LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 5: LA RETE E IL DIRITTO ALL’OBLIO
L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono
La Cassazione interviene sul diritto all’oblio
Cos’è il diritto all’oblio?
Il diritto all’oblio è il diritto di ognuno a non vedere riproposti al pubblico fatti propri che in passato furono oggetto di cronaca.
Tale garanzia riconosciuta già a partire dai primi anni ’70 dalla Suprema Corte di Cassazione, e nata soprattutto per tutelare chi, avendo commesso un reato (estinto o la cui condanna era stata espiata) volesse rientrare in seno alla società civile, è un diritto inviolabile della persona, e si basa sul presupposto che una volta soddisfatto l’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti e delle notizie attraverso la rivelazione di essi, il diritto alla sua riproposizione deve andare scemando fino a scomparire, divenendo quel medesimo fatto, con il decorso del tempo, quasi un fatto privato e pertanto suscettibile di essere tutelato dal diritto di riservatezza.
E cioè, una volta assolto il servizio pubblico all’informazione, la notizia attiene alla privacy della persona.
Le problematiche sottese alla sussistenza di tale diritto, e il loro intrecciarsi in maniera così complessa, sono, ovviamente, esplose con l’avvento di Internet ove l’accesso a ogni fonte di notizia anche molto risalente nel tempo è possibile attraverso il semplice inserimento di un nome o di un cognome in un motore di ricerca.
Proprio per evitare questi rischi si è ritenuto da parte dell’Autorità Garante della Privacy di dover intervenire sul tema con la decisione n. 249 del 2005.
In essa l’autorità, era addivenuta alla determinazione del seguente principio:“Trascorso un congruo periodo di tempo, occorre si provveda a collocare le notizie di vari anni or sono in una pagina accessibile solo dall’indirizzo web. Tale pagina, ricercabile nel motore interno al sito, dovrà essere esclusa, invece, dalla diretta reperibilità nel caso si consulti un comune motore di ricerca”.
Oggi la Cassazione riprende il principio (sentenza n. 5525/2012, Terza Sezione Civile), e ribadisce l’obbligo di creazioni di motori interni ai siti, così da impedire l’accesso diretto, mediante i comuni motori di ricerca, alle notizie contenute negli archivi storici degli stessi.
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