La nuova puntata della rubrica di Letteratitudine intitolata “A botta e risposta (un tandem letterario conversando di libri)” è dedicata al volume “La ragazza del Vaticano. Che fine ha fatto Emanuela?” di Massimo Lugli e Antonio Del Greco (Newton Compton)
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Dopo “Quei bravi ragazzi del Circeo” coinvolgiamo Massimo Luglio e Antonio Del Greco in un nuovo tandem letterario con riferimento al loro nuovo libro scritto a quattro mani, stavolta dedicato al Caso Orlandi. Il romanzo si intitola, infatti, “La ragazza del Vaticano. Che fine ha fatto Emanuela?” e lo pubblica Newton Compton, come il precedente.
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La scheda del libro: “La ragazza del Vaticano. Che fine ha fatto Emanuela?” di Massimo Luglio e Antonio Del Greco (Newton Compton)
Giugno 1983. L’Italia è sconvolta dalla notizia della scomparsa di una ragazzina di quindici anni, cittadina del Vaticano. Col passare dei giorni la tensione sale e le false piste si moltiplicano: telefonate anonime, ipotesi di terrorismo internazionale, registrazioni e calunnie… Intanto, nella mala romana sembra scoppiato il caos: dopo il furto nel caveau di una banca, la violenza si spande incontrollata, un’escalation di sparatorie e ammazzamenti tra bande un tempo alleate e ora, forse, prossime alla guerra. Il detective Alfonso Stellati è l’unico che potrebbe trovare il bandolo della matassa, ma sopra di lui si agitano uomini di potere disposti a tutto per insabbiare le indagini: magistrati collusi e boss intoccabili, fino a raggiungere le alte sfere della Chiesa. Con una scrittura serratissima, Lugli e Del Greco si confermano due fuoriclasse del noir e ripercorrono uno dei casi più misteriosi di sempre, una storia che ancora oggi ci sorprende e lascia più interrogativi che risposte
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Il “tandem letterario tra Massimo Lugli e Antonio Del Greco
MASSIMO. E così ce l’abbiamo fatta. L’abbiamo scritto. Il progetto di un romanzo sulla scomparsa di Emanuela Orlandi ci ronzava in testa da anni. Ne avevamo parlato, ci avevamo pensato, avevamo buttato giù qualche idea ma poi, alla fine, abbiamo sempre ripiegato su altre vicende di cronaca da trasformare in fiction: il Canaro della Magliana, l’omicidio di via Poma, il furto in una banca spagnola, il Massacro del Circeo. Eppure la terribile storia della ragazza di 15 anni scomparsa nel 1983 e mai ritrovata restava una specie di chiodo fisso. La riapertura delle indagini sia della Procura di Roma che della magistratura vaticana sono stati lo stimolo, ci hanno dato lo sprint per metterci all’opera e da quel giorno…
ANTONIO… Non ci siamo più fermati. Questo romanzo ci ha coinvolti moltissimo, senza voler fare classifiche ma, forse, ci siamo appassionati molto di più che ad altri libri che abbiamo firmato insieme. Forse eravamo più coinvolti, chissà. Un dramma come quello lascia sempre un segno emotivo, per chi lo ha seguito a livello professionale. Puoi essere un poliziotto o un giornalista, puoi avere tutti gli scudi emozionali che ti pare ma il dolore della famiglia Orlandi, le mille domande su quello che può essere accaduto a Emanuela sono qualcosa che ti resta dentro. Ad ogni modo siamo andati avanti a un ritmo quasi forsennato seguendo la prassi di lavoro ormai consolidata da anni…
MASSIMO. Già. Da quando abbiamo esordito come coppia letteraria con “Città a mano armata” abbiamo stabilito una routine operativa ormai consolidata: ci incontriamo di solito una volta alla settima, rivediamo gli appunti, programmiamo i prossimi capitoli (in genere due o tre alla volta) poi io torno a casa, mi metto a scrivere e ti assillo con decine di telefonate in ufficio…Però funziona. E a finire le 317 pagine ci abbiamo messo meno di sei mesi. Devo dire che a questo romanzo sono particolarmente affezionato forse perché…
ANTONIO…perché inizialmente è stato molto difficile capire in che modo affrontare una vicenda su cui sono state scritte migliaia di pagine e girati chilometri di pellicola. Tutti hanno una teoria investigativa, una pista da seguire, una certezza assoluta sul destino di quella ragazza sventurata. Noi due non abbiamo questa presunzione e, in effetti, abbiamo voluto mettere in chiaro fin dall’inizio che la nostra è un’opera di pura fantasia. I due sequestratori della ragazza, il Gufo e il Gatto, sono personaggi totalmente inventati che non hanno alcun legame, neanche lontano, con persone reali.
MASSIMO. Giusto ribadirlo. Altri personaggi, invece, come il capo della mobile, il questore e alcuni giornalisti sono tratti, in qualche modo, da colleghi che abbiamo conosciuto o magari da gente che abbiamo frequentato. Questa è una cosa che facciamo sempre. Aggiungo che stavolta il funzionario di polizia Alfonso Stellati riprende qualche tratto tipico di Antonio Del Greco ma non ne è una sorta di alter ego come Tommaso Elleni. Stesso discorso vale per il cronista d’assalto Marcello Maggi rispetto a me stesso. Forse il protagonista che è più vicino alla realtà è il boss Erichetto in cui molti riconosceranno, a ragione, il Renatino della Banda della Magliana. Ma Er Tenaglia, personaggio a me molto caro, ce lo siamo proprio inventato.
ANTONIO. Sì, alcuni episodi come la sparatoria di Ostia, il furto nel caveau di una banca Vip e altri delitti di mala ricordano vicende realmente accadute, prese dai reciproci album dei ricordi, ma la fantasia, stavolta, l’ha fatta da padrona. A questo punto vorrei rispondere a una domanda che nessuno ci ha ancora fatto ma che di sicuro qualcuno ci rivolgerà durante una delle prossime presentazioni o chissà, magari in qualche trasmissione in tv.
MASSIMO. La domanda da un milione di dollari?
ANTONIO. Esatto. Eccola: ma secondo voi chi ha rapito Emanuela? Beh rispondo subito nel modo più schietto: non lo sappiamo. E, aggiungo, secondo me non lo sa nessuno, a meno che qualcuno dei responsabili del sequestro sia ancora vivo, cosa tutt’altro che sicura. Ma, essendoci confrontati a lungo e non solo al momento di scrivere il libro, penso di poter rispondere per entrambi. La nostra, personalissima opinione è che, inizialmente, di sia trattato di una vicenda piuttosto “semplice”: un sequestro organizzato da predatori sessuali e, purtroppo, finito con un omicidio. Ne’ io ne’ Massimo abbiamo mai dato troppo credito alle piste di terrorismo internazionale, ai deliri di Alì Agca o alle grandi trame sovversive ordite Oltretevere. Successivamente, però, attorno alla vicenda di Emanuela Orlandi è nato un giro di depistaggi e false notizie mai visto in precedenza. Si è parlato e straparlato di tutto. E ogni fake news che usciva allontanava di un pezzetto la verità.
MASSIMO. Sottoscrivo, inutile dirlo. E aggiungo che parte di questa disinformazione sistematica, a mio parere, è stata fatta per interesse, parte per mitomania, parte per idiozia pura. Ma vi rendete conto che qualcuno ha scritto che Emanuela è ricoverata da anni in una clinica psichiatrica di Londra? E, aiuto aiuto, addirittura che è la moglie segreta di Pietro Orlandi, suo fratello? Per non parlare di tutte le ascendenze inventate: figlia o nipote di Giovanni Paolo II e via delirando. Io sono convinto che dopo le telefonate dell’”Americano”, che sicuramente sapeva qualcosa e che, ricordiamolo, sfuggì per un soffio alla cattura non sia più arrivato un solo elemento veramente utile alle indagini. E parlando del 1984. Tutto il resto, tutte le “rivelazioni” a orologeria che leggiamo, guardiamo o ascoltiamo, secondo me sono solo fuffa.
ANTONIO. Fermo restando il massimo rispetto per i familiari di Emanuela e la loro avvocata che continuano, instancabilmente, a cercare la verità e che hanno fatto riaprire le indagini. Ma quanto a speranze di trovare una soluzione beh…ne vedo poche.
MASSIMO. E infatti nel romanzo non offriamo una soluzione. La Verità, temo, non verrà mai alla luce…forse, al massimo, alcune coperture e favoreggiamenti ormai prescritti. A volte mi chiedo se non sia andata veramente come nel nostro libro. Di sicuro una possibilità c’è. In chiusura vorrei fare come faceva Marzullo qualche anno fa: mi faccio una domanda e mi do una risposta.
La domanda è: ma voi due non litigate mai? La risposta è no. Mai. Ci confrontiamo, discutiamo ma sempre nella totale sintonia e credo sia questo il segreto che ci ha permesso di sfornare otto libri a tamburo battente. E anche stavolta siamo stati d’accordo praticamente su tutto, persino sulla persona a cui abbiamo dedicato il romanzo.
ANTONIO. Già, a un rimpianto tuo collega e a un comune amico. Andrea Purgatori.
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Massimo Lugli si è occupato di cronaca nera come inviato speciale per «la Repubblica» per 40 anni. La Newton Compton ha pubblicato, tra gli altri, La legge di Lupo solitario, L’Istinto del Lupo (finalista al Premio Strega), Nelmondodimezzo. Il romanzo di Mafia capitale, la trilogia Stazione omicidi, Il giallo Pasolini, L’ultimo guerriero e Il giallo del nano della stazione. Insieme ad Antonio Del Greco ha scritto Città a mano armata, Il Canaro della Magliana, Quelli cattivi, Il giallo di via Poma, Inferno Capitale, Il baby killer della Banda della Magliana, Quei bravi ragazzi del Circeo e La ragazza del Vaticano. Che fine ha fatto Emanuela?. Insieme ad Andrea Frediani ha scritto Lo chiamavano Gladiatore.
Antonio Del Greco è nato a Roma nel 1953 ed è entrato in polizia nel 1978. Dopo i primi incarichi alla questura di Milano, è stato dirigente della Omicidi. Attualmente è direttore operativo della Italpol. Insieme a Massimo Lugli ha scritto Città a mano armata, Il Canaro della Magliana, Quelli cattivi, Il giallo di via Poma, Inferno Capitale, Il baby killer della Banda della Magliana, Quei bravi ragazzi del Circeo e La ragazza del Vaticano. Che fine ha fatto Emanuela?.
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