In questi giorni sto leggendo La vita erotica dei superuomini, uno dei romanzi più interessanti pubblicati nel 2008. L’autore è Marco Mancassola, giovane scrittore classe 1973.
È con molto piacere che, in collaborazione con gli amici del sito 24/7 della Rizzoli, dedico un post a questo libro. Peraltro sono cresciuto in compagnia dei supereroi Marvel creati da Stan Lee (ma ho molto amato anche quelli della DC Comics). Il mio preferito è sempre stato Reed Richards, Mr Fantastic, il leader dei celeberrimi Fantastici Quattro. E Richards è uno dei protagonisti di questo corposo romanzo di Mancassola ambientato in una New York “luminosa e inquieta”. Nel libro figura un giornalista di origine italiana che deve scrivere un reportage su quella che appare la fine di un’epoca: “gli ex-supereroi più in vista del pianeta, coloro che un tempo incarnavano una gloriosa mitologia, sono il bersaglio di una serie di clamorosi omicidi complottati, sembra, da un gruppo di fanatici. Ma cosa significano gli ambigui e quasi sentimentali biglietti d’addio ricevuti da alcuni di loro? Sotto la cronaca si nascondono trame più struggenti e carnali. Com’è possibile che Reed Richards, il supereroe dal corpo di gomma, colui che ha combattuto mille epiche battaglie e che oggi conduce una dignitosa vita da scienziato e consulente di agenzie governative, sprofondi ormai maturo in un’ossessione senza ritorno per una giovane astronauta con trentacinque anni di meno? E com’è possibile che un altro mitico ex-supereroe, il celebre Batman, sia morto in circostanze scabrose nel pieno di un delirio feticistico? E cosa dire di Mystique, la donna dalla pelle bluastra, la mutante protagonista negli anni Settanta di controverse vicende politiche, oggi divenuta una famosa comica televisiva, anche lei sull’orlo di un pericoloso precipizio fatto di ossessione e bisogno amoroso?”
Superman, invece, (a lui è dedicato l’epilogo del libro) tenta di creare una nuova schiera di supereroi.
Sul Sole24Ore Giorgio Fontana scrive: “Marco Mancassola, uno dei più talentuosi scrittori italiani, coglie il bersaglio affrontando il supereroe da un punto di vista non inedito, ma splendidamente interpretato: l’emotività, l’interiorità, il bisogno (…). Il mondo de “La vita erotica dei superuomini” è un mondo dove gli eroi non sono più necessari. Individui decaduti, che non hanno niente da salvare se non se stessi: figure relegate al mondo televisivo, alla chiacchiera quotidiana, o banalmente impegnati a lenire la propria solitudine. E in un mondo che non ha più bisogno di supereroi, questi si scoprono di colpo incapaci di salvarsi. La grande domanda di questo libro sembra essere: cosa può fare, in fondo, un supereroe per se stesso?”
Sul Manifesto del 29 marzo 2009 Tommaso Pincio scrive: “Con lingua trasparente, Mancassola tesse un presunto complotto finalizzato a togliere di mezzo queste vecchie glorie. Naturalmente è solo un pretesto per raccontare altro. La vita erotica cui fa riferimento il titolo è la storia dell’ordinario decadimento che tutti i corpi sono condannati a conoscere, anche quelli straordinari dei supereroi. L’erotismo è per eccellenza la dimensione dove l’intimità incontra la vitalità, dove una persona può conoscere la massima esaltazione e al contempo le più cocenti mortificazioni. È lo spazio in cui ci si può sentire in perfetta simbiosi con un altro organismo e simultaneamente sperimentare la più assoluta delle solitudini. «Per amare bisogna un poco umiliarsi» considera il Mister Fantastic attempato del romanzo di Mancassola. Al fondo di questa umiliazione c’è il corpo, questa macchina che la nostra società vorrebbe sempre più efficiente e inossidabile, questo corpo che vorremmo sempre super, immune dai guasti del tempo e dallo sbiadire dei miti e dei sogni.”
Credo che questo romanzo di Mancassola si presti a diversi livelli di lettura e abbia forti componenti metaforiche. Il supereroe decadente (o meglio, il superuomo decadente… non inteso in senso nietzschiano o d’annunziano) rappresenta – in fondo – noi stessi, figli di questa società ipercompetitiva dove l’apparire assume una valenza superiore all’essere.
Vi invito a discuterne con l’autore. Per farlo vi propongo qualche domanda (volta – come al solito – a favorire il dibattito).
Secondo voi esiste una sorta di nuovo mito del superuomo nella società di oggi?
In che modo è possibile difendersi dalla tentazione di voler – o dover – apparire a tutti i costi? Vi sentite esenti da questa tentazione (e/o da questo rischio)?
Vi turba l’idea del deperimento fisico del vostro corpo?
Di seguito potrete leggere le recensioni di Giorgio Fontana (da Il Sole24Ore) e Marcello D’alessandra (da L’Indice dei libri del mese).
Massimo Maugeri
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Nota biografica dell’autore
Marco Mancassola, giovane scrittore nato nel novembre 1973, ha vissuto con mille lavori e abitato in varie città (Padova, Roma, Londra). Mancassola ha già al suo attivo il romanzo ‘Il mondo senza di me’ (Pequod 2001 – Oscar Mondadori 2003), il romanzo breve ‘Qualcuno ha mentito’ (Mondadori Strade Blu 2004), il saggio-memoriale ‘Last Love Parade: storia della cultura dance, della musica elettronica e dei miei anni’ (Mondadori Strade Blu 2005 – Oscar Mondadori 2006), la coppia di racconti ‘Il ventisettesimo anno: due racconti sul sopravvivere’ (Minimum Fax 2005).
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“La vita erotica dei superuomini” di Marco Mancassola – Rizzoli, pagg. 569, 21,50 euro
da Il Sole24Ore del 12 novembre 2008
recensione di Giorgio Fontana
Nello storico “Watchmen”, più di vent’anni fa, Alan Moore decostruì una volta per tutte il supereroe in chiave etica. Da allora i tentativi di indebolire, umanizzare e complicare la figura supereroistica si sono moltiplicati, sia nel fumetto che nella letteratura, con esiti non sempre all’altezza del compito. Ora è il turno di Marco Mancassola, uno dei più talentuosi scrittori italiani, che coglie il bersaglio affrontando il supereroe da un punto di vista non inedito, ma splendidamente interpretato: l’emotività, l’interiorità, il bisogno. Rileggendo il marchio di fabbrica di Stan Lee, “supereroi con superproblemi”, Mancassola inietta nuova linfa a un immaginario pop ormai stantio, regalandoci un libro di rara potenza.
Il mondo de “La vita erotica dei superuomini” è un mondo dove gli eroi non sono più necessari. Individui decaduti, che non hanno niente da salvare se non se stessi: figure relegate al mondo televisivo, alla chiacchiera quotidiana, o banalmente impegnati a lenire la propria solitudine. E in un mondo che non ha più bisogno di supereroi, questi si scoprono di colpo incapaci di salvarsi. La grande domanda di questo libro sembra essere: cosa può fare, in fondo, un supereroe per se stesso?
Il pretesto della trama è un misterioso complotto che sembra voler fare piazza pulita della vecchia guardia di eroi. Alla fine, il complotto si svela essere il delirio di un singolo, un unico personaggio ossessionato dai poteri mutanti della madre, e che non trova di meglio se non accanirsi contro i suoi antichi miti. Per ogni assassinio, egli lascia un biglietto di addio: Addio mio Batman, addio mia Mystique. L’aggettivo possessivo è la cifra di un distacco struggente: omicidi che segnano la fine di un’epoca e insieme il dolore nella sua cancellazione. Anche l’assassino, dunque, è un assassino emotivo.
Sotto questo pretesto, questo stilema da thriller esistenziale, scorre così un romanzo che è innanzitutto una grande tragedia del corpo. Seguendo le strade solitarie di Batman, Reed Richards e Mystique, il loro vano tentativo di tornare alla vitalità di un tempo, Mancassola dipinge un meraviglioso affresco del bisogno di affetto e di comunanza.
In questo senso, la vita erotica del titolo va intesa in senso letterale: eros come forza primigenia, necessità attrattiva. L’amore qui è veramente figlio di poros e penia: mancanza, sete, fame. Se il corpo e il desiderio di un eroe è necessariamente superiore, quindi anche il suo dolore lo è, e così il suo bisogno. I protagonisti del libro sono invecchiati, figure del tutto scisse dalla loro immagine bidimensionale: dotati di carni un tempo abituate a prestazioni straordinarie, e ora indebolite, fragili, finite. C’è qualcosa di straziante nel loro bisogno di amore, che è innanzitutto un bisogno di vicinanza, di sentire il proprio corpo ancora in grado di pulsare. La percezione del reale è qui sempre intellettuale e fisica insieme, nei sensi più alti di entrambi i termini.
Arriviamo così a qualcosa di più del vecchio tentativo di “umanizzare il superumano”. È, al contrario, un tentativo di affondare ancora di più nella tragedia del superumano in quanto comunque umano.
Questo anche attraverso la lingua: l’attenzione alla lingua è da sempre un marchio inconfondibile di Mancassola. In questo romanzo lo stile è se possibile ancora più semplice e nitido, ma arricchito di una virtù metaforica straordinaria, come se dietro ogni dettaglio si nascondesse un piano ulteriore del reale fatto vibrare dalla lingua: ogni minuscola caratteristica ritorna nuova al lettore dopo un lavacro purificatorio. Sopra ogni cosa brillano le descrizioni di New York, i suoi movimenti, il grande sfondo che si fa personaggio esso stesso: la capitale del mondo, la metropoli delle metropoli dove ogni cosa è ancora possibile, persino amare. Libro eminentemente urbano, “La vita erotica dei superuomini” segue il ritmo di una città che è la città dove tutto sembra flirtare con tutto, dove ogni cosa risuona a una musica unisona, e l’eros pervade l’intero tessuto locale.
Ma questo romanzo non è soltanto un romanzo tragico, sulla necessità e il bisogno frustrato. Questo è anche un romanzo sulla rinascita e la resurrezione di un ideale. L’epilogo è infatti dedicato al più arcano e originario dei guardiani, Superman, e al suo tentativo di creare una nuova falange di supereroi. Non si tratta però di un finale nostalgico, o di una celebrazione epigonale del tempo che fu. Viviamo un’epoca (il romanzo è ambientato in un 2006 tutt’altro che irrealistico) che sembra stanca di forze straordinarie e prodigi. Un’epoca dove i poteri devono farsi più labili, e adattarsi plasticamente a un mondo diverso, fluido: poteri “discontinui, elusivi, sorprendenti”. È questo su cui conta il grande eroe: sul bisogno, nonostante tutto, di eroi. Perché sempre, nella nostra storia, qualcosa meriterà di essere salvato. E sempre qualcuno dovrà incaricarsi di farlo.
Giorgio Fontana
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da L’INDICE DEI LIBRI DEL MESE
recensione di Marcello D’Alessandra
Nella babele di valori del nostro tempo, con l’ultimo personaggio da reality accolto dall’immancabile standing ovation, non stupisce ritrovare i supereroi di un tempo, Superman e Mister Fantastic, Batman e Mystique, riposto il costume nell’armadio, nelle loro ordinarie esistenze, acciaccati dall’età, fragili e soli. Così nel nuovo romanzo di Marco Mancassola (nella foto), tra i narratori italiani di questi anni uno dei più credibili e tra i pochi dai quali è lecito attendersi un tratto di distinzione. Ambizioso anche nella mole, il romanzo non delude le attese.
Avevano creduto possibile cambiare il mondo, ora, al mesto tramonto della loro esistenza, i supereroi vivono l’ultimo fatale innamoramento, cui si abbandonano con la speranza stanca di chi è rassegnato alla sconfitta. Solo l’amore li può salvare, ma l’amore, quello stesso amore, finirà per ucciderli. L’abbraccio tanto agognato, una volta raggiunto sarà senza ritorno: un abbraccio mortale.
Se si presta attenzione al titolo, La vita erotica dei superuomini, può accadere di avvertire uno scarto nei due termini, tra ciò che sono e ciò che avrebbero potuto essere: erotica, rispettivamente, e supereroi. Ma in quello scarto c’è già buona parte della storia raccontata da Mancassola. Erotica perché è scelta la dimensione privata, la più intima degli eroi, quella amorosa, dei sentimenti e del sesso; quella che mostra, e siamo al secondo dei due termini, il lato umano, nella sua caducità e solitudine. Come scrive Cesare Pavese, nel suo diario a proposito del suicidio: “Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla”. E così è per i supereroi, e più di tutti per Mister Fantastic, stimato professore, esperto di missioni spaziali, che perde la testa per una giovane astronauta. Superuomini e non supereroi, perché la condizione umana è quella che più interessa a Mancassola. Anche nei supereroi; che si rivelano, oltretutto, un formidabile espediente narrativo: essi assicurano un tratto di originalità e insieme un orizzonte condiviso per il lettore – c’è da scommettere, in molti casi, con nostalgia e favore. E rappresentano pur sempre l’ultima epica dei tempi moderni o forse l’unica possibile, almeno fino a ieri. A dare un tono epico sembra concorrere, forse non per caso, anche l’incipit del romanzo: “Un tempo quello era il centro del mondo”, una New York che sotto il suo cielo accoglie una moltitudine di solitudini, solo all’apparenza anestetizzate. I supereroi, in definitiva, possiamo leggerli come “personaggi dello schermo” per Mancassola: attraverso loro egli racconta le storie che da sempre ama raccontare, e lo fa spogliandoli dello straordinario della loro esistenza, per restituirceli, con sguardo nuovo e penetrante, nella loro nuda ordinarietà.
L’attempato Reed Richards (chiamato con nome e cognome nel romanzo, come del resto Batman, entrambi sottratti all’intangibilità dei loro nomi di battaglia – lui è Mister Fantastic, un tempo capo dei Fantastici Quattro, l’uomo allungabile) è la figura tragica e più dolente, la più umana nelle sue compromissioni con la vita: ha un figlio di cui piangerà la morte. Il racconto del suo struggimento è la parte più intensa e riuscita del libro. Un’altra sezione è dedicata al vecchio Batman, rimasto solo, Robin nel frattempo è stato ucciso, che si gingilla nel suo lussuoso appartamento in incontri sessuali di rara perversione. Mystique, la donna mutante, come tanti supereroi avvizziti ha scelto la televisione: conduce uno show di successo trasformandosi nei più svariati personaggi, da Putin a Mel Gibson. L’epilogo è affidato al vecchio Superman. Una trama oscura vuole la morte dei supereroi, cui giungono dei misteriosi biglietti anonimi di addio. A seguire gli omicidi in serie è un giornalista di origine italiana, la cui storia, insieme a quella della sua strana famiglia, è incastonata al centro del romanzo. Suo fratello, poliziotto, indaga sul disegno criminale che vede morire, uno dopo l’altro, i supereroi di un tempo. La sua presenza nei diversi episodi, in filigrana, conferisce unità all’insieme: particolare che si apprezza nel corso della lettura, anche per le sorprese che è destinata a riservare.
È un romanzo sull’amore e le sue compromissioni: “Non si poteva essere innamorati e mantenere intatta la dignità. Per amare, Reed realizzò, bisognava un poco umiliarsi”. L’amore come umiliazione. Per Batman sarà quella fisica, del suo corpo farà il simulacro di un estenuato narcisismo. E il corpo, la solitudine dei corpi, altra costante della narrativa di Mancassola, è uno dei temi forti del romanzo. Del corpo, come una febbre, è la nostalgia della persona amata: “Sembrava impossibile aver toccato quel corpo. Sembrava impossibile averlo avuto tra le braccia”. I supereroi vivono con disagio il rapporto con il proprio corpo, un tempo invincibile, mostrano di non saperlo gestire. Mister Fantastic si chiede: “Cosa fare di questo corpo per renderlo felice?”.
Marcello D’Alessandra
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AGGIORNAMENTO DEL 1° maggio 2009 – Marco Mancassola parla de “La vita erotica dei superuomini” in un video.
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Come ho scritto sul post in questi giorni sto leggendo questo nuovo romanzo di Marco Mancassola: “La vita erotica dei superuomini”. Un romanzo di cui se ne è parlato molto bene.
Come ha scritto Giorgio Fontana nella sua recensione: Il mondo de “La vita erotica dei superuomini” è un mondo dove gli eroi non sono più necessari. Individui decaduti, che non hanno niente da salvare se non se stessi: figure relegate al mondo televisivo, alla chiacchiera quotidiana, o banalmente impegnati a lenire la propria solitudine. E in un mondo che non ha più bisogno di supereroi, questi si scoprono di colpo incapaci di salvarsi.
Per Tommaso Pincio “La vita erotica cui fa riferimento il titolo è la storia dell’ordinario decadimento che tutti i corpi sono condannati a conoscere, anche quelli straordinari dei supereroi. (…) È lo spazio in cui ci si può sentire in perfetta simbiosi con un altro organismo e simultaneamente sperimentare la più assoluta delle solitudini. (…) Al fondo di questa umiliazione c’è il corpo, questa macchina che la nostra società vorrebbe sempre più efficiente e inossidabile, questo corpo che vorremmo sempre super, immune dai guasti del tempo e dallo sbiadire dei miti e dei sogni.”
Lo ribadisce Marcello D’Alessandra: “È un romanzo sull’amore e le sue compromissioni (…) L’amore come umiliazione. (…) E il corpo, la solitudine dei corpi, altra costante della narrativa di Mancassola, è uno dei temi forti del romanzo. Del corpo, come una febbre, è la nostalgia della persona amata. (…) I supereroi vivono con disagio il rapporto con il proprio corpo, un tempo invincibile, mostrano di non saperlo gestire. Mister Fantastic si chiede: “Cosa fare di questo corpo per renderlo felice?”.
Come ho già scritto, credo che questo romanzo di Mancassola si presti a diversi livelli di lettura e abbia forti componenti metaforiche. Il supereroe decadente (o meglio, il superuomo decadente) rappresenta – in fondo – noi stessi, figli di questa società ipercompetitiva dove l’apparire assume una valenza superiore all’essere.
Vi invito a discuterne con l’autore, che parteciperà alla discussione.
Come al solito pongo qualche domanda per favorire il dibattito.
Secondo voi esiste una sorta di nuovo mito del superuomo nella società di oggi?
In che modo è possibile difendersi dalla tentazione di voler – o dover – apparire a tutti i costi? Vi sentite esenti da questa tentazione (e/o da questo rischio)?
Vi turba l’idea del deperimento fisico del vostro corpo?
Rispondete con sincerità, eh…
@ Marco Mancassola
Mi piacerebbe che anche tu, Marco, rispondessi alle domande poste qui sopra.
(Di seguito te ne rivolgo alcune più specifiche).
@ Marco Mancassola
Per il titolo del libro hai scelto la parola “superuomini”, anziché “supereroi”. Per quale motivo?
@ Marco Mancassola
Perché hai scelto proprio questi supereroi (o superuomini) come protagonisti del tuo libro, e non altri?
(Penso a Spiderman, per esempio)
@ Marco Mancassola
Il libro è molto corposo (569 pagine). Quanto tempo hai impiegato a scriverlo?
E come è nata l’ispirazione?
Salve Massimo. ‘Superuomini’ era una parola più ampia… Più allusiva, appunto, alla preziosa umanità di questi personaggi. Senza contare che ‘supereroe’ è parola ormai molto sfruttata, decisamente troppo, anche nei titoli di libri che non c’entrano molto. Io preferivo fare il contrario… I supereroi ce li ho messi davvero, ma per parlare di altro… Per parlare del loro corpo, direi soprattutto… Sto per prendere parte a un reading, tornerò a breve 🙂
Per il momento chiudo qui.
Non so se in serata riuscirò a connettermi di nuovo.
Nel dubbio, vi auguro una serena notte…
Ehilà… Marco è già qui!!!
Un vero superuomo! 🙂
Partecipa pure al reading, caro Marco.
E torna con comodo, quando ti sarà possibile.
I supereroi(o superuomini) mi hanno sempre affascinato. Grazie per la segnalazione. Domani cercherò il libro. Auguri a Mancassola
questolibro incuriosisce anche me. soprattutto l’idea del rapporto di questi grandi uomini, abituati al successo e alla vittoria, con il loro corpo.
x marco mancassola
premetto che il libro non l’ho letto,ma mi intriga molto.
pensavo questo : viviamo in una società che tende ad estetizzare tutto. in maniera eccessiva. in qualche modo, con questo libro, ti proponi di criticare questi eccessi?
Carissimo Marco,
trovo assolutamente geniale l’idea che sta alla base del libro, perchè credo che sia fortemente intrisa di rimandi classici e delle ambivalenze tipiche degli eroi della mitologia.
Luce e tenebre si alternano nella vicenda eroica. L’eroe del mito greco dice molto del cammino dell’io e del processo di individuazione, della sua fragilità e degli eterni inganni in cui può cadere. Se cerchiamo di sintetizzare alcuni topoi dell’eroe, è possibile cogliere aspetti generali, che tendono a ripetersi con regolarità e che infondo sono anche dei super eroi.
L’eroe in genere non sceglie la prova a cui è chiamato, o comunque non si batte per trarre un vantaggio immediatamente personale. Perseo salva Andromeda, per restituirla ai genitori,Teseo rischia la vita per salvare i giovani ateniesi. Ancora, il confronto con il drago, od il Minotauro, non nasce da una sfida deliberata, ma da una necessità. L’impresa dell’eroe non ha alcuna rilevanza meramente individuale, ma assume un interesse sociale.
In effetti il primo significato del greco heros è quello di proteggere, ed è legato al latino servare(salvare, sostenere). L’atto eroico non attiene alla volontà dell ‘io, ma vede sempre sullo sfondo l’altro.
Ma anche la caduta (o, nel suo caso, la vecchiaia) dell’eroe offre ulteriori possibilità di riflessione. Gli eroi greci, sembrano in realtà non trasformati dalla prova. È vero, si danno, si donano coraggiosamente, ma subito dopo cadono rovinosamente.
Somigliano molto a noi uomini.
Il mito, quindi nasconde altri insegnamenti… Forse la vera prova per Giasone potrebbe essere consistita non tanto nella conquista del Vello d’oro, ma nel provare autentica riconoscenza o comprensione per Medea.
E forse per i suoi super eroi il mistero del proprio bisogno di piacere fisico potrebbe approdare a un nuovo modo di amare.
Il mito diviene allora infinito generatore di senso.
Ecco, caro Marco,credo che il suo libro riprenda mirabilmente l’ambivalenza dell’insegnamento del mito attraverso i nuovi miti, la carnalità nella vecchiaia, e il potenziamento dei desideri nei giorni della solitudine…E’ un affondo nella complessità della vita, dei suoi ossimori, della forza che si veste di fragilità.
Nell’uomo più che nel super uomo.
Ha tenuto presente la lezione dell’eroe greco (o classico) nel pensare al suo romanzo?
Davvero complimenti!
A volte mi interrogo:
Two Faces, su facebook, quale faccia metteva?
Batman: Bruce era il nome di Bat-tesimo?
La Torcia Umana, aveva bruciori di stomaco?
L’Uomo Ragno, portava la maglia di lana?
Supeman “più veloce della luce”, era eiaculatore precoce?
Clark Kent, d’estate, usciva con la Lana?
@ Massimo
I protagonisti del libro sono ossessionati dal modo in cui gli altri li percepiscono. Sono ex-eroi, hanno perso il loro ruolo e si muovono in bilico, chiedendosi quale sia ora il loro posto -pubblico, umano. Un po’ come i politici. O come gli scrittori…
@ Massimo
Ho scelto e riadattato la figura di alcuni eroi ‘famosi’ (Mister Fantastic, Mystique…) e ci ho messo in mezzo le vicende di un paio di personaggi originali. I supereroi famosi li ho scelti in virtù della potenza metaforica del loro corpo. Mister Fantastic ha passato la vita ad allungarsi letteralmente in ogni direzione, ma qui non riuscirà a stringere l’oggetto dei suoi desideri. Mystique può trasformarsi in chiunque, e assumerà il corpo dell’uomo che ama. Ricaduta paradossale del superpotere…
@ Massimo
Quanto alla scrittura del libro, tre anni di lavoro denso.
@ Filippo:
C’è un critica dolente, credo di sì, e anche un po’ di satira divertita. Batman ad esempio diventa un sessantacinquenne narcisista deciso a restare un sex-symbol a ogni costo. Tiene nascosta nello studio una statua iperrealista di un famoso e scandaloso artista, una statua che rivela la sua stessa natura ‘satirica’ nel senso di satiro… In tutto il libro c’è l’ossessione e l’invadenza dei media. Ora ridicola, ora distruttiva. Nessuno qui si preoccupa di salvare il mondo, è già difficile salvare la propria immagine.
@ Simona
L’eroe classico è a metà tra uomo e dio, è un tramite tra due mondi: la sua stessa esistenza ci permette di guardare in alto, verso un orizzonte che ci supera… Anche l’eroe o supereroe contemporaneo dovrebbe fare da congiunzione tra noi e qualcos’altro, un piano dell’esistenza più intenso e più vero. Ma ci vuole fede per questo, o se vogliamo semplice fiducia. Chi di noi ha abbastanza fiducia in qualcosa di migliore, e quindi nella figura intermedia dell’eroe? In fondo, che il supereroe sia invecchiato, significa che anche la nostra capacità di aver fiducia lo è…
@ Massimo – Risposta alle sue domande
D – Esiste una sorta di nuovo mito del superuomo nella società di oggi?
R – Ho dei tentennamenti nel risponderti, dato che i superuomini hanno dimostrato quanto di “super” abbiano ben poco. In altre parole, nell’epoca dello “smascheramento del re”, si smascherano anche i supereroi e le loro avventure non solo erotiche. Senonché la fantasia ha sempre bisogno di miti per evadere dalle gabbie del quotidiano o per aprirsi a orizzonti diversi, nuovi. Ne consegue che qualcuno (o molti, chissà) sentano ancora la necessità di aggrapparsi a miti del genere.
D – In che modo è possibile difendersi dalla tentazione di voler – o dover – apparire a tutti i costi?
R – Una volta era possibile, perché una volta i più – e parlo del nostro mondo, non del Terzo o del Quarto – vivevano nell’ignoranza, nell’indigenza e nel grigiore più cupo e triste. In balìa del dittatore o del despota di turno, e con scarsi mezzi di comunicazione in cui apparire se ne avessero avuto l’opportunità. I più erano servi della gleba o bestie da soma, via!
Non che i tempi siani eccessivamente cambiati, però si sono moltiplicati i mezzi e i canali della comunicazione e dell’informazione. Moltiplicati e forniti degli strumenti per diffondere immagini e messaggi anche fino in capo al mondo.
Riguardo alla tentazione in sé: chi ne è esente? Coloro che vivono nel disprezzo del proprio corpo e di sé stessi, detto in tutta franchezza.
L’apparire è utile sia per ragioni professionali, commerciali, ideologiche, artistiche e … psicologiche. Ossia, per autostima, per sentirsi qualcuno, per spronarci a fare qualcosa, insomma per poter dire: Ci sono anch’io sulla faccia della terra, non solo voi! E’ un dato di fatto che vale per ogni persona, colta o ignorante, ricca o povera, indifferentemente dal lavoro svolto e dall’appartenenza sociale. L’importante, comunque, è non fare dell’apparenza o della competitività (apparenza e competitività spesso collimano) un’ossessione patologica devastante non solo per chi ne è colpito ma anche per quanti vivono in società, poiché l’imitazione è un istinto. Difatti, oggigiorno l’apparire o l’apparenza sono frutto di questa ossessione pervasiva, che ha trasformato – o cerca di trasformare – gli atteggiamenti e i comportamenti sociali, specie fra i giovani. Deleteriamente. Mi permetti, al riguardo – sperando di non infastidire né Marco né i lettori – di citare il mio romanzo breve “La sirena dell’immortalità” (Azimut), incentrato proprio su questa ossessione?
D – Vi turba l’idea del deperimento fisico del corpo?
R – A me turba. Ma l’idea del deperimento mentale – anziché fisico – non solo mi turberebbe, ma addirittura mi allarmerebbe oltremisura. Non ho il coraggio degli eroi (non dei supereroi) né la fiducia nei miti, né – forse – la rassegnazione per adeguarmi alle necessità di Madre Natura.
@ Marco Mancassola
Non ho ancora letto il libro, perdonami, ma ti chiedo: il desiderio di salvare a ogni costo il corpo dal decadimento fisico non credi sia il sintomo dell’impotenza umana nei confronti delle cose o delle “leggi naturali” che sovrastano l’uomo (e il pianeta), nonostante il progredire della conoscenza scientifica? Oppure il sintomo o la percezione del decadimento globale, ossia la fine di ogni speranza in un futuro cambiato radicalmente in meglio?
Un saluto cordiale, Ausilio Bertoli
@ Marco Mancassola
Intanto, complimenti. Il suo libro pare davvero molto interessante.
Volevo chiederle: i superuomini sono americani, mentre (se ho capito bene) il giornalista che cura il reportage è italiano (o di origine italiana?). Come mai questa scelta?
Ciao a tutti!
Non ho ancora letto il libro (lo leggerò presto) ma sono un lettore di vecchia data di fumetti (Marvel soprattutto), per cui il tema mi interessa molto. Vorrei chiedere all’autore, che saluto, se si sia o meno ispirato a qualche autore famoso specifico e se sì, a quale, e se abbia adottato anche uno stile di scrittura in qualche modo “fumettistico”.
Già dalla semplice scelta di alcuni personaggi mi pare di capire che anche lui sia un grande appassionato di fumetti Marvel e Dc, o sbaglio?
grazie e saluti
Vito
caro marco mancassola, sarò una sua lettrice. promesso.
secondo lei esistono superuomini nella società di oggi, nel senso inteso dal libro? chi sono? e la nostra è più una società da superuomini o da superdonne?
le domande di massimo
Secondo voi esiste una sorta di nuovo mito del superuomo nella società di oggi?
– temo di sì, nel senso negativo però (fabrizio corona è un superuomo?)
=
In che modo è possibile difendersi dalla tentazione di voler – o dover – apparire a tutti i costi? Vi sentite esenti da questa tentazione (e/o da questo rischio)?
– curando più ciò che sta dentro di noi, guardandosi dentro. no, non mi sento esente dal rischio. nessuno può sentirsi esente
=
Vi turba l’idea del deperimento fisico del vostro corpo?
– sì. la sola idea mi fa star male. ma so per certo che non ricorrerò a ritocchi di nessun tipo. mai
grazie per gli stimoli, massimo…..
Ciao Massimo, come ho detto un paio di giorni fa a Marco, leggerò fra poco tempo il suo ultimo libro, curioso di vedere se posso fare un confronto o creare un legame con altri due suoi romanzi che ho letto.
Mi piace l’idea di tentare anche di descrivere la percezione soggettiva dei personaggi rispetto al mondo andato, alla dimensione pubblica passata.
Un glorioso passato rispetto a un presente assai diverso.
Mi pare azzeccata l’idea perché nella nostra epoca, grazie alla televisione e internet, v’è una schiera infinita di meteore che arrivano sulla scena e poi passano. Che cosa penseranno? Quali sensazioni dopo la gloria?
Una tematica del tutto attuale.
Complimenti a Marco.
Conosco gli altri personaggi (Batman, Superman, Reed Richards), un po’ meno Mystique. è un personaggio inventato o nasce anch’esso dai fumetti?
@Lorena
Mystique è un personaggio Marvel assai affascinante. Nei fumetti è un personaggio minore, sta dalla parte del ‘cattivi’, per quanto in lei ci sia una certa ambiguità.
Nel mio romanzo, Mystique è stata un’attivista politica negli anni 70 e ha per questo passato 16 anni nel carcere di Lexington. Uscita, disillusa ed estranea al mondo, si è riciclata come donna di spettacolo e ha iniziato a condurre un programma comico in tv.
@ Lucy
Da un certo punto di vista siamo tutti superuomini -e superdonne-: facciamo abitualmente cose che ai nostri nonni sarebbero parse prodigiose. La tecnologia ci sta modellando, fortificando, espande la nostra capacità di gestire la realtà. Però la realtà ci sfugge ineluttabilmente. E il nostro corpo resta inquieto…
@ Vito Ferro
Dei supereroi mi sono innamorato nell’adolescenza. Le vecchie storie di Frank Miller sono quelle che in assoluto mi hanno segnato. Lo stile del libro, però, non è propriamente ‘fumettistico’. Anzi direi che è molto denso e letterario (per quanto, credo, anche scorrevole). L’operazione era proprio questa, dare un’altra lingua, e un’altra carne, e quei personaggi…
@ Margherita
Nel romanzo, la figura del giornalista di origine italiana (che scrive in italiano reportage per Repubblica) serve un po’ a giustificare l’operazione in termini metanarrativi: un libro italiano con ambientazione americana. Il libro non poteva che avere questa ambientazione (i supereroi com’è noto vivono tutti a New York, città-perfetto palcoscenico globale) Incarnano una cultura e dunque la nostra fascinazione (sudditanza?) per tale cultura: quella mitica dell’eroe e dell’intero ‘romanticismo’ americano.
@ Ausilio Bertoli
A me fa molta impressione una certa leva di nuovi anziani che si vede in giro, erotizzati e decisi a restare in pista, viagrizzati, lampadati, palestrati, narcisi… berlusconizzati, se mi permettete (restando nel campo delle semplici definizioni fisiche)… Va benissimo restare vitali -ma che ne è della serena accettazione dei cicli dell’esistenza, che sono anche cicli ‘dell’anima’, della consapevolezza? Perché hanno tutti questa paura matta di invecchiare e di ‘uscire dal mercato’? Sarà che l’alternativa, per molti, è uno spaventoso nulla. Il mercato (inteso anche come piazza di scambio dell’attenzione reciproca, dei riflettori addosso, dell’attrazione erotica) o il nulla.
Mi ha colpito l’ultima risposta di Marco: ‘A me fa molta impressione una certa leva di nuovi anziani che si vede in giro, erotizzati e decisi a restare in pista, viagrizzati, lampadati, palestrati, narcisi… berlusconizzati, se mi permettete (restando nel campo delle semplici definizioni fisiche)… che ne è della serena accettazione dei cicli dell’esistenza, che sono anche cicli ‘dell’anima’, della consapevolezza? Perché hanno tutti questa paura matta di invecchiare e di ‘uscire dal mercato’?’
E’ proprio vero. è una cosa lampante. ma credo che colpisca questa categoria di superuomini di cui parla Marco: i berlusconizzati.
Però, Marco, la gente comune ne è meno colpita, no? Oppure tu intravedi che questa tendenza si stia generalizzando?
Grazie
x Marco Mancassola
Stan Lee inventò la tipologia dei supereroi con superproblemi.
I tuoi superuomini rispecchiano questa tipologia?
Poi c’è questo slogan: “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”. È riferito al personaggio Spiderman (L’Uomo ragno), ma vale un po’ per tutti.
Sembrerebbe che questi tuoi superuomini abbiano perso il senso della responsabilità, persino nei confronti di se stessi.
Perché? Forse perché il potere non è più “grande”? perché si è perduto?
Ho sempre amato i fumetti, ma non ho mai avuto la predilezione per i super-eroi. Qualche Superman (fin da quando qui era stato ribattezzato NemboKid), qualche Batman, i fantastici4, quando ero piccolo. Poi li ho persi di vista. Ma mi pare che l’aspetto erotico fosse del tutto assente dalle loro storie. A meno che la grande profusione di muscoli a malapena racchiuse dalle loro tute superaderenti non fosse in qualche modo un richiamo al mondo dei gay: una sorta di mascherata alla village-people, uno degli aspetti più antipatici (a mio parere) dell’esibizionismo dell’omosessualità (che invece rispetto pienamente).
Il rapporto tra super-eroismo e decadimento fisico mi pare ironicamente ben trattato (e senza cattivo gusto) dal cartoon della pixar “Gli Incredibili”, che tocca anche i temi della decadenza del mito del super-eroe (supereroi imbolsiti da non riuscire a entrare più nelle loro tutine alle prese con le difficoltà della vita dell’uomo comune), e poi della sua possibile rinascita (come se del mito non si potesse fare a meno): in qualche modo i temi trattati (certamente con tutt’altro taglio) anche da questo libro di Mancassola, mi pare di aver capito, anche se confesso di non averlo letto.
Mi intriga assai questo romanzo – procureròmmelo. Mi piace perchè – non ho letto eh mi baso su quanto leggo qui – in qualche modo ha qualcosa di dolentemente rassicurante. Chiude un cerchio psicologico che di solito teniamo pericolosamente aperto.
So psicologa e ci ho la deformazio psicologanda. Ma ecco l’essere umano quando è debole idealizza, mistifica o in caso demonizza. GLi psicologi dicono: proiezione, scissione, idealizzazione. L’essere umano debole non riesce a tollerare la caducità dell’imperfezione e scorpora il bene dal male in contenuti diversi i pessimi e gli ottimi, le guardie e i ladri, 007 e la Spectra. In questo modo l’essere umano rimane sempre debole, perchè tutto sopporta tranne se stesso. Il suo essere tenue, corruttibile, storicamente determinato. Perciò trovo terapeutica questa corruttibilità del supereroe. La trovo sana. Per triste che sia – schiattar dobbiamo tutti – saperlo è una forma di evoluzione.
il tempo vita si allunga, come mr fantastic. viviamo di più. e la nostra società sarà sempre più una società di vecchi. di vecchi che non si rassegnano all’invecchiamento. ci coloriamo i capelli e ci stiriamo la pelle. ci trasformiamo per assomigliare a noi stessi: mystique ci vive dentro. ma il tempo che ci scorre nell’anima, fingiamo di non vederlo.
complimenti a mancassola per questo libro, così attuale e centrato.
Non sono un esperto di supereroi e forse nemmeno di eroi.
Una cosa che ho imparato – tuttavia – di questi ultimi è la loro capacità di saper stabilire, di volta in volta, la quota di volo necessaria.
Quota alta = visione d’assieme; quota bassa = visione precipua del singolo dettaglio.
Questa è una delle caratteristiche dei supereroi, molti dei quali, proprio in virtù dei loro superpoteri, come sappiamo, sanno volare.
Quello che posso dire è che anche Marco Mancassola se la cava estremamente bene in questa attività solitamente difficile per gli uomini.
«Il tempo fa uno strano effetto quando hai un corpo
gomma. Il tempo si arrotola, si dilata e si contrae. Il
tempo di ognuno assomiglia al suo corpo.» ( p. 202)
«Non tutti i ritorni avevano una spiegazione. I ritorni avvenivano come le maree. Avvenivano come le stagioni, le migrazioni degli animali.» ( p. 90) !!!
Era bello e facile da vivere il tempo dei supereroi, quando le categorie erano tutte definite: i buoni erano i buoni ed i cattivi erano i cattivi. Oggi si fa fatica a distinguere i buoni dai cattivi, gli inquisiti dagli innocenti, i furbi dai grassatori, gli assolti dai prescritti, il bisognoso dal finto-povero, il sofferente dal falsinvalido.
Riguardo la sindrome da Peter Pan, autentica pandemia, essa contagia un po’ tutti. Oggi l’anziano/a che accetti serenamente la sua condizione di declino fisico è una (lodevole) eccezione. Personalmente, mi terrorizza il declino mentale. Da quando ho superato “quota 49”, se dimentico le chiavi o il cellulare la prendo davvero a male.
Va bene fare i complimenti al bravissimo Mancassola, però va detto anche che in questo libro ho trovato certe pagine che sono disturbanti, secondo me decisamente eccessive. Marco, che le ha fatto il povero Batman? Perché ucciderlo in un modo così allucinante?
a marco mancassola.
grazie per le belle risposte!!!
a m.z.
grazie per le citazioni. mi sembrano belle e suggestive. ma non si potrebbe leggere qualcosa di più consistente?
Cari amici, grazie per i numerosi commenti pervenuti.
E grazie a Marco Mancassola per le generose risposte.
Ne approfitto per salutarvi e ringraziarvi singolarmente.
Grazie a: Ste, Filippo, Simona, Maurizio, Ausilio, Margherita, Vito, Lucy, Sul romanzo, Lorena, Vale, Alberto, Carlo, Zauberei, Jolanda (spero di non aver dimenticato nessuno).
@ m.z. – giuliana
Grazie anche a te, ma ti invito a leggere la nota legale del sito:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/category/aaa-nota-legale/
Tra le altre cose trovi scritto:
E’ ammesso l’uso di pseudonimi. Il commentatore che sceglie uno pseudonimo è invitato a usare sempre lo stesso nick name.
Dunque, ti invito a scegliere un solo nick.
Se c’è qualcosa che nel libro di Marco non ti è piaciuta, esprimiti con serenità. Con altrettanta serenità Marco avrà modo di replicare.
Ti ringrazio per la collaborazione.
Benvenuto/a a Letteratitudine!
@ Simona
Mi è molto piaciuto il parallelismo con gli eroi della mitologia classica.
Brava!
Ausilio, grazie per il corposo commento. E grazie per aver risposto alle mie domande.:-)
A quel battutomane di Maurizio De Angelis:
sapevi che la bat-tuta è prerogativa dei supereroi sportivi? 🙂
@ Marco Mancassola
Caro Marco, molto spesso chiedo agli autori che ospito se è possibile inserire tra i commenti un brano (o una pagina) estrapolato dal libro.
Che dici? Sarebbe possibile?
Giusto per farci assaggiare un po’ il libro…
Ieri Marco (leggo dal suo commento) ha partecipato a un reading.
Avete voglia di sentire la sua voce?
Potete farlo ascoltando l’intervista rilasciata a Fahrenheit, proprio in merito a “La vita erotica dei superuomini”:
http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_libro.cfm?Q_EV_ID=268965
È anche un modo per saperne di più sul libro…
@Marco:
Caro Marco mi è molto piaciuta l’idea che il super eroe sia ossessionato dalla percezione che di lui hanno gli altri, da quella che oggi chiamiamo “immagine”.
C’è un’analisi di fondo molto cara alla letteratura, in questo libro. Quella del rapporto tra apparenza e realtà. O del ruolo della maschera (un’eterna giovinezza dipinta su un volto vecchio, è come un infingimento che si offre allo sguardo degli altri)…Quanto, dell’idea della maschera e del mondo che cela, c’è in questi super eroi? In fondo alcuni…sono effettivamente “mascherati”!
Batman ha il suo abito “d’ordinanaza” e così “Superman”…Non basterebbe indossare i propri panni per nascondere l’età che incalza? O non si tratta piuttosto di indossare una maschera sulla maschera?
Non so se riuscirò a connettermi ancora nel corso della serata.
Domani, invece, sarò fuori sede.
Nel dubbio ne approfitto per augurare a tutti voi una serena notte e un buon 1° maggio.
Apparire,oggi, significa esistere,ed esistere significa equipaggiarsi per la difesae per l’offesa.Significa confezionarti quell’involucro con cui relazionarti ad altri involucri dentro i quali tu non sai chi si nasconde. In ogni epoca l’uomo venendo sulla terra si è costruita la sua fortezza; a volte è stato il vestito a volte, il linguaggio, a volte altro…
Nella modernità abbiamo faticato tanto ad inscatolarci per nascondere le nostre debolezze,le nostre paure , i nostri viscerali bisogni, adesso vogliamo vedere cosa c’è dentro,sentiamo l’urgenza di sapere come siamo fatti e scopriamo che siamo fatti per l’amore. Ma ahimè lo scopriamo quando è troppo tardi, quando di quelle persone con cui abbiamo “trafficato” sentimentalmente e con cui abbiamo creduto che amarsi significa parità, priorità, diritto, non è rimasto niente. Tutto si è deteriorato. Tutto quello che credevi indistruttibile e non deperibile lo vedi giorno dopo giornoavvelenato da un virus di cui conoscevi l’esistenza ma che deridevi perchè convinto che non potesse mai attaccare te “superman”invece…. adesso lo vedi come spietato tarlo che corrode dentro e rende fragile la scorza. Allora non guardi più il mondo materiale che lentamente si allontana mentre ti alzi verso le nuvole piene d’acqua che ti aspettano per piangere su quella bellezza che credevi eterna, su quel desiderio che credevi immortale e lentamente lasci l’involucro per morire d’amore.
sono riuscito a divorare questo libro in tre pomeriggi nonostante non sia un romanzo breve. bravo mancassola
rispondo solo all’ultima domanda… no, non mi turba più di tanto l’idea del deperimento fisico del mio corpo… Dopo due gravidanze, segni di cedimento ce ne sono stati, ma con un po’ di buona volontà e tantissimo esercizio fisico, sono riuscita a sistemare qua e là. L’idea delle rughe non mi spaventa, anzi, sono contro ogni rifacimento e restiling di corpo e viso… la Vera Bellezza è interiore, e non è retorica. E con l’avanzare del tempo, si migliora sempre…
Cari saluti
Sto leggendo “Twilight”, il primo libro della saga romantica sui vampiri.
Mi sembra che l’interesse per i supereroi o i mostri, i cyborg e gli alieni risponda ad un bisogno psicologico: affrontare la paura del diverso, dell’estraneo, o della parte oscura di noi.
I supereroi nella società liquida di oggi, in cui valori e disvalori sono mescolati, sono confusi e indeboliti anch’essi. Non ci sono steccati definiti tra bene e male e fisicamente la zia di Peter Parker negli anni che furono accettava il tuppo coi capelli bianchi, oggi avrebbe un nuovo compagno e flilterebbe con Octopus.
Il supereroe è la proiezione della positività dell’essere umano, è tutto ciò che io non posso essere, ma oggi che tutto è demitizzato il supereroe posso essere io, come quelli che vanno al Grande Fratello o a X-Factor, visto che divo può essere il primo venuto.
Risponde anche al bisogno di essere salvati.
Povera la società che ha bisogno di eroi.
Ma povera anche quella che non crede più di poter essere salvata, visto che i supereroi hanno anche loro bollette da pagare, pene d’amore e ansie da prestazione…
Spider-man è un blogger… perché sta sempre in rete!!!
Super-man è in crisi perché la benzina costa un botto… meglio Diesel Man?
Non ho saputo far di meglio…
@maria lucia …e l’uomo Torcia per il risparmio energetico?
e Batman perchè vince su tutti.
ringrazio marco mancassola per le risposte. ho acquistato il libro e sto iniziando a leggerlo.
Carissimo Marco, che piacere trovare questa pagina su “Letteratitudine”. Ti leggo purtroppo solo al ritorno da diversi giorni di assenza, per i soliti miei laboratori di scrittura, che mi spingono continuamente a vagare da una città all’altra, dalla capitale alla Sicilia. Grande, grandissimo libro il tuo, che mi ha accompagnato nelle fredde notti della mia laicità a cavallo tra vecchio anno e nuovo 2009. C’ho passato tutto il Capodanno, insieme ai tuoi personaggi. Me li sono portati dietro, dentro, intorno: in metro, in pullman, al parco, e loro mi hanno portato tra le loro ombre magnetiche e striscianti, laddove li ho sentiti vivere, amare, annodare le fila dei loro destini oscuri a quelle di un mondo postmoderno, intriso di malinconia e tenero incanto. I tuoi personaggi mi hanno incantato, emozionato, attratto, eccitato. Mi hanno concesso di entrare, di essere dove non sarei mai stato altrimenti: perché è questa la prima sensazione che il romanzo ti offre. Quella di trascinarti nel suo utero oscuro, pulsante, colmo di molecole vitali, in movimento e forse in fuga: guizzi di luce e di sensazioni che si sommano sulla pelle di una metropoli che fa da perenne controcanto al battito del cuore individuale. Primo motivo per cui bisogna assolutamente leggere questo tuo romanzo, caro Marco: per lo splendore della struttura, l’imponente edificio di intuizioni e depistaggi che le pagine costruiscono intorno ai tracciati dell’immaginario collettivo. Su questi tracciati i personaggi vivono. Si cercano. Incontrano la morte. Morte e amore coincidono, in qualche caso si passano languidamente il testimone (come dimenticare l’incredibile pagina in cui l’amante si trasforma nel carnefice, e la vittima accetta nel suo ultimo ardente rapporto d’amore, la fredda impronta dell’assassinio), ed è il vecchio eterno gioco dell’esistere, che stavolta si estende ai supereroi, troppo umani e troppo belli per prendere le loro abituali distanze dalla nostra precarietà. Hanno smesso di essere altrove, di essere altro-da-noi. Ora sono qui, e piangiamo di sincero accoramento per quel che la vita – e la macchina narrativa – sembra aver predisposto sulla loro strada. Secondo motivo per cui leggerti, caro Marco: la bellezza, il pregio intimo e assoluto della tua lingua. La lingua che avevo già amato in tutti i tuoi precedenti romanzi, che mi aveva toccato in “Il mondo senza di me”, che mi ha spinto a cercarti e a cercare la tua amicizia: una lingua con parole di passione, di fuoco, di abbandono, di musicale nostalgia. Ci sono passaggi – che dire del meraviglioso incipit che raffigura la città come esplosione di palazzi e di moltitudini? e di questo woolfiano trascorrere del tempo e degli istanti, che cambiano il colore ai cieli e le sfumature ai paesaggi – che davvero danno la pelle d’oca, per la precisione, l’esattezza emotiva con cui si manifestano. Sono le volte in cui dici: ecco. E’ così che deve essere. Non può che essere così, e lui l’ha detto nel solo modo in cui poteva farlo, come sempre i veri scrittori dovrebbero essere in grado di fare. E questo tuo romanzo – ma basterebbe anche uno solo dei tuoi precedenti libri – dimostra la tua grandezza di scrittore, caro Marco. Che sfida i tempi bui e le anemie linguistiche dei giorni nostri. I minimalismi di maniera. Le false sciatterie, che nascondono sempre e solo un’incapacità di stile, un vuoto del talento. E poi, la capacità di rendere le storie che racconti – episodi staccati e insieme raccolti attraverso un singolare meccanismo di citazioni in successione – questa sapienza nel tramutarle in thriller, che incatena letteralmente alla pagina. Definire questo tuo libro è davvero difficile, perché è tante cose, e rappresenta al meglio ciò che siamo, quello che stiamo diventando. C’è tanto presente, tra le pagine, e tanto passato, tanto sguardo al senso di cui siamo figli. Per questo si piange tanto. E non di solo dolore. Grazie, Marco, non ho altre parole, perché le sole parole per ringraziare uno scrittore del tuo calibro sono quelle più semplici, le meno ampollose, che puntano al cuore di un bisogno di verità, evitando di tradirlo. Amici, lasciate qualsiasi altra cosa e scappate a leggere Marco Mancassola. Ogni sua uscita è una vittoria della letteratura. Un abbraccio a Marco, Massimo e a tutti. E auguri ai Supereroi…
Faccio in tempo a intervenire e ad augurare a tutti un buon 1° maggio.
Un saluto a Mela, Adriano, Paola, Maria Lucia, Francesca Giulia.
@ Filippo
Buona lettura. Leggi e… dicci.
Caro Luigi,
grazie a te per il tuo bellissimo commento che vale più di una recensione.
Le tue parole accorate (e le tue esortazioni) mi confermano tutto ciò che ho sentito dire in giro di questo nuovo libro di Marco Mancassola: e cioè, che davvero è uno dei migliori romanzi pubblicati nel 2008.
Carissimo Massimo, di nulla, figurati. Quando un libro ti tocca dentro – e qualsiasi parola esca dalla penna di Marco Mancassola ha questo effetto potente su di me – diventa quasi un dovere, oltre che un piacere, testimoniarlo e condividerlo con chi sta riflettendo sulla scrittura. Grazie a te, invece, per questo spazio magico che sempre alimenti col tuo impegno. Ti abbraccio…
Ho aggiornato il post.
In coda troverete una bella videointervista di Marco Mancassola relativa a “La vita erotica dei superuomini”.
Davvero molto bella.
Andate a dare un’occhiata!
Grazie, caro Luigi. Grazie di cuore.
Buon primo maggio a te:-)
Sì, davvero una bella intervista. Una narrazione orale pacata, piena di pause, che ha del fascino. Auguro tanta buona fortuna al romanzo “La vita erotica dei superuomini”.
Beh,
grazie a Massimo, a Luigi e a tutti coloro che stanno lasciando commenti e domande
Visto che è stato evocato da Luigi, incollo qui il brano di apertura del libro:
“Un tempo quello era il centro del mondo, un mazzo di steli di cemento conficcati nel granito, un reticolo di strade dai cui tombini usciva, costante, il vapore del sogno. Un tempo quella era la sua città, il luogo dove lui compiva grandi imprese, dove progettava meraviglie, dove sua moglie lo amava senza condizioni e dove ogni parola pronunciata, anche la più casuale, aveva il suono di una battuta perfetta.
Manhattan brillava come un miraggio, là sotto, nella luce del tardo mattino. Reed Richards si passò una mano sulla fronte. Stava guardando la città dalla vetrata della sauna panoramica al ventinovesimo piano del George Hotel. La temperatura stava aumentando e dalla sua pelle uscivano sudore e un’inquietudine fluida, inafferrabile, che lui stesso non avrebbe saputo descrivere. Strinse gli occhi. Ecco New York. Ecco la sua città, luminosa e distante, oltre il vetro della sauna panoramica di un hotel di lusso.
Provò a rilassarsi. In fondo si trovava in un posto studiato per il relax. Reed veniva spesso in quella sauna, per espellere tossine e inquietudine, e per restare nell’assorta contemplazione che gli ispirava, ogni volta, la vista di quel panorama. Intorno a lui altri uomini silenziosi stavano sdraiati sulle panche di legno, nella penombra, con lo sguardo perso nella vista esterna. Non c’era altro che quiete, sudore, e una discreta indifferenza reciproca. Perlomeno questo accadeva di solito. Quel giorno, in realtà, le cose stavano andando in modo diverso.
C’erano quattro uomini. Quand’era entrato nella sauna Reed aveva percepito il brusco, inconfondibile silenzio di una conversazione interrotta, e dopo aver preso posto aveva sentito i loro sguardi iniziare a sfiorarlo, nella luce scarsa, come tentacoli curiosi. Reed si era sentito nervoso. Non gli piaceva essere riconosciuto. Pur non comparendo in tivù da vent’anni, sapeva che la sua foto veniva pubblicata a volte in qualche articolo sulle glorie dei decenni passati o in qualche pezzo riguardante suo figlio Franklin.
Anni prima Reed aveva scelto di uscire dai riflettori e lasciato che Franklin fosse quello famoso. Si era liberato con sollievo degli sguardi della gente. Si era liberato dell’interesse dei media, dei pettegolezzi, e di quella eccitata morbosa vibrazione che circondava le persone troppo famose. Si era liberato del fastidio di essere riconosciuto ovunque. Per questo ora si sentiva a disagio, sotto gli sguardi nella sauna, mentre il sudore scivolava sul suo corpo elastico.
Il legno era rovente. Un ridicolo imbarazzo lo tratteneva sulla panca. Fingendosi coinvolto dal panorama lasciò passare il tempo, minuti e secondi, una successione di attimi dilatati dal caldo. Gli uomini intorno a lui erano tutti più giovani, il tipo di informazione che gli capitava di registrare, involontariamente, sempre più spesso. Inoltre sembravano resistenti. Nessuno accennava a lasciare la sauna. Poteva sentire i loro respiri nel silenzio infuocato. Sapeva che era tardi e che una macchina lo aspettava, giù in strada, per condurlo fuori città.
Sapeva di avere cose importanti da fare, e che tutto questo era stupido, e che questa sfida a resistere più degli altri non aveva alcun senso. Il caldo era ormai intollerabile. Si alzò di colpo. Il sudore gli scese in picchiata lungo il corpo mentre lui restava in piedi, con una vaga vertigine, immaginando di vedersi attraverso gli sguardi degli altri: ecco Reed Richards, Mister Fantastic, l’Uomo di Gomma, la vecchia gloria delle cronache supereroistiche del ventesimo secolo. Eccolo traballare accanto alla vetrata, nudo e disidratato, con l’intera Manhattan come sfondo lucente.”
Lo stesso brano iniziale e un altro brano del libro sono disponibili anche sul mio spazio web (www.marcomancassola.com)
@ Simona Lo Iacono
In effetti qualcuno, scrivendo del libro, ha evocato Pirandello. E’ vero, il solito eterno tema della maschera. Nel caso del mio libro è molto strano: i problemi profondi, di fatto, nascono quando questi personaggi se la tolgono definitivamente, la maschera. Sono ormai personaggi del tutto pubblici, e con questo inglobabili, consumabili dal sistema dei media e del gossip. Diventare reali oggi sembra drammaticamente pericoloso -perché a quel punto la realtà ti contamina con tutta la sua banalità…
@ giuliana
Alle presentazioni del libro, è capitato che qualcuno si lamentasse per il capitolo di Batman. Non l’ho scritto per infastidire. Semplicemente, a mio avviso questo personaggio diventa umano così, con il suo carattere surreale e ossessivo, con le sue derive, le sue perversioni. Era poi naturale che la sua ossessione erotica segnasse la sua morte, e non per moralismo, ma come conseguenza di una estrema parabola esistenziale.
@ Alberto
“Supereroi con superproblemi” è la formula originaria, la situazione fondativa del supereroe pop del Novecento. Che poi, a pensarci, è la situazione narrativa per eccellenza: un personaggio ci interessa per i suoi conflitti, i suoi problemi, oltre che per le sue doti. Dev’esserci un equilibrio tra conflitti e risorse. Nel mio libro, però, l’equilibrio si rompe: di supereroismo è rimasto poco, in compenso sono rimasti i superproblemi!
E giustamente, come dici, questi personaggi sembrano aver perso la responsabilità. Alcuni se ne sono liberati con sollievo -fors enon l’hanno mai realmente voluta. Altri la rimpiangono e si chiedono cosa sarà adesso del mondo. D’altro canto, è il mondo stesso che ha smesso di credere in loro. La questione è sempre reciproca.
Grazie, di aver inserito proprio quel brano. Lo adoro. Sento che ha dentro un’energia particolare, che è la stessa che poi viene irradiata su tutte quante le vicende dei supereroi. E poi, ripensandoci, mi viene in mente pure un altro pensiero: in qualche modo, l’operazione più interessante che il romanzo compie è quella di rendere protagonista la città. L’ambiente nel quale i personaggi si muovono. La città vive, pulsa, respira. E soffre. E le stagioni ne cambiano la pelle. Una cosa simile accade, ad esempio, in tutta l’opera di Virginia Woolf, e “Signora Dalloway” e “Le onde” ne costituiscono i passaggi più preziosi. Lei era lì, e tutto ciò che amava era la vita, Londra, e quell’attimo di giugno… Ricordate il passaggio meraviglioso con cui si aprono le prime pagine del romanzo? Anche nel caso della Woolf, i luoghi non sono mai fondali, ma protagonisti partecipi, anime della narrazione. Sento che una cosa simile accade pure nel tuo romanzo, caro Marco. Tutto questo rende in qualche misura anche il rapporto ossessivo che tutti noi viviamo col postmoderno e la sua rappresentazione. E trovo bello il modo in cui tu hai saputo raccontarlo, antropomorfizzandolo. Un saluto…
@ Vale
Hai ragione, la gente ‘normale’ sembra ancora, appunto, tutto sommato ‘normale’. Credo però che quando si parla di una qualunque possibile tendenza sociale si parla sempre di una cosa che riguarda una minoranza… ma che riguarda anche gli altri, striscia sotto la pelle di tutti come suggestione, come aspirazione, come modello a cui confrontarsi, come fantasma, come ossessione ineluttabile, magari diluita, magari in dosi omeopatiche, ma effettiva…
Sì, la città in un romanzo urbano non può che essere questo, sfondo vivo, fatto di umori, fatto di specchi: le sensazioni dei personaggi riecheggiano e deflagrano nell’ambiente. Con New York non era neppure così difficile. Ci ho vissuto un periodo per scrivere il libro. E’ una città di suggestioni universali, ed è ovviamente una metropoli che ci interpella tutti: vista la quantità di sogni televisivi-cinematografici-letterari-mitologici che in essa sono ambientati… Un saluto a te, Luigi
Caro Massimo
grazie per avere inserito questa bellissima intervista di Marco Mancassola. Grazie per la completezza di sguardo che offri sempre a noi tutti, dandoci l’opportunità di affondare nella parola, nel suono, nell’immagine…nella vita. La completezza del blog è tutt’uno col suo farsi attraverso contributi progressivi, quasi un continente avvistato da lontano che pare avvicinarsi dalla prora di una nave come un miraggio…
Bravissimo, davvero bravissimo.
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Caro Marco
questa intervista è esemplare per pacatezza e – al tempo stesso – profondità. Un approccio alla letteratura che amo molto perchè somiglia tanto al suo innestarsi in noi e nella nostra normalità, così ricca di crepe e incrinature, così nostra. E allora credo di capire proprio dalle sue bellissime parole che – infondo – questi super eroi non sono che una lente di ingrandimento delle nostre paure, della nostra stancheza e del nostro mistero (se è vero che pur nell’imminenza della fine sanno far attecchire in un cuore anziano il germoglio di un innamoramento, l’ombra – credo – più vera di noi, della nostra ostinata sete d’infinito, nonostante tutto).
Grazie per questo esempio completo di vita e arte, per questo affondo sereno e commosso, per l’idea – viva, palpitante, segreta – che scrivere un libro sia ancora una fatica che vale la pena vivere, che vale la pena osare e proporre. Che scrivere un libro cambi ancora la vita.
Un affettuoso augurio di un buon primo Maggio (qui a Siracusa c’è il sole e sto per andare al mare!)…e di raccogliere a piene mani un meritatissimo successo!
Non ho nulla in comune con i super eroi. Nel mio stato di persona semplice e spero anche abbastanza umile penso di poter riconoscere i miei difetti, forse non tutti e non subito, ma alla fine sì, li riconosco e prendo in seria considerazione. Alla base di questa riflessione, che è più un esame, ne scopro la loro importanza e scopo per avviare il processo d’elevazione personale liberatoria.
Difetti e pregi sono il fondamento della nostra natura e come tali vanno riconosciuti e considerati come distintivo personale. Senza di loro saremmo amorfi, statici, senza energia, senza stimolo di volgere lo sguardo verso l’Alto dove poterli trovare fusi in un’unione liberatoria.
Esiste una sola salvezza, quella di accettarli e di approfittare del loro agire per riconoscerci in questa vita e assumerla come ricerca verso il nostro completamento finale.
Non ho bisogno di figure elevate a stile di guerriero impeccabile e coraggioso che in un attimo riesce a risolvere ogni problema che assilla la gente comune.
Chi vive la vita alla ricerca del suo vero senso è già un eroe, possiede l’eroismo del ricercatore che non schiva di entrare nel suo inconscio per scoprire le sue mancanze e riconoscere infine che esse sono il prodotto del suo voler possedere. Possesso è distruzione, perdita dei sensi rivolti all’unione delle anime in assoluta libertà.
Chi sa lasciare, conserva il senso di desiderare e lo assume e conserva come se lo possedesse, non lo occupa con le sue limitatezze umane fino a distruggerlo.
Di conseguenza non m’identifico con l’erotismo degli eroi, del quale si discute in questa rubrica.
Erotismo senza amore è un cadere nella trappola dei sensi. Ci sono tempi, dove si sente fortemente e anche soggiace, ma dovrebbero essere anche i tempi di riflessione nelle quali comprendere che l’erotismo ha una funzione formatrice precisa e quindi educativa e d’identificazione.
Ogni altro impiego o considerazione creerebbe perdite difficili da risanare.
Questo e non altro, mi viene in mente per il momento su questo tema. Non ho letto il libro e quindi non posso fare commenti sull’autore. Mi bastano però i bei commenti presentati da Luigi La rosa e Simona per stimarlo e ringraziarlo di essere presente qui a rispondere e commentare i nostri commenti.
Lorenzo
@Lorenzo condivido in pieno il tuo commento. (A proposito: ma perchè cambi sempre nome? Prima Lorenzerrimo, ora Lorenzetti. Dai l’idea di uno che deve perennemente sfuggire ai creditori). Non esistono superuomini. Proprio per il suo stato di essere destinato a deteriorarsi l’uomo rimane una creatura fragilissima. E gli imbellettamenti sono solo una maschera beffarda che illude di sfuggire al tempo che incalza. Penso a quelle persone che si sono credute onnipotenti, al di sopra del bene e del male per poi piangere miseramente a causa di una malattia o di una disgrazia qualsiasi. In questi giorni ho finito di leggere il bellissimo libro di Turi Scalia: “Fuori gioco”, edito da Marsilio. C’è una scena in cui Turi racconta la cattura del “Malpassotu” uno dei capi mafia più feroci del catanese e lo descrive come un uomo terrorizzato alla vista dei carabinieri, quasi implorante. Ciò per capire quanto basta poco per far emergere la vigliaccheria di uomo. Tornando al romanzo del post, ho letto il breve brano estrapolato e mi congratulo con Marco Mancassola. In pochi righi ha tratteggiato in maniera così dettagliata i tratti del protagonista, ha creato suspence e voglia di sapere come va a finire. Complimenti davvero.
@ Salvo
sul nome, sarà forse che la mafia controlla anche kataweb e quindi letteratitudine?
Il mio primo nome Lorenzerrimo, che mi suggerì Zauberei e del quale ero anche fiero, non fu più riconosciuto dal programma antispam.
Seguendo ancora i suggerimenti di Zauberei, ho scelto lorenzetti.
Cosa vuoi farci, senza la presenza suggestiva delle donne non mi sento completato. Ma è meglio essere ridotto così, che esserne senza, perché non avrei fantasia e emotività umana.
Ne sorge così uno scambio proficuo e la mia vita si orna dei fiori più profumati e belli, anche se a volte sono pungiglioni di spine e dolori.
Ma io vivo e gioisco lo stesso.
ciao e grazie della concordanza espressa.
lorenzo
@Lorenzo.
E per forza sono pungiglioni di spine e dolori. Ti lasci consigliare da Zauberei. Quella è già di per sé uno spam. Ti condurrà in gattabuia per esibizione di false generalità. Pensa se mi firmassi io una volta Zappullerrimo, un’altra Zappulletti, farei ammattire le mie fan, che non saprebbero più riconoscermi. Rischierei di causare un suicidio di massa.
(Chiedo scusa per il fuori programma, me ne vado al mare pure io).
(Zappullaccio caso mai:)
PPPPPP
Esiste una sorta di mito del superuomo, eccome! nella nostra società, in prima fila la politica, alcuni settori artistici, nelle palestre abituali dove impera il culto del muscolo, nei luoghi di ritrovo alla moda dove le persone s’incontrano, fra i cattedratici i colti e i premi assegnati, fra i posti di lavoro e i premi produzione, mio figlio tre volte alla settimana frequenta il corso d’inglese, due volte quello di tennis, al sabato impara a giocare al golf col padre, due veri campioni, nello scii nautico e sulla neve è il primo, e il tuo?
– Il mio è campione di niente: rimane impalato a contemplare il cielo, di giorno il sole e le nubi, di notte le stelle e ascolta il loro fru-fru…quando gli chiedo cosa aspetta mi risponde con espressione sul volto da lucido visionario che prima o poi arriverà il “Signor Genio” a risolvere ogni cosa e che il Signor Genio non è Superman e non si atteggia come lui…
A chi non piacerebbe uscire dai grigi panni della mediocrità, saltare su una supermacchina e mostrarsi agli occhi degli altri straordinario, superlativo? E’ adrenalitico!
Il Potere lo sa e realizza un doppio, una sorta di creazione-distruzione dell’uomo-massa, fornendogli da una parte modelli comportamentali da emulare attraverso la pubblicità, i miti di successo, la fiction, il fumetto, dall’altra il muro dell’impossibilità a realizzare gli stessi modelli. Ne esce fuori una società schizofrenica che evidenzia come patetico il signor Rossi col tutino attillato e il conchiglione bene in vista…
Esiste il culto della giovinezza e delle sue prodezze eccome! segnale di disagio, a volte disperato, di chi non si sente accettato da una società dove il “potere” pianifica l’ennesimo doppio, sostituendo la Cosmetica ai principi dell’Estetica.
Il desiderio del bello, anche del prestante e dell’efficiente, si capovolge nel suo contrario se soddisfa solo l’ ornamento e non si rivolge a quei bisogni interni di cui parla Marco Marcassola, così Superman entra in crisi quando scopre la sua impotenza e non sa come salvarsi quando capisce i suoi limiti e la finitezza della propria esistenza.
In riferimento al tempo Superman, Mystique e tutte le filiazioni sono gli archetipi nati nel primo dopoguerra di un America che prometteva democrazia e benessere, cresciuti con il gigatismo di cibo e oggetti dei media, il pop, il minimalismo, la cibernetica, i decenni sono passati in fretta, loro sono invecchiati senza crescere, inconscienti del colpo gobbo che avrebbe inflitto loro la storia dell’attuale apocalisse.
Ci salverà l’amore?
Baci
@ Salvo-Zauberilla
e ci andrei anche volentieri, se mi facesse compagnia.
Le tue fan ti riconoscono da quello che scrivi, e lo farebbero anche se ti sottoscrivessi Zampulla o Zapperilla o altro.
Chiedo anch’io scusa per il fuori programma.
Salve a entrambi.
@ Rossella
magnifico, significativo il tuo commento.
Tocca la piaga lasciata dal materialismo dell’occidente.
È tempo di rimediare, altrimenti saranno guai e calamità per tutti.
Saluti
Lorenzo
Ringrazio tutti per i nuovi commenti. Spero che abbiate passato un buon 1° maggio.
Un saluto a: Gaetano, Lorenzo, Zauberei, Salvo, Rossella
@ Marco Mancassola
Caro Marco, grazie per la bella pagina messa a disposizione: ci hai offerto un “assaggio” significativo del tuo libro.
@ Simona
Hai scritto: “Caro Massimo, grazie per avere inserito questa bellissima intervista di Marco Mancassola. Grazie per la completezza di sguardo che offri sempre a noi tutti, dandoci l’opportunità di affondare nella parola, nel suono, nell’immagine…nella vita. La completezza del blog è tutt’uno col suo farsi attraverso contributi progressivi, quasi un continente avvistato da lontano che pare avvicinarsi dalla prora di una nave come un miraggio…
Bravissimo, davvero bravissimo.
—
Cara Simo, sono io che ringrazio te. E insieme a te tutti coloro che intervengono in questo spazio.
L’inserimento di video e di audio, in effetti, consente di rendere questo luogo d’incontro (che è Letteratitudine) un po’ meno virtuale di come sarebbe altrimenti. La tecnologia ci consente questo… il resto lo fate voi attraverso i vostri interventi sempre alla ricerca di un confronto sano e rispettoso… come piace a me. E di questo non mi stancherò mai di ringraziarvi.
@ Marco
Hai scritto: la città in un romanzo urbano non può che essere questo, sfondo vivo, fatto di umori, fatto di specchi: le sensazioni dei personaggi riecheggiano e deflagrano nell’ambiente. Con New York non era neppure così difficile. Ci ho vissuto un periodo per scrivere il libro. E’ una città di suggestioni universali, ed è ovviamente una metropoli che ci interpella tutti…
–
Mi è piaciuto molto questo passaggio. La tentazione di scrivere di New York per esperienza indiretta (attraverso la visione dei film o la lettura dei libri) è forte. Tu invece hai sentito l’esigenza di traferirti lì per un periodo per poter meglio ambientare il tuo romanzo. Segno di grande serietà e spirito di sacrificio (a favore della storia).
@ Marco Mancassola e a tutti
Considero la discussione su questo post tutt’altro che esaurita.
Domani interverrò con ulteriori spunti.
@ lorenzo
grazie a te per aver compreso
@ Massimo
ottimo argomento–davvero Massimo
ciao Rossella
Grazie, Rossella cara.
Caro Marco, vorrei che ci raccontassi un po’ di te in quanto scrittore (seguono un paio di domande)…
@ Marco Mancassola
Caro Marco, in merito alle tue abitudini di scrittura…
Scrivi ogni giorno?
Scrivi preferibilmente la mattina, il pomeriggio o la sera (o quando capita)? Quand’è che la tua scrittura rende di più, a tuo avviso?
@ Marco Mancassola
Hai già iniziato a lavorare a un nuovo romanzo?
Puoi darci qualche anticipazione?
(Off topic)
Scusate il fuori argomento, ma sono lieto di annunciare anche qui la nascita di una nuova specialissima rubrica che sancisce l’internazionalizzazione di Letteratitudine. Si chiama BABELIT. Il titolo è un acronimo che deriva da due parole inglesi: babel e literature.
E in effetti BABELIT è destinata a diventare una vera e propria babele letteraria, dal momento che ospiterà autori stranieri che ci parleranno dei loro libri e dei temi da essi trattati. La particolarità della rubrica è la seguente. I dibattiti che vi proporrò saranno condotti in due lingue: in italiano (naturalmente) e nella lingua d’origine dell’autore/autrice di volta in volta invitato/a. Nel farlo, mi avvarrò del supporto di interpreti.
Questo è il link del primo “incontro”: http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/05/01/nasce-babelit-incontro-con-birgit-vanderbeke/
La prima ospite è l’autrice tedesca Birgit Vanderbeke.
Vi invito a intervenire.
–
Non vi nascondo l’emozione con cui sto osservo lo sviluppo di questa discussione in italiano/tedesco. Credo che l’esperimento stia riuscendo in pieno.
Ho creato Letteratitudine con l’intento di unire… di offrire un luogo di confronto e condivisione (su tematiche di interesse letterario e culturale)capace di superare le barriere di ordine spaziale e temporale.
Con questa nuova rubrica riusciamo a superare anche quelle di natura linguistica. E l’incontro – il confronto – si allarga…
Ne sono felicissimo!
Grazie a tutti. E scusate ancora l’off topic.
Trovo anch’io che il fatto di soggiornare per un certo periodo in una città, per ambientarci un racconto, sia molto indicato. Puoi sentirne gli odori, udirne i rumori ed i suoni, cogliere i ritmi e gli umori delle persone che ci vivono. Tutti aspetti che in un film o in una serie televisiva tradotti e doppiati sfuggono abbondantemente.
Caro Mancassola non ho letto ancora il tuo libro,ma è già nella mia rubrica degli acquisti. Il tuo- supeman mi ha fatto ripensare al conflitto che ho sempre avuto con i personaggi che si allontanano dalla realtà e che perdono in umanità per un pizzico di popolarità. Ce ne sono in tutti gli ambienti e vivono la solitudine più profonda. Mi sbaglio se dico che l’eroe è il surrogato della società capitalistica e l’uomo comune quello della società massa? A me non piacciono nè l’uno nè l’altro, però l’uomo ha anche bisogno di modelli significativi per crescere ,conoscere ,e capire, dove dobbiamo attingere? Cosa ne pensi?
Forse la mia domanda interesserà anche Rossella ed altri.
@ Massimo
Non che vivere un periodo a New York sia stato un grande sacrificio!… Più che altro, l’ho potuto fare solo grazie all’ospitalità di una colonia di artisti, l’Harlem Studio ad Harlem.
@ Massimo
Mi hai chiesto a proposito delle mie abitudini di scrittura… I diversi momenti della giornata si portano dietro energie diverse. Al mattino trionfano logica e spirito di osservazione: faccio editing delle cose già scritte, compongo schemi per gli sviluppi della trama, studio i personaggi ecc. Al pomeriggio c’è un’energia meno lucida ma più libera, fluida, emotiva: è il momento di comporre una o due pagine nuove. Quando il flusso è iniziato ci sarebbe la tentazione di continuare a oltranza, tutta la sera, tutta la notte, ma bisogna imporsi uno stop: primo, poiché bisogna pur mantenere un equilibrio tra scrittura ed extra-scrittura. C’è un mondo fuori dal proprio studio, di cui fare ancora esperienza. Secondo, poiché scrivere a oltranza è come sbronzarsi, ti fa stare bene sul momento, ma poi ti lascia svuotato per vari giorni a seguire. Lo sapeva bene Bianciardi, che parlava di questo rischio nella ‘Vita Agra’.
@ Massimo
A Venezia, alla Fondazione Buziol, ho letto un racconto che potrebbe forse essere il seme di un nuovo libro. Era la rielaborazione fantastica di un vecchio fatto di cronaca italiana. Leggerlo in pubblico era un test. Il pubblico sembra averlo apprezzato. Poi, ci sono vari altri progetti. Compresa una favola ‘orwelliana’ che sto scribacchiando in inglese. Vedremo se ce la farò.
@ Mela Mondi
Da un lato suppongo sia vero, l’eroe per eccellenza sembra basarsi sulla performance, e quindi riecheggiare un’idea di capitalismo pervasivo e trionfante. Ma è proprio qui che l’eroe si de-eroizza (de-erotizza?), quando tutto diventa performance, prestazione, ‘fare’, e soddisfazione dell’ego. L’eroe vero non si limita a ‘fare’, sa starsene anche tranquillo, meditativo, riesce a conoscersi. Parlo di eroi e parlo, ovviamente, di noi stessi.
ho sempre amato i supereroi…….ma a spingermi verso questo libro con molta curiosità è stato l’autore.scoperto per caso e poi divorato con parsimonia attendevo da tempo l’uscita del nuovo libro che, per tematica, tanto lontano mi pareva dagli altri.attesa premiata con successo.facile in questo periodo aggrapparsi ai supereroi(superuomini)che calamintano l’attenzione del pubblico meno facile è occuparsi degli ex.immaginare un dopo all’epoca della grande gloria ed immaginarsi un dopo reale, nn offuscato da occhi sognanti di bambino.questi ex sono esattamente come tutti noi.un po penosi nella loro frivolezza e manipolati dalla visione che gli altri hanno di loro;ed alla fine il vero ed autentico eroe resta sempre e solo lui: superman( che infatti appartiene nn solo ad un altro pianeta ma anche ad un altra epoca).
Caro Marco,
grazie ancora per le tue risposte.
Grazie anche a te, Serena. E benvenuta in questo luogo!
Ragazzi, complimenti a Massimo per il sito e complimenti a Marco per il libro. E grazie, davvero, di cuore, per l’idea della condivisione della letteratura che nel vostro piccolo (mica tanto piccolo!) portate avanti. Di persone come voi questo paese ha bisogno come il pane.
Grazie di cuore a te, Stefano.
Gli amici di 24/7 hanno dedicato uno spazio, sul loro sito, a questo nostro dibattito:
http://www.24sette.it/