Nel numero di dicembre della rivista L’Indice dei libri del mese, a pag. 33, è comparso un intervento di Alessandro Perissinotto che la dice lunga sul clima un po’ arroventato che si respira di questi tempi negli ambienti letterari nostrani.
Alessandro Perissinotto
Il titolo dell’intervento è: Letteratura di massa e critica letteraria. Il sottotitolo: Rompere il cellophane e collaudare un libro.
Come al solito estrapolo qualche frase dall’articolo. Poi, magari, ne parliamo insieme.
"Mi avvicino alla critica letteraria (terreno a me non familiare, dal momento che insegno Teorie e tecniche della comunicazione di massa) con l’umiltà di quelli che Giulio Ferroni definisce "mediocri professori di evanescenti facoltà universitarie" (…) e con il peccato originale che mi deriva dall’appartenere, come autore, alla folta schiera dei giallisti da mettere "Sul banco dei cattivi" (A proposito di Baricco e di altri scrittori alla moda, pp. 96, € 10,90, Donzelli, Roma, 2006) o dietro alla lavagna o comunque alla berlina. (…)"
"La rete trabocca di recensioni dei lettori, di consigli di lettura, di stroncature senza appello e di dichiarazioni di amore eterno da parte del pubblico ai propri idoli. Ma perché, navigando nel web, assistiamo a una rinascita sotto mutate spoglie di quella critica che proprio i critici di professione danno per morta? (…) E se il dilagare di una critica "dal basso" fosse anche la conseguenza dei molti tradimenti dei critici? È un’ipotesi che, dentro di me, riacquista credibilità ogni volta che mi confronto con un libro di stroncature che pare confezionato con l’intento di sfruttare un po’ di quella notorietà di cui sono colpevolmente macchiati gli stessi autori che vengono stroncati." (…)
"(…) Forse è ora di metterci d’accordo: o noi, autori e lettori di letteratura di massa, troviamo un punto d’incontro con i critici, un punto d’incontro che parta dal rispetto del lavoro reciproco (e soprattutto dell’intelligenza dei lettori), oppure quando le nostre strade si incrociano facciamo finta di non conoscerci."
Ne parliamo?
Segnalo, ma è quasi superfluo, un famosissimo e già discusso libro di Carla Benedetti, “Il tradimento dei critici”, mi pare Bollati. Questo testo, però, riporta i critici su una torre più alta di quella che si lamenta qui, con l’unica eccezione che colloca l’interesse dei lettori veri più in alto della blanda polemica letteraria da spiaggia su questo o quell’altro libro. Io sono dell’idea che un critico, per quanto brillante, debba essere una persona seria e profonda, perché chi legge, chi legge davvero, cerca risposte serie e profonde. E d’altra parte non credo che si possa definire l’accademia “seria e profonda”. Ci lavorano persone validissime, la rifuggono altre, ma finché ci aspettiamo una promozione sociale a livello popolare difficilmente i docenti avranno il tempo, la concentrazione, la passione di essere ancora, innanzitutto, lettori.
Non è un mistero che molti critici siano contigui alle case editrici. E’ difficilissimo resistere alla telefonata dell’addetto stampa della XYZ che magari è anche il tuo editore o poco ci manca; in tv le chiamano markette.
Però quando un pezzo è scritto per convinzione io penso si senta: sa di vero…
Ciao.
Discorso assurdo per me. Chi compra ha il diritto di giudicare, altra cosa sono le recensioni fasulle, fatte anche in buona fede per appoggiare amici e parenti.
Nella nostra attuale società coesistono almeno due livelli di gusto e di cultura alquanto diversi: accanto al romanzo od al racconto di largo consenso :ad esempio quello di argomento poliziesco o fantascientifico, esistono romanzi o racconti cosiddetti “sperimentali” di lettura spesso assai difficile, che tentano di rivoluzionare le regole tradizionali di questo genere letterario.
Tuttavia non credo che la distinzione tra prodotto di massa e prodotto di élite corrisponda necessariamente ad una distinzione tra prodotto di qualità e prodotto scadente. La situazione è, per fortuna, molto più mossa e articolata (naturalmente escludendo da queste considerazioni quei prodotti al di sotto di una certa soglia di tollerabilità che riescono ad intasare il mercato solo grazie ad editori compiacenti o al presenzialismo
televisivo dei loro autori).
Vi sono opere di fantascienza o poliziesche eccellenti sul piano artistico, che pur tuttavia continuano ad appartenere al circuito più ampio, come accade di solito per questi testi; mentre vi sono spesso degli autori
assai mediocri i quali si illudono di aver fatto qualcosa di grande solo perché le loro opere risultano difficilmente comprensibili.
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Accolgo la segnalazione di Rob in merito al libro di Carla Benedetti e rilancio segnalando altri due testi. Il primo, dal punto di vista della critica, è “Eutanasia della critica” di Mario Lavagetto (Einaudi, 2005). Il secondo, più dal punto di vista di chi scrive è “La letteratura dell’inesperienza. Scrivere romanzi al tempo della televisione” di Antonio Scurati (Bompiani, 2006). Entrambi i saggi, a mio giudizio, sarebbero meritevoli di dibattito.
“Il gusto di avvincere i lettori. Il fotoromanzo è stato uno dei miei primi piaceri di lettrice in erba. Temo che l’ossessione di ottenere un racconto tesissimo venga da lì. Non provo alcun piacere a scrivere se non sento che la pagina è emozionante. Una volta avevo grandissime ambizioni letterarie e mi vergognavo di questa spinta verso tecniche da romanzo popolare. Oggi mi fa piacere se qualcuno mi dice che ho scritto un racconto avvincente -per esempio- come quelli della Delly”. E.Ferrante
Io dico che alla gente che legge frega nulla di tutte queste patetiche querelle tra critici e scrittori…
Mi sa che le recensioni che noi ci affanniamo a scrivere ce le leggiamo solo tra addetti ai lavori. Sarà un’impressione ma credo che sia proprio così. La casa editrice il foglio che dirigo ha pubblicato un libro che ha avuto tantissime recensioni e la ricaduta sulle vendite è stata pari a zero. Che le recensioni sulla stampa e soprattutto su internet servano a niente?
Gordiano Lupi
Gordiano, è innegabile che nella maggior parte dei casi i libri che si vendono sono quelli che beneficiano del cosiddetto passaparola tra i lettori. Per quanto concerne le recensioni probabilmente hai ragione tu… noi le scriviamo, noi le leggiamo. Non credo, però, ci sia molta differenza tra le recensioni pubblicate su carta stampata e quelle pubblicate sul web (peraltro molte delle recensioni pubblicate su riviste e quotidiani cartacei finiscono comunque su Internet). Sono in pochi quelli che riescono a influire davvero sulle vendite attraverso le recensioni, o forse solo uno… che può permettersi anche di fornire la patente di “più grande scrittore italiano vivente”. E tu sai a chi mi riferisco.
In ogni caso, quando Alessandro Perissinotto parla di critica dal basso credo si riferisca (comunque glielo chiederò) soprattutto a quella che proviene dai lettori stessi attraverso strumenti come Ibs (che consente a chiunque di dare voto da uno a cinque sui libri letti – o non letti). E’ un mezzo democratico che può essere strumentalizzato, è ovvio. Se poi i lati positivi superano quelli negativi, non lo so. Ma ne possiamo parlare…
Sono un buon lettore.Ho al mio attivo migliaia di libri letti. Alcuni pienamente goduti, altri semplicemente “sofferti”.
Finalmente mi sono deciso a scriverne uno anche io.Si tratta di cio’ che nel mondo anglosassone chiamerebbero un “Financial Thriller”, un Giallo finanziario. Nasce nella Milano di Tangentopoli e si sviluppa tra l’Iran, l’Australia, la Spagna e la Svizzera. Ho potuto scriverlo perche’ io provengo proprio dall’ambiente della Grande Finanza Internazionale. E perche’ comunnqe, credo di poter descrivere sentimenti nobili e meno nobili, di persone dall’animo nobile e meno nobile. Credo moltissimo nel mio Romanzo che e’ maturato e si e’ formato in ben due anni di lavoro part-time (alla sera, di notte, ecc.; visto che devo lavorare per provvedere a mantenere me e la mia famiglia.
Spero comunque che il mio Libro che avra’ il successo che io credo si meriti: senza false modestie, posso tranquillamente affermare che il mio vissuto mi abbia permesso di creare un Libro davvero molto avvincente.
Ed e’ proprio questo il punto.
Una volta appurato che esiste in chi scrive un buon stile e buona capacita’, non credete che chi abbia un vissuto unico alle sue spalle sia piu’ “indicato” a fare lo scrittore?
Un saluto.
Enzo