Sarà vero?
La frase che leggete come titolo di questo post non è una mia affermazione, ma il titolo di un volume da poco edito da Rizzoli (una sorta di libro/mimosa, potremmo dire). Si tratta di un album di immagini che ritraggono donne intente a leggere (Una storia della lettura in immagini dal XIII al XXI secolo, recita il sottotitolo del volume), con riproduzioni a colori da Simone Martini a Van Gogh, da Fragonard a Vallotton. I testi sono di Stefan Bollmann e Elke Heidenreich, mentre Daria Bignardi ha scritto la prefazione.
Vi riporto di seguito parte del testo della prefazione della Bignardi, pubblicato quasi integralmente su Tuttolibri de La Stampa del 3 marzo 2007 (per leggerla tutta cliccate qui), più un paio di immagini gentilmente concesse dall’ufficio stampa Rizzoli.
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Un titolo come «Le donne che leggono sono pericolose» sembra portare con sé un sottotitolo invisibile: le donne che leggono sono delle rompiscatole. Già immagino i commenti maschili: «Perché le donne che leggono se ne vantano così tanto? Gli uomini non lo fanno». A dirla tutta non me lo immagino: l’ho sentito dire, veramente, da mio marito.
Le donne che leggono sono pericolose soprattutto per se stesse. Ci sarà un motivo se la storia dell’umanità ha ritardato la lettura alle donne: la natura sapeva che avrebbe complicato loro la vita. Comunque sia, pazienza: leggere è meraviglioso, è forse l’esperienza più emozionante della vita, quella che ti accompagna più a lungo, dall’infanzia alla morte.
Io sono stata una lettrice compulsiva. A quattro anni leggevo. A otto avevo letto praticamente tutti i libri per bambini esistenti e a tredici la maggior parte dei classici russi e francesi. Ma avrei letto anche Dan Brown, se fosse esistito negli Anni Settanta e l’avessi trovato in casa: leggevo tutto. Dall’etichetta dell’acqua minerale a Donna Letizia su Grazia di mia madre, alla Selezione del Reader’s Digest a cui era abbonata mia sorella. Un libro al giorno, cinque giorni la settimana, perché il sabato e la domenica andavamo in campagna. I libri erano per la casa, che stava dentro la città, che stava dentro la nebbia. C’era una grande nebbia a Ferrara ed era una bella scusa per starsene arrotolati sul divano a leggere. Venti libri al mese. Duecentoquaranta libri all’anno. E quando ero malata, cosa che succedeva spesso perché soffrivo di tonsillite, facevo le «orge», come diceva mia madre: uno, due, anche tre libri in un giorno. Prima dei diciotto anni avrò letto tremila libri. ma così: voracemente. Senza un piano, senza un criterio, senza un controllo, bulimicamente.
Un vizio. Piacevole, come tutti i vizi, ma meno dannoso di altri.
Le donne che leggono sono pericolose perché non si annoiano mai e qualunque cosa accada hanno sempre una via di fuga: se ne infischiano se le fai troppo soffrire perché loro s’innamorano di un altro libro, di un’altra storia, e ti abbandonano.
Oggi non leggo più come a nove anni: non ho più tempo. Quando va bene leggo un libro la settimana e spesso nemmeno: solo in vacanza faccio le «orge» come quando da bambina avevo la tonsillite.
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Le donne che leggono sono pericolose perché nutrono i loro sogni e non c’è nulla di più rivoluzionario di una donna che sogna di cambiare la propria vita: se lo fa, farà la rivoluzione, se non lo fa seminerà il terrore.
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Daria Bignardi
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LE DONNE CHE LEGGONO SONO PERICOLOSE.
Una storia della lettura in immagini dal XIII al XXI secolo
Di Elke Heidenreich , Stefan Bollmann
Rizzoli, pag. 154, euro 29