Novembre 18, 2024

578 thoughts on “LA CODA DI PESCE CHE INSEGUIVA L’AMORE

  1. Si tratta dell’imminente uscita di un racconto lungo a quattro mani scritto da me e da Simona Lo Iacono. Qualcuno di voi ne era già a conoscenza, per qualcun altro sarà una sorpresa.

  2. Si tratta di una fabula per adulti ambientata a Portopalo di Capo Passero (paese marinaro della provincia di Siracusa) nel 1860, nata dall’idea di un pesce che insegue un giovane pescatore (in un’ottica, dunque, ribaltata… almeno, apparentemente). Una fabula d’amore e morte che denuncia l’incapacità di condividere, che evidenzia come le contrapposizioni esasperate e la brama di possesso possono uccidere il sogno; e come la bellezza – spesso – viene trafitta dall’incapacità di dare spazio all’apertura e alla consapevolezza necessarie per poterla contemplare.

  3. Sul post trovate pure un breve articolo con cui – Simona e io – vorremmo proporre un dibattito sul concetto di condivisione (in generale… e “nella scrittura”, in particolare).
    Estrapolo le due domande (e vi invito a fornire la vostra risposta, se ne avete voglia)…

  4. Anticipo che in un prossimo post (dedicato alla “scrittura multipla”) conto di invitare vari autori che si sono cimentati con la scrittura a quattro o più mani… per discutere – insieme – della loro esperienza, dei loro libri e delle tecniche narrative adottate per realizzarli.

  5. Carissimo dottor Maugeri, carissima dott.ssa Lo Iacono,
    questa sorpresa mi giunge molto gradita e d’altra parte adempie all’idea che ho sempre avuto della condivisione.
    Bella la radice che avete citato in apertura: “communio”, da “mettere in comune”.
    Da nostalgico professore di latino aggiungo che il significato originario di “communio” era assimilabile a “societas”, proprio perchè gli antichi patres sapevano che la struttura sociale di un paese o una società non può che basarsi su una profonda aggregazione.
    E ciò non solo a fini difensivi (è ovvio che l’unione interna agevolava la difesa) ma soprattutto di pace duratura.
    Col tempo communio si è evoluto in “comunitas” in questa stessa accezione, anche se l’evoluzione dei tempi fece dimenticare ai cives romani – ed ora a noi – che la perdità di sè, a livello individuale e sociale, avviene attraverso la disgregazione, attraverso la frammentazione di tanti vanitosi e presuntuosi “IO”. Mentre è la confluenza delle forze, ognuna nella propria singolarità, a porre le basi per l’equilibrio.
    Infiniti auguri e con tutto il cuore dal vostro vecchio professore.
    Il libro lo acquisterò oggi stesso.
    Sempre a voi affezionato,
    professor Emilio

  6. Personalmente amo poco condividere con altri l’idea e la stesura di uno scritto, anche perchè ritengo, giusto o sbagliato, che almeno nel mio caso i costi supererebbero i benefici. Del resto in letteratura non sono frequenti i casi di opere elaborate e realizzate a quattro mani, anche se spesso i risultati non sono da disprezzare e qualche volta sono anche eccellenti. Penso che molto dipenda dalla simbiosi fra i due autori, dal loro rapportarsi in piena libertà, senza quell’egoismo intellettuale che è così frequente.
    Auguri per questa coda di pesce innamorata.

  7. Ma che sorpresa! Prima di tutto i più sentiti auguri ai due autori per questo libro che si prospetta molto interessante.

  8. Le domande.
    1. Che significato ha la condivisione in letteratura? È più perdita di sé, o conquista di sé attraverso il confronto con l’altro?

    Bella domanda. Credo che chi scrive abbia più strumenti per rispondere rispetto ad un semplice lettore. Comunque mi viene da pensare che, essendo la scrittura un atto creativo solitario, non dev’essere facile realizzare una storia a più mani. Insomma, concordo con Renzo Montagnoli.

  9. 2. Scrivere a quattro mani può servire a lanciare il messaggio che la condivisione è una strada percorribile di accrescimento spirituale e personale?
    In parte ho già risposto prima. Aggiungo che poiché non è facile trasformare quell’atto creativo solitario in attività artistica condivisa, da questa condivisione ne viene fuori un’immagine positiva…. di speranza.

  10. Ho letto la trama e l’incipit (bello).
    Molto suggestivo anche il video.
    Insomma, bravi e ancora complimenti.

  11. Cari amici,
    che bello questa mattina alzarsi e trovare la coda di pesce a salutarmi!
    Strano destino hanno i personaggi letterari …e adesso, anche se la coda è il frutto di un’immaginazione condivisa, di un sogno celebrato da due sguardi, si è fatta terza, indipendente, quasi una creatura senza progenitori.
    E però. E’ solo una sensazione, di quelle che – per fortuna – la letteratura regala con generosità, anche se durante l’elaborazione del testo la coda sapeva meglio di noi dove condurci, e con quale commozione conquistarci.
    E allora…quattro mani, sì. Ma forse anche quattro mani e una coda, oppure quattro mani e due pinne…chi lo sa.
    Scrivere è un mistero che affonda nella radice più inesplorata di noi. E scrivere in due appartiene forse a quella originaria metamorfosi che i segni hanno avuto fin dal principio: essere decifrati da un altro.
    Devo quindi dei ringraziamenti a Massimo, che ha decifrato i miei segni e si è lasciato decifrare.
    Devo poi un grazie a una creatura solitaria e mansueta, il cui dorso trapela tra la schiuma del mare, e che ho creduto di vedere per la prima volta di fronte all’isola delle correnti: la coda di pesce.

  12. Eccomi, non potevo mancare. Rispondo rapidamente. Scrivo a quattro mani nella quasi totalita’ dei casi. La mia partner di scrittura, Loredana Falcone, e’ ormai un mio totale alter ego e credo che questo ci ponga in una situazione di eccezione pur nell’ambito delle scritture multiple. Perche’ il binomio Lauraetlory ormai equivale ad un unico soggetto scrivente che non divide compiti, capitoli, personaggi, ma scrive materialmente e fisicamente nello stesso luogo e nello stesso tempo. Io e Loredana scriviamo insieme, davanti allo stesso computer, lasciando che il flusso narrativo scaturisca da due menti invece che da una sola. Il come accada e’ quesito che ci perseguita fin dalla pubblicazione del nostro primo libro. Non vi e’ risposta se non quella che a me piace di piu’: scrivere in due equivale a una sorta di gioco di ruolo che alimenta l’aspetto piu’ ludico della creazione, attraverso uno scambio reciproco e perfettamente equilibrato.

  13. io non credo che riuscirei a scrivere a quattro mani con qualcuno. e se devo essere sincero mi darebbe fastidio se qualcuno facesse ‘osservazioni’ sulla mia scrittura.

  14. aggiungo che mi darebbe fastidio anche se l’osservazione arrivasse da un semplice lettore, figuriamoci da un altro scrittore.
    questo è uno dei motivi per cui non ho mai pensato di scrivere. meglio leggere, per me.
    e leggerò con piacere questo vostro libro.

  15. Ma che bello! Complimenti a tutti e due per questo bel progetto. Poi vado a leggere l’incipit.
    Io sono una sostenitrice della scrittura a quattro mani e ho ‘giocato’ diverse volte con altri autori.
    Certamente, è cosa diversa scrivere un racconto o un romanzo.
    Con il romanzo sono certa che le difficoltà crescano.
    È vero anche, come afferma Renzo Montagnoli, che condividere una propria idea narrativa con un altro non è facile. La scrittura è spesso solitaria e nasce dal silenzio. Provarci ogni tanto, però, arricchisce. E diverte molto.

  16. Caro Renzo, cara Laura, cara Morena…
    è verissimo quello che dite!
    Scrivere a quattro mani mette in moto un aspetto forse poco esaltato della scrittura che è quello ludico, di rimando, di divertimento!
    A questa felicità dell’invenzione, al confronto, al rimbalzo di idee e suggermenti, si aggiunge poi una componente davvero inspiegabile, che è quella che amalgama la storia come se il suo creatore fosse uno.
    In più bisogna dire che la coesione è rafforzata dal progetto comune, dalla strada che gli autori vogliono condividere.
    Quindi credo che ogni scrittura a più voci esiga una iniziale chiarezza di intenti sul senso e sul significato da dare alla narrazione.
    Nel nostro caso eravamo tenacemente convinti di dover parlare di un ideale di bellezza tradito dal possesso.
    Dell’innocenza trafitta dalla strumentalizzazione.
    Pensavamo di dover innalzare un canto sulla “storia” che si rivolta contro chi è senza destino, quegli ultimi che sembrano sempre gli unici a rimetterci. Ancora una volta la “grande storia” (quella della discesa dei mille, dell’unificazione d’Italia) e la “piccola storia”, quella di chi – se non fosse salvato dalla parola – rimarrebbe vittima inespressa e inascoltata, muto partecipante di un dolore che è del potere, ma anche della sua mancanza, e cioè dell’anelito a raggiungerlo. Della brama di apparire.
    In ogni epoca.
    In ogni mondo.
    E quindi…quale migliore occasione che narrare proprio in due? Per farsi metafora nella metafora. Per dimostrare che la scissione è soprattutto un fatto interiore e che la nostra società divisa nasce, innanzi tutto, da un atteggiamento del cuore.

  17. Al carissimo professor Emilio,
    e ai suoi sempre affascinanti approcci con l’origine delle parole, e quindi, del loro mistero, un grazie di cuore!
    Vorrei aggiungere alla sua riflessione, caro professore, che la “Communio” appartiene all’ordine dei fini.
    La “comunicazione”, per contro, appartiene all’ordine dei mezzi e può lecitamente essere descritta come un mezzo, forse come uno dei mezzi più efficaci, per il raggiungimento o, meglio, l’accoglienza della “Communio”.

    Ritengo che la riflessione e l’approfondimento di questa “strumentalità” e “finalizzazione” della comunicazione alla comunione, sia premessa indispensabile di ogni pensare aperto, umile, che voglia apportare un contributo realmente edificante, e permetta, anche alla comunicazione degli scrittori, una reale finalizzazione di ascolto.

  18. ma come avete fatto concretamente? una pagina per uno? oppure avete materialmente scritto in due?

  19. @Amelia: grazie!
    @Giacomo: in effetti la disponibilità anche a “farsi correggere” dall’altro, è una delle disposizioni d’animo necessarie per condividere la scrittura.
    Anche se è probabilmente un errore pensare a una privazione, a una rinuncia a qualcosa che ci appartiene.
    Meglio lasciarsi incantare dalla possibilità di guardare se stessi da un’altra angolatura, di farsi interpretare.
    E’ un’esperienza istruttiva anche a livello personale, che arricchisce e abitua a pensare che oltre noi c’è l’altro, e poi gli altri, e poi il mondo.
    Che la responsabilità di una nostra parola ha quindi infiniti interlocutori e che il loro punto di vista può non essere il nostro.

  20. Gentile Massimo,
    ho già lasciato altri commenti su questo blog in passato, ma l’uscita di questo libro mi interessa in modo particolare. Su StoriaContinua.com ci occupiamo principalemente dei progetti di scrittura collettiva. Volevo, quindi chierere se fosse possibile ripubblicare le vostre considerazioni in merito a questo tipo di scrittura e se lei e Simona foste disposti a lasciarci quelche commento sul sito.
    Grazie.

  21. @terzo anno di lettere moderne:
    abbiamo stretto un “patto” iniziale. Poter intervenire sulla scrittura dell’altro senza chiedere il permesso, modificandola a piacimento, senza che l’interlocutore si sottraesse.
    Quindi agli iniziali rimandi avvenuti via mail, si sono sovrapposte ulteriori stesure e manipolazioni, fino a che nessuno dei due ricordava più chi avesse scritto cosa.
    Oggi non siamo in grado di dire “questo è mio”, oppure “questo è tuo”.
    La coda ci guarda con i suoi occhi di creatura trafitta e – sebbene non sappia parlare – indiscutibilmente ci suggerisce una sola parola: “nostro”. O anche : “di chiunque la voglia amare”.

  22. Ho finito ieri sera di gustarmi questa bellissima storia. Bravissimi!!! Massimo e Simona. E lo dico senza pensare all’affetto che ho nei vostri confronti. Io non sarei capace di scrivere insieme ad altra persona, perché ritengo la scrittura un fatto intimo. Ma, come si suol dire, le vie del Signore sono infinite, e quel che conta è il risultato finale. In questo caso direi eccellente. Una storia intensa, commovente, coinvolgente. Il finale è struggente, apparentemente chiuso ma che lascia il lettore a districarsi in una miriade di sensazioni. Un’altra storia che viene dal mare e si aggiunge alle altre storie alte, impregnate del fascino misterioso che questo elemento porta in sé. Penso al Colombre di Buzzati (già citato prima), a Lighea di Tomasi di Lampedusa, alle storie di Verga. Il vecchio e il mare. Sicuramente possiamo annoverare “La coda di pesce che inseguiva l’amore” nel genere dei racconti fantastici, supera il limite delle norme riconosciute e codificate dalla ragione umana. La morte intesa come metamorfosi. Disgregazione e attrazione cosmica. L’amore in senso universale che supera le barriere delle piccole meschinità umane. Questo racconto ha il tono lieve della favola e il peso delle grandi verità.

  23. Io, che ho letto il racconto, posso dire ancora altro:
    in primo luogo la scrittura, che si fa davvero canto: sillabe che s’annodano e si sciolgono e fluiscono e vibrano e danno tessitura sonora a una storia che è, prima di tutto, sapienza di parola: una lingua che incarna lo straniamento, quel procedere per allusioni e rimandi, emozioni minime e visioni. Una scrittura che inventa e reinventa, che tratteggia figure evocandole, lasciandole appena intuire: un dettaglio, un sorriso amaro, un barbaglio di lanterna, e l’acqua, l’onda che inghiotte e restituisce, femmina e maschia, mare mischiato di tanti mari, ché questo è lo specchio in cui si guarda Capo Passero; e questo bastardume d’acque è la broda in cui germinano mirabilmente i sogni. Che sono bastardame, appunto, confusa mescolanza di realtà e invenzione, pane spurio per bocche affamate d’altro. Di che cosa? Di speranze, per esempio. Che la vita non sempre si degna di considerare.
    Una scrittura che cambia registro a seconda di come cambia il sentire; se è di dolcezza che si vuole parlare o di sarabanda di visione: i Mille, il rosso delle camicie e del sangue, il pirata Dragut che spopolò e fece carneficina. Oppure quel patimento che dà febbre, che lazzarìa un cuore di ragazzo che sta covando un amore. Un amore per una coda di pesce? E perché no? Una coda fedele, che appare e scompare ma non sparisce mai, non abbandona: la fedeltà del sogno, che è attesa e possibilità d’incontro. Dove? Quando? Un amore che bisognerebbe custodire in un tabernacolo, sottrarre agli sguardi che cercano tornaconti, e che tornaconti! Ché l’amore, l’amore… che volete che sia? Cosa di femmine, o di carusi che ancora devono essere speronati dalla vita.
    E la vita è amara, anche lei – come il sogno – bastarda di ogni bastardume: splende, sfavilla, e poi uncina, e poi squarcia, ammazza, ruba la speranza, la disperde nel torbido del disincanto.

    Ecco, se c’è qualcosa di cui Simona e Massimo possono sentirsi fieri, è quest’aver generato una scrittura fluidissima, senza smagliature, senza strappi, senza alcuna deviazione dal solco in cui scorre sapientemente la storia; un uomo e una donna, dunque due teste, due cuori, due scritture, due retroterra culturali, due diverse visioni della vita, che si sono fusi in un mirabile unicum narrativo

  24. Mia cara, carissima Tea
    queste tue parole lasciano senza fiato.
    Non solo per la loro intima bellezza, ma per quell’attenzione e cura (tutta tua) per l’interpretazione, per i registri lessicali, per la lingua.
    Credo che la letteratura debba sempre farsi, prima di tutto, lingua. Canto. Lascito di un suono.
    Non può solamente dire.
    Deve evocare.
    Ma quando questa evocazione deve nascere da due voci, quando deve emozionare senza perdere personalità, compattezza, sesso, come fare?
    La risposta l’hai data tu con queste bellissime parole che riporto. Perchè la nostra ricerca è stata:

    “confusa mescolanza di realtà e invenzione, pane spurio per bocche affamate d’altro. Di che cosa? Di speranze, per esempio. Che la vita non sempre si degna di considerare”.
    Ecco.
    La speranza di poter dire in due ha fatto tutto da se’.
    Ha preso il sopravvento. Ha imbastito un sogno, una visione.
    Ha narrato per nostra bocca. Ha sostituito le nostre mani.
    In tutto questo l’amore tenace di una creatura (la coda) che solo un ragazzo riesce a intravedere, che tutti gli altri sono interessati a strumentalizzare (chi per mantenere, chi per conquistare), ha trafitto noi per primi.
    Questa coda è forse cosa di fimmine, è forse brodaglia, belletto, mostro fabuloso e incherubinato. Si può quindi spazzare, afferrare, mattare.
    Ma forse è anche segno di altro.
    Di ciò che saremmo se solo sapessimo confluire come le correnti che s’incoltrano l’una nell’altra a Portopalo. Diverse. Provenienti l’una da destra e l’altra da mancina. L’una (quella dello Ionio) blu folto, accigliata, densa. L’altra (quella del mediterraneo) azzurrata. Trasparente. Leggera.
    Eppure il punto di confluenza è “senza spade e senza morte”.
    E’ unione di differenze.

  25. Caro Salvo,
    grazie per questa lettura appassionata. E’ bellissimo quando dici che la morte è metamorfosi.C’è un momento, nel libro, in cui la mattanza si fa feroce, senza pietà, senza sguardo.
    Non è solo una furibonda e accecata guerra di corpi, è – prima di tutto – una mattanza del cuore.
    Non a caso è preceduta da visioni sfollanti, da un tramonto che intinge l’aria di sangue e sembra preavvertire dell’arrivo di questi misteriosi mille uomini, di cui nessuno sa nulla, di cui nessuno conosce l’origine e che per i tonnarioti non sono poi diversi dai tanti sogni infestanti di zu’ Saru, dalle sue visioni notturne, dalle sue profezie.
    Mille passi che incedono senza che nessuno li sappia interpretare.

  26. Io penso che la letteratura come strumento di conoscenza di sè e del mondo sia oggi insidiata dalla concorrenza di saperi e linguaggi nuovi .Ha perciò bisogno di rinnovare se stessa sperimentando modalità espressive diverse, che possano incontrare la mutata sensibilità dei lettori . Così come in biologia la sopravvivenza di una specie è affidata agli esperimenti che la natura compie attraverso le mutazioni genetiche, valide o no, anche in letteratura mutare significa proporsi in forme nuove per le sfide del presente. Allora ben venga una letteratura a quattro mani, se ciò significa intanto uccidere definitivamente l’ immagine stantìa del letterato ispirato dal cielo ed unico portatore di ineguagliabili formule espressive, ed ancora,se ciò significa proporre in un’unica opera uno stuzzicante menu fatto di diverse tecniche di scrittura ed, inevitabilmente,di diverse sensibilità che si incontrano e si sovrappongono , stimolando, e magari anche spiazzando piacevolmente il lettore, che sarà l’ unico titolato ad esprimere giudizi sulla riuscita dell’ esperimento. Infine una considerazione.Questo mare che da sempre ci nutre, noi del sud, di cibo e di sogni, continua generoso ad alimentare il favoloso e l’ intatto del nostro comune sentire, nonostante lo sciagurato trattamento che spesso gli riserviamo. Questa nuova favola che profuma di salmastro e di leggende forse potrà servirci a riflettere e ad agire per amor suo.

  27. Caro Massimo, cara Simona,
    vi faccio tanti auguri per il vostro racconto lungo “La coda di pesce che inseguiva l’amore”! Davvero un bel titolo e anche una bella copertina. Ho letto sul sito da voi indicato la prima pagina del libro: una scrittura barocca affascinante, ricca di assonanze e risonanze, come in queste righe:
    “I chierici si genuflettevano, le donne all’uscio sfioccavano lana per sfida al malaugurio, i bambini s’intanavano nelle groppe in cerca di zecche e mignatte con cui cospargere la coda del diavolo, nelle bettole scorrevano vino di capperi, improperi e manrovesci. Turi vi entrava solo se faceva malo tempo, se l’aria inturbinava sale e sabbia nei pressi dell’isola delle correnti.”
    *
    Chiedete se la condivisione in letteratura è perdirta di sè o conquista di sè attraverso il confronto con l’altro.
    Ho una limitatissima esperienza di scrittura a quattro mani (un progetto, realizzato soltanto nei primi passi, con un mio carissimo amico). Quel che penso, banalmente, è che tale forma di scrittura necessita d’una sintonia con l’altro/a e d’una progettualità maggiore rispetto a una scrittura individuale. Posso scrivere da solo dieci pagine di getto; in due o più persone quelle dieci pagine devono essere inserite in uno schema concordato con gli altri autori.
    Per quel che riguarda la perdita di sè o la conquista di sè, penso che l’arte offra la possibilità d’una vivificante perdita di sè: non vi è età, sesso o nazionalità nell’espressione artistica. L’io si dissolve, seppur momentaneamente. La sociologia della letteratura non può evocare la bellezza d’una pagina. Il suo ambito è analitico non poetico.
    Forse nella scrittura a più mani questa perdita di sè, e l’accrescimento spirituale e personale, passano attraverso maggiori accorgimenti progettuali.
    Una mia domanda: in che modo avete organizzato la stesura di “La coda di pesce che inseguiva l’amore” (chi ha scritto cosa, gli accordi, le revisioni, i tempi, ecc.)?
    Grazie e ancora tanti auguri per questo vostro libro!
    Un grande abbraccio e buon fine settimana,
    Gaetano

  28. Per me è sempre una piacevole sorpresa sapere che le nostre mente e le nostre coscienze non sono ancora del tutto sedate, che abbiamo il desiderio di interrogarci e di imparare a diventare il nostro massimo potenziale. Vi faccio i miei migliori auguri e se ci sarà una presentazione nei dintorni di Padova verrò più che volentieri proprio in nome di questa ricerca della condivisione, nella letteratura così come nella vita.

  29. Sono un’appassionata lettrice… Trovo veramente molto bello questo booktrailer. Rende la giusta suggestione che ti invoglia a leggere il libro… a proposito a quando il vostro incontro a Roma????

  30. io conosco la bravura di entrambi.
    e credo nella sinergia a 4 mani.
    ci sono esempi bellissimi e famosi.
    Le due L per esempio 🙂
    e poi questo accade quando tra i due scrittori si stabilisce un feeling che li accomuna anche nell’ispirazione.
    faccio a Simona e a Massimo, i miei più affettuosi auguri!
    permettetemi anche il mio iperbolico: IN CIMA ALLA LUNA!
    con cui voglio dire che la fama vada oltre il pianeta…
    c.

  31. Cari Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri, mi compiaccio per la vostra felice complicità letteraria. A voi e a tutti il mio più cordiale saluto, Marco Scalabrino.

  32. Caro Gaetano,
    grazie di cuore per le tue parole!
    Quanto alla tecnica usata, come ho detto prima a terzo anno, abbiamo stretto un “patto” iniziale. Poter intervenire sulla scrittura dell’altro senza chiedere il permesso, modificandola a piacimento, e senza che l’interlocutore si potesse sottrarre.
    Il passo precedente però è stata la sinossi.
    Tutto è nato da una suggestione che ho vissuto a Portopalo di Capopassero nel settembre 2009. In quella occasione fui invitata all’inaugurazione del forte posto sull’isola di capopassero, i cui restauri erano appena terminati.
    Era una sera di luna grossa e le correnti si miscelavano sotto i nostri occhi in scie di colore diverso.
    Portopalo è posta esattamente nel punto di confluenza tra due mari ed è quindi un potentissimo simbolo di commistione delle diversità. E’ una terra arresa alle acque, in cui gli albatros provenienti dalla vicina Africa nidificano e ululano al vento i propri richiami.
    Tra le onde, impercettibile, immaginavo di scorgere una gigantesca coda.
    Ne parlai subito con Massimo con il quale, in quei giorni, portavo avanti un progetto di condivisione molto bello. Presentavamo i nostri due libri insieme e girellavamo per il territorio proponendo “Letteratitudine, il libro” e “Tu non dici parole”.
    Ne fu conquistato.
    E cominciammo.

  33. sarebbe possibile, allora, avere un altro brano significativo? magari della discesa dei mille.

  34. A Liana:
    La presentazione romana si svolgerà nell’ambito della rassegna più libri, più liberi l’OTTO DICEMBRE ALLE ORE 14,00 PRESSO LA SALA RUBINO.
    Relazioneranno i bravissimi Tea Ranno e Luigi La Rosa.
    Comunque ogni annuncio sulle varie tappe del tour che faremo potrete trovarle (oltre che su letteratitudine) qui:
    http://codadipesce.blogspot.com/

  35. @terzo anno: potremmo fare così. Io posterò nel prossimo commento un piccolo brano relativo alla discesa dei mille. E magari stasera Massimo sceglierà un altro frammento.

  36. ….”La notizia arrivò dalla vedetta che stazionava a Torre Fano. All’inizio non fu più che una bisbigliata, una di quelle che paiono fare tregua allo spasso d’ogni giorno, all’inclemenza della noia.
    Ma poi fu voce grossa: dell’acquaiolo, dello zolfataro, del mastro di piazza e del carpentiere. Fu fischio per i calessieri da sovrapporre allo schiocco di frusta sulle pance delle puledre e urlo ingargarozzito dei vinaioli che mescevano le misure.
    Sono sbarcati i mille.
    Come, e che fu, e quando, e dove e… davvero erano mille? Ah, ma allora non sragionava ‘u zu’ Saru. Allora era poeta di malaventura. E chi sarebbero ‘sti mille? Che vulissero? Strammare la sorte?…..”
    ——————–
    (Da “La coda di pesce che inseguiva l’amore” pag 46″)

  37. Carissimi Simona e Massimo,
    ma a parte quest tecnica di reciproco “affidamento”, avevate già sperimentato qualcosa di simile? Oppure è stata un’esperienza del tutto nuova? E poi…ci parlereste di questo zu’ Saru di cui ho letto nel brano precedente? Chi è? Perchè lo definite “poeta di malaventura?”

  38. Carissimi Simona e Massimo, per prima cosa gli auguri più cari al vostro libro!
    E’ bellissima questa esperienza di condivisione di idee e di penna, esperienza possibile e quanto mai proficua quando è soprattutto condivisione di sguardi e di un medesimo sentire cosa e come trasmettere a chi legge. E’ comunanza di anime, di udito sul mondo che ci circonda e di parole che pur nascendo diverse finiscono per confondersi. E’ frutto però anche di profondo rispetto l’uno verso l’altra e di un umile confronto che vi ha fatto sottoporre le parole e le idee di uno all’intervento dell’altro. Come ci si potrebbe perdere in un relazionarsi fatto di scambio e reciproco arricchimento? Se ci si perde è soltanto perché ci si confonde per un attimo nell’estraniamento dell’atto dello scrivere per ritrovarsi con una nuova lingua che non è più di Simona ne di Massimo ma è quella di entrambi. Bello il book trailer, suggestivo e misterioso anche. Il rumore delle acque è l’onda che si spinge lontano verso l’orizzonte e ritorna indietro sulla spiaggia con qualcosa in più che ha portato con se dal mare.Come voi due, siete andati da qualche parte e siete tornati indietro sempre acqua di mare ma portando dentro qualcosa in più. La vostra storia della coda di pesce.In fondo scrivere è proprio come un’onda che va e viene ogni volta lasciando qualcosa di noi altrove e portando altro con se.Un domani altri troveranno conchiglie che raccontano storie del passato.
    Un grande grande augurio al vostro libro che molto presto leggerò.

  39. Bello il parallelo con Buzzati. Soprattutto per la caratteristica fabulosa e sognante.
    Caro dottor Maugeri, cara dottoressa Lo Iacono, è la coda a simboleggiare la bellezza trafitta?
    Credo che la bellezza si scontri sempre col potere.
    Se così è, il racconto è modernissimo, e – al di là della patina storica – sembra rientrare in quel genere “storico metaforico” alla Consolo che si avvale del passato per parlare del presente.
    E’ giusta la mia impressione?
    Ho poi cercato il libro a Catania nella mia consueta “passiata” per la via Etnea. Mi hanno detto che arriverà nei prossimi giorni. Mi hanno anche detto che a Siracusa, invece, le librerie lo hanno già.
    E’ vero?
    Un affezionato saluto dal vostro affezionato
    Professor Emilio

  40. Una preghiera, caro dottor Maugeri:
    questa sera lasci un frammento che parla della coda. Sono un vecchio romantico.
    Grazie dal suo
    Professor Emilio

  41. Carissimi,
    davvero complimenti!
    Sono incuriosita sia dalla stesura a quattro mani, sia dalla storia!
    Raccontateci: chi è questo Turi? E’ il ragazzo della copertina che guarda il mare? (a proposito…copertina fantastica e booktrailler da brivido).
    Felicitazioni e ad maiora!
    Renata

  42. Il libro l’ho comprato oggi in libreria e l’ho divorato d’un fiato. Non racconto la trama per rispetto del lettore e anche perchè una storia così può solo essere letta fino in fondo. Fino alla tremenda chiusura finale.
    Bravissimi, Simona e Massimo, ciò che è più sorprendente è che il testo non sembra scritto da due persone ma da una sola. E per di più con una scelta linguistica molto difficile da portare avanti in due!
    Come avete fatto a dare alla lingua una caratterizzazione così forte pur scrivendo a quattro mani? E’ stata una scelta consapevole?
    bravissimi! Una buona notte da Salvatore Riscica

  43. Bella l’immagine della terra che si arrende alle acque, cara Simona! in quei luoghi tra Portopalo e Marzamemi lo spazio della terrestrità è indefinibile e sconnesso,pronto a dissolversi in un terramare armonioso e struggente come la nostalgia di una nuova dimensione. Allora è inevitabile scorgere un monstrum-meraviglia che ti incanta col suo richiamo e tu, povero Sindbad, vorresti essere tutto pinne e coda e grandi occhi bombati e lucenti per seguire il suo invito. Poi guardi sconfitto il tuo inutile corpo troppo umano, i tuoi piedi troppo piccoli, i tuoi respiri d’aria,il tuo torso pesante.E’ allora che nella mente ti fioriscono parole e storie da accarezzare in segreto ed infine da raccontare nella lingua dei sogni. Quella che ho letto nell’incipit sotto lo sguardo severo di due grandi , tondi e vigili occhi di pesce.

  44. Io, dopo aver letto il libro, sono rimasto talmente suggestionato che ho comprato lo scafandro. Domani mi immergo nelle acque di Portopalo per verificare di persona se esiste davvero questo pesce. Speriamo non sia un’orca.

  45. Cari amici, grazie di cuore per i numerosi commenti. E scusate se intervengo solo adesso (ma è stata una giornata piuttosto lunga).
    Un ringraziamento speciale a Simona – splendida partner letteraria – che ha interagito con tutti voi, da par suo.

    Cercherò a mia volta di rispondere a ciascuno di voi (sperando di non ripetere le cose già dette da Simona).

  46. @ Emilio
    (replica al suo commento del 19 novembre 2010 alle 8:12 am)
    Non smetterò mai di ringraziarla per “mettere in comune” con noi le sue conoscenze, la sua esperienza, i suoi ricordi.
    Grazie davvero.

  47. @ Renzo Montagnoli
    Grazie mille, caro Renzo.
    Credo che quando due autori decidono di scrivere insieme sia indispensabile, per loro, “rapportarsi in piena libertà, senza quell’egoismo intellettuale che è così frequente”.
    Spero che questa storia riuscirà a soddisfare il tuo fine palato letterario.

  48. Caro Massi intervengo al volo per “incrociarmi” con te e ringraziarti di tutto. Di quella condivisione che è iniziata tanto tempo fa quando, per caso, trovandoci a presentare insieme i nostri due libri ci dissero che dovevamo continuare, ricordi?
    Grazie per questi anni di parole, post, libri, per gli incontri e la profonda fede nella bellezza e nell’unione di sguardi.
    Lascio a te la parola per rispondere ai carissimi amici che ci hanno seguito, ma non potevo andare a nanna senza averti detto, con tutto il cuore, che ti sono grata.
    Una buona notte a tutti!

  49. @ Laura Costantini
    Cara Laura,
    grazie per essere intervenuta. Quando penso alla scrittura a quattro mani non posso non pensare a te e a Loredana (Falcone).
    Il caso tuo e di Lory, peraltro, è davvero particolare. Ogni volta che presenterò questo libro insieme a Simona parlerò di voi due.
    Conosco tanti autori che hanno scritto “a quattro mani”… ma solo tu e Lory siete sempre fisicamente insieme (quasi come un corpo unico, oltre a un’unica mente) per portare avanti la storia.

  50. Grazie a te, Simo. Di cuore…

    Oggi per la prima volta ho visto questo libro di carta. Con Simona ci siamo scambiati le copie (con dedica personalizzata).
    Nel suo ho scritto:
    “A Simona,
    con cui ho trasformato la parola condivisione in condivisione della parola”.

    Grazie davvero, Simo.
    E buonanotte a te!

  51. Ancora per Laura Costantini…
    prima di Natale vorrei organizzare questo grande dibattito sulla scrittura a quattro e più mani (invitando diversi autori che hanno vissuto questa esperienza) tu e Lory sarete le ospiti speciali.

  52. @ Morena
    Grazie mille, cara Morena.
    Scrivi: ” Certamente, è cosa diversa scrivere un racconto o un romanzo.
    Con il romanzo sono certa che le difficoltà crescano”.

    Lo penso anch’io. Ma ne riparleremo quando Simona e io avremo finito di scrivere il nostro primo romanzo a quattro mani. 😉

  53. @ terzo anno di lettere moderne
    Hai scritto: “ma come avete fatto concretamente? una pagina per uno? oppure avete materialmente scritto in due?”

    Carissima Dora (ricordo ancora il tuo nome, vedi?), ti ha già risposto Simona.
    Ti confermo il “patto” tra me e Simona.
    Ciascuno dei due poteva intervenire sulla scrittura dell’altro/a, modificandola senza chiedere il permesso; poi aggiungeva un parte nuova e inviava il testo per mail.
    Chi riceveva, faceva altrettanto: poteva intervenire sulla scrittura dell’altro/a, modificandola senza chiedere il permesso; poi aggiungeva un parte nuova e inviava il testo per mail.
    E così via, fino alla fine della storia.
    Ne è venuto fuori questo impasto narrativo, questo intreccio di parole e frasi.
    Davvero, oggi, non saremmo in grado di dire chi ha scritto cosa.

  54. @ Salvo Zappulla
    Caro Salvo,
    insieme a Tea Ranno (e a Luigi La Rosa) sei il nostro primo lettore.
    Grazie per le bellissime parole (e i prestigiosi “rimandi”). So bene che non le hai scritte per amicizia, ma perché le “senti” davvero.

    Quant’è che ti devo? 😉

  55. Carissima Tea,
    grazie anche a te per il tuo splendido commento.
    Da incorniciare…
    Le tue parole sono belle a prescindere dal loro “senso”, e mettono in risalto il tuo talento di narratrice.
    Ricopio questo passaggio: “E la vita è amara, anche lei – come il sogno – bastarda di ogni bastardume: splende, sfavilla, e poi uncina, e poi squarcia, ammazza, ruba la speranza, la disperde nel torbido del disincanto”.

    Tea Ranno e Luigi La Rosa saranno i nostri relatori alla presentazione del libro alla Fiera “Più libri, più liberi”.

  56. @ Valeria Failla
    Cara Valeria,
    grazie per il tuo intervento.
    Mi è molto piaciuto questo tuo “passaggio”, che mi permetto di riproporre: “Questo mare che da sempre ci nutre, noi del sud, di cibo e di sogni, continua generoso ad alimentare il favoloso e l’ intatto del nostro comune sentire, nonostante lo sciagurato trattamento che spesso gli riserviamo”.


    Non so se questo libro potrà servire riflettere e ad agire per amore del mare, ma spero – qualora avessi la possibilità di leggerlo – che ti faccia navigare nelle misteriose e immaginarie acque della Portopalo del 1860 (nell’atmosfera “fabulistica” che abbiamo immaginato Simona e io).

  57. @ Gaetano Failla
    Caro Gaetano,
    grazie mille per il tuo commento.
    Sono felice che la copertina del libro e il titolo ti siano piaciuti… così come l’incipit. Tu sei un gran conoscitore della letteratura siciliana e mi farà molto piacere conoscere la tua opinione sull’intero testo.
    Per quanto riguarda la tua domanda (in che modo avete organizzato la stesura di “La coda di pesce che inseguiva l’amore”… chi ha scritto cosa, gli accordi, le revisioni, i tempi, ecc. ?) ti rimando alla risposta data a terzo anno lettere moderne.
    Aggiungo che molte delle suggestioni (e alcuni personaggi) sono nati a mano a mano che portavamo avanti la scrittura.

  58. @ Serena Isa Coppola
    Cara Serena, grazie per il tuo commento. Non so se riusciremo a presentare il libro anche a Padova, ma spero che la coda di pesce possa arrivare fin lì… a portare un po’ di odore salmastro di Sicilia.

  59. Per stasera mi fermo qui (non voglio tediarvi oltre con i miei “commenti a raffica”, abusando della vostra pazienza).
    Tornerò a commentare domani, rispondendo alle vostre sollecitazioni (a partire dalle domande di Gioia… e dalla richiesta di Dora/terzoanno di un ulteriore brano estratto dal libro).

  60. Gentili Massimo e Simona,
    le congratulazioni per il racconto ve le porgo “d’impulso”. Riguardo poi al booktrailer, lo trovo suggestivo ed evocativo.
    Entrando nella discussione proposta, penso che la condivisione in letteratura è soprattutto spoliazione di sé, del propio io, per acquisire un’identità nuova, diversa, ottenuta mediante il confronto con l’altro o gli altri. Un’identità nata da una sorta d’abbraccio con il mondo altrui, che diventa crescita spirituale reciproca.
    Mi sovviene il romanzo “Snack bar Budapest”, pubblicato da Bompiani negli anni Ottanta e scritto a quattro mani da Marco Lodoli e Silvia Bre. Sono rimasto sorpreso da come le scritture dei due autori (quella intensa e lirica di Lodoli è notoriamente inconfondibile) si siano fuse così bene da formare un testo omogeneo, esemplare.
    Certo, i due sono maestri, però ciascuno di noi – imparando dai maestri – può ottenere risultati che non sperava di raggiungere. E questo vale sia per la narrativa sia per la saggistica. Specialmente per la saggistica, fuori di dubbio.
    Non potrebbe valere, a mio giudizio, per la poesia, espressione suprema e singolare di ogni anima.
    Comunque, la strada intrapresa anche da Simona e da Massimo credo verrà sperimentata o seguita da tanti altri autori, man mano che passa il tempo, se non altro per partecipare a quell’abbraccio stretto, totalizzante (come diceva Tondelli) favorito dalla narrazione in comune al posto della singola “confessione”.
    In bocca al lupo!

  61. Caro Massimo
    ti ringrazio per aver raccolto ed evidenziato la mia sollecitazione al rispetto dell’ ambiente marino.Leggerò molto volentieri questa ultima perla che va ad aggiungersi alla lucente collana dei narratori di un’isola mondo.Scenderò con voi nel profondo ,giù fino alle radici dell’anima,e mi piacerà scorgervi in trasparenza il ritmo danzante delle vostre mani che insieme costruiscono e condividono un sogno. Buona giornata a tutti.

  62. @ Ausilio Bertoli
    Grazie per il tuo intervento, Ausilio. Hai ragione: nemmeno io conosco casi di scrittura a quattro mani applicata alla poesia. Per quanto concerne la prosa, invece, gli esempi sono moltissimi.
    Non conoscevo questo romanzo “Snack bar Budapest”, di Marco Lodoli e Silvia Bre.
    Sarebbe bello – o coumnque interessante – realizzare un “archivio” sulle scritture a quattro o più mani.
    Magari, di fatto, lo realizzeremo nell’ambito di quell’altro post di cui parlavo.

  63. Prima di proseguire con le risposte, ci tenevo a dire che “La coda di pesce che inseguiva l’amore” – come già accennato nei precedenti commenti – non nasce dal nulla, ma trae origine da un comune percorso iniziato con Simona nell’ambito dei dibattiti on line condotti su questo blog e poi proseguito con la presentazione contestuale di due nostri libri (il romanzo di Simona “Tu non dici parole” e “Letteratitudine, il libro vol. I”). Quest’ultima parentesi, peraltro, cominciò per caso: per esigenze organizzative decidemmo di presentare due libri diversi – seppur uniti da una sorta di fil rouge – nello stesso contesto. Cosa piuttosto rara, ci è stato detto. Forse unica. In effetti mettere due libri insieme, a confronto, nell’ambito di un medesimo evento, implica che un libro – inevitabilmente – rubi spazio (e lettori) all’altro.
    Ciò che accadde quella sera, tuttavia, ci sorprese. Le persone che assistettero alla presentazione rimasero colpite da questa sorta di armonia – così ci dissero – che scaturiva dai nostri scambi, dall’equilibrato rimbalzo di voci.
    Ne derivò interesse, curiosità, stupore.
    Ci invitarono altrove per ripetere quell’esperienza. Le occasioni di confronto si moltiplicarono. E, ogni volta, constatavamo che le reazioni erano analoghe: interesse, curiosità, stupore.
    Va detto che questa storia non è il primo episodio di scrittura creativa a quattro mani che ci ha coinvolto. C’è un precedente: un microracconto intitolato “Lo sguardo indifferente” che abbiamo messo a disposizione dell’amico scrittore Remo Bassini nell’ambito di un’iniziativa promossa sul suo blog e avente per oggetto la pubblicazione di una serie di racconti a quattro mani.

  64. Gioia chiede del personaggio zu’ Saru e Terzo anno di lettere moderne chiede un ulteriore brano.
    Zu’ Saru è un visionario, una sorta di “grillo parlante”, va in giro per il paese a “predicare”. La gente non gli crede… viene deriso, è considerato fuori di testa.
    Nel commento che segue inserirò un brano che lo riguarda (che precede quello inserito da Simona).

  65. Il primo delirio ‘u zu’ Saru l’aveva avuto che non erano due anni. Una marmaglia, diceva, una soldateria rivoltosa sfollerà qui nell’anno milleottocentosessanta. Sua signoria il re di Borbone messo a culo all’aria. La madre principessa nelle stanze, svenevole. I medici ad arrabattarsi e a infrecciarla di sanguisughe per i salassi. La vita al rovescio. Canne di fucili sulle baronie, incrostature sui palazzi, uno sciame da Marsala. Barche e marinai sotto coperta, tra folaghe di albatros impazziti, scannucciati.
    Le prore a punta. E lo sbarco.
    Mille – inveiva ‘u zu’ Saru -, mille picciotti freschi freschi di prime notti, colle mutande ancora mezze calate, le brache senza bretelle. Mille – rideva e piangeva -, ci credereste?


    da “La coda di pesce che inseguiva l’amore” (pag. 11)

  66. Cara Francesca Giulia,
    grazie per il tuo intervento. Spero tanto di poterti incontrare alla Fiera del libro di Roma.
    Voglio riportare questo passaggio del tuo commento, che condivido: “In fondo scrivere è proprio come un’onda che va e viene ogni volta lasciando qualcosa di noi altrove e portando altro con se. Un domani altri troveranno conchiglie che raccontano storie del passato”.

  67. Un altro piccolo brano per il prof. Emilio:

    La coda di pesce era tornata. Turi non faceva che rimirarla sotto le stagnature del tramonto.
    Tramonto di luce e sangue, di speranza e tradimenti.
    Tramonto di Portopalo.
    Che i tramonti a Portopalo non hanno origine né fine, gli diceva Cecè. Non hanno manco memoria.
    Perché, chiedeva Turi.
    Perché sono come i pesci. Sguazzano sulle onde. Fanno strada alla notte senza lasciare segno. Da tutto vengono, e da niente.
    Più in là, Alfio Inserra, l’anziano tonnariotu detto ‘u corvu, non visto, seguiva Turi.
    Messa la mano a visiera, sguardava di cupidigia. Sorrideva: tallonare il picciotto avrebbe dato i suoi frutti. Non aveva mai pescato una bestia di tal stazza.


    da “La coda di pesce che inseguiva l’amore”, pag. 20

  68. Il prof. Emilio domanda…
    è la coda a simboleggiare la bellezza trafitta?

    Sì, professore. Questa coda, questo strano pesce che sguazza tra le onde in maniera “impropria” rappresenta il diverso, il “fuori dall’ordinario”. Sogno e bellezza.
    Ma lo stupore iniziale che suscita, accende ben presto la bieca cupidigia.
    Credo che quando si cerca di possedere la bellezza e strumentalizzare i sogni, essi finiscano immancabilmente con l’essere trafitti.
    E sì, il racconto potrebbe rientrare in quel genere “storico metaforico” alla Consolo (che si avvale del passato per parlare del presente).
    Credo che questo nostro presente sia pregno di esempi di “bellezza posseduta” e “sogni strumentalizzati”.
    Grazie di cuore per le sue parole e per il suo interesse.

  69. Grazie carissimo dottor Maugeri!
    Che bel brano! Davvero musicale, come le onde.
    Mi pare di capire che mentre Pavese e la Garufi mantennero uno spazio individuale, che semplicemente “unirono” a quello dell’altro, voi avete puntato a un’amalga unica.
    Credo che facciano così anche le signore Laura Costantini e Loredana Falcone, oltre che Fruttero e Lucentini.
    A tal proposito dice sulla scrittura a quattro mani il celebre Fruttero :” Lucentini voleva tutto sotto controllo dall’inizio, invece io volevo stupirmi un pochino. Facevamo dei compromessi”.
    E tra voi? C’è chi si stupisce e chi è più razionale?
    Un incuriosito saluto dal professor Emilio

  70. @ Renata Mangiagli
    Cara Renata, domandi: “chi è questo Turi? E’ il ragazzo della copertina che guarda il mare?”
    Esatto, Renata.
    Turi è un giovane pescatore (un tonnariotu). Ma ha uno strano destino e ascendenze particolari.
    È figlio di un tonnariotu che si ribella contro i soprusi della nobiltà (imprigionato nelle carceri del paese) e di una nobile ripudiata dalla famiglia per aver amato quell’uomo.
    Di fatto – Turi – non viene accettato né dai pescatori, né dai nobili. Non è “né carne, né pesce” (“mezzo uomo e mezzo pesce”, si dice nella storia).
    Forse è per questo che Turi è alla ricerca di qualcosa, di un sogno (appunto) che in qualche modo possa riscattarlo. Forse è per questo che – quando vede la coda affiorare tra le onde – pensa che quel pesce è venuto per lui.

  71. Caro prof. Emilio,
    ci siamo incrociati.
    Ancora grazie per il suo interesse e per il suo preziosissimo apporto alla discussione.
    Simona e io abbiamo cercato un’approccio di “mescolanza” nella scrittura (pur scrivendo a distanza, con l’ausilio delle email). Un’amalgama unica, appunto.
    In realtà non abbiamo fatto “compromessi”. E riusciamo a stupirci entrambi.
    Ma lascio la parola a Simona (quando potrà intervenire).

  72. Carissimi,
    un buon sabato a tutti!
    Mi unisco ai ringraziamenti e alle osservazioni di Massimo e alle sue risposte. Devo un grazie particolare a Valeria Failla, che ha una prosa suggestiva, lirica, dolcissima.
    ——–
    A Renata Mangiagli che chiede di Turi…
    Turi è un tonnarioto diverso dagli altri. Vive a pelo d’acqua ma non solo per trarne cibo e sostentamento. Il mare è dannazione, nostalgia, incantamento…sarà per questo che è l’unico a poter vedere la coda. E’ l’unico ad accorgersi di essere seguito.
    Non è solo perchè l’affinità con la profondità dell’abisso lo rende intimo ai misteri, ai segreti della natura. Ma perchè la sua storia passata contiene uno squarcio, una ferita.
    E’ la ferita che lo rende diverso, non catalogabile in alcuna classe sociale,in alcuna definizione, in alcun giudizio.
    Turi è straniero pur tra i suoi, è esule, viandante.
    Per questo riconosce la coda.
    Perchè quell’affamato inseguimento dell’animale, quella sua discrezione, quella sua tenacia disperata e struggente, sono la risposta al suo destino.

  73. Il titolo mi ha riportato alla mente un bel libro di Nico Orengo che lessi anni fa: Dogana d’amore. Lì era una trota che dal fiume calava nel mar ligure e fiabescamente nella vita del protagonista, intrecciando le sue vicende di pesce a quelle di vita, dii morte e d’amore di un pescatore, di una suora dall’incerta vocazione, e di una maestrina in fuga da un matrimonio.
    Ci sono molti punti di contatto e di sintonia tra liguri e siciliani, e forse è proprio il mare il loro comune humus. E credo non sia un caso se lo stesso Camilleri ha scelto una fidanzata a Boccadasse per il commissario Montalbano.
    Ma la domanda è: scrivere a quattro mani può servire a lanciare il messaggio che la condivisione è una strada percorribile, di accrescimento spirituale e personale?
    Che sia percorribile lo dimostrano i fatti, gli esmpi già citati, e lo dimostrate voi due, credo certamente pur non avendo letto ancora il libro (ma soprattutto il bellissimo commento di Tea Ranno sembra convincermi pienamente in proposito, e pertanto il libro lo leggerò presto: potete starne sicuri).
    Che possa essere una via di arricchimento è peraltro indubbio. Naturalmente dipende dal progetto che si vuole realizzare e dal come lo si realizza. Credo che l’intento di fondere due scritture, tentando di annullare le reciproche individualità nel tentativo di farne nascere una terza sia più interessante in tal senso, rispetto a quella di “aggiungere” ed alternare capitoli dell’uno e dell’altro. O almeno credo: io ci ho provato una volta sola, ma abbandonado presto il tentativo. Forse non ci ho creduto realmente, forse sono troppo individualista.
    Per questo non ho mai voluto partecipare al gioco di Remo Bassini citato da Massimo, che si ripete ormai da tre o quattro anni (e che comunque seguo sempre con attenzione), e con il quale voi stessi avete fatto il vostro primo esperimento in comune.
    Ma tanto di cappello quando i tentativi riescono. E sono sicuro che questo sia uno di quelli. Per questo faccio a tutti e due i miei auguri veramente di cuore, sicuro di poterli trasformare in complimenti appena avrò tra le mie mani e sotto ai miei occhi il racconto.

  74. @ Salvatore Riscica
    Grazie mille per il commento e per aver acquistato il libro.
    Per quanto riguarda la scelta linguistica… ecco… ci serviva un linguaggio che rendesse – in qualche modo – l’aura della “fabula” e la caratterizzazione storica. Per cui ci siamo orientati verso questa scrittura che è un po’ barocca, ma che – spero – scorre comunque lieve tra onde narrative di questo mondo che abbiamo immaginato (senza rinunciare ad “ancorarlo” alle realtà storiche).

  75. Caro Emilio,
    la verità è che il tipo di sensibilità che lega al dato reale sia me che Massimo è molto simile, e dunque non è stato particolarmente complicato mettere insieme aspirazione all’astrazione e desiderio di conretezza.
    Abbiamo nature che sanno stupirsi. Che cercano l’uomo. Che lo amano e lo vogliono includere, non escludere.
    Ma siamo entrambi tenaci e volitivi, e quindi conserviamo un approccio in fondo razionale. Quanto basta, almeno, per elaborare la meraviglia, l’incanto della scoperta, il sogno.
    Nessuno dei due ha poi un rapporto esclusivista con la narrazione, nè con le persone. Non mi è mai capitato di sentire parlare Massimo in termini di interesse personale, ad esempio.
    Quindi, nessun compromesso.
    Un andare docile e sereno, piuttosto, verso un sogno comune.

  76. Per quanto riguarda la distribuzione del libro (rispondo a un precedente commento del prof. Emilio) non sono informatissimo (bisognerebbe chiedere all’editore). So che, comunque, è già partita e che nei prossimi giorni il libro sarà disponibile anche presso le varie librerie virtuali (ibs, ecc.)

  77. Grazie, Simo. E grazie a tutti.
    Per il momento devo chiudere qui.
    Vi auguro uno splendido sabato pomeriggio e un’ottima serata.
    Che nel fine settimana possiate avvistare una coda di pesce!
    😉

  78. Caro Carlo,
    sarà una gioia sapere che ci hai letti e mi auguro, come Massi, di poterti incontrare a Roma! Il paragone con Orengo è bellissimo e molto lusinghiero. In comune le due narrazioni hanno l’idea della creatura come simbolo, come signum di innocenza e riscatto dell’origine, del destino, della vocazione primaria al sogno.

  79. Carissimi Simo e Massi, è un bellissimo personaggio Turi, forse è proprio dalla sua sensibilità che dovremmo ripartire tutti quando la vita non sembra offrirci alcuna sorpresa e tutto sembra coperto da una patina di indifferenza.Chissà quante volte è passata una coda di pesce accanto alla nostra barca, nei nostri mari personali, eppure siamo stati incapaci di avvistarla, di riconoscerla anche . Quanto la bellezza può nascondersi ed essere fraintesa? O siamo noi stessi che non abbiamo più occhi per vederla ed amarla? Turi, con le sue ferite e il suo essere viandante disperato fra gli eventi umani, vuole condurci alla capacità di sognare ancora, di amare e riconoscere il bello. Certe volte è vero, la vita nella sua bellezza e nel suo essere dono d’incanto e meraviglia deve proprio venirci a prendere per i capelli e rincorrerci travestita da pesce o da qualcos’altro. Mi piace leggere nelle vostre parole l’invito a guardare un pò meglio attorno e dietro di noi, meno distratti e con occhi e cuore aperti.
    un buon fine settimana a tutti.

  80. Lo sapevate, cari amici, che anche la scrittura a quattro mani tra Camilleri e Lucarelli è nata da un incontro letterario?
    Nel 2007 Minimum fax organizzò un programma televisivo a due voci con i maestri del giallo. I due si incontrarono, si piacquero, alternarono la voce narrante.
    Ne uscì fuori un programma indimenticabile (cliccate qui:
    http://www.wuz.it/intervista-libro/989/raffaelli-lucarelli-camilleri.html )
    e poi il libro…
    Ben vengano dunque le presentazioni d più libri contemporaneamente (come nel caso del dottor Maugeri e della dottoressa Lo Iacono) che contrastano l’idea economica dello smercio dei libri (è chiaro che non tutti i partecipanti, o solo alcuni di essi, potranno acquistare entrambi i testi) e che offrono duplicità di prospettive, ricchezza di voci, alternanza di punti di vista!
    Evviva!
    Un affezionato saluto dal vostro
    Professor Emilio (Dottor Maugeri, il libro è già in libreria, me lo ha detto stamani il mio caro amico Ennio che lo ha acquistato ad Avola!)

  81. Carissima Francesca Giulia,
    hai colto perfettamente lo spirito di Turi.
    Non a caso il libro è dedicato ai nostri figli…..(il mio bambino e le due bimbe di Massi):
    ” perchè sappiano sempre scorgere tra le onde la coda di un pesce”.

  82. L’augurio è infatti che i nostri figli sappiano andare oltre l’apparenza, tagliare la coltre d’indifferenza che impedisce all’uomo di abbracciare l’uomo, e di accoglierlo con pietà, commozione, infinita assonanza di fragilità e di destino.

  83. Mi associo ai vostri auguri per i vostri figli e per tutti quelli che leggeranno la storia di Turi. Fortunati quelli che cresceranno con genitori che sanno nutrire la loro sensibilità e l’attitudine allo sguardo sulla bellezza, come i vostri. A tal proposito, pensate che sia un libro che possa essere proposto ai ragazzi come lettura?Lo considerate un libro “ottimista”? Di speranza di cambiamento? Sarà molto interessante sentire in seguito cosa ne pensano i ragazzi.
    un bacione a Simona,p.s. foto carinissimaaaa!
    saluti a tutti

  84. ….Simo, praticamente hai già risposto mentre io scrivevo….magia di una coda di pesce…telepatica!
    buon w.e.

  85. Cari Massimo e Simona, grazie di cuore per le vostre risposte.
    Spero di leggere presto “La coda di pesce che inseguiva l’amore”, magari comprandolo a Roma l’8 dicembre, negli stand di “Più libri più liberi”; e così potrò incontrarvi e richiedere anche una vostra dedica sul volume…
    Massimo, è molto bello quel che dici sul significato metaforico del racconto, in risposta al professor Emilio:
    *
    Questa coda, questo strano pesce che sguazza tra le onde in maniera “impropria” rappresenta il diverso, il “fuori dall’ordinario”. Sogno e bellezza.
    Ma lo stupore iniziale che suscita, accende ben presto la bieca cupidigia.
    Credo che quando si cerca di possedere la bellezza e strumentalizzare i sogni, essi finiscano immancabilmente con l’essere trafitti.
    *
    A tal proposito, riporto le ultime righe del racconto “Il Babau” di Buzzati (autore già citato come evocazione letteraria da Gelostellato e Salvo). Descrive la fine del Babau, ferito a morte nel cielo notturno, dove “il vagabondo (…) navigava placido a circa trenta metri d’altezza”:

    “Il breve crepitio delle raffiche si ripercosse, d’eco in eco, molto lontano.
    Fu una scena bizzarra. Lentamente il Babau si girò su se stesso senza un sussulto e, zampe all’aria, calò fino a posarsi sulla neve. Dove giacque supino, immobile per sempre. La luce della luna si rifletteva sul ventre enorme e teso, lucido come guttaperca.
    (…)
    Era molto più delicato e tenero di quanto si credesse. Era fatto di quell’impalpabile sostanza che volgarmente si chiama favola o illusione: anche se vero.
    Galoppa, fuggi, galoppa, superstite fantasia. Avido di sterminarti, il mondo civile ti incalza alle calcagna, mai più ti darà pace.

  86. Al termine del brano di Buzzati ho dimenticato di chiudere le virgolette, a indicare la fine della citazione.

  87. In qualità di Direttore commerciale della Sampognaro&Pupi, rendo noto ai nostri amici che il libro è già in distribuzione nelle librerie siciliane. Nel pomeriggio arriverà nelle migliori librerie di Catania, e a giorni in tutta l’Isola. Essendo noi una piccola (ma prestigiosa) casa editrice ci muoviamo ancora con mezzi limitati, nello specifico una motoape e quindi ci occorre qualche giorno per coprire le distanze. Nel resto d’Italia il libro si trova nei punti- vendita riscontrabili nel nostro sito.

  88. I migliori auguri ai due autori per questo intrigante libro. Essendo amante del mare e delle storie di mare, lo leggero’ con gusto.

  89. Portare avanti, oggi, in questa società edonistica e individualista, un messaggio di condivisione implica coraggio e abnegazione. Per questo vi dico grazie.

  90. Ciao, carissimi Simona e Massimo, mi avete fatto venire una voglia matta di leggervi perciò vi chiedo se il libro è in distribuzione nelle librerie catanesi. GIà Il progetto è assai interessante e, conoscendovi, entusiasmante… Si dice che gli scrittori siano estremamente individualisti… voi dimostrate il contrario e questo è già un primo risultato importante del vostro libro. Se vi dicessi “bravi”, però, non renderei un servigio al vostro libro perchè, non avendo ancora letto se non l’incipit ( che per altro mi ha già fatto venire l’acquolina in bocca), potrei essere accusata di partigianeria visto che nutro affetto ed amicizia sinceri e plateali per entrambi… Allora aspetto con ansia di godermi la lettura e… vi dirò… Intanto grazie mille per le questioni sempre avvincenti, mai scontate, che ponete ogni volta, ad ogni vostra apparizione… Baci, infiniti auguri di ogni successo e… a prestissimo, Marinella

  91. Il video e’ molto suggestivo. Lo sventolio del tricolore malridotto con l’effigie di Garibaldi, il vento, la quiete delle acque e poi la barca e il pesce che la segue. Si intona molto bene con l’incipit.
    Bravi

  92. in bocca al lupo a tutti e due:)
    Trovo il vostro un gesto eroico – io nun scrivo a quattro mani manco a’ lista daa spesa, figuramose un libro.

  93. Carissimi Simona e Massimo,
    i miei più sinceri e affettuosi auguri per questa nuova avventura così insolita ed accattivante. Non ho ancora avuto modo di leggere il vostro racconto anche se francamente fremo perché sono proprio un’inguaribile curiosa verso questo genere di argomenti così stuzzicanti. Purtroppo non sono riuscita a trovarlo ma cercherò meglio, (vorrei arrivare “preparata” alla presentazione di dicembre).
    Il tema è inconsueto e affascinante, penso sia veramente geniale l’idea di far tornare a vivere la dimenticata leggenda di Cola pesce, che è forse una delle più insolite, fantasiose e visionarie della nostra tradizione siciliana, che generalmente è molto più radicata alla materialità. (Mi sembra di ricordare che l’abbiano ripresa, parecchi anni fa e in modi assai diversi, anche Leonardo Sciascia, e Santi Correnti).
    In attesa di poter leggere, tento di rispondere alle vostre, impegnative, domande: che significato ha la condivisione in letteratura? Perdita di sé o conquista di sé attraverso il confronto con l’altro?
    Ammiro molto la vostra iniziativa del “mettere in comune”. Scrivere insieme deve essere un’esperienza esaltante, ma penso che non tutti siano in grado di riuscirvi. Occorre innanzitutto la fortuna di trovare la persona giusta, l’anima gemella e contrapposta con la quale condividere una parte di sé, e poi penso ci voglia un profondo rispetto, una grande modestia e tanta forza d’animo per affidarsi e lasciarsi stravolgere dall’altro.
    Il fondamento della conquista autentica del sé inizia dalla consapevolezza dei propri limiti, dall’ammissione umile di “saper di non sapere” ottenibile solo attraverso la relazione con l’altro. Infatti è soltanto dal confronto, dallo scambio, dalla comunione con l’altro, che nasce il “conoscere sé stessi” più autentico. Attraverso la partecipazione del proprio con l’altrui, perché insieme “con-crescano”, può sprigionarsi la potenza capace di generare un’autentica verità, oggettiva e condivisa.
    Tanti autori hanno scritto insieme, spesso dividendosi i capitoli o i personaggi, mi sembra che nel vostro caso la vera novità sia di aver saputo generare un racconto interamente intessuto insieme, con la tecnica che avete illustrato.
    E’ una grande lezione che tutti dovremmo imparare: l’aprirci con disponibilità all’ascolto e al dialogo autentico con l’altro che non sia fatto, invece, del solito vuoto controbattere di sterili posizioni contrapposte.
    Infine penso che la scrittura a due possieda le potenzialità di un concerto per pianoforte a quattro mani che puntualmente finirà per sbalordirci, per la quantità di suoni avvolgenti che si sprigionano come una cascata, contemporaneamente e in breve arco di tempo, da uno stesso strumento.
    L’incipit del racconto che ho avuto modo di leggere è fluido ed effervescente, fresco e cristallino come il nostro amato mare portopalese, ottimo preludio anche il booktrailer.
    Adesso non vedo l’ora di godermi l’attesissimo clou dei fuochi d’artificio!
    Grazie infinite per la vostra fatica e per il dono che ci avete fatto della vostra “amorosa coda”, vi abbraccio con gioia, auguri infiniti, Elvira.

  94. confermo: è nelle librerie. letto d’un fiato….martellane, visionario e un finale…mai letto niente di più struggente. una coda che non si farà più dimenticare. a quando la presentazione a catania?

  95. Ieri mi trovavo a Catania e ho fatto un giretto per le librerie, “La coda di pesce che inseguiva l’amore” si trova dappertutto (però, che efficienza la Sampognaro$ Pupi!!!, manco fosse la Mondadori). Era da:
    La Paglia
    Giannotta
    Librerie Cavallotto
    Trinacria
    Voltapagina.
    I librai dicono che sta andando a ruba, lo comprano persino i pescatori, sperando di trovare indicazioni utili per catturare questo famigerato pesce.

  96. Ho letto l’incipit ed anche i piccoli brani disseminati tra questi post. Un tipo di scrittura che incontra il mio gusto. La storia sembra itrigante ed il video mi pare davvero ben fatto.
    Insomma, complimenti.
    Altre considerazioni le riservo per quando avrò letto il testo intero, dall’inizio alla fine.

  97. 1. Che significato ha la condivisione in letteratura? È più perdita di sé, o conquista di sé attraverso il confronto con l’altro?

    Entrambe le cose, nel senso che talvolta una perdta di sé comporta anche una conquista di sé. Non è un gioco di parole. Intendo dire che a volte rinunciare un po’ a noi stessi ci aiuta a ritrovarci.

  98. 2. Scrivere a quattro mani può servire a lanciare il messaggio che la condivisione è una strada percorribile di accrescimento spirituale e personale?
    Perché no? E poi, qualunque tipo di manifestazione artistica nasce per essere condivisa.

  99. Carissimi dottor Maugeri e dottoressa Lo Iacono,
    scrivo dopo la lettura de “La coda di pesce che inseguiva l’amore”. L’ho acquistato ier sera, incuriosito dai richiami, dalle assonanze con altre letture, dalle suggestioni che questa discussione ha evocato.
    Farò alcune brevi osservazioni di natura lessicale e sul significato dell’opera.
    ANALISI TESTUALE:
    Il racconto, lungi dall’apparire la fusione di due sensibilità, è un corpus compatto, originalissimo, con scelte lessicali innovative e grande capacità di neologismo. Stupisce che gli autori siano riusciti a mantenere “il tono” senza discontinuità e coltivando, al tempo stesso, la capacità di fare della lingua un’ ulteriore mappa di rimandi.
    Qualche esempio:
    “Prese a correre sulle facce stralunate dei mistici, sulle rampe e le losanghe dei pianori, sulle scivolature dei forni che incremavano i tonni e oltre i lavatoi, le stamberghe, le botteghe.Superò le beverature delle mandrie, i manipoli di guardie intrusciate nei vestimenti di palazzo Camalò, svolò su pannerie, su torrazzi, su chiese mezze aperte e oracolanti” (pag 49)
    Ecco, qui la varietà stilistica e lessicale è sorprendente per essere un lavoro a quattro mani. Sia per la forte carica emotiva e incalzante del testo, sia per la varietà di termini (le losanghe, vocabolo dell’archietttura, accanto a pianori che è della geologia).
    C’è da dire che si tratta, dal punto di vista lessicale, di una prova di alta tecnica costruttiva e affabulatrice.
    SIGNIFICATO DELL’OPERA:
    Il senso tutto dell’opera converge nel meraviglioso finale di cui non voglio svelare nulla, naturalmente, al lettore. Basterà dire che il significato risiede nella sacralità della bellezza, e nella sua strumentalizzazione.
    Bisogna chiedersi: cos’è per Maugeri e Lo Iacono la bellezza?
    E’ l’unione delle differenze in un equilibrio di armonia. E’ la confluenza della diversità in un unico destino di aggregazione. Si potrebbe in una parola dire che è l’amore, perchè solo l’amore, nella sua più alta accezione, tutto accoglie, tutto accetta, tutto include.
    Non è un caso che la bellezza nella sua forma più pura sia del tutto innocente e incompresa dal mondo, fuggitiva sempre e sempre sotto accusa. Il suo simbolo è la coda, sì, ma anche il punto esatto in cui le due correnti si incrociano, il punto estremo di convergenza tra mari.
    “La coda era lì. Dove non confluivano solo le correnti ma il senso tutto del bene e del male, dell’uomo e del sogno, dell’innocenza e della reità. Un’abside come di chiesa in cui improvvisamente la canna dell’organo sfumava. Le colonnature delle navate si aprivano. I cristali delle candele squagliavano”.
    Una sola parola: mi avete toccato il cuore.
    Vostro affezionato
    Professor Emilio

  100. concordiamo, allora, caro prof. finale da brivido, si diceva…
    vorrei chiedere agli autori: c’è nel racconto una componente chiaramente mitica, fabulosa. in che modo, a vostro avviso, mito e sicilianità si intrecciano? e, ancora, perchè, secondo voi, il nostro mondo non riconosce mai la coda? perchè è solo turi a vederla?

  101. Carissimi,
    grazie di cuore per i vostri interventi e per le vostre parole. Un grazie speciale a Marinella Fiume, amica e narratrice di eccezionale carisma e ad Elvira Siringo che mi ha davvero incantata con un paragone meraviglioso: Cola di pesce.

  102. A beneficio di tutti bisogna assolutamente raccontare la leggenda di COLAPESCE o COLA DI PESCE, richiamata da Elvira.
    La riporto di seguito, tratta da Wikipedia:
    ————-

    La leggenda di Colapesce è un racconto dalle molte varianti di cui alcune risalgono al 1300. La leggenda narra di un certo Nicola con il diminutivo di “Cola” di Messina, figlio di un pescatore, soprannominato Colapesce per la sua abilità di muoversi in acqua.
    Quando tornò dalle sue numerose immersioni in mare raccontò le meraviglie che vide, e addirittura una volta portò un tesoro.

    La sua fama arrivò al re di Sicilia ed imperatore Federico II che decise di metterlo alla prova.
    Il re e la sua corte si recarono pertanto al largo a bordo di un’imbarcazione. Per prima cosa buttò in acqua una coppa, e subito Colapesce la recuperò.
    Il re gettò allora la sua corona in un luogo più profondo, e Colapesce riuscì nuovamente nell’impresa.
    Per la terza volta il re mise alla prova Cola gettando un anello in un posto ancora più profondo, ma passò il tempo e Colaspesce non riemerse più.

    Secondo la leggenda, scendendo ancora più in profondità Colapesce aveva visto che che la Sicilia posava su 3 colonne delle quali una consumata dal fuoco dell’Etna, e aveva deciso di restare sott’acqua, sorreggendo la colonna per evitare che l’isola sprofondasse, e ancora oggi si trova a reggere l’isola.

  103. Al carissimo Professor Emilio…che mi ha detto le parole di cui avevamo tanto bisogno (sia io che Massimo) per sentirci incoraggiati nel nostro cammino: un grazie di vero cuore.

  104. @terzo anno:
    mito e Sicilia sono tutt’uno. Perchè l’isola evoca con la sua stessa conformazione, la sua asperità e il suo infuocato perimetro, l’idea di un popoloso ambiente di creature primordiali, inconsuete, forse venute dai sogni. Per ogni sua manifestazione c’è sempre una spiegazione che può essere sovrannaturale…E così l’Etna è l’imbocco del mondo degli inferi, la fonte Ciane è una ninfa fuggita dall’Ellade, gli dèi vivono frammisti agli uomini e sotto le vesti di un fauno può forse annidarsi un demone.
    Dipende dalla vertigine di un paesaggio scosceso e irripidito, bellissimo e originario, che sollecita di continuo sensi, fantasia, dolore della fine.

  105. Ancora a terzo anno:
    il mondo non riconosce la bellezza come espressione di un ordine insieme interiore e superiore.
    Di contro sa esaltare una bellezza apparente, patinata, che però non coincide con un ideale di profondo equilibrio e confluenza.
    Quando parliamo oggi di «cosmetica», spesso proprio in associazione alla falsa bellezza celebrata dai media, a quella che James Hillman ha chiamato la «pornografizzazione di Afrodite», spesso dimentichiamo che quella parola viene dal greco kosmos, l’«ordine» che per definizione accomuna e unisce l’interiorità individuale alla legge del mondo in un’armonia che è anche sensibile, estetica.
    Come scrive Agostino: «Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu eri dentro e io ero fuori e là ti cercavo».
    Quindi, cara Terzo anno, il mondo non riconosce la bellezza perchè la cerca nel posto sbagliato.
    Fuori.
    E non dentro.

  106. Buon domenica sera e grazie per i nuovi interventi. Un saluto e un ringraziamento speciale alla cara Simona, che mi ha preceduto (che bello il pezzo su “Mito e Sicilia”!).

  107. @ Zauberei
    Hai scritto: “in bocca al lupo a tutti e due:)
    Trovo il vostro un gesto eroico – io nun scrivo a quattro mani manco a’ lista daa spesa, figuramose un libro”


    Grazie mille, Zaub. Riesci sempre a strapparmi un sorriso.
    Impagabile! 🙂

  108. @ Elvira Siringo
    Cara Elvira, grazie per il tuo intervento.
    Metto in evidenza questo passaggio:
    “Il fondamento della conquista autentica del sé inizia dalla consapevolezza dei propri limiti, dall’ammissione umile di “saper di non sapere” ottenibile solo attraverso la relazione con l’altro. Infatti è soltanto dal confronto, dallo scambio, dalla comunione con l’altro, che nasce il “conoscere sé stessi” più autentico. Attraverso la partecipazione del proprio con l’altrui, perché insieme “con-crescano”, può sprigionarsi la potenza capace di generare un’autentica verità, oggettiva e condivisa.”

  109. E grazie, Elvira, per aver citato Colapesce (la cui leggenda è stata sintetizzata nel successivo intervento di Simona).
    Dalle ultime notizie che mi giungono, pare che Colapesce in questo momento stia sorreggendo tutte e tre le colonne per evitare che l’isola sprofondi.
    Eroico!

  110. @ Emilio
    Caro prof.,
    le sue parole sono davvero lusinghiere. Grazie di cuore.
    Spero di poterla incontrare al più presto.
    (E grazie sempre per il contributo che dà alle discussioni che propongo).

  111. @ Terzo anno di lettere moderne
    Cara Dora,
    ci chiedi: in che modo, a vostro avviso, mito e sicilianità si intrecciano? e, ancora, perchè, secondo voi, il nostro mondo non riconosce mai la coda? perchè è solo turi a vederla?

    Credo che le risposte fornite da Simona siano esaurienti.
    Aggiungo questa considerazione.
    Il problema non è che il mondo “non riconosce mai la coda”… il problema è che una volta riconosciuta poi vuole possederla, sottraendola agli altri.
    Ma – a mio avviso – un sogno che coinvolge più persone diventa grande quando viene condiviso in maniera “vera” (con il cuore… e non solo a parole o a slogan). Nel momento in cui si tenta di farlo proprio, di appropriarsene per motivi biechi, o per uso personale, si sfalda… esplode… come una bolla di sapone.
    Senza dimenticare che i sogni, a volte, sono incompresi… o peggio: danno fastidio… sono considerati pericolosi…
    Comunque sia, non c’è nulla di più triste di un sogno che muore.

  112. Porto Palo è un posto magico per una storia di ecologia dei sentimenti,con la sua tonnara abbandonata, storie di un passato dove i pesci si sono ripresi il mare e l’uomo è solo un’elemento di questo habitat.
    Ma il fatto piu’ interessante è che li’ vicino c’e’ l’isola delle Correnti dove i mari si mescolano colori, pesci, come la vita di tutti noi noi condizionata dali incontri , paesaggi ,sogni………………

  113. allora, tanti auguri e poi vi saprò dire dopo avervi letto.
    ho grandi aspettative, però
    comunque, il booktrailer è fantastico, complimenti a chi lo ha realizzato.
    sulla scrittura a quattro mani il discorso è lungo, complesso.
    si condivide e si sacrifica, ma si condivide e si sacrifica anche quando si riscrive un testo o con un editor o con un “sé” (se si è bravi).
    piuttosto una domanda che è anche un’osservazione.
    io penso che quando si scrive la prima stesura ci deve essere spazio per l’irrazionale, insomma deve essere una scrittura più di mano che di cervello (avete visto il film Inseguendo Forrester? Il vecchio scrittore dice al giovane, Lasciati guidare dalle tue mani, non pensare).
    Va da sé invece che la riscrittura debba essere, per forza, estremamente razionale, alla ricerca di musicalità, logica, limguaggio consono al fruitore che si ha in mente eccetera…
    la domanda è, cari simoma e massimo: quanto aete rinunciato all’aspetto irrazionale?
    perché scrivendo a quattro mani (mi immagino io) si pensa sempre e comunque al fatto che… si sta scrivendo a quattro mani.
    un saluto a tutti
    un saluto particolare a massimo e alla sua famiglia
    e un abbraccio a simona
    (con la voglia di tornare in sicilia, presto)

  114. Al volo e prima di andare in ufficio…
    Caro Remo!!!
    Ma che bello sentire la tua voce! Anche perchè è grazie a te e al tuo blog che io e Massimo abbiamo inaugurato un percorso a quattro mani! Fu una bella esperienza, anche se breve, che ci diede l’opportunità di verificare che il lavoro procedeva senza problemi, con molto rispetto reciproco.
    Quanto alle tue osservazioni…
    è vero. Anche scrivendo da soli se si è molto severi con se stessi (e bisogna esserlo!) esiste un alter ego, esigente e tenace, che vuole essere ascoltato! E mi piace questa tua idea dello sdoppiamento anche nella scrittura individuale perchè è profondmente vera. Anzi, ti dirò, due, tre, mille siamo all’atto dello scrivere. Perchè recitiamo parti, attingiamo a molte facce dell’essere, e ne scopriamo altrettante: segrete, mai dette, rivoluzionarie persino per noi stessi.
    Quindi, anche la scrittura sengola esige l’umiltà di cui si nutre quella a quattro mani.
    ——-
    Per quanto riguarda la tua domanda…anche noi abbiamo avuto una prima stesura irrazionale, e poi molte e successive “puliture” in cui siamo stati davvero spietati con noi stessi!
    Era necessario perchè la scelta linguistica era già volutamente impegnativa, consoliana, doveva adeguarsi ai toni cupi e infuocati del racconto.
    C’era quindi bisogno di un forte controllo sul testo che è venuto fuori dopo infiniti rimaneggiamenti (anche sulle singole virgole).
    Insomma, una conquista proressiva ma istruttiva, di abbandono di ciò che ci sembrava bello ma era eccessivo, o di ciò che “suonava” ma non era strumentale alla narrazione.
    Abbiamo cercato, per quello che abbiamo potuto, di mantenere equilibrio pur volendo fortemente una parola ricca, che raccontasse anche la propria storia.
    Un abbraccio affettuosissimo da questa Sicilia (terra di code, avvistamenti e marinai) che ti aspetta.

  115. Per quanto riguarda le domande, sono tra quelli che difficilmente riuscirebbe a scrivere un testo a quattro mani con altri. Di certo non un testo di narrativa (ammesso che fossi capace di scrivere narrativa).
    Per un saggio tecnico sarebbe di verso. Ci si potrebbe dividere il lavoro per argomenti, o per capitoli.

  116. D’accordo sulle riflessioni fatte sulla condivisione. Un bell’esempio quello fornito da Simona e Massimo.
    Superfluo dire che la condivisione implica un’adesione spontanea, libera da qualunque forma di condizionamenti.
    Altrimenti sarebbe un obbrobrio.

  117. Già dall’incipit si intuisce il fascino della scrittura. Le domande che chiudono il post mi sembrano molto interessanti perché is tratta di quel che facciamo quotidianamente anche noi di corpo10 e cioè scrittura a più mani: ora sono ben otto. Da qualche parte ho letto che le cose belle si fanno in compagnia. Scrivere è una cosa bella. La condivisione della scrittura è sicuramente un’arma a doppio taglio ma comunque più che parlare di perdita/acquisizione del sé, si potrebbe parlare di creazione di un noi, un collettivo che sia di più della pura somma delle sue parti, un gruppo di lavoro in cui ogni idea viene riscritta parecchie volte prima di trovare la forma adeguata e in cui il superfluo viene eliminato per lasciar spazio all’essenziale. Il tutto (che si scriva da soli o in più persone) deve mantenere sempre l’obiettivo della leggibilità e del rispetto per il lettore.

  118. Scrivere a quattro mani ? Solo quattro ?! Che bella domanda ! Per me la narrazione, caro massimo e cara simona, nasce sempre con mani multiple, mai comunque con un solo paio.
    Io vedo lo scrittore come uno sciamano (guarda un po’, c’è dentro la parola Mano !!!) attraversato dalle storie, agguantato dalle storie, che si fa medium tra il qui e il là, la gente e sè, e per questo scrive con tutte le mani che lo toccano, lo picchiano, lo accarezzano. Lo spingono. A scrivere quella storia, quella. Quella che preme adesso.
    E poi un’altra.
    Un’altra.
    Tanti auguri ! e un abbraccio (ehm, appunto) TENTACOLARE a voi tutti !
    Elvira Seminara

  119. Sulla condivisione.
    Sarebbe bello vivere in un mondo condiviso, ma mi sembra un po’ utopistico (purtroppo). Ben vengano, comunque, esempi come il vostro.

  120. Una domanda sulla scrittura.
    L’incipit è affascinante, dicevo. Ma cosa vi ha indotti ad usare quel tipo di linguaggio?

  121. Carissimi,
    che sorpresa strepitosa! mi affretto a cercare il libro dopo aver letto l’incipit e guardato il videobook. Mi riprometto d’intervenire sui quesiti posti , solo dopo una lettura e una riflessione più meditata. D’istinto posso dire che, oltre agli auguri più sinceri, trovo la condivisione sempre una crescita e quindi un arricchimento, per chi fa l’esperienza. Il risutato poi lo si può giudicare dopo. La scrittura per me è ritmo e armonia bisogna quindi vedervi ballare o sentirvi cantare. Auguri, sono certa che sarà molto godibile leggervi.

  122. simona e massimo sono due belle persone, per cui aguro loro con tutto il cuore la maggiore visibilità possibile con il loro progetto di scrittura. spero proprio di poterli incontrare a Roma in occasione della prossima fiera del libro. quanto al tema sulla scrittura a 4 mani, attendo il post per poter esprimere la mia opinione.

  123. Ho letto il libro ed è stata veramente una lettura piacevole, emozionante.
    Nonostante sia un lungo racconto di narrativo tutto il testo è pervaso da una poesia e da una raffinatezza tecnica e linguistica che da tempo non ritrovavo.
    Sembra un libro d’altri tempi……bellissimo e complimenti

  124. Grazie a te Massimo . Per la vostra avventura editoriale dovrei augurarvi un “in bocca al lupo” ma forse è più adatto un “in c… alla balena” !

  125. Cari Simona&Massimo,
    Complimenti&Abbracci&Baci!
    Ho letto tutti gli interventi molto sentiti e qualificati presenti nel blog sul vostro romanzo incorniciato da un book trailer eccellente. Cito Tea Ranno e Salvo Zappulla per motivi diversi.
    Tea Ranno scrittrice affermata e tessitrice raffinata della vostra stesura, mi ha confermato la potenza del vostro racconto e le varie umanità descritte presenti nella storia con lo sguardo e la sensibilità di due autori un uomo e una donna – può fare la differenza nella scrittura a più mani?! – che si fondono in un’anima comune come l’amore universale che investe tutti noi senza discrimine: donando la parola e il riconoscimento di un’identità reale a tutti i personaggi in un’atmosfera magica verso un destino ineluttabile per tutti…………………oppure basta accorgersene in tempo del proprio destino individuando la coda di pesce che inseguiva l’amore, per cambiare rotta?
    Ho letto quanto sopra ascoltando: – Va pensiero dal “Nabucco” di Giuseppe Verdi come colonna sonora legata al periodo storico del romanzo. Ma ho anche immaginato l’audio libro efficace sia come fabula rivolta ai ragazzi che nel dare voce ai personaggi anche da riduzione teatrale: immagino pure una riduzione televisiva considerato che festeggeremo i 150 anni dell’Unità d’Italia 1861 e un Risorgimento in verità tanto chiacchierato.
    Luca Gallina

  126. Salvo Zappulla invece,che ringrazio per il suo prezioso intervento, deve sapere che a Milano con un giro di telefonate sono riuscito a trovare due librerie che non sanno ancora di ricevere le copie del libro: – Lib. Esoterica Primordia – 02/5463151; Fata&Celeste – 02/33103508.
    Questa info me l’ha data la lib. dell’Università- comunque disponibile ha procurarmelo il libro dietro contrassegno.
    Sono pronto ad acquistarlo!
    Ciao, ti stimo e ti seguo sempre…………….a proposito di fabule favolose che tu scrivi.
    Luca Gallina

  127. Lucaaaaaaa!!!! Ma grazie. Non mi aspettavo un tale attestato di simpatia. sono commosso. a Milano c’è mia figlia, fammi avere il tuo indirizzo in privato, che ti mando un regalino (non sto scherzando, fatti dare la mail da Massimo).

  128. Un caro saluto a Valeria (se è la stessa Valeria calabrese che mi ha fatto degustare le specialità del luogo).

  129. ho il vago sospetto che il mio ultimo messaggio non sia andato a buon fine.
    🙂
    perciò vi rifaccio ora i miei complimenti. prestissimo vi leggerò.

  130. Penso che la scrittura a quattro mani sia una sperimentazione come un’altra, e che non la si debba criticare negativamente a priori. Detesto i pregiudizi. Si deve giudicare l’opera, il risultato finale, non l’autore. L’autore (sia esso uno, nessuno o centomila) diventa l’opera nella fase del giudizio. Un racconto peraltro che si prospetta interessante, pertanto provvederò presto alla lettura. Come ricambio di questa visita lascio qui una mia riflessione proprio sulla bellezza sul mio blog “Vongole & Merluzzi”

    http://vongolemerluzzi.wordpress.com/2010/09/06/vivere-secondo-bellezza/

  131. Turi u’ tonnariotu è un pesce fuor d’acqua nell’ambiente in cui vive. Quel borgo di mare è abitato da gente povera, che non sa sognare. Turi, figlio di un brigante e di una nobile prostituta, è il frutto di due classi, che si fronteggiano, si disprezzano e si odiano sin dalla notte dei tempi. Però, a livello individuale, i sentimenti esplodono improvvisi lo stesso e non conoscono frontiere di nessun tipo. Ed ecco che arriva Turi, pescatore sognatore, che aspetta ogni giorno l’arrivo di coda di pesce. Lui sa che quel grosso pesce lo aspetta e lo segue guizzando da un lato e l’altro della barca. Coda di pesce è lì per lui, ogni giorno. Forse come lui è un diverso nel suo mare. Troppo grosso e possente rispetto agli altri pesciolini, che lo vedono come un mostro, come un gigante del mare.
    Turi u’ tonnariotu vede coda di pesce che lo aspetta, che lo segue e forse pensa che la solitudine non è più tanto amara se vissuta in due.
    Queste sono le riflessioni che mi sono venute in mente leggendo qui l’incipit del racconto. Mi riprometto di leggere il libro e di aggiungere qualche altra riflessione.
    Vi saluto con affetto
    Maria Rita Pennisi

  132. In letteratura, come in musica o in qualsiasi altro campo, la condivisione è sempre qualcosa di positivo, perché crea scambi, idee, riflessioni. Ognuno delle due parti attinge sempre qualcosa dall’altro. Io sono una patita del dialogo. Mi piace parlare delle mie idee e sentire quelle degli altri. Credo che il confronto sia una delle cose più belle della vita, perché la parola è vita. Il dialogo crea fili, ponti, affetti, tutte cose necessarie per vivere bene. Fare delle cose da soli è bello, ma fare le cose insieme ad altri, sedersi a un tavolo, magari davanti a una bella cioccolata calda, è bellissimo e stimolante. Si torna a casa sempre arricchiti spiritualmente dopo un pomeriggio o una serata con gli altri. Io non ho mai scritto nulla a quattro mani, ma credo che sia un’esperienza magnifica e verrò senz’altro a Siracusa giorno 11, perché ho piacere di sentirvi parlare in diretta di questa vostra esperienza letteraria.
    Auguro grande fortuna al vostro libro che leggerò al più presto.
    Baci, baci
    Maria Rita Pennisi

  133. Saluto con affetto gli amici Massimo, Simona, Salvo e Tea, anche da parte di Orazio, che vi scriverà al più presto.
    Baci baci
    Maria Rita Pennisi

  134. Grazie infinite a Marco Vinci per questa sua frase:”Superfluo dire che la condivisione implica un’adesione spontanea, libera da qualunque forma di condizionamenti”…Verissimo!

  135. …e grazie a corpo dieci che parla della creazione di un “noi”, che non è la somma di due cuori, ma di un terzo, indipendente, forse anche irriverente, personaggio lui pure sul palco della parola.

  136. E poi grazie ad Elvira e a questa sua bellissima osservazione:
    “Io vedo lo scrittore come uno sciamano (guarda un po’, c’è dentro la parola Mano !!!) attraversato dalle storie, agguantato dalle storie, che si fa medium tra il qui e il là, la gente e sè, e per questo scrive con tutte le mani che lo toccano, lo picchiano, lo accarezzano. Lo spingono. A scrivere quella storia, quella. Quella che preme adesso”…
    E’ davvero così. Ci frapponiamo a mille sguardi su di noi quando scriviamo, e poi al nostro stesso sguardo reso “altro” dal distacco e dalla scoperta di sè. Quasi un vegliante su un dormiente.
    Un bacio, carissima Elvira

  137. A Stefania Ardizzone che chiede della scelta del linguaggio.
    Sia io che Massimo siamo convinti che lo scrittore sia anche un interprete, un giocoso incantatore di serpenti che per sedurre deve soffiare in canna la voce giusta, adatta, somigliante a ciò che vuole raccontare.
    Ecco.La scelta linguistica è strumentale alla storia.
    Poichè volevamo narrare una fabula, il tono doveva essere meravigliato, incantato, sognante. E poichè questa è una fabula siciliana, volevamo anche che avesse assonanza con i nostri mari, con le terre ormeggiate tra sboffi di scirocco, che sapesse di salsedine e onde, mattanze e pesci favolosi, vita e morte accecate da un sole lancinato, ferito, sospeso tra inizio e fine.

  138. A Mariano:
    Carissimo, grazie infinite per avermi segnalato il tuo blog (adattissimo a questa discussione “marina” parlando di vongole e merluzzi) e per avermi donato questa frase che ho estrapolato da lì, e che è una delle definizioni più adatte alla bellezza che abbia mai letto (andate a leggere!):
    “Non dobbiamo chiederci cosa è bello, e cosa non è bello. Già se l’è chiesto Socrate. Dovremmo chiederci se sappiamo riconoscere l’armonia (che non è un concetto classico puramente geometrico): essa è grazia naturale delle cose che esistono”.

  139. E infine un bacio alla mia carissima Maria Rita Pennisi che ha già saputo leggere benissimo tra le righe, e ha dato testimonianza che la condivisione raddoppia l’entusiasmo, la festa, l’incrocio di sguardi.
    E perchè è dalla condivisione che germoglia la vera comunicazione.

  140. Credo che il blog di Massimo sia la testimonianza virtuale e reale della condivisione.
    Scrivo per flash: le passeggiate, le presentazioni, la ricerca della strada – quante volte avremmo potuto perderci… 🙂 – , le letture condivise, il cibo e le lacrime, racconti di vita e di fantasia, la passione per le parole.
    Questo sono stati sempre per me Simona e Massimo cui auguro il meglio.

  141. Il blog di Remo Bassini è stato per me palestra di racconto a quattro mani. Ne sono venuti fuori dei bellissimi e-books…
    Vi scrivo il link:
    http://remobassini.wordpress.com/

    Guardate sulla colonna E-BOOKS e vedrete che ci sono quelli del 2008, 2009, 2010. Io ho scritto insieme al caro Alessio Grillo, artista qui prestato alla scrittura, ad Andrea Blasina e alla blogger e.l.e.n.a.

    La scrittura a quattro mani è ascolto e condivisione del mondo dell’altro, sintonizzarsi sulle sue corde…

  142. Ai lettori,
    siamo una piccola casa editrice che punta sulla qualità. La scelta di pubblicare il manoscritto di Massimo e Simona nasce dal desiderio di offrire una lettura che crei emozioni; e quale migliore opportunità che pubblicare un manoscritto che partendo da una radice “condivisa” (gli autori) si proietta su una più ampia condivisione (con il lettore) cercando di evitare di rimanere, come spesso accade, in un asettico ambito paracrino?

    Relativamente alla distribuzione : è già cominciata. Le librerie nazionali possono essere recuperate dal sito (www.sampognaroepupi.it). In qualsiasi caso il libro può essere richiesto anche direttamente all’editore (marketing@edigroupeco.it).

    A Massimo e Simona,
    grazie per averci dato questa opportunità. La reciprocità “attiva” autori /editore produce un effetto sinergico che risulta vitale per una editoria indipendente che vuole distinguersi dalle tendenze commerciali.

  143. @ Remo Bassini
    Grazie per essere intervenuto, caro Remo.
    Come ho scritto in uno dei commenti precedenti, il progetto di scrittura a quattro mani con Simona nasce grazie alla splendida iniziativa che hai portato avanti sul tuo blog (come ha messo in evidenza anche Maria Lucia).
    Sarai l’ospite speciale, se avrai piacere, di questo grande dibattito che spero di organizzare entro la fine dell’anno sulla scrittura a quattro o più mani (con il coinvolgimento di tanti autori).
    Riguardo alla tua domanda (quanto avete rinunciato all’aspetto irrazionale?) condivido la risposta che ti ha dato Simona.
    Aggiungo che pur nella brevità del testo (stiamo parlando di un racconto di una cinquantina di pagine) non abbiamo mai rinunciato a farci trasportare dalla storia e dai personaggi… e molte idee sono nate all’improvviso a mano a mano che la scrittura componeva questo mondo che prendeva vita tra le parole della nostra storia.
    È questa, per me, la bellezza irrinunciabile della scrittura (anche a quattro mani).

  144. @ Stefania Ardizzone
    Grazie per i complimenti, Stefania.
    Ci chiedi: cosa vi ha indotti ad usare quel tipo di linguaggio?
    Ti ha già risposto Simona.
    Aggiungo che – tra le altre cose – ci serviva un linguaggio capace di rendere contemporaneamente l’aura tipica di una “fabula” e un minimo di ambientazione storica.
    È venuta fuori quel tipo di “voce” che hai ascoltato leggendo l’incipit.

  145. Purtroppo stasera ho problemi di connessione (adesso vi sto scrivendo da un IPhone). Vi chiedo scusa. Tornerò a commentare domani.
    Ne approfitto per salutare Paolo Tralongo che sta condividendo l’avventura della coda di pesce con me e Simona. Le acque in cui navighiamo (il mercato editoriale di oggi) non sono delle più facili, ma siamo amanti del mare.
    E a volte, seguendo una coda di pesce, si possono raggiungere traguardi inattesi.

  146. L’augurio di una serena notte a tutti voi… e alla mia socia (che sara’ già a nanna).
    Il resto, a domani.

  147. son qua per ringraziare tre amici, maria lucia, simona e massimo, per le belle parole e per aver citato tanto il mio blog quanto il mio romanzo appena uscito.
    mi sa (simona, maria lucia, massimo) che nei prossimi mesi ci rivedremo.
    sulla scrittura a quattro mani.
    a me venne in mente di proporre l’iniziativa di abbinamenti anche tra gente che non si conosceva perché, proprio pensando a coloro che scrivono in due, una sera pensai: io già litigo con me stesso quando scrivo, figuriamoci se sarei capace di scrivere con un’altra persona.
    pensai ancora.
    penso che potrei farcela, ma dovrei trovare una persona che abbia tante affinità con me…
    così proposi i racconti a quattro mani nel mio blog e provai io stesso a scrivere con un-una socia.
    l’iniziativa del blog andò bene, la mia poersonale naufragò.
    quest’anno per la prima volta, invece, ho scritto con un’altra persona.
    e – almeno io – mi son dovuto ricredere: non sono importanti le cosiddette affinità culturali (certo, almeno un po’), sono importanti le affinità… psicologiche.
    insomma deve essere un po’ come nel calcio: ci vuole una forte ma forte intesa.
    però è giusto che se ne ridiscuta, poi.
    un caro saluto a tutti

  148. carissimi MasSimona, non vedo l’ora di leggervi. E aggiungo una cosa. La condivisione io la intendo come “compassione”. Non nel senso di una falsa (o pietistica) carità da catechesi, ma compassione in chiave buddista, partecipazione profondissima e vera all’universo dei sensi e dei corpi.
    Quando l’ho intervistato a Torino, Pamuk mi disse una cosa che cito spesso : “£’ la compassione ciò che “tiene ” un romanzo. La compassione che lega un autore ai suoi personaggi, la compassione fra essi e il lettore”. E’ questa anche la mia fede.
    Io sto per partire per Berlino e Stettino, ospite (felice) della Settimana della cultura italiana nel mondo”… Poi vi dirò ! Ci vediamo il 12 a Siracusa .
    un forte abbraccio, a voi e a tutti i giusti che amano le storie !
    elvira

  149. Carissima Signora Seminara,
    lei è mirabile nel parlare di questa compassione che è partecipazione e condivisione. A tutti i livelli. Tra autore e personaggi. Tra autore e lettore.
    Ma forse anche tra autore e se stesso.
    Ho letto L’insostenibile leggerezza dell’essere, e c’è un momento in cui l’autore ci parla della compassione: del diverso significato profondo che compassione ha in alcune lingue che non usano la radice “passio” (da patior, latino, e quindi cum-patior) ma partono dal sostantivo “sentimento” (il tedesco, il ceco, il polacco, lo svedese, ci dice Kundera), insomma la parola andrebbe tradotta in italiano: co-sentimento.
    E quindi sentire insieme, sentire sovrapposti, sentire con l’altro e per l’altro, traslare l’emozione e ridirla. Rinanarrarla.
    In una parola farci umanità e non singoli uomini.
    Grazie per questa riflessione, cara Elvira.Leggerò con vera gioia il suo giallo (ebbi già ad amare “L’indecenza”).
    Il suo affezionato
    professor Emilio

  150. Cari Massimo e Simona, credo che molti di noi siano incuriositi dall’esperienza della scrittura a quattro mani. Ammetto tuttavia che i miei interrogativi riguardano più il lato pratico, il momento in cui dopo esservi confrontati, avete iniziato a buttar giù le prime battute, e mi chiedo se in tal senso ciascuno di voi aveva riservato per se la propria parte del racconto o se invece avete scritto quanto più possibile insieme? Magari potrebbe risultare un’analisi superficiale ma di un libro mi intriga tutto ciò che concerne la sua “personale” storia, perchè tutto contribuisce a caricarlo di dettagli strutturali. Sicuramente l’atto del condividere è stato un momento e un atteggiamento centrale per voi e per una sognatrice incallita come me, non ci vuole tanto per capire che condividere anche e soprattutto una fantasia non è evento negativo, anzi nel momento stesso in cui si propone a volce alta un sogno o un’idea, essi divengono sempre più concreti, in molti casi poi reali e tramite il confronto si caricano di nuovi elementi che arricchiscono. La letteratura si fonda sulla condivisione. Pensiamo anche al rapporto tra uno scrittore e il suo lettore. L’uno diviene complice dell’esperienza o più semplicemente della fantasia dell’altro, sebbene reintrpreti o trasferisca la storia raccontata in base alle sue più intime emozioni. Vi faccio i miei complimenti non solo per il libro che avete realizzato ma anche perchè tramite questo blog permettete ai vostri lettori di condividere “quella stessa storia” in modo più profondo direttamente con voi.

  151. cari e care,
    vi riporto di seguito le riflessioni che un mio compagno di corso, appassionato dell’horcynus orca di d’arrigo, ha fatto creando un parallelo con il racconto di maugeri e lo iacono. lui è un timido, e non vuole esporsi mai. lo farò io per lui, avendogli strappato il consenso a far leggere a tutti questa sua bellissima visione.di seguito:
    “Paralleli tra l’opera di D’Arrigo e La coda di pesce che inseguiva l’amore”di Rosario Mizzi, anche lui terzo anno di lettere moderne.
    —-
    Come in D’Arrigo, nell’uccisione dell ‘ “orcaferone” la mattanza della coda è patimento universale, sconfinato dramma della quotidiana barbarie dell’innocenza.
    Insopportabile, alla lettura, il dramma dell’orca, come quello della coda: “scodata e immortale, era il peggio che le potesse capitare”, ridotta a “un gigantesco, nero, miserrimo rottame… orrendo, ridicolo e contempo pietoso a vedersi”. Come in D’Arrigo anche nel racconto di Lo Iacono e Maugeri, lo scontro tra l’animale e l’uomo non segna un ristabilimento dell’ordine, così come avveniva nella mitologia antica e nelle leggende medievali. Ma sentiamo che quanto avviene ci riguarda. E’ come la morte di una parte intima di noi. Una menomazione irreparabile, una castrazione che ci riduce muti e impotenti. E fa dell’orca, e della coda, uno specchio dei tempi.
    Mi ritrovo anch’io, come i pellisquadre e come ‘Ndrja, a guardare questa agonia come se fosse un cataclisma psichico, con “qualcosa che non si poteva dire, qualcosa di oscuro e indefinibile, come una sensazione fisica esaltante e contempo malinconica, un barbaro senso di ebbrezza, di allegria, e contempo d’incontenibile, traboccante nostalgia per qualcosa che non avrebbero mai saputo dire, ma che doveva fatalmente essere qualcosa di diverso e di contrario a quella esaltazione fisica, a quella ebbrezza e allegria, qualcosa di simile alla vita di fronte a qualcosa di simile alla morte… anche se pareva esserci qualcosa di vizioso in questo… era quell’alito di mare, tremendo, oscuro, rigurgitante di fatalità e di catastrofe che sentivano e ogni volta, nel momento che lo sentivano, speravano, si desideravano con tutto l’animo di non sentirlo più… e contempo, col cuore strano, spaurato, stranamente spaurato, come fosse più forte di loro, speravano, si desideravano con tutto l’animo, di risentirlo ancora, di poterlo risentire perlomeno ancora una volta”.
    (I brani tra virgolette sono tratti da “Horcynus orca” di Stefano D’Arrigo)

  152. Caro Salvo,
    ti ringrazio per il pensierino che mi vuoi far recapitare………….e dimmi pure i complimenti graditi che ti posso inviare se il risultato è sempre così generoso da parte tua…..hahahahahah,pardon grazie MILLE!
    Baci&Abbracci
    luca.gallina@tin.it
    :_)

  153. Carissimi,
    devo dire che nonostante Vi abbia sempre letto, è la prima volta che scrivo.
    Leggendo questo post giorni fa, sono rimasto davvero incuriosito da questo interessante progetto. Sabato ho acquistato il libro e ho finito di leggerlo proprio ieri. Che dire, progetto pienamente riuscito! Devo farvi i complimenti, oltre che per la storia, davvero ben strutturata, soprattutto per la Vostra scrittura che permette una lettura scorrevolissima oltre che piacevole.
    Complimenti ad entrambi!…E chissà che non possa nascere a breve un “seguito”..?
    Un abbraccio, Mario

  154. dico che la condivisione apre nuovi scenari di senso in una realtà… autoespressiva. Conquista di sé attraverso il confronto con l’altro, comunque.

  155. Per il punto 1) La condivisione in letteratura è sicuramente conquista di sé attraverso il confronto con l’altro. Guai a chiudersi e a ritenere la propria esperienza letteraria al momento dello scambio e della condivisione, perdita e non guadagno. Ah! Se avessimo il tempo di soppesare ogni frase letta… a rappresentazione della vita spirituale di tutte le generazioni, di tutti i popoli di tutti coloro che nei canti e nelle strofe dei poeti, nella meditazione dei sapienti e nelle memorie degli storici, ci hanno comunicato qualcosa…

  156. Per il punto 2) Scrivere a quattro mani può servire a lanciare il messaggio che la condivisione è una strada percorribile di accrescimento spirituale e personale, ma non può essere una regola… ognuno esprime e assorbe in modo differente.

  157. Scrivere in due è possibile se si è disponibili a mettersi in gioco, se si è disponibili a farsi contaminare dalla fantasia di un altro. Per attraversare la soglia ci vuole un piccolo atto di modestia, bisogna rinunciare a quella parte individualista dell’io che crea gerarchie ed ostacoli. È come lasciarsi sguarniti mostrando la parte più intima. Ma non ci può essere la condivisione di una scrittura in comune senza la scoperta di grandi affinità. Solo allora si apre l’officina segreta, si allineano sul tavolo da lavoro gli arcani del mestiere. Succede raramente, ma quando succede è un vero miracolo, le fantasie prima scisse si intrecciano in una danza creativa e 1 + 1 non fa 2 ma 100.

  158. @ Andrea
    Caro Andrea,
    hai scritto: ” Ho letto il libro ed è stata veramente una lettura piacevole, emozionante. Nonostante sia un lungo racconto di narrativo tutto il testo è pervaso da una poesia e da una raffinatezza tecnica e linguistica che da tempo non ritrovavo”.

    Grazie di cuore, Andrea. Sei uno dei nostri primi lettori. Ed è bello ricevere parole così incoraggianti.

  159. @ Angelo Orlando Meloni (ang)
    Caro Angelo, ti avevo già ringraziato in un precedente commento (il tuo passaggio non è passato inosservato, tranquillo).
    Ma grazie per essere intervenuto di nuovo.
    Inutile dire che ci teniamo tanto alla tua lettura…

  160. Un ringraziamento a Mariano e un in bocca al lupo per il blog “Vongole & Merluzzi”.
    Tra vongole e merluzzi non dev’essere difficile scovare una coda di pesce…

  161. Cara Maria Rita, grazie per le parole di affetto e per la fiducia. E grazie anche al caro Orazio.
    Ci direte quando avrete avuto modo di leggere la “coda di pesce”.
    Spero di incontrarvi presto.

  162. Caro Remo, avremo senz’altro modo di approfondire la conoscenza della tua ottima iniziativa dedicata alla scrittura a quattro mani.
    Come ho scritto nei commenti precedenti, tu sei l’artefice della scrittura a quattro mani tra me e Simona e – dunque – il padrino di questa coda di pesce appena nata.
    Ancora tanti in bocca al lupo per il tuo romanzo “Bastardo posto”, che ha contribuito a rendere ancora più bella la già ottima collana Corsari di Perdisa pop: http://www.gruppoperdisaeditore.it/Catalogo/Perdisa-pop/Romanzi.aspx

  163. Cara Elvira, fa’ buon viaggio a Berlino. E – a proposito di condivisione – raccontaci come è andata, al tuo ritorno.
    Molto bello il riferimento alla “compassione” nell’ottica di Pamuk.

    p.s. In effetti MasSimo racchiude i diminutivi dei nostri nomi (mio e di Simona) 🙂

  164. @ Daniela Tralongo
    Cara Daniela, grazie per essere intervenuta.
    Come abbiamo già accennato nei precedenti commenti, l’esperienza di scrittura con Simona è stata un’esperienza di scoperta e arricchimento… fondata non su una scrittura a “compartimenti stagni”, ma su parole, frasi e brani che si sono mischiati e fusi fino a formare una terza voce.
    Un abbraccio.

  165. @ Terzo anno lettere moderne
    Cara Dora, ringrazia il tuo collega di università Rosario Mizzi da parte nostra. Il parallelismo con l’Horcynus (capolavoro assoluto della letteratura mondiale del Novecento) fa venire i brividi per l’emozione.
    Grazie di cuore.

  166. Mi preme molto ringraziare il professor Emilio per la bellissima radice semantica di compassione. Riporto questo bellissimo brano di Khen Lampert, teorico della “compassione radicale”:
    « Ho notato che la compassione, soprattutto nella sua forma radicale, si manifesta come un impulso. Questa manifestazione è in netto contrasto con le teorie di Darwin, che riguardano l’istinto di sopravvivenza, come determinanti il comportamento umano, e con la teoria freudiana del principio di piacere, che respinge qualsiasi apparentemente naturale tendenza da parte degli esseri umani ad agire contro i propri interessi »

  167. Alla carissima Daniela Tralongo che chiede se ci eravamo riservati di scrivere ciascuno una parte determinata del racconto:
    no. Nessuna predeterminazione di parti. Nessuna divisione di ruoli. Nessuna programmazione di numeri (tu fai tanto, io faccio tanto). Un incedere per rimandi e fantasie, popolamenti graduali, avvistamenti di senso e trovate. Un immaginario che si è formato sotto i nostri occhi e che ci ha condotti, anche noi pescati come Turi. Anche noi inseguiti da un’immensa coda.

  168. Al carissimo Remo, che ha avuto la meravigiosa intuizione di fare della scrittura a quattro mani un gioco (esaltando così il lato ludico della creazione letteraria):
    è vero. Con l’altro dev’esserci innanzi tutto un’affinità psicologica. Nel senso che si deve condividere il senso da dare alla storia, il tono, il ritmo, il fiato.
    E per far questo la mente dev’essere sintonizzata, si deve cogliere la trovata del compagno con una intuizione felice, disarmata, pronta a balzare.Bellissimo il paragone con i giochi di squadra, caro Remo.
    E’ proprio così. Fiato a freccia, corsa comune e precipitosa in direzione della rete. Scambio di sguardi….e ….goal (si spera…!)

  169. Ancora a Remo.
    Grazie a questa discussione ho avuto la bellissima notizia dell’uscita di “Bastardo posto”!
    Dire che ne sono felice è poco.
    Posso con molta gioia testimoniare che questa storia è come una lunga voce che bisbiglia all’orecchio e che l’ho vista nascere con crescente commozione.
    Bravo Remo.
    Venite, tu e …Limara.
    Vi aspettiamo in Sicilia!

  170. Cara Elvira,
    Grazie per avere ricordato che la letteratura è compassione. Grazie per aver detto che ci lega nella nostra reciprocità. E rimbalza restituendo lo stesso fragile destino, lo stesso spaurito incedere. Tutti e senza distinzione a smarrirci, cara Elvira.
    E poi, a trovarci.
    Felicissima permanenza a Berlino!

  171. @ Mario Lo Giudice
    Caro Mario,
    ci scrivi: “Carissimi, devo dire che nonostante Vi abbia sempre letto, è la prima volta che scrivo”.

    Spero che abbia rotto il ghiaccio e che tornerai a intervenire.

    Scrivi anche: “Sabato ho acquistato il libro e ho finito di leggerlo proprio ieri. Che dire, progetto pienamente riuscito! Devo farvi i complimenti, oltre che per la storia, davvero ben strutturata, soprattutto per la Vostra scrittura che permette una lettura scorrevolissima oltre che piacevole”.

    Grazie di cuore, Mario… intanto per aver acquistato il libro (e per averlo letto). Mi rincuoro quando dici che hai trovato la scrittura “scorrevolissima oltre che piacevole”.

    Infine ci chiedi: “E chissà che non possa nascere a breve un “seguito”..?

    Be’, posso dirti – in anteprima – che Simona e io abbiamo già buttato giù le prime pagine di un romanzo a quattro mani. È ambientato a Catania sul finire degli anni Sessanta. Il protagonista è un giudice che nutre un amore viscerale per i libri…
    Non aggiungo altro, a meno che la mia socia non voglia rivelare particolari ulteriori.

  172. Cara socia, passo e chiudo (per la cena).
    La coda è qui vicino a me: svetta sull’onda, emerge, s’inabissa, rasenta a pelo la corrente…
    Chissà se le sta un po’ stretto vivere tra le pagine di questo libro?
    🙂
    Una buona cena a tutti.

  173. A terzo anno:
    molto lusinghiero il parallelo con l’horcynus! Mamma mia…
    Senza voler fare paragoni, propongo però un brano dell’horcynus tra i più belli….
    quello in cui D’Arrigo parla della “fera” come simbolo di bellezza, come signum di una benevolenza divina, come compagna di strade e abissi.
    ——
    “….Prosegui così e intorno a lei, come succedeva sempre, i pellisquadre andavano pensando che nessuna fera mai li aveva straziati con un più dolce verso di vava. Aveva tutte le sue corde ancora fresche e toccanti, non ancora arrugginite dall’uso e dall’abuso. Gliel’aveva mandata forse l’Onnipotente in persona, per consolarsi un poco, afflitti cariddoti: l’Onnipotente, o quel suo dio che se n’era sbarazzato, gettandogliela dal cielo in mare a loro. Gliel’avevano scelta, mandata apposta a sonare ai loro orecchi, con quel flauto in gola, che si macerava di lacrima in lacrima e si spremeva la vigliaccheria da tutti i puzzolenti pori della sua pelle. Era la fera che ci voleva, un’artista….”

  174. Vai a cena, caro socio…però dì alla coda di passare anche dalle mie parti!
    Detto tra noi: non le dispiace stare in un libro. E’ uno dei migliori posti in cui vivere … 🙂

  175. Carissimo Mario Lo Giudice..
    grazie! Sei stato molto affettuoso a rompere il ghiaccio proprio in occasione di questo libro!E sì…stiamo provando ad affrontare la prova del romanzo.
    Fino ad ora ci ha dato molta gioia. E sebbene ognuno di noi coltivi anche, in parallelo, un percorso personale, il romanzo a quattro mani ci stuzzica di continuo, ci pungola, ci tormenta.
    E’ la storia di un giudice (guarda caso)…ma un giudice che ai codici sovrappone i libri, che risolve i processi con la letteratura, e che all’eterna ricerca di verità sovrappone uno sguardo trasognato, commosso. Un sospiro di impotenza a volte. Di indicibile nostalgia per tutto ciò che fugge, che trema, che non può che essere afferrato scrivendo.

  176. E grazie a Marò Locri, ad Anna, al carissimo Orazio Caruso.
    Caro Orazio e se 2 + 2 in questo caso non facesse 100, ma…mille??? (il racconto è ambientato durante la discesa dei mille!)
    Un bacio!

  177. Ho scritto vari testi (commedie, saggi, racconti) a quattro mani.
    Provo allora a rispondere alle due domande.
    1. Che significato ha la condivisione in letteratura? È più perdita di sé, o conquista di sé attraverso il confronto con l’altro?
    E’ un’esperienza affascinante. Che può funzionare oppure no. Dipende dalle persone coinvolte nella scrittura. Ad esempio, con uno dei miei più cari amici (a cui mi lega da 35 anni una quasi imbarazzante sintonia politica, oltre che un forte rapporto personale che coinvolge anche le nostre mogli) ho tentato di scrivere un giallo. Dopo qualche giorno l’impresa si è rivelata impossibile: tra noi due la differenza stilistica (in senso molto ampio) è tale da rendere impraticabile la stesura di un testo comune.
    Mentre con un conoscente (non proprio un Amico) la collaborazione per un lungo saggio ha funzionato benissimo.
    Scrivere in due o in tre significa trovarsi in un terreno nuovo per tutti e lì contribuire al progetto comune, cercando di trarre gli uni il meglio dagli altri.
    Ma la riuscita dell’opera è indipendente dal rapporto preesistente tra i partecipanti.
    2. Scrivere a quattro mani può servire a lanciare il messaggio che la condivisione è una strada percorribile di accrescimento spirituale e personale?
    Certamente. Importante è trovare modi di collaborazione non rigidi. Mi spiego: nè uno che guida e l’altro che fa i “lavori sporchi”, nè la riduzione del testo al “minimo comun denominatore”, in una caccia al ribasso. La collaborazione significa che il risultato è superiore a quanto i partecipanti potrebbero fare da soli, perchè idee metafore soluzioni eccetera arrivano PROPRIO PERCHE’ si collabora.

  178. Grazie per essere intervenuto, Luciano.
    Mi pare che tu esprimi (sulla base della tua esperienza di scrittura a quattro mani) una opinione un po’ diversa rispetto alla maggior parte delle altre: ovvero, che “la riuscita dell’opera è indipendente dal rapporto preesistente tra i partecipanti”.

  179. Gentili Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri,
    perdonate se prediligo l’anonimato, ma ci tengo moltissimo a farvi i migliori auguri per questo vostro lavoro letterario che leggerò con immenso piacere e curiosità, non tanto perché incuriosito dalla scrittura a quattro mani, quanto perché sono un appassionato di letteratura del mare.
    In effetti questo vostro racconto di cui ho letto, al momento, solo l’incipit e qualche stralcio qua e là rientra a pieno titolo nella categoria.
    Come contributo alla discussione vorrei inserire alcuni passaggi di un piccolo saggio pubblicato su culturemediterranee.org

  180. L’Italia è una penisola protetta a Nord dalle Alpi ma consegnata al mare per la maggior parte dei suoi confini, adagiata tra il mar Tirreno, l’Adriatico e lo Ionio, tra il Mar Ligure e il Mar di Sicilia, e pur sempre dentro l’accogliente, protetto,domestico, chiuso, controllabile e tutto sommato tranquillo Mediterraneo, culla di civiltà e di culture disparate che sono state unite, come diceva poeticamente Fernand Braudel, dalla comune presenza dell’ulivo, del mandorlo e del melograno.
    L’Italia è inoltre formata da due grandi isole, Sicilia e Sardegna – le più grandi d’Europa dopo le isole britanniche, ma non, come quelle, aperte all’Oceano, al suo Ignoto e alla sua Avventura – e da una quantità di piccole isole: in Toscana l’Elba e il suo arcipelago, sette isole in tutto; in Campania Ponza e Ventotene, e Ischia, Capri e Procida nel Golfo di Napoli; in Puglia, le Tremiti; e attorno alle isola maggiori molte minori: in Sicilia le vulcaniche Eolie, le Pelagie, le Egadi, e Pantelleria, e Ustica; in Sardegna l’arcipelago della Maddalena, l’Asinara, Sant’Antioco e lo scoglio di San Pietro. E se è oltre le colonne d’Ercole, è uscendo dal Mediterraneo che il mare è mare, che la sua cangiante e pericolosa bellezza ha posto l’uomo di fronte ai più pericolosi dei misteri e delle conquiste, però fino al Cinquecento, fino alla Conquista del Nuovo Mondo, il Mediterraneo era il “mare nostrum” e il mare noto, il mare considerato primo e unico e culla della civiltà e della storia, il mare dell’Odissea, delle fatiche di Ulisse per ritornare alla sua piccola patria dopo la vittoria su Troia, e più tardi, molto più tardi, dell’esule troiano Enea, in fuga tra l’Africa e l’Etruria verso la fondazione e nascita, talora controvoglia, dell’Italia che sarà romana. E che diverrà malamente nazione solo nella seconda metà dell’Ottocento, dopo l’avventura, inizialmente marinara, dei Mille di Garibaldi.

  181. Per i Fenici il Mediterraneo era il luogo della vita, dei traffici, del passaggi, per Omero e Virgilio è il ritorno a casa o la conquista di una casa, che, fuori dal deserto e dal mare, abbia sostanza stabile e terrestre. Per Omero, per Virgilio, il mare è qualcosa di più di uno sfondo, è il luogo del movimento e dei passaggi, delle partenze e dei ritorni, delle fughe e della ricerca di un punto d’arrivo, di pace; più tardi, per le nostre Repubbliche marinare – Venezia e Genova, anzitutto, ma anche Pisa e Amalfi – è il luogo dei commerci, e della conquista che ne procura il controllo, ed è nel mare che si combatteranno le battaglie più aspre, per il dominio sui territori interni e le coste, fino ai grandi scontri con Turchi e Musulmani di cui, oggi, c’è chi ha una malsana nostalgia ed è tornato a chiamarli “scontri di civiltà”. Ma nella letteratura prodotta dall’età di mezzo, prima della scoperta delle Americhe, si direbbe che il mare sia presente solo nelle relazioni degli ammiragli, nelle notizie e nei bollettini dei mercati. Il mare non produce immaginario, o quantomeno non produce immaginario nei letterati. Perfino Dante, nella Commedia, non fa che tornare ad Omero, e arrestarsi con Ulisse davanti alle colonne d’Ercole, alla difficile apertura su un ignoto il cui disvelamento potrebbe,e potrà, cambiare tutto.

  182. Vedremo come il mito di Ulisse abbia continuato a operare nell’unico grande romanzo marinaro prodotto dalla letteratura italiana del Novecento, ma constatiamo per ora il divario tra una fortissima presenza del mare nella storia della penisola Italia, e la sua scarsissima presenza, invece, in quella letteraria. Per paradosso, uno dei più possenti brani musicali dedicati al mare, la mediterranea tempesta che dà inizio grandioso all’ottocentesco “Otello” di Verdi, è di derivazione scespiriana, è in qualche modo un sottoprodotto di quella conoscenza forte delle “ragioni” del mare che è stata della civiltà inglese, ragioni affermate dall’era di Elisabetta finanche sul teatro (e cos’era “La tempesta” se non una metafora dei sogni e delle paure del Vecchio Mondo nei confronti del Nuovo?). Un luogo comune ha sostenuto esser l’Italia una terra di santi, poeti e navigatori, ma se i santi e poeti hanno lasciato tracce scritte assai forti, i navigatori no: ed è come se avessero arato sull’acqua. E questa metafora rimanda direttamente alla definizione di “contadini del mare” che è stata data più volte dei nostri pescatori, e perfino dei nostri marinai.

  183. La Conquista del Nuovo Mondo strappò al Mediterraneo la sua centralità. Né il ruolo avuto dai navigatori italiani nella “scoperta” delle Indie presunte o vere, con i suoi Colombo e Vespucci eccetera, è stato esaltato come è accaduto in altre culture. Ma forse è solo l’Oceano a stimolare la grandiosità delle visioni, e delle Conquiste, se perfino la Spagna non è riuscita a dare un Camoes? Per eccitarsi, la letteratura ha bisogno della vastità e inconoscibilità dell’Oceano, della paura dell’Oceano? Anche Conrad ha dovuto farsi inglese per poter cantare il mare adeguatamente, e costruire con i suoi romanzi la più vasta, appassionante e terribile delle epopee del mare – un mare plasmatore, rimodellatore, distruttore di invididualità nel dramma e fin nella tragedia – tra Stevenson e Melville suoi predecessori e in qualche modo maestri, sia pure su “lunghezze d’onda” decisamente diverse. Ma l’Italia? Ben poco nel Sei e Settecento, e poco perfino nell’Ottocento, se si esclude quel De Amicis che tanti hanno voluto vituperare per il suo pedagogismo talora ossessivo, ma che è stato tra i pochi, quasi l’unico con così forte insistenza, a combattere due tabù speculari, dopo l’Unità: quello del racconto del mare e quello del racconto della grande emigrazione dei poveri verso le Americhe, in romanzi-reportages che furono anticipatori di una voga recente (affermata e magnificamente illustrata da un grande polacco, Ryszard Kapuscinski), soprattutto con “Sull’Oceano”, e riportando sul terreno delle storia e non della sola geografia, dell’avventura concreta e difficile e non della sola immaginazione i “figli del capitano Grant” con il racconto di una concretissima ricerca per mare e per terra di un ragazzino sulla rotta dell’emigrazione argentina, in “Dagli Appennini alle Ande”. Senza lo sfondo del mare e il contesto di una piccola isola vulcanica siciliana non si apprezzerebbe ugualmente anche un altro racconto suo, “Carmela”, dai “Ricordi di vita militare”: la ragazza bellissima e pazza che insidia e perseguita il giovane graduato del Nord è l’immagine preoccupante del Sud, per il nordico autore, di un’aspra civiltà dominata dal mare e dal fuoco dei vulcani.

  184. Il siciliano Verga, con I “Malavoglia” (che ha ispirato uno dei rari, e il più ambizioso dei film del neorealismo dove il mare è una presenza vera e dominante, “La terra trema” di Luchino Visconti), dimostrò ancora una volta che il mare era paura, minaccia. Il quieto Mediterraneo di un tempo non sembrava più umano e controllabile, nell’Italia-nazione, e il mondo dei pescatori e dei marinai doveva ancorarsi alla terra, decisamente, saldamente. Il mare è amaro e mette paura, il mare è fatica e insicurezza, il mare è guerra (Lissa). Dal mare sono venute ieri le minacce esterne, i saraceni e i turchi delle provvisorie invasioni su coste malamente difese. Ma soprattutto, diceva Verga, “il mare non ha paese”, la sicurezza è la terra. Fino a tempi recenti, e posso testimoniarlo direttamente, erano pochi i pescatori siciliani che sapessero nuotare. E spesso le loro sortite notturne o diurne con la lampara o sui pescherecci a motore che si potevano spingere più lontano, erano un’aggiunta e un intervallo, erano spesso un secondo lavoro rispetto a quello del contadino. “Contadini del mare” fu anche il titolo di un bel documentario di Vittorio De Seta, verso la metà degli anni cinquanta, sulla mattanza dei tonni, raccontata anche in un lungometraggio di Roberto Rossellini, “Stromboli”, storia di un’isola vissuta come prigione da un’inquieta eroina venuta da lontano, interpretata da una spaesata Ingrid Bergman. (Di De Seta sono anche “Il tempo del pesce spada e Pescherecci”, splendidi documentari poetici, mentre Rossellini aveva esordito nel cinema con un marinaro film di guerra anticipatore del neorealismo, “La nave bianca”. Tra i rarissimi film che hanno al centro il mare – oltre qualche “sceneggiata” napoletana su oleografici pescatori – si possono ricordare un ambizioso e fallito tentativo di Renato Castellani, “Mare matto”, e altri film di guerra ma stavolta in chiave nostalgica, negli anni dopo la guerra, e un curioso “Il grido della terra” di Coletti, che raccontò in sottotono quel che Hollywood rese roboante e retorico in “Exodus” di Preminger, la contrastata traversata del Mediterraneo di gruppi di ebrei, dopo la shoah, verso Israele.)

  185. Ma torniamo alla letteratura, tra i contempoeranei di Verga e di De Amicis, nell’Italia tra otto e novecento. Se quella di avventura e popolare dedicò qualche attenzione al mare fu grazie a Emilio Salgari, ai suoi molto esotici “Pirati della Malesia” e si suoi corsari più tradizionali, soprattutto “Il corsaro nero” e sua figlia “Yolanda”, simpaticamente retorici ma, nella scrittura, fin troppo trasandati. Ai quali non poteva arridere il successo internazionale che ebbero invece quelli dello scrittore di lingua inglese nato a Jesi nelle pacifiche Marche da padre italiano, a due passi dal pacifico Mar Adriatico: Rafael Sabatini, l’autore di una trilogia resa indimenticabile dai film che gli dedicò Hollywood con interpreti Errol Flynn o Tyrone Power, “Capitan Blood”, “Lo sparviero del mare” e “Il cigno nero”. Negli anni venti e trenta del Novecento ebbero molta voga i romanzi piuttosto sentimentali di Guido Milanesi, che si era fatto una specialità dell’intrattenimento per adulti con retoriche storie contemporanee ambientate sul mare, come “Sancta Maria” o “L’ancora d’oro”, spesso a sfondo militare. E il mare servì ancora da sfondo a molti film d’avventura popolare di Soldati o Paolella, a qualche “peplum” d’ambiente “antico romano” come “Il colosso di Rodi” di Sergio Leone, non ancora passato agli spaghetti-western. Ma, insomma, poca cosa. I grandi registi, come i grandi scrittori si occupavano d’altro. Non possiamo considerare davvero interessati al mare D’Annunzio (La nave) o Pirandello, Gadda (nonostante un bel racconto di guerra) o Tomasi di Lampedusa (con la favola “Ligheia”, che molto somiglia a “La verità sul caso Motta” di Soldati al punto di sembrarne una derivazione, ma derivando per la verità tutt’e due queste incursioni nel fantastico dalla “Sirenetta” di Andersen). Non ha avuto miglior fortuna la bellissima fiaba di Colapesce, il metà uomo e metà pesce, che scopre la fragile colonna sottomarina su cui si regge la Sicilia, nonostante l’abbiano ricostruita o ri-raccontata scrittori del calibro di Benedetto Croce, Italo Calvino, Leonardo Sciascia e Raffaele La Capria.

  186. Questi tre ultimi, appartenenti alla stessa generazione, meritano di essere affrontati più da vicino, dentro una provvisoria e arbitraria rassegna regionale, su e giù per la penisola. Cominciamo dalle isole. Di Verga si è detto, in Pirandello c’è poco, come in Capuana e De Roberto fino a Bufalino. Qualcosa di più, oggi, in Vincenzo Consolo (“Il sorriso dell’ignoto marinaio”, e non solo) e in Camilleri, più attuale ma anche più superficiale. Sciascia ha scritto più volte della diffidenza del siciliano nei confronti del mare, e ci pare che l’abbia condivisa, se ne ha scritto anche lui così poco. Il “Rapporto sulle coste di Sicilia” è più una recensione che un saggio, e in qualche racconto e romanzo il mare compare come sfondo.
    Nè è esistita – ma forse, oggi, chissà – una mafia del mare. Lo sviluppo attuale dell’economia siciliana ha molti fronti, e anche il mare va acquistandovi peso, anche se gli scrittori ancora non se ne accorgono. Ma del “prima” di questa ultima immane mutazione che chiamiamo “globalizzazione”, e dei cui effetti sul mare ha scritto in modo straordinariamente serio ed efficace soltanto William Langewiesche nel recente “Terrore dal mare”, uno dei grandi testi di rivelazione dello stato del mondo in cui viviamo, una inchiesta e analisi delle forze che controllano i traffici per gran parte loschi che si svolgono sui mari, che gli scrittori farebbero bene a conoscere e a studiare.

  187. Restando in Sicilia, va pur ricordato il capolavoro, o quantomeno il romanzo del Novecento più ambizioso di tutti, nella nostra letteratura, come “racconto del mare”: “Horcynus Horca” di Stefano D’Arrigo. Datato al 1975, ma scritto e riscritto più e più volte prima e dopo, in un instancabile e nevrotico lavorio che ha logorato le energie dell’autore, è uno dei romanzi più complessi, difficili, nevrotici, enormi e affascinanti dello scorso secolo. In esso D’Arrigo ha osato l’inosabile, confrontandosi sia con l’Odissea che con la sua derivazione modernista, l’Ulisse di Joyce. Il suo protagonista ‘Ndria Cambria, nocchiero della Regia Marina nell’anno di guerra 1943, tenta il ritorno a casa e attraversa le prove simili a quelle incontrate da Ulisse: ha una sua Circe e una sua Penelope, incontra le Sirene e le Parche e si confronta, assistito da uno “spiaggiatore”, direttamente con la Morte, la mostruosa Horca marina, la Fera, la carogna che vive, e affascina, e uccide. Che è la guerra ma che è più della guerra, che non è solo la guerra. Qui il mare, tra Scilla e Cariddi, è il mare del mito, è la summa del Mediterraneo cantato e temuto in cento lingue e dialetti. L’Horca è una Moby Dick più vicina a noi, spettrale e reale, morte del singolo e morte dell’umano… Con tutti i suoi difetti e le sue nevrotiche incompiutezze, “Horcynus Horca” è comunque il più grande romanzo di mare di tutta la nostra letteratura di tutti i tempi…

  188. Se la Sicilia vanta sul mare almeno un capolavoro, o ha osato il capolavoro, la Sardegna se ne è tenuta lontano, e davvero sono pochi i titoli in cui il mare abbia peso, se non nella dimensione realistica e insieme metaforica del difficile collegamento con l’Italia, con “il continente” (vedi in particolare “Il quinto passo è l’addio” di Sergio Atzeni, che doveva morire tragicamente in mare). Le mitologie sarde sono di montagne e pastori, assai più che di mare. I sardi hanno avuto paura delle coste e si sono rifugiati nell’interno, al contrario dei siciliani. E se è vero che è Nuoro la capitale della letteratura sarda, moderna (l’altra essendo solo dialettale e prevalentemente d’origine orale), Nuoro è davvero lontana dal mare, la Nuoro della Deledda, di Satta, e oggi del divulgatore Niffoi, molto alla moda. E forse è soltanto recentissimamente e con Alberto Capitta, che il mare entra di pieno diritto nella letteratura sarda, in una visione bensì favolosa e mitica, per niente realistica, in “Il cielo nevica”.

  189. Dalla Campania, e cioè da Napoli, la capitale che pretende riassumerla, ricordiamo un bel dramma corale del grande uomo di teatro (attore, autore, regista) Raffaele Viviani, “Pescatori”, e che l’isola di Procida è molto di più che un fondale in “L’isola di Arturo” di Elsa Morante, dove il mare è dominante e che meriterebbe una lunga analisi, come la collina di Posillipo in “Il cardillo addolorato” di Anna Maria Ortese. Morante e Ortese sono le due più grandi scrittrici italiane del Novecento, grandi in assoluto, ma si direbbe che il mare (l’elemento acqua) appartenga più alla Morante, l’aria alla Ortese. Il mare era nel titolo ma provocatoriamente, a indicarne l’assenza, di un suo grande libro del dopoguerra, “Il mare non bagna Napoli”. E’ ancora una donna, amica e “allieva” di entrambe, a saper raccontare il mare in molte sue opere e in particolare in “L’isola riflessa”, scritto sul finire del secolo, che racconta nei modi di un trasognato realismo natura e persone e storia di Ponza e di Ventotene, l’isoletta attraverso la quale tanti antifascisti passarono, mandati al confino da Mussolini, e lì conobbero, con scarso amore, il mare… Ma, con il romanzo morantiano, è Raffaele La Capria lo scrittore che più assiduamente e da vicino ha raccontato il mare, e che dal mare sembra venuto – sia pure da un mare addomesticato, splendidamente naturale e splendidamente borghese. Il mare, egli ha scritto, come regressione all’infanzia e mito dell’infanzia, il mare come “liquido amniotico dell’ispirazione”, il mare come richiamo dell’Altrove: il mare, insomma, come luogo della felicità.
    Di recente, un film semidocumentario di Vincenzo Marra ha saputo raccontare nuovamente ed efficacemente, al giorno d’oggi, le pene del mare e dei suoi pescatori del largo. Ma certo, se si pensa a Napoli, vengono in mente soprattutto melodie e parole di canzoni celeberrime, perlopiù idilliache (Santa Lucia, Marenariello, Piscatore ‘e Pusilleco, ‘Na bruna) ma anche dolorose (Santa Lucia luntana, la più celebre canzone dell’emigrazione verso le Americhe: “partono i bastimenti / pe’ terre assai luntane”…).

  190. La Liguria possiamo considerarla, per affinità letterarie, un luogo geografico-letterario in qualche modo unito alla Versilia e cioè alla confinante Toscana, con autori di molto valore, narratori di un mare anche qui più domestico che preoccupante: Italo Calvino, soprattutto, ma in quel suo modo molto molto intelligente e poco poco sanguigno, e poi Francesco Biamonti con molti buoni romanzi (L’angelo di Avrigue, Vento largo, Attesa sul mare), Nico Orengo anche con piccole squisite poesie, entrambi legatissimi al loro mare; e più a sud, sulla costa toscana, l’Enrico Pea di “Fole”, di svagata maniera, e più di recente Marcello Venturi (L’ultimo veliero) e soprattutto Raffaello Brignetti, che è stato, con il più giovane Biamonti, il più assiduo narratore del mare nella seconda metà del Novecento e forse il più intrigante per la sua capacità di intrecciare e di sciogliere vicende come ricami: “Morte per acqua”, “Il gabbiano azzurro”, “La spiaggia d’oro”… Ma il gioiello della letteratura che possiamo chiamare ligure e di mare è forse, o lo è a parere di chi scrive, una prosa di Eugenio Montale intitolata “Una spiaggia in Liguria”, molto di più che un elzeviro.

  191. E altrove? In Calabria ben poco, se non i ritratti di luoghi e persone del Padula ottocentesco, e qualcosa di Alvaro (ma il titolo di una della sua prima raccolta di racconti, “Il mare”, era del tutto abusivo), ben poco in Puglia (solo di recente, con Raffaele Nigro), e ben poco risalendo l’Adriatico, se si escludono le belle, bellissime prose di un altro grande innamorato del mare, Giovanni Comisso (“Al vento dell’Adriatico” e tante altre) e, più sopra, i poeti, soprattutto Biagio Marin poeta di Grado.

  192. Certo, la nostra perlustrazione è superficiale e provvisoria, né conosciamo saggi consistenti che affrontano sinora affrontato questo tema (ma forse è una nostra mancanza, è nostra ignoranza), ma davvero si direbbe che il mare sia tornato d’attualità nella storia d’Italia soltanto di recente, con la riapertura, così drammatica, dei rapporti con l’Est via Adriatico, anche con l’Est più lontano, e con il Sud. L’Asia e l’Africa e non solo l’Europa orientale e il Medio Oriente si sono prepotentemente inserite (talora reinserite) nella nostra storia e nella nostra società con il vasto e spesso tragico fenomeno dell’immigrazione . E’ un’inchiesta ad averne dato il resoconto più esemplare (di G. M. Bellu, “I fantasmi di Porto Palo”) ed è un film ad averne dato, nelle sue immagini finali, la più forte testimonianza visiva, “Lamerica” di Gianni Amelio (accessoriamente, con fiacca retorica, il film di M. T. Giordana “Quando sei nato non puoi più nasconderti”). I sette chilometri di mare che dividono l’Albania da Otranto, giù in fondo al nostro Adriatico, hanno visto molte tragedie tra la fine di un secolo e l’inizio del nuovo, come il più vasto tratto di mare che divide Lampedusa e Pantelleria dalla Tiunisia. Hanno visto molte morti e molte sofferenze: troppe. E se durante la seconda guerra mondiale il Mediterraneo inghiottì molte vite italiane, oggi continua a inghiottirne tante, ma veramente tante, di molti paesi del mondo, vite di uomini donne bambini che sognavano il loro futuro al sicuro dalle insicurezze più gravi, un futuro sereno sul nostro territorio, sul territorio europeo. E la morte per acqua, quella di Fleba il fenicio, è davvero una delle più terribili delle morti.

  193. C’è un vecchio racconto di Massimo Bontempelli – che teorizzava e praticava, al tempo delle avanguardie storiche, il “realismo magico” – in cui il narratore torna a visitare il mare dopo molto tempo e il mare si arrabbia con lui, gli fa una gran scenata con gran furia e rumore di onde, e solo con fatica egli riesce a tranquillizzarlo, promettendo d’ora in avanti un’attenzione, una considerazione, un rispetto maggiori . Si immagina questo racconto disegnato da un Savinio, con il suo mare umanizzato, antropomorfo, un gigante che esce dalle onde ed è onda spaventante, di fronte a coste timorose. Ma, oggi, si direbbe che il costo che il mare può chiederci per pacificarsi con la terra e con gli umani sia davvero altissimo e gravissimo, un costo di tante e tante e tante vite umane. Aggredito anch’esso dal potere e da un’economia sempre più incurante della natura e più distruttiva, il mare può venire ucciso dall’uomo, ma nel frattempo ucciderà probabilmente molti più uomini che in passato, per colpa nostra, di noi umani e soprattutto degli umani che comandano, sfruttano, manipolano. Diceva Borges che il mare è un idioma antico e indecifrabile. E’ vero, ma è altrettanto certo che le sue reazioni e il suo destino non dipenderanno dal suo mistero ma dalla nostra stupida e autodistruttiva mascalzonaggine. Di questo, la letteratura non sa ancora adeguatamente parlarci. Per questo, occorre rinviare non a un’opera letteraria italiana ma a un’inchiesta recente e americana, quella già ricordata di William Langewiesche.

  194. Rinnovo i miei auguri a Simona Lo Iacono e a Massimo Maugeri, che con questo loro racconto (mi riprometto di leggerlo al più presto) hanno dato un ulteriore contributo alla “letteratura del mare” che forse meriterebbe un po’ di attenzione in più, rispetto a quella che ha avuto finora.
    Grazie e a presto.

  195. Bellissima la rassegna sulla letteratura del mare!
    Ma sarebbe ancor più curioso scovare i siciliani che ne hanno scritto! Ben pochi conoscono ad esempio una raccolta di racconti si Sciascia : “IL MARE COLORE DEL VINO” dove la riflessione sul mare nasce da uno sguardo “piccolo”, infantile.
    Ecco la storia:
    …….l’ingegnere Bianchi si trova ad affrontare un lungo viaggio in treno, nello stesso scompartimento di una rumorosa famiglia del meridione.
    All’ inizio infastidito, sarà poi affascinato soprattutto dal bambino Nené, dalla sua intelligenza non comune. Sarà il bambino, quando il treno avanzerà lungo le coste italiane, a dire che il mare ha il colore del vino, che il mare è vino, lasciando tutti stupiti. E l’ingegnere ricorderà di aver già sentito questa frase, pur non sapendo più dove (Sciascia certo lo sa) e la spiegherà con queste parole: “…forse l’effetto, come di vino, che un mare come questo produce: non ubriaca, si impadronisce dei pensieri, suscita antica saggezza”.
    Un abbraccio dal vostro affezionato
    professor Emilio

  196. Carissimi! Ma che bella sorpresa! I miei complimenti!
    Sono d’accordo con il prof. Emilio, sarebbe bellissimo stilare una rassegna tutta siciliana di scrittori marini…ma come dimenticare Elio Vittorini e quel suo passaggio nello Stretto di Messina in “Conversazione in Sicilia”?…Ecco uno stralcio:
    —————————————-

    …Poi viaggiai nel treno per le Calabrie, ricominciò a piovere, a essere notte e riconobbi il viaggio, me bambino nelle mie dieci fughe da casa e dalla Sicilia, in viaggio avanti e indietro per quel paese di fumo e di gallerie, e fischi inenarrabili di treno fermo, nella notte, in bocca a un monte, dinanzi al mare, a nomi da sogni antichi, Amantea, Maratea, Gioia Tauro. Così un topo, d’un tratto, non era più un topo in me, era odore, sapore, cielo e il piffero suonava un attimo melodioso, non più lamentoso. Mi addormentai, mi risvegliai e tornai ad addormentarmi, a risvegliarmi, infine fui a bordo del battello-traghetto per la Sicilia.

    Il mare era nero, invernale, e in piedi sull’alto ponte, quell’altipiano, mi riconobbi di nuovo ragazzo prendere il vento, divorare il mare verso l’una o l’altra delle due coste con quelle macerie, nel mattino piovoso, città, paesi, ammucchiati ai piedi. Faceva freddo e mi riconobbi ragazzo, avere freddo eppur restare ostinato sull’alta piattaforma, nel vento, a picco sulla corsa e sul mare.

  197. E infine…ma certo che la scrittura a quattro mani può dare testimonianza. Ora più che mai abbiamo bisogno di credere che due scrittori sappiano unire la voce, che l’uomo non sia lupo all’uomo, che la disgregazione sia superata dall’amore per l’interesse comune.
    Sono tristi tempi. Siamo bombardati da immagini patinate, da uomini singoli che creano e distruggono, da fazioni che non si riconoscono, che non ricordano mai di essere a servizio.
    Ben venga chi ci ricorda che la condivisione è l’unico modo per vivere.

  198. Mi piace questo riportare frammenti di letteratura del mare.
    Per voi, una poesia di Bonaviri:
    ***
    L’acqua del mare è il mio cammino,
    e tu non mi senti, io errante tremo.
    Sarà rosso il paese sulle tegole,
    e molli le balze d’erba – il rivo geme?

  199. …e va bene, ci metto del mio…
    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

    Quasi fosse troppo grande e troppo potente per le virtù comuni, l’oceano ignora compassione, fede, legge, memoria. La sua incostanza può essere mantenuta conforme ai propositi umani solo con una risolutezza indomita, e con una vigilanza insonne, armata, gelosa, in cui, forse, c’é sempre stato più odio che amore. Odi et amo può ben essere la professione di fede di coloro i quali coscientemente o ciecamente hanno consegnato la propria esistenza al fascino del mare. Tutte le passioni tempestose dell’umanità quando era giovane, l’amore della rapina e l’amore della gloria, l’amore dell’avventura e l’amore del pericolo, insieme con il grande amore dell’ignoto e i vasti sogni di dominio e di potenza, sono passati come immagini riflesse in uno specchio, senza lasciare alcun segno sulla faccia misteriosa del mare. Impenetrabile e senza cuore, il mare non ha dato nulla di se stesso a coloro che ne hanno corteggiato i precari favori. Diversamente dalla terra, non si può soggiogarlo a nessun prezzo di pazienza e di fatica. Benchè siano tanti coloro che il suo fascino ha adescato e condotto a una morte violenta, la sua immensità non é mai stata amata come sono state amate le montagne, le pianure, persino il deserto.
    Joseph Conrad, 1905

  200. Un ringraziamento particolare all’amico che si firma “un appassionato di letteratura del mare”. Grazie mille per gli ottimi contributi.
    Mi piace questa piega che ha preso la discussione!
    In effetti “la letteratura del mare” è perfettamente in tema con La coda di pesce che inseguiva l’amore.
    Chiunque abbia piacere (e tempo per farlo) è invitato a fornire ulteriori contributi in questa direzione.

  201. Intanto ne approfitto per dirvi che nel libro (dopo il racconto) troverete una postfazione, firmata da me e da Simona, suddivisa in due parti.
    La prima contiene qualche nota storica su Portopalo di Capopassero (abbiamo anche cercato di ancorare luoghi e scenari ai personaggi e all’ambientazione del libro).
    La seconda contiene cenni sullo sbarco dei Mille in Sicilia.

  202. Per chi si fosse connesso a questo post soltanto adesso… ri-propongo le domande:

    1. Che significato ha la condivisione in letteratura? È più perdita di sé, o conquista di sé attraverso il confronto con l’altro?

    2. Scrivere a quattro mani può servire a lanciare il messaggio che la condivisione è una strada percorribile di accrescimento spirituale e personale?

  203. Carissimi,
    davvero non credevo di suscitare tutte queste citazioni letterarie davvero bellissime!
    E allora, come non ricordare Melville e la sua balena bianca? Animale dalla coda immensa, in cui si riflette l’anima stessa del mistero della creazione.
    Eccola per voi in questa sera di frasi che ascendono al cielo.
    Buona notte dal vostro
    Professor Emilio
    ###
    ……Mentre i marinai si narravano a vicenda le loro blasfeme avventure, con parole allegre i loro racconti di terrore; mentre le loro risate selvagge salivano biforcute, come le fiamme dalla fornace; mentre, di fronte a loro, i ramponieri gesticolavano selvaggiamente avanti e indietro, con le enormi forche a rebbi e i mestoli; mentre il vento ululava e il mare sobbalzava, e la nave gemeva e si tuffava, fermamente spingendo il suo rosso inferno sempre più innanzi nell’oscurità del mare e della notte, sdegnosamente stritolando le bianche ossa fra i denti e sputacchiando malevolmente da tutte le parti, allora il “Pequod”, lanciato in corsa, stivato di selvaggi, carico di fuoco, nell’atto di bruciare un cadavere e di precipitarsi in quelle tenebre di oscurità pareva la corrispondente sembianza materiale dell’anima monomaniaca del suo comandante……….

  204. Caro dottor Maugeri vedo che è in rete e approfitto per mandarle un caro saluto.
    Quando presenterete questo racconto a Catania? Vorrei venire a trovarvi!
    Un affezionato saluto dal suo
    Professor Emilio

  205. Nel commento postato da Radio Hinterland oggi 24 novembre 2010 alle 11:14 trovate il link per ascoltare la chiacchierata con Simonetta Agnello Horbny.
    Anche in questo caso si parla di letteratura siciliana… e c’è pure un riferimento al mare, giacché la protagonista (la giovane Agata) a un certo punto lascia la Sicilia e si imbarca su una nave per raggiungere la Campania.
    Il capitolo 4 del libro è dedicato – tra le altre cose – alla traversata di Agata per Napoli.

  206. Perbacco che fortuna….anche la dottoressa Lo Iacono!
    La saluto caramente, carissima. Dicevo appunto al dottor Maugeri che vorrei venire a salutarvi personalmente in occasione di una presentazione dalle mie parti. Sarei molto lieto di condividere la vostra gioia.
    Le auguro una felice sera
    suo affezionato
    Professor Emilio

  207. Grazie, Simo. Bello navigare e incrociarsi su questo mare magnum che è la Rete (navigare, mare, rete: sembra il linguaggio tipico dei tonnarioti che vivono nella nostra storia).
    😉

  208. Caro Massi,
    grazie per aver ricordato che il libro, nella parte finale contiene una piccola appendice storica.
    La abbiamo inserita perchè l’intera narrazione si inserisse nel tempo, nella memoria, nello scorrere di vite e cose.
    Siamo entrambi convinti che la storia sia il nostro fagotto da slegare, i cui conti ci dannano e ci resuscitano e che…
    “Coloro che non ricordano il passato saranno condannati a viverlo di nuovo.”

    (George Santayana, Life of reason)

  209. Carissima dottoressa Lo Iacono,
    buona notte a lei. Bellissima questa frase di George Santayana. Cui aggiungerei, se me lo permette, l’epigrafe con cui avete aperto il vostro libro:
    “La letteratura è la più assoluta forma che la verità possa assumere”, Leonardo Sciascia.
    E credo che affidare la verità storica a un racconto sia un atto di grande amore per la memoria.
    A presto.
    Il vostro affezionato
    Professor Emilio

  210. Sì, Massimo. Sarò in minoranza però sulla base delle mie esperienze ne sono profondamente convinto: “la riuscita dell’opera è indipendente dal rapporto preesistente tra i partecipanti”.
    Se a qualcuno/a interessa, il testo intero (comunque poche righe) del mio commento si trova: 23 novembre alle 9.27.

  211. Mi fa piacere che i riferimenti alla “letteratura del mare” siano stati graditi. Se ne parla abbastanza poco, e invece meriterebbe approfondimenti.
    Di libri collegati alla “letteratura del mare” ce ne sono a bizzeffe.
    Ne cito qualcuno.

  212. Donatello Bellomo (Busto Arsizio, 1953). È autore di tre libri di mare: “La settima onda”, “L’ultima notte sul Normandie” e “Prigionieri dell’Oceano”.

  213. Raffaello Brignetti (Isola del Giglio, Grosseto 1921 – Roma 1978). La sua narrativa è per lo più dedicata al mare. Tra i suoi romanzi marini “Il gabbiano azzurro” (1967), “La deriva” (1955), “La riva di Charleston” (1960).

  214. Samuel Taylor Coleridge (Ottery St. Mary, Devonshire 1772 – Londra 1834). Fumatore d’oppio e assertore dell’essenza misteriosa dell’immaginazione, come poeta è noto in primo luogo per La ballata del vecchio marinaio (The rime of ancient mariner, 1798).

  215. Joseph Conrad (Berdicev, Ucraina 1857 – Bishopsbourne, Kent 1924). Da ricordare, Il negro del ‘Narciso’ (The nigger of ‘Narcissus, 1898), Lord Jim (1900), Tifone (Typhoon, 1903) e Racconti di mare e di costa (Twixt land and sea, 1912). A soli diciassette anni Conrad s’imbarca a Marsiglia come semplice marinaio. Dopo avere prestato servizio nella marina mercantile francese, serve in quella britannica dove diventa capitano di lungo corso.

  216. Richard Henry Dana (Cambridge, Massachussetts 1815 – Roma 1882). Da un’esperienza come marinaio dal 1834 al 1836 nasce “Due anni a prora” (Two years before the mast, 1840). Notevoli le descrizioni della vita di mare e delle dure condizioni dei marinai. Il romanzo di Dana anticipa quella narrativa di mare di cui Melville sarà il massimo rappresentante.

  217. Stefano D’Arrigo (Messina 1919 – Roma 1992) autore dell’Horcynus Orca (1975), a cui si dedica interamente per oltre quindici anni.
    Summa di una ricchezza affabulatoria che pesca nella mitologia e nella psicanalisi, il romanzo ha per protagonista il nocchiero della fu Regia Marina ‘Ndrja Cambrìa che all’indomani dell’8 settembre 1943 vaga lungo le spiagge calabresi e tenta di raggiungere la Sicilia affidandosi, per attraversare lo stretto, a una “femminota” che contrabbanda sale.

  218. Holger Drachman (Copenaghen 1846 – Hornbaeck 1908). Tra le sue poesie migliori la raccolta “Canti del mare” (1877) contraddistinta da un sensualismo naturalistico.

  219. Alexandre Dumas padre (Villers-Cotterets, Soissons 1802 – Puys, Dieppe 1870). Il suo capolavoro – insieme a I tre moschettieri – è Il conte di Montecristo (Le comte de Montecristo, 1844-45)… romanzo fascinoso, nonostante certe inesattezze geografiche, per chi ama il Tirreno e l’arcipelago toscano. Niente male l’arrivo di Dantès: «il bastimento si trovava sul punto di sorpassare l’isola d’Elba; si trovava all’altezza di Marciana, e al di sotto dell’isola piana e verde di Pianosa. Si vedeva fra l’azzurro del cielo la sommità raggiante dell’isola di Montecristo».

  220. Cecil Scott Forester (Fullerton, California 1899 – Londra 1966). È noto per i romanzi che hanno come protagonista il capitano Orazio Hornblower, in particolare “Le avventure del capitano Hornblower” (Captain Horatio Hornblower, 1939) e “Hornblower commodoro e lord” (The commodore, 1945).

  221. James Hanley (Dublino 1901 – Londra 1985). La sua cospicua opera narrativa è dedicata al mare, con particolare attenzione al mondo degli emarginati. Tra i suoi romanzi “Mare vuoto” (Hollow sea, 1938) e “Il porto chiuso” (The close harbour, 1952).

  222. Petar Hektorovic (Hvar, Dalmazia 1487 – Starigrad 1572). La sua opera più celebre è l'”egloga piscatoria” La pesca e i discorsi pescherecci (1568), gustosa rappresentazione, in lingua croata, della vita delle popolazioni costiere.

  223. Gerard Manley Hopkins (Stratford, Essex 1844 – Dublino 1899). Il componimento più lungo e noto di questo poeta inglese è “Il naufragio del Deutschland” (The wreck of the Deutschland, 1876), meditazione religiosa che prende lo spunto dall’annegamento di cinque suore in mare.

  224. Richard Arthur Warren Hughes (Weybridge, Surrey 1900 – Londra 1976). In “Un ciclone nella Giamaica “(A high wind in Jamaica, 1929) racconta la vicenda di un gruppo di bambini catturati da “strani” pirati. In “Nel pericolo” (In hazard, 1938) affronta, sulla scia di Conrad, i temi dell’avventura in mare e della lotta dell’uomo contro la morte.

  225. Victor Hugo (Besançon 1802 – Parigi 1885). Il messaggio dei Miserabili viene esteso a “I lavoratori del mare” (Les travailleures de la mer, 1886), opera ricca di immagini fantastiche e surreali con il mare che fa da scenario alla triste condizione proletaria.

  226. Joseph Ruyard Kipling (Bombey 1865 – Londra 1936). Seppure opera minore rispetto a “Kim” e ai “Libri della giungla”, va ricordato il romanzo d’avventura “Capitani coraggiosi” (Captains courageous, 1897). Ci sono poi, tra le raccolte poetiche, “I sette mari” (The seven seas, 1896).

  227. Pierre Loti (pseudonimo di Julien Viaud, Rochefort-sur-Mer 1850 – Hendaye 1923). Mescolando autobiografia e invenzioni letterarie, è autore di oltre quaranta libri quasi tutti ispirati alla sua esperienza di ufficiale di marina. Tra questi “Aziyadé” (1879) ambientato a Costantinopoli, “Il matrimonio di Loti” (Le mariage de Loti, 1880) in quel di Tahiti, “La signora dei crisantemi” (Madame Chrysanthème, 1887) ambientato in Giappone. Il suo capolavoro è “Pescatore d’Islanda” (Pecheur d’Islande, 1886), spaccato di vita bretone sul tema della lotta con il mare.

  228. Pierre Mac Orlan (pseudonimo di Pierre Dumarchais, Péronne 1882 – Saint-Cyr-sur-Morin 1970). Nei suoi romanzi rivivono spesso le suggestioni pittoresche delle città di mare. Dal suo “Porto delle nebbie” (Le quai des brumes, 1927) è tratto il famoso film omonimo di Marcel Carné del 1938 con Jean Gabin, Michèle Morgan e Michel Simon.

  229. Giovanni Marradi (Livorno 1852 – 1922). Nei suoi versi giovanili, soprattutto in “Fantasie marine” (1881) ci sono descrizioni di paesaggi livornesi… con la Gorgona e la Capraia sullo sfondo.

  230. Frederick Marryat (Londra 1792 – Langham, Norfolk 1848). Ufficiale di marina, è autore di una trentina di romanzi d’avventura quasi tutti ispirati alle sue esperienze marinare. Tra questi “Il guardiamarina Easy” (Mr Midshipman Easy, 1836) e “Il pilota del Tamigi” (Poor Jack, 1840).

  231. John Masefield (Ledbury, Herefordshire 1878 – Abingdon, Bergdhire 1967). Tornato in Inghilterra dopo essere stato alcuni anni negli Usa, si afferma come poeta con la raccolta “Le ballate del mare” (The everlasting mercy, 1911).

  232. Herman Melville (New York 1819-91). Terzo di otto figli, attraversa per la prima volta l’Atlantico come mozzo sulla “Highlander” diretta a Liverpool. Nel 1841, dopo avere peregrinato per vari mari, fa vela per il Pacifico sulla baleniera “Acushnet”. Dopo avere disertato, vive alle isole Marchesi e presso i Taipi: nasce da qui il romanzo “Taipi” (Typee, 1846). Di nuovo il tema autobiografico-marinaresco in “Redburn” (1849) e in “Giacchetta bianca” (White jacket, 1850): nel primo la rievocazione della brutale vita di bordo ispirandosi alla prima traversata sulla “Highlander”; nel secondo il resoconto di un viaggio su una fregata della marina americana reso impossibile dai rigori della gerarchia e della disciplina. Abbandonato il filone satirico-cronachistico, nel 1981 esce il suo capolavoro, “Moby Dick”. Pura epopea “dove il mare – scrive la Garzantina della letteratura – è omerico e biblico insieme, e diventa il regno dei mostri, del terrore; la balena bianca contro la quale lotta ostinatamente e inutilmente il capitano Achab è il simbolo dell’assurdità del mondo”. E ancora, ecco le stupende pagine sulle Galàpagos in “Racconti della veranda” (The piazza tales, 1856) e il postumo “Billy Budd” (Billy Budd, sailor, 1924), storia di un marinaio ingiustamente accusato e condannato a essere impiccato, capolavoro assurto a “inno” contro la pena di morte.

  233. Íñigo López de Mendoza, marchese di Santillana (Palencia 1398 – Guadalajara 1458). Tra le sue poesie, scritte in un linguaggio ricco di neologismi latini, la Commedia di Ponza (Comedieta de Ponça, 1444) sulla sconfitta navale di Alfonso V ad opera di Filippo Maria Visconti.

  234. Guido Milanesi (Roma 1875-1956). Molto popolare tra le due guerre per i suoi romanzi e racconti di mare: tra questi, “Thàlatta” (1910), “Fiamme dell’ara” (1929), “L’ancora d’oro” (1931) e “Racconti di tutti i mari” (1941).

  235. Iris Murdoch (Dublino 1919 – Oxford 1999). Tra i suoi romanzi, “Il mare, il mare” (The sea, the sea, 1978).

  236. Alvaro Mutis (Bogotà 1923). Il massimo poeta ispanoamericano contemporaneo. È una sua creazione il personaggio del marinaio Maqroll, “viaggiatore senza meta e senza tempo, incarnazione della poetica della ‘disperanza’”. Storie di mare, non legate a questo suo personaggio, sono anche in “L’ultimo scalo del Tramp Steamer” (La ultima escala del Tramp Steamer, 1988).

  237. Stanislao Nievo (Milano, 1928). In Il prato in fondo al mare (1974), l’inchiesta sulla ricerca del vapore “Ercole” nel cui naufragio perì, nel 1861, il prozio garibaldino Ippolito, diventa un “viaggio nell’inconscio, anche attraverso l’occultismo”. Il mare torna in “Le isole del Paradiso” (1987) e nella “Balena azzurra” (1990).

  238. Omero (XII secolo a.C.?) La sua Odissea è forse, in assoluto, il più bel libro di mare di tutti i tempi.

  239. Eugene O’Neill (New York 1888 – Boston 1953). Nel 1909 partecipa a una spedizione esplorativa nell’Honduras. Nel 1910 s’imbarca come marinaio e fa la spola tra Argentina, Sud Africa, Inghilterra e States. Da questa esperienza e dalla lettura di Conrad durante il ricovero, per tubercolosi e alcolismo, in un sanatorio, nascono tre suoi atti unici (i primi) d’argomento marinaresco: “In viaggio per Cardiff” (Bound east for Cardiff, 1916), “Il lungo viaggio di ritorno” (The long voyage home, 1917), “La luna dei Caraibi” (The moon of the Caribbees, 1916). Nobel per la letteratura nel 1936, muore solo, come un cane abbandonato, in una stanza d’albergo.

  240. Alexandros Papadiamantis (Skìathos, isole Sporadi, 1851-1911). Skìathos e la sua povera comunità di pescatori e marinai fanno da sfondo ai suoi oltre cento racconti contraddistinti da una profonda indagine psicologica che si abbina a liriche descrizioni del paesaggio. La lingua è il greco puro della tradizione letteraria con l’uso frequente del demotico nei dialoghi.

  241. Edgar Allan Poe (Boston 1809 – Baltimora 1849). Il suo unico romanzo, “Le avventure di Gordon Pym” (The narrative of Arthur Gordon Pym, 1838), è il resoconto di un viaggio per mare che inizia su una baleniera che naufraga dopo un ammutinamento. Dopo l’apparizione di una nave fantasma con sopra cadaveri in putrefazione, il viaggio prosegue sulla “Jane Guy” in rotta verso il Polo Sud: qui un’arcana gigantesca figura bianca prefigura gli arcani del Moby Dick di Melville.

  242. Katherine Anne Porter (Indian Creek, Texas 1890 – Silverspring, Maryland, 1980). È un mare soprattutto metaforico quello della “Nave dei folli” (Ship of fools, 1962), frutto di oltre vent’anni di lavoro e pochissimo apprezzato dalla critica. Riprendendo il tema allegorico di “Das Narrenschiff “(1494) di Sebastian Brant, qui i nuovi “stolti”, ciechi strumenti inconsapevoli dell’avvento del nazismo, sono i passeggeri del transatlantico “Vera” che nel 1931 rientra in Germania dal Messico.

  243. Hugo Pratt (Rimini 1927 – Losanna 1995). In questa bibliografia non poteva mancare, per la sua valenza letteraria, il personaggio del giramondo Corto Maltese ideato nel 1967 e le cui avventure furono pubblicate su “Linus” a partire dal 1972.

  244. Augusto Roa Bastos (Asunciòn 1917). Affermatosi con i romanzi “Figlio di uomo” (Hijo de hombre, 1960) e “Io il Supremo” (Yo el Supremo, 1974), scrive, nel 1992, “La veglia dell’Ammiraglio” (La vigilia del Almirante) incentrato sulla figura di Cristoforo Colombo.

  245. Gerhard Roth (Graz 1942). Dopo la sperimentazione linguistica degli anni 70 e una successiva fase realistica, nel 1995 pubblica “Il mare” (Die See).

  246. Raymond Roussel (Parigi 1877 – Palermo 1933). È del 1910 la sua opera più nota, “Impressioni d’Africa” (Impressions d’Afrique), dove sono narrate le paradossali vicende di alcuni naufraghi fatti prigionieri da un re indigeno e sottoposti a prove bizzarre prima di essere liberati.

  247. Aksel Sandemose (Nykøbing, Jutland 1899 – Copenaghen 1965). Dopo numerose esperienze di viaggio scrive i “Racconti del Labrador” (1923) e altre opere in stile Conrad. Poi, con “Un marinaio sbarca” (1931) e con i libri successivi, dal realismo passa all’analisi psicologica dei personaggi.

  248. Leonardo Sciascia (Racalmuto 1921 – Palermo 1989). Nel “mare magnum” dei suoi numerosi scritti sulla Sicilia, anche i racconti del 1971 “Il mare colore del vino”.

  249. Peter Seeberg (Jutland 1925). È del 1978 “Al mare” dove racconta minuto per minuto la domenica trascorsa al mare da una quarantina di persone.

  250. Ghiorgos Seferis, pseudonimo di Ghiorgos Seferiadis (Smirne 1900 – Atene 1971). «Nella sua opera poetica – riferisce la Garzantina della letteratura – la desolazione della Grecia diventa simbolo e metafora di una desolazione più vasta che riguarda l’età contemporanea (Leggenda del 1935 e Gimnopedia del 1936), ma la disperazione è accompagnata da un fermo impegno morale, così come il paesaggio greco pietrificato riceve il soffio del mare, il suo ritmo vitale».

  251. Anna Seghers, pseudonimo di Netty Reiling (Magonza 1900 – Berlino Est 1983). Notevole il suo primo romanzo, “La rivolta dei pescatori di Santa Barbara” (Der Aufstand der Fisher von St. Barbara), uscito nel 1928.

  252. Semonide di Amorgo (Samo, VII sec. a.C.), poeta greco. Il più noto dei suoi giambi (tradotto da Giacomo Leopardi), passa in rassegna dieci tipi di donne paragonandole alcune ad animali, altre a elementi naturali. Il mare, in questo gioco di paragoni, simboleggia l’incostanza. Ne è una successiva conferma Il detto “promessa da marinaio”?

  253. Tobias Smollett (Dumbartonshire, Scozia 1721 – Antignano, Livorno 1771). Dopo la laurea in medicina e dopo avere tentato, senza successo, di scrivere per il teatro, s’imbarca su una nave da guerra inglese come assistente chirurgo. Questa esperienza gli ispira Le avventure di Roderick Random (The adventures of Roderick Random, 1748), romanzo dai toni picareschi che risente dell’influenza della Storia di Gil Blas di Santillana (Histoire de Gil Blas de Santillana, 1715-35) di Alain-René Lesage. Interessante anche il resoconto Viaggi in Francia e in Italia (Travels in France and Italy, 1766), miniera di aneddoti e di annotazioni da “puzzetta sotto il naso”.

  254. Robert Louis Stevenson (Edimburgo 1850 – Isole Samoa 1894). Dopo una giovinezza ribelle, diventa avvocato ma non eserciterà mai la professione. Malato di tisi e desideroso di avventura, nel 1888 parte per una crociera nel Pacifico e nel 1891 si stabilisce nelle Isole Samoa circondato dall’affetto degli indigeni che lui si trova spesso a difendere dalle prepotenze dei bianchi. Il mare, molto presente nell’ “Isola del tesoro” (Treasure island, 1883), torna nei racconti d’ambiente polinesiano I trattenimenti delle notti dell’isola (The island nights’ entertainments, 1893) e nel postumo “Nei mari del Sud” (In the South seas, 1896).

  255. Storia tragico-marittima: “raccolta – la definisce la Garzantina della letteratura – di dodici relazioni di naufraghi pubblicata in due volumi (1735-36) a Lisbona da Bernardo Gomes de Brito e divenuta prototipo di un genere letterario antieroico e realistico”.

  256. John Millington Synge (Dublino 1871-1909). Dopo studi musicali e letterari, assimila a Parigi la lezione dei simbolisti e conosce William Butler Yeats che gli consiglia lunghi soggiorni nelle isole Aran (Irlanda). Ispirandosi all’ambiente e al linguaggio di queste isole, scrive diversi drammi che hanno per protagonisti contadini e pescatori celti. Tra questi “Cavalcata a mare” (Riders to the sea, 1904).

  257. Giovanni Verga (Catania 1840-1922). Dopo gli esordi patriottici e i romanzi passionali, Verga approda al verismo. Tra i romanzi di questa nuova fase, la migliore, spicca “I Malavoglia” (1881): non è un romanzo di mare ma l’incipit è tutto marino col naufragio della Provvidenza (la barca dei Toscano, detti “Malavoglia”, pescatori di Aci Trezza), la perdita del carico di lupini e la morte in mare di Bastianazzo. Forti le metafore marine in tutto il libro: c’è l'”ideale dell’ostrica”, ovvero la “difesa dall’urto della marea” (che però investe tutti dopo il naufragio della barca) e il mondo visto come un “pesce vorace” che inghiotte coloro che spezzano il vincolo tutelare della comunità.

  258. Jules Verne (Nantes 1828 – Amiens 1905). Tra gli oltre sessanta volumi pubblicati tra il 1863 e il 1911, c’è le science-fiction marina dei F”igli del capitano Grant” 1867-68), di “Ventimila leghe sotto i mari” (1869-70) e dell'”Isola misteriosa” (1874). Con i proventi delle pubblicazioni si comprò uno yacht con cui navigò a lungo tra Inghilterra, Scandinavia e America del Nord.

  259. T’ao Yüan-Ming (365-427). Ritiratosi a vita privata dopo avere lavorato nella pubblica amministrazione, scrive il componimento in prosa (divenuto famoso) “La fonte dei fiori di pesco” dove descrive il fantastico viaggio di un pescatore nel paese felice dell’utopia.

  260. A quest’elenco, che è tutt’altro che esaustivo, vanno aggiunti i titoli citati nei contributi inseriti ieri.
    Nella speranza di aver fatto cosa gradita, saluto con stima e auguro buon lavoro.

  261. Gentile Appassionato di letteratura del mare, grazie per il suo elenco. Io però includerei, tra gli autori citati, anche un certo sig. EMILIO SALGARI (che con i suoi pirati e corsari, di mare ne ha parlato).

  262. Un’altra bellissima esperienza in rete che mi sento di segnalarvi è quella di Loredana Falcone e Laura Costantini… intanto il fatto che scrivano in due è di per sé un fatto positivo e arricchente: due donne, due scrittrici, due sensibilità che si incontrano sulla pagina.
    E poi il loro blog http://www.lestoriedilauraetlory.splinder.com è una fucina di idee: racconti collettivi scritti secondo la tecnica del domino (ognuno inizia da dove l’altro termina) o seguendo lo stesso incipit… esperimenti divertentissimi e molto formativi ai quali ho avuto la gioia di partecipare…

  263. @un appassionato di letteratura del mare
    Grazie davvero per i tuoi tanti contributi, mi permetto di aggiungere questo piccolo mio, breve ma bellissima poesia di Kahlil Gibran, per fare cosa gradita spero a te e agli appassionati di letteratura del mare.

    Sabbia e spuma
    Per sempre camminerò su questi lidi,
    Tra la sabbia e la spuma,
    L’alta marea cancellerà le mie orme,
    E il vento soffierà via la spuma.
    Ma il mare e la spiaggia dureranno.
    Per sempre.

    I am forever walking upon these shores,
    Betwixt the sand and the foam,
    The high tide will erase my foot-prints,
    And the wind will blow away the foam.
    But the sea and the shore will remain
    Forever.
    [Sand and Foam, 1926]

  264. Innanzitutto, caro Massimo, congratulazioni a te e a Simona per il coraggio e l’umiltà di cui dovete essere dotati entrambi per affrontare un lavoro a quattro mani. Vogliamo chiamarlo “coraggio dell’umiltà”?
    In una realtà sociale sempre più orientata verso l’individualismo più sfrenato la scelta della condivisione è degna di attenzione e di stima, a mio giudizio.
    Naturalmente scrivere a quattro mani richiede, oltre al notevole impegno (per nulla dimezzato dal fatto di essere due teste pensanti), comunione di intenti espressivi, contenutistici e stilistici.
    Premesso questo, trovo interessante la riflessione sulla “perdita e/o conquista” di sé nel confrontarsi con l’altro attraverso la scrittura condivisa.
    Credo sia perdita di sé nella misura in cui si sfronda la propria personalità, la si libera, insomma, di quelle caratteristiche che limitano le opportunità di confronto aperto e onesto. Perdita di sé utile, dunque, nella misura in cui, nell’entrare in rapporto con l’altro, dobbiamo muoverci verso di lui per raggiungerlo a metà strada.
    Ma è anche (e soprattutto) conquista di sé, nella misura in cui l’incontro, il confronto e lo scambio diventano fonte di arricchimento e di riflessione personali e reciproci.
    Non vedo la perdita e la conquista di sé come opposti, in questa come in molte altre situazioni di condivisione di esperienze (di vita, di lavoro, di interessi), ma come complementari, per quanto possa sembrare un paradosso. Ciò che di noi perdiamo verrà reintegrato da ciò che l’altro ci offrirà come contributo di idee e di riflessioni.
    Sicuramente, dunque, scrivere a quattro mani è una testimonianza tangibile di come lavorare insieme possa essere una forma di arricchimento e di accrescimento spirituale e personale.
    L’unica condizione? Non perdere di vista il rispetto per l’altro e per sé stessi.
    A te e a Simona i miei ringraziamenti e tanti sinceri auguri.
    Ines Desideri

  265. Che bello il post di Ines Desideri. Praticamente ha scritto ciò che penso pure io ma che avevo difficoltà a esprimere. Dunque mi associo.
    Complimenti a Simona e a Massimo anche da parte mia.

  266. La storia del pesce che insegue un pescatore mi sembra molto affascinante, mi sembra il ribaltamento de “Il vecchio e il mare” di Hemingway. Il giovane Turi sta al vecchio Santiago in una prospettiva ribaltata.

  267. A proposito, sbaglio o nessuno ha indicato “il vecchio e il mare” tra i romanzi della letteratura del mare?

  268. bravi. il vecchio e il mare. stavo per dirlo…in due lingue…

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    He was an old man who fished alone in a skiff in the Gulf Stream and he had gone eighty-four days now without taking a fish. In the first forty days a boy had been with him. But after forty days without a fish the boy’s parents had told him that the old man was now definitely and finally salao, which is the worst form of unlucky, and the boy had gone at their orders in another boat which caught three good fish in the first week. It made the boy sad to see the old man come in each day with his skiff empty and he always went down to help him carry either the coiled lines or gaff and harpoon and the sail that was furled around the mast. The sail was patched with flour sacks and, furled, it looked like the flag of permanent defeat.
    ————————————

    Era un vecchio che pescava da solo su una barchetta nella corrente del Golfo e ormai erano ottantaquattro giorni che non prendeva un pesce. Nei primi quaranta un ragazzo era stato con lui. Ma dopo quaranta giorni senza aver pescato un solo pesce i genitori del ragazzo gli dissero che ora il vecchio era chiaramente e definitivamente salao, che è la peggiore forma di sfortuna, e il ragazzo era andato per loro ordine su un’altra barca che aveva catturato tre bei pesci nella prima settimana. Per il ragazzo era triste vedere il vecchio rientrare ogni giorno con la barca vuota e sempre scendeva ad aiutarlo a portare le lenze addugliate o il rampone e l’arpione e la vela che era serrata intorno all’albero. La vela era rattoppata con sacchi di farina e, serrata, sembrava la bandiera della perenne sconfitta.

  269. Che godimento…tutte queste citazioni. Mi hanno fatto venire voglia di rileggere i classici, da Omero a Lo Iacono-Maugeri!!!
    Per gli amanti del mare…ecco un frammento di un’intervista a Camilleri su questo suo amico liquido e mitico, regno di pesci e poseidoni, affilato nello sbalestrare, ma dolce nel cullare.
    Una ondosa sera dal vostro affezionato professor Emilio (nei commeti che seguono)

  270. Il colore dell’acqua non cambia mai
    Intervista ad Andrea Camilleri a cura di Silvia Melloni
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    Sono nato in un paese che si chiama Porto Empedocle ormai quasi 80 anni fa e fra casa mia e il mare c’era solo una fila di case. La prima volta che mi è capitato di spostarmi qualche giorno nell’interno della Sicilia, non riuscivo a prendere sonno. All’alba mi resi conto che mi era mancato il rumore del mare.
    Il mare era dappertutto nella mia giovinezza. Sotto il fascismo, quando si andava in giro con la divisa, io vestivo quella del marinaretto. Eravamo pochi e facevamo macchia blu in mezzo al grigio-verde dei compagni avanguardisti.
    D’altra parte, nei miei sogni giovanili non c’era un futuro da regista o da scrittore. Volevo diventare capitano di Marina.

    L’intervista ad Andrea Camilleri inizia così, provando a parlare di mare.

    Eppure il mare e i marinai non sono mai i veri protagonisti, nei suoi libri:
    – È vero, non sono un narratore di mare. Bisognerebbe esserci stati sul serio, per poterne scrivere.
    Una volta però ho scritto un racconto su un uomo di mare. Si chiamava Capitan Caci e diceva di aver doppiato Capo Horn ma non gli credeva nessuno. Però del mare raccontava storie meravigliose e sono queste storie che io inventai. Almeno, credevo di averle inventate… Perché accadde una cosa curiosa: una decina di giorni dopo che Leonardo Sciascia aveva deciso di pubblicarlo in un’antologia di inediti, uscì in libreria “Storia del porto di Bahia” di George Amado, uno scrittore che ho amato molto. Lo comprai e mi accorsi con orrore che il protagonista del libro era praticamente Capitan Caci, cioè uno che racconta di avventure straordinarie ma che tutti considerano un ballista. Già questa somiglianza era seccante, ma il peggio è che una di queste balle è esattamente quella che mi ero inventato io.
    Ora, né io avevo letto prima il libro di Amado né lui ovviamente aveva letto il mio racconto. E si trattava di una balla talmente metafisica e implausibile, che era per forza un’invenzione. Allora come abbiamo fatto a pensarla in due?
    Comunque all’epoca non avevo ancora scritto di Montalbano e non ero conosciuto. Dissi a Leonardo: “Guarda, non pubblicare il mio racconto perché non crederanno mai che non avessi letto Amado. Lui è importante e io no, e tutti diranno che io ho copiato”. Quando poi sono diventato famoso, me ne sono fottuto e l’ho fatto pubblicare dal quotidiano La Stampa. Ma per anni mi sono arrovellato su come fosse potuto succedere…
    Mia moglie dice che le storie di mare dei marinai sono tutte uguali e che probabilmente le abbiamo ascoltate e riprodotte tutti e due.

  271. Carissimo Professore,
    sono due sere che ci incrociamo. Approfitto per abbracciarla di vero cuore e per ringraziarla di questa sorprendente intervista e della sua costante e calda presenza.

  272. Dottoressa carissima! Che fortuna interloquire con lei in tempo reale!
    Abbia il mio abbraccio e i miei sempre fervidi complimenti…Una richiesta…mi lascerebbe, a beneficio di tutti un frammento del vostro bellissimo testo?
    Il suo affezionato
    Professor Emilio

  273. Con immensa gioia caro professore. A lei. Un frammento che parla del mare:

    ………….”Si fermò lì. Nei pressi della cappella. Alzò gli occhi e lesse: Melius est india urgere, qua commiseratione deplorare. L’epigrafe troneggiava sull’uscio. Quante volte l’aveva vista.
    E ricordò. Le lezioni di latino del precettore. Lei – bambina – nella stanza delle scienze, a palazzo Camalò. Gli astrolabi, i tubi cannocchialuti con cui il barone padre affondava nelle stelle. Le mappe nautiche tabaccose e smangiate, i libri di botanica, le pergamene arrotolate a custodire segreti, i mappamondi in legno con protuberanze di terra, e venature dall’alto in basso a segnare meridiani e paralleli. E mentre salmeggiava declinazioni, lo sguardo le correva oltre le vetrate, dove il mare sbriciolava la vista, spaiava lo sguardo, perché non si capiva mai se fosse acqua o cielo, se miraggio o cosa vera”……..

  274. Un bacio alla carissima Francesca Giulia che spero tanto di abbracciare alla presentazione romana di questo racconto e poi (come sempre mi auguro)……. qui in Sicilia, dove direi a tutte le code di pesce dei dintorni di venire a farle festa!

  275. Ma soprattutto un grazie di cuore a Ines Desideri, alla dolcezza di quel pensiero di perdita che è un guadagno e che mi ha subito fatto pensare a questa bellissima frase del Vangelo:
    “se il granello di frumento caduto in terra non muore,rimane solo:ma se muore, produce molto frutto”.

  276. E ora…a tutti una notte stellata, di veglia, di preludio.
    E’ quasi periodo d’Avvento.
    Tempo di presagi, miracoli, e avvistamenti di stelle.
    Buona notte a tutti e in particolare al mio socio di code, Massi.

  277. Dottoressa carissima!Ma ha citato proprio il brano evangelico che amo di più!
    Ha notato? E’ un brano in cui si parla di solitudine. Se il seme non muore rimane solo.
    Che sia questa la radice della condivisione, amici cari?E che sia per questo che oggi in pochi offrono esempio? Non sarà che siamo troppo attaccati a noi stessi?
    E così, invece di trovarci ci perdiamo.
    La vera perdita di sè si verifica quando non si dona ( e non lo dico, naturalmente in riferimento alla scrittura).
    E poi sì, cara dottoressa……Notte d’inizio Avvento anche a lei. E cioè: notte di miracoli.
    Dal suo affezionato
    Professor Emilio

  278. Grazie Simona, ti confesso che sono molto emozionata all’idea di stringere la mano a te e a Massimo, anche questa è la magia di Letteratitudine, dal virtuale al fisico.Desidero tanto ringraziare tutti per i bellissimi contributi sul mare, aprire questo blog certi giorni è vero momento di gioia per me come una porta che si apre su altre porte e mi da lo stimolo di seguire vie avventurose, di arricchimento e di scoperta. Molto bello il brano che Simona ha inserito, mi colpisce oltre al registro poetico che trasuda dalla storia la cura precisa delle parole e del lessico usato, difficile equilibrio ricercatezza e poetico afflato che mantenga la propria spontaneità.Bravissimi. A Roma vi avrò ” fra le mani!”. 🙂

  279. Mi associo alle parole di Francesca Giulia. Anch’io sono rimasta piacevolmente colpita dalla poesia e dalla ricchezza lessicale del brano inserito da Simona.
    Bravi, davvero.
    Mi dispiace non poter essere a Roma, a dicembre, per conoscervi personalmente.

  280. Poi questo post è diventato anche uno speciale sulla letteratura del mare. C’è materiale a iosa. Uno studente che volesse fare uno studio o una riccerca, avrebbe di che attingere.

  281. Carissimi,
    dopo avere letto di tutta questa bellezza, del mare lasciatoci dall’appassionato, delle righe del racconto, così ritmate e dolci, mi chiedo: ma non sarà che essere isolani e circondati dall’acqua fa pensare a queste nostre terre circoscritte come a zattere, come a pezzi di terra non ormeggiati?
    Ho sempre creduto che gli abitanti delle isole avessero caratteri a parte, di naviganti, ma anche di esuli. Di viaggiatori. Ma anche di indefessi eremiti.
    Lascio qui un frammento de “L’isola di Arturo” e chiedo agli autori: in che modo essere isolani ha influenzato la scrittura di questo racconto?
    ****
    “Il principe Tristano davvero delirava quando diceva che la notte è più bella del giorno! Io, da quando sono nato, non ho aspettato che il giorno pieno, la perfezione della vita: ho sempre saputo che l’isola, e quella mia primitiva felicità, non erano altro che una imperfetta notte; anche gli anni deliziosi con mio padre, anche quelle sere là con lei! Erano ancora la notte della vita, in fondo l’ho sempre saputo. E adesso, lo so più che mai; e aspetto sempre che il mio giorno arrivi, simile a un fratello meraviglioso con cui ci si racconta, abbracciati, la lunga noia…”
    (Elsa Morante, L’isola di Arturo)

  282. Sulla condivisione in letteratura, anche con se stessi. Sull’essere tanti, come diceva Remo Bassini, anche quando si scrive da soli.
    Le parole di un’intervista al grande Saramago……

    “Lo scrittore, prima di diventare tale, era un cittadino e non ha nessun senso che nel momento in cui comincia a scrivere dimentichi di esserlo. Io, almeno, non posso. Non sono uno, sono due, sono tre: sono il cittadino che sono, sono lo scrittore che sono, sono le due cose insieme. Di conseguenza, l’uno parla sempre anche per bocca dell’altro. È questo il mio modo di essere e di vivere. Se ciò pregiudichi o meno la qualità letteraria del mio lavoro, non sta a me dirlo”.

  283. nel mese di settembre ho partecipato alla rassegna “Lerici Legge il mare”, una manifestazione interamente dedicata alla letteratura e alla cultura del mare organizzata a cura del Comune di Lerici, della Società Marittima di Mutuo Soccorso di Lerici (in collaborazione con la casa editrice Mursia e l’Autorità Portuale della Spezia).
    si sono susseguiti incontri con scrittori di storie di mare, convegni, mostre fotografiche, spettacoli, film, animazioni per bambini.
    insomma: tre giorni per scoprire lo spirito del mare.
    l’edizione 2010 è stata dedicata ai ‘capitani coraggiosi’, un omaggio letterario al celeberrimo romanzo di Rudyard Kipling (da aggiungere al vostro elenco, qualora non fosse stato citato) e a tutti gli uomini di mare che nel corso dei secoli hanno testimoniato con le loro imprese il coraggio, la determinazione, la solidarietà, il rispetto degli altri, dell’ambiente marino e dei valori della marineria.

  284. E ancora. Sul valore della storia, o del romanzo storico o, come in questo caso, del “RACCONTO STORICO” (ambientato durante la discesa dei mille), le parole di Saramago:
    _________________________________________________________
    “Diria eu que a História, tal como a escreve ou […] tal como a fez o historiador, é primeiro livro, não mais do que o primeiro livro. […] Restará sempre, contudo, uma grande zona de obscuridade, e é aí, segundo entendo, que o romancista tem o seu campo de trabalho”.

    “Direi che la Storia, così come la scrive o […] così come la fa lo storico, è prima di tutto libro, non più che il primo libro […] Resterà tuttavia sempre una grande zona oscura, ed è lì, a mio parere, che il romanziere ha il suo campo di lavoro”.

  285. questo per dire che la “letteratura del mare”, come la chiamate voi, è davvero ricca e suscita molto interesse.
    auguri a Lo Iacono e Maugeri per questo loro libro, che rientra nella categoria.

  286. In sostanza Saramago è ben consapevole che la “Storia” non esiste in sé, ma è un prodotto dello storico: il quale decidendo che cosa del passato è importante e che cosa può essere trascurato e interpretando il materiale selezionato in funzione delle proprie convinzioni ideologiche o anche soltanto metodologiche, non scrive ma fa la storia, e non la Storia (con la s maiuscola), ma una delle tante storie possibili.
    Lo storico, in definitiva, non si limita ad esporre gli avvenimenti, ma li seleziona, li interpreta e quindi in qualche misura li crea. E il suo non è mai un viaggio definitivo nel passato, poiché può sempre ripercorrere quello stesso itinerario valendosi di altri punti di vista, di dati inediti, di nuove interpretazioni. Un viaggio aperto, dunque, nel quale permangono zone inesplorate. Ed è la coscienza di questa incompletezza, e della nostra incapacità di ricostruire interamente ciò che è stato, a generare l’inquietudine dell’incompiuto.
    Di tale inquietudine si fa interprete lo scrittore che ha scelto per la sua finzione i cammini della storia, il quale agisce appunto su queste zone buie, inserendosi in quell’immensa fascia grigia tra la ragione e il dubbio, tra l’assoggettamento ad una “verità” sancita e la ribellione a tale verità. Non certo per ricostituire il passato — non è questo compito del romanziere —, ma almeno per correggerlo: “Quando dico correggere la storia — afferma Saramago —, non è nel senso di correggere gli eventi della storia, ma di introdurre in essa piccole cartucce, che facciano esplodere quel che sembrava indiscutibile: in altri termini, sostituire quel che è stato con quel che avrebbe potuto essere”.

  287. Bravissimo Salvatore!
    Aggiungerei queste parole di Saramago sul valore della pluralità dei punti di vista:
    “Nulla è assoluto. Trovare un punto d’appoggio per vivere che non sia assoluto, ma anche ammettere che ciascuno di noi è una pluralità e che una visione univoca è sempre limitante e incompleta. Bisogna andare alla ricerca di altre immagini dello stesso fatto, persona o cosa”.

  288. e quando scrivere a quattro mani presenta dei ruoli? nel senso che uno chiede, l’altro risponde…fino a che l’intervistato diventa intervistatore di altri o di se stesso?
    accade in un’opera postuma di moravia. vita di moravia, di alain elkann e moravia stesso….qui ci sono due soggetti, due voci narranti, due distinti elementi senza fusione…però è un libro di grande compattezza, perchè chi chiede pare tutt’uno con chi replica. lo avete letto?

  289. @Francesca Giulia Marone. Ci sarò pure io a Roma. Potrai stringere la mano anche a me, l’importante che non svieni per l’emozione. Un’occasione storica, roba da non lavarsi più le mani per almeno un annetto.

  290. @Salvo facciamo così svengo una sola volta per tutti e tre!…però da terra mi alzi tu.
    Sarà un vero piacere incontrarti.

  291. @Salvo ma che ci importa se terzo anno di lettere moderne è maschio o femmina o altro?Tu le pubblicità progresso contro l’omofobia non le vedi?In sala operatoria i due chirurghi…ti interessa sapere se siano maschio o femmina o altro? A me oggi come oggi mi interesserebbe sapere che siano realmente chirurghi e capaci di non fare danni. Terzo anno mi sembra una persona fantastica da quello che scrive, sarò emozionata di stringere la mano anche a terzo anno…accidenti mi toccherà svenire ancora…
    saluti affettuosi

  292. ..naturalmente sto giocando un pò, però mi piace pensare a terzo anno come un’identità non ben definita, che ne so una specie di alieno che si chiama terzo anno….e vi saluto .

  293. cari salvo e francesca giulia, mi chiamo dora ma conobbi massimo e simona l’anno scorso in una libreria di catania in occasione di una rassegna di letteratura siciliana. in quella occasione io e il mio gruppo di amici (sperimentalisti al terzo anno di lettere moderne) scrivemmo per la prima volta sul blog. quindi terzo anno è allo stato formato sia da donne che da uomini ed è forse il miglior esempio di letteratura in compagnia. ma nello specifico a roma ci verrei solo io, dora, sebbene gli altri vorrebbero tutti seguirmi. 🙂
    non so se ci vedremo ma, se così sarà, l’unica a svenire sarei io. letteratitudine è per noi tutti davvero mitica e incontrarvi tutti sarebbe quindi un grandissimo piacere.
    dora

  294. a proposito di condivisione: noi tutti studiamo insieme, diamo esami, ci scambiamo appunti, scriviamo e ci facciamo l’editing a vicenda. ma soprattutto vi seguiamo con molta curiosità e pensiamo che è grazie a luoghi come questo che condividere è ancora possibile.
    grazie a massimo e a tutti voi.

  295. ecco…per fare un paragone. diciamo che siamo i wu ming dell’università…

  296. Arrivo tardi e non ho ancora letto “La coda di pesce….”, dunque senza nessuna voce in capitolo, se non l’affetto e la stima che mi legano a Simona e Massimo.
    Il mio augurio l’ho già fatto a entrambi in privato, ma voglio qui rinnovarlo proprio in nome di quel desiderio di condivisione che certamente accomuna tutti quelli che frequentano letteratitudine.
    Io non so cosa possa avere spinto Massimo e Simona a mettere in comune una cosa tanto intima come la scrittura, ma quello di cui sono certa è che non saranno sicuramente scesi a quei compromessi di cui parlava Fruttero a proposito del suo sodalizio con Lucentini.
    Racconta: ” Lucentini voleva avere tutto sotto controllo da subito, io amavo farmi stupire e sorprendere dalla storia, e così dovevamo scendere a compromessi.
    Penso che Massimo e Simona abbiano scelto di percorrere un cammino inverso. Si sono riconosciuti fra tanti, hanno annusato la maniera reciproca di mettere le parole una dietro l’altra seguendo una musicalità e non un’altra, hanno scavato nei rispettivi modi di rielaborare le emozioni, individuandoli come propri, e infine hanno messo su carta. Dicono<. ” con la libertà di correggerci le modificarci l’un l’altro”. Ma io non credo che si siano avvalsi troppe volte di questa clausola dell’accordo.
    Io non ho mai provato il desiderio di scrivere a quattro mani, troppo personale singolare è la mia maniera di vivere l’esperienza dello scrivere. O forse non ho ancora trovato l’anima gemella. Come dicono giustamente alcuni: mai dire mai.
    A presto, cari Massimo e Simona. L’undici è vicino e io non vedo l’ora di leggervi …a due occhi.

  297. DIMENTICAVO: se riuscite a organizzare qualcosa che coinvolga Remo Bassini e Laura Costantini, per piacere, fate che io sia dei vostri 🙂

  298. @FG E’ sempre importante sapere il sesso di appartenenza. Io da un chirurgo femmina non mi farei mai operare. Metti che appena mi vede si emoziona, e invece delle tonsille mi incide la trachea? Se continui a svenire a ogni incontro, va a finire che ti lasciamo là e buonanotte.
    @Mavie, ho letto il tuo romanzo, è bellissimo. Mi sa che lo scriviamo io e te un romanzo a quattro mani.

  299. @ Salvo.
    Non sai il piacere che mi fa che il mio romanzo ti sia piaciuto.
    Qualcosa a quattro mani, dici? Mai dire mai. Facciamoci un pensierino.

  300. Inizio con un abbraccio alla carissima Francesca Giulia. Il piacere di conoscerti, veramente, sarà tutto mio…e poi se c’è qualcuno che deve svenire direi che è proprio Salvo, attorniato da tante signore…. 🙂

  301. A Renata Mangiagli che chiede in che modo l’essere isolani abbia influenzato questo racconto…
    In modo pregnante, cara Renata.
    Non solo perchè l’isolano è due volte vaggiatore, viandante, navigante (deve sempre tagliare il mare prima di approdare alla terra ferma e solo a quel punto inizia il suo viaggio) ma anche perchè il racconto si svolge innanzi a due isole.
    L’isola di capopassero, dove si trova il torrione di Carlo V, e l’isola delle correnti, innanzi alla quale si incontrano le acque dei due mari, lo Ionio e il Mediterraneo.
    Isole dell’isola madre, dunque, appendici di uno scoglio enorme, la Sicilia, che è a sua volta metafora di straniamento e lotta, scontro con l’origine primitiva delle forze d’acqua, sorella di solitudini.
    Non c’è dubbio, cara Renata, che l’isolano sia tutto arricciato nella sua ancestrale identità e che del proprio mondo faccia un mondo altro. La postazione di immersione in un’acqua che non solo lo circoscrive, ma lo separa, contribuisce infatti alla formazione di un’anima dolente, selvaggia, per certi versi soffusa da una nostalgia imprendibile, costante, di vene e di sangue.

  302. @Salvatore Riscica: bellissime le parole di Saramago. E bellissima la riflessione sulla storia che proponi.
    Nel successivo commento ti riporto un passo del libro in cui io e Massimo facciamo proprio questa “riflessione” sulla storia…

  303. ………”Perché gli uomini travisano. Come niente, e forse senza nemmeno saperlo. Obbedendo solo a un mistero, a certe sventagliate di caldo sul parruccame, i nobili. A vangate di orto, a calature di reti, i popolani.
    O forse, è tutta paura. Di vivere. Di dirsi come si è. Di svestirsi dei nei sul mento, degli scarpini che vengono dalla Francia, dei belletti e del carminio con cui darsi una passata di rosso sulle labbra.
    O di guardarsi le mani tagliate. I mezzi panciotti ereditati dai morti. Le vestine della domenica ripulite con la saggina.
    Tutti, e senza distinzione, a smarrirsi. Servi e padroni. Poi a travisarsi. A inventarsi una ragione. A cogliere al volo evenienze e a chiamarle destino. O storia.
    Che, poi, anche la storia, forse, è solo questa paura”.

  304. La “Storia” in letteratura, quindi, è – caro Salvatore – un altro personaggio, che cerca la propria verità, che si dimena in cadute e resurrezioni, che si fa vittima o carnefice, che tace o grida, che bisbiglia o ruggisce un’indomita voglia di libertà.
    E’ come tutti i personaggi.
    In cerca di un padrone che le dia voce, senso, che la interpreti e forse la capisca.
    Si aggira come un’ombra, la storia, e come un’incompresa estranea che a tutti i costi vogliamo tenere fuori dalla porta.

  305. Ancora a Renata:
    è vero carissima. La letteratura deve moltiplicare i punti di vista, dire e ridire con molte voci, guardare con molti sguardi, sentire con molte anime. Il grande maestro, oltre Saramago, credo sia Yehoshua, impareggiabile scrittore israeliano, che ne “L’amante” per esempio, fa narrare la stessa azione a tutti i personaggi contemporaneamente.
    Leggerlo è come un’infusione nella mente dei protagonisti, entrare in loro, piano, fin dentro la radice di sogni e desideri, fin nella pianta dei piedi e nei palmi delle mani, fin nelle oscurità del nodo in cui bene e male convivono.
    Dopo, a viaggio finito, a libro chiuso, siamo stati tutti, abbiamo provato ogni parte, abbiamo dimenticato quale fosse la nostra.
    Non avremo più il coraggio di giudicare nessuna vita, perchè di ognuna abbiamo conosciuto la storia.

  306. E’ la stessa cosa che avviene scrivendo in due.
    Sei tu, ma sei anche l’altro. Dici per te, ma anche per l’altro. Vivi in te ma anche nella parola, e la parola è a sua volta immaginazione, campo di approdo e incontro, fusione di ogni punto di vista.
    Ne esci cambiato.
    Sconfitto,vittorioso, imbarbarito, spodestato e finalmente libero. Di te. Della fetta di verità che credevi di possedere.

  307. @terzo anno: credo che anche l’intervista, come lavoro a quattro mani, provenga da un incontro. Le domande non sempre sono tali, e neanche le risposte. Forse, come dici tu, spesso chi risponde si ritrova a domandare, e chi domanda non fa che ribaltare una prospettiva.

  308. Cara Mavie!
    E’ un piacere incontrarti qui, e spero anche di abbracciarti presto!
    E’ vero, io e Massimo non abbiamo fatto molti compromessi, ci siamo piuttosto lasciati guidare l’uno dall’altra. Ma ci siamo corretti – eccome – dall’inizio alla fine, senza, però, mai una sola recriminazione o un litigio.
    Non rientra nelle nostre nature, in verità, e quindi non abbiamo fatto molta fatica. Avevamo un solo obiettivo: che la storia funzionasse e avesse un timbro proprio pur provenendo da due cuori, e che lasciasse segno di apertura e compassione reciproca.
    Intendendo per compassione quel sentire con, sentire insieme, sentire in due, e in tre, e in mille.
    E in tutto.

  309. E con questo, chiudo qui, cari amici…è stata una lunga giornata.
    Credo che il mio socio di code apparirà tra poco.
    A lui, e a voi tutti, una sera felice, guizzante, marosa.

  310. …sono il commento numero 400!!!!! quattrocento volte grazie, cara simona, del suo affetto. la ricordo con piacere e se posso verrò a salutarla presto.
    dora

  311. E bentornata a Letteratitudine a Mavie Parisi (grazie, Mavie… spero di incontrarti presto).
    Con qualcuno di voi (tra cui Francesca Giulia e Salvo) ci vedremo a Roma, nella splendida cornice offerta dalla fiera “Più libri, più liberi”.

  312. Salvatore Riscica ci chiede: “che cos’è per voi la “Storia” in letteratura?”

    Ha già risposto ottimamente Simona.
    Aggiungo solo quanto segue.
    Credo che la letteratura possa fornirci la possibilità di osservare la Storia in una visuale diversa, che è quella fornita dal punto di vista dei personaggi.
    Le piccole storie dei singoli che incrociano la grande Storia.
    Ecco. Questi incroci… questi riflessi della Storia sulle storie, possono aiutarci a comprendere meglio il nostro passato e a interpretare con maggiore consapevolezza il nostro presente.
    Credo che questa sia una delle più belle “possibilità” che la letteratura può offrire.

  313. Per oggi chiudo qui.
    Auguro a Simona, agli amici di Letteratitudine e a tutte le code di pesce in cerca della loro ragion d’essere… una notte serena e rigenerante.
    A domani, su questo stesso mare.

  314. beh, l’avevo detto che il mio elenco non era esaustivo.
    ottima integrazione.

  315. Cari Massimo e Simona,
    avevo già sottolineato in un mio commento di qualche giorno fa la bellezza della copertina del vostro libro. Ho letto i commenti precedenti, ma non proprio tutti, quindi spero di non ripetere – e scusatemi se dovessi incappare in tale errore – una domanda già fatta:
    in che modo avete scelto la copertina?
    Un abbraccio, augurandomi di incontrarvi a Roma l’8 dicembre per la presentazione di “La coda di pesce che inseguiva l’amore”,
    Gaetano
    *
    P.S.
    Aggiungo un titolo, in una sorta di gioco, per prolungare un elenco pressochè infinito relativo alla letteratura di mare;
    è un romanzo dove il mare rappresenta il protagonista archetipico:

    J.G. Ballard, “Deserto d’acqua” (“The drowned world”, 1962). Riedito con il titolo, fedele a quello originale, “Il mondo sommerso”.

    A proposito del libro, scrive Vittorio Catani:
    “L’inondazione globale diveniva allegoria, un’amplificazione del nostro paesaggio reale e psichico già compromesso, e il ritorno a una vita nel liquido placentare.”

  316. Passerò certamente in fiera, a Roma, ma non so se riuscirò ad esserci proprio l’8, alla vostra presentazione (anzi, temo proprio di no, e mi dispiace molto). Spero di riuscire ad incontrarvi lo stesso in uno degli altri giorni (pur non sapendo bene quale). Una copia del libro l’acquisterò certamente allo stand di Sapognaro (tenetemela calda).
    🙂

  317. @CarloS.- tutti-

    Il libro si potrà trovare nel nostro stand (Sampognaro& Pupi) alla Fiera di Roma

    Prezzo 12 €.
    Con autografo di Massimo Maugeri 14 €.
    Autografo dott.ssa Lo Iacono 16.00 €.
    Dedica personalizzata di Maugeri 18,00.
    Dedica personalizzata dott.ssa Lo Iacono 24.00 €.

  318. Caro Gaetano,
    la copertina è del bravissimo Alek Mudanò, che prima di realizzarla ha voluto leggere il libro, assimilarne le assonanze, coglierne il senso.
    Quando ce l’ha proposta io e Massimo siamo subito rimasti incantati e abbiamo esclamato all’unisono: PERFETTA!!!!
    Anche perchè dalla foto non si vede …ma mentre la copertina riporta il volto del ragazzo (Turi) che si sovrappone alle onde, il retro riporta lo stesso volto senza mare.
    In questo Alek ha letto benissimo la personalità di Turi, che è terragna e marina, di sangue e di acqua.
    Un senza terra, ma anche un senza mare, nel senso che ovunque non è pienamente, perchè la sua origine è data da una misteriosa unione di differenze.
    E allora, forse “essere” è cosa da non addebitare all’unità, ma forse alla dualità e alla complessità. Turi porta in sè voci dissotterrate dai morti, tutti i fantasmi che siamo e che siamo stati, tutte le storie e tutti i finali.
    E tuttavia non è riconosciuto nè dalla classe sociale del padre (i tonnarioti) nè da quella della madre (i baronuzzi).
    Solo la coda prende a seguirlo. Solo la coda si specchia in lui, e cercandolo, da’ infine senso alla sua diversità.

  319. Caro Gaetano,
    è molto suggestiva l’idea dell’acqua come simbolo del liquido placentare, come ritorno all’origine, al prima.
    E sì, credo che ogni storia di mare sia un confronto di forze, la vita che si riannoda a quel suo principio di silenzio, di galleggiamento, di annidamento.
    Ma anche di sfida, di libertà, di confronto con se stessi in una dimensione misteriosa e primitiva.
    Un archetipo, ma anche il suo opposto: la rottura del segreto, voler andare oltre.
    Spero di abbracciarti a Roma.

  320. ciao Simona e Massimo. non mi conoscete, ma ho comprato e letto il vostro libro. ne sono rimasta letteralmente incantata e…… trafitta.
    grazie per averlo scritto.

  321. A tal proposito, la prima presentazione di questo nostro libro (come abbiamo già avuto modo di comunicare) sarà a Roma – 8 dicembre, h. 14 – nel corso della fiera della piccola e media editoria “Più libri, più liberi”.
    Ecco il comunicato…

    “Più libri, più liberi”
    EUR – Palazzo dei Congressi
    8 dicembre 2010
    ore 14.00

    Presentazione del libro
    “La coda di pesce che inseguiva l’amore” di Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri
    Intervengono gli autori, Luigi La Rosa e Tea Ranno
    A cura di Sampognaro & Pupi


    Vi aspettiamo!

    Sala Rubino

  322. Complimenti a te , Massimo, ed a Simona che siete riusciti a navigare sulla coda del pesce, dove si pensa che due persone potrebbero avere un equilibrio precario se entrambi non credessero di avere in comune un obiettivo e non conoscessero quelle strategie efficaci per non lasciarsi prevaricare dal mare di idee e di parole.
    Ho ordinato la vostra favola letteraria, ma immagino la serie di elementi su cui avete costruito il pezzo a quattro mani. Sono certa che sarà bello come
    il rumore dell’onda che trapassa la superficie dorata del mare di cui avete voluto farci regalo in apertura.
    Grazie.Auguri. Il vostro lavoro possa essere una metafora di incontri per
    l’umanità intera ma soprattutto per la ricucitura di tante divergenze politiche e sociali dannose all’interesse del bene comune.

  323. Cara Mela, grazie di cuore anche a te. Spero tanto che la nostra storia non deluda le tue attese.
    I tuoi auspisci (mi riferisco alla “metafora di incontri per l’umanità intera) sono anche i nostri.
    Grazie ancora per aver ordinato il libro.
    E, ovviamente, rimaniamo in attesa delle tue impressioni dopo la lettura.

  324. Massimo e Simona carissimi, sono davvero onorato di dare parola, tra qualche giorno, al vostro comune sogno letterario. Torno giusto oggi da giornate di lavoro devastanti e interminabili, e qualche viaggio fuori Roma, ma torno giusto in tempo per assistere al concerto di voci amiche e ammirate al cospetto della vostra bellissima storia. Storia di lingua, di passioni, storia metaforica, profondamente allegorica, che affonda nei segreti e nei significati reconditi dell’esistenza. Mi ha fatto pensare a Keats, al suo misterioso concetto di “bellezza”. E’ una storia “vera”, ed è essenzialmente questo a renderla “bella”, come direbbe il poeta. Sono veri i sentimenti, vere le contraddizioni, vero lo sguardo sul reale, sebbene tutto questo voi lo armonizziate al meglio in una sognante dimensione da favola. Bellissimo libro, che consiglio a tutti. Ne parleremo di presenza e faremo festa, come merita e come meritate voi. Un abbraccio caro dalla capitale, vi aspettiamo!!!

  325. Carissimi Simona e Massimo,
    domani sarà un giorno importante per la Coda di pesce, e per voi naturalmente sarà di certo una festa strepitosa, come meritate. Io purtroppo non ci sarò ma confido in un bis pirotecnico anche per sabato prossimo, quando la Coda di pesce tornerà a “casa” sua! Mi chiedevo se per caso non ha incontrato, nelle sue lunghe e solitarie navigazioni, il “Colombre” di Buzzati… chissà cosa si saranno detti? Si saranno scambiati delle confidenze e il Colombre avrà confidato a Coda che, forse, aspetta ancora fiducioso di consegnare il suo prezioso dono alla persona giusta.
    Magari giungesse… chi è capace di portare la pace alla nostra Sicilia!
    Il giorno in cui la nostra isola ritroverà il suo armonico equilibrio perfino Colapesce, dice la leggenda, esaurirà il suo compito e potrà tornare a noi nell’armonia ricostituita.
    Con questo pensiero, forse fuori luogo e un po’ strampalato, vi invio i miei più calorosi auguri di ogni bene, attendo con impazienza di abbracciarvi di persona, un affettuoso saluto, Elvira

  326. Ho letto “La coda di pesce che inseguiva l’amore” di notte, nel treno che da Roma – dove ho assistito alla presentazione, riuscitissima, del libro, nella Sala Rubino di “Più libri più liberi” – mi riportava a casa (cioè ovunque).
    Il treno cullava, in sintonia, il mio fluttuare sulle pagine.
    Le parole ondeggianti, oscillanti tra firmamento e abisso, la scrittura lussureggiante: un incantamento, un ritmo che scandisce sè stesso, come una danza primordiale, un rito, racconto che celebra luce e oscurità, in eterno divenire ed eterna immobilità, e lacrime, sale, liquido amniotico, mare, un ciclo infinito d’aggregazione e disgregazione, “sfero” empedocleo d’armonia e contesa, felice sperdimento, vivido naufragare.
    Un libro prezioso, con una gemma rara incastonata a chiusura della storia.
    Grazie.
    (E di certo, voi, cari amici Massimo e Simona, avete, ancora e ancora, salvato il mondo).

  327. Carissimo Gaetano,
    grazie di cuore.
    Sei venuto lì a Roma apposta per sentire me e Simona…
    E grazie per aver già letto il libro e per le tue bellissime parole che hai voluto dedicarci in questo tuo commento.
    Ci danno tanta forza e fiducia.
    Grazie davvero!

  328. Cara Maria Lucia,
    anche se non eri presenti fisicamente c’eri con il pensiero e con il cuore. Ti abbiamo sentita!
    (Ne approfitto per anticiparti i complimenti per la bella notizia letteraria che ti riguarda: si può dire, o è top secret?) 😉

  329. Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che erano presenti alla presentazione romana (alla Fiera “Più libri, più liberi”) di La coda di pesce che inseguiva l’amore.
    È stata una vera gioia vedere la sala Rubino riempirsi e ricevere così tanti riscontri positivi.
    Grazie a tutti!

  330. Cari amici ho terminato adesso “La coda di pesce che inseguiva l’amore”, devo dirvi che è una storia bellissima, poetica, ricca di immagini suggestive, tangibili che ti accompagnano anche dopo la chiusura dell’ultima pagina. Brevi ritratti di personaggi intensi, veri, che vorresti conoscere, acque in cui ti piacerebbe bagnarti e una coda che avresti desiderato inseguire tu sulle onde del mare. Il tutto impastato in una lingua accuratissima ma sempre scorrevole e piacevole, tanto che alcune parole- io che siciliana non sono- le ho ripetute ad alta voce per sentirle risuonare dentro. Bella la lingua, belli i suoni, pregnanti quanto il loro stesso significato.Mi sarebbe piaicuto solcare quelle ac

  331. …quelle acque ancora un pò…quindi attendo famelica di sogni, nuove storie dalle penne poetiche di Simona e Massimo!
    Complimenti e auguri!
    La presentazione a Roma è stata molto bella, grazie anche alle parole di Tea Ranno- che non conoscevo, bravissima- e Luigi La Rosa.
    un caro saluto a tutti!

  332. Cara Fran,
    grazie di cuore anche a te per essere venuta a trovarci a “Più libri, più liberi” (insieme a tuo marito: salutacelo!) e per aver assistito alla presentazione del libro.
    E grazie, ovviamente, per aver letto la “coda di pesce” e per le bellissime parole che hai voluto dedicarle.

  333. Aspettiamo anche Simona…

    Simo, com’è stata per te l’esperienza della presentazione del nostro libro alla fiera romana “Più libri, più liberi”?
    E che impressione hai avuto della fiera?

  334. Al carissimo Gaetano ho già risposto nell’altro post, ma aggiungo qui che con certe persone non hai mai l’impressione di un incontro. Piuttosto di un trovarsi, di una continuità di pensiero e affetti, tanta è la familiarità, l’assonanza segreta tra loro e noi.
    E’ stato così anche con la dolcissima Francesca Giulia, alla quale non mi sarei mai sentita di dire: “Che piacere conoscerti!”…piuttosto (sebbene non ci fossimo mai viste prima): “Che piacere averti ritrovata”!

  335. Cara Francesca, caro Gaetano,
    grazie della vostra presenza affettuosa e partecipe. Era così bello sapervi lì, in sala, ad inaugurare questa coda smarrita e solitaria, creatura umilissima fatta di sogni e vento marino.
    L’avete interpretata benissimo, con l’anima e con il cuore.
    Vi sono molto grata.

  336. Caro Massi…
    ho scritto già nell’altro post ma ripeto qui…per me, come sai, è stata la prima fiera.
    E la gioia più grande è stata (da divoratrice di libri) vedere proprio il libro al centro dei cuori di tutti, la sua vitalità , la sua essenza di compagno necessario, il suo peso nelle nostre esistenze.
    Non un oggetto, non un soprammobile…ma una creatura amata e legata alla nostra sopravvivenza, ricreata dai lettori, rinarrata e mille volte resusciatata.
    Una metafora della nostra scorza di veri viandanti bisognosi di una bisaccia da intascare insieme alla nostalgia, che caccerà la solitudine e che scanserà i pericoli dell’anima.

  337. E come ho detto anche di là…grazie Massi, per la condivisione e le parole intrecciate, per questi anni di viaggi dello spirito e della parola.
    un bacio dalla tua socia

  338. Cara Mari,
    ci sei stata sempre, nei nostri pensieri. E poi ti abbiamo festeggiata, abbiamo gioito per te, ti abbiamo pensata come sempre dev’essere per le vere cacciatrici di sogni e destini: felice di un traguardo riuscito, meritato, e donato.
    Che il cielo benedica i tuoi sforzi e te li ricambi in successi e amore!

  339. E ora buona ninna…
    domani si torna alla realtà….
    Ma sabato venite a Siracusa!
    All’hotel Roma, ore 18,00 io e Massimo presenteremo la coda. Relazionerà la bravissima Laura Marullo, docente presso la facoltà di lettere di Catania, e leggerà i testi Rina Rossitto.
    Alle nostre spalle saranno proiettate immagini che io e Massimo abbiamo scelto e montato per dare al nostro pesce forma e visione. Movimento. Sapore.
    Anima.

  340. Peccato, essere così lontane…l’evento deve esser stato particolarmente interessante. Rileviamo una evidente sintonia con la nostra idea di letteratura: le parole si coniugano agevolmente con le immagini. Vale anche il contrario. Infatti, non siamo riuscite a evitare didascalie complesse ai nostri scatti della mostra CONTRASTI.

    Sulla scrittura a quattro mani: pensavamo facile farlo, giacché siamo gemelle. Non è così. La parte più difficile scatta quando si tratta di eliminare il troppo, l’inutile che sempre c’è.
    E accade anche di pentirsi per aver indotto l’altra ad accettare amputazioni gravose.

    In ogni caso, usiamo far così: – ognuna scrive liberamente un primo capitolo;
    – ci scambiamo ciò che si è prodotto, senza aver concordato nulla, neppure sui tempi e le ambientazioni, ma partendo da una ipotesi di titolo;
    – si corregge ciò che l’altra ha scritto imponendo le scelte operate;
    – si confrontano le due ipotesi rivedute;
    – si sceglie quella che entrambe riteniamo migliore;
    – si procede per capitoli, scambiandoli;
    – si integrano le parti ritenute pregevoli, separatamente;
    – giunte alla fine si inizia a ragionare sul tutto, di persona, in video conferenza, per telefono, per e-mail…
    – si lascia sedimentare per qualche giorno e si riaffronta il tutto.

    Abbiamo sperimentato anche un altro modo: ognuna scrive una parte e si corregge il tutto insieme, raccordando dove occorra.
    Sopravvivono, entrambi i casi, dubbi atroci.

    Di certo c’è: non siamo collegate telepaticamente.
    Alessia e Michela

  341. Ah!
    In ogni caso: l’esperienza è arricchente. Quel che potrebbe sembrare una perdita resta accantonato, già migliorato. E nulla più è come prima.

  342. @ Alessia e Michela
    Grazie per la vostra testimonianza, e per averci spiegato come vi raccordate per scrivere a quattro mani…

    p.s. non sapevo che foste gemelle… :-))

  343. La presentazione di ieri a Siracusa è stata un vero successo (ben oltre 200 persone presenti).
    Ringrazio di cuore la mia ottima socia letteraria Simona per averla organizzata, Laura Marullo (splendida relatrice), Rina Rossitto (che ci ha deliziato con le sue letture)… e tutti i partecipanti.
    Esperienza indimenticabile, direi…
    Grazie davvero.

  344. LA SICILIA

    Giorno & Notte di Venerdì 10 Dicembre 2010 – Siracusa, pagina 42
    ———–

    racconto «a quattro mani»: Lo Iacono e Maugeri, emozioni in «cunti» e credenze popolari

    ———–

    «La coda di pesce che inseguiva l’amore» è il suggestivo titolo del lungo racconto scritto a quattro mani da Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri, che sarà presentato domani alle 18 in un albergo di Ortigia. La Lo Iacono, scrittrice e magistrato, «Premio Vittorini Opera Prima 2009», e lo scrittore e critico letterario Massimo Maugeri hanno dato vita a una narrazione magica e storica nel contempo, ambientata a Portopalo di Capo Passero all’epoca dello sbarco dei Mille. Un racconto che avvolge il lettore in uno strano incantesimo fatto di credenze popolari e «cunti», impreziosito da uno stile raffinato e da scelte linguistiche accurate. Sebastiano Grimaldi, presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati di Siracusa, aprirà con i suoi saluti l’evento culturale, sul libro relazionerà la professoressa Laura Marullo, l’attrice Rina Rossitto leggerà alcuni brani.
    ANNALISA STANCANELLI
    10/12/2010

  345. Simona, non potrei sognare parole d’augurio più belle di quelle che hai scritto qui e che hai voluto condividere con gli amici del blog…
    Grazie!
    Grazie due volte, perché tu e Massimo avete pensato a me festeggiando la vostra avventura letteraria in tandem.
    I sogni fatti insieme hanno più possibilità di avverarsi e la gioia viene moltiplicata…

  346. ho letto “la coda di pesce che inseguiva l’amore” tutto d’un fiato. una storia forte e d’altri tempi.
    bellissima!

  347. LA CORDA SPEZZATA DELL’ARRIVO
    Prospettive e visioni del mondo liquido
    ***

    Mi piace chiudere il mio ciclo di incontri del “Giovedì” alla Galleria Roma di Ortigia raccontandovi che cosa vi è «di qua dal Faro», per usare, capovolgendola, una espressione che i Borbone adoperavano per indicare le terre di Sicilia e le sue genti, come se si trattasse di un mondo autre, di un confine totale. Vincenzo Consolo ha ripreso questa concezione e ha intitolato un suo libro Di qua dal faro, ponendosi dal punto di vista della Sicilia come «dalla parte degli infedeli», rovesciando la prospettiva e narrando l’isola partendo dal mare che la circonda.
    In questo racconto voglio segnare le rotte di un viaggio che attraversa l’Isola passando attraverso il simbolico dell’immagine, del verso e della prosa; un percorso tra “isole” che disegna il volto del territorio entro cui si insinua, raffigurandolo come un “arcipelago” ricco e frastagliato, mutevole e meticcio, finis terrae ed Ultima Thule.
    Attraverso Verga, Capuana, De Roberto, Pirandello, Rosso di San Secondo, Borgese, Quasimodo, Vittorini, Pizzuto, Brancati, D’Arrigo, fino a Bonaviri, Cattafi, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Bufalino e Consolo – classici italiani che sono insieme classici siciliani – si delinea la prospettiva di un “mondo liquido”, che diviene metafora, simbolo ed elemento costituivo di un universo che la letteratura rivela nella sua geografia mutevole, mitica eppure profondamente storica. La Sicilia, in questi autori, diviene nesos, “terra che galleggia”, e si pone in maniera netta al centro di un sistema di rapporti culturali, artistici e letterari in cui la sperimentazione dei codici espressivi e di genere, imponendosi molto oltre la «dimora isolana», va a collocarsi in una dimensione decisamente pelagica. Un carattere non unitario, dunque, che in tale eterodossia racchiude la sua immensa forza creativa, un magma, un arcipelago di voci vivo e fecondo, “plurale” e “impuro”.
    Di acqua si nutrono i miraggi che covano dentro la scrittura de Il sorriso dell’ignoto marinaio di Consolo, de-lirando in una scrittura che scardina i piani temporali facendosi documento storico, frammento di puro lirismo, invettiva.
    Dall’acqua nasce Horcynus Orca di D’Arrigo, un’opera vasta e complessa, vero e proprio monstrum nel panorama letterario contemporaneo, che sembra sottrarsi ad ogni interpretazione unilaterale, ma nello stesso tempo, per un singolare paradosso, pare quasi orientare a una lettura in chiave prevalentemente simbolica. Si può infatti affermare che in tale prospettiva il tema fondamentale sia rappresentato dal viaggio in mare, lungo il filo di un nostos omerico, con la presenza apocalittica della fera sullo Stretto. Nulla più del mare di Messina è medi-terraneo, porthmos e poros al contempo, stretto braccio equoreo circondato da terre, passaggio, scorrimento, ma trattenuto, contenuto tra sponde terranee.
    Il carattere simbolico e a tratti epico della scrittura di D’Arrigo risulta accentuato dalla singolare invenzione linguistica, impasto perfettamente coerente di elementi dialettali, arcaismi, neologismi e linguaggio colto, che custodisce gelosamente il segreto indecifrabile della propria origine.
    La Lingua phari, col suo braccio ricurvo, è da un lato, nella sua forma concava, terra che si incunea nel mare dello Stretto come un corpo flessuoso ripiegato appena, creando con il proprio ventre l’insenatura del porto, spazio riparato da venti e correnti, mentre dall’altro offre la schiena al mare aperto dello Stretto, esponendosi al ritmico incontro delle correnti come al soffiare dello scirocco. Qui vive la fera, l’Orca che nella scrittura di D’Arrigo si fa fiocina e uncino che cattura, immagine terrifica che insinua sinistri presagi là «dove mare è mare».
    In questo «mare di sangue pestato», spazio privo di misura e refrattario a ogni nomos, deserto d’acque su cui non si riesce a tracciare confini, a ritagliare forme e figure, superficie liscia e uniforme, spazio del sempreoltre, dell’incessante attraversamento e perciò del più assoluto sradicamento, balugina la misteriosa creatura – fantasma, apparizione, frutto di diceria o di insania – del lungo racconto “darrighiano” La coda di pesce che inseguiva l’amore di Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri. Libro “gemino”, scritto a quattro mani, colpisce per la sua singolarità nel panorama della letteratura siciliana ed italiana di questo primo decennio del nuovo millennio. Esso sembra chiudere un ciclo nella vicenda letteraria dei due autori, ed aprirne un altro, nella vicenda più ampia della nostra letteratura d’oggi. Il richiamo di questa opera è a riconsiderare il particolare sperimentalismo tra realismo storico e neobarocco, in cui miti, sentimenti, leggende, problematiche esistenziali (i temi dell’esclusione, della libertà, della giustizia), colti nella cornice di un microcosmo tra mare e terra, diventano oggetto di riflessione ampia sulla grande e piccola storia, risolti in una scrittura che conosce il dono della poesia e della verità.

    Salvo Sequenzia
    ***
    ***
    per i giovedì della galleria
    “LA CORDA SPEZZATA DELL’ARRIVO”
    Tra cinema e letteratura.
    Prospettive e visioni del mondo liquido
    conversazione a cura di Salvo Sequenzia
    16 dicembre ore 18,30
    Galleria Roma
    via Maestranza 110
    96100 Siracusa

  348. @ Salvo Sequenzia
    Carissimo Salvo,
    grazie di vero cuore.
    Questo tuo scritto è bellissimo. E l’accostamento del nome mio e di quello di Simona a quelli di questi giganti della letteratura è commovente (oltre che lusinghiero).
    Grazie di cuore.

  349. Grazie al carissimo professore Sequenzia per le parole, per il calore con cui sempre ci accoglie e per il dono di una lettura che ha saputo vedere nel mare un oltre, una trasmigrazione dell’anima, un palco di fantasmi e visioni!
    Grazie!

  350. Un bacio a Mari e a tutti gli intervenuti della presentazione siracusana, al carissimo Seby Grimaldi, presidente dell’ordine degli avvocati per il saluto carico di suggestione e poesia, e al sindaco di Portopalo, giunto in rappresentanza della sua terra.

  351. E un grazie di cuore anche alla cittadina di Mineo e alla sua accoglienza. Alla professoressa Sarah Zappulla Muscarà e a quanti hanno voluto avere tra le mani una coda di pesce, ingrossata di scaglie marine e di stelle.

  352. Il prossimo appuntamento è sabato 18 a Portopalo, alle ore 18 presso il cinema Gozzo. Relazionerà il prof. Sebasiano Burgaretta. Leggerà testi Silvana Scrofani su immagini e video realizzati da me e Massimo.
    Vi aspettiamo!

  353. Dopo averlo letto, e riletto, posso solo dire che è un racconto stupendo.
    I miei complimenti agli autori, che ho sempre reputato validi, ma che non immaginavo potessero giungere a così elevati livelli letterari.

  354. Un grazie di cuore, Renzo.
    E grazie all’amministrazione comunale di Portopalo che oggi ci ha accolto festosamente proprio nell’ambientazione che ha dato vita alla coda.
    Un bacio a tutti!
    Un bacio e la buona notte a te, Massi.

  355. Mi perdonerete per il ritardo con cui mi unisco a queste voci?
    Voglio festeggiare anch’io il libro di Simona e Massimo.
    Per me, quassù ad Aosta, incastrato tra le montagne, il mare ha sempre avuto un fascino particolare (a me, per la verità, basta già solo la pianura): e la letteratura di mare mi ha sempre riempito di pensieri, sin da quando, bambino, leggevo su “Epoca” le pagine ruvide e salate di Vittorio G. Rossi – ecco un altro nome da aggiungere a quelli già fatti… chissà se qualcuno se lo ricorda… (se non sbaglio Brignetti se ne occupò in gioventù).
    Condivisione, dicevate… Credo che la scrittura sia essenzialmente condivisione. Solo apparentemente è un atto solitario: cerca il confronto, lo stimolo, l’interpretazione, la glossa, la confutazione anche, se vogliamo pure il fraintendimento. Senza questa disponibilità a mettersi in gioco, le piccole verità o i grandi dubbi dello scrittore rischiano di restare sospesi nel vuoto – è un’ovvietà, lo so, ma la lascio scritta lo stesso.
    Quando questa condivisione si traduce già subito in collaborazione, resto ammirato. Che questa collaborazione suoni come un’armonia, è senz’altro un insegnamento che resta lì a lavorare nella testa anche del lettore più distratto – ma allora ci si può intendere, si può percorrere un tratto di strada a piedi senza litigare, anzi con piacere reciproco!
    Cercherò il vostro libro, Simona e Massimo. Per ora, da quassù, un abbraccio benaugurante.

  356. Caro Claudio,
    non sei affatto in ritardo. Ti ringrazio moltissimo per questo tuo messaggio (e per aver condiviso il concetto di condivisione). :-))
    Spero davvero che tu possa avere la possibilità di leggere la nostra “coda”.
    Ricambio l’abbraccio benaugurante.

  357. Ne approfitto anch’io per ringraziare l’amministrazione comunale di Portopalo (come ha già fatto la cara Simona) per la bellissima accoglienza che ci ha riservato.
    Un ringraziamento speciale al prof. Burgaretta per la splendida presentazione de “La coda di pesce che inseguiva l’amore” (una vera e propria lectio magistralis applicata alla nostra “coda”).

  358. PORTOPALO
    – Presentato nei giorni scorsi, nell’aula consiliare del Municipio, il libro di Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri intitolato «La coda di pesce che inseguiva l’amore». Un romanzo ambientato a Portopalo nel periodo in cui Garibaldi e i suoi mille sbarcavano in Sicilia. La storia di Turi il tonnaroto, figlio di Vanni, che inseguiva una coda di pesce passata nei pressi di Capo Passero. Il romanzo, con uno stile elegante e mai pesante, smaschera, con un finale a sorpresa, l’avidità capace di rendere gretti anche i sogni più belli.

    La storia di Turi si snoda in una Portopalo (dis)incantata, nella speranza che la confluenza delle correnti dei due mari possa liberare questa terra da pregiudizi e malattie, soprusi e sventurate passioni, quasi come l’auspicio sveviano posto al termine de «La coscienza di Zeno». In fondo, come recita la quartina di un celebre brano, anche da queste parti «il pensiero dà fastidio e chi pensa è muto come un pesce, anzi è un pesce protetto dalla profondità del mare». Letteratura è condivisione, come hanno sottolineato i due autori al cospetto di un pubblico numeroso e attento. La magistrale lettura di alcuni passi del romanzo, a cura di Silvana Scrofani, già apprezzata lettrice nella quinta edizione del Premio nazionale giornalistico-letterario «Portopalo, più a sud di Tunisi», hanno dato alla presentazione un tocco ulteriore di eleganza, stile e bellezza.

    Un romanzo scritto a quattro mani, reso possibile dalla collaborazione totale dei due autori, senza prevaricazioni di sorta. Del resto, il «cursus honorum» di Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri rappresenta una garanzia di competenza e bravura. Il libro è stato introdotto dal professor Sebastiano Burgaretta. Un romanzo da non perdere, lontano da tanta narrativa becera che invade gli scaffali, soprattutto in questo periodo.

    Autore: Sergio Taccone.

    Fonte: La Sicilia 23/12/2010

  359. LA CODA DI PESCE CHE INSEGUIVA L’AMORE di Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri
    (Sampognaro & Pupi, 2010)


    Un gioiello di racconto

    “Il tramonto frattanto cambiava.

    Una tingitura di rosso tramò l’aria, stano zu’ Saru, gli mise in gola l’allarme: “U cielu è come focu! U cielu è come ‘a giubba dei mille!”

    Ha il sapore di una tragedia greca questo racconto di sole 52 pagine e, come tale, turba, addirittura riesce perfino a sconvolgere. Breve, quindi non lungo, ma estremamente concentrato, un susseguirsi di metafore che avvincono e inducono a meditare, righe su cui soffermarsi è d’obbligo, perché nulla è lasciato al caso, perché non c’è una parola di troppo, né una di meno.
    Eppure la prima impressione è di trovarsi di fronte una favola, bella, ma pur sempre favola, e invece in breve ci si accorge che questo racconto, sospeso, quasi galleggiante in quella realtà sfumata e impalpabile che è propria del sogno, discetta di tematiche corpose, materiali, che da sempre accompagnano la storia dell’umanità.
    La vicenda è caratterizzata da un perfetto amalgama di elementi reali e di visioni metafisiche, è una leggenda riscoperta e riadattata per parlare agli uomini di speranze e di desideri, di sconfitte non definitive, ma che lasciano aperta una porta per un mondo diverso, non fatto solo di classi dai confini invalicabili, di violenze per il possesso, ma soprattutto di amore, inteso non tanto nel suo aspetto materiale e più retrivo, bensì come aspirazione massima dello spirito, in un’unione più di anime che di corpi.
    C’è un richiamo forte, evidente, al senso della natura, alla comunione con essa, che, senza mai pervenire alla visione idilliaca di Teocrito, fonde, mirabilmente, il naturalismo con il misticismo proprio della trascendenza. In questo senso non è difficile pensare che esistano elementi comuni a quelli del grande narratore siciliano Giuseppe Bonaviri, in un mondo arcaico, sempre presente, riportato alla luce e in cui i grandi primordiali istinti si accompagnano a ideali e a speranze.
    Sono pagine dense di un’atmosfera inquieta, in cui si attende che qualche cosa di grande e di tragico possa accadere, una vita quasi immobile, ma sospesa, un’esistenza in cui ognuno recita a perfezione la sua parte.
    E come in una tragedia greca non può mancare il veggente, e infatti c’è quel “ u zu’ Saru che scorge gli eventi futuri nel moto del mare e nei cieli che sovrastano Porto Palo, una Cassandra inascoltata, se non addirittura derisa. Intorno a lui si muovono ombre anonime di tonnarioti e di nobili, ma anche figure emblematiche, come Turi, il frutto del peccato, e sua madre Laura, che sola ha avuto il coraggio di superare la barriera immobile della casta, scendendo fra i più umili, e proprio per questo condannata da questi e dai patrizi.
    La coda di pesce è un sogno, è una speranza di riscatto, è il desiderio di approdare a un mondo nuovo, senza più egoismi, senza più confini, di eguali, e non di dominatori e di sudditi. A suo modo è una rivoluzione e come tale sarà soffocata da un sistema, così diviso, ma per l’occasione unito, affinché tutto resti uguale.
    E’ naturale pensare alle parole del principe di Salina, a quella immutabilità che si conserva travestendosi secondo necessità, ma restando fermamente ancorati ai propri privilegi. E non è un caso se il racconto si svolge nel 1860, se “u zu” Saru ha la visione di camicie rosse, una vampata di rivoluzione che si spegnerà al primo soffio di libeccio, un’occasione perduta non solo per la Sicilia per liberarsi dalle sue ataviche catene, ma per l’intera Italia, unione di stati forzosa senza unione di popolo, di cui giorno dopo giorno paghiamo le conseguenze.
    Tuttavia, pur in presenza di un finale che sembra una chiusura netta a qualsiasi cambiamento, Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri lasciano una speranza, un messaggio non certamente politico, ma ben oltre la soglia del quotidiano divenire. Non è niente che non si possa realizzare, ma che comunque è difficilmente concretizzabile, eppure l’amore che squarcia i cuori può anche cambiare il mondo.
    Scritto in modo pregevole, con descrizioni di paesaggi di livello poetico, con una rara capacità di ricreare un’atmosfera sospesa, La coda di pesce che inseguiva l’amore è uno di quei rari gioiellini che nobilitano la letteratura.
    Avvincente e coinvolgente dall’inizio alla fine è scritto per essere assaporato, ma soprattutto come fonte di meditazione, e questa giorno dopo giorno non mancherà, con l’opportunità di scoprire cose nuove, di rimodulare in sé concetti dell’esistenza che solo un capolavoro, come questo, può suscitare.
    http://www.kultvirtualpress.com/articoli.asp?data=800

  360. la recensione di Gordiano Lupi su “Il Corriere Nazionale”

    IL CORRIERE NAZIONALE – Scritture & Pensieri (diretto da Stefania Nardini)


    02 gennaio 2011

    Simona Lo Iacono è un magistrato in prestito alla letteratura, non è la sola e non è la più famosa, ma se la cava egregiamente con questa prova di narrativa poetica che la vede insieme al noto blogger letterario Massimo Maugeri. I due autori non sono esordienti. Si vede dalla maestria con cui lavorano sulla parola, inventando uno stile forbito ed elegante ricco di ammiccamenti dialettali, sempre uniforme al punto di non far capire quando la scrittura cambia mano. La coda di pesce che inseguiva l’amore ricorda la narrativa verista di Giovanni Verga per la grande attenzione al mondo dei pescatori e delle tonnare siciliane, ma al tempo stesso fa tornare alla memoria Il vecchio e il mare di Hemingway con una storia percorsa al contrario. Elementi di narrativa fantastica che giungono inattesi e che restano in superficie per gran parte della storia contribuiscono a rendere singolare questa prova letteraria. Il libro è impreziosito da molte descrizioni di ambienti marini e da una caccia al pesce descritta nei minimi particolari sino all’eccidio finale. La tensione narrativa è sempre presente e il lettore non abbandona il racconto sino alla sorpresa che si legge negli occhi degli esterrefatti pescatori. Non vado oltre per non far perdere il gusto della lettura a chi vuol percorrere questa avventura di mare, un vero e proprio viaggio nella Sicilia delle tonnare bruciata dal sole e percossa dai venti di scirocco. Un appunto critico devo farlo a un’edizione molto spartana e troppo costosa. Ma il contenuto è ottimo, soprattutto per un modo di raccontare elegante, intriso di ricercatezza formale che va controtendenza e che andrebbe incentivato per contrastare la narrativa facile e di pronto consumo.
    Gordiano Lupi

  361. LA SICILIA

    il libro di Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri
    La Portopalo del 1860 in un racconto a quattro mani
    Giovedì 16 Dicembre 2010 – Siracusa, pagina 47

    Svettava. Emergeva. S’inabissava. E poi tornava. Puntuale. A solleticare sogni. Come un regalo inatteso. Continuamente perduto e sempre ritrovato.
    Un pesce che segue il pescatore. Che lo aspetta. Fedele. Suona un po’ strano. Come la «terra che vortica al rovescio». Ma non per Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri. Che su un pesce, anzi una coda di pesce, che insegue un pescatore ci hanno costruito un racconto. Una fabula. Siracusana lei, vincitrice del Premio Vittorini 2009 per la sezione Opera Prima. Catanese lui. È da questo fortunato connubio che nasce «La coda di pesce che inseguiva l’amore», il libro presentato da autori che hanno spiegato genesi e contenuto del testo. A partire dalla condivisione in letteratura. Da quella scrittura, cioè, a quattro mani, che conta esempi celebri come Pavese e Garufi o Camilleri e Lucarelli. Alla base del metodo utilizzato dalla Lo Iacono e da Maugeri un patto: «Ciascuno di noi scriveva una parte e la inviava all’altro, che apportava tutte le varianti che credeva opportune». È un racconto di incontri e scontri. Ambientato nella Portopalo del 1860, sullo sfondo della discesa dei Mille e dell’Unità d’Italia, il racconto ha come protagonista Turi, figlio di una nobile e di un tonnarioto. Sangue mischiato, il suo.
    Come si mischiano sogno e realtà, mare e terra in un testo che ha come sfondo quell’Isola delle Correnti dove acque diverse si incontrano in un unico abbraccio. Una fusione. Che è anche e soprattutto quella di due nomi, due anime, due scritture: quelle della Lo Iacono e di Maugeri.
    Paola Altomonte

  362. LA SICILIA

    Giorno & Notte di Venerdì 10 Dicembre 2010 – Siracusa, pagina 42

    racconto «a quattro mani»
    Lo Iacono e Maugeri, emozioni in «cunti» e credenze popolari

    «La coda di pesce che inseguiva l’amore» è il suggestivo titolo del lungo racconto scritto a quattro mani da Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri. La Lo Iacono, scrittrice e magistrato, «Premio Vittorini Opera Prima 2009», e lo scrittore e critico letterario Massimo Maugeri hanno dato vita a una narrazione magica e storica nel contempo, ambientata a Portopalo di Capo Passero all’epoca dello sbarco dei Mille. Un racconto che avvolge il lettore in uno strano incantesimo fatto di credenze popolari e «cunti», impreziosito da uno stile raffinato e da scelte linguistiche accurate. ANNALISA STANCANELLI

  363. SIRACUSA NEWS
    LibriDine: Tre libri da Nord a Sud

    di Angelo Orlando Meloni

    17 Dicembre 2010

    La coda di pesce che inseguiva l’amore (pp. 64, euro 12,00, Sampognaro & Pupi), dei siciliani Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri, è la terza tappa di questo viaggio che è partito da Torino, ha fatto tappa a Roma, ed è approdato al Sud. Con buona pace di quelli che vogliono dividere la nazione, per lo meno in letteratura la baracca sembra ancora reggere. Certo, orientarsi in mezzo all’attuale profluvio di pubblicazioni manderebbe in tilt anche mister Spock, ed è per ovviare all’indecidibilità da sovraffollamento di scaffali che segnaliamo anche questo libro, un breve romanzo o racconto lungo di cose siciliane dalla valenza universale. Una fiaba scritta con accenni di lirismo, con una prosa incantata che incanta, molto musicale, felicemente sospesa a distanza di sicurezza – bravi gli autori – ben oltre quel tunnel in cui scrittori meno abili sarebbero sprofondati, finendo nel negozietto di souvenir ricolmo di “prezioso” becerume siciliottano da cui invece si sono tenuti alla larga. La coda di pesce è una splendida fiaba per adulti e per i loro sogni trasformati dall’avidità in gretto desiderio di possesso. La storia di Turi e dei suoi genitori, nobile lei, popolano e poi brigante lui, la storia del loro paesino affacciato sulla confluenza di due mari e la storia del misterioso pesce che segue Turi come se volesse affiorare dalle acque e abbandonarle (fa un po’ Ponyo del maestro Miyazaki) compongono un affresco surreale e al tempo stesso veritiero sulle forze che agivano in Sicilia e che hanno sempre agito in Sicilia, su quanto di buono un bel giorno potrà finalmente nascere da questa confluenza di destini, ambizioni, soprusi e sventurate passioni. Incrociamo le dita, gente. Come diceva Sciascia nel passo citato in apertura del libro: “La letteratura è la più assoluta forma di verità che possa esistere”.
    ANGELO ORLANDO MELONI
    http://www.siracusanews.it/node/19241

  364. da LIBERTA’ del 16.12.2010
    di Arturo Messina


    […]
    “La coda di pesce che inseguiva l’amore” è un poemetto in prosa lirica (…), un “poemetto epico fantastico” il cui pregio maggiore ritengo consista nello stile, nella forma poetica, con cui l’episodio viene descritto.
    E’, questo, un pregio veramente raro che fa assurgere questo racconto breve ad autentica opera d’alta letteratura, se si considera che oggi si ha scarsa cura del mezzo espressivo, dell’eleganza della ricercatezza e della forma, della proprietà del linguaggio…

  365. Grazie per le recensioni e gli stralci di recensioni inseriti.
    Ne approfitto pure per ringraziare: Renzo Montagnoli, Gordiano Lupi, Paola Altomonte, Annalisa Stancanelli, Angelo Orlando Meloni e Arturo Messina per le loro attente letture de “La coda di pesce che inseguiva l’amore”.

  366. Molto bella l’intervista di Marilù Oliva, bravo Massimo, ne viene sempre fuori la tua immagine di uomo sensibile in grande equilibrio sui fatti della vita.Ne traspare il tuo amore per la letteratura che accompagni con una costante apertura verso gli altri. Uno spirito curioso leale e generoso, come il blog che quotidianamente offri a noi tutti quale piazza virtuale di incontri e intrecci di parole e pensieri.
    un caro saluto a te, Simona e alla..ormai di tutti noi… coda di pesce!

  367. Complimenti anche da parte mia a Massimo e Simona per i riscontri avuti dalla coda di pesce!

  368. da “PROSPETTIVE”, n. 1 del 9.1.2011

    L’Unità d’Italia nella letteratura siciliana

    Gli aspetti migliori del nostro essere italiani, come pure i lati oscuri della travagliata epoca risorgimentale, sono riaffiorati in questi giorni grazie all’interessante convegno “L’Unità d’Italia nella letteratura siciliana” che, promosso dal Comune di Mineo, ha radunato cattedratici, giornalisti e scrittori per dibattere i punti di forza e di debolezza del Risorgimento italiano. (…)
    Ad arricchire il quadro gli scrittori di ultima generazione, nuovi interpreti dell’insondabile mistero della Storia, dei suoi risvolti, del suo impatto sugli “umili” come nel racconto “La coda di pesce che inseguiva l’amore” (Sampognaro&Pupi), elaborato a quattro mani da Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri. Un’insolita metaforica fabula d’amore che, ribaltando ogni logica prospettiva, narra le peripezie di un pesce all’inseguimento del pescatore. In agguato però la morte che, attraverso l’efferata mattanza, disvela le contrapposizioni esasperate di una nazione incerta, contesa tra la costa e l’isola delle correnti, tra la brama di possesso dei baroni e le rivendicazioni sociali dei tonnarioti.
    E proprio mentre i Mille avanzano, il pesce agonizza, il sogno è ucciso.
    Maria Valeria Sanfilippo

  369. Grazie mille a Francesca Giulia, ad Amelia e a Maria Lucia.
    E grazie a Maria Valeria Sanfilippo per le belle parole, dedicate alla nostra coda, scritte su “Prospettive”.

  370. CONSIGLI PER LE LETTURE DI SABATINI
    Mercoledì 12.1.11 nuovo consueto appuntamento con i miei Consigli per le letture su IdeaRadio (che si può ascoltare anche online su http://www.idearadio.net ), in NoveUndici con Tindari Barbera e Claudia Ungaro. Ho recensito: LO SPETTATORE ADDORMENTATO di Ennio Flaiano – ed. Adelphi; LA CODA DI PESCE CHE INSEGUIVA L’AMORE di Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri – ed. Sampognaro & Pupi; NON DITE A MIA MAMMA CHE FACCIO IL GIORNALISTA… di Gianpaolo Ormezzano– ed. Limina; SPORT IN TV di Pino Frisoli e Massimo De Luca – ed- Rai Eri.

  371. Caro socio
    grazie per avere inserito tutte queste bellissime recensioni sulla nostra codina! Sono un ricordo meraviglioso di tanta strada fatta insieme!
    E grazie a tutti coloro che ci hanno letto o a cui la nostra coda ha fatto compagnia.
    Vi aspettiamo tutti a Bronte il 22 Gennaio! Sarà una bellissima festa!
    Un bacio di buona notte
    Simo

  372. LA SICILIA
    pagina Cultura del 14.1.2011

    ***
    La recensione. Il libro di Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri «La coda di pesce che inseguiva l’amore». Storia, passioni, spunti di vita in stile blogger

    di Sergio Sciacca

    Vi piace lo stile blogger? Specialmente perché senza tanta retorica coglie il cuore delle questioni e apre le braccia ad altre impensate soluzioni? Siete convinti che oltre le formule stereotipate della letteratura altre ne esistano suggestive, anche linguisticamente, stimolanti anche nei percorsi storici più inediti? Ecco il libro che fa per voi. E’ rapido (meno di 70 pagine); è vario (di storia, di passioni, di spunti di vita); pretende un seguito che non può trovarsi se non nella stessa vita del lettore: come nei blog. Si intitola “La coda di pesce che inseguiva l’amore” e lo hanno pubblicato gli editori Sampognaro tra Floridia e Roma. Gli autori sono Simona Lo Iacono, professione magistrato, vocazione scrittrice, blogger tra letteratura e diritto e Massimo Maugeri, creatore di Letteratitudine on Line, autore dell’omonimo saggio e di molto altro.
    In questo scritto si parla di coda di pesci e di sentimenti; si mescola il passato rinascimentale (della Sicilia si intende) e quello risorgimentale, sullo sfondo di un presente che ha poco di nascimento e pochissimo di sorgimento. E lo stile è un continuum di narrazione, impressioni, proverbi antichi e parlata vernacola, e soprattutto è creativo, inventivo e convincente. Mette assieme dialetto e lingua; li sovrappone, crea neologismi (come ogni lingua letteraria degna di rispetto) si lancia nel futuro invece di guardare solo al passato. E’ quello che ha fatto Stefano D’Arrigo, e quello che fa Andrea Camilleri? No è il quark della forma nuova: plastica, prorompente, senza barriere tra un concetto e l’altro, senza ripartizioni tra lessico codificato e suggerimenti della mente. Quando fai partecipare agli altri il tuo sentimento non puoi imporre gabbie e gretole: “Vide la luce Turi; vide la luce in quella notte di scuru. Di chiantu…”. Quando fai una scoperta devi passare dal registro usuale a quello emotivo e lì stanno bene le impressioni spontanee, eventualmente il turpiloquio, eventualmente l’elevazione della lirica.
    E siccome nella blogosfera c’è tanto spazio anche per l’analisi dei dati, qui una densa appendice fornisce le coordinate geografiche e le date storiche: Dragut e la torre di Portopalo i libri in latino e gli storici dell’ultimo Novecento, messi a tu per tu con quelli paludati di età vittoriana. E il lettore si accorge che quella commistione di generi non è affatto un disordine confuso, ma la stessa natura della vita che sorge dal Néikos, come diceva un antichissimo filosofo di Agrigento e non proprio dalla philìa formalistica: è l’anima della letteratura. Come nei gran classici che hanno messo assieme fantasia e verità, individuo e società, presente e passato… E poi ovviamente il lettore diventa anche lui scrittore mettendosi gli occhialoni di Google.
    14/01/2011

  373. Un saluto alla cara Simo (ciao, socia!) e un’avvertenza in merito alle date delle presentazioni indicate alla fine del post.
    C’è qualche piccola variazione…

  374. LA GAZZETTA DI PARMA, domenica 16 gennaio 2011
    Cultura

    “Letti per voi” di Isabella Spagnoli

    «LA CODA DI PESCE CHE INSEGUIVA L’AMORE»: FIABA SICULA TRA MARE E PASSIONI


    Nessuno l’aveva mai visto. Nessuno ci credeva. Un pesce che segue un pescatore è come la terra che vortica al rovescio. Eppure, Turi ne era certo: il pesce lo aspettava. Il pesce, diceva Turi, era arrivato per lui». Favola d’amore e di morte capace di denunciare come il sogno possa essere infranto dalla brama di possesso e dall’ottusità dell’uomo, «La coda di pesce che inseguiva l’amore»è uno splendido libriccino di 64 pagine che si divora in poche ore. Scritto a quattro mani da Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri, questo racconto ambientato nella metà dell’800 a Portopalo di Capo Passero (paese nell’area siracusana), racconta di Turi, giovane tonnaroto, che si accorge, un giorno, all’improvviso, di essere seguito da un’immensa coda di pesce. Ogni volta che il giovane si appresta ad affrontare le onde, gli appare quella sorta di miraggio che guizza al seguito della sua barca. E così, il mare
    che per gli abitanti del luogo è sopravvivenza ed incantamento, diviene scrigno di un mistero che coinvolge quella comunità dove ancora aleggia la leggenda di Dragut: il pirata che distrusse il torrione di Carlo V nel 1526. Cattivo presagio?
    Regalo inaspettato? Spirito di Dragut che chiede perdono agli abitanti di Portopalo? Il pesce, che segue il pescatore, diviene centro della vita di quella terra arida e caldissima, di quel mare arcano, ma soprattutto timbra a fuoco la vita di Turi, dal carattere sognante e dal passato sospeso tra due mondi. Figlio di genitori appartenenti a classi sociali diverse, cresciuto tra mare e costa, Turi, che ha nelle vene il sangue del padre brigante e della madre colta e nobile (poi prostituta) perdutamente innamorata del suo uomo finito in carcere, si abbandona
    al destino del pesce, pronto a rispondere al suo richiamo. Ma proprio quando il miracolo si sta per avverare scoppia una furibonda battaglia tra le acque. I Mille iniziano l’avanzata verso l’isola. Il sangue tinge di rosso quel mare cobalto e Turi e il suo pesce vengono colti da medesimo destino. Uniti per sempre. Trafitti da chi non sa ammirare la bellezza, da chi non coltiva il sogno. Prosa raffinata e poetica, «La coda di pesce che inseguiva l’amore» è una vera sorpresa letteraria; una fiaba da non dimenticare.
    ********
    La coda di pesce che inseguiva l’amore
    Editori associati Sampognaro & Pupi,
    pag. 63, €12,00

  375. Bellissima anche questa recensione, caro socio!
    Vorrei ricordare a tutti che il prossimo appuntamento è domani. Saremo infatti ospiti della società “Dante Alighieri” di Siracusa, in via Mirabella (Convento del ritiro) dove la professoressa Gioia Pace dedicherà a me e Massimo un pomeriggio con studenti e associati per parlare della nostra codina!
    Non mancate (ciao, socio. Ti aspetto qui domani)

  376. Ringrazio la Dante e la sua presidentessa Gioia Pace per l’accoglienza! A presto…il prossimo appuntamento è a Floridia, il 12 Febbario. Relaziona il bravissimo Prof Sequenzia!

  377. Le S.L. sono invitate alla presentazione del libro

    di Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri

    “La coda di pesce che inseguiva l’amore”

    oggi, sabato 12 febbraio Floridia
    presso il Centro Artistico Culturale “Giuseppe Ierna”
    Via Archimede, 109-111 alle ore 18:00.
    Relazionerà il prof. Salvo Sequenzia saranno presenti gli autori.

    Centro Artistico Culturale “Giuseppe Ierna”
    http://centroartisticoculturalegiuseppeierna.it/

  378. Carissimi Simona e Massimo, grazie per l’intenso momento di condivisione che ci avete donato a Floridia.

  379. Un caro saluto al Porf. Sequenzia e ai carissimi Massimo e Simona…
    Sono stata presente all’incontro della Dante Alighieri.
    Il libro e la storia sono dei collanti fortissimi in questo tempo di disgregazione e quell’incontro ce lo ha ricordato.

  380. Carissimo professor Sequenzia,
    è stato lei a riscaldarci il cuore, la mente, i pensieri. Lei a donarci un viaggio che non potremo dimenticare e che ci accompagnerà ogni volta che ripenseremo a Floridia, all’accoglienza dolcissima del centro culturale “Ierna”, alle onde che lei ha evocato e che ancora sento in me, lunghe, avvolgenti, pronte a svelarci altri misteri.
    Grazie di tutto.
    Simona

  381. Buonanotte a te, cara Socia.
    Ma l’esperienza della condivisione continuerà con le presentazioni della nostra “coda di pesce”.
    Insieme a tutti gli amici che vorranno seguirici… 😉

  382. E grazie ancora all’intensa recitazione di Rina Rossitto, all’emozione, all’amore che mette nel pronunciare ogni sillaba.
    Una stellata notte anche a te, carissima Rina.
    la tua Simo

  383. Un linguaggio profondamente poetico, una fiaba che diventa “cuntu” e leggenda, un affresco storico dettagliato pur nella brevità delle pagine. Un libro da leggere e consigliare. Davvero bello. Una frase fra tutte mi ha colpita: “Questo siamo, una notte d’amore che gli altri chiamano peccato”.

  384. E ne approfitto per ricordarvi la prossima tappa del tour del nostro libro “La coda di pesce che inseguiva l’amore”, che sarà presentato…

    Venerdì, 18 febbraio 2011, ore 18,00
    Presso la libreria Cavallotto di Corso Sicilia (Catania)
    Relaziona: la scrittrice Elvira Seminara e il semiologo Salvo Sequenzia.
    Saranno presenti gli autori e l’editore
    .

  385. LA SICILIA
    Giorno & Notte


    Quattro mani per raccontare l’incontro tra passione e morte

    Lunedì 14 Febbraio 2011 – Siracusa, pagina 54

    di Vincenzo Greco
    Due fonti creative elevate all’ennesima potenza. Un’infinità di piani, eterogenei nei contenuti ma unificati da un linguaggio limpidissimo, sovrapposti l’uno all’altro come in un sogno senza fine. Un misto di fantasticherie per un prodotto estetico d’eccellenza che si legge d’un fiato e che si vorrebbe non finisse mai.
    E’ il racconto scritto a quattro mani da Simona Lo Iacono e da Massimo Maugeri edito dalla floridiana Sampognaro e Pupi che, scandagliando, trova le perle più pregiate di Sicilia. Ovvia l’originalità del titolo «La coda di pesce che inseguiva l’amore». La presentazione critica, a cura di Salvo Sequenzia, arricchita dalla dizione cristallina di Rina Rossitto, è avvenuta sabato sera nell’ormai consacrato salotto letterario del Centro Ierna che ha ospitato i due autori presentati al qualificato uditorio dalla presidente Anna. La Lo Iacono, scrittrice e magistrato, ha vinto il premio Vittorini con l’opera prima «Tu non dici parole». Maugeri è il fondatore del noto blog «Letteratitudine», punto di riferimento per scrittori e poeti contemporanei.
    Il testo è nato dall’idea di un pesce che, nelle limpide acque di Portopalo, insegue il giovane tonnarioto Turi, figlio di brigante e di nobile prostituta. Con quest’opera, i due scrittori lanciano un messaggio su cui oggi il mondo giovanile dovrebbe riflettere: «Una fabula d’amore e morte che denuncia l’incapacità di condividere, che evidenzia come le contrapposizioni esasperate e la brama di possesso possono uccidere il sogno; e come la bellezza – spesso – viene trafitta dall’incapacità di dare spazio all’apertura e alla consapevolezza necessarie per poterla contemplare». Sequenzia ha sostenuto che «la parola isolata è una parola recisa, uccisa mentre la parola che unisce è valore eterno»; «Il rincorrere la coda inabissandosi è come il congiungersi con altro da sé, l’Io che anela al Tu». Riportiamo dal testo la malìa dell’amante disperato: «Voleva solo la coda, Turi. La cercava. Sentiva che – senza – era come non essere mai nato (…) Ma lui usciva ancora una volta, sbatteva l’uscio a scossoni, fuggiva al dentro e fuggiva al fuori, ai santi e ai demoni. Senza pace, senza viaggio. Semplicemente aspettando che la coda tornasse, che gli balzasse innanzi, che lo salutasse. E che dopo, affiorasse la vita, lo stupore, il rapimento astrale.” Sul rapporto tra parola e mito, la Lo Iacono ha detto che il mito è l’unico modo per significare la bellezza della sicilianità. “Il nostro è uno scenario primitivo ove si mescolano correnti contrapposte che solo col mito possono essere raccontate». «La parola è sempre nemica del potere; è atto supremo di libertà. La ricorrenza del 150° anniversario sia soprattutto un segnale di unione interiore»”
    Sul rapporto tra lettura e scrittura paragonabile a un viaggio che supera i confini spazio-temporali, si è, poi, soffermato il Maugeri. Svelando il segreto dell’andirivieni di messaggi in posta elettronica scambiati con la Lo Iacono dall’incubazione alla rifinitura del testo, ha sostenuto che s’è trattato di “un bellissimo atto di umiltà” perché s’è rinunciato alla paternità se considerata come un pregio individualistico. «Anche se il sogno cade e muore, resta la speranza. Bisogna sempre afferrare il sogno perché un nuovo sogno possa nascere».

  386. Caro Massi
    grazie di vero cuore per questo pomeriggio meraviglioso nella tua (nostra) Catania, per l’affetto che ho sentito forte intorno a me, e per queste tappe colme di immagini, parole e sogni.
    Un grazie di vero cuore anche alle deliziose padrone di casa (sig.re Cavalotto) e un abbraccio affettuosissimo al caro profesor Sequenzia, amico inseparabile di libri e di viaggio.
    Un buona nanna, socio!

  387. Cara Simo,
    grazie a te. È stata una ulteriore esperienza di condivisione.
    Ne approfitto per ringraziare anch’io il caro Salvo Sequenzia per la sua generosa partecipazione (un caro saluto anche a Elvira, con cui ho avuto modo di sentirmi).
    Buonanotte a te, socia.

  388. Un ringraziamento anche alle splendide Cavallotto, che ci hanno accolto con affetto: Anna e Luisa (che erano presenti)… e anche Cetty e la sig.ra Adalgisa.

    Un ringraziamento a tutti gli amici che sono intervenuti con tanto affetto.
    Un saluto speciale ai Letteratitudiniani presenti, tra cui: Salvo Zappulla, Rossella e Gabriella Rossitto.

  389. Caro Massi,
    bellissima serata anche quella trascorsa il 19 a Bronte, presso la pinacoteca Sciavarrello, tra opere di Fiume e autoritratti di Carlo Levi, accolti dalla Fidapa e dalla dolcezza della nostra Laura Marullo e di Lucia Firrariello!

  390. Domani, invece, saremo ad Avola presso l’ex Refettorio dei Domenicani – Via Mazzini, 38, alle ore 18.

    Interverranno:
    il Prof. Elio Di Stefano;
    la Prof.ssa Grazia Maria Schirinà;
    il sindaco e le autorità.
    Un grazie speciale alla mia carissima amica Grazia e a Tino Manganaro, squisito ospite e organizzatore!
    A domani!

  391. Ne approfitto anch’io per ringraziare la splendida Laura Marullo e tutte le splendide donne della FIDAPA di Bronte (che ci hanno accolto a braccia aperte sabato scorso).

  392. Bellissima la serata di ieri sera ad Avola! I relatori sono stati davvero affettuosi (la prof.ssa Grazia Maria Schirinà e il prof. Di Stefano) e bravissima l’attrice (Daniela iotta) che ha dato voce alla nostra coda!
    Un grazie anche al sindaco e al Dott. Tino Manganaro, brillantissimo organizzatore in un luogo suggestivo e incantato, l’antico refettorio dei domenicani.
    Grazie, Avola!

  393. Carissima Simo,
    ai tuoi ringraziamenti unisco i miei.
    Grazie mille al Comune di Avola e all’associazione avolesi nel mondo, a Grazia Maria Schirinà, a Elio Di Stefano, a Donatella Liotta, a Tino Manganaro.
    E grazie a tutti coloro che erano presenti (e numerosi) nonostante il maltempo.
    Grazie di cuore!

  394. Ne approfitto pure per ringraziare Salvatore Ferlita per la bella e lunga recensione alla “coda di pesce” (due pagine!) su Repubblica di ieri, domenica 27 febbraio 2011.
    Spero di riuscire a farvela leggere…

  395. E grazie di cuore alla carissima Gabriella Bruno, che ci ha accolto a Modica lo scorso sabato, alle parole di Santina Giannone e alla voce dell’avv.to Favaccio che ha fatto vivere la coda. Bellissima l’aula consiliare di Modica, ma soprattutto cari e affettuosi tutti coloro che ci hanno festeggiati!
    Grazie!
    E grazie sempre a te, Massi,per questi percorsi e viaggi nel cuore della nostra bellissima Sicilia. E’ bello far gironzolare la codina di pesce per mari e città!
    Buona notte!

  396. Mi porto avanti nei ringraziamenti e ne approfitto per ringraziare il Lions Club di Avola, il suo Presidente (dr. Sacchetta) e tutti i soci, per la bellissima serata e la splendida accoglienza rivolta a me e a Simona… e alla nostra “coda di pesce” (che abbiamo presentato a l’Ippodromo di Cassibile proprio ieri pomeriggio).
    Grazie di cuore!

  397. Una favola del reale raccontata da due anime e un’unica mano, ricco di contenuti e ricco di immagini grazie a un lessico narrativo che si colora a tratti di espressioni liriche, a tratti vernacolari che coinvolgono il lettore nei sentimenti del protagonista e nello scenario emozionale della vita quotidiana dei personaggi e dei panorami che la natura del luogo concede. Complimenti! Il booktrailer del libro offre la magia del racconto. Una presentazione intima ad Enna che ha lasciato il segno… Un caro saluto a entrambi, Roberta.

    Partecipando alla discussione da voi proposta: domanda 1. la condivisione in letteratura, secondo il mio pensiero, permette di ampliare il proprio orizzonte mescolando intenzioni che sicuramente arricchiscono il sé e qualche volta, come è possibile ammirare nel vostro racconto, generano un terzo sé. Condivisione non credo possa essere intesa come perdita, anche se avviene una rinuncia “relativa” nel momento in cui avviene il processo di trasformazione. Ritengo la condivisione sia un processo di arricchimento e per questo creativo; domanda 2. decisamente si.

  398. Carissima Roberta, grazie di cuore per queste tue belle parole. E grazie per la tua presenza, venerdì sera ad Enna, al caffè letterario Alkenisa (luogo bellissimo che consiglio a tutti di visitare) che ci ha gentilmente ospitati per parlare della nostra “coda di pesce”.
    Come ha precisato Roberta, quella di Enna è stata una presentazione intima (condotta all’insegna della condivisione) che ha lasciato molto nel cuore mio e in quello di Simona.
    Ancora grazie.

  399. Ho avuto modo di leggere l’anteprima del romanzo “La mente invisibile” sul sito “ilmiolibro”. Già dalle prime pagine la storia cattura l’attenzione. Affascinante intreccio di visioni che trascinano il lettore in un crescendo di emozioni forti, attraverso l’esplorazione della mente umana. Trama degna di un best seller targato USA.

  400. Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri vincono la sezione letteraria dell’edizione 2011 del Premio “Più a Sud di Tunisi” per il racconto lungo “La coda di pesce che inseguiva l’amore”


    Nella sezione “Letteratura” premiato il racconto lungo di Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri “La coda di pesce che inseguiva l’amore”, pubblicato dalla casa editrice Sampognaro & Pupi, una delle più interessanti novità della stagione editoriale 2011.
    Qui il testo integrale del comunicato stampa con i nomi degli altri vincitori:
    http://www.asudditunisi.it/vi-edizione-del-premio-piu-a-sud-di-tunisi-i-vincitori.html

  401. I miei complimenti a Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri! Vacanze e premi… questo si chiama pensiero positivo 😉

  402. Desidero ringraziare di vero cuore l’Associazione Culturale Capo Passero, la Segreteria Organizzativa, la Giuria del Premio, il Comune di Portopalo per il riconoscimento tributato a “La coda di pesce che inseguiva l’amore” scritto a quattro mani con Simona Lo Iacono.
    “Il Premio più a Sud di Tunisi” è un Premio importantissimo, anche per le sue finalità e per ciò che simboleggia.
    Grazie di cuore!

  403. Bentornato Massimo! Tanti auguri a te e Simona per il prezioso riconoscimento tributato a “La coda di pesce che inseguiva l’amore”!

  404. Tantissimi auguri e complimenti a Simona e Massimo per il meritato riconoscimento. Con l’auspicio, a questo punto, che possiate continuare a offrirci vostre nuove opere scritte a quattro mani.

  405. Anzi, Simona e Massimo, ve lo chiedo espressamente: state già lavorando ad un nuovo libro scritto a quattro mani?

  406. Caro Massi,
    grazie per questi anni letterari che ci hanno donato la gioia di questa bellissima gratificazione. Grazie per avere sovrapposto la tua voce alla mia, per avere moltiplicato lo sguardo e la commozione. Grazie.
    E grazie di cuore a coloro che ci hanno premiati e che hanno così avuto fiducia nella nostra coda, nel suo umile affiorare spinta solo dal desiderio di unirsi a ciò che la richiamava attraverso l’inconfondibile voce di una profonda somiglianza.
    E grazie ancora ad Amelia Corsi che ci chiede se quest’avventura avrà un seguito…ebbene sì, cara Amelia, pur non rinunciando a un percorso individuale, io e Massimo torneremo a ripetere questa bella esperienza anche se geograficamente siamo lontani.
    Lontani, ma non distanti.

  407. Grazie di cuore a te, cara Simo… aver potuto condividere la scrittura con te è stato un vero dono e una vera gioia.
    Confermo anche io ad Amelia che c’è l’intenzione di continuare il progetto di “scrittura condivisa” con un progetto letterario a più ampio respiro.
    Tempo al tempo.
    😉

  408. Ho letto,riletto e poi ancora sfogliato e assaporato “la coda di pesce…” L’animo si sfiata nel rincorrere una scrittura che intrappola espressioni di volti,colori di mare,battiti di cuori.Gli occhi volano,quasi,sulle parole talvolta sussurrate tal’altra infilzate tra gelide sensazioni emotive.Lo scarlatto retroscena storico incute pensieri arsi di brividi,tanto intensi e tangilbili sembrano i passi di quei mille!Ma l’amore,quello inabissato tra il groviglio di correnti nemiche,quello che forse s’incontra solo su fondali di carta…risveglia l’animo.Questo racconto meritava assolutamente il premio di una terra che,senza rendersene conto,lo ha partorito.Grazie per aver dato voce ai silenti sospiri del cuore che ogni sirena affoga ai piedi del nostro mare.Grazie per l’ossigeno regalato agli animi che,il più delle volte,smettono di sognare.Emozioni abbarbicate nella speranza e nel sogno di un amore…questo regala “la coda di pesce…”.Dal più profondo del cuore GRAZIE!
    Cetta

  409. Grazie anche a Mary.
    La serata si è svolta nel migliore dei modi. Organizzazione perfetta e programma perfettamente equilibrato. Le premiazioni sono state ottimamente intervallate dalle bellissime canzoni del cantautore Ugo Mazzei. Ottima la conduzione della serata.
    Insomma, una vera festa!
    Ne approfitto, ancora una volta, per ringraziare Sergio Taccone e tutti coloro che gravitano intorno al Premio “Portopalo – Più a sud di Tunisi”.
    Grazie di cuore e complimenti a voi!

  410. Sììììì! Una serata bellissima! Ma soprattutto commovente per lo sforzo del comune di Portopalo che è riuscito a realizzare un vero spettacolo, e di alto livello, animato dalla passione e dall’amore per l’arte!
    Mi è tanto piaciuta la voce calda di Ugo Mazzei, la musica di elevatissima qualità, il coinvolgimento di tutti, premianti e premiati…Ma soprattutto è stata bella l’accoglienza e il grande coinvolgimento emotivo dell’amministrazione comunale nell’allestimento di questo premio così ricco di sorprese!
    Insomma, una festa non solo letteraria ma dell’arte in generale, dei suoi risvolti e della sua possibilità, quando è coltivata con amore, di parlare davvero al cuore dell’uomo.
    Caro Massi, grazie per questa bellissima esperienza!
    Ma un grazie sentito, e davvero stupefatto, va alla nostra coda!
    Un bacio a tutti!

  411. da il quotidiano LA SICILIA –
    Martedì 11 Ottobre 2011
    Siracusa,
    pagina 39

    Il Premio «Più a sud di Tunisi», kermesse di giornalismo, saggistica e letteratura che si svolge annualmente a Portopalo, conferma elevati standard di qualità

    Il Premio «Più a sud di Tunisi», kermesse di giornalismo, saggistica e letteratura che si svolge annualmente a Portopalo, conferma elevati standard di qualità. Nella cerimonia di consegna, svoltasi sabato scorso al teatro comunale «Gozzo», si è parlato di diritti umani e cambiamenti in Nord Africa, del dramma dei desaparecidos nell’Argentina degli anni ’70, di identità territoriale e culturale e sud del Mondo. Tra gli ospiti di spicco della VI edizione, Tony Zermo, tra le figure storiche più importanti del nostro quotidiano, insignito del premio alla carriera, che ha ricordato l’enorme possibilità di sviluppo che il porto turistico porterà a Portopalo. Il sindaco, Michele Taccone, ha sottolineato «la chiarezza giornalistica di Zermo, sempre attento ai problemi di questo territorio». Il vento di democrazia in Tunisia e Libia è stato al centro dell’intervento di Sandro Petrone, inviato di punta del Tg2 Rai e giornalista di vastissima esperienza mondiale. «È già un dato di fatto – ha detto Petrone – che, crollati i regimi a Tunisi e Tripoli, sia stato scelto un percorso lontano dal terrorismo». Nella sezione «saggistica» premio al libro «Pallone Desaparecido» di Alec Cordolcini, sul dramma dell’Argentina che nella seconda metà degli anni 70 vide all’opera la criminale Junta Militar al potere, guidata da Videla. A premiare Luca Turolla, editore del libro, è stato Fernando Cammisuli, già sindaco di Portopalo, che ha evidenziato la continua crescita del «Più a sud di Tunisi», evento in grado di valorizzare culturalmente il territorio. Corrado Di Pietro ha magistralmente introdotto il libro «La pesca del tonno nel capolinea del Sud» di Salvo Sorbello (sezione «Storia & Territorio»). Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri, autori de «La coda di pesce che inseguiva l’amore», vincitore nella sezione «letteratura», hanno evidenziato l’importanza della condivisione in ogni ambito. Il Premio è patrocinato dalla Provincia di Siracusa, rappresentata sabato dal presidente Nicola Bono che ha rimarcato «la serietà e l’autorevolezza di un evento che anno dopo anno si segnala per la vastità dei temi trattati, dall’ambito locale a quello mondiale, costituendo uno degli appuntamenti di spicco promossi dalla Provincia». Le menzioni speciali sono andate alla redazione di Canale 8, Aldo Mantineo, Giuseppina Aliffi, Tony Cercola e al regista Aldo Rapè. La cerimonia di consegna, organizzata dall’Associazione Capo Passero, è stata condotta da Denise Spicuglia e Sergio Taccone, letture a cura di Silvana Scrofani. D’altissimo livello i momenti musicali curati dal cantautore Ugo Mazzei, ospite fisso del Premio, che ha presentato alcuni brani del suo cd «Mezzogiorno o giù di lì», accompagnato al sax da Bruno Ceretto e con improvvisazione finale che ha visto sul palco anche Sandro Petrone, sollecitato dai ritmi coinvolgenti dello strepitoso «percussautore» partenopeo Tony Cercola.
    l. s.

    11/10/2011

  412. Tantissimi auguri, Massimo, per questo tuo nuovo romanzo: “Trinacria Park, l’isola inesistente”! E pubblicato da una casa editrice davvero pregevole e importante: e/o. Noto inoltre che la prefazione del libro è scritta da uno scrittore del calibro di Valerio Evangelisti.
    Insomma, insieme alla curatissima e bella, come di consueto nella sua scrittura, recensione di Simona e a una trama che già mi incuriosisce molto, mi sembra che ci siano tutti i presupposti per un grande successo del tuo libro, che io auspico con tutto il cuore.
    Abbracci e ancora tantissimi auguri,
    Gaetano
    P.S.
    Una mia evocazione letteraria: il fondamentale “L’invenzione di Morel” di Adolfo Bioy Casares.

  413. Carissimo Gaetano,
    grazie! Grazie di cuore!!!
    La recensione di Simo e bellissima. Ne approfitto per ringraziarla e per ringraziare Maria Di Lorenzo per averla pubblicata.
    In ogni caso in settimana (se posso già domani sera) pubblicherò un post dedicato a “Trinacria Park”.
    Ti abbraccio.

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