Stendhal l’ha scritto in 52 giorni, noi lo abbiamo girato in 52 giorni.
Essendo una coproduzione anche la troupe era mista tra italiani e francesi. Ancora una volta, avendo già lavorato con troupe di diversi paesi, il linguaggio cinematografico è stato universale.
Abbiamo girato con due macchine Alexa, un nuovo sistema elettronico. Con il direttore della fotografia francese c’è stata una grandissima intesa nel cercare di dare in ogni inquadratura la magia pittorica di un quadro, usando però un linguaggio moderno che si vede nell’uso della luce e del colore.
Nel bellissimo castello di Torrechiara, abbiamo ambientato le prigioni e la residenza di Clelia figlia del Generale Conti direttore del carcere. Ho trovato come mi ero immaginata la torre alta dove viene imprigionato Fabrizio e la terrazza da cui Clelia cerca di vederlo.
Abbiamo girato nella vera reggia quella di Colorno che, con il suo bel parco con le fontane, sembra una piccola Versailles.
Gli interni li abbiamo ambientati nella Rocca di Soragna rimasta intatta come nel passato con tutti i suoi bellissimi affreschi e abitata ancora dal proprietario il principe Diofebo Melli Lupi. Una stanza mi ha particolarmente colpito. Il salone delle donne forti.
Ancora è intatta l’antica camera del principe con gli arazzi e le boiseries dorate.
Cercavamo un castello più a se stante nella natura che potesse essere credibile sul lago di Como. Abbiamo scelto il castello di Rivalta, vicino a Piacenza per la sua unicità nell’architettura e la bellezza delle camere da letto con tappezzerie tutte diverse in cui hanno dormito e continuano a dormirci nobili e regnanti. Nel borgo abbiamo girato l’abate Blanes. Piacevolissimo la sera restare a pranzo nel borgo con una atmosfera romantica e cibo ottimo, penso di aver mangiato i più buoni tortelli alle erbette della mia vita!
A Fontanellato abbiamo ambientato la dimora del Vescovo Landriani.
Al Palazzo Ducale di Parma la residenza del Conte Mosca.
A Villa Isolani gli scavi archeologici, la villa dove Fabrizio va con Marietta prima che uccida Giletti.
L’esterno di Palazzo Albergati lo abbiamo scelto per il palazzo Sanseverina. All’interno abbiamo girato nelle antiche cucine, nei saloni e nella bellissima scala a chiocciola.
Girare in questi palazzi veri è stato come sentirmi osservata da tutti coloro che lì ci hanno vissuto e mi rende responsabile anche verso Stendhal, per quello che ho tentato di ricreare con questo film.
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IL QUERCIOLO DI STENDHAL
(introduzione al romanzo di Stendhal La Certosa di Parma, Roma, Gruppo Editoriale L’Espresso SpA, 2004)
di Annamaria Laserra
Due tra i maggiori protagonisti maschili dei romanzi di Stendhal, Julien Sorel nel Rosso e il nero e Fabrizio del Dongo nella Certosa di Parma, condividono la stessa sorte: al termine del loro avventuroso percorso di formazione, arrivano a conoscere se stessi solo in condizioni di prigionia. L’isolamento è dunque indicato da Stendhal come tramite per raggiungere la maturità intellettuale. Ciò non può che indurre a interrogarsi sulla forma di composizione della Certosa di Parma, romanzo redatto tra il 4 novembre e il 26 dicembre 1838 a Parigi, al numero 8 di rue Caumartin, in volontaria reclusione dell’autore. A chi bussa alla sua porta, in quei 52 giorni, questi fa rispondere che il signore è a caccia. Una sola persona viene ammessa, oltre la servitù: il copista. Pare infatti che Stendhal non abbia scritto il suo romanzo: secondo quanto si tramanda, lo avrebbe dettato. Certo, uno schema, degli appunti, forse una prima versione dei capitoli, doveva sicuramente averli sotto gli occhi al momento della dettatura. E’ difficile infatti credere che quel capolavoro che è La Certosa di Parma possa essere sgorgato di getto in una unitaria e felice improvvisazione, assecondata al ritmo di venti e più pagine al giorno, senza mai saltare un giorno. La cosa ha fatto (e fa) gridare al miracolo: soprattutto perché si parla di uno scrittore che ha sempre lamentato un’assenza di “genio immediato”, alludendo a quello che considerava il suo grande difetto: una certa deficienza immaginativa, o carenza inventiva, che lo rendeva incapace di ideare di sana pianta la storia di un romanzo. Aveva bisogno, per scrivere, di partire da qualcosa di reale e preesistente: racconti, aneddoti, vecchie cronache, e anche cronaca nera, come fu ad esempio il caso degli atti del processo a un certo Berthet, accusato dell’omicidio della sua amante, e di cui Stendhal lesse la storia nella Gazette des Tribunaux per poi trasporla ed elaborarla nel Rosso e il Nero. Tuttavia, nonostante la rapidità della composizione, neanche La Certosa di Parma si sottrae alla regola del supporto iniziale alla scrittura. L’elemento esterno, il dato concreto, esiste anche qui, ed è rappresentato da un manoscritto italiano di mediocre fattura e di più che dubbia verità storica: L’origine delle grandezze di casa Farnese. Stendhal lo fa ricopiare e annota in margine: “To make of this sketch un romanzetto”. E, in questa risoluzione espressa parte in inglese (lingua cui non di rado affida le sue meditazioni nella concisa forma di marginalia), parte in italiano (lingua del suo mondo affettivo), riconosciamo il momento germinale dell’idea della Certosa di Parma.
La passione di Stendhal per l’Italia è cosa nota. Ne aveva subito il fascino decisivo nel 1800, anno in cui l’aveva scoperta in un’occasione importante, un viaggio durante il quale il richiamo esercitato su di lui da quello che gli apparve subito come il paese della pittura, della musica e, in assoluto, dell’arte, si associava alla fortissima motivazione ideologica che ve lo aveva condotto: entrò infatti per la prima volta a Milano quando ancora si chiamava Henri Beyle, aveva solo 17 anni (l’età di Fabrizio del Dongo a Waterloo), ed era arruolato nel reggimento dei Dragoni al seguito del Primo Console Bonaparte, impegnato nella difesa delle posizioni francesi contro la dominazione austriaca. Da quel momento, nell’infiammata immaginazione del giovane Beyle, l’Italia cessò di essere soltanto un paese: divenne un sogno. E, tra gli anni ’20 e ’40, fu l’oggetto quasi unico dei suoi pensieri: Stendhal pubblicò, a cadenza regolare, una notevole quantità di opere ad essa dedicate. Prima del 1839, anno della pubblicazione della Certosa, diede alle stampe la Storia della pittura in Italia e Roma, Napoli e Firenze, del 1817, poi la Vita di Rossini del 1823, seguita dalle Passeggiate romane e Vanina Vanini del 1829, oltre a due Cronache italiane del 1837: Vittoria Accoramboni e I Cenci.
Ma se, anche per il libro del miracolo, Stendhal ha avuto dunque bisogno di un dato esterno e reale da cui procedere, la novità rispetto a quanto da lui precedentemente scritto è che questa volta, al servizio di una immaginazione di cui egli dovette meravigliarsi per primo, la storia originaria gli sarebbe scoppiata tra le mani. Ecco perché, tranne al copista, chiude le porte a tutti. Ha paura che la sua vena si esaurisca, non vuole essere distratto forse neanche dal movimento della penna sul foglio, da quel momentaneo cambiamento di stato in cui il pensiero ‘pensato’ si trasforma, previa una pausa impercettibile (che forse lui teme), in pensiero ‘scritto’. E in queste condizioni di clausura compone un’opera destinata a smentire ogni preoccupazione di sterilità creativa, perché supera gli impedimenti, distrugge gli intralci, abolisce gli ostacoli, cresce e germoglia con la forza e la naturalezza di un giovane arbusto: come il querciolo piantato dalla marchesa del Dongo alla nascita di Fabrizio, e di cui ansiosamente suo figlio va a controllare lo stato di salute, assumendolo a simbolo del proprio.
L’ingresso del generale Bonaparte in Italia viene a richiamare alla mente delle popolazioni i grandi uomini da cui discendono e che da tempo reclamano successori alla loro altezza. Lo dicono le parole in apertura: “Il 15 maggio del 1796, il generale Bonaparte fece il suo ingresso in Milano alla testa del giovane esercito che aveva appena varcato il ponte di Lodi e reso noto al mondo che, dopo tanti secoli, Cesare e Alessandro avevano finalmente un successore.” Qualche riga più giù, l’azione dei francesi è indicata come quella capace di ridestare in pochi mesi “un popolo assopito”. Di fronte al carattere lento e grave di secoli di dominazione spagnola e austriaca, Stendhal sottolinea dunque come “i miracoli di coraggio e di ingegno di cui fu testimone l’Italia” l’avessero sottratta al suo torpore, e fa ricorso a un intero vocabolario che evoca la gioventù e la vita per descriverne gli effetti di “spensieratezza irragionevole”, di “allegria”, di “eccitazione”, di “oblio di tutti i pensieri tristi o anche soltanto giudiziosi” che succedettero a quell’avvenimento.
E’ stato da sempre osservato, e a ragion veduta, che con la Certosa di Parma Stendhal non più giovane scrive il romanzo della felicità e della gioventù. Ora, così come la dipinge, l’immagine della gioventù viene esaltata dal contrasto con quella della vecchiaia, e tali due categorie trovano appropriati rappresentanti in luoghi e personaggi ideati per simboleggiarle. Infatti, sullo sfondo onnicomprensivo del contrasto tra dominazione spagnola e austriaca da una parte, e liberazione ad opera di Bonaparte dall’altra, si stagliano i personaggi del marchese del Dongo e di suo figlio Ascanio, che agiscono da figure del vecchio, e quelle di Gina e di Fabrizio – non a caso figlio del tenente Robert (come Stendhal lascia discretamente intendere nel I capitolo) e non dell’incipriato e polverosissimo marchese del Dongo – che al contrario agiscono da figure del nuovo.
Nella Certosa, il potere tenta di far di Fabrizio una sua pedina, di usarlo contro il ministro della guerra e la sua affascinante compagna. Lo rinchiude nel suo luogo più temuto: le prigioni della torre Farnese. Fabrizio reagisce rimanendo in estasi dinanzi al crepuscolo aranciato dell’estesissimo panorama alpino che da Treviso va al Monviso. Compiacendosi della vista di Clelia in mezzo a tanta bellezza, eleva il suo animo a contatto con l’immensità, e solo due ore dopo si ricorda di essere in prigione. “Ma è una prigione, questa? E’ questo ciò che avevo tanto temuto?”, si domanda. E Stendhal si diverte a mostrarcelo ancora una volta ? e più che mai – frastornato a causa delle sue stesse emozioni: “Farei forse parte di quei grandi animi di cui l’antichità ha tramandato al mondo qualche esempio?”
I luoghi claustrali in cui Fabrizio, a contatto dell’abate Blanès prima, di Clelia poi, scopre il cielo, le stelle, l’amore e la felicità, preludono all’ultimo di tali luoghi, realmente claustrale, questa volta, e nel quale non ci saranno né l’abate, né Clelia, né, presumiamo, il paesaggio: la Certosa di Parma. Di questo edificio nominato per la prima volta nel terzo capoverso prima della fine del romanzo, nulla si sa se non che Fabrizio volle rinchiudervisi definitivamente dopo la morte del figlio Sandrino, e dopo quella di Clelia. Resta quindi da chiedersi quale sia il percorso che porta ad esso dalla torre di San Giovita passando attraverso la torre Farnese.
Ce lo spiega, forse, quel famoso querciolo di Fabrizio, aerea metafora vegetale del suo destino. Egli lo trova, un giorno, con un ramo spezzato (forse ad opera del fratello Ascanio? “Sarebbe certo degno di lui”, si dice, ma scarta immediatamente l’ipotesi: “Esseri così non capiscono le cose delicate: non gli sarà venuto in mente”). Si dispera. Cura il suo albero. Zappa la terra intorno. Poi nota che l’assenza di quel ramo ha rinvigorito la pianta, che ha paradossalmente contribuito al suo sviluppo. E si rende conto che ora essa è molto più robusta, e che nella crescita ha acquisito uno sbalorditivo slancio verso l’alto.
Sarà questa, in effetti, la sua sorte. Per lui, guidato dall’amore e dalla bellezza, l’affinamento delle qualità umane inizia all’interno della roccaforte del vecchio. Questa non soltanto si dimostra impotente contro la sua semplicità e la sua gioventù, ma, inaspettatamente, gli offre i mezzi per iniziare un percorso di maturazione spirituale. Una maturazione che non ha nulla a che vedere con la morale sociale, politica o religiosa, che Fabrizio sfida e addirittura insulta con le sue predicazioni e le sue arringhe alle folle rapite dalla sua parola e – non a caso – dalla sua semplicità. E che non gli impedisce di compiere, negli ultimi anni, un errore che Stendhal nomina con una strana formula, tale da sottolineare il carattere ancora e sempre giovane di Fabrizio: non lo chiama infatti “errore”, ma “capriccio di tenerezza”. Fabrizio vuole il suo figlioletto accanto a sé, forse per guardarlo e sentirsi liberamente guardato, compensando così indirettamente le conseguenze del voto di Clelia. Lo rapisce. Capriccio fatale, che comporta l’ultima accelerazione del romanzo. Tutto viene raccontato nella pagina finale in una precipitazione di avvenimenti funesti: dal rapimento alla malattia e alla morte di Sandrino, alla morte di sua madre, alla scelta della solitudine, alla morte di Fabrizio, alla morte di Gina.
Perduto Sandrino, perduta Clelia, Fabrizio non perderà se stesso. Rinuncerà generosamente e definitivamente a quell’ultimo simbolo del vecchio che è il danaro ? estremamente presente nel romanzo ? e, privo di tutto, si ritirerà nella Certosa di Parma. Certamente non in cima a un campanile: non ha più bisogno di sbalorditive verticalità per innalzare il suo animo. Non ha bisogno di luoghi ameni, non ha bisogno di cavalli e folli corse: non ha bisogno di niente. Neanche più della vita.
La porta della Certosa si chiude dietro Fabrizio e dietro Parma. E anche, coerentemente, il coperchio della bara.
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‘LA CERTOSA DI PARMA’, un capolavoro dettato in soli 52 giorni riassaporando l’avventura vissuta al seguito di Napoleone
Una meravigliosa storia italiana
di Daria Galateria
«Il più bel romanzo del mondo», come diceva Calvino (il più amabile, precisava Tomasi di Lampedusa), Stendhal lo dettò in cinquantadue giorni. «M. Beyle è scomparso», si stupiva la contessa di Montijo, nostalgica dell’ ospite grassoccio e spiritosissimo che animava i suoi giovedì, e i suoi balli (la contessa lo conosceva solo col suo vero nome, Beyle; del resto, non ne lesse mai una riga). In effetti Stendhal aveva dato ordine al portiere di dichiarare che il signor Console era a caccia, e di far passare solo il copista. Il 15 dicembre in ogni caso Stendhal andò dalla contessa, e raccontò alle sue due bambine la battaglia di Waterloo. «Para vosotras Paquita y Eugenia», annoterà nella Chartreuse, in calce alla battaglia «cubista» che ha cambiato per sempre lo sguardo su uno scontro bellico. Eugénie aveva 12 anni, una pronuncia castigliana, capelli fulvi, e era già un incanto celestiale di bellezza; fremeva a quell’ irresistibile racconto di Napoleone per bambini, sicché finì per sposare il nipote di quel mito, Napoleone III, e essere Imperatrice dei Francesi.
L’ idea della Certosa di Parma era venuta a Stendhal il 3 settembre 1838; ma cominciò a dettarlo il 4 novembre; a Natale, il romanzo era finito. All’ urgenza della dettatura risponde il ritmo del romanzo, che è un «prestissimo», con un’ aria da opera buffa, quel «misto di allegria e di tenerezza» del Matrimonio segreto di Cimarosa che lo aveva travolto nel 1800 – lo aveva potuto sentire ancora il 3 novembre, giusto due anni prima, nel benedetto soggiorno parigino che lo aveva strappato alla noia pestilenziale del consolato a Civitavecchia. Ma la mobilità «smisurata» del racconto è quella dell’ epica leggera e fantastica dell’ Ariosto; «leggevo l’ Ariosto a cavallo, scortando il generale Michaud», scriverà Stendhal, che al seguito di Napoleone era entrato a Milano, a Berlino, a Vienna e a Mosca. E’ dell’ Ariosto l’ epigrafe del romanzo: «Già mi fur dolci inviti a empir le carte / i luoghi ameni».
L’ Italia del ricordo investe Stendhal, in quei giorni in cui nasce la Chartreuse: «l’ invasione di luce» portata dall’ esercito napoleonico – ventenni al comando di un generale di 27, il più vecchio, si diceva, dell’ Armata d’ Italia – nella morosa Milano dal governo codino è anche la scoperta, per il diciottenne Stendhal, del sole, e le donne, l’ Opera, la passione, l’ energia, tutta una cristallizzazione del mito dell’ Italia. Era naturalmente il ritorno della sua giovinezza, e a 50 anni aveva certe precauzioni della nostalgia: il sublime costantemente sorvegliato dal comico. Italiana è comunque la cronaca da cui voleva trarre il «romanzetto» che sarà la Certosa: relazione scandalosa sull’ origine della grandezza della famiglia Farnese. «Courier aveva ragione», scriverà Stendhal riassumendo quel cinquecentesco pamphlet: «è grazie a una o più sgualdrine che le grandi famiglie romane hanno fatto fortuna» – Courier, ufficiale napoleonico nella campagna d’ Italia, era un ardente polemista che finì assassinato; Stendhal ci si incontrava al caffè Biffi a Parigi a mangiar «macaroni».
Negli anni in cui si annoiava nel suo «nido di rondine» di Civitavecchia, Stendhal aveva scoperto dei manoscritti italiani del Cinquecento, storie sanguinarie di vendette, incesti, adulteri che costituirono per lui un contraltare cupo, violento e elisabettiano alle scialbe tinte del romanticismo alla Walter Scott; ne trasse le Chroniques italiennes. Quella sui Farnese raccontava la carriera del giovane Alessandro, futuro papa Paolo III: un cardinale, «impaniato» dalla bella Vandozza Farnese dai costumi sfrenati, aveva favorito l’ adorato nipote della dama, Alessandro, portandolo a 25 anni alla porpora. Il giovane libertino aveva rapito una gentildonna; imprigionato perciò dal papa a Castel Sant’ Angelo, ne era evaso con una corda; poi per molti anni aveva vissuto nel vizio con una dama di nome Cleria. La Certosa diParma nasce, quel 3 settembre del 1838, quando Stendhal vede che può condensare la giovinezza di Alessandro Farnese, «uno degli uomini più felici del Cinquecento», con la sua propria giovinezza, e l’ epopea napoleonica, e il Risorgimento. Allora Castel Sant’ Angelo (e la fuga di Alessandro Farnese, e quella ancora più vivida di Benvenuto Cellini) si salda con altre prigionie, quella di Pellico specialmente; e la pittura rinascimentale (il romanzo vuole essere una trasposizione dell’ arioso, turbinante Correggio) ai neoclassici attardati di Roma e Milano, o a un romantico come Hayez.
Ferrante Pallavicino, un pensatore libertino decapitato come eretico nel 1644, diventa un personaggio accanto ai rivoltosi risorgimentali del ducato di Modena, lo staterello dispotico che sarà, nel romanzo, Parma. Tutte le fila di un intrigo in cui Stendhal precipita la memoria e il sogno della sua giovinezza e dell’ Italia, le sue passioni artistiche e musicali, e beninteso i suoi amori, sono riprese in questi giorni dall’ edizione Gallimard che i francesi hanno già definito «di referenza», e che è curata da un’ italiana, Mariella Di Maio. L’ incantevole Sanseverina, la zia di Fabrice, e Clélia dal «fascino singolare» resuscitano così tanti moti trapassati del cuore di Stendhal – la troppo vivace Angela Pietragrua, o l’ inattingibile Métilde Viscontini. Il 17 marzo 1839, leggendo sul Constitutionnel il brano della battaglia di Waterloo, già il grande e famoso Balzac aveva avuto uno stringimento al cuore, di gelosia. Vista dal giovane Fabrice Del Dongo, accorso a unirsi all’ esercito napoleonico, è una lunga sequenza tutta di percezioni isolate e incoerenti, campi stretti, tempi frammentati. Ma quando uscì La Certosa di Parma, Balzac scrisse sulla Revue parisienne ventisette pagine di puro entusiasmo; da 40 anni non si pubblicava nulla di simile. Stendhal, rientrato nella mestizia del Consolato, lesse l’ articolo ridendo di felicità; e si applicò a seguire i consigli che gli venivano da Parigi. Ma non riuscì a correggere troppo il testo, non voleva «elegantizzarlo».
Le «appoggiature» del Cimarosa e le effusioni del Correggio andavano espresse con vertiginose ellissi e tutta la secchezza del Codice Civile di Napoleone (ridestate da questa nuova traduzione di Annamaria Laserra, specialista del più asciutto Novecento). La Certosa del titolo è immaginaria, e compare nelle ultime pagine del romanzo a consegnare retrospettivamente al silenzio la stordita caccia alla felicità del giovane Fabrice. Le manovre della piccola corte – la Certosa è «il romanzo che Machiavelli avrebbe potuto scrivere» – costruiscono un modello impietoso, e di inarrivabile precisione, della politica – tutte le sue «furfanterie» si possono imparare in queste pagine, si incantava il reazionario Charles Maurras. Eppure ogni sapienza politica del conte Mosca – il Metternich?, chiedeva Balzac a Stendhal – è scompigliata dalla passione per la Sanseverina; la Sanseverina è colta impreparata dall’ amore per il giovane nipote; e Fabrice scopre la felicità in prigione, nella contemplazione della figlia del governatore, Clélia – il romanzo inventa allora tempi diversi, quelli, sospesi e accelerati, del cuore; i due innamorati devono imparare, attraverso le sbarre della cella, un nuovo linguaggio, di segni e messaggi cifrati, da lontano; perché l’ amore forse è davvero separazione, e è indicibile.
(14 gennaio 2004)
È da parecchio tempo che meditavo di dedicare un post (con proposta di dibattito) a Stendhal e alle sue opere, quindi quando ho ricevuto la mail di Cinzia TH Torrini con la quale mi segnalava l’imminente “messa in onda” su Rai 1 di una trasposizione televisiva (da lei diretta) de “La Certosa di Parma”, ho pensato che il momento fosse giunto.
Cinzia mi ha chiesto se fosse possibile segnalare la notizia, io le ho proposto un dibattito on line.
Dunque… la fiction andrà in onda su Rai 1 (il 4 e 5 marzo)… ovvero domenica e lunedì sera prossimi.
Segnatevi le date!
La mia proposta è di discutere della miniserie Tv, del romanzo e dello stesso Stendhal.
Alla discussione, compatibilmente con gli impegni, parteciperà anche la stessa Cinzia TH Torrini.
Dico “compatibilmente” perché in questi giorni Cinzia si trova in Francia, ospite di vari eventi stendhaliani e di presentazioni e proiezioni della miniserie.
Tornando al post…
Ho scritto parte della trama del libro. Non tutta, perché magari c’è qualcuno che il romanzo non l’ha ancora letto e preferisce che non venga svelata l’intera storia.
La fiction, è stata girata a Parma tra il maggio e il luglio del 2011, ha coinvolto centinaia di comparse vestite con splendidi abiti d’epoca.
Qualche informazione sul cast: il personaggio Fabrizio del Dongo è impersonato dall’attore Rodrigo Guirao Diaz, mentre il ruolo del conte Mosca è interpretato da Hippolyte Girardot.
L’attrice Marie-Josée Croze interpreta il ruolo di Gina (la Croze è un’attrice franco canadese che ha vinto a Cannes con il film “Le Invasioni Barbariche”; è stata anche attrice nel film “Munich” di Steven Spielberg o nello “Scafandro e la Farfalla” di Julian Schnabel). Nel ruolo di Clelia, invece, vedremo Alessandra Mastronardi (reduce dal successo delle fiction “Sorelle Fontana” e I Cesaroni).
Per favorire la discussione, come faccio spesso, ho posto alcune domande…
Le ricopio qui.
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1. Avete mai letto “La Certosa di Parma”? Se la risposta è negativa… pensate di leggere questo romanzo (prima o poi)?
2. Nel caso in cui l’abbiate letto, cos’è che vi ha colpito di più?
3. Quale ricordo (o emozione, o impressione), in particolare, è rimasto vivo nella vostra mente a seguito di quella lettura?
4. Quali sono gli “elementi di attualità” di questo libro?
5. Se doveste consigliarne la lettura a qualcuno… cosa gli direste?
6. Che ruolo ha avuto Stendhal, nella storia della letteratura?
7. Qual è l’eredità letteraria che ci ha lasciato?
Leggete con attenzione il post, soprattutto la nota di Cinzia TH Torrini sulla realizzazione del film.
Trovate anche:
– un video del “promo”
– un estratto dell’introduzione di Annamaria Laserra all’edizione de “La Certosa di Parma” pubblicata nella collana de “I grandi romanzi dell’Ottocento della Biblioteca di Repubblica” – Gruppo Editoriale L’Espresso (la Laserra è anche la traduttrice del testo)
– un articolo di Daria Galateria pubblicato su Repubblica (nel gennaio del 2004) in occasione dell’uscita del volume.
Per chi volesse acquistare il romanzo… ho proposto diverse edizioni.
Andate sul post e cliccate sulle copertine dei libri.
Insomma, gli ingredienti per una bella discussione ci sono tutti (almeno spero).
Il resto dipende dalla vostra partecipazione (che spero sia cospicua).
Vi aspetto.
E guardate il flim su Rai 1 (il 4 e 5 marzo).
Grazie in anticipo.
Stendhal è uno degli inventori del realismo moderno che introduce anche gli stati sociali mediocri, come quello della piccola borghesia in situazioni tragiche. Auerbach in Mimesis sostiene, non senza ragione, che nelle letterature classiche gli eventi tragici, o comunque seri, si svolgono sempre in una realtà sociale elevata. I personaggi umili si sottomettono ai nobili imitandone lo stile o, se si oppongono, come Tersite, vengono beffeggiati
“Tutta la bassa realtà, tutto quello che è quotidiano, deve essere rappresentato solo comicamente, senza approfondimento problematico. In tal modo si pongono però al realismo dei limiti molto ristretti, e, prendendo la parola realismo in un senso più preciso, si deve dire che allora non furono considerati seriamente nella letteratura le professioni e le condizioni ordinarie-mercanti, artigiani, contadini, schiavi-, la scena d’ogni giorno-casa, officina, bottega, campo-, la vita solita-famiglia, lavoro, pranzo e cena: in breve, il popolo e la sua vita” .
[Mimesis, v. I p. 38.]
Insomma “l’irruzione nel realismo del serio esistenziale e tragico” non comincia prima dell’Ottocento con Balzac, Flaubert e Stendhal, e questo ingresso “sta senza dubbio in legame strettissimo col movimento della mescolanza degli stili proclamato con la parola d’ordine “Shakespeare contro Racine”, e io ritengo che la formula stendhal-balzachiana, la mescolanza del serio e della realtà quotidiana, sia assai più decisiva, genuina e importante che non quella del gruppo di Victor Hugo, che volle congiungere il sublime col grottesco” .
[Mimesis, v. II, p. 254]
Auerbach fa dunque notare che in Flaubert, in Stendhal e in Balzac, si trovano “le due fondamentali caratteristiche del realismo moderno; dove vengono presi molto sul serio i fatti reali quotidiani d’uno stato sociale mediocre, la piccola borghesia provinciale…e i fatti consueti sono calati esattamente e profondamente in una determinata epoca storica contemporanea (l’epoca del regno borghese)… E’ in queste due fondamentali caratteristiche che, rispetto a tutto il precedente realismo, consiste la concordanza fra i tre scrittori”. Tuttavia Flaubert si distingue dagli altri due romanzieri per un aspetto importante: “ Molto spesso, e quasi di continuo, noi udiamo in Stendhal e in Balzac quello che lo scrittore pensa dei suoi personaggi e dei fatti…Tutto questo manca completamente in Flaubert” .
[Mimesis, v. II, p. 260]
Il realismo moderno dà grande rilievo alla natura delle passioni, e alla passione per eccellenza che è l’amore. Questo aspetto del resto non manca nella lettertura antica, anzi, si possono trovare corrispondenze anche abbastanza precise fra alcuni momenti della tragedia greca e certi episodi stendhaliani. Traggo un esempio dalla Medea di Seneca, nella quale si legge in filigrana quella di Euripide. Quando la nutrice fa notare alla sua pupilla:”Abiere Colchi, coniugis nulla est fides;/nihlque superest opibus e tantis tibi” (vv. 164-165), quelli della Colchide sono lontani, la lealtà del marito non esiste, di tanta potenza non ti rimane niente, la donna abbandonata ribatte: “Medea superest; hic mare et terras vides,/ferrumque et ignes et deos et fulmina ” (vv. 166-167), Medea rimane: qui vedi il mare e le terre, e il ferro e i fuochi e gli Dei e i fulmini. Ebbene questa battuta di Medea ha un’eco non solo nell’Antonio e Cleopatra di Shakespeare e in Webster , ma anche in Il rosso e il nero di Stendhal: la giovinetta Mathilde de La Mole, innamorata di Julien Sorel è combattuta da dubbi atroci , e pensa: “ Quali non saranno le sue pretese, se un giorno avrà il diritto di esercitare intero il suo potere su di me? Ebbene, dirò come Medea: in mezzo a tanti pericoli, mi resto Io! .
[Il rosso e il nero, cap. XIV.]
Il realismo di Stendhal consiste anche nella grande attenzione ai particolari “alle tracce, ai sintomi, alle coincidenze involontarie, che privilegia il dettaglio marginale, gli scarti, ciò che la coscienza abitualmente si rifiuta di raccogliere. Non è fuor di luogo situare in questo quadro Stendhal, la sua conoscenza puntiforme che connette il sublime con l’infimo…senza escludere che la traccia più oscura possa essere il segno del destino più luminoso” . [I. Calvino, Perché leggere i classici, p. 34]
I suoi personaggi cercano i segni. Fabrizio del Dongo nella prima metà di marzo, va a osservare un giovane castagno piantato dalla madre diciassette anni prima, alla sua nascita: “ebbene, se il mio albero ha delle foglie, sarà un segno per me. Anch’io devo uscire dallo stato di torpore in cui languisco in questo triste e freddo castello” . [La certosa di Parma, p. 34.]
“Fabrizio è uno che cerca di leggere i segni del suo destino, secondo la scienza insegnatagli dall’abate-astrologo Blanès, il suo vero pedagogo” . [I. Calvino, Perché leggere i classici, p. 149.]
Un maestro che educava il ragazzo dicendogli, tra l’altro : “Se tu non diventi un ipocrita, sarai forse un uomo”.
La Certosa di Parma uscì nel 1839 e si apre con la Milano napoleonica pervasa da un’atmosfera di allegria. Napoleone, il successore di Cesare e Alessandro, entra in città il 15 maggio 1796 e dà una scossa vitale a un ambiente dove “la licenza dei costumi era estrema, ma le passioni rarissime…i Milanesi del 1790 non sapevano desiderare nulla con energia” . L’arrivo dell’armata francese destò un popolo addormentato infondendogli emozioni profonde.
Il ritorno degli austriaci rimette in auge i tetri bigotti, dal grosso volto pallido, come il marchese del Dongo e il suo primogenito Ascanio. L’umanità è divisa in due razze: da una parte i personaggi pieni di vita, intelligenti, curiosi, originali, appassionati, come Fabrizio, sua madre e sua zia, dall’altra i mediocri e furfanti bigotti, collaborazionisti degli Austriaci. “E qui il conflitto, secondo le intenzioni di Stendhal, è tra quest’immagine della retriva Europa metternichiana e l’assolutezza di quegli amori senza risparmio di sé, ultimo rifugio degli ideali generosi di un’epoca sconfitta” . Si diceva prima che Stendhal dà grande spazio alle storie d’amore. L’ipergamia, l’amore per una donna più attempata o di condizione sociale più elevata, riguarda Fabrizio verso la sorella di sua padre (Una donna, bella, intelligente, affascinante del tutto diversa dal fratello bigotto: lo considerava “uno sciocco triste che sarebbe divenuto cattivo se ne avesse avuto il potere”) , Jiulien di Il rosso e il nero nei confronti di Mme de Rénal e Lucien (Di Lucien Leuwen, romanzo incompiuto ) per Mme de Chasteller.
Non manca del resto la dimensione politica. “Quello che fa della Certosa di Parma ” un grande romanzo “italiano” è il senso della politica come aggiustamento calcolato e distribuzione dei ruoli: col principe che mentre perseguita i giacobini si preoccupa di poter stabilire con loro i futuri equilibri che gli permettano di mettersi alla testa dell’imminente movimento di unità nazionale; col conte Mosca che da ufficiale napoleonico diventa ministro forcaiolo e cpo del partito ultra (ma pronto a incoraggiare una fazione di ultras estremisti solo per poter dar prova di moderazione distaccandosi da loro), e tutto questo senza esserne minimamente coinvolto nella sua essenza interiore” [I. Calvino, Perché leggere i classici, p. 152] .
Il conte Mosca della Rovere Sorezana è un seguace di Machiavelli, come gli altri politici del resto. A Ranuccio Ernesto IV, “sovrano assoluto di Parma, e, inoltre, uno dei principi più ricchi d’Europa” che avrebbe voluto vedergli assumere un’aria più grave, ebbe a dire: “Che importano a Vostra Altezza i miei modi, se io le riesco utile?” [La certosa di Parma, p. 105.] .
“Sempre più si allontana, procedendo nel romanzo, l’altra immagine stendhaliana dell’Italia come il paese dei sentimenti generosi e della spontaneità del vivere, quel luogo della felicità che s’apriva al giovane ufficiale francese al suo arrrivo a Milano” [I. Calvino, Perché leggere i classici, p. 152
] .
Un’ospite della madre di Fabrizio, nell’assenza del marchese bigotto, scappato nella villa sul lago. Le prime pagine del romanzo descrivono una vera e propria rivoluzione culturale scoppiata in un popolo “che si annoiava da cento anni” [La certosa di Parma, p. 11.] . Mi fa pensare al ’68. “C’era una sorta d’accordo miracoloso tra la massa di felicità e di piacere che fece irruzione in Milano con l’arrivo dei francesi e la nostra gioia di lettura”. [I. Calvino, Perché leggere i classici, p. 152]
Bellissimo post, Massimo. Sarò ben felice di rispondere alle tue domande nei prossimi giorni.
Guarderò con gusto il film diretto da Cinzia TH Torrini, in onda sulla Rai. Ho letto la sua nota relativa alla realizzazione del film e mi pare davvero molto interessante.
Tantissimi complimenti!
E’ un romanzo che solo apparentemente può sembrare d’avventure ed è stupendo e attualissimo.
Rispondo alle domande:
1. Avete mai letto “La Certosa di Parma”? Se la risposta è negativa… pensate di leggere questo romanzo (prima o poi)?
Letto, riletto più volte.
2. Nel caso in cui l’abbiate letto, cos’è che vi ha colpito di più?
Comme disse Balzac, La Certosa è il romanzo che avrebbe scritto il Macchiavelli se fosse vissuto a quell’epoca e fosse stato messo al bando dai poteri imperanti.
3. Quale ricordo (o emozione, o impressione), in particolare, è rimasto vivo nella vostra mente a seguito di quella lettura?
Ferrante Palla, un liberale condannato a morte in contumacia, un po’ vanesio, se non pazzo, e che del politico è esattamente l’opposto, con una fede incrollabile nel suo ideale, tanto da esser disposto a tutto, anche a sacrificare la vita. E’ innamorato della Sanseverina, anche se sa che questo sentimento sarà senza speranze, ma è egualmente felice, perché, come crede nei suoi principi liberali, crede anche fermamente nel suo amore. Da notare che questa figura, simpatica nelle sue vesti di Robin Hood, assume toni ridicoli, quasi a diventare una parodia della libertà e della giustizia, a cui solo chi non è savio di mente può credere come realizzabili, sembra dirci Stendhal.
4. Quali sono gli “elementi di attualità” di questo libro?
La ferma condanna della politica, che tutto piega alla ragion di stato e anche all’interesse personale.
5. Se doveste consigliarne la lettura a qualcuno… cosa gli direste?
E’ stato scritto due socoli fa, ma è tremendamente attuale.
6. Che ruolo ha avuto Stendhal, nella storia della letteratura?
Solo in apparenza un ruolo di transizione fra ‘700 e ‘800; Stedhal ha saputo cogliere le debolezze umane e sociali di un tempo che non è solo il suo, perchè esse si perpetuano da epoca immemorabile.
7. Qual è l’eredità letteraria che ci ha lasciato?
Ciò che ha scritto ci accompagna, un’ombra che non solo ci segue, ma anche ci precede.
Post molto stimolante. Amo molto Stendhal. Credo che sia uno degli autori che tutti dovrebbero leggere.
“La Certosa di Parma” è un capolavoro assoluto. E’ un romanzo completo, che offre diverse chiavi di lettura.
E’ anche un romanzo che mantiene inalterato molti elementi di attualità.
In bocca al lupo a Cinzia TH Torrini per il film Rai del 4 e 5 marzo. Lo seguirò senz’altro.
Ho sempre pensato che la notizia dei tempi di realizzazione della Certosa di Parma da parte di Stendhal in 52 giorni fosse una sorta di leggenda. Per quel che ne sappiamo Stendhal non era velocissimo nella realizzazione dei suoi libri.
Che già allora si pensasse ad azioni di marketing?
Dire che un libro corposo e dalla trama fitta ed impegnativa come la Certosa lo si realizza in meno di due mesi è una cosa che colpisce alquanto.
In ogni caso conta il risultato, che a mio avviso è ottimo.
Ho visto le altre fiction di Cinzia TH Torrini. Tutte molto belle. A maggior ragione non mi perderò questa, che è pure tratta da un romanzo che ho amato molto.
Qualche curiosità: tra i traduttori della Certosa ci sono anche Maurizio Cucchi (trad. del 2008) e Gianni Celati (trad. del 1993)
Ah, dottor Maugeri! Che trovata questa di parlare del libro a partire non dal cinema ma dalla televisione!
Dovrebbe accadere più spesso questo connubio tra i classici e il più ampio pubblico televisivo!
Si sarebbe incuriositi a ritornare a queste letture, mio caro.
E dunque vedrò con interesse questo bel programma.
Frattanto (ma tornerò più tardi sull’argomento) mi sia dato dire che “La certosa di Parma” è libro in cui ci si interroga sull’amore, sull’amore totale, quello che infuoca e ammutolisce per tutta la vita.
Ora mi attende la passeggiata per la via Etnea e devo approfittare di questo bel sole che mi riscalda.
Ma ripeto…tornerò anche per mettere in luce talune unioni tra quest’opera e “Il Rosso e il nero”.
Vi lascio con questa frase suprema, ove appunto ci si interroga sull’amore…
« “Ma non è curioso” si diceva a volte, “che io non riesca proprio a provare quell’esclusiva e appassionata ansietà che la genta chiama ‘amore’? Tra tutte le relazioni che mi è capitato di avere a Novara o a Napoli, mai ho incontrato una donna la cui presenza, finanche nei primi tempi, mi sembrasse preferibile a una bella passeggiata su un cavallino nuovo! Ma non sarà una menzogna, ciò che chiamano amore? Sì, certo, io di amare amo: così come ho appetito verso le sei! Non sarà questo bisogno un po’ volgare, ciò che tanti bugiardi avrebbero fatto passare come l’amore di Otello, l’amore di Tancredi? Oppure mi devo considerare diverso dagli altri? Devo pensare che il mio animo manchi di passione? Ma perché? Certo, sarebbe proprio uno strano destino!” »
Vostro affezionato
Professor Emilio
brava la regista, che ho già seguito in altre fiction. bello riportare in auge la certosa, meno nota di altre opere. si tratta di un libro dettato e non scritto, uscito fuori da una clausura forzata e sull’onda dell’emozione. ma è anche un manuale introspettivo sulla nascita del sentimento, sulle evoluzioni che costringono a interrogarci. forse è il più attuale dei romanzi di stendhal.
Carissimo Massimo,
complimenti! Una meravigliosa iniziativa questa della tv e della letteratura! Il libro l’ho letto tanti anni fa e seguirò la fiction per vedere in che modo è stato realizzato.
Una domanda alla regista…quanto è difficile oggi proporre i classici in televisione e al cinema?
Un abbraccio
Renata
Altro argomento di grande interesse. Ah, la Certosa di Parma! Che Romanzo! (la r e’ doverosamente maiuscola). Un romanzo dove emerge anche l’amore e l’interesse di Stendhal per l’Italia. Mi fa piacere che la Rai sia stata disponibile a realizzare il film. Complimenti alla regista Torrini. Seguiro’ in TV.
Ho letto tutti i libri di Stendhal. La Certosa e’ di certo il piu’ avvincente. Bellissimo l’affresco storico, la descrizione dei luoghi, la caratterizzazione dei personaggi. Sono curiosa di vedere come il romanzo e’ stato trasposto in film.
Concordo con chi ha detto (credo di averlo letto tra i commenti) che occasioni come queste sono perfette per riproporre la lettura di grandi classici, soprattutto oggi in un periodo in cui le librerie sono straripanti di “nuove uscite” di cui tra qualche anno non avremo memoria.
Necessario dunque tornare ai classici. E la Certosa di Parma rientra nel nugolo dei grandi classici. Benvengano iniziative come questa.
Sono rimasto colpito, leggendo la nota di Cinzia TH Torrini, dalla notizia sui tempi di realizzazione del film: 52 giorni, gli stessi che ha impiegato Stendhal per scrivere il romanzo.
Domanda: pura coincidenza, o scelta scaramantica?
Ed eccomi a lei, mio buon Maugeri, e ai personaggi de “La Certosa”.
Come le dissi si tratta di un romanzo sul sentimento amoroso, sui suoi misteri, sul potere, sul mondo che cambia.
Mi pare che nel romanzo un posto preminente abbia la zia del protagonista (Fabrice)deliziosa di trent’anni, modello d’impertinenza e di seduzione, votata alla felicità ed irriducibilmente libera e diventata duchessa Sanseverina in seguito ad un matrimonio d’interesse combinato dal conte Mosca, primo ministro della minuscola corte di Parma , e suo spasimante).
Grazie a lei Fabrice inizierà una carriera brillante ecclesiastica che lo porterà fino all’arcivescovato di Parma.
La Sanseverina è donna di incantamenti, che ama il nipote e ripropone il tema dell’amore ipergamico (ossia forte differenza di età tra gli amanti, dato che una “donna di trent’anni” nell’800 era una donna “matura”) di chiara origine russoiana (M.me de Warens) che già Stendhal ci aveva proposto ne Il rosso e il nero (M.me de Rênal – Julien Sorel) .
Una figura che ha sempre sedotto schiere di lettori e critici letterari…
…La grande passione della Sanseverina è il suo sentimento per Fabrice, che è più di un amore incestuoso, pur essendo certamente anche questo, in quanto implica il desiderio di trovare un sostegno spirituale in un’altra persona e in tal modo ricostruirsi un’esistenza.
In virtù della forza di un altro essere essa vorrebbe tornare alla condizione della sua giovinezza, non per dominare Fabrice ma per entrare in comunità spirituale con lui.
Essa ne ammira la generosità, l’impetuosità, la gaiezza, la passione – e una certa mancanza di scrupoli e di pietà nel conquistarsele.
Nel disegnare il personaggio con un’affettuosità di cui è difficile trovare l’uguale in letteratura, Stendhal ci lascia capire che dovunque la passione sia piena e vitale, la moralità ne soffre un po’.
La Sanseverina sembra oltrepassare spesso i confini della morale; ma questo non avviene perchè voglia alterarne i valori, ma perchè è capace di una carica amorosa che tutto travolge, un’esperienza totalizzante e senza barriera.
Possiamo restarne scandalizzati, ma chi di noi non vorrebbe vivere una passione senza freno, senza notti, tutta colma di piaghe e ferite, vivida come qualcosa che ti resuscita, che ti dà il senso di te e di ciò in cui credi e ti specchi?
Io l’ho vissuta e le dico, mio caro dottor Maugeri, che per mia moglie avrei abbattuto ogni barriera se ce ne fossero state.
Non ce ne furono, per fortuna nostra…ma chiediamoci: e se la persona amata fosse di altri, o appartenesse ad altro e noi comunque la riconoscessimo come nostra, come a noi promessa?
Sapremmo davvero rinunciare?
E con questa riflessione vi lascio, pago di avervi detto che ciò che accade in letteratura ci è più vicino di quanto possiamo immaginare.
Vostro meditabondo
Professor Emilio
No, caro professor Emilio…forse non sapremmo rinunciare…ma certo sarebbe bello vedere cosa ne pensa la nostra regista.
Una buona notte con molta simpatia
Renata
Vorrei sapere se è già uscito o uscirà anche la colonna sonora, composta dal bravissiomo Savio Riccardi, davvero emozionante e coinvolgente della fiction che andrà in onda su rai 1.
Grazie mille Donato .
@Giovanni Ghiselli= bellissimi tutti i tuoi interventi sulla Certosa: li ho letti attentamente. Grazie, sono davvero illuminanti.
Ho letto solo pagine scelte di questi testo, ma avevo visto l’altra edizione televisiva, quella in cui Fabrizio de Dongo era Andrea Occhipinti: una bellissima edizione. Non perderò nemmeno questa.
Un autore, Stendhal, che quando mai “manca di immaginazione”? Cosa si vuole intendere? Anche Shakespeare si è ispirato a un fatto realmente accaduto per il “Romeo e Giulietta” e l’ha ambientato in Italia. Che c’entra la mancanza di immaginazione?
Bravo @Massimo per questo splendido post!
Che bello! Il mio amato Stendhal! La Certosa. Non sapevo della fiction su Rai uno. Grazie per avermela comunicata con la newsletter. Non me la perderò di certo. E grazie per questo splendido post.
La Certosa di Parma e’ uno dei grandi classici che non ho mai letto. Lo leggero’ al piu’ presto, probabilmente lo acquisterò lunedì. Pero prima vedrò il film-tv alla Rai.
«Ma è una prigione, questa? È questo ciò che avevo tanto temuto? […] Come mai, io che avevo tanta paura della prigione, adesso sono dentro, e mi scordo di esser triste?»[3]
(quando Fabrice è imprigionato ma riesce a vedere Clelia da una finestra)
Il fascino di questo romanzo di Stendhal è la trasposizione netta e concisa dell’unione di due amori paralleli e ben diversi tra di loro. Il primo verso la bellezza matura ed intrigante della Duchessa Sanseverina “Gina” una prospettiva alquanto simile a ciò che lo stesso Stendhal narrò nel romanzo “Il Rosso e il nero”; in questo primo rapporto relazionale emerge il concetto palese e conciso di amore ipergamico, anche se strano ai nostri occhi, dato che la visione di donne trentenni all’epoca era frutto di una maggiore maturità sessuale rispetto alla concezione attuale dell’accezione. Il secondo rapporto da un certo punto di vista gioca di più in quel che a rigor di logica è da intendersi “il vero amore” almeno per quel che io ho potuto intendere; un amore travagliato e sofferto che però originerà la nascita come simbolo della rinascita. Un segno che però decadrà a causa della morte del piccolo. Due amori paralleli ma ben diversi, che giocano nell’attuale come elemento di paragone contrastante che affiorerà la forma romanzesca della passione e degli intrighi.
Caro Massi
stasera guarderò certamente “La certosa di Parma” perchè ho sempre amato molto Stendhal!
E’ un autore che non parla mai solo dell’uomo ma dell’uomo nel cuore del suo tempo, perchè mette in luce un nesso sotterraneo e misterioso tra la sua formazione e la società in cui vive.
Lo aveva già fatto con Julien Sorel, ne “Il rosso e il nero”, ma qui attua questo collegamento con più potenza: il libro infatti si apre con quello spettacolo della battaglia di Waterloo, innanzi alla quale Fabrizio resta perplesso, incredulo, incapace di decifrare gli avvenimenti.
Stendhal era un amante della matematica e ne amava proprio la certezza, il fatto di dare risposte esatte, discendenti da premesse logiche e ineludibili.
Di contro, la realtà era sempre sofferta e sottoposta a mille influssi, fattori, umori e per decifrarla era forse necessario altro: la scrittura.
Così, per superare quello smarrimento innanzi a una battaglia sanguinosa, in cui il nemico si confondeva con la vittima, e le ragioni della guerra (se mai esistono ragioni valide) sfumavano tra il dolore e il sangue, Stendhal scrive.
Quest’atto nato per mettere ordine, per trovare un senso al caos, alla paura, allo stordimento degli eventi è un atto già da uomo moderno, quasi del novecento.
Narrare un tempo incerto, inquieto. Restarne trafitti, straniti.
Decodificarlo – in mancanza delle regole certe della matematica – con le parole.
Bravo Stendhal….
Di Stendhal è molto bello anche “La badessa di Castro”, romanzo che ho letto durante gli anni universitari e che è quasi un preludio a “La certosa di parma”. Anch’esso ambientato in Italia, tra il lago Albano e la foresta di Fajola, narra la storia tormentata tra una fanciulla costretta a farsi suora e un brigante.
Torna dunque il tema della prigionia in vesti e ruoli che non si sentono propri. E l’esigenza della scrittura come ricerca di senso.
Anche da questo libro è stata tratta una fiction televisiva! Si chiamava “Il falco e la colomba”…
Sarebbe bello dalle immagini della Tv trasmigrare poi alle parole, e da esse alla ricerca originaria di significato delle nostre esistenze, del mistero che tutti ci cinge.
Buona domenica!
Buona giornata a tutti. Come dicevo, bellissimo dibattito. Ho letto tutti i vostri interventi e…… mi sento più ricca.
Le domande e le mie risposte.
1. Avete mai letto “La Certosa di Parma”? Se la risposta è negativa… pensate di leggere questo romanzo (prima o poi)?
Ho letto “La Certosa di Parma” hai tempi della scuola. L’ho poi riletto una decina d’anni dopo. Adesso mi vien voglia di procedere ad una terza lettura.
2. Nel caso in cui l’abbiate letto, cos’è che vi ha colpito di più?
La ricchezza della trama (altro che mancanza di fantasia), la caratterizzazione dei personaggi e le bellissime ambientazioni.
3. Quale ricordo (o emozione, o impressione), in particolare, è rimasto vivo nella vostra mente a seguito di quella lettura?
Ricordo benissimo la parte iniziale del romanzo e di come sia rimasta catturata e desiderosa di continuare la lettura. Non è una cosa che mi capita sempre.
4. Quali sono gli “elementi di attualità” di questo libro?
Come ha scritto Renzo Montagnoli, la ferma condanna della politica. Aggiungerei anche il desiderio di amare e coma la vita a volte sia crudele. Tema “di sempre”, questo.
5. Se doveste consigliarne la lettura a qualcuno… cosa gli direste?
Direi questo. Siamo tutti di corsa. Il tempo libero a disposizione dobbiamo frazionarlo in miriadi di attività. Dobbiamo selezionare le nsotre letture, ma questo è un libro che non può mancare nel nostro personale bagaglio di pagine sfogliate e lette.
6. Che ruolo ha avuto Stendhal, nella storia della letteratura?
Fondamentale. E’ uno degli autori che primeggia a livello internazionale. Uno dei pochissimi Grandi.
7. Qual è l’eredità letteraria che ci ha lasciato?
Storie complesse, forti, che mantengono immutate la loro forza e la lorro attualità. Un’eredità di rara bellezza.
Caro Massimo, è la prima volta che intervengo e sono un po’ emozionata, ma il rapporto tra fiction e letteratura è una mia vecchia passione e per questo trovo il coraggio di dire la mia.
Penso che si tratti di un veicolo importante per stimolare la lettura dei classici e vorrei ricordare ai lettori del tuo bellissimo blog che agli inizi della storia del cinema si attingeva regolarmente alla letteratura.
Vorrei ricordare anche un esperimento ben riuscito di qualche tempo fa…e cioè il debutto alla regia televisiva di Francesca Archibugi con il film tv Renzo e Lucia, innovativa trasposizione del romanzo. Si intitolava :”Questo matrimonio s’ha da fare”…
Complimenti per la tua opera di instancabile divulgatore.
Ma sei anche un bravissimo scrittore (ho letto il tuo Viaggio all’alba del millennio, bravo!). Angela di Chieti
Bravo Massimo. Mi piacerebbe sapere se Cinzia Torrini interverrà! Avrei tante cose da domandarle!
Caro Massimo,
davvero complimenti per questa iniziativa!
E tra le fiction TV nate dalla letteratura come non ricordare Maigret e il suo interprete, Gino Cervi?
Infatti, per quei pochi che non lo sanno, il grande attore bolognese, interpretò per la RAI dal 1964 al 1972, quattro serie de “Le inchieste del commissario Maigret”, ispirata ai romanzi dello scrittore belga Georges Simenon, per la regia di Gino Landi e con la partecipazione nel cast di produzione tra gli altri, di Andrea Camilleri.
Qui Gino Cervi, al fianco della bravissima Andreina Pagnani nella parte della premurosa Signora Maigret, sempre in attesa del marito, è semplicemente perfetto. Lo è nel fisico, grosso ed imponente, e nel carattere, umano e al tempo stesso severo e bonario.
Così ancora adesso, se prendo in mano un giallo di Simenon, mi si materializza immediatamente l’immagine di Gino Cervi vestito con il cappotto di velluto, con la sua andatura pesante, mentre fuma la pipa, mentre cammina per Parigi dirigendosi all’ufficio al 36 di Quai des Orfèvres o magari alla brasserie Dauphine, a mangiare qualche panino o sorseggiare il suo calvados, con la canzone di Luigi Tenco “Un giorno dopo l’altro”, sigla di una della serie tv.
A proposito….
da “Maigret”, Georges Simenon (Adelphi, 1998):
“Maigret accese la pipa, lasciò che il fiammifero bruciasse fino in fondo e poi si alzò chiamando: “Cameriere!”. Ritto in mezzo alla sala con la sua mole imponente, aspettava il resto guardandosi tranquillamente attorno. “Dove andiamo?” gli chiese Philippe quando furono usciti. Maigret si voltò a guardarlo come se fosse stupito di trovarselo davanti. “Tu vai a dormire” rispose. “E tu zio?’”. Il commissario alzò le spalle, si ficcò le mani in tasca e si allontanò senza rispondere. Aveva trascorso una delle peggiori giornate della sua vita. Per tutte quelle ore, seduto nel suo angolo, si era sentito vecchio e rammollito, privo di risorse e di idee. Ma adesso dentro di lui era scattato qualcosa, si era accesa una fiammella. Doveva approfittarne subito…”
Ma certo che ho letto la “Certosa di Parma”!
ti riporto qualche pezzo, caro Massimo…
………”Quando Fabrizio ebbe fatta la prima comunione, la contessa ottenne dal marchese, tuttavia esule volontario, il permesso di farlo di tanto in tanto uscir di collegio. Lo trovò originale, spiritoso, serio, bel ragazzo, tale insomma da non sfigurar nel salotto d’una signora alla moda: ma ignorante quanto si può dire e capace di scrivere a mala pena. La contessa, ch’era entusiasta per indole e che tutto con entusiasmo faceva, checché facesse, promise la sua protezione al direttore del collegio se Fabrizio con rapidi progressi stupefacenti ottenesse alla fine dell’anno scolastico molti premi. Per dargli modo di meritarseli, lo mandava a pigliar tutti i sabato sera, e spesso non lo rimandava ai suoi professori che il mercoledí o il giovedí. I gesuiti, quantunque svisceratamente cari al principe viceré, erano dalle leggi del Regno espulsi dall’Italia; il superiore del collegio capí subito che vantaggi avrebbe potuto trarre dalle relazioni con una donna onnipotente alla Corte. Non pensò neppure a dolersi delle assenze di Fabrizio che, piú ignorante che mai, alla fine dell’anno ebbe cinque premi. A questo patto la brillante contessa Pietranera col marito generale comandante una divisione della guardia, e cinque o sei alti dignitari della Corte del viceré, venne ad assistere alla distribuzione dei premi nelle scuole della Compagnia di Gesú. Il rettore ebbe da’ propri superiori un encomio…….”
“….La contessa si menava dietro il nipote a tutte le feste per il cui splendore andò famoso il troppo breve governo del principe Eugenio: l’avea di sua autorità promosso ufficiale degli usseri, e Fabrizio a dodici anni vestiva quella divisa. Un giorno, innamorata del suo bel portamento, chiese per il nipote un posto di paggio: il che avrebbe significato che i Del Dongo facevan atto d’adesione al governo; ma il giorno dopo le fu necessario tutto il credito di cui godeva per ottenere che il viceré dimenticasse la domanda alla quale mancava nientemeno che il consenso del padre del candidato: consenso che sarebbe stato indubbiamente e clamorosamente negato. In seguito a quella spensieratezza che lo fece fremere, l’imbronciato marchese trovò un pretesto per richiamare il piccolo Fabrizio a Grianta. La contessa aveva un sommo disprezzo per suo fratello: lo considerava come un triste imbecille che sarebbe anche stato malvagio se lo avesse potuto: ma era innamorata del ragazzo, e dopo dieci anni di silenzio scrisse a suo fratello per ridomandargli il nipote: la lettera non ebbe risposta…..”
“…..La marchesa rimase colpita della leggiadria e della garbatezza di quel suo figliuolo: ma aveva conservato l’abitudine di scrivere due o tre volte l’anno al generale conte d’A…., nome attuale del tenente Roberto: non sapeva mentire con le persone cui era affezionata: interrogò il ragazzo e fu spaventata da tanta ignoranza.
«Se pare poco istruito a me, che non so nulla, — diceva fra sé — Roberto che è cosí dotto giudicherà la sua educazione completamente fallita: e a’ giorni che corrono qualche merito bisogna farselo.» Un altro particolare che la sbigottí pure fu che Fabrizio prendeva sul serio tutto ciò che in materia di religione gli avevano insegnato i Gesuiti. Quantunque molto pia, il fanatismo di quel ragazzo la faceva fremere. «Se il marchese se ne accorge e considera quanta influenza può esercitare per questa via sull’animo di Fabrizio, arriva a togliermene l’affetto.» Pianse molto e il suo amore per Fabrizio si fece piú forte….”
Aspetto di vedere come le parole prendano vita in tv!
A stasera!
Sono da sempre un appassionato dei rapporti tra cinema e letteratura.
Infatti il cinema, fin dalla nascita, ha mostrato di non poter prescindere da altre arti, e in particolare dalla fotografia (di cui è diretto discendente), dal teatro, dalla musica e soprattutto dalla letteratura. Brunetta ha giustamente definito il cinema come una «biblioteca dell’italiano medio».
Qualche riflessione sui rapporti tra immagini (fiction o cinema) e letteratura…….
Pochi scrittori italiani del primo Novecento si sono sottratti al fascino della decima musa (così viene spesso, gergalmente, denominata l’arte cinematografica). Verga, D’Annunzio, Gozzano, Pirandello e moltissimi altri hanno collaborato più o meno intensamente alla realizzazione di
sceneggiature per il cinema muto, taluni con entusiasmo (D’Annunzio), altri con vergogna, quasi tutti soltanto per i facili guadagni: «Vi prego, vi scongiuro, non dite mai che io abbia messo le mani in questa manipolazione culinaria delle mie cose», scrive Verga a una sua amica.
L’importanza della fonte letteraria non è stata intaccata dall’avvento del
sonoro, al punto che il primo film parlante italiano, La canzone dell’amore, 1930, di Righelli, è tratto (con felice antifrasi) assai liberamente dalla novella In silenzio di Pirandello. Ancora oggi, i soggetti originali sono in percentuale minoritaria, rispetto a quelli tratti da romanzi, drammi o novelle. E questo è curioso: il cinema per certi aspetti si pone come linguaggio autonomo – talora addirittura linguaggio-guida, nella civiltà dell’immagine – e tuttavia non riesce a prescindere dall’altro da sé, nella consapevolezza che la costruzione di una storia
è impresa complessa e fondamentale, nella riuscita di un film, e che quindi una falsariga narrativa è spesso quasi indispensabile.
Ma il rapporto tra cinema e letteratura è, come si sa, biunivoco, tanto che
alcune tecniche narrative originariamente cedute dalla seconda al primo, le vengono successivamente restituite sotto altra forma (basti pensare al flashback: per un aurorale esempio di flashback letterario si ricordi il racconto di Ulisse ai Feaci, nell’Odissea).
Gentili Signori/e, entro timidamente in questo blog, ma sinceramente leggendo i vostri post, sento anche io di amare sempre di più questo romanzo e adesso che riportate alcune frasi del romanzo, davanti a me ormai si visualizzano i volti e i luoghi che ho descritto con le immagini. Premetto subito che dal momento che sono iniziate le riprese fino ad oggi il romanzo l’ho messo da parte per cercare di essere libera di immaginare ed interpretare… C’è stato un grande lavoro di sceneggiatura per condensare, senza perdere “niente”, in duecento minuti. LA Certosa di Bolognini erano trecentosessanta minuti.Ho letto alcune domande e cerco di rispondere. Abbiamo girato in 52 giorni, ma è stata una casualità. Mi è stato fatto notare molto dopo. Ho scoperto che un classico lo puoi filmare e rifilmare eppure sarà sempre diverso perchè essendo universale c’è sempre la possibilità di identificazione…. Per chi non avesse ancora il libro, il quotidiano QN (Carlino, Nazione e Giorno) lo vendono con il giornale. E’ la traduzione su cui anche noi abbiamo lavorato per scrivere la sceneggiatura.
Savio Riccardi è il musicista con cui io ho fatto tanti film, Piccolo Mondo Antico e anche Elisa di Rivombrosa. Spero che la Rai metta le musiche su itunes. Augurandovi una buona visione, ci “parleremo” domani dopo la prima puntata in attesa della seconda….!
@ Cinzia TH Torrini
Ho avuto modo di apprezzare gli altri suoi lavori. Vedrò con grandissimo piacere anche La Certosa di Parma, di cui confesso di non aver letto il libro.
Sto guardando la fiction. E’ davvero strepitosa. I piu’ sinceri complimenti.
Tutto perfetto, secondo me. Bravissima Cinzia TH Torrini. In questo momento c’è Fabrizio del Dongo che sgroppa su un cavallo bianco.
Bellissime anche le musiche. Cast eccezionale.
E bellissimi anche i costumi. Finisco di vedere la fiction. Mi piace molto l’interpretazione della Sanseverina. Ma bravi tutti.
Povero Stendhal! Solita solfa di sesso.
Nella sua nota la regista ha scritto : “Ho girato scene d’amore non convenzionali chiedendo agli attori di interpretare la sensualità senza tecnica e azione diretta. Così facendo sono riuscita ad ottenere il risultato più erotico della mia carriera”.
Dal mio punto di vista il risultato è stato ottimo. Sono d’accordo con quanto scritto da Annalisa.
Tanti complimenti alla Torrini per la regia. Aspetto la seconda parte.
Provo a lasciare commenti da più di un’ra, ma non appaiono. Che succede?
Ah, questo è comparso.
Chiedo scusa. Probabilmente saranno miei problemi di connessione. Mi sono persa i primi cinque minuti del film, ma poi ho visto tutto. Anche a me è piacuto molto. Non faccio considerazioni tecniche, perchè non sono una tecnica e dunque rischio di dire stupidaggini. Ma ho passato una bella serata e domani aspetto la seconda puntata.
Complimenti a Cinzia Th Torrini. Ottima la prima puntata. Avevo già visto questo speciale che vi consiglio http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-c0ac7ebf-31f5-4e2c-9f3c-39f97db64a08.html
Ciao. Solo due parole per dire che vedendo la fiction mi e’ venuta voglia di leggere il libro, che finora non avevo mai letto.
Ho visto la prima puntata della Certosa di Parma. Mi e’ parsa davvero di grande qualità. Dunque aggiungo anche i miei complimenti rivolti alla sig.ra Torrini e a tutto il cast. Splendidi anche gli scenari ed i costumi. Buon ritmo. Stasera ovviamente il prosieguo.
Ciao. Mi sono persa la prima puntata della Certosa. Sapete se ci sono versioni disponibili sul web?
Ciao Alessandra. La risposta è sì. La prima puntata della “Certosa di Parma” è disponibile sul sito della Rai http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-63adb7d1-6ac8-4b11-8079-862ec68bdf9e.html
Grazieeeeee!
Prego!
Devo dire che la fiction a me è piaciuta molto. Mi è piaciuto l’adattamento della Torrini. Insomma le mie aspettative sono state soddisfatte. Spero che anche per il futuro la Rai si renda disponibile per altre trasposizioni di classici della letteratura. Oltretutto è un buon modo per promuovere la lettura dei classici. sono sicura che c’è tanta gente che, dopo aver visto il film, avrà voglia di leggere il libro.
Buongiorno. Mi accodo alle impressioni positive manifestate dagli altri commentatori. E sono d’accordo con Serena, nel senso che grazie alla fiction molta gente riprenderà in mano anche il romanzo di Stendhal. A stasera, dopo la seconda puntata.
Complimenti veramente per aver finalmente compreso che non tutte le persone gradiscono argomenti ,romanzi ,storielle via dicendo insulse e prive di sostanza , e si sia tornati a qualcosa di mentalmente concreto per la crescita dell’individuo. Spero che tutto ciò proseguirá ne tempo . Marilù
sono molto rammaricato, ma ieri non sono riuscito a vedere la fiction. spero di riuscire a vederla on line. in ogni caso stasera vedrò la seconda puntata.
Cari amici, grazie per i numerosi messaggi e contributi che avete lasciato…
@ Cinzia TH Torrini
Cara Cinzia, grazie per essere intervenuta. Benvenuta a Letteratitudine!
E complimenti per la prima puntata di ieri che, come vedi, ha riscontrato buon successo.
Attendiamo, dunque, di vedere insieme la seconda e ultima puntata della miniserie che andrà in onda stasera su Rai Uno… e poi magari ne riparleremo.
Ne approfitto per salutare e ringraziare tutti gli amici che sono intervenuti su questo post, a partire da: Giovanni Ghiselli, Amelia Corsi, Renzo Montagnoli, Filippo, Antonella Di Martino, prof. Emilio, terzo anno di lettere moderne, Renata Mangiagli…
Ancora saluti e ringraziamenti per: Donato, Roberta, Ferdinanda Scifo, Lucrezia, Francesco Russo, Simona Lo Iacono (ciao, socia!), Amelia Corsi…
E grazie mille anche a: Angela, Stefano, Ines Colonna, Gioia, Riccardo G., Ruggero, Annalisa, Giò, Maria Rastelli, Ferdinanda Scifo, Valentina Caruso, Alessandra, Serena Festa, Marilù, Giacomo Tessani.
Spero di non aver dimenticato nessuno. Nell’eventualità, vi prego di scusarmi.
Se non sbaglio, qualcuno di voi è intervenuto su questo blog per la prima volta.
Ai nuovi arrivati: un caldo benvenuto a Letteratitudine!
Ne approfitto per ricordarvi che stiamo discutendo della miniserie Tv di Cinzia TH Torrini, ma anche del romanzo “La Certosa di Parma” e della figura di Stendhal.
Dunque, mi permetto di riproporvi le domande del post…
1. Avete mai letto “La Certosa di Parma”? Se la risposta è negativa… pensate di leggere questo romanzo (prima o poi)?
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2. Nel caso in cui l’abbiate letto, cos’è che vi ha colpito di più?
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3. Quale ricordo (o emozione, o impressione), in particolare, è rimasto vivo nella vostra mente a seguito di quella lettura?
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4. Quali sono gli “elementi di attualità” di questo libro?
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5. Se doveste consigliarne la lettura a qualcuno… cosa gli direste?
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6. Che ruolo ha avuto Stendhal, nella storia della letteratura?
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7. Qual è l’eredità letteraria che ci ha lasciato?
Ancora grazie per la vostra generosa partecipazione!
Auguro a tutti voi buona visione della seconda puntata di “La Certosa di Parma” di Cinzia TH Torrini (stasera, su Rai Uno).
E, a tutti voi… una serena notte.
Cerco di rispondere alla quinta domanda.
5)Se dovessi consigliare la lettura del romanzo a qualcuno( a parte che comincerei dalla genialità dell’inimitabile stile e dell’espressione), gli direi che Stendhal, così come altri romanzieri suoi contemporanei, è un “mago”, appunto, non solo nello stile, ma nella descrizione delle passioni umane. Quindi: se ci si vuole “districare” nel labirinto e cercare di capire le ragioni del nostro comportamento, qui, forse, troviamo qualche risposta. Per esempio=ci si sposa per interesse, talvolta; oppure= si amano le persone impossibili( come la zia ama Fabrizio); i nostri ideali politici possono deluderci, se ci delude chi dovrebbe esserne il nostro portavoce( = Napoleone e Fabrizio); gli intrighi dell’aristocrazia ottocentesca non sono diversi dagli intrighi della borghesia attuale (ci sono altri esempi!)
Tv/ascolti: Rai, ‘La certosa di Parma’ vince la prima serata
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(ASCA) – Roma, 5 mar – Ancora un successo per la fiction targata Rai: la prima parte de ”La certosa di Parma” trasmessa su Rai1 ieri, domenica 4 marzo, ha stravinto il prime time avendo ottenuto 5 milioni 130 mila spettatori e uno share del 19.59.
http://www.asca.it/news-Tv_ascolti__Rai___La_certosa_di_Parma__vince_la_prima_serata-1131084-ATT.html
Ho letto la “Certosa di Parma intorno ai 18 anni appassionata da sempre ai grandi classici della letteratura. A quell’età ciò che mi ha colpito di più è stata la viva descrizione dello spirito giovane e passionale di Fabrizio Del Dongo, il suo furore, la sua voglia di vivere e di amare. Una seconda successiva riflessione è stata quella legata al dato storico e politico che Stendhal descrive in maniera mirabile e sempre sul filo di una “infuocata” passione. Per questo ritengo “La Certosa di Parma” un capolavoro in qualche modo “giovanilistico” (nel senso migliore della parola), un grande romanzo di formazione di cui se ne può godere ancora l’attualità. Ho visto la trasposizione televisiva della Torrini e credo che sia stato giusto da parte sua far conoscere alle giovani generazioni, attraverso il carismatico mezzo televisivo, un grande romanzo e me ne complimento, così per la riduzione che mi è piaciuta anche per la cura dei dettagli, delle belle riprese, delle atmosfere.
Ho appena finito di vedere la seconda puntata de “La Certosa di Parma” diretta da Cinzia TH Torrini. Ancora una volta devo fare i miei più sinceri complimenti. Un prodotto televisivo di gran qualità e di buon ritmo.
Sottoscrivo le parole di Delia Morea: eccezionale la cura dei dettagli, delle belle riprese, delle atmosfere.
Sono certa che anche stasera sia stato il programma più visto in prima serata.
Certo, sarebbe bello se adesso gli oltre 5 milioni di telespettatori leggessero o rileggessero il romanzo di Stendhal. Secondo me molti di loro lo faranno.
Grazie dunque alla Rai e alla Torrini.
@ Cinzia TH Torrini
Non so se avrà la possibilità di rispondere, ma provo a porle ugualmente una domanda. Ha in progetto di lavorare ad altre trasposizioni televisive di grandi classici della letteratura? In caso affermativo, può svelarci qualcosa?
Ancora complimenti.
ciao amelia. ciao a tutti. questa puntata l’ho vista anche io. sono d’accordo con i giudizi positivi che sono stati dati.
domani mi guarderò la prima puntata on line dal sito della rai (se la mia connessione ballerina me lo consentirà).
Gentili Massimo e Cinzia TH Torrini,
mi ero imposto di seguire la miniseria televisiva tratta dal romanzo stendhaliano, ma in queste sere sono stato chiamato altrove, con grande dispiacere. Anzi, mio malgrado, poiché il romanzo La Certosa di Parma l’ho letto in giovane età e poi riletto, affascinato dalla capacità di Stendhal di narrare tratteggiare delineare percepire interpretare il cosiddetto spirito e i luoghi italici, dove allignano – insieme col sole e le bellezze paesaggistiche – l’inesauribile, ardua ricerca non della felicità ma di un briciolo di felicità, e le passioni e i piaceri amorosi forti, travolgenti, nonché le nefandezze e gli intrighi della politica, asservita unicamente ai fini, a prescindere dai mezzi.
Cose attuali insomma.
Massimo, cosa mi ha colpito di più, oltre agli elementi di attualità?
La scrittura di Stendhal, personalissima, a volte fuori dei canoni, oso dire, e quel suo modo di calarsi nella realtà con una lucidità, un “fervore”, uno sguardo profondo, intriso in un romanticismo sottile.
Ma mi hanno anche colpito quei passaggi che descrivono il protagonista Fabrizio del Dongo vagare tra i disastri di Waterloo in preda allo smarrimento interiore, a un senso d’impotenza e di incomprensione di ciò che lo circonda e sovrasta. La storia, il destino?
Le stesse cose, gli stessi smarrimenti che travolgono ciascuno di noi, penso, quando ci troviamo di fronte o dentro i vortici dell’ineluttabile o dell’incomprensibile, senza una spiegazione plausibile, logica.
Cordialmente.
una bellissima versione della Certosa. tanti complimenti alla regista ed a tutto il cast. benvengano film di questo tipo.
Davvero bella, la fiction. Complimenti.
E ora, dopo la fiction… leggere il romanzo.
Mi sembra giusto!
ben detto Matteo. e dopo la Certosa una bella lettura de il Rosso e il nero non guasterebbe no?
Ho seguito la Certosa di Parma trovando il tutto veramente sublime.
Sicuramente mi leggerò anche il libro che starà in mezzo alle migliaia di libri di mia moglie. Però essendo un appassionato di musica ( tutta) vorrei poter avere il titolo dei brani che accompagnano la fiction ma sopratutto quello inerente il meraviglioso crescendo di violini che ancora oggi mi risuona nelle orecchie. Spero di essere accontentato.
Grazie e ancora complimenti per aver reralizzato un capolavorissimo.
Cesare.
@delia morea:
dubito fortemente, purtroppo, che “le giovani generazioni” si avvicinino ai classici guardano gli sceneggiati su Rai 1 la domenica e il lunedì sera….(piuttosto= guardano il GF =Grande Fratello, L’Isola dei Famosi e X Factor….che con Stendhal poco hanno a che fare)
correggo=guardando
gentile roberta, mai disperare. per quel che ne so, il grande fratello e’ in costante calo. prima o poi non verra’ piu’ prodotto, mentre la certosa di parma continua ad essere stampata e letta dal giorno della sua prima edizione. e continuerà ad esserlo, i presume (come dicono gli inglesi).
Ho visto e mi è piaciuta molto la realizzazione della Certosa di Parma, faccio i miei più sentiti complimenti alla regista, sperando che altre trasposizioni di classici possano essere portate alla visione del grande pubblico. Personalmente ho molto apprezzato l’interpretazione del conte Mosca e le musiche molto belle!
Credo che possa essere lo stimolo per avvicinare molte persone, giovani e meno giovani, alla lettura dei grandi romanzi, renderli meno inaccessibili e più accattivanti anche per coloro che sono meno avvezzi alla letteratura.
Ottima iniziativa, mi piacerebbe vederne ancora!
Quel che mi colpisce nella”La Certosa di Parma” come in altri romanzi storici è il fatto che l’amore è passione, caos, disperazione che pure non è fine a se stessa ma una specie di tormentone che trova poi la sua verità nella ragione. Come se la passione fosse quell’imbuto della Divina Commedia che bisogna attraversare per entrare nella volta circolare del cielo e scoprire e capire che cosa è veramente l’amore.
Con la Certosa siamo su una scacchiera su cui l’ordine dei pezzi non lascia prefigurare la conclusione della partita a chi non ha una visione scatologica del l’errore e del peccato. E’ come se l’uomo facesse impegno per distruggersi la vita, ma la vita stessa poi manifestandosi nella sua logica dona pace alle creature. L’amore non è sempre bene e felicità il più delle volte è tormento soprattutto quando confligge con la religione, la cultura del luogo e la tradizione, con quel che ci si aspetta. Stendhal ha preso in oggetto la passione incestuosa di una donna per il proprio nipote, ma un autore moderno per narrare un amore incestuoso si sarebbe anche potuto rifare a due persone, che pur non avendo alcuna parentela tra loro, vivono la dimensione relazionale d’amore in modo incestuoso. Il discorso sarebbe lungo, Vorrei soltanto dire che l’incesto è la deficienza sessuale più facile a verificarsi e più diffusa. Molti lo attuano e non lo sanno. Si tratta di una debolezza sessuale tipica che riguarda una perdita di identità. Tanti maschi perdono la loro identità con le femmine e quante femmine perdono la propria identità con i maschi! La fonte dell’incesto è l’affetto che appare come una cosa buona, invece quando l’affetto prevale diventa enormemente nocivo perché il soggetto privilegia l’affetto alla forza della propria identità che a poco a poco si indebolisce, si perde e dipende dall’altro (padre, o madre, o fratello o sorella, moglie, marito) così il soggetto si attacca all’altro e indebolisce la sua mascolinità o la sua femminilità.
L’identità è forza vitale e viene prima della relazione affettiva.Stendhal lo mette bene in evidenza. Quando vi è il prevalere dell’affettività sulla forza identitaria si produce incesto e non amore .La personalità ne esce frantumata. Nella figura della zia c’è proprio questa frantumazione. Una donna divisa tra potere, affetto moboso, opportunismo e sincerità. Sembra che Standhal ne abbia voluto fare l’immagine dell’Italia ma soprattutto di quella Parma x Ecco perché penso che la stessa storia raccontata da Stendhal , oggi con le conoscenze che si hanno sulla psicologia e psicoanalisi avrebbe potuto avere come protagonisti due persone consanguineimente lontane tra loro ma sopraffatti da quel sentimento che giudichiamo il massimo del bene:l’affetto. L’Amore è un’altra cosa. L’amore vuole la libertà dell’altro.
L’altro punto che mi ha spinto ad una riflessione è la funzione del romanzo storico. Scrivere una storia inventata in un contesto storico preciso mette lo scrittore in uno stato di responsabilità verso i suoi lettori:1° perché il romanzo storico ha per sua natura una funzione pedagogica; 2° perché la storia è sempre ricerca della verità.
Non so se Stendhal oggi assolva queste funzioni. Ai miei tempi quando dicevamo di avere letto “La Certosa di Parma” eravamo guardati come intellettuali di massimo rispetto, perché si trattava di un libro così intrigante, dalle molte facce che soltanto chi aveva familiarità con la lettura ed una mente critica se lo poteva permettere.
L’Espresso ci propone anche attraverso Repubblica,la rivisitazione di tanti libri che troviamo alla base della nostra formazione, facendo opera meritoria e con i quali io e mio marito abbiamo riempito numerosi scaffali, recuperando tutti quelli che avevamo letto ma che si erano persi nei prestiti e nei furti.
Secondo me il romanzo di Stendhal resta sempre un capolavoro di scrittura e di bravura a cui molti scrittori di romanzi storici ancora oggi si ispirano.E’ assurdo non avere nella propria, personale biblioteca “La certosa di Parma”.
Mi chiedo invece quale messaggio la TV abbia voluto dare con la fishon peraltro realistica e poetica nella sceneggiatura e nella fotografia.
Penso che Cinzia Torrini abbia voluto giocare parecchio sulla falsità del “potere” e delle sue trame e la sfiducia negli apparati istituzionali, gli intrighi di “corte” e il ruolo delle donne nei tempi napoleonici. Ma certo noi non stiamo a guardare la fishon con questo occhio, non siamo al tempo di Walther Scott. Noi invece pensiamo quanto cammino abbiano fatto i diritti delle donne per immettere le loro capacità intellettuali all’interno degli uffici,del mondo sociale e del lavoro, del management in generale. Però poi mi chiedo “Quali sono i vizi e le virtù della donna nel panorama storico della modernità ?”” Cosa è effettivamente cambiato?” L’opera è stata scritta in 52 giorni, realizzata televisivamente in 52 due giorni ma forse per rispondere a queste domande dobbiamo aspettare 52 anni. Cioe dobbiam entrare da prtagonisti nel romanzo storico.In questo momento mi congratulo con La regista e gli attori. Belli e bravi.
caspita! complimenti a mela mondi per il bel pezzo. l’ho apprezzato molto.
Devo dire che è davvero una bella trasposizione del romanzo. Complimenti. Riuscitissima la figura di Mosca…molto toccante la sua pazienza e la sua abnegazione verso Gina
Mi congratulo con la regista. Sono rimasta incantata e incollata allo schermo. Spero che esperienze simili in TV si ripetano ancora!
ma le vogliamo spendere due parole sugli attori? tutti bellissimi! ma anche bravi, davvero. congratulazioni al cast
Ciao a tutti. Qualche dato sulla fiction dal sito parmadaily.it
“Quasi 11 milioni di spettatori in Italia hanno visto fra domenica e lunedì sera la miniserie la Certosa di Parma, in onda in prima serata su RaiUno. La fiction storica, tratta dal capolavoro di Stendhal, ha vinto la gara Auditel di domenica 4 marzo incollando alla tivù 5 milioni e 159.000 spettatori, il 19,59% di share. Ed ha addirittura aumentato il pubblico la sera successiva: 5 milioni e 660.000 pari al 20,27% di share”.
Una delle cose più belle riguarda il gran promo per la mia regione, l’Emilia Romagna.
Nel giro di poche ore 11 milioni di spettatori hanno visto gli splendidi paesaggi fra le colline parmensi e il Po, sono entrati nei castelli più affascinanti di Parma, si sono emozionati all’interno del Teatro Valli di Reggio Emilia, hanno ammirato alcune ville e palazzi storici di Bologna e hanno visto meravigliose sfilate di prodotti tipici enogastronomici.
La Certosa di Parma, diretta da una specialista di fiction in costume come Cinzia Th Torrini (Elisa di Rivombrosa, Terra Ribelle) è stata infatti interamente girata in Emilia Romagna.
Sempre da parmadaily.it.
“Oggi possiamo dire che questo prodotto televisivo è certamente stato un ottimo veicolo di promozione turistica per l’Emilia Romagna ”, dice Andrea Babbi, amministratore delegato di Apt Servizi – L’utilizzo del cinema e della televisione come mezzo di promozione di viaggi nel nostro territorio è un percorso nuovo e che può rivelarsi vincente”.
Lo trovai struggente e ben realizzato, caro il mio Maugeri. Mi felicito assai con la bravissima regista.
Devo dire che le immagini rendono onore alla bellezza del film e della trama.
Apprezzai in special maniera la Sanseverina e quella sua passione selvaggia e smodata per il nipote. E poi. Davvero fascinosa anche la figura del cattivo, il principe di Parma.
Certo. E’ una bella ricostruzione non solo di quel tempo ma di tutti i tempi.
Il potere. Le ambizioni. L’amore.
L’uomo com’è sempre stato e sempre sarà.
Torna utile scrivere quello che il medesimo Stendhal diceva ne “Il rosso e il nero”. Il romanzo è come lo specchio d’acqua che attraversa la via maestra: riflette il cielo e il fango sotto di essa”.
Baciamo le mani, dunque.
Vostro affezionato
Professor Emilio
Venite a visitare Parma e l’Emilia Romagna!
Scusate il promo, ma… davvero, non ve ne pentirete!
Dimenticavo: la bellezza della Sanseverina mi fece tornare giovanotto.
Ribaciamo le mani.
Vostro affezionato
Professor Emilio
un saluto al professor emilio da parte di un suo fan.
spero che sia ancora on line.
E’ piaciuto moltissimo anche a me! E che belle le informazioni lasciate da Antonella! Brava! Ma sei di Parma?
Ciao. Si, sono di Parma. Vedere la mia città così ben rappresentata nella fiction mi ha fatto molto piacere.
Mio buon Tessani,
credo che essere on line voglia dire, nel vostro giovanile gergo, non avere perduto la connessione con siffatto programma.
Ebbene sì, sono qui, se non altro perchè non trovo modo di uscire da questa pagina. Me la godo, dunque, e la saluto assai caramente. Anche io la leggo con piacere e mi felicito del suo garbo.
Mi piacerebbe sapere dal dottor Maugeri se la regista tornerà in questo loco.
Trovo fascinosa anch’ella.
Vostro affezionato
Professor Emilio
Complimenti per questo bel blog. Ciao a tutti.
Passo e chiudo.
grazie professore. in verità il mio apporto a questo blog credo sia abbastanza scarso. però vi leggo tutti con molta attenzione. insomma, ognuno dà quel che può.
Cara Antonella, hai ragione! La tua città ha avuto molto lustro da questa fiction. Le riprese sono stupende e fanno venire voglia di venire a trovarvi.
Una buona notte a te e a Parma.
comunque l’attrice che ha interpretato la sanseverina è davvero brava. ma bravi anche gli altri attori. come vede il mio apporto è scarno, se non proprio scarso. dunque mi tacquo.
Ma lei vuol scherzare, caro Tessani, è molto modesto. Trovo che le sue risposte siano sempre puntuali e precise.
Ora la saluto e spero che venga presto a trovarci il mio caro amico Maugeri.
Una buona notte, lunare e stellata. E sì, che scenda anche su Parma.
Vostro
Professor Emilio
un’ultima cosa, a proposito di grande fratello (guardate i commenti del pomeriggio). e se si obbligassero gli abitanti della famigerata “casa” a leggere la certosa di parma ed altri romanzi?
poi magari li interrogano in diretta tv.
ora mi tacquo davvero.
buona notte anche da parte mia. mi porterei la mia vecchia copia della certosa di parma da leggere, se la trovassi. ma non la trovo. dunque parto all’attacco dell’ultimo zafon.
“La Certosa di Parma” è senz’altro uno dei romanzi più celebri di Stendhal. Come è stato fatto osservare, questo è un libro che è bene avere a casa nella propria biblioteca.
Può essere importante scegliere l’edizione e la traduzione.
Sul sito sono state giustamente proposte diverse edizioni.
Dal tipo di edizioni dipende anche la traduzione, perché diverso è in genere il traduttore.
Facciamo un breve esempio mettendo a confronto due traduzioni prendendo come spunto l’incipit del libro.
La prima è la traduzione della citata Laserra (siamo nel 2004), l’altra è la traduzione di Martini (del 1930).
INCIPIT DE “LA CERTOSA DI PARMA”
Il 15 maggio 1796 fece il suo ingresso in Milano il generale Bonaparte a capo del giovane esercito che, varcando il ponte di Lodi, aveva testé annunciato al mondo che dopo tanti secoli Cesare ed Alessandro avevano un successore. I miracoli di valore e di genio a cui assistette l’Italia nel volgere di pochi mesi ridestarono un popolo addormentato; i Milanesi, non più di otto giorni prima che arrivassero i Francesi, li reputavano solo una accozzaglia di briganti, abituati immancabilmente a scappare davanti alle truppe di Sua Imperial Regia Maestà: era comunque quanto si sentivano ripetere tre volte la settimana da un giornaletto grande un palmo, stampato su cartaccia.
*********
[Stendhal, La Certosa di Parma, traduzione di Annamaria Laserra, Gruppo Editoriale L’Espresso SpA, Roma, 2004]
INCIPIT DE “LA CERTOSA DI PARMA”
Il 15 maggio 1796 il general Bonaparte entrò a Milano alla testa del giovine esercito che aveva varcato il ponte di Lodi e mostrato al mondo come dopo tanti secoli Cesare e Alessandro avessero un successore.
I miracoli d’ardimento e d’ingegno che l’Italia vide compiersi in pochi mesi risvegliarono un popolo addormentato: otto giorni avanti che i Francesi giungessero, i Milanesi li credevano un’accozzaglia di briganti usi a scappar di fronte alle truppe di Sua Maestà Imperiale e Reale, che questo diceva e ripeteva tre volte la settimana un giornalucolo grande come il palmo della mano e stampato su una sudicia carta.
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[Stendhal, La certosa di Parma, traduzione di Ferdinando Martini, Mondadori, 1930]
Vedete che differenza?
Quale delle due traduzioni preferite?
a Giacomo Tessani grazie per il complimento. Anch’io vado spesso ai tuoi post . Fanno sentire l’atmosfera del salotto buono, a volte quella dei quattro amici al bar. Leggo anche e sempre volentieri quelli di Bertoli, della Corsi, di Simona lo Jacono che traboccano di cultura, e quelli di Renzo Montagnoli sempre teso a trasformare il mondo. E ecc…ecc… e altri altri, altri….AH ! MI STAVO DIMENTICANDO IL PROF EMILIO. Mi scusi Professore, per favore non mi punisca con un brutto voto!!! Comunque quando posso io leggo tutti perchè mi sembra di andare alla fiera dove si espongono gli assaggi.
mi siete tutti immensamente simpatici. Vi auguro la buona notte, in particolare a Massimo il nostro datore di lavoro, produttore, regista, e sapiente moderatore.
Qui il dibattito ha avuto una bella impennata. Bello!!!
Buona giornata a tutti.
bellissima discussione. Forse però è stata trascurata la figura di Stendhal.
Intanto forse non tutti sanno che Stendhal è uno pseudonimo. Il vore nome dello scrittore è Marie-Henri Beyle.
Sui genitori di Stendhal…..
la madre, Henriette Gagnon (1757-1790) morì di parto quando il figlio aveva sette anni, lasciando altre due figlie, Pauline e Zénaïde. La madre di Stendhal era una donna allegra e colta – conosceva l’italiano e leggeva Dante in originale – era l’anima della casa e fu idealizzata da Henri, che invece detestò il padre Chérubin Beyle, procuratore e poi avvocato del Parlamento di Grenoble, massone, proprietario di una tenuta a Claix, appassionato di agricoltura, ma soprattutto inteso al guadagno e agli affari.
Come ricorda Stendhal, suo padre «era un uomo straordinariamente poco amabile, con la testa sempre piena di acquisti e vendite di proprietà, eccessivamente scaltro […] non mi amava come individuo, ma come figlio che doveva continuare la sua famiglia […] vedeva chiaramente che io non lo amavo affatto, non gli parlavo mai se non era strettamente necessario». D’altra parte ha dovuto sistemare (maritare con dote o mettere in convento) ben dieci sorelle e costruirsi da sé, con tipica ambizione del provinciale che aspira alla nobiltà. E poi la vedovanza certo non lo rallegra.”
Con la morte della madre, la famiglia troncò ogni rapporto mondano – con grande noia di Stendhal – vivendo in seguito sempre isolata. Anche il suo primo insegnante, un tale Joubert, «orribile pedante», morì poco dopo e Henri fu affidato a un precettore, segno, questo, di distinzione sociale, l’abbé Jean-François Raillane, «una vera canaglia […] piccolo, magro, molto manierato, il colorito verdognolo, lo sguardo falso con un sorriso odioso […] per scaltrezza, per educazione o per istinto di prete era nemico giurato della logica e di ogni retto ragionamento».
La sua figura di gesuita non è chiarissima, probabilmente è anche un “ottimo educatore”, e tuttavia Stendhal ne ha orrore: gli insegnò il sistema tolemaico pur sapendo che era falso, giustificandosi con il fatto che Tolomeo «spiega tutto e d’altronde è approvato dalla Chiesa»: una considerazione che fece dello scrittore «un empio forsennato e d’altra parte l’essere più cupo del mondo».
Non sapendo se tali miei interventi sulla figura di Stedhal risultano graditi, mi fermo qui. Attendo notizie dal gestore del sito.
Tuttavia c’è da chiedersi se le vicende famigliari e adolescenziali di Stendhal abbiano avuto ripercussioni dirette sulla sua scrittura.
@ Valerio Giannotta
Secondo me la risposta è sì. Credo che in generale le vicende che caratterizzano la vita degli scrittori influenzino la loro scrittura.
Credo che questo valga anche per Stendhal.
Di Stendhal avevo iniziato a leggere IlnRosso e il nero, lettura mai conclusa per la verità. Mi sembrava un po’ “pesante” per i miei canoni. Forse la Certosa di Parma e’ piu’ alla mia portata. Proverò.
Cari amici, grazie ancora per tutti i commenti.
Un saluto a: Roberta, Delia Morea, Amelia Corsi, Giacomo Tessani, Ausilio Bertoli, Renata Mangiagli, prof. Emilio…
E ancora, saluti a: Mela Mondì, Licia, Matteo, Cesare, Francesca Giulia Marone, Riccardo G., Terzo anno, Antonella, Gioai, Amedeo Gironi, Valerio Giannotta, Nives.
Grazie a tutti!
@ Amedeo Gironi
Grazie per le due traduzioni degli incipit messi a confronto. Ovviamente, come immagino anche gli altri amici, preferisco la più recente.
Se può interessarti, qui nel blog c’è un forum dedicato alle traduzioni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/12/23/il-difficile-ruolo-dei-traduttori-laboratorio-d/
@ Valerio Giannotta
Grazie! Se ritieni ci siano altre notizie su Stendhal, anche biografiche, che ritieni utile condividere… procedi pure.
E grazie in anticipo.
@ mela mondi
grazie, ma continuo a pensare che le cose che dico io valgano poco o niente.
sono solo uno che passa tra i tavoli, cercando di carpire le belle cose che dicono gli altri.
Gentilissimi amici di Letteratidudine, vi ringrazio per l’entusiasmo con cui avete accolto la mia trasposizione in fiction della Certosa di Parma. Anche io suggerisco di leggere il libro perchè ci sono tantissimi eventi che noi non abbiamo potuto raccontare per motivi di spazio. Adesso che avete visualizzato volti e ambienti attraverso la mia fantasia, sono sicura, chi non conoscesse il libro, che sarà ancora più avvincente continuare nella lettura. Sono orgogliosa di essere riuscita a far conoscere a molti questo classico della letteratura francese. Stendhal termina il libro dicendo in inglese to the happy few… Forse non pensava di riscontrare tutto questo successo! Sono felice di essere stata apprezzata da voi e mi dispiace che qualche critico sulla stampa abbia voluto distruggere questa operazione declassificandola a basso feuilleton… Temo che abbiano scritto senza nemmeno averla vista. Cari saluti Cinzia TH Torrini
@giacomo tessani è passando fra i tavoli che si raccolgono le cose migliori della vita. Mi piace un sacco questa cosa che hai detto. Sai quando ci si sposa? La coppia si siede un po’ qui un po’ lì, chiacchiera e raccoglie sorrisi e frasi. Nonostante la stanchezza è uno dei momenti più belli perché ti fa sentire gente fra la gente. E quando l’individuo non riesce a sentirsi più nella specie umana fallisce in tutto se stesso e la vita è una gran triste passeggiata, senza tavoli.
saluti
@Cinzia TH Torrini qualche critico c’è sempre che deve fare il critico, lei è stata coraggiosa in ciò che ha realizzato, alle persone è piaciuto ed io spero che lei ne realizzi altre, da altre opere, rendendo accessibile a tutti la bellezza del raccontare storie .
Complimenti sentiti anche per la scelta musicale!
ho visto la fiction di Cinzia TH Torrini registrata, perché in quelle sere mi trovavo a Milano per lavoro. Mia figlia mi ha fatto la cortesia di registrarla. Una volta tornata a Roma l’ho vista e sono rimasta molto affascinata. Sia dalla trasposizione sia dagli attori, ma anche dalle musiche come scrive Francesca.
Mi associo dunque ai complimenti.
Che belli, poi, luoghi. Vien davvero voglia di andare a Parma come ha detto qualcuno!
Riesco a ricollegarmi solo stasera. Incoraggiato dal responsabile del sito continuo con qualche altra considerazione sulla vita di Stendhal.
Gran parte delle sue giornate da ragazzino Stendhal (cioè Henri) le passava nella vicina e ampia casa (in place Grenette) del nonno materno, il medico Henri Gagnon, dove abitavano anche la sorella di questi, la prozia Élizabeth e la figlia Séraphie. A questa sorella minore sua madre aveva affidato, morendo, i tre figli e Henri la giudicò un «diavolo in gonnella», un’odiosa «matrigna», sospettando fosse amante del padre Chérubin, e tuttavia giudicata senza sesso, inacidita, isterica e bigotta, alla cui morte, il 9 gennaio 1797, lui, ateo, ringraziò «Dio in ginocchio».
Opposta l’opinione che egli ebbe della prozia Élizabeth Gagnon, un’anziana nubile «alta, magra, asciutta, con una bella faccia italiana, carattere di una nobiltà assoluta, ma nobile con le raffinatezze e gli scrupoli di coscienza spagnoli».
Un’alta stima Stendhal la riservò anche al nonno materno, Henri Gagnon, medico e illuminista, ammiratore di Voltaire e della buona letteratura classica: grazie a lui, sostiene Stendhal, non fu «intossicato» dagli scrittori contemporanei in voga a quel tempo, i «Marmontel, Dorat e altre canaglie».
Gagnon era un’autorità a Grenoble per la sua vasta cultura, per la dottrina medica e la passione letteraria: conversatore brillante, teneva dissertazioni di fronte a un pubblico scelto, ma non aveva sensibilità artistica, a differenza della figlia Henriette, e si oppose a che il nipote avesse un’educazione musicale.
Anche il periodo rivoluzionario in corso in Francia sollecitò gli umori e le fantasie del piccolo Henri: già aveva assistito al preludio ribelle della famosa «giornata delle tegole», e parteggiò subito per i rivoluzionari, figure che gli evocavano le virtù repubblicane conosciute nei libri di latino, contro il legittimismo bigotto del padre e dell’odiata zia Séraphie – la prozia Élizabeth e il nonno mantenevano un atteggiamento più cauto – i quali seguirono poi fremendo di angoscia le vicende del processo a Luigi XVI.
Quando il re venne decapitato, Henri esultò in silenzio mentre il padre e la zia si disperavano. Chérubin Beyle, di cui erano note le idee monarchiche, finirà più volte in prigione: il 15 maggio 1793 per un mese, poi in agosto e ancora in novembre per sette mesi, mentre l’abbé Raillane, prete renitente, si diede alla macchia con grande soddisfazione di Henri, pieno di «ardenti slanci d’amor di patria e di odio» per preti e aristocratici.
Le suddette notizie riguardano l’infanzia di Stendhal. Il resto, spero, domani.
Grazie mille a Cinzia TH Torrini per il suo intervento dell’8 marzo 2012.
Grazie, con l’auspicio che tu possa offrirci al più presto una nuova fiction tratta da un altro classico della letteratura.
Sempre pronti, eventualmente, a parlarne qui.
E ancora grazie a Giacomo Tessani [che passa tra i tavoli e assaggia qua e là 😉 ]…
E grazie a Francesca Giulia Marone, Giulia Simonelli e Valerio Giannotta.
A tutti voi, buona domenica sera e buon inizio settimana…
Grazie a lei!
Ciao. Volevo solo dirvi che grazie a voi ho letto LA CERTOSA DI PARMA. Mi e’ piaciuto tantissimo e ho proposto alla mia prof di lettere di farlo leggere a tutta la classe. Così ora lo leggeranno anche i miei compagni.
Grazie, ciao.
@ Cinzia TH Torrini
Bello leggere questo suo nuovo post. Mi associo alle parole di Francesca Giulia e spero anch’io di vedere al più presto una sua nuova opera in tv.
@ Giacomo Tessani
Se ti fermi al mio tavolo non credo che troverai “roba” interessante. Comunque grazie per il tuo amorevole girovagare. 🙂
Ciò che dice Federica lascia ben sperare. Brava ad aver giocato il ruolo di trascinatrice letteraria di un’intera classe.
Bella cosa che una ragazza abbia letto La certosa di Parma e ne consiglierà la lettura a tutta la classe. Di ciò deve esserne felice anche la regista della fiction, il percorso di avvicinamento ai classici può avvenire anche all’inverso: dal film alla lettura, basta che avvenga.
E approfitto per salutare anche Amelia Corsi!
Un plauso alla giovane Federica, alla sua insegnante ed ai suoi compagni di classe.
Continuo a riportare qualcosa sulla vita di Stendhal, mosso dalla convinzione che conoscere alcuni aspetti della biografia di uno scrittore ci può aiutare a meglio capire le sue opere. E la vita di Stendhal -da questo punto di vista- è stata molto ricca.
Sull’adolescenza di Stendhal c’è molto da dire.
Intanto il 21 novembre 1796 il giovane Henri entra nell’appena inaugurata scuola pubblica secondaria di Grenoble, l’École centrale, oggi liceo Stendhal. Frequenta la scuola con soddisfazione anche se nutre scarsa stima per la maggior parte dei suoi professori. Per lui frequentare la scuola è l’unico modo per sottrarsi al peso della famiglia e frequentare finalmente i propri coetanei.
Tra i suoi compagni di studi, fa particolare amicizia (sarà l’amicizia di una vita) con Louis Crozet e con Romain Colomb, suo lontano cugino. Crozet, che diventerà ingegnere, ispettore generale dell’amministrazione edilizia e anche sindaco di Grenoble, scriverà con Stendhal dei ritratti psicologici e riceverà in eredità i manoscritti dell’amico, mentre il secondo curerà la prima edizione delle opere di Stendhal.
Forse questa notizia può sorprendere, ma nell’École centrale la vera passione di Stendhal è la matematica. Henri è affascinato da una scienza che garantisce l’esattezza assoluta delle sue affermazioni, escludendo per principio tutto ciò che è vago e impreciso.
Per questo Henri pretende il massimo e, non pago degli insegnanti che ha, si fa pagare dalla prozia Élisabeth le lezioni impartitegli da Louis-Gabriel Gros, matematico e fervente giacobino di Grenoble. Vi è del resto un particolare motivo nell’impegno che il giovanissimo Stendhal prodiga per la matematica: egli conta di ottenervi il primo premio che gli consentirebbe di recarsi a Parigi per sostenere il concorso di ammissione all’École Polytechnique, sottraendosi così a ogni tutela familiare.
Piccola nota: i libri di Stendhal, a livello strutturale, hanno una forte disciplina matematica.
Il suo primo amore, o piuttosto la prima fantasia di amore, è riservata alla giovane attrice Virginie Kubly che per qualche mese, dalla fine del 1797, a Grenoble recita commedie e canta «con la sua povera vocetta debole» nell’opéra comique: «tutte le cattive piccole opere del 1794 divennero sublimi per me grazie alla presenza di M.lle Kubly», scrive Stendhal.
Non le rivolge mai la parola, ma va a rue des Clercs, dove abita, sperando e insieme temendo di vederla.
Tra le sue letture impegnative ma gradite di quegli anni, a parte un’inevitabile concessione ai racconti licenziosi di La Fontaine e alla Félicia di Nerciat, vi sono Cervantes, l’Ariosto, Rousseau e, sopra tutti, Shakespeare, mentre Racine, «incessantemente lodato dai miei, mi faceva l’effetto di un ipocrita insulso».
Altra piccola nota: è importante avere notizie sulle letture preferite dagli autori celebri; anch’esse ci forniscono informazioni sulla scrittura che produrranno in seguito.
Nel 1799, conclusi con buoni voti i corsi triennali e con il sospirato premio in matematica, nei primi giorni di novembre Henri sale senza rimpianti sulla vettura che lo condurrà nella capitale. Suo padre lo saluta piangendo. Scriverà, in seguito: «la sola impressione che mi fecero le sue lacrime, fu che lo trovai molto brutto». Durante il viaggio apprende del colpo di Stato con il quale Bonaparte si impadronisce del potere.
Per oggi concludo questo ciclo di informazioni biografiche su Stendhal, ringraziando Maugeri per l’opportunità concessami.
ciao, sono un compagno di Francesca. sto leggendo anch’io “la Certosa di Parma”. vi scriverò le mie impressioni.
grazie a tutti per i commenti affettuosi a me rivolti.
fa piacere vedere che ci sono ancora ragazzi che amano leggere i classici.
@ Federica
Brava, Federica. Ci dai una notizia… incoraggiante!
Ancora grazie a: Amelia, Giulia, Francesca Giulia, Valerio, Claudio, Giacomo.
Presto partirà un nuovo dibattito (questo, però, rimane aperto per ulteriori contributi).
A tutti voi, una serena notte.
@Massimo Maugeri
Prego. Ma posso continuare a scrivere della vita di Stendhal? Non vorrei sembrare invadente o eccessivo.
Ma certo, Valerio.
Ancora grazie!
mi potete dire come si chiama la colonna sonora? grazie. Emanuela
Ciao Emanuela. Vorrei aiutarti ma non saprei come. Se scorri i commenti vedrai che la regista Torrini auspicava che la colonna sonora venisse messa su iTunes. Ma non so se poi e’ stata inserita.
Scusate. Non sono “sparito”. Mi sono solo fermato un attimo per progettare un po’ di nuove iniziative on line per il prossimo futuro di Letteratitudine.
@ Emanuela
Temo di non poterti dire nulla di più, rispetto a quanto già detto da Amelia.
Ne approfitto per augurare buona domenica sera e buon inizio settimana a tutti!
Ho letto la Certosa di Parma incuriosita da questo post. Non me ne sono pentita, tranne che per il finale che ho trovato troppo rapido e sintetico. Saluti.
Grazie mille, cara Lia. Come è già stato fatto notare nel corso della discussione, Stendhal è stato costretto dal suo editore a “falcidiare” la parte finale del libro… da qui l’impressione di eccessiva sinteticità.
Grazie per il tuo intervento.