La nuova puntata della rubrica di Letteratitudine intitolata “A botta e risposta (un tandem letterario conversando di libri)“ è dedicata al romanzo “La fortezza del castigo” di Pierpaolo Brunoldi e Antonio Santoro (Newton Compton).
Un avvincente thriller storico ambientato tra la Francia e l’Italia del XIII secolo e che si sviluppa partendo dalla seguente domanda (riportata anche sulla copertina): può veramente un manoscritto cambiare il corso della storia?
Di seguito: il “tandem letterario” offerto dai due co-autori in forma di racconto (dove loro stessi diventano personaggi).
* * *
“La fortezza del castigo” (Newton Compton): il “tandem letterario” di Pierpaolo Brunoldi e Antonio Santoro
* * *
Fuori dai finestrini diluviava. Brunoldi e Santoro erano sui sedili posteriori, mentre il taxi scivolava tra le auto che, come sempre nei giorni bagnati, ingolfavano il lungo Tevere. Ogni tanto alle loro orecchie arrivava qualche imprecazione dalle macchine vicine, che il loro conducente superava spericolato.
«Perché credi ci abbiano convocati?», chiese Brunoldi, mentre Santoro stava controllando, con una certa apprensione, che il tassista non mettesse sotto qualcuno e prendesse la strada giusta.
Il giorno prima avevano ricevuto una telefonata dal segretario del cardinale Simoni, che li invitava a recarsi presso gli uffici del Vaticano per comunicazioni urgenti.
«Vorranno complimentarsi per il romanzo. Che altro?», rispose Santoro.
«Conosci forse qualcuno in Vaticano? Io no», disse Brunoldi.
«Nemmeno io. Quindi sarà per il romanzo. Pensaci, c’è Francesco, c’è una reliquia, gli eretici. Vorranno congratularsi con noi per il lavoro svolto», ribadì Santoro.
«Sarebbe fantastico allora. Sai quante copie ci farà vendere in più?!».
Il tassista fermò l’auto.
«Eccoci qua, Piazza del Sant’Uffizio».
I due autori uscirono dalla vettura proprio quando smise di piovere e il sole fece timidamente capolino tra un manto di nubi nere e spesse. In quel mentre, da dietro il finestrino mezzo abbassato, il conducente si sporse, facendo l’occhiolino.
«Dotto’, fate attenzione lì dentro, non ci si può fidare di nessuno», disse, prima di scomparire nell’abitacolo.
Dopo i controlli di rito, percorsero un lungo corridoio, fino a che la guardia li consegnò nelle mani di un pretino secco e gobbo, che in silenzio li condusse fino a una grande porta di legno, sulla quale stava scritto: congregazione per la dottrina della fede.
«Complimentarsi, dicevi?», disse Brunoldi, entrando.
Erano in due. Cardinali. Uno alto e grosso, vestito come un sacerdote, con la camicia che sembrava esplodere per la pancia prominente e le mani grandi e forti. A un dito indossava l’anello che ne rivelava il ruolo. Era pelato, col pizzetto, e una smorfia come di dolore sulle labbra serrate. L’altro era basso, con folti capelli neri e occhiali a fondo di bottiglia. Vestiva la lunga tunica porpora dei principi della Chiesa. Quest’ultimo era magro come la lupa descritta da Dante nell’Inferno. Il cardinale con la smorfia sollevò gli occhi dal libro, e lo chiuse, mostrando la copertina.
«Quindi sareste voi Brunoldi e Santoro, gli autori de’ La fortezza del castigo?»
«Sì», risposero gli autori all’unisono.
«Bene. Prima di iniziare il processo, avete qualcosa da dire a vostra discolpa?».
I due autori si guardarono negli occhi, poi Santoro deglutì, e rispose.
«Eminenza, noi, a dire il vero, ignoriamo la ragione per cui ci avete convocato».
«Ne siete così sicuri?», disse il cardinale grosso e pelato, avvicinandosi a entrambi e tenendo le mani dietro la schiena, con la pancia protesa verso di loro.
«Pensavamo aveste solo qualche curiosità in merito», disse Brunoldi.
«Questo romanzo desta più di una curiosità», sibilò il piccoletto, tirando fuori anche lui a sorpresa, da dietro la schiena, una copia della fortezza.
«Vi è piaciuto, dunque?», domandò Santoro, con un sorriso poco convinto. Il cardinale lo zittì con lo sguardo.
«Qui c’è scritto “un libro segreto che minaccia di scuotere le fondamenta della Chiesa”».
«È finzione, Eminenza», si affrettò a rispondere Santoro.
«Finzione, certo, è quello che dicono tutti quando vogliono lavarsene le mani. E così avete scomodato il nostro Bonaventura da Iseo per inscenare la vostra storia».
«Storia, appunto Eminenza, è esattamente quello che è, una storia», disse con ritrovato coraggio Brunoldi.
L’altro cardinale, assai più inquietante, li aveva scrutati da capo a piedi, da dietro le sue lenti spesse, senza muovere un muscolo all’infuori degli occhietti piccoli e indagatori. Ora prese la parola. «Vedete, la cosa strana è che quella che voi chiamate finzione, la fantasia, presente qui dentro», disse sfogliando le pagine, «mostra delle somiglianze assai inusuali, per non dire sospette, con alcune circostanze storiche che la Chiesa si è ben guardata dal divulgare».
«Perdoni, Eminenza», continuò Santoro, «ma se ciò è accaduto è stato in assoluta buona fede. Certo, abbiamo reso il tessuto storico, l’ambientazione, al meglio delle nostre possibilità, volevamo che i nostri personaggi prendessero vita non in un acquario, ma in un mare che li facesse nuotare a loro agio. È per questo che i luoghi sono veri, le pietre delle chiese si possono toccare, gli odori immaginare, i sap…».
«…avete messo in bocca al nostro papa Innocenzo parole vostre. Parole come pietre», lo interruppe l’altro cardinale.
«Se permette, era necessario. Come le diceva il collega», sentenziò Brunoldi, «la cornice degli eventi è stata riempita con personaggi storici autentici e altri di fantasia, ma calati in un contesto realistico».
«Non dimenticare anche quelli a metà tra fantasia e realtà», aggiunse Santoro. «Insomma abbiamo seguito l’esempio di illustri maestri di genere, Eco, Poe, Follett e molti altri».
«Eco e Poe?».
«Ovvio, Guglielmo da Baskerville e Auguste Dupin sono stati dei modelli per il nostro Bonaventura», precisò Brunoldi.
«Il “vostro” Bonaventura è un personaggio storico, però».
«Sì, ma dalla biografia lacunosa. Così ci siamo permessi di riempire gli spazi bianchi della sua vita con la nostra fantasia», disse Santoro.
«Certo collega, Bonaventura da Iseo è stato creato proprio così», aggiunse colpo su colpo Brunoldi. «Sapevamo di lui poche cose. Scarni dati biografici, e neppure certi. Anche la sua data di nascita è avvolta dal mistero. E poi, ovviamente, c’era il Liber Compostella. Uno dei primi trattati alchemici redatti in Italia. In quel secolo ci fu l’incontro scontro tra la civiltà occidentale e quella araba, da esso scaturirono guerre, ma anche proficui scambi di sapienze che si credevano perdute. Bonaventura, in un certo senso, rappresenta un’epoca di grandi riscoperte, filosofiche, scientifiche e tecnologiche».
«Inoltre, se permettete», si intromise Santoro, con una punta di orgoglio nella voce, «riteniamo di aver anche reso, a nostro modo, un servigio alla Chiesa e ai suoi fedeli».
«Davvero?», chiese il cardinale basso e segaligno, con una punta di ironia nella voce.
«Be’ sì, converrete con noi», aggiunse Brunoldi a dar manforte, «che Francesco è un vessillo della cristianità e mi sembra di poter dire che venga fuori bene dalla nostra storia».
«Fuori bene?», lo interruppe il cardinale sempre più accigliato.
«Nel senso, che, viste le fonti anche non sempre concordi», rispose Santoro, «abbiamo optato per un ritratto che ne restituisse un’immagine in grado di coglierne gli elementi essenziali di uomo e di religioso: un vero e fervente seguace di Cristo, un uomo del dialogo, che cercò di portare la parola di Cristo anche a coloro che venivano con disprezzo chiamati eretici, vale a dire i catari. La parola e non la spada, è un fulgido esempio, direi».
«Santoro, non vorrà forse mettersi a discutere di teologia con noi?»
«Lo perdoni, Eminenza», disse Brunoldi fulminando con lo sguardo il collega. «Quello che voleva dire è che noi siamo solo due umili cantastorie. Entrambi, pur dovendo tenere in un difficile equilibrio finzione e verità storica, abbiamo cercato di non tradire mai l’essenza di quest’ultima».
«Ne siete certi?», continuò il cardinale dubbioso. «Questa assai volatile essenza cosa dice a proposito del libro segreto del viaggio di Francesco verso Santiago? Quali sono state le vostre fonti?»
«Eminenza, non vorrei sembrare irrispettoso, ma il viaggio di Francesco in Spagna, secondo le cronache ufficiali, si è interrotto per una malattia, presumibilmente la febbre quartana, ovvero la malaria, ma, nell’incertezza delle fonti, noi ci siamo incuneati per fornire una versione dei fatti, diciamo, alternativa», disse Santoro.
«E il libro segreto, quello se mi consente», disse Brunoldi, «è un dato di pura finzione».
«Ciononostante, Eminenza, una finzione plausibile», aggiunse Santoro. «Sappiamo che nel capitolo di Mantes fu ordinata la distruzione di tutte le testimonianze sulla vita del poverello di Assisi, quindi…».
«Quindi cosa?», lo rimbrottò il cardinale corpulento.
«Quindi niente… niente, è solo finzione, come diceva Brunoldi».
«Certo, come lo sono anche gli altri personaggi», aggiunse quest’ultimo. «Fleur, Rolando, Davide, Luca e molti altri sono frutto della nostra fantasia, come la maggior parte delle vicende narrate. L’ordine oscuro è una nostra finzione eppure…».
«Eppure?», chiese il cardinale grosso e panciuto, stringendo le palpebre dell’occhio destro, come se dovesse aguzzare la vista.
«Eppure», intervenne Santoro, «in tanta finzione abbiamo voluto che le vicende dei nostri personaggi risultassero vere, vive e palpitanti per i lettori come emozionante è stato per noi scriverle. I personaggi sono sì di finzione, ma rappresentano le diverse condizioni sociali: ci sono quelli che pregano, quelli che combattono e quelli che lavorano, gli umili e i nobili, i frati e le donne, e tutti incarnano le contraddizioni e i chiaroscuri di un periodo di grandi cambiamenti».
«Esatto», aggiunse Brunoldi, «volevamo che lo spettatore si identificasse nelle vicende del protagonista e dei suoi compagni lungo il loro cammino alla ricerca di verità e giustizia, non è forse quello che vogliono tutti, Eminenza, non è forse quello che persegue anche la santa madre Chiesa?».
«Niente altro che questo, certo», disse Santoro, «è l’eterna battaglia tra luce e tenebre, tra bene e male. Gli archetipi, Eminenza, gli archetipi!».
«Attendete qui un attimo, disse il piccoletto», tirando via per la camicia il grosso.
I due alti prelati si allontanarono, sparendo dietro la vetrata di un ampio studio all’interno del quale erano stati accolti. Potevano scorgerne le ombre: quello grosso e pelato si sbracciava come un ossesso, mentre il piccoletto sembrava impassibile e mansueto. L’atteggiamento che a Brunoldi e Santoro era sembrato di cogliere oltre la vetrata, veniva del resto confermato dal diverso tono delle voci, la cui eco arrivava sino a loro.
Quando furono di ritorno, sembrava che il fare mellifluo e pacato del piccoletto avesse conquistato anche l’orso brontolone. I suoi tratti del viso erano distesi, fin troppo.
Il piccoletto, alzatosi sulle punte dei piedi, allungò le dita ossute fino a sfiorare le guance di Brunoldi. Mentre l’orso assestò due pacche pesantissime sulla schiena di Santoro, che rimbombò come un tamburo.
«Abbiamo discusso a lungo e animatamente e si siamo giunti alla conclusione…».
«Alla conclusione?», fecero i due autori, in trepidante attesa.
«Alla conclusione che non vi è nulla nel vostro libro che si possa considerare offensivo per l’autentico sentimento religioso. Quindi non abbiamo null’altro da chiedervi».
«Null’altro?», chiese Brunoldi, che si sentiva alleggerito.
«No. Andate in pace».
Brunoldi e Santoro avevano quasi varcato l’uscio quando furono fermati dalla voce di uno dei due. «Solo un’ultima cosa, prego», disse il piccoletto, che stringeva tra le mani la sua copia della fortezza del castigo.
«Sì Eminenza?», chiese Brunoldi.
«Mi autografereste la mia copia?»
«Sì, anche la mia, cortesemente», fece l’altro.
Santoro e Brunoldi iniziarono a vergare le copie con le loro firme.
«Ditemi, ma Bonaventura, che ha dismesso il saio di frate, avrà finalmente una relazione con l’indomita Fleur?»
«Ah Eminenza», fecero i due con una sola voce, «per questo dovrete attendere il seguito della storia».
(Riproduzione riservata)
© Pierpaolo Brunoldi – Antonio Santoro
* * *
La scheda del libro
1266. Francia, convento di Mantes. L’inquisitore Marcus attende nell’ombra l’arrivo di un frate. È deciso a strappargli a ogni costo la verità su un libro segreto che minaccia di scuotere le fondamenta della Chiesa…
1214. Italia, Altopascio, dimora dei Cavalieri del Tau. Il francescano Bonaventura da Iseo, esperto nelle arti alchemiche, apprende con sgomento la notizia della scomparsa del suo mentore, Francesco d’Assisi, e riceve, dalle mani grondanti sangue di un confratello, un misterioso manoscritto che dovrà custodire anche a costo della propria vita. Determinato a trovare e liberare Francesco, Bonaventura decide di mettersi in viaggio: tra bui conventi e infidi manieri, scoprirà che il maestro aveva con sé l’unica reliquia in grado di sconfiggere le forze del male e impedire l’avvento dell’Anticristo. Sulle tracce del frate d’Assisi, il monaco e i suoi compagni di avventura arriveranno fino alla rocca maledetta di Montségur, fortezza inespugnabile degli eretici catari…
* * *
Pierpaolo Brunoldi: dopo la laurea in Veterinaria, ha studiato recitazione e conseguito un master specialistico in sceneggiatura. Ha scritto opere drammaturgiche selezionate in concorsi nazionali, sceneggiature per la TV e il cinema, vari racconti pubblicati in diverse antologie, e collaborato con testate web.
Antonio Santoro: regista, attore e drammaturgo, è nato a Cava de’ Tirreni nel 1973. Diplomatosi presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, ha diretto numerosi spettacoli e scritto diversi testi per il teatro. Si è laureato al DAMS, e ha due master in sceneggiatura.
* * *
LetteratitudineBlog/ LetteratitudineNews/ LetteratitudineRadio/ LetteratitudineVideo