Davvero appassionante la lettura dell’ultima fatica letteraria di Massimo Carlotto. Si tratta di “La terra della mia anima” (edizioni E/O, Roma, pag. 208, euro 15), un romanzo molto particolare dedicato alla narrazione delle vicende di Beniamino Rossini.
Chi legge Carlotto conosce già Rossini. Lo conosce come personaggio letterario nel ruolo di compagno d’avventure dell’Alligatore. Ma questo Beniamino Rossini è una persona reale (che assomiglia al suo omonimo personaggio letterario proprio per il fatto di esserne stato fonte di ispirazione).
La figura di Rossini è controversa, ambigua, dunque di difficile catalogazione. Se da un lato, Rossini, è un fuorilegge che ha vissuto esperienze variegate, che vanno dal contrabbando fino alla rapina a mano armata (con arma non carica, però), dall’altro è uomo di grande sensibilità e bontà d’animo. Se per certi versi appare cinico e distaccato, per altri ci sorprende con atti di inatteso altruismo. Se in alcuni casi appare come un duro, come un uomo tutto d’un pezzo, in altri viene fuori la sua fragilità, esasperata dal decorso di una malattia logorante e letale.
Scrive Carlotto (v. pag. 9): “Ero turbato dall’idea che quel suo desiderio di raccontare fosse dovuto alla malattia e alla convinzione che non gli restasse più molto tempo. Fui però subito affascinato dalla bellezza delle sue storie, e i miei dubbi si dissolsero completamente quando mi resi conto che il vero Beniamino Rossini, il carissimo amico che avevo trasformato in uno dei protagonisti della serie dell’Alligatore, somigliava davvero a quello di carta e nella mia testa cominciò a prendere forma il progetto.”
Rossini ci racconta, attraverso la penna di Carlotto, l’evoluzione delle sue vicende: dal contrabbando di sigarette a quello del caffè; dall’aiuto gratuito a varcare il confine con la Svizzera offerto a giovani che non volevano fare il militare, allo smercio illegale di slot machine; fino a giungere al ben più terribile contrabbando di armi in Croazia nel corso della guerra (che però alla fine lo disgusterà al punto da impedirne “il traffico” anche a qualche suo collega: “Pensavo che la galera mi avesse reso cinico al punto di fottermene di tutto e badare solo agli affanni. Invece scoprii che riuscivo ancora a indignarmi di fronte all’orrore e a provare pietà per le vittime innocenti.”)
Con il variare delle merci oggetto del contrabbando cambiano pure i luoghi d’azione: dapprima la montagna, poi il mare, poi la terraferma delle gioiellerie da rapinare, infine la prigione.
E scopriamo che “La terra della mia anima” più che come luogo fisico, deve intendersi come l’emozione che quel luogo riesce a suscitare. Ecco perché, per Rossini, la terra della sua anima è così fortemente mutevole: [“(…) La frontiera era la terra della mia anima. L’unico luogo dove provavo una sensazione potente che mi faceva sentire vero e felice. (…) Io l’ho sempre chiamata anima, anche se è una parola da preti.” – “(…) ormai la terra della mia anima era la distesa infinita d’acqua dove correvo veloce con un potente motoscafo.”]
E poi la malattia. Una malattia affrontata a muso duro…
“Ho il cancro” disse.
“Lo so.”
“Tre, al fegato.”
“Fai sempre le cose in grande.”
… nonostante gli inevitabili momenti di rabbiosa depressione.
“La grande bestia mi divora il fegato e per pochi mesi ho superato il limite d’età per il trapianto. (…) bevo solo acqua e mangio le verdure del mio orto. Di testa sono a posto, mi accontenterei di un corpo che funziona al 30%, giusto per non costringere qualcuno a pulirmi il culo. Porca troia, cosa c’è di male a voler campare ancora un anno? Qualche volta, disteso sul letto, allargo i piedi e incrocio le braccia sul petto; prove generali del mio essere cadavere, ma il cuore batte e nelle vene scorre sangue caldo. Riapro gli occhi e accendo una sigaretta. Mi sembra impossibile che stia andando tutto a puttane.”
Beniamino Rossini muore il 7 maggio 2006.
Con scrittura lieve e adamantina, ma che si insinua sottopelle fino a far dimenticare la pagina e lasciar emergere la storia, e accompagnata dai versi delle canzoni di Ricky Gianco (cantante preferito di Rossini), Carlotto diviene mero strumento narrativo volto a tratteggiare la figura dell’amico (e con essa buona parte della storia recente di questo Paese). Discostandomi da quanto sostenuto altrove, credo che questo sia uno dei punti di forza del libro. Un libro sincero, a tratti duro, che presenta la realtà in maniera schietta, senza fronzoli. Un’ottima prova narrativa. L’ulteriore conferma di uno dei maestri del noir.
Massimo Maugeri
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La terra della mia anima (di Massimo Carlotto)
Edizioni E/O, collana “Dal mondo”, settembre 2006
208 p., brossura – Euro 15