Tempo fa avevamo già avuto modo di trattare il tema Letteratura e fumetti nell’ambito di questo post. Adesso mi piacerebbe approfondire ulteriormente l’argomento e creare, contestualmente, una sorta di spazio permanente sulla suddetta tematica. L’occasione ce la forniscono una interessante pubblicazione di Annalisa Stancanelli – Vittorini e i balloons (Bonanno) – e una rivista che ha a cuore sia i fumetti che la letteratura: Mono.
In fondo al post avrete modo di leggere un saggio firmato dalla Stancanelli (sul rapporto tra Elio Vittorini e i fumetti) e un articolo di Angelo Orlando Meloni su Mono (che privilegia il numero della rivista dedicato alla letteratura).
Uno spazio sempre aperto, dicevo, sul tema (e sul rapporto) letteratura/fumetti dove – periodicamente – inviterò alcuni ospiti a partecipare alla discussione. Annalisa Stancanelli e Angelo Orlando Meloni mi aiuteranno a moderare e animare questo post e a rendere lo “spazio permanente” sempre vivo.
Vi invito, dunque, a discutere sia su “Vittorini e i fumetti” e sulla rivista “Mono”, sia – più in generale – sull’argomento Letteratura e fumetti, letteratura a fumetti.
E ora… alcune domande, formulate nella speranza di favorire la discussione (vi invito a rispondere… se ne avete voglia, s’intende).
– L’arte del fumetto è inferiore, uguale o superiore a quella della letteratura?
– “I fumetti sono più per i ragazzi, la letteratura è più per gli adulti”. Questa frase è un luogo comune o nasconde un fondo di verità?
– Che rapporto avete con le “grapich novel” (romanzi a fumetti)?
– Cos’è che un romanzo a fumetti non potrà mai eguagliare in un classico romanzo? E, viceversa, cos’è che un romanzo tradizionale non potrà mai eguagliare in un romanzo a fumetti?
– Qual è il personaggio dei fumetti che preferite?
– In generale, lo “spessore” dei più grandi personaggi dei fumetti può essere paragonato a quello dei più grandi personaggi dei romanzi tradizionali?
Di seguito: il saggio di Annalisa Stancanelli e l’articolo di Angelo Orlando Meloni.
Massimo Maugeri
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Vittorini l’anticipatore; aprì per primo ai fumetti le porte della “letteratura alta”
di Annalisa Stancanelli
Vittorini, diceva Oreste Del Buono, “era l’uomo che forse ha fatto di più per strappare la cultura italiana all’accademia e alla retorica”.
Era un coraggioso sperimentatore e un intellettuale avido di novità, curioso di tutto e di tutti.
I fumetti per lo scrittore erano a tutti gli effetti una forma di narrazione, la riscrittura di un mondo poetico; quelli che venivano considerati comics di qualità per l’intellettuale siciliano costituivano una forma di scrittura con la S maiuscola pertanto dovevano essere conosciuti e diffusi.
Per il suo interesse nei confronti dei fumetti, già noto negli anni Sessanta, Eco lo intervistò insieme a Oreste Del Buono, compagno d’avventura nel “Politecnico”, e poi per molti anni direttore della rivista “Linus”, nel primo numero di questa nuova pubblicazione che sdoganò i fumetti e li inserì nel circuito della letteratura cosiddetta alta ( “Linus”, numero 1, aprile 1965).
Come ha scritto Umberto Eco, su “Linus” n. 12, marzo 1966:
“Vittorini leggeva i fumetti, si divertiva con freschezza, ne ragionava con rigore critico, cercava di capirli, di farli capire, di giudicarli, nel bene come nel male, senza false compiacenze, senza snobismi. Non li “accettava”, li affrontava perché esistevano, e dunque dovevano significare qualcosa, e lui non poteva sottrarsi, doveva gettarsi anche in questa mischia, per chiarire, per capire, per far capire.
(Per Vittorini ) Non (…) pareva che esistesse distinzione di dignità tra una storia tutta scritta e una storia tutta disegnata: gli premeva solo che un libro desse qualcosa, stimolasse la fantasia, documentasse una situazione, un modo di pensare; sapeva che si può riflettere sull’uomo sia in endecasillabi che in strisce”.
Vittorini era un assiduo frequentatore della libreria Milanolibri ed un giorno per caso, scoprì Charlie Brown e i Peanuts; lo raccontò lui stesso nel corso della Tavola Rotonda del 1965 che battezzò appunto “Linus”, la rivista di Gandini.
“Charlie Brown è venuto per un accidenti. Io mi facevo mandare dall’America, da amici che ho lì, i supplementi domenicali dove ci sono i fumetti, però questo non l’avevo notato perché quelle persone non mi mandavano mai la pagina giusta. Finalmente una volta ho visto in mano a una ragazza della Mondadori, nel ’58-59, un album ancora di quelli formato “forze di liberazione”. Incuriosito, me lo sono fatto dare e ricordo che passai il resto del pomeriggio mondadoriano a guardarmeli. Da allora li ho cercati sempre…”.
Insieme ai Peanuts, come Vittorini ricordò nel corso di un’intervista del 1964, i suoi fumetti preferiti erano i preistorici “B.C.” di Hart, “Krazy Kat” di Herriman e Bernard Mergendeiler di Jules Feiffer.
Il fumetto interessava Vittorini da sempre, il Corriere dei Piccoli era letto in famiglia e lo dimostra un ricordo di Jole Vittorini contenuto nel suo bel libro “Mio fratello Elio” (Ombre editrici, volume I ) che meriterebbe una ripubblicazione; in quel libretto Jole bambina descrive un ferroviere come un personaggio dei fumetti del Corrierino, “Capitan Cocoricò”.
L’interesse di Vittorini verso la letteratura disegnata, il mondo dei comics e dei cartoons esploderà però solo dopo la Guerra nell’autunno del 1945 sulle pagine del “ Politecnico”.
Raffaella Rodondi nella seconda parte dell’immane lavoro di raccolta dei Saggi e interventi di Vittorini dal 1938 al 1965 (Letteratura-arte-società, Einaudi, vol. II) nell’introduzione segnala che per quanto riguarda Il Politecnico:
“Ingente e disseminato è l’apporto di Vittorini che abbraccia indifferentemente pezzi anonimi e articoli firmati, editoriali, didascalie, schede informative, note di presentazione – postille – a sezioni e singoli contributi”.
Inoltre, Vittorini nella fase finale del “Politecnico” settimanale era già rimasto con pochissimi collaboratori e nel mensile, dal numero 29 in poi, raccoglieva con fatica contributi e materiali come documentano molte lettere; così scrisse in una lettera a Rosario Villari il primo ottobre 1946 : “io ormai sono solo a lavorarci”.
Alla fine dell’avventura Politecnico rimase solo con una segretaria e Giuseppe Trevisani fungeva da grafico.
La citazione della nota della Rodondi è d’obbligo perché molti degli interventi redazionali, delle schede e delle note introduttive sui comics non sono firmati ma sono attribuibili a Vittorini.
Nel numero 4 del “Politecnico” si trova una vignetta con Supertopolino, nella quarta pagina, con una didascalia veramente illuminante e interessante che rivela l’impronta vittoriniana:
“gli uomini hanno inventato il superuomo. E Walt Disney ha inventato dopo Topolino, il Super-topolino. E Super-topolino è nemico di Topolino come il superuomo è nemico dell’uomo. Quello nella favola del cartone animato, come questo nella vita”.
Sempre a Vittorini, poi, si ascrive il commento all’immagine della Mula Checca contenuto nella pagina 4 del Politecnico numero 28, l’ultimo del formato settimanale della rivista: “Un’immagine ci sorge spontanea nella memoria tutte le volte che pensiamo alla “democrazia cristiana” . Ci viene da quando leggevamo nella nostra infanzia Il Corriere dei piccoli. Ed è l’immagine della Checca, la terribile mula che tanti “scherzi da prete” faceva al rattoppato e umile lavoratore Fortunello. Perché lei? Solo perché vigorosa nei calci al sedere dei denutriti e nella testardaggine? Perché simbolica d’oscurantismo? O non perché aveva dietro a dirigerla il pasciuto gran proprietario padron Ciccio?”
Infine nel Politecnico mensile, del luglio-agosto del 1946 , in lingua originale e con i balloons, ecco spuntar fuori ben sette strisce delle avventure di Popeye, il burbero marinaio di Seagar, con una nota introduttiva che rivela la penna del Direttore del Politecnico in ogni sua sfumatura: Popeye viene scelto perché personaggio poetico che…“libero da intenzioni e riferimenti, arriva forse unico ad essere personaggio… che ha vissuto di realtà propria giungendo ad avere una sua moralità… per questo possiamo pensare Popeye a fianco di personaggi del racconto di tutti i tempi : è come un personaggio di Dickens: non come un personaggio di De Amicis”.
Vittorini proprio nel formato mensile darà “sfogo” a tutta la sua creatività e voglia di innovazione comunicativa. Ricordiamo che nel numero 35 del “Politecnico” Vittorini dà vita una vera e propria enciclopedia dell’arte e della letteratura, coniugando tutti i suoi interessi con nuove modalità espressive; nel mensile si ritrovano inediti disegni di Kafka, illustrazioni di Grosz per l’Inferno di Dante, disegni con balloons del pittore Topolskij, un saggio di Oreste Del Buono sul romanzo nero con un tentativo – il primo – di graphic novel sul romanzo “The Italians” di Ann Radcliffe, e delle strisce dello stesso Del Buono che compie una parodia dei temi ricorrenti dei racconti di Horace Walpole .
Vittorini aveva detto di essersi interessato di fumetti fin da ragazzo e, come è noto, di letteratura illustrata.
Ma quali le caratteristiche di un buon fumetto per Vittorini?
Lo spiega lui stesso nel 1965 rispondendo a una domanda di Eco, (Linus 1, 1965)
“Il fumetto (…) Va giudicato a partire da un certo punto: cioè da un punto in cui ci accorgiamo che è esplosa, per cosi dire, una globalità; un punto in cui è avvenuto una specie di ‘scatto di totalità’. Ma vorrei cercare di spiegarmi meglio. L’unità espressiva, l’abbiamo detto, è la strip, la sequenza. Prima della strip non abbiamo che la vignetta, una vecchissima conoscenza giornalistica, costituita da una figura e una battuta che si completano a vicenda e che esauriscono in un corpo solo quello che hanno da dire. Con la strip abbiamo non solo una moltiplicazione della figura e della battuta, una serie di quattro cinque figure e di altrettante battute, ma abbiamo anche un elemento del tutto nuovo, l’elemento della successione temporale, il quale si manifesta in due ordini sovrapposti, uno analogico per le figure e uno logico per le parole, benché poi le parole abbiano la prevalenza e investano della loro logicità letteraria tutto l’insieme riducendo le figure a non avere che dei compiti stereotipi, di descrizione, di caratterizzazione, ecc. ecc. come dei semplici segni pittografici. È questo terzo elemento che fa della strip un’unità espressiva, perché rende puramente paradigmatico il valore di ogni vignetta a sé, e assume in proprio (all’interno del proprio decorso) l’elaborazione del significato. Ma la strip non esprime che un frammento di mondo, un aspetto di personaggio, un momento di rapporto e anche se in se stessa può riuscire pregevole lo riuscirà solo a livello di massima, di illuminazione, di appunto, di episodio, di aneddoto. La qualità ch’essa rivela non va oltre i limiti della sua durata, è minima, è precaria, può essere banalissima o comunque non più che divertente, e occorre che i personaggi, i rapporti, gli oggetti in essa trattati ritornino in altre strips un certo numero di volte, sei volte, sette volte, nove volte, anche quindici, sedici volte, accumulando momento su momento e aspetto su aspetto, perché noi si possa entrare nel merito qualitativo del fumetto. A furia di quantità è avvenuto quello che ho chiamato “scatto di totalità”, cioè si è formato un significato secondo, che subito si riflette su ogni singola strip, anteriore o successiva, e la carica di importanza, la fa essere parte di un sistema, dandoci il senso di avere a che fare con tutto un mondo. Quando è Charlie Brown o B.C.; quando è un buon fumetto, si capisce…”.
Costruzione di un mondo a sé, temi e motivi ripetuti e libertà da condizionamenti, questi i caratteri fondamentali di un BUON FUMETTO, così come evidente dalle scelte effettuate per la pubblicazione di comics sul Politecnico che comprese Braccio di Ferro e Barnaby e lasciò fuori i comics di avventura e d’azione che furono facilmente strumentalizzati dagli USA durante la seconda guerra mondiale. Topolino e la banda Disney, addirittura, fu protagonista di un’intera pagina; nel numero 20 di “Politecnico” è inserito addirittura un lunghissimo racconto dello stesso Walt Disney sulla “costruzione dei cartoni animati”; segno dell’interesse forte verso questa nuova forma culturale. Accanto al testo inviato dall’America, che fa riferimento a un famoso cartone animato disney, Clock cleaners, Vittorini inserisce delle didascalie che fanno respirare ancora il dolore della guerra e delle ostilità fra gli uomini e che associano la penna vittoriniana alle favole di Fedro ed Esopo.
L’interesse di Vittorini verso Topolino, tuttavia, tende a diminuire quando nel dopoguerra anche le vicende del celebre topo si conformano alle ideologie socio-politiche dominanti; lo confesserà lo scrittore siracusano in un’intervista del 1964, in cui rileverà il cambiamento subito da Topolino, “prima eroe liberatore tipico della leggenda USA, ed ora un conformista, un aiuto poliziotto”.
E’ a un bambino, Barnaby (numeri 37,38,39 del “Politecnico”), che idealmente Vittorini affida la conclusione della vicenda Politecnico, pubblicando numerose strip della sua strampalata amicizia con un mago protettore pasticcione, con le ali rosa e il sigaro in bocca, in cura da uno psicanalista, Mister O’ Malley.
Ed il mondo dei bambini con i Peanuts è protagonista, come anticipato, delle sue ultime letture poiché Vittorini era affascinato dal mondo di Charlie Brown e Snoopy.
Tuttavia la letteratura disegnata e i fumetti lo seguirono anche durante il suo incarico come consulente Mondadori; fece pubblicare “L’antichissimo mondo di B.C.” di Hart e “I polli non hanno sedie” di Copi nella Collana Nuovi Scrittori Stranieri .
Com’è evidente Vittorini con la sperimentazione di comics e del racconto per immagini sul “Politecnico” anticipò nettamente l’interesse verso i fumetti della “cultura alta” e, ancora, mostrò il suo coraggio di libero sperimentatore di cultura, in tutte le sue forme, guadagnandosi le critiche del Partito Comunista e di Togliatti che, in seguito, alla fine del 1951 e l’inizio del 1952 con Nilde Jotti e Rodari fu protagonista sulle colonne di “Rinascita” della “questione dei fumetti”: ma questo è tema per un altro articolo o, forse, per un altro libro.
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La rivista “Mono”, Tunué editori.
di Angelo Orlando Meloni
“Mono” è la rivista antologica semestrale monotematica fatta di monotavole e monoracconti pubblicata da Tunué, una casa editrice che si è dedicata alla pubblicazione di graphic novel e saggi sul fumetto, nonché su fenomeni di costume e cultura contemporanea, dal cosplaying (è il caso di dirlo: costume in senso… letterale) all’invasione dei nuovi telefilm.
Ideata da Marco Rizzo e Sergio Algozzino, “Mono” è poi passata sotto la guida di Sergio Badino e Daniele Bonomo.
Chi scrive si occupa di coordinare la sezione dedicata alla letteratura, ma i collaboratori di “Mono” sono innumerevoli, se pensiamo alle copertine di Vittorio Giardino, Milo Manara, Fabio Celoni, Ivo Milazzo, Davide Toffolo, Roberto Baldazzini, e alle tavole interne realizzate sia da Big del fumetto sia da esordienti assoluti, come i vincitori del nostro contest.
A ogni numero “Mono” cambia rimanendo fedele a se stessa.
Questi sono i temi (e i sottotitoli) che si sono avvicendati: Americana, Musica, Acqua, Cibo, Passione, I classici della letteratura.
“Stiamo preparando il numero 7 di Mono”, dice Daniele Bonomo. “Uscirà in occasione del salone del fumetto di Lucca. Il tema guida è `crisi´. Ci sono periodi in cui alcuni termini vengono usati più di altri e se ci fosse un premio per la parola più usata e/o abusata, quest’anno `crisi´ l’avrebbe vinto a mani basse. Con Mono 7 vorremmo affrontare le varie sfaccettature di questa parola, che per ognuno di noi rappresenta qualcosa di diverso. Crisi di coppia, crisi di valori, crisi culturale, crisi economica, crisi cardiaca, crisi politica, crisi adolescenziale, crisi di mezza età, crisi d’identità, crisi di panico, donne in crisi, uomini in crisi, crisi ideologica…
Quando abbiamo scelto questo tema avevamo ben chiara in mente una cosa. Vedevamo gli oltre quaranta autori che avrebbero condiviso con noi l’avventura di questo numero seduti davanti al foglio bianco con lo sguardo nel nulla a cercare l’ispirazione: un’altra faccia della parola `crisi´”.
“Con il numero in preparazione”, aggiunge il condirettore Sergio Badino, “Mono entra del tutto nella nuova fase rappresentata dalla recente linea editoriale voluta e intrapresa dalla nostra direzione. Affronteremo d’ora in avanti temi socialmente sentiti, “impegnati”, che provino a sviscerare il vissuto quotidiano. Questo perché riteniamo il fumetto uno dei grandi mezzi di comunicazione dei nostri tempi, non un fratello minore – magari un po’ tardo – di cinema e letteratura, come troppo spesso è considerato in Italia. Soprattutto vogliamo provare a dare il nostro contributo nel far sì che il fumetto esca dalla nicchia in cui vive nel nostro Paese e che sia visto, come già accade in altre nazioni, al pari di altre forme espressive. Crediamo che il modo per riuscirvi sia appunto quello di affrontare problematiche con cui già si misurano molti romanzi e film di successo.
Va detto che il progetto editoriale di Mono è stato, fin dal primo numero, anche un progetto di vita: Tunué, di comune accordo con i curatori della rivista e in segno di gratitudine verso tutti gli autori coinvolti, ha adottato un bambino attraverso l’associazione Intervita Onlus. Concluso il percorso con il peruviano Walter Jesus, è iniziato un nuovo triennio con un ragazzo del Mali, Mahamadou Moussa Sylla. L’impegno con lui proseguirà nel tempo, al di là di Mono: dal numero 6 è presente sulla rivista una pagina dedicata a illustrare l’iniziativa e le finalità dell’associazione. Sempre dal sesto numero abbiamo voluto caratterizzare maggiormente alcune rubriche, gemellandoci con riviste leader in Italia nei diversi settori: “35mm” per il mondo del cinema e “Il Mucchio” per quello della musica. Per le recensioni fumettistiche dal prossimo numero ci affiancheremo a una delle principali riviste italiane nel campo”.
Nella sezione dedicata alla letteratura ci siamo proposti di andare a comporre pian piano una rassegna del meglio della letteratura italiana contemporanea (ma in futuro, perché no, anche straniera). Una rassegna di quanto di più frizzante, vivo, esuberante, si possa trovare in libreria, con un occhio rivolto anche a debuttanti di gran classe e belle speranze.
Abbiamo già “ospitato” – e fatto illustrare – racconti di Paola Barbato, Violetta Bellocchio, Emanuele Bevilacqua, Fabio Genovesi, Ivano Bariani, Gianluca Colloca, Nino G. D’Attis, Eva Clesis, Angelo Orlando (l’attore-regista-sceneggiatore), Giuseppe Carlotti e tanti altri ancora, un elenco che sarebbe davvero troppo lungo.
In un momento in cui le riviste letterarie soffrono sempre più e sono spesso costrette a emigrare su internet, Mono, con modestia ma con costanza e passione, vuole contribuire a creare nuovi spazi creativi, nuove occasioni per sperimentare l’eccitante strumento narrativo del racconto breve (brevissimo), fulminante e illuminante.
E offrire ai lettori un oggetto da collezione, bello a vedersi e saporito per il palato.
Letteratura e nuvole disegnate di nuovo uniti, quindi, nonostante le vecchie, stantie diatribe che vedevano la letteratura come via prediletta per la contemplazione delle più alte idealità e i comics relegati all’inferno, a titillare il ventre e le sue oscene pulsioni.
Colgo perciò l’occasione per invitare gli amici di Letteratitudine a una riflessione sul binomio letteratura-fumetto, che è stato al centro di un numero di “Mono” dedicato ai classici della letteratura.
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AGGIORNAMENTO DEL 22 APRILE 2010
Aggiorno questo post inserendo il gradito intervento di Gianfranco Manfredi. Lo reputo particolarmente interessante, dato che Manfredi ha grande competenza sia dal punto di vista letterario (è uno scrittore prolifico che ha pubblicato con diversi editori: da Feltrinelli a Gargoyle), sia dal punto di vista fumettistico (è il creatore della serie Bonelli, “Magico Vento”).
Massimo Maugeri
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I FUMETTI NON SI LEGGONO PIÙ DAL BARBIERE
di Gianfranco Manfredi
Ci sono personaggi dei fumetti capaci di entrare nell’immaginario collettivo come i grandi personaggi della Letteratura?
Dico, ma scherziamo? È sotto gli occhi di tutti che la letteratura contemporanea è avarissima di grandi personaggi in grado di ripopolare l’immaginario collettivo. Questi grandi personaggi risalgono quasi tutti all’epoca in cui il romanzo era al suo massimo rigoglio e nel quale la differenza tra letteratura colta e letteratura popolare si assottigliava.
Oggi la produzione di questi personaggi emblema è quasi per intero frutto della produzione fumettistica.
La letteratura contemporanea, più che in sé, ha imposto Personaggi Emblema attraverso il passaggio cinematografico (da Maigret a James Bond).
Il fumetto li ha imposti da solo.
Prendiamo uno dei più celebri personaggi letterari del mondo: Dracula. Se si fa un’inchiesta volante per la strada, qualsiasi persona interpellata saprebbe dire chi è. Già qui, però, il letterario comincia a fondersi con il cinematografico. Da questo punto di vista Dracula è un antecedente di James Bond. Di altri grandi personaggi letterari non si può dire altrettanto: Madame Bovary ha avuto le sue trasposizioni cinematografiche e televisive, ma non deve nulla della sua popolarità a queste trasposizioni. Ora: quale personaggio letterario contemporaneo può vantare altrettanta trasparenza con l’immaginario popolare?
Se si continua il sondaggio stradale chiedendo ai passanti: chi è il Giovane Holden, quanti saprebbero rispondere? Uno su dieci? Uno su cento? Uno su mille?
Prendiamo invece un personaggio dei fumetti: l’Uomo ragno, Diabolik, Tex, Valentina, Topolino, Charlie Brown… chi più ne ha più ne metta, e nella nostra intervista stradale quasi tutti gli interpellati saprebbero di chi si parla.
La “narrativa per immagini” (definizione che preferisco a quella di “letteratura disegnata”) ha come suo specifico compito e risultato quello di creare Personaggi, ospiti elettivi dell’immaginario popolare. Questo risultato è ottenibile in virtù non solo della composizione del fumetto, ma della sua natura di medium. Un fumetto ci accompagna serialmente dall’infanzia alla maturità. E’ parte della nostra formazione costante.
Ma chi è oggi il lettore di fumetti? Lo si può ancora considerare un pre-lettore, un lettore debuttante che comincia ad uscire dall’analfabetismo attraverso il supporto delle immagini alla narrazione? No. Oggi la divisione passa tra lettori (di tutto) e non-lettori. I lettori di fumetti (com’è testimoniato dalle rubriche della posta che molti fumetti ospitano) non sono lettori esclusivamente di fumetti, sono anche lettori di romanzi e di saggistica. Al contrario i lettori di romanzi e di saggistica, spesso leggono solo marginalmente i fumetti; nei loro giudizi sui fumetti sono legati al vissuto personale, non certo a una conoscenza della Storia del Fumetto, né della sua Attualità. Un fumetto troppo ingenuo, rozzo nel linguaggio letterario e nella strutturazione delle storie, come in quello grafico/visivo, oggi non avrebbe alcuna possibilità di successo. Il lettore di fumetti è molto più raffinato di quanto non si pensi. A un lettore di fumetti il Moccismo ripugna. Citatemi un solo fumetto che abbia espresso personaggi alla Moccia! Non ne esistono. Eppure la base di massa del fumetto è ben radicata nell’adolescenziale.
Ma si tratta di adolescenti molto raffinati. Le strutture di racconto di certi Manga trasposti o nati da cartoni animati (Lupin III, Occhi di gatto, Lady Oscar) sono estremamente complesse e ben più ricche delle trame semplificate e ripetitive dei normali telefilm non animati. Si comincia ad alimentarsi di queste strutture fin da piccolissimi. Spesso quando si comincia a leggere romanzi, si resta delusi nel non rintracciare altrettanta complessità e capacità di seduzione nella Letteratura consueta , quella cioè destinata alla popolarità effimera del Bestseller.
Il fumetto di massa è oggi superiore non tanto e non solo per livello estetico, ma per capacità di incidere nella nostra formazione, rispetto alla narrativa di massa che tende a ripetere stereotipi, a parte eccezioni notevoli (come Harry Potter, per dirne una). Banana Yoshimoto ha dichiarato: “non avrei mai potuto scrivere romanzi, se non fossi stata da bambina una fan di lady Oscar”. Il fumetto oggi evoca scrittura. Se non si capisce questo, non si capisce il ruolo “letterario” del fumetto.
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Hernán Henriquez e Gugulandia
Il disegno animato cubano e il fumetto satirico
di Gordiano Lupi
Hernán Henriquez è uno dei maggiori esponenti del disegno animato e del fumetto cubano negli anni successivi alla rivoluzione. Il suo tratto grafico, le battute salaci e irriverenti rivestono un’importanza unica nella storia del fumetto centramericano. Hernán Henriquez è stato uno dei fondatori di questa peculiare forma d’arte, un vero e proprio pioniere, che ha disegnato e pubblicato strisce in patria per vent’anni (1960 – 1980), ottenendo riconoscimenti e successo, ma a un certo punto della sua vita si è visto costretto a espatriare negli Stati Uniti.
Hernán Henriquez cominciò a lavorare ai disegni animati sotto l’influenza artistica dei prodotti statunitensi e nel 1958 si iscrisse a un corso per corrispondenza in California. Apprese le basi del mestiere di cartoonist ma al tempo stesso cominciò a lavorare in un’agenzia di pubblicità. Tutti dicevano che a Cuba non si poteva campare facendo disegni animati e scrivendo fumetti comici, perché era un mestiere che non esisteva, ma Hernan aveva deciso quale sarebbe stato il suo futuro.
Fidel Castro prese il potere nel 1959 e con il passare degli anni trasformò Cuba in un rergime comunista. Tre mesi dopo creò l’Istituto Cubano dell’Arte e Industria Cinematografica (ICAIC), con lo scopo di fondare una vera e propria industria cinematografica cubana. Il cinema divenne un mezzo di comunicazione importante, un veicolo fondamentale per manipolare le masse dal punto di vista intellettuale… (continua su Terzapagina)
Come ho già scritto, l’idea è quella di creare con questo post una sorta di “spazio permanente” (all’interno di Letteratitudine) sul tema letteratura e fumetti…
L’occasione (dicevo) ce la forniscono una interessante pubblicazione di Annalisa Stancanelli – Vittorini e i balloons, edito da Bonanno – e una rivista che ha a cuore sia i fumetti che la letteratura: Mono.
In fondo al post avrete modo di leggere un saggio firmato dalla stessa Annalisa (sul rapporto tra Elio Vittorini e i fumetti) e un articolo di Angelo Orlando Meloni su “Mono” (che privilegia il numero della rivista dedicato alla letteratura).
In questo “spazio aperto” sul tema (e sul rapporto) letteratura/fumetti conto – periodicamente – di invitare alcuni ospiti a partecipare alla discussione.
Annalisa Stancanelli e Angelo Orlando Meloni mi aiuteranno a moderare e animare questo post e a rendere lo “spazio permanente” sempre vivo.
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@ Annalisa e Angelo
Ci state?:-)
Mi piacerebbe indirizzare la discussione su due binari…
Sul primo vi invito a discutere su “Vittorini e i fumetti” e sulla rivista “Mono”.
Sul secondo, mi piacerebbe che il dibattito vertesse – più in generale – sull’argomento Letteratura e fumetti, letteratura a fumetti.
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Mettetevi comodi, che il treno parte…
E ora… vi rifilo le mie solite domande, formulate nella speranza di favorire la discussione.
(Vi invito a rispondere… se ne avete voglia, s’intende).
L’arte del fumetto è inferiore, uguale o superiore a quella della letteratura?
(Domanda provocatoria, questa)
“I fumetti sono più per i ragazzi, la letteratura è più per gli adulti”. Questa frase è un luogo comune o nasconde un fondo di verità?
Che rapporto avete con le “grapich novel” (romanzi a fumetti)?
Cos’è che un romanzo a fumetti non potrà mai eguagliare in un classico romanzo? E, viceversa, cos’è che un romanzo tradizionale non potrà mai eguagliare in un romanzo a fumetti?
Qual è il personaggio dei fumetti che preferite?
In generale, lo “spessore” dei più grandi personaggi dei fumetti può essere paragonato a quello dei più grandi personaggi dei romanzi tradizionali?
Mi piacerebbe che intervenissero i direttori e i redattori della rivista “Mono”, sia per illustrare gli obiettivi della rivista… ma anche per partecipare alla discussione in generale.
Lascio la parola ad Annalisa, ad Angelo e tutti coloro che avranno il piacere di intervenire…
Carissimo Massimo,che bel post!!Innanzitutto voglio dire che sull’argomento fumetti non sono molto ferrata,nel senso che attualmente ne leggo pochissimi,ma “a sentimento” vorrei dire qualcosa in proposito.
1. L’arte del fumetto non è nè superiore nè inferiore alla letteratura,è “altra” e quando è ben realizzata,cioè ad arte,fa letteratura con un altro linguaggio che mette insieme imagine e parole per raccontare storie.Raccontare storie con arte mi pare sia il buon fine della letteratura.Detto ciò,credo che un buon fumetto richieda uguale ricerca storica,letteraria e di caratterizzazione dei personaggi quanto una storia di narrativa,solo che viene a noi raccontata con un mezzo differente.
2.La capcità o l’incapacità di cogliere la bellezza di una storia a fumetti e/o in letteratura non è esclusiva nè dei ragazzi nè degli adulti,ma di una certa sensibilità che ci fa cogliere quel modo di raccontare in quel momento più consono a ciò che cerchiamo.Forse a molti adulti che storcono il naso farebbe bene guardare con sguardo curioso le storie dei fumetti uscendo dalle gabbie dei generi preconcetti.
Graphic novel,oggi, non ne leggo molte,ma più per pigrizia e poca conoscenza,mi piacerebbe che qualcuno ne parlasse di più e che nelle librerie e nella programmazione degli eventi si desse loro maggiore spazio e diffusione.
Grazie per i bei commenti, cara Francesca: ti notifico che hai vinto il premio del primo intervento del post 🙂
Adesso vi saluto e vi auguro buon pomeriggio.
A stasera (spero).
Cos’è che un romanzo a fumetti non potrà mai eguagliare in un classico romanzo? E, viceversa, cos’è che un romanzo tradizionale non potrà mai eguagliare in un romanzo a fumetti?
Credo la ricercatezza della lingua e l’intensità della trama,viceversa un romanzo difficilmente potrà eguagliare il ritmo e la tipicizzazione del personaggio,ma mi piacerebbe sentire gli esperti.
Credo che siano due generi che dalla loro reciproca contaminazione possano ricavare ulteriore arricchimento e generare prodotti interessanti.
….urrà.Spero che sia la tua biografia a fumetti e autenticata dalla tua firma!! 🙂
torno più tardi.
Qual è il personaggio dei fumetti che preferite?
Assolutamente la coppia Paperino e Paperina.
Carissimi,
spero che l’argomento vi piaccia e non vi intimidisca! Prima di scovare Popeye sul Politecnico di Vittorini non sapevo nulla della storia del fumetto e delle pubblicazioni per ragazzi in Italia negli anni ’30-40! Solo quando ho capito che Vittorini e i fumetti del Politecnico meritavano uno studio approfondito mi sono catapultata in questo mondo ed ho scoperto tante meraviglie! Ecco perchè per venire incontro a tutti quelli che come me avevano amato Topolino, Paperino e la banda Disney e conosciuto i classici della letteratura universale attraverso Paperi e Topi ho scritto nel libro un capitoletto sulla storia del fumetto in pillole. Sapete che Dino Buzzati amava Paperino e firmò l’introduzione al primo libro di storie di Paperi edito da Mondadori e che disegnò e illustrò e verseggiò personalmente nel 1968 il celebre Poema a fumetti che destò molte critiche?
Per chi ha paura di accostarsi alla graphic novel mi sento di consigliare Prospettive di Paola Cannatella, Tunuè, ambientato a Catania e ricordo che sul Politecnico 35 il grande ODB Oreste Del Buono tentò una graphic novel del romanzo The Italians di Ann Radcliffe.
@Annalisa Grazie mille per i suggerimenti sulle graphic novel e complimenti per l’articolo interessantissimo.
Ulteriore personaggio che ho amato molto da ragazza :Lucy van Pelt dei Peanuts.( le amiche più care mi chiamavano zia Sally…)
Nessuno mi impedirà mai di godere in egual misura dei miei amati fumetti e della mia amata letteratura. 🙂
Grazie per il bel post e per gli ottimi articoli.
Ammetto peralto che il Vittorini amante dei fumetti non mi era granché noto. Non si finisce mai di imparare.
si aprano le danze, cominciamo subito a rimuginare sul personaggio preferito. la questione è bella che complicata. molto difficile scegliere, in genere si pesca un personaggio collegato alla propria infanzia, forse. in tutti i casi è una bella lotta. ma quando si parla di infanzia e di comics, per me si arriva e ci si ferma ai paperi di carl barks. con un moto di affetto per il bassotto goloso di prugne.
cambiando discorso, e spostandoci su un altro tema, ho spesso notato che la letteratura contemporanea sia spesso “fumettosa” e che il fumetto contemporaneo abbia aspirazioni letterarie.
L’arte del fumetto è considerata inferiore alla letteratura soprattutto da chi non consosce bene i fumetti, ma anche da chi nota che, nel fumetto, esiste una fascia di produzione medio bassa molto più abbordabile della corrispondente fascia letteraria tout court. per farmi capire, intendo dire che spesso non c’è alcun problema a comprare e leggere un fumetto anche da quattro soldi, o “facile”, o poco curato, mentre magari la stessa persona non acquisterebbe o leggerebbe mai un romanzo da quattrosoldi o facile, ecc.
Quasi che, tutto sommato, ci si aspettasse che un fumetto fosse di qualità inferiore.
Che poi i fumetti siano per ragazzi e i romanzi per adulti è una facile semplificazione (non so quanto dipendente dal primo punto), legata all’impressione che il fumettosia comunque più immediatamente e facilmente fruibile (impressione in parte vera, dal momento che le immagini permettono di seguire una storia anche prima di conoscere la scrittura).
Da tenere conto che, oggi, la lettura dei fumetti da parte dei ragazzi è in impressionante calo. Se si prova a chiedere in una classe delle scuole medie che fumetti conoscono, si arriva a malapena a Topolino. Oggi non esiste più un serbatoio di fumetti simile al Corriere dei Piccoli (che lanciò, tanto per dirne una, “La ballata del mare salato”, insieme a tutte le avventure a fumetti della coppia Mino Milani – Mario Uggeri, insieme al fumetto franco-belga e così via. Il Giornalino, per esempio, che si rivolge ai ragazzi entro i dodici-tredici anni, spesso ormai si limita a riproporre le avventure a fumetti di personaggi dei catoni animati, in pagine con poche vignette e storie elementari. Con la lodevole ed eccezionale presenza di Pinky.
Gli altri fumetti, poi, sono stati spesso pubblicati su riviste come “Linus” o “Il mago”, o, più tardi “Corto Maltese”, così dichiaratamente rivolte agli adulti da escludere il pubblico dei ragazzi.
Poi c’è tutto il settore dei fumetti tipo “Bonelli”, che certo non si rivolge ai ragazzi, ma che è anche un settore molto particolare (storie seriali, protagonisti che resistono anni, con autori diversissimi e disegnatori diversissimi tra loro, e storie spesso ripetitive, o elementari, pur con qualche lodevole eccezione).
In questo panorama, per me personalmente è più facile emozionarmi per un libro, piuttosto che per un fumetto. Perché in un fumetto non riesco a trovare le sottigliezze, la profondità, i sentimenti che una buona scrittura mi suggerisce e mi fa immaginare.
E tuttavia, un personaggio come Corto Maltese è senz’altro per me un personaggio amatissimo, grande, eccezionale paragonabile a qualunque altro grande protagonista letterario (eppure, a leggere la trasposizione in romanzo della storia di Corto Maltese, firmata dallo stesso Hugo Pratt, si rimane delusi: in questo caso, la letteratura cede il passo al fumetto, e mi convince quasi che un paragone è improbabile se non impossibile, dato che diversi sono le sintassi e i mezzi narrativi usati; quasi come chiedermi se preferisco la storia narrata da una novella o quella narrata da una canzone).
E viceversa, per esempio, quando l’Alligatore di Massimo Carlotto torna in libreria con una nuova storia a fumetti, la delusione è molto forte. Non solo perché l’Alligatore immaginato dal disegnatore (Igort) non è il mio personaggio, ma anche perché non si tratta di un fumetto, di una graphic novel. Semplicemente, anche se agli autori questo non fa piacere sentirlo dire, è un romanzo illustrato con delle immagini.
Tanto per ribadire che il fumetto ha una propria sintassi e non è semplicemente l’abbinamento di parole e immagini.
Certo non è sempre così. E se si devono citare delle graphic novel, allora mi tocca nominare almeno “Maus” di Art Spiegelman e tutto tutto tutto ciò che è stato scritto da Will Eisner.
Scusate la lunghezza del commento (amo i fumetti).
pinky è eccezionale, e il suo alter ego per adulti, lo straordinario joe galaxy, rappresenta probabilmente una delle punte massime di creatività italiana nel campo del fumetto. era colorato, visionario, con un innovativo impatto grafico, infatti ha resistito agli anni. ecco, forse sentiamo la mancanza di opere geniali come quelle di mattioli, di andrea pazienza, di stefano tamburini, dello stesso scozzari, artisti che disegnavano fumetti con grandi ambizioni, ma che non cedevano alle lusinghe della “letterarietà”.
ho spesso l’impressione, leggendo i tanti graphic novel intimisti che si sono avvicendati sulle librerie negli ultimi anni, che si tratti di opere definibili come “midcult”, che fanno il verso ai romanzi “impegnati” e perdono la specificità del fumetto, senza guadagnare in letterarietà.
p.s.
vorrei dire anche una buona parola sui fumetti di bonelli, che nascondono ogni tanto al loro interno liete sorprese.
Carissimi Annalisa e Angelo, un bacio a entrambi! Vi sto seguendo con moltissimo interesse e ho letto con passione i vostri scritti. Bravissimi!
E’ bella la contaminazione che suggerite. L’immagine, la sequenza, la caratterizzazione. Infondo sono problemi letterari, narrativi.
Non so se conoscete l’impasto riuscito e fascinoso proposto da Gianrico Carofiglio e dal fratello in questa graphic novel…vi lascio il link..
http://www.liberonweb.com/asp/libro.asp?ISBN=8817017302
Mi pare una mescolanza di arti meravigliosa! Una storia che si traduce in immagine. Anzi che nasce proprio per l’immagine.
…C’è nel fumetto una caratteristica che mi ha rapita fin da bambina…l’immissione nell’atmosfera. Ricordo infatti che già alla prima scena ero sequestrata dal “mondo”, più che dalla storia, dalla suggestione, dalla visione che rimandava alla narrazione.
Era una strana e rapinosa discesa verso una dimensione del cuore e dell’affettività. La ripetizione di alcune caratterizzazioni, infatti (la maglietta a zig zag di Charlie Brown, le scarpe da signora di Paperina, i cappellini a visiera di Qui , Quo, Qua) pressavano su un riconoscimento sentimentale.
Era bello sfogliarli soprattutto perchè era bello ritrovarli.
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Massi: il mio personaggio preferito è sempre stato Paperino, con il quale condivido una immedesimazione…(non per il becco, però)…Bacio anche a te. Quack.
i commenti degli amici del blog mi fanno capire che oggi attorno ai fumetti ,a differenza che in passato, c’è curiosità e voglia di conoscerli ma soprattutto non c’è chiusura; certo è corretto distinguere fra produzione “alta” e “Bassa” ma è indubbio il potere dei fumetti di trasmettere velocemente e con incisività un messaggio. Devo ritornare al mio libro per dirvi che Vittorini usò il fumetto nel lontano 1945 per spiegare agli italiani appena usciti dalla tragedia della guerra come funzionasse L’ONU e il CONSIGLIO DI SICUREZZA; i fumetti, ad esempio, usati nella didattica sono utilissimi. Il fumetto di qualità, poi, è senza tempo; invito tutti a cercare il famoso B. C. di Hart, tanto amato da Vittorini.
Per il potere persuasivo del fumetto vi rimando al mio prossimo lavoro che comprende fumetti e cartoons nella seconda guerra mondiale di cui, se siete curiosi, vi dò qualche anticipazione…provate a cercare e a vedere su You tube DONALD DUCK AND THE FACE OF HITLER
spassoso e significativo!
Buonasera,
partecipo volentieri alla seconda discussione, quella relativa a “Letteratura a fumetti”.
Mio figlio è abbonato da un paio di anni a Topolino e tempo fa ho trovato illustrato, con immenso piacere, il romanzo “Novecento” di Baricco: concorderete tutti nell’affermare che quest’opera può rientrare a pieno titolo nella letteratura contemporanea italiana. E’ stato un modo davvero splendido e alternativo di proporre questa storia ad un pubblico giovane e fuori dal target commerciale.
Ne sono rimasta colpita positivamente… e sinceramente mi aspettavo che le versioni a fumetti dei classici della letteratura venissero pubblicate ancora. Purtroppo così non è stato… Peccato!
Lei, Massimo, potrebbe contattare le redazioni e vedere se fosse possibile smuovere qualcosa…
Cordialmente
gentile Paola,
se è in cerca di adattamenti a fumetti di classici della letteratura, mi permetto di consigliarle quelli di Dino Battaglia, che è stato uno dei maestri indiscussi delle nuvole parlanti. tra le sue opere, c’è una meravigliosa edizione dei racconti di Maupassant.
certo, non la si può considerare un fumetto per bambini, quanto un’opera per far capire agli adulti che anche un albo a fumetti nasconde meraviglie insospettate.
per i figli, troverà agevolmente in qualunque edicola italiana i famosi grandi classici della disney, con storie spesso bellissime.
Rieccomi. Intanto ringrazio tutti per i commenti rilasciati.
Un caldo benvenuto va, in particolar modo, a Annalisa Stancanelli e Angelo Orlando Meloni.
@ Francesca Giulia
Ti rivelo il contenuto del premio. Se un giorno dovessi decidere di realizzare una “graphic novel” la protagonista femminile si chiamerà Francesca Giulia. Promesso.
(Ti basta come premio?)
@ Annalisa
Visto che Dino Buzzati amava Paperino, si potrebbe pensare di realizzare un fumetto tratto da “Il Deserto dei tartari”. Mi immagino già il personaggio Paperin Drogo:-))
(Devo parlare con quelli della Disney)
@ Annalisa
Cara Annalisa, grazie per il commento: bello e esaustivo.
Tra le altre cose hai scritto: “la lettura dei fumetti da parte dei ragazzi è in impressionante calo”.
È davvero così? Lo chiedo agli addetti ai lavori (non sono molto informato al riguardo).
Ma a cosa potrebbe essere dovuto questo calo?
Saluto e ringrazio anche Filippo e… un lettore di fumetti.
@ Simo
Credo che quello sfigato di Paperino sia uno dei personaggi preferiti da tanti…
A proposito della graphic novel dei fratelli Carofiglio, tempo fa ebbi modo di parlarne a lungo proprio con Gianrico, e gli accennai che mi avrebbe fatto piacere discuterne qui a Letteratitudine.
Dunque, uno dei prossimi ospiti potrebbe essere un Carofiglio.
Probabilmente inviterò Francesco, perché è stato lui a realizzare i disegni. Mi interessa il suo duplice “sguardo” di disegnatore e di narratore (Francesco Carofiglio è anche romanziere: pubblica con Marsilio).
@ Annalisa Stancanelli
Mi interessa molto conoscere i dettagli del tuo prossimo lavoro su “fumetti e cartoons nella seconda guerra mondiale”. Dicci qualcosa in più, dài…
@ Paola
Diamoci del tu, vuoi?
Intanto ti ringrazio per il commento.
Poi… be’, ti assicuro che le redazioni delle case editrici leggono questo blog con molta assiduità.:-)
Prima di chiudere saluto Goku e inseriscoun articolo, in tema, di Mario Serenellini pubblicato su Repubblica del 9 agosto del 2009.
Lo trovate nel commento che segue…
L’ Arte del Fumetto Il riscatto di strip e cartoni
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Repubblica — 09 agosto 2009
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(PARIGI)
– Ultima cenerentola di genio, derelitta Undicesima Musa – dopo la Decima (il cinema) e la Decima bis (il cinema d’ animazione) -, il fumetto, alle soglie del Duemila, sta degustando la promozione a lungo inseguita: il riconoscimento ormai ufficiale di arte nuova, moderna, contemporanea. Gulp! Una bella soddisfazione, dopo il continuo saliscendi di pregiudizi domestici anni Cinquanta (barbarie letteraria, banalizzazione visivae narrativa: roba per bimbi scemi,o comunque pigri)e di inattese arrampicate in cattedra (lo storico dibattito su Schulz e Charlie Brown tra Umberto Eco, Oreste del Buonoe Elio Vittorini, coordinato da Giovanni Gandini, sul primissimo Linus, aprile 1965, o, sempre nel ‘ 65, in Apocalittici e integrati la famosa “fumettografia” di Eco della prima tavola dedicata da Milton Caniff, l’ 11 gennaio 1947, al neopersonaggio di Steve Canyon). È vero che Pablo Picasso, lettore fedelissimo e entusiasta di Krazy Kat che si faceva spedire dall’ America, coltivò nel suo onnivoro attivismo immancabili vocazioni-strip, impaginando a fumetti il suo Guernica. Ma è anche vero che sul groppone dei pargoli, ancora qualche decennio fa, l’ onesto genitore segnalava, guardingoe tempestivo, gli errori di grammaticae di sintassi in agguato, in Topolini e Corrierini. Insomma, a poco più d’ un secolo e mezzo dalla sua nascita ufficiale tra i media, in aperta rottura con la solennità della pittura – attorno al 1840, a opera di Töpffer, pittore mancato -, il fumetto era fino all’ altro ieri guardato come l’ equivalente dei giocolieri reietti sui sagrati di chiesa del buio Medioevo, senza diritto di sepoltura in terra sacra: clown a matita, sempre ai margini dell’ arte ma senza diritto di entrarvi, periferico estro mendicante all’ ombra dei Vaticani della pittura, chiese d’ arte consacrate, quali, a Parigi, il Louvre, il Grand Palais, il Centre Pompidou. In queste ultime stagioni, le porte sacre si sono aperte anche al fumetto: la non-arte è entrata nell’ arte. Primo è stato il Louvre, che lo scorso inverno ha inghiottito – e benedetto -, per la prima volta, i ghiribizzi-banlieu della sua Giocondae della sua Venere di Milo (non ancora Manara), con la mostra Le petit dessein. Subito dopo, in Francia,è stata una raffica, un’ invasione aliena.A Lione, Quintet, fantasmagorica mostra al Musée d’ Art Contemporain voluta dal suo direttore, Thierry Raspail, su cinque artisti “trasversali” arte-fumetto, tra cui l’ architetto-designer-fumettista dei Paesi Bassi Joost Swarte. A Cherbourg, fino al 20 settembre, al Musée Thomas Henry, Hugo Pratt tornaa trionfare con centocinquanta disegni e acquerelli, di cui una cinquantina inediti, in Périples secrets, accompagnato da un sontuoso catalogo Casterman, dove si enfatizza la corsa, via fumetto, verso l’ astrazione dell’ artista lagunare, erede grafico di due miti letterari, Stevenson e Conrad, che aveva sempre sognato, come confessò una volta, di «disegnare un giorno qualcosa con una linea, composta di una successione di punti, e, con questa linea, raccontare tutto». Qualcosa d’ impossibile e d’ unico, come il sorriso della Gioconda: o di Corto Maltese, che, sicuramente, talvolta sorride. O sorride sempre, ma in un va e vieni interiore, ruminante e mentale, dunque inafferrabile, come il Gatto del Cheshire? A Parigi, che già tre anni fa aveva aperto le porte del Grand Palais per tenere a battesimo in un museo paludato, per la prima volta in Europa, gli schizzi e gli originali di disegnatori e cartoonist della factory Disney, quest’ anno la Maison Rouge ha fatto Vraoum!, scoppiettante passerella, fino al 27 settembre, di fumetti di culto e di esempi parenti d’ arte contemporanea. Mostra onomatopeica, storica e ludica, Vraoum! non espone ma ridispone, non loda ma esplode, giocando, in una sorta di partita a scacchi visiva, con le pedine a fumetti e le pedane d’ arte: da una parte i Lichtenstein, i Basquiat, i Keith Haring, ingabbiati da rotondità disneyane e trame grafiche, dall’ altra i folletti e i supereroi d’ un universo in gabbia, nella pagina, ma liberi e fuggiaschi nella loro identità immaginaria. A ruota, o in un semplice “continua”, l’ Italia ha allestito a Milano, alla Triennale, Blog & Nuvole, altro zigzag d’ esplorazione tra tavole, didascalie, disegni (tra cui quello, inquietante, di Giacon). Non solo mostre temporanee. Anche musei. Definitive consacrazioni d’ autori, un tempo effimeri. A Lucca, sede storica di rassegne di comics, nasce quest’ anno un archivio del fumetto, centro di documentazione con programmi di mostre e database on line. A Angoulême, cuore e cervello delle “strisce” in Francia, ha riaperto, ingigantito, lo scorso giugno, l’ obbligatorio Museo del Fumetto. E in Belgio, la Nuova Lovanio celebra ora il suo strip-autore e la sua creatura di fama internazionale, cioè Hergée Tintin, in un museo firmato Christian de Portzamparc, vincitore nel 1994 del premio Pritzker (il Nobel dell’ architettura). Una volta vilipeso o frainteso, il fumetto diventa museo, sonnolenta piramide egizia, prima ancora di aver reclamato e ottenuto il suo statuto di star, di nona arte, in mezzo alle sue più strette, invidiose parenti, da tempo arrivate al traguardo? Tutt’ altro. A tenerlo in vita, a renderlo contemporaneo, contribuiscono proprio gli artisti che, soprattutto a partire dall’ Arte Pop, succhiano, vampiri, ispirazionee icone dalle tavolea strisce. Non solo Andy Warhol (che ha proclamato Walt Disney «il più grande pittore del Ventesimo secolo») con le sue serigrafie di Topolino, gemello seriale di Mao, Liz, Marilyn. Ma anche David Mach, con il suo Mickey Matchead del ‘ 94, che accende la mostra Vraoum!. O, addirittura, con i prelievi ironicamente chirurgici e minuziosamente paleontologici dell’ artista sudcoreano Hyungkoo Lee sugli eroi di cartoon firmati Tex Averyo Walt Disney, nelle installazioni alla Biennale di Venezia di due anni fa e, l’ anno scorsoa Basilea, al Naturhistorisches Museum nella mostra Animatus, dove Hyungkoo Lee ha ricostruito gli scheletri di Bugs Bunny e della coppia Coyote & Bip Bip di Chuck Jones. Come si può ora osservare alla mostra parigina Vraoum!, dove è esposto lo “scheletro” di Pippo, l’ artista sudcoreano rovescia specularmente i procedimenti delle scienze naturali: non parte da particelle d’ ossa, da residui di scheletro per risalire all’ immagine di animali sconosciuti, ma si applica all’ immagine stranota delle icone di carta per attribuirvi uno scheletro. Paleontologia e Paperosofia si alleano per restituire, simmetricamente, ai propri oggetti di studio la parte mancante. Le ipotesi ossee, le radiografie scultoree di Hyungkoo Lee rappresentano, per i fan del cinema d’ animazione e dei fumetti, non soltanto la conferma dell’ esistenza, mai messa in dubbio, dei loro beniamini, ma anche – specie nel caso di Pippo, esposto a Parigi, o di Qui Quo Qua e della coppia Coyote/Bib Bip, ammirati a Basilea – la scoperta, “dal vivo”, della loro meccanica comica, quasi il dietro le quinte, o il sottopelle, della loro natura animata. L’ artista sudcoreano, con tocco scherzoso, mette il dito sulle differenze e, dunque, lo specifico di artee fumetto. L’ arte ripete e celebra il noto (immaginario o di fede): la Madonna, il Crocifisso. Il fumetto crea l’ ignoto (Steve Canyon, Superman, Topolino, Qui Quo Qua). Il fumetto apre gli orizzonti. L’ arte li conferma, li codifica. Che sia il fumetto l’ arte del futuro?
MARIO SERENELLINI
Una serena notte a tutti.
saluto e ringrazio tutti per i commenti e gli interventi, simona, annalisa, giulia, massimo e compagnia, mille grazie.
l’articolo di mario serenellini si chiude con: “Il fumetto apre gli orizzonti. L’ arte li conferma, li codifica. Che sia il fumetto l’arte del futuro?”
forse lo è. o forse è sempre stata l’arte del presente, solo che non tutti se n’erano accorti, tranne che negli ultimi tempi. infatti ormai i romanzi sui fumetti non si contano più. sarebbe interessante parlare anche di questo, non solo delle aspirazioni e legittimazioni letterarie richieste dai moderni graphic novel, ma della lenta e continua penetrazione del fumetto all’interno del romanzo contemporaneo (postmoderno?).
è inoltre interessante che in un momento in cui le riviste letterarie tendono a “rifugiarsi” sul web, sia una rivista di fumetti come Mono a dare spazio ai racconti brevi.
la trasvalutazione dei valori!!
detto questo: dopo i paperi di carl barks tra i miei personaggi preferiti ci sono figuri forse un po’ più trucidi ma non meno carismatici: su tutti jesse custer, ideato da garth ennis, e gatsu, protagonista di berserk di kentaro miura. imperdibili.
non ho letto molto di questo genere, tranne Topolino e il Corriere dei piccoli, quando ero bambina, e le strip di Linus da adulta.
alcuni fumetti di Anfrea Pazienza e Hugo Pratt.
Di quelli odierni so poco, anzi niente.
Mi dispiace non poter contribuire all’argomento.
cari saluti a Massimo e ai suoi ospiti.
– L’arte del fumetto è inferiore, uguale o superiore a quella della letteratura?
uguale….nè inferiore nè superiore.
– “I fumetti sono più per i ragazzi, la letteratura è più per gli adulti”. Questa frase è un luogo comune o nasconde un fondo di verità?
era un luogo comune nato per il fatto che prima il fumetto era un mezzo di svago e quindi idealizzato piu per i ragazzi.
Ora ancora un pò magari resiste come giudizio perchè parecchie sono storie di molta fantasia come supereroi e topolino, però molto meno…
– Che rapporto avete con le “grapich novel” (romanzi a fumetti)?
ottimo! sono una buona lettura in alternativa ai libri
– Cos’è che un romanzo a fumetti non potrà mai eguagliare in un classico romanzo? E, viceversa, cos’è che un romanzo tradizionale non potrà mai eguagliare in un romanzo a fumetti?
il romanzo a fumetti non fà stimolare la fantasia a pieno come un testo stampato che cerca di farti immaginare luoghi e persone. Il romanzo a fumetti ti affascina per i disegni di chi narra
– Qual è il personaggio dei fumetti che preferite?
Corto Maltese
– In generale, lo “spessore” dei più grandi personaggi dei fumetti può essere paragonato a quello dei più grandi personaggi dei romanzi tradizionali?
Nella media…sì
L’arte del fumetto è inferiore, uguale o superiore a quella della letteratura?
– L’arte, la vera arte, in qualunque sua forma espressiva, non può mai essere inferiore a se stessa.
“I fumetti sono più per i ragazzi, la letteratura è più per gli adulti”. Questa frase è un luogo comune o nasconde un fondo di verità?
– I fumetti per ragazzi sono più per i ragazzi, così come la letteratura per i ragazzi è più per i ragazzi.
Che rapporto avete con le “grapich novel” (romanzi a fumetti)?
– Scarso, ma spero di rimediare.
Cos’è che un romanzo a fumetti non potrà mai eguagliare in un classico romanzo? E, viceversa, cos’è che un romanzo tradizionale non potrà mai eguagliare in un romanzo a fumetti?
– L’approfondimento del carattere dei personaggi, l’aspetto meramente introspettivo, credo sia prerogativa dei romanzi.
Qual è il personaggio dei fumetti che preferite?
– Da piccola andavo pazza per un fumetto che probabilmente non conosce nessuno. Il protagonista era un diavoletto buono, chiamato Geppo. Ma il personaggio preferito rimane Paperino.
carissimi,
quando sul Politecnico ho incontrato Supermouse mi sono subito rivolta a un esperto di cartoni animati e fumetti, Luca Boschi. Vittorini nella didascalia del Politecnico numero 4 pagina 4 parlava di Topolino ma in realtà l’immagine era di Supermouse; allora ho iniziato le mie ricerche sui cartoon dell’epoca e sui war insignia, fumetti utilizzati nelle divise e sui carri armati e sugli aerei militari. Sapevate che USA e Terzo Reich combattevano a colpi di cartoons? La propaganda passava anche per i fumetti. E se i 3 porcellini combattevano i nazisti in un cartoon, il Terzo Reich promuoveva cartoons in cui alcuni protagonisti di cartoon americani per bambini diventavano nemici, ad esempio, dei francesi durante l’occupazione nazista e gettavano bombe su Parigi!!!
In generale, lo “spessore” dei più grandi personaggi dei fumetti può essere paragonato a quello dei più grandi personaggi dei romanzi tradizionali?
– Ehm….. credo di no, ma non mi linciate.
Complimenti per il bellissimo post e buona giornata.
Naturalmente, alla prima domanda di Massimo, relativa alla superiorità o inferiorità dell’arte del fumetto nei confronti della letteratura (domanda, come aggiunge Massimo, esplicitamente provocatoria) si può rispondere ovviamente: non ci sono gerarchie nei generi artistici, un’opera è fatta bene o male, è brutta o bella (e qui si aprirebbe un altro campo vastissimo di discussione).
*
Dall’elenco che farò di seguito – un elenco di autori e personaggi che hanno frequentemente incrociato la loro strada con quella della letteratura e di altri generi artistici – manca qualcosa di molto rilevante, che generalmente non viene ricordato quando si parla di fumetto, e i motivi di tale dimenticanza potrebbere essere oggetto di un’ulteriore discussione:
Walt Disney, Carl Barks, Topolino, Paperino e compagni, Charles Schulz e i suoi Peanuts, e il regista, scrittore e sceneggiatore Jodorowsky che insieme a Moebius ha contribuito ad una pagina importante del fumetto contemporaneo, e ancora, il grande Jiro Taniguchi (nato in Giappone nel 1947), e per fare un salto in casa nostra, più recentemente, Hugo Pratt con il suo Corto Maltese, Crepax con la sua Valentina, e Andrea Pazienza, Milo Manara (da ricordare anche la sua collaborazione con Fellini) e i vari Diabolik, Alan Ford, Dylan Dog, e le riviste italiane, nate tra gli anni Settanta e Ottanta: Alter alter, Linus, Il mago, Totem, Frigidaire, L’Eternauta, – e in Europa i notissimi Asterix, i Puffi – ecc. ecc.
*
Quel che non viene citato nel mio elenco (salvo per Taniguchi) – e leggo che non se ne parla nemmeno nell’articolo di Repubblica – come accade spesso quando si parla di fumetto (i riferimenti sono sempre un po’ troppo “storici”), è l’impatto dei fumetti manga negli ultimi trent’anni circa.
C’è una sterminata produzione e diffusione di albi a fumetto del genere manga, in Giappone, Italia e in tutto il mondo. E molto ampia è anche la produzione cinematografica (corto e lungometraggio). L’influsso sulla cinematografia, sulle storie dei videogiochi (ormai molto raffinate, nel passo narrativo e nella sceneggiatura) e sulla letteratura più recente è notevole. Chi ha un figlio o un nipote intorno ai trent’anni sa quanto l’immaginario giovanile sia influenzato, già da alcuni decenni, dai fumetti manga.
Precisazione: la rivista Linus, che ho inserito tra le riviste degli anni Settanta e Ottanta, è nata prima, nel 1965.
Salve a tutti. Mi chiamo Zagor. Sono un personaggio dei fumetti creato nel 1961 da Sergio Bonelli, con lo pseudonimo di Guido Nolitta, e dalle matite di Gallieno Ferri.
Il mio vero nome è Patrick Wilding. Mio padre, Mike Wilding, è stato un ex ufficiale dell’esercito e l’ho visto morire, insieme a mia madre Betty, per mano degli indiani Abenaki.
Non è stato facile, per me, sopravvivere a quella scena ed a quei ricorsi. Se sono ancora qui devo molto a uno strano vagabondo di nome Wandering Fitzy, che da quel momento mi ha fatto da padre.
Avevo giurato vendetta per la sorte dei miei genitori ma, nel vendicarmi, ho scoperto che anche mio padre uccise molti indiani innocenti.
Questa scoperta mi ha fatto capire che il bene e il male non stanno mai da una parte sola.
Per questo mi faccio chiamare Za-gor-te-nay, lo Spirito con la Scure. Per questo, da allora, mi schiero sempre con i deboli e gli innocenti, di qualunque colore sia la loro pelle.
Molti di voi conosceranno il mio amico messicano: Cico (il cui nome completo è Cico Felipe Cayetano Lopez y Martinez y Gonzales y Rodriguez y Ramirez).
Cico mi fa da spalla. E’ grassoccio, basso, perennemente alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, un po’ tonto, pauroso, ingenuo ed egoista, e protagonista di siparietti comici, spesso causati dalla sua imperizia. Nonostante questo, talvolta, le sue qualità “nascoste” sono in grado di stupire positivamente.
Vi parlo ancora di me. Indosso una maglia rossa di fattura indiana che raffigura, sul petto, l’Uccello Tuono, all’interno di un cerchio giallo. Abito in una capanna nella foresta di Darkwood circondata dalle sabbie mobili e dalla palude. Anche le mie armi sono simbolo della imparzialità tra le razze: uso una pistola, tipica dei bianchi, e una scure indiana che utilizza una pietra arrotondata.
Ne approfitto per salutare chi mi conosce già e spero di fare la conoscenza di chi non mi ha mai incontrato.
Un’ultima cosa…
Per tutti i tamburi di Darkwood!… non avrei mai immaginato di essere coinvolto in un contesto legato alla letteratura. Evidentemente, così come non si finisce mai di imparare, non si finisce mai di stupirsi.
Saluti.
Aayaaak… !!!
Per mille scalpi! Chi si rivede! Zagor! E sì, ci siamo già conosciuti, tanto tempo fa, quando frequentavo anche Blek Macigno e quel buffo grassone del Professor Occulitis. E a guardarti bene adesso – per tutti i tamburi di Darkwood! – non sei invecchiato per niente, Zagor!
Correggo: Professor Occultis.
ehi,
il post diventa sempre più interessante e dimostra la capacità di coinvolgimento del fumetto.
Caro Massimo, che bell’idea che hai avuto! Vuoi vedere che qualche grande studioso forse adesso si ricrederà sulla portata culturale di un certo tipo di fumetti? Pensate negli anni 60 ci si vergognava di dire di essere un lettore di fumettie ancora oggi qualche adulto si imbarazza nel confessare di leggere le avventure di Paperinik!
E poi, quali fumetti!
parliamo sempre di fumetti di qualità e il fumetto italiano dal Topolino Mondadori del 1949 a Diabolik, editore Bonelli , Jacovitti etc. lo è. Sapete che in tutto il mondo invidiano la nostra squadra di sceneggiatori e illustratori Disney? Che nel Topolino Giornale Mondadori 1937-1943 vi erano storie illustrate da Antonio Canale, Pedrocchi, Paparella ? Che i bambini leggevano le storie legate al Medioevo e al mondo romano (Mefistofele, Cabiria), che nel Topolino grande formato fece il suo ingresso Paperino? Fortunati quei bambini; quel Giornale era un’opera d’arte ( quasi quasi organizzo una mostra con quelli che ho comprato! Gulp, me tapina, la mia passione di ricerca si è rivelata molto costosa. Se siete interessati anche a una fotogallery per motivi di località di partenza, fatemi sapere! Da quando ho scoperto il Topolino Giornale, amici, mi sono innamorata, a chi avesse qualche copia da parte di nonni, zii e bisnonni, consiglio caldamente di conservarla!)
Tornando al rapporto arte, letteratura, fumetto ricordo a tutti che Topolino negli anni si è confrontato con classici della letteratura mondiale e del cinema (Topolino contro Robin Hood, Topolino e il mostro bianco- Moby Dick etc, Topolino e il re Sorcio- rifacimento del prigioniero di Zenda)… e che il Topo era amatissimo da Chaplin, Douglas Faribanks, Roosevelt e la moglie.
Per aggiungere un po’ di pepe alla discussione vi segnalo qualche chicca sui personaggi preferiti.
Prima una nota, Eco scrisse il saggio Apocalittici e integrati, uno dei primi sul fenomento dei comics e le comunicazioni di massa- a seguito di una conferenza nella quale portò una incredibile serie di numeri di Superman! Eco è colui che ha scritto “Vittorini sapeva che si può riflettere sull’uomo in endecasillabi e in strisce” ; ciascuno di noi ha un modo per raccontare e raccontarsi, perchè non il fumetto?
Ed ecco una nota curiosa; a Mussolini piaceva Topolino , lo salvò dalla censura fino al 1942 ma amava di più il cartoon Biancaneve.
Grazie, caro amico. Puoi venirmi a trovare qui, se vuoi http://www.youtube.com/watch?v=WAcJK8ppxqc
E qui http://www.youtube.com/watch?v=c3ANSe5nPdY
Ho amici in tutto il mondo.
Chi mi conosce sa che non mi sono quasi mai fatto coinvolgere dal gentil sesso. Ma la sapienza della Stancanelli esercita in me un innegabile fascino.
Aayaaak… !!!
Grazie a te Zagor. Ho appena visitato il luogo da te indicato: proprio bello.
Visitati anche gli altri luoghi, Zagor! Saluti a Cico!
@Massimo Ok ci sto,ma solo se fai la protagonista come la Valentina di Crepax.Una ragazza che conoscevo bene a venti anni entrò dal parrucchiere con una foto di Valentina e disse” fammi i capelli come lei!”.
I fumetti sono anche una bellissima parte della nostra memoria giovanile,ricordo con gran divertimento che nessuno mi riconosceva quasi più con il caschetto nero-blu.Oggi magari vanno dal parrucchiere con la foto delle varie “Canalis”,sigh,speriamo che leggano più fumetti e graphic novels.
Ehm… per tutti i baffi di mio nonno farmacista… mi chiamo Don Cico Felipe Cayetano Lopez y Martinez y Gonzales y Rodriguez y Ramirez Y Rosales Y Consalvo Y Morales Y Hernandez Y Espinosa…
Per la precisione, non per altro.
Ma che bella questa discussione sui fumetti!!! Io ho una intera collezione de “L’intrepido” anni settanta. Che ne dici, Stancanelli, ci accordiamo? Te li dò a cento euro l’uno. Considera che sono fumetti d’epoca. Sono d’accordo molto con gli interventi di Gaetano, la cui vasta cultura non finisce mai di stupirmi. Per adesso non so che altro aggiungere, sono un po’ ignorante in materia.
@Zagor. La Stancanelli meglio evitarla. E’un tornado, un fiume in piena che tutto travolge.E’ come Attila, dove passa lei non cresce più un filo d’erba. Anzi, non so come l’hanno fatta entrare nel blog, lei e Angelo Orlando Meloni (come dire che le disgrazie non arrivano mai da sole).
caro zappulla, mi hanno fatto entrare perché ho corrotto chi di dovere con un numero preziosissimo di dylan dog, e riguardo a lei, non mi provochi, il mio guardiaspalle si chiama Ben Grimm.
@Amelia: Geppo, fantastico! ne avevo decine di numeri, poi andati dispersi.
sighi e doppio sigh.
cioè: sigh e doppio sigh.
caro Zagor, è stato un onore conoscerla, sono un suo ammiratore.
Salve. Scusate se sarò un po’ timido, ma è il mio carattere.
Davvero, scrivo con molto imbarazzo. Immaginatemi nella scrivania con il mio solito vestito blu, la cravatta rossa, gli occhiali con montatura nera, e i capelli neri pettinatissimi e impiastricciati di gel.
Sono duale, doppio. Ho un alter ego. Lo ammetto.
Emh… sulla dualità delle identità si è espresso persino Umberto Eco nel suo saggio Apocalittici e Integrati (ciao Annalisa Stancanelli: lo sai che mi ricordi Lana Lang? ehm…), definendo, in sintesi e semplificando, il mio alter ego come quello che tutti vorremmo.
Per il mio alter ego rappresento il desiderio di normalità, di poter vivere uguale tra gli altri.
Ecco. Emh… un po’ della mia storia…
Ho trovato lavoro come reporter a Metropolis, presso il quotidiano Daily Planet. Ero molto amico, con… ehm… Lois Lane. E poi Jimmy Olsen e il direttore Perry White (beh, con lui non amicissimo).
Con Lois era imbarazzante, almeno all’inizio. Mi umiliava. Mi considerava un un uomo debole e senza carattere. E per complicare la vicenda si era pure infatuata del mio alter ego.
A volte, però, la vita rende giustizia. Nel 1996 io e Lois, ehm, ci siamo sposati. Dicono che le nostre saranno nozze d’acciaio.
In passato abitavo al 344 di Clinton Street, Appartamento 3B, un modesto condominio nel centro di Metropolis. Adesso, Lois e io viviamo in un appartamento al 1938 di Sullivan Lane.
Se volete venirci a trovare siete i benvenuti. Ma, ehm, evitate di portare dolci alla kryptonite.
infine, sulla domanda: In generale, lo “spessore” dei più grandi personaggi dei fumetti può essere paragonato a quello dei più grandi personaggi dei romanzi tradizionali?
penso che lo spessore si debba valutare caso per caso. Il corsaro nero, per esempio, non è dissimile da Zagor. lo stesso don chischiotte ha qualcosa di fumettoso… e anche Perelà l’uomo di fumo.
la letteratura però rivela una profondità inarrivabile nel descrivere situazioni complesse che hanno a che fare con la parte oscura dell’animo umano. prendiamo I demoni oppure pat bateman, per fare due esempi.
Ci sono personaggi dei fumetti capaci di entrare nell’immaginario collettivo come i grandi personaggi della Letteratura?
Boh! Non lo so. Non saprei.
Scusate un attimo…
*
(Lois, emh, sta’ attenta tesoro… non mettere il mantello rosso, in lavatrice, con la calzamaglia blu… non vorrei che diventasse tutto nero.)
heilà, Suppaman, vecchia quercia, come butta?
è un po’ che non ci vediamo.
Non ti offendere, Doomsday… ma quando sento parlare di te mi viene istintivo toccare ferro.
*
(Loiiiiisssss, lascia stare la lavatrice… dammi subito mantello e calzamaglia)
Clark e company Il mio banchetto Psychiatric Help è sempre attivo,per voi in questi tempi di crisi,posso fare uno sconto.Vediamo un pò…un abbonamento a dieci sedute per soli duecento euro più un giro col mantello rosso!!
anche se detto fra pochi intimi siete incurabili,ma io intanto i soldi li prendo…
The doctor is in……..
MMM
Il blog è sempre più intrigante; ci siamo riusciti, vero Massimo, a coniugare la profondità delle lettere con l’effervescenze e solidità di alcuni miti del fumetto? Chi non ha un personaggio preferito?
Caro Salvo ho idea che come fiume in piena e vulcano tu mi batta di parecchie lunghezze, comunque ho ancora qualche special news sui comics e Vittorini da sfoderare… a piu’ tardi!
Questo Superman interessato al lavaggio mi ispira!Quali libri leggi?
Da piccolo sono stato un divoratore di fumetti, praticamente onnivoro: da Topolino, Tira-molla, l’Intrepido, passando per Jacovitti, Grande Blek, Tex, Classici Audacia (Prof. Mortimer era il mio preferito), Gordon, Prince Valiant (che superbo disegnatore era Foster!), TinTin, fino a Linus (fin dal primo numero), attraverso il quale ho conosciuto i personaggi di Shulz, di Johnny Hart (oddìo, BC e Wiz li conoscevo già come appendice a “Urania”), di Al Capp, Julius Feiffer, Reisier, Copi, Mordillo e poi Crepax, Pratt, Altan (immenso), Sergio Toppi, Dino Battaglia, Pazienza, Manara…
Si può dire che la mia formazione culturale è più fumettistica che letteraria (ero un bambino molto pigro e come lettore ero sicuramente scarso), e da piccolo sognavo un futuro da creatore di fumetti.
Oggi non li leggo più molto, sicuramente non con la stessa voracità. Ma quando mi capita trovo talvolta autentici capolavori: MAUS di Spiegelman, Persepolis della Satrapi, Palestina di Joe Sacco, … E che dire della “Storia a fumetti” di Dino Buzzati (uno dei miei autori preferiti del ‘900), che già si era cimentato precedentemente in quella magnifica commistione di narrativa mista a immagini (con tanto di fumetti) che era “L’invasione degli orsi in Sicilia”?
Non mi sentirei mai di dire che l’arte del fumetto sia superiore o inferiore alla letteratura, così come per il cinema: sono arti diverse, che usano tecniche diverse, soddisfano bisogni diversi e sono pertanto incomparabili.
Per i ragazzi o per tutti? Credo per tutti, in fondo, anche se trovo normale che un pubblico più giovanile vi si senta più attratto: vuoi per il costo (a volte) irrisorio, vuoi per la modernità del linguaggio (viviamo in una società bombardata dalle “immagini”) , vuoi per la rapidità (finire una storia in venti minuti di lettura era un’atout sicuramente vincente per il bambino pigro, come ho già detto, che ero).
Il personaggio che ho preferito non saprei dire. Ne ho amati tanti (troppi?) Forse l’autore cui mi sento più legato ancora oggi è Altan, il superbo creatore di storie per piccini (Pimpa, Kamillo Kromo), di strip (Trino) e di storie diverse (Friz Melone, Ada, Cuori Pazzi, Zorro Bolero, Macao, e le parodie di San Francesco, Colombo, Sandokan), nonché delle vignette satiriche più caustiche degli ultimi trent’anni (o forse più).
Quanto ai manga Gaetano ha perfettamente ragione. Debbo confessare però di non conoscerli molto (forse sono un pò generazionali, e io sono “out”), però devo riconoscere nei cartoons per il cinema il valore artistico eccelso di autori quali Myazaki: film come “La città incantata”, “Il castello errante di Hawl”, “Princess Mononoke” sono autentici capolavori, degni di figurare tra i grandi classici della cinematografia in assoluto.
Non sono mai stato un lettore accanito di fumetti, e questo non perchè li considerassi lettura di serie B. Sono approdato alla LETTURA a 14 anni e mi sono subito buttato sui romanzi di Sciascia, Calvino, sui racconti di Poe etc.
Dopo i 20 anni, incuriosito dal mondo dei fumetti, ho acquistato alcuni numeri di TEX WILLER. Mi sono piaciuti, ma ormai non mi affascinavano più come lo avrebbero fatto in più tenera età. Resta un mio rammarico ad esempio quello di non aver mai letto un numero di DYLAN DOG, pazienza! Comprarne adesso non so quanto abbia senso.
Le graphic novel(s) mi destano curiosità… tempo fa ne ho avuto fra le mani uno di Gianrico Carofiglio, ma per delle vicissitudini non l’ho portato a termine. Una sera vidi un’intervista di Daria Bignardi al grande GIPI, intervista che mi lasciò il desiderio di scoprire questo fumettista. Ma è un proposito che non ho ancora realizzato.
Dico tutto questo con rammarico. Nella mia vita di lettore sono mancati i fumetti prima e i classici romanzi di avventura dopo. Letture che è difficile da recuperare.
dylan dog… che cosa MERAVIGLIOSA…
Sì, ma anche Valentina non è malaccio
soprattutto dall’ombelico in giù
C’è Angelo Orlando Meloni che ha tappezzato casa sua con le gigantografie mentre è intenta (Valentina)…a pregare.
Personalmente mi sono fatta una cultura con Topolino.Mi ricordo che molti racconti si ispiravano alla mitologia .Era magnifico!Mi piacerebbe risvegliare la stessa passione nei miei figli ma vedo che non hanno la stessa presa.Tutto sotto forma di fumetti è più piacevole.
salvo, non capisci. dylan era un uomo molto romantico.
ah, metto il cognome perchè sennò poi il capo mi sgrida… però certe “perle” sarebbe meglio restassero anonime… 🙂
Cari amici,
tornando ai personaggi preferiti e riflettendo sul rapporto fumetto/ letteratura mi accorgo che forse Batman con le sue problematiche psicologiche, i suoi conflitti interiori irrisolti e la scelta di una doppia identità non rassicurante e oscura potrebbe avere la profondità di un personaggio della letteratura, che ne pensate?
Intervengo al volo per ringraziarvi per i commenti rilasciati…
A più tardi.
Dalle 21:30 mi trovate in radio, qui http://www.radiohinterland.com/streaming/radiolimpia.asx
… parlerò anche di questo post su “letteratura e fumetti”.
A dopo.
Rieccomi,
Desideravo ringraziarvi tutti per i vostri ottimi interventi. Grazie davvero.
Un ringraziamento speciale ad Angelo e ad Annalisa (preziosissima con i suoi spunti).
Noto con piacere che sono intervenuti alcuni personaggi dei fumetti.
Devo dire che il mitico Zagor (lo spirito con la scure) era uno dei miei preferiti. Ma non disdegno nemmeno il buon Clark Kent (siamo accomunati dall’amore per il celeste: lui la tuta, io la camicia).
Sì, Annalisa… Batman è uno dei personaggi più “forti” della storia del fumetto. Uno di quelli che è entrato con prepotenza nell’immaginario collettivo.
A proposito di “letteratura e fumetti”… vi ricordo questo bellissimo post con Marco Mancassola e il suo romanzo “La vita erotica dei superuomini” (Rizzoli)
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/04/29/la-vita-erotica-dei-superuomini-incontro-con-marco-mancassola/
Come avevo anticipato questopost sarà un ulteriore spazio “sempre aperto”, un forum permanente sul tema “letteratura e fumetti”.
Annalisa Stancanelli e Angelo Orlando Meloni, se vorranno, mi daranno una mano ad animarlo e a mantenerlo vivo.
Non so se avete visto, ma sulla colonna di sinistra del blog ho inserito un’icona/pulsante (con l’immagine di Dante e Topolino). Si trova alla fine dello spazio commenti e prima del calendario. Cliccandoci sopra si aprirà automaticamente questa pagina…
Domani sera vi presenterò i primi ospiti di questo spazio (non vi anticipo nulla).
A tutti voi, una serena notte.
caro zappulla, l’ascia di zagor calerà sulla sua cucuzza, prima o poi, o forse il martello di Thor, o lo scudo di Cap o la ciabatte di Flash Gordon.
(comunque, Valentina è un gran bel fumetto)
risaluto tutti, a domani con nuove riflessioni e nuovi spunti.
cari amici vecchi e nuovi,
(che spirito i nostri eroi dei comics!!!)
vi lascio con una frase del Popeye delle origini
“Olivia, ti amo più dei miei spinaci!!!!!”
A presto con nuove rivelazioni su Pavese traduttore di Mickey Mouse e sui 18 film di Topolino che Goebbels regalò a Hitler!
peccato constatare che un mio post di ieri sia stato cancellato… sarei curiosa di saperne il motivo!
(eppure di questo blog mi fidavo!)
Cara Paola, ti scrivo “al volissimo”…
Guarda che non ho cancellato nessun commento. Sarà successo un problema tecnico, ma ti assicuro che non è dipeso da me. Puoi riscrivere il tuo commento?
Continua a fidarti 🙂
Ti abbraccio.
A stasera.
Desideravo ringraziarvi per gli spunti e le informazioni. Molto interessanti quelle fornite da Annalisa Stancanelli.
Dimenticavo. Simpaticissimi i personaggi dei fumetti intervenuti.
se devo essere sincera i fumetti non mi hanno mai fatta impazzire, ma probabilmente sarà stata una mia mancanza. appena ho iniziato a leggere mi sono misurata con brevi racconti illustrati per bambini.
ma c’è sempre tempo per recuperare…..
mio figlio è abbonato a Topolino da alcuni anni ed ogni settimana se lo ‘divora’… non nego che anche a me piace talvolta dare un’occhiata. Tempo fa avevo notato con grande piacere che era stato pubblicato in ‘versione fumetto’ il grande “Novecento” di Baricco, con Pippo nei panni di Lehmann (converrete con me che sia l’autore che il romanzo possono rientrare tranquillamente nella categoria ‘classici della letteratura’). E’ stato questo a mio avviso un modo davvero simpatico e creativo di porsi ad un pubblico altrimenti irraggiungibile e ne sono stata piacevolmente colpita. Mi aspettavo una continuazione, un sequel editoriale, che fosse partecipe della crescita culturale dei ragazzi… Purtroppo così non è stato ed i grandi classici della letteratura non sono stati più pubblicati in versione Topolino & co.
Davvero un gran peccato!
ciao
Paola
paola, forse non l’hai visto, ma il tuo precedente post c’è. guarda lunedì, 19 ottobre 2009 alle 8:38 pm
e massimo ti aveva risposto con un post di lunedì, 19 ottobre 2009 alle 11:48 pm
massimo, mi nomini tua assistente? ti faccio un prezzo di favore 🙂
Ciao a tutti,
complimenti a Massimo per le tematiche proposte, sono sempre interessanti e stimolanti.
Non conosco molto il mondo dei fumetti, ma ho letto da bambina, Paperino, e Asterix e Obélix (visto che vivevo in Francia) e più tardi un periodo ho letto Diabolik, Batman e L’Uomo Ragno. Mi sono divertita un mondo quando mi immergevo nelle avventure dei personaggi e ho un ottimo ricordo di quelle letture. Rispondo alla domanda se la letteratura dei fumetti sia di serie B e la narrativa di serie A con un’altra domanda: ma perché dobbiamo fare sempre delle classifiche? Quando andavo a scuola un professore di lettere al liceo ci fece fare un tema su questo argomento: il cinema è meglio o peggio del teatro? Beh il titolo del tema era formulato meglio e non lo ricordo con esattezza, ma la domanda era quella che ho scritto. Mi ricordo che risposi (e vi assicuro il teatro è stata la mia prima passione) perché dobbiamo decidere se il teatro sia di serie A o B? Se vado a teatro mi godo il contatto diretto con gli attori, se vado al cinema mi godo di più le immagini e anche la storia. Perché non possiamo goderci la lettura di un libro di fumetti senza remore come se leggessimo un bel romanzo? Se la lettura provoca in me gioia, beh che sia fumetto o narrativa ha veramente poca importanza, posso solo ringraziare l’autore per aver creato la storia, i personaggi, l’atmosfera ecc… e avermi regalato momenti piacevoli di lettura.
Un saluto a tutti! Claudia.
Scusate avevo dimenticato il mio cognome.
I criminali, per natura, sono una genia codarda e superstiziosa.
E’ quello che penso.
Lo penso perché conosco il mondo e il suo fango.
Non lasciatevi condizionare dal mio aspetto di industriale multimiliardario, playboy e filantropo. Sotto questa facciata si nasconde altro: maschere a scatole cinesi.
Vedete… quando assisti, da bambino, all’assassinio dei tuoi genitori da parte di un ladro la tua prospettiva cambia. Cambia.
E’ questo il motivo per cui ho deciso di intraprendere una personale guerra contro il crimine, sottoponendomi a severi allenamenti fisici e mentali. E se indosso costume, cappuccio e mantello… non è per paura. Ma per incuterla ai miei avversari.
Dunque non giudicate chi indossa una maschera, giudicate chi la indossa spacciandola per la propria faccia.
Signor Bruce,gradirei aprire la scatola cinese da cui esca il playboy,potrebbe indicarmela?…..
per ragioni di interesse psichiatrico naturalmente…
The doctor is in….
Lucy, come ti invidio. Tu devi vedertela con Charlie Brown, mica con Joker e compagnia bella.
Intanto mi complimento con Annalisa Stancanelli, mia collega di scuola e prima ancora universitaria…
Il suo saggio è stato premiato non solo a Portopalo ma anche dalla stima di molti qualificati lettori.
Io amo i fumetti: ho imparato a leggere proprio su un Topolino, anche se il mio personaggio preferito è Paperino.
Mi piacciono le trasposizioni letterarie come I PROMESSI PAPERI, con Paperenzo Tramaglino e Luciella Paperella – da morire!
Credo, per tornare alle domande del Massimerrimo, che i fumetti siano un medium specifico, con le sue regole interne, con i suoi codici specifici. La letteratura disegnata è una forma d’intrattenimento ma anche d’arte: certe tavole non hanno nulla da invidiare ai disegni di tanti sedicenti artisti.
Il fumetto ha un’importanza culturale che il saggio di Annalisa come pure quelli di tanti studiosi hanno messo in evidenza: veicola idee, suscita emozioni, ha una freschezza e un’immediatezza che spesso neanche un’opera letteraria raggiungono.
Bruceeee???E’ evidente che tu non sappia quanto io soffra per amore…..Schroeder e quei maledetti tasti bianchi e neri sempre più interessanti di me!!!
Eppure ho provato a dirlo in tutti i modi,con la dolcezza che mi appartiene…..
Ad ogni modo mandami questo Joker al chioschetto psichiatrico per dieci centesimi gli ripulisco la faccia!!
Amelia,
io ce li ho ancora, i fumetti di Geppo!
Mia madre andava pazza per IL MONELLO ed il suo personaggio preferito era Black Macigno…
Lieta di non esser stata l’unica a leggere il mitico GEPPO. Di questi tempi si sente la mancanza di diavoli buoni.
Mi ero dimenticata il sorriso 🙂
Carissima Annalisa, carissimo Angelo,
un altro importante autore siciliano che ha avuto un’avventura “fumettistica” è stato Ercole Patti… Lo sapevate?.. Questo nostro conterraneo (catanese, giornalista del “Corriere della sera”, de “La Stampa”, de “Il Tempo”, de “Il Messaggero”, autore di meravigliosi romanzi come “Giovannino”, “Un amore a Roma”, “Un bellissimo Novembre”, “Roma amara e dolce”, alcuni dei quali editi di recente da Bompiani grazie all’opera di instancabile recupero della prof.ssa Sarah Zappulla Muscarà), nel 1918, quando aveva 15 anni, mentre era ammalato di febbre spagnola, inviò al “Corriere dei piccoli” – diretto da Silvio Spaventa Filippi – la novella “IL CHIODINO”, corredata dai suoi disegni (che apparirà dopo 4 settimane con illustrazioni di Bisi).
Grande gioia per il compenso: 25 lire!!!
Vi ricordo che Ercole Patti era un fine illustratore di poesie di Villaroel, di testate di romanzi d’appendice che uscivano sul “Giornale dell’isola” e di copertine di libri i giovanissimi poeti!
Un bacio fumettoso a entrambi: smack!
@Maria Lucia.
Ecco, brava. La vogliamo presentare più approfonditamente questa ragazza con le bollicine, presa da mille interessi culturali? Annalisa Stancanelli, giornalista, che scrive stupendi articoli di critica letteraria su la Terza pagina de “La sicilia”; caporedattrice di Inout, un’altra bellissima rivista culturale, interamente a colori, che fanno a Siracusa. Oltre che scrittrice, insegnante, educatrice, e chi più ne ha ne metta.
@Simonuccia. Leggendo il tuo post di fretta, avevo capito che la spagnola l’avevi presa tu. Meno male che poi ho riletto, stavo già per inviarti una boccettina di acqua santa presa a Lourds
confesso che ingnoravo che un giovane Patti si fosse dilettato con i fumetti (storie illustrate).
brava maria lucia e dire: “La letteratura disegnata è una forma d’intrattenimento ma anche d’arte: certe tavole non hanno nulla da invidiare ai disegni di tanti sedicenti artisti.”
a corredo di ciò, come potremmo giudicare l’opera (qui dal lato della scrittura e non del disegno) di uno sceneggiatore del calibro di alan moore? serie A o serie B? come se fosse poi importante, alla fin fine.
tra l’altro, alan moore ha creato uno dei personaggi più forti che si siano mai visti: Rorschach, all’opera in una sola storia, ma che storia: Watchmen.
Caro Massimo e cari tutti i numerosi lettori/scrittori/fumettisti,
apprezzo molto questo intervento in generale sul collocamento del fumetto nell’ambito letterario.
Sono sicuramente propensa a riconoscere il fumetto come arte comunicativa, e non solo collaterale illustrativo di grandi opere (Alberto Martini insegna), ma strumento in grado di narrare e suscitare emozioni in ambito civile. Non è affatto fratello minore della poesia.
Ai più forse son conosciuti i fumetti con gli eroi tradizionali, le storyboards tradizionali.
Allora… consiglierei fumetti di grande pregio, come per esempio il bellissimo MORTI DI SONNO di DAVIDE REVIATI. Coccoino Press.
Con i chiaroscuri dipinti, gli occhi sbarrati, le ginocchette scoperte, disegna un mondo infantile e poi adolescente che vive nella contemporaneità industriale… ma non vi svelo altro.
Qui a Treviso, precisamente a Oderzo, la stessa terra di Martini, esiste la casa editrice IL BECCO GIALLO che si occupa solo di fumetti.
e che fumetti!
A chi interessasse, posto sotto un’intervista che riuscii a fare durante un festival del fumetto qualche anno fa, (chiedendo umilmente scusa percè non sono una letterata, nè una professionista della penna)
Ricordo anche manifestazioni Comicon a Napoli e Lucca Comics.
un caro saluto a Maria Lucia R., a Massimo Maugeri, e mi congratulo con Zagor e Annalisa (suo intervento “lun 19 ott 7.15”)
e’ lunghissimo e non è il luogo adatto per leggere le lungaggini… comunque ecco qua….
CONTAMINATI DA IL BECCOGIALLO E I FUMETTISTI
Rimandare di continuo l’appuntamento non serve; prima o poi dovrai fare i conti con loro, i tuoi capelli lunghi, gli shampoo, i balsamo, le creme ultima generazione e loro, gli specialisti dell’immagine, artefici di un meraviglioso ordine nella devastazione anarchica assolutamente personale da te creata: i parrucchieri.
I negozi dei parrucchieri sono i veri centri sociali in cui si incontrano le parole di più generazioni, in cui aleggiano i ricordi delle vecchie signore assieme ai sogni ribelli delle adolescenti, sono i veri salotti culturali in cui le morbide recensioni delle madri, si intersecano con le aspre sentenze di giovani figlie.
Tanto importante come luogo d’incontro, che il regista Alessandro Rossetto si è sentito in dovere di produrre un film documentario intitolato “La Chiusura” (2001 prod. Fandango-ZDF-ARTE, Tele+, TV2 e Millenium prod. Helsinki).
Per le clienti della parrucchiera Flavia, la naturalizzazione con la telecamera avviene gradualmente, dopo la convivenza con l’occhio della telecamera durata mesi e mesi, così come la migliore scuola francese del cinema documentaristico ha insegnato al nostro Alessandro Rossetto.
Il frutto di tale lavoro, ne esce maturo e mi regala immagini di un ambiente che conosco bene ma che avevo da sempre sottovalutato.
Forse, proprio grazie a questo film, affronto il mio appuntamento dal parrucchiere con uno spirito diverso: non è più una perdita di tempo, ma una fruttuosa possibilità di incontro/scambio.
Ed è proprio qua, sul comò laccato posto nell’atrio del negozio “Da Corrado”, l’inizio di una storia invitante. Non copertine farcite di facce costruite, non carta lucida straricca di immagini, bensì pagine gommate, eleganti, di ottima fattura. Foggia di classe. Delicate edizioni. Libri? Forse…
Sfioro la texture morbida al tatto, quasi ho paura a violare le copertine complete di risvolto che propongono una veste grafica così lieve. Decido per quella azzurro polvere: BRANCACCIO. Alleggerisce l’impegno promesso dal sottotitolo –storie di mafia quotidiana – il disegno quasi infantile: è UN FUMETTO.
Ma non è facile scegliere fra quelli in mostra sulla consolle di un semplice negozio di parrucchiere; c’è l’invitante tinta sabbia del deserto con il volto di Pasolini che addolcisce la parola OMICIDIO; c’è la linea rigorosa e dritta, rossa su bianco e nero, che annuncia la storia di Martin Luther King; c’è il verde scintillante con il simbolo a tringolo del pericolo radioattivo che ci invita a Chernobyl… fumetti, sì, un mondo di fumetti sapientemente disegnati ci portano alla luce le vicende scabrose, che tutti noi vorremmo conoscere.
Il frutto invitante e succoso viene proposto da “ il becco giallo edizioni” della provincia di Treviso, ma è l’insieme collaborativo fra editori giovanissimi, disegnatori, testimoni semplici e d’eccellenza…
Questi piccoli gioielli verranno esposti a Napoli, Castel Sant’Elmo tra il 27-28-29 aprile 2007 durante il “Salone Internazionale del Fumetto e dell’animazione”.
Ma per farveli conoscere, li contatto direttamente, ricordandovi il sito http://www.beccogiallo.it
Federico mi da’ appuntamento all’interno di Palazzo Foscolo, a Oderzo (TV), dove si sta svolgendo “Oderzo Inquieta”, rassegna in cui sono coinvolti “inquieti illustratori e fumettisti”.
L’aria dark del palazzo barocco, ci accoglie prima dell’incontro con Erika De Pieri (fumettista de il beccogiallo) Stefano Obino (La voce del padrone, Obinocomix) e Karen Lafata, illustratrice. Giovani autori in grado di compiere miracoli artistici insufflando la vita a disegni apparentemente semplici.
Due poltrone barocche sono collocate a ridosso di una balaustra. A sua volta la balaustra è collocata tra due scale maestose di marmo bianco. Ci sembra il luogo adatto per fare due chiacchiere, isolandoci. Queste due scale separano due grandi piani imbrattati e resi vivi dalla carta animata, disegnata, pitturata dai fumettisti ed illustratori, che qua hanno appeso i loro lavori. Alcuni disegni sono stati catturati e rinchiusi in teche di vetro, ma sono così comunicativi, così vivi con quegli occhi, quelle mani, quelle rotule e tibie, da suscitare sensazioni di dinamicità. Da un momento all’altro, le cose sapientemente dipinte che mi circondano, si animeranno, ne sono certa.
Mentre questo mondo di carta sonnecchia aspettando il momento giusto per balzare fuori, io e Federico iniziamo a parlare della loro impresa editoriale di qualità. Ecco le domande che ho posto:
“ chi siete voi del Becco Giallo?”
“il progetto editoriale nasce sostanzialmente da tre persone, le cui esperienze erano diverse da quelle di disegnatore, fumettista o sceneggiatore. Io sono una di quelle tre…
il nome, il nome “Beccogiallo” ci sembrava il più adatto: era una rivista satirica, molto coraggiosa, degli anni venti .. “
“ho letto favorevoli critiche sul vostro lavoro inserite in quotidiani nazionali: come vi collocate nel mercato editoriale? Avete un’idea sui vostri lettori, quanti ne siano e che tipo di utenza avete?”
“ in realtà il pubblico che ci legge è ben diverso da quello costituito prevalentemente da una fascia giovanile, quella di lettori in erba, classica, dedita ai fumetti. Le tematiche affrontate, la voglia di raccontare la realtà che ci circonda, le questioni sociali che ci toccano da vicino, affrontate da sceneggiatori e disegnatori nonché dal nostro staff editoriale, ci consente di presentarci ad un pubblico sostanzialmente adulto, sensibile anche ai contenuti oltrechè alla foggia artistica di un certo … pregio, o meglio, frutto di un certo lavoro. Ecco perché la nostra aspirazione è proprio quella di collocare le nostre pubblicazioni in un reparto ben specifico delle librerie, ovvero quello dedicato alla saggistica”.
“mi è piaciuta molto l’idea di offrire spazio a temi legati ad un territorio specifico che invece diventano comprensibili ed avvertiti come temi “nazionali”. La sezione “quartieri” per esempio. Far conoscere Brancaccio, il quartiere di Palermo, con le sue tipicità, significa difendere le caratteristiche legate ai luoghi, in contrasto con una globalizzazione che ci vuole usufruttori degli stessi servizi e degli stessi oggetti in ogni parte della terra, ma al contempo significa rendere tutti consapevoli che la mafia ci riguarda. Avete altri progetti simili in cantiere?”
“in questo caso specifico, quello da te nominato, abbiamo potuto usufruire dell’esperienza diretta, della conoscenza dei luoghi, teatro della storia di Brancaccio, proprio perché l’autore è del luogo. Un vantaggio che ci ha permesso di portare alla luce la realtà quotidiana, i particolari che costituiscono la vita di tutti i giorni. La narrazione fumettistica è arricchita inoltre da vere e proprie testimonianze scritte e raccolte nel volume. Fra l’altro, non ti nascondo che proprio quest’opera è segnalata per concorrere al Premio Attilio Micheluzzi, a Comicon. Altri progetti simili in cantiere? Certo…il lavoro su Porto Marghera: un fatto che geograficamente ci riguarda da vicino, allo stesso tempo, un fatto che deve riguardare tutti. Una realtà alla quale non ci possiamo sottrarre.
“anche i capitoli della storia contemporanea passano fra i tratti di matita e di pennello dei vostri fumettisti: Moro, per esempio, o Martin Luther King; il rapporto tra realtà e fantasia in questo caso qual è? Pensate che manchi qualche tassello nella Storia? O che sia più semplice apprenderlo sottoforma di fumetto?
“Beh, la nostra esigenza di raccontare fatti concreti, collocati in qualche modo nella Storia, lancia un particolare occhio di riguardo ad alcune vicende, in qualche modo che abbiano segnato un evento, un cambiamento, un condizionamento sociale. Qui ovviamente ci si basa su una tecnica diversa per approdare ai lavori M.L.King. Si tratta di un paziente lavoro di ricerca : materiale. Documenti .notizie. si concretizza in una sostanziale narrazione di quanto raccolto. Come avrai visto, in Pasolini, o M.L.King. sono riportati i discorsi ed i fatti senza trarre conclusioni o tesi che possano indirizzare verso una ipotesi piuttosto di un’altra. Rimane ovviamente un unico compito che non possiamo assolvere e quindi la Storia con S maiuscola: come siano andati veramente i fatti, le conclusioni da trarre…
“in questo caso qual è il rapporto tra fantasia e realtà?”
prendiamo spunto dal caso Moro; preferiamo far parlare chi la vicenda del terrorismo l’ha vissuta, la vive in qualche modo in prima persona. Ne va da sé quale sia lo spunto per i nostri fumetti realistici: preferiamo parlare attraverso chi ha raccolto i segni di quel particolare momento storico. Qual è il tassello che manca? Ovviamente come sono andati veramente i fatti storici di quella particolare vicenda…”
“qual è il fumetto al quale siete più affezionati e perché?”
mi fai una domanda difficile… ovviamente tutti! Seguirli dal momento dell’ideazione fino all’approdo in libreria o alla consegna al pubblico, ti porta a “viverli” tutti con particolare attenzione.Ma, se proprio devo identificarne uno, allora direi la pubblicazione su Chernobyl, anch’esso segnalato al Comicon. Siamo particolarmente orgogliosi di aver fatto emergere Paolo Parisi, di avergli portato insomma, una meritata conoscenza guidandolo ad esprimersi attraverso il fumetto. Anche il delitto Pasolini: in questo caso l’inaspettato successo del disegnatore, fra l’altro esordiente e quasi conterraneo, ci ha resi particolarmente orgogliosi; credo che sia questo lo spirito dell’editore: portare a conoscenza, far rendere merito agli autori.
“infine, il vostro sogno nel cassetto e le vostre aspettative per il futuro?”
Beh, l’avrai capito… la nostra aspirazione è quella di legittimare il mezzo del fumetto, al pari del cinema, della letteratura, della pittura. Il fumetto è assolutamente in grado di emozionare oltrechè raccontare; un fumetto realistico d’autore, con qualità, arte, contenuto, da collocare quindi in un meritato spazio di tutto rispetto, non in una nicchia piuttosto striminzita nell’ambito esclusivo del classico fumetto…
“appuntamento quindi a Castel Sant’Elmo e che la voglia di raccontare sia sempre con voi!”
Erika De Pieri è una ragazza trevigiana carinissima. A prima vista sprigiona simpatia e grande solarità e c’è un incredibile contrasto tra la sua giovinezza e la maestria dei suoi disegni esperti.
La inchiodo con la telecamera, per farle alcune domande sbrigative, lei, dopo, presenterà due libri di cui è autrice: “la saponificatrice” storia noir della Cianciulli di Correggio che aveva trasformato le sue vittime in saponette e quello in preparazione anticipandone alcuni disegni, sul mostro di Firenze.
“ciao a tutti, sono Erika De Pieri, ho disegnato e ideato “La saponificatrice” e ora mi sto dedicando a disegnare “Il mostro di Firenze”.
“da quanto è che sei così brava?”
diciamo che dal 2005 sono fumettista a tutti gli effetti, con il Beccogiallo. Però già da qualche anno prima disegnavo… sono anche illustratrice.. sai, da quando sono uscita dalla scuola del fumetto…”
“ah, esiste una scuola del fumetto?”
sì, ho frequentato per tre anni la scuola per fumettisti a Milano.
“come ti sei accorta della tua passione?”
diciamo che non ha niente a che fare con le tematiche affrontate per il Beccogiallo! Da piccola sognavo di diventare come Walt Disney! Ho coltivato da sempre questa passione, disegnando disegnando e creando, finchè poi da grande mi sono ritrovata ne l fumetto realistico… ed eccomi qua!”
“hai avuto soltanto riscontri positivi sulla tua creatura La Saponificatrice o anche qualche critica?”
sì, a ben pensarci, soltanto cose positive… tranne una volta in cui qualcuno mi ha scritto: “complimenti alla visionaria Erika De Pieri”; ciò è dovuto ai disegni inquietanti contenuti nel libro; ho dovuto rendere realistica la vicenda, attraverso l’evocazione di qualche mostro reso ancora più inquietante dal tratto dell’acquerello e dall’uso di certi colori.. per esempio proprio nella copertina c’è un particolare di un feto, simbolo del rapporto vissuto dalla Cianciulli nei confronti della maternità. Ma non vorrei che la gente pensasse e mi identificasse come una persona visionaria! Non sono assolutamente così. Per il mostro di Firenze ho cercato di soffermarmi sull’ emozione da trasmettere su particolari soggetti, per esempio la cascina, simbolo dell’agriturismo lieto e tranquillo delle campagne toscane: ecco, qui ho cercato di renderlo nella dimensione della vicenda di Pacciani e dei compagni di merende… la sensazione opposta, da far percepire al lettore.”
Saluto Erika ma è davvero difficile distaccare gli occhi dai suoi lavori: vorrei che li vedeste da vicino.
La sua preparazione e la qualità del lavoro mi lasciano senza fiato. Come far arrivare messaggi importanti toccando tutti i sensi, con il fumetto.
Stefano Obino, uno dei curatori della mostra – evento “Oderzo inquieta” mi spiega cosa significa essere fumettista oggi, in Italia.
Lui è un fumettista. Arrabbiato. E sapete perché?
Perché il mestiere di fumettista non esiste in Italia. Al contrario invece, ci sono moltissimi lettori di fumetti. Il mercato mediatico ha spinto in maniera massiccia il fumetto giapponese. Chiunque sa di Goldrake, padre della diffusione/invasione dei disegni giapponesi di poco pregio e basso costo, ma soprattutto con scarso significato culturale.
La lunga storia che ha visto nascere l’identità del fumettista in Italia, già da metà dell’800 è disseminata da grandi artisti che hanno più o meno vissuto nell’anonimato o hanno dovuto ricorrere all’affiancamento di altri lavori. Rimango stupita quando mi dice che il fumettista di Ken Parker è italiano ed è disoccupato nonostante la bravura.
Vestito di nero, i capelli lunghi raccolti, più anelli all’orecchio, il viso di Stefano non vuole solo “inquietare” ma far conoscere una realtà dimenticata. Il destino comune di chi, nel paese “dell’arte”, non può far dell’arte un mestiere per poter campare degnamente.
Tanto per parlare chiaro, mentre una volta l’arte si imparava presso le botteghe, dove l’apprenditsta affiancava il maestro imparando il mestiere affinando le proprie tecniche comunque retribuito e riconosciuto come “lavoratore”, le cose ora sono ben diverse.
Chi vuole imparare non deve far altro che iscriversi a costosi corsi (1.200 euro di 3 mesi) e, se ti va bene, dopo 3 anni e 15.000 euro, sei fumettista e puoi lavorare… per passione, sperando di poter affiancare qualche altro lavoro grafico nel campo della pubblicità o della comunicazione.
Mi viene in mente di fargli un’unica domanda osservando il suo accento non propriamente veneto: “di dove sei?”
“sono sardo” – “e cosa ci fai qua nel Veneto?” chiedo io immaginando la risposta…
“La Sardegna curiosamente è una terra in cui ci sono molti bravi fumettisti ed illustratori, ma …. Non c’è da pubblicare, non c’è mercato editoriale. Nel Veneto invece… guarda la meravigliosa realtà del Beccogiallo…
Francesca Cenerelli, 13 aprile 2007, in copyleft
Interessante. Per cui ne parleremo su afNews.info il 22 prossimo, invitando i nostri lettori a passar di qui. 🙂
cari amici, è la prima volta che partecipo a un post e lo trovo meraviglioso. Salvo, ti prego, non farmi arrossire (hai presente Clark Kent quando Lois lo guarda in quel certo modo?); e tu Simona che mi dai questa fantastica chicca, ma lo sai che per me vuol dire “gettarmi” alla ricerca del CHIODINO? A tutti un regalo.
La prima pagina del Topolino tradotto da Pavese.
Siamo nel west e Topolino e Minnie son dei pionieri…nel silenzio del deserto giunge la loro carovana..
Michi e Minnie allegramente/sono a capo della schiera/canti e musica leggera/ fanno l’ore meno lente.
Verseggiò Pavese, traduttore di Frassinelli nel 1932, ma non firmò il libro Storielle di Walter (sic!) Disney, in 2 volumi, che fu pubblicato a cura di Antony. Franco Antonicelli
antonicelli e pavese furono un “dinamico duo” mica da ridere. il catalogo di frassinelli era bellissimo. oltre al primo topolino italiano (ricordo la lezione di un professore di storia) avevano anche – primi in europa – pubblicato alcuni importantissimi inediti di kafka. e qui torniamo subito a bomba dentro il tema fumetti e letteratura.
mi piacerebbe pure sapere se qualcuno ha avuto modo di dare un occhio al numero di Mono dedicato ai grandi classici della letteratura, che ha, nel suo piccolo, ispirato la discussione.
Cari amici, intanto grazie per i nuovi e stimolanti commenti…
@ Annalisa e Angelo
Sono lieto che la discussione vi stia coinvolgendo (ed entusiasmando). Ancora grazie a voi:-)
@ Paola
Grazie per aver riscritto il commento. Come ha fatto notare Letizia quello originale lo trovi comunque qui sopra…
Letizia, se c’è qualcosa di cui ho bisogno è di continua assistenza. Grazie:-)
@ Bruce Wayne
Un saluto a Robin.
@ Francesca Cenerelli
Grazie per il tuo contributo, cara Francesca.
@ Simona
Simo, bellissimo il riferimento a Ercole Patti. Brava e grazie.
Un saluto e un ringraziamento anche a Gianfranco Goria, Mari-Clarabella, Salvo, Amelia, Lucy (saluti a Charlie) e a tutti (perdonatemi se dimentico qualcuno).
Ho ricevuto una bella mail da parte di Salvatore Armando Santoro del Circolo Culturale Luzi: la pubblico di seguito a suo nome (ringraziandolo anticipatamente).
Quest’argomento mi interessa moltissimo.
Penso che nella crisi generazionale alla lettura, il fumetto possa essere un ottimo espediente per infondere nelle nuve generazioni, in modo direi piacevole, l’amore per la storia della letteratura.
Vi sono tanti personaggi che, se fumettati, forse invoglierebbero poi i giovani alla letture delle loro opere.
Pensa a personaggi come Rimbaud e Verlaine. Attraverso l’approfondimento delle loro vite contorte, magari i giovani scoprono anche le loro opere e se ne innamorino diventando a loro volta poeti ed amanti della letteratura.
D’altro canto vi sono già altri esperimenti del passato che direi hanno lasciato un buon segno su me stesso (che ero un mangiatore di libri) e che, pertanto, posso valutare in modo positivo quella esperienza. Mi riferisco in primis alla bibbia illustrata, pubblicata tantissimi anni indietro dalle Edizioni Paoline, poi alla storia romana ed anche alla esperienza dei Promessi Sposi pubblicata a fumetti in un volumetto di edizioni economiche di qualche anno indietro della Mondadori.
In tempi più recenti mi sembra di aver letto altre esperienze simili ad esempio sulla storia della Resistenza.
Insomma, il fumetto come mezzo figurato per trasmettere la scrittura.
Ora non posso fermarmi perchè sono impegnato sul mio portale. Ma ho salvato la pagina e la diffonderò su http://www.circoloculturaleluzi.net
Poi proverò a dare più corpo agli appunti che ora ho abbozzato appena.
Vedremo cosa ne uscirà fuori. Ma penso che tu abbia lanciato un’idea che potrebbe trovare consensi soprattutto nella scuola.
Ormai l’immagine sta conquistando spazi sempre più ampi tramite le trasmissioni televisive.Per me serve per fissare nella mente (come una pellicola fotografica fissa le immagini) una materia che la maggioranza dei letterati pensa non possa uscire fuori dai tradizionali binari della scrittura.
Staremo a vedere fra qualche anno cosa succederà. E se ciò servisse per rilanciare la produzione libraria sotto forma di fumetti?
Io dico che non sarebbe un’idea malvagia.
Un caro saluto ed auguri
Salvatore Armando Santoro
http://www.circoloculturaleluzi.net
Ecco… quella era la mail di Armando.
Da una mail ricevuta, a un’altra… firmata da Donatella Brindisi (consulente editoriale della casa editrice milanese BD).
La inserisco di seguito…
Caro Massimo,
seguo sempre con molta curiosità le interessanti discussioni sul tuo Letteratitudine, ottimo esempio di realtà culturale web vivace e alla portata di tutti: dunque i miei più sinceri complimenti per la tua preziosa attività di organizzatore, curatore e moderatore.
E complimenti anche per questo nuovo spazio che hai deciso di dedicare alla letteratura a fumetti. A tal riguardo mi piacerebbe proporre ai tuoi lettori e a te la lettura dell’ultima creatura di Luigi Bernardi, bravissimo scrittore italiano che si dedica anche alla sceneggiatura di potenti e intensi graphic novel.
Il titolo di questa sua ultima storia a fumetti è “CARRIERA CRIMINALE DI CLELIA C.” e racconta l’iniziazione alla camorra di una giovane donna napoletana. I disegni sono della giovane e validissima Grazia Lobaccaro. Il libro è da pochi giorni in libreria (l’editore è il milanese BD).
Considerando il tema di urgentissima attualità (raramente trattato con il mezzo espressivo illustrato), l’alta qualità del lavoro dei due autori e l’originale punto di vista narrativo femminile, ho pensato che dalla lettura di “CARRIERA CRIMINALE DI CLELIA C.” sarebbero potuti scaturire numerosissimi spunti di discussione per questo tuo spazio dedicato ai fumetti. Naturalmente inviterei anche i due autori di questo graphic novel a partecipare.
Luigi Bernardi, come molti già sanno, oltre che sceneggiatore di fumetti (bellissimo anche il suo “Habemus Fantomas” che, con i disegni del bravissimo Onofrio Catacchio, ha appena vinto il prestigioso premio Carlo Boscarato 2009 come miglior fumetto italiano dell’anno) è anche romanziere, saggista e consulente editoriale di molte collane noir (Einaudi, Derive Approdi, Fazi, Dario Flaccovio, Perdisa, …). Ma soprattutto, come sicuramente sanno tutti gli appassionati di fumetti e gli esperti del settore, Bernardi in Italia è una vera e propria istituzione della storia e della produzione di fumetti. Chi ha voglia può dare un’occhiata anche al suo sito internet
(http://www.luigibernardi.com/ )
dove sono riportare tutte le tappe della trentennale attività di Bernardi nel mondo del fumetto italiano, dalla fondazione delle benemerita Granata Press sino appunto ai graphic novel pubblicati negli ultimi anni con illustratori di grande valore (qui dettagli e recensioni sui suoi libri a fumetti: http://www.luigibernardi.com/speciali.asp ). Darei dunque spazio a loro (autori e lettori)!
Ho accolto con molto favore la mail di Donatella… peraltro conosco e stimo Luigi Bernardi.
Per cui, i primi ospiti dello spazio letteratitudiniano “Letteratura e fumetti” saranno proprio Luigi Bernardi e Grazia Lobaccaro che ci parleranno – nei prossimi giorni – della loro graphic novel CARRIERA CRIMINALE DI CLELIA C. (partecipando al dibattito).
Mi ero dimenticato di fare gli auguri ad Annalisa Stancanelli per il Premio Portopalo che, pochi giorni fa, è stato tributato al suo “Vittorini e i balloons”.
Brava, Annalisa!
@ Angelo Orlando Meloni
Il numero di Mono dedicato ai classici della letteratura è davvero di grande qualità.
Tra le varie cose ho apprezzato un’interessante intervista ad Alfredo Castelli. Magari potremmo pensare di riprodurla qui…
Auguro una serena notte a tutti.
Ringrazio e ricambio i saluti,mi rendo disponibile per una seduta anche per lei signor Maugeri…mi dicono che ha sofferto di “problemi di identità”…distorte?!
Con le buone o con le maniere alla Lucy le raddrizzo tutte le identità.saluto la stimabile compagnia.
caro massimo, la mia passione per l’arte sequenziale (per dirla alla eisner) è tale che da quest’anno tra i gruppi di lettura del circolo dei lettori di torino ce n’è uno animato dal sottoscritto: LO SPAZIO BIANCO, che non è il libro della Parrella, ma lo spazio tra una vignetta e l’altra, quello nel quale il lettore di fumetti si infila e crea mondi, a partire dalle suggestioni dell’autore.
bravo che ne parli, di fumetto. ce n’è bisogno.
Caro Maugeri, hai fatto benissimo ad aprire questo spazio. Ce n’era bisogno. Te lo dico credendo di interpretare la convinzione di tutti coloro che amano sia la letteratura sia i fumetti. Un plauso a tutti gli intervenuti.
sbaglio, o qualuno mi ha evocato?
ehm… qualCuno.
Caro amico,
non so chi ti ha evocato, ma il rischio di fare confusione con i nomi c’è. E io alla mia identità ci tengo. Te lo dico senza fare legnosa polemica.
Parola di personaggio letterario che potrebbe benissimo essere personaggio dei fumetti.
da AFNEWS
http://www.afnews.info/public/afnews/2009/10/letteratura-e-fumetto-ma-sul-serio.html
trovo questo forum molto interessante, con notizie per me nuove. voglio provare a rispondere alle domande, anche se non sono un esperto.
– L’arte del fumetto è inferiore, uguale o superiore a quella della letteratura?
un buon fumetto è superiore ad un romanzo scadente, un fumetto scarso è inferiore a un buon romanzo. la qualità dell’arte prescinde dal genere.
mi viene in mente un’altra possibile domanda. tra letteratura e fumetto, chi fa più arte e chi più artigianato?
– “I fumetti sono più per i ragazzi, la letteratura è più per gli adulti”. Questa frase è un luogo comune o nasconde un fondo di verità?
è una frase che nasconde un fondo di verità. da ragazzo leggevo più fumetti che romanzi, oggi è il contrario.
– Che rapporto avete con le “grapich novel” (romanzi a fumetti)?
qual è la differenza tra un graphic novel ed un fumetto?
– Cos’è che un romanzo a fumetti non potrà mai eguagliare in un classico romanzo? E, viceversa, cos’è che un romanzo tradizionale non potrà mai eguagliare in un romanzo a fumetti?
il romanzo evoca l’immagine attraverso la parola, il fumetto evoca la parola attraverso l’immagine.
– Qual è il personaggio dei fumetti che preferite?
ken parker
– In generale, lo “spessore” dei più grandi personaggi dei fumetti può essere paragonato a quello dei più grandi personaggi dei romanzi tradizionali?
credo di sì, ma non ne sono sicuro.
Ciao a tutti, sono stranamente riuscita a collegarmi anch’io. Primo: io il libro della Stancanelli l’ho letto tutto, e lei dopo mi ha anche interrogata, però non mi ha detto il voto che ho meritato, comunque posso dire che è un bel libro, un testo di saggistica scritto in modo professionale, del resto si è beccata anche un premio, meritandoselo. Quello che mi ha colpita è che è riuscita a scovare una delle mille sfaccettature di un grande intellettuale che era praticamente sfuggita allo studio generale. Leggendo il libro ho scoperto davvero un tratto di Vittorini, sapere che gli piacevano i fumetti e quali mi ha incuriosita. Chissà com’era lui, qunatna vitalità, quanta curiosità, quanta voglia di conoscere c’era nella sua mente. Penso che Annalisa sia stata proprio in gamba a fare questo lavoro.
Io ho sempre letto i fumetti, tra l’altro quelli che Vittorini amava sono stati una parte importante della mia formazione, BC, Linus e i Peanuts in particolare. Poi Disney, anche se crescendo mi ci sono allontanata, forse anche perché le nuove avventure di Topolino sono diventate un po’ più noiose delle prime. Poi ero una lettrice accanita di Pilot. Quando ero giovane.
cara Barbara, il voto è 9! Per gli amici del post una richiesta, dalla Tunuè mi dicono che la dicitura esatta è il graphic novel (romanzo grafico ) o i graphic novel; perchè non usare la nostra meravigliosa lingua? Da questo momento parliamo con entusiasmo di ROMANZO A FUMETTI!
In merito a Topolino anche Vittorini confessò la sua delusione verso le nuove storie postbelliche in un’intervista del 1964 disse che era diventato un conformista, un aiuto poliziotto perdendo la sua verve e la sua libertà.
Graphic novel (letteralmente “romanzo grafico”, in inglese) è un formato di fumetto in cui le storie sono più lunghe (come appunto un romanzo), autoconclusive e in genere rivolte ad un pubblico adulto.
Una tra le prime storie a fumetti ad autodefinirsi graphic novel fu Contratto con Dio, pubblicata da Will Eisner nel 1978 (la prima ad usare il termine è però Bloodstar di Richard Corben del 1975), ma la nascita vera e propria del genere è da farsi risalire a tempi più lontani, considerando solo che nel 1967 Hugo Pratt già aveva pubblicato Una ballata del mare salato, opera prima della serie delle avventure di Corto Maltese, considerata un vero e proprio “romanzo a fumetti”. Autori di graphic novel possono considerarsi, ad esempio, Alan Moore e Jiro Taniguchi.
Nel corso degli anni molti stilemi di questo genere, come lo spessore narrativo e la caratterizzazione psicologica dei personaggi, hanno profondamente influenzato tutto il panorama fumettistico, segnandone la crescita artistica. È una tipologia di fumetto molto curata e lavorata, in cui viene utilizzata tipologia di carta più pregiata rispetto ai classici fumetti. La sua distribuzione avviene in genere nelle librerie e non (o non solo) nelle edicole.
–
Il termine graphic novel viene comunemente flesso al femminile per assonanza con novella, in realtà l’inglese “novel” è un termine neutro la cui traduzione corretta è romanzo, non a caso la traduzione italiana di graphic novel è “romanzo grafico”. In realtà, quindi, “graphic novel” andrebbe flesso al maschile come indicato dall’Accademia della Crusca.
Graphic Novel: un po’ di chiarezza su un termine abusato
da qui: http://marcolupoi.nova100.ilsole24ore.com/2008/02/graphic-novel-u.html
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Inserito originariamente da Keene State College Mason Library Graphic novel (GN per gli amici).
Il termine mi è molto caro, forse perché il mio primo lavoro a livello professionistico nel lontano 1985 ne coinvolgeva proprio una, quel “romanzo grafico” KILLRAVEN di Don Mc Gregor e Craig Russell che oltre vent’anni fa vedeva la mia prima prova come redattore. Adesso, in questi ultimi due-tre anni, un termine che era ristretto a pochi addetti ai lavori è diventato una sorta di prezzemolo lessicale, e ha sostanzialmente finito per perdere la sua accezione specifica.
Qualsiasi libro a fumetti viene classificato graphic novel, con una totale banalizzazione di un concetto nato con un’idea specifica di formato e contenuto. I trailer cinematografici che recitano “dalla graphic novel di culto”. Le recensioni sui quotidiani che non fanno altro che parlare di graphic novel. Amiche insospettabili che mi dicono “Io leggo solo graphic novel”. Eccetera eccetera.
Ma cosa è una graphic novel, come nasce questo termine, come sarebbe corretto utilizzarlo?
Anzitutto, il concetto di graphic novel è radicato nella cultura americana del fumetto. Proprio gli statunitensi, che il fumetto hanno plasmato e fondato, lo hanno però per oltre settantanni relegato quasi esclusivamente nella sua dimensione seriale: prima strisce sui quoridiani, poi albi a fumetti periodici. Solo tra il 1971 e il 1978 in USA a escono i primi libri a fumetti creati appositamente e prioritariamente come pubblicazione libraria (come il Bloodstar di Corben o il mio amatissimo SILVER SURFER di Lee e Kirby), il termine “graphic novel” però viene coniato nell’ottobre 1978. Sulla copertina dell’edizione in brossura del CONTRATTO CON DIO di Will Eisner, appare per la prima volta l’espressione “graphic novel”, grazie al genio di quell’Eisner, che con il suo SPIRIT aveva creato negli anni ’40 il primo serial a fumetti non moderno, ma addirittura postmoderno.
Embrionalmente, quindi, l’espressione graphic novel raccoglieva dentro di sé quello che CONTRATTO CON DIO voleva essere, ed è stato, come vero e proprio manifesto di una nuova forma d’espressione letteraria.
Un romanzo grafico che
1) nasce direttamente come libro diretto al mercato librario, senza prepubblicazioni o edizioni in albo o serializzazioni
2) è un “romanzo”, un’opera compiuta che contiene una sua unità narrativa, racconta un’unica storia completa, con un inizio, un mezzo, una fine
3) si rivolge a un pubblico adulto, con una storia drammatica e senza compromessi e censure
Ecco, per come è nato, per come è stato concepito, il termine graphic novel nella sua accezione pura e originale connota esattamente quel formato, quell’oggetto.
In questa ottica non sono G.N. i manga giapponesi o gli album francesi, perché parte di collane, e di solito o spesso pre-pubblicati in rivista. Non sono G.N. neppure le centinaia di “trade paperback” americani che raccolgono da 4 a 12 capitoli usciti precedentemente in albo. Non sono G.N. le raccolte di strip. ma – in un’ottica fondamentalista – neppure MAUS, che fu prepubblicato su RAW o SIN CITY, prepubblicato in DARK HORSE COMICS PRESENTS, o LA BALLATA DEL MARE SALATO, anch’esso prepubblicato su rivista.
Solo che, se applichiamo la definizione originale del termine, tagliamo fuori una quantità abnorme di opere che possono anche essere state pre-pubblicate o serializzate, ma che come CONCEZIONE dei loro autori dovevano costituire fin dall’inizio un “unicum” narrativo, di formato, di storia: un romanzo per immagini.
Diciamo quindi che per rendere funzionale l’espressione, dobbiamo almeno accettare che una G.N. possa avere avuto una pre-pubblicazione seriale, purché, e ci tengo a dirlo, l’autore o gli autori l’abbiano sempre concepita come un “romanzo” completo, come un qualcosa da raccogliere poi in libro.
Con questo ammorbidimento del termine, otteniamo una descrizione di graphic novel abbastanza aderente allo spirito più profondo del fumetto moderno, escludendo però l’uso spurio e abusato dell’espressione. E possiamo iniziare a guardare la nostra libreria piena di volumi a fumetti, e a usare con cognizione di causa queste due parole bellissime che ci hanno dato negli ultimi trent’anni alcune delle opere più importanti del fumetto mondiale.
MARCO LUPOI
Ho realizzato 3 puntate x La storia siamo noi, di cui una è dedicata al giornalismo a fumetti ( con M. Satrapi, A. Spiegelman, de Bortoli, Serra etc) e altre sei puntate x Rai premium, di cui una si intitola LETTERATURA DISEGNATA ( Con Fofi, Bertolucci Mattotti, Gipi etc).
Saluti.
Giancarlo Soldi
PS nel catalogo di Skira su Giovanni Gandini con mio DVD allegato c’è un contributo sonoro di Eco e Vittorini!!!
Intervengo solo per ricordare qualcosa in cui ho sempre creduto: da un grande potere derivano grandi responsabilità.
Ecco. Il mio privilegio e la mia condanna.
Da un grande potere derivano grandi responsabilità, e da una grande fama deriva tanta celebrità.
Abbiamo lo stesso cognome, ragno… ma pur essendo meno noto di te rivendico un mio spazio.
Di me hanno detto che sono un personaggio insolitamente complesso e realistico, di quelli che subiscono una profonda evoluzione nel corso della serie. Mi hanno definito eroe poetico, con pregi e difetti molto umani. Dicono che rappresento uno dei punti più alti del fumetto in Italia e che ho accompagnato nella crescita un’intera generazione, affrontando temi adulti, mai prima toccati, soprattutto da un western (che, per per quanto mi riguarda, era e resta uno sfondo): omosessualità, razzismo, politica, ecologia, emarginazione, ecc.
Ken
…ragazzi mi state creando una certa confusione…ma Ken non eri il marito di Barbie,quella platinata troppo snella alla Kate Moss??
per giancarlo soldi
avevo mandato una copia del mio libro un anno fa in redazione per LA STORIA SIAMO NOI, Vittorini d’altronde, leggeva fumetti americani mentre svolgeva attività partigiana e diffondeva stampa clandestina,
nessun contatto però-…
ti interessa?
sono su facebook
Chi conosce il grande Moebius?
http://it.wikipedia.org/wiki/Jean_Giraud
http://it.wikipedia.org/wiki/Jean_Giraud
Ho segnalato due volte lo stesso link. Chiedo scusa. Ecco l’altro http://www.bpib.com/illustrat/giraud.htm
caro Geppetto, io sono sempre stato un suo fan, a dire il vero.
sono un buon diavolaccio.
Caspita. perfino Ken Parker?
Era uno dei miei preferiti. Bello trovarti qui, vecchio Ken.
Arfh,arfh, eccomi!
Lingua penzoloni per leggere i due interessantissimi report della Stancanelli e di Meloni, con cui mi complimento.
Chiaramente, arrivando adesso, non conosco l’andamento del dibattito, ma devo ringraziare sopratutto la Stancanelli per avermi ricordato (cosa che avevo stranamente rimosso) il grande amore di Vittorini per i fumetti.
…
Lodevole e significativo lo sforzo per riportare alla lettura dei fumetti un mondo di, ormai, non più lettori ma voyeur’s.
La gente non legge più, ne fumetti ne altro, la gente guarda: la tv; guarda i Tg (i servizi di approfondimento tipo quark sono considerati noiosi, come se sidovesse leggere e spesso “saltati”); sfoglia le riviste.
Il fumetto ha introdotto la nostra generazione alla lettura, lo studio era noioso, i fumetti allegri, ma nei magazine disegnati trovavamo letture e storie interessanti (Topolino: “il club delle giovani marmotte”- “Chissà, chi lo sa, etc…”).
Oggi credo che lo sforzo per far uscire dalla nicchia il fumetto sia immane, come far firmare il protocollo di Kyoto.
Il fumetto potrebbe essere la frontiera per riportare i giovani alla lettura e, perchè no, i cartoon’s.
Baci a tutti (omesso Zappulla che usa lo stesso deodorante di Popeye, a base di olio tonnato).
Come al solito ringrazio tutti per i nuovi commenti…
Un saluto e un ringraziamento a Didò, che ha scritto qui sopra.
Vedo con piacere che sono giunti nuovi personaggi: Geppo, Geppetto (Geppettooo???), Bruce Wayne, Peter Parker, Ken Parker.
Tutti personaggi saranno sempre i benvenuti in questo post.
Un ringraziamento anche per i contributi inseriti.
Il graphic novel, dunque. E non la graphic novel.
–
Rettifico dunque la domanda posta sopra che diventa:
Che rapporto avete con i “grapich novel” (romanzi a fumetti)?
Do il benvenuto a Giancarlo Soldi in questo spazio…
(Caro Giancarlo torna a intervenire quando vuoi: sarai il benvenuto!)
Saluti anche a Barbara Becheroni, Fabio Geda, Marco, Filippo, Alberto…
Nei prossimi giorni interverranno Luigi Bernardi e Grazia Lobaccaro…
@ Luigi e Grazia
Raccontateci qualcosa su CARRIERA CRIMINALE DI CLELIA C.
Come vi siete “organizzati” per realizzare il graphic novel?
Ai fumetti ( ed ai romanzi a fumetti ) preferisco di gran lunga i romanzi ( di narrativa ). Ora vi faccio arrabbiare con una provocazione…..
Per me il romanzo è un mondo, e il fumetto un quartiere. Ciao 🙂
arianna, ci sono quartieri che valgono più del mondo 🙂
Sono un appassionata di libri e di fumetti.
e felice amica di centinaia di libri e fumetti che mi faccio punto d’onore di frequentare spesso 😉 (per me i libri sono amici… che senso avrebbe incontrare una persona simpatica e non frequentarla più?)
Per prima cosa i fumetti non sono una arte moderna, possono essere considerati fumetti tutte le storie illustrate che troviamo nell’arte pittorica.
Un percorso ad ostacoli che ci porta dalle pitture rupestri, ai cicli religiosi sino a Yellow Kid.
In secondo luogo il canale “visivo” in una immagine è molto più diretto di quanto sia una parola (che va decodificata non solo in senso generale ma anche sulla base di quello che è la propria mappa di esperienza).
In terzo luogo c’è fumetto e fumetto, così come per i dipinti o per i libri è importante l’autore.
Di conseguenza quello che manca al libro “una ballata sul mare salato” rispetto al fumetto è l’arte che Hugo Pratt ci regala con pochi tratti di china.
Salambò di Flaubert sarà uno splendido testo ma non lo ritengo superiore alla versione fumetti del genio folle di Druillet, così come il Totentanz di Battaglia la cui Lady Ligeia mi è rimasta stampata negli occhi… e la stessa cosa posso dire dei Miti di Ctulu disegnati da Breccia.
Un Asterix è una perla in cui l’arte di Goscinny e l’ironia di Uderzo si fondono con risultati umoristici al livello dei migliori libri (non per nulla li leggo quando sto’ male fanno bene quanto una tonnellata di antibiotici e sono più digeribili)
le Graphic novel originali, cioè non le trasposizioni di testi precedenti in fumetti possono essere magnifiche quando l’autore è allo stesso livello delll’illustratore come l’incal di Moebius Jodorowsky o la saga degli immortali di Bilal.
Tutto sta’ come sempre anche in chi guarda, nei preconcetti e nei desideri che ha.
Fra i romanzi e fumetti c’è un po’ lo stesso problema che ci si trova di fronte al cinema, il personaggio del romanzo sarà come il regista o l’illustratore l’ha immaginato, quindi diverso da quello che il lettore ha immaginato.
Si tratta di due universi diversi, in cui come sempre è la genialità la chiave.
Ciao da Enrica
Insomma
l’insomma è rimasto lì non si sa perchè… :-))))
ho letto della graphic novel sicuramente la precisazione è esaustiva… ma penso che come in molti altri casi una definizione così rigida e ristretta i modificherà se non lo ha già fatto ad accogliere tutte quelle storie che sono nate per essere scritte in fumetto. sarebbe difficile infatti per qualsiasi non sia molto addentro al tema ricordarsi se una cosa è sta pubblicata prima in libro o no.
Non mi prendete in giro: ma c’è qualcuno/a che da piccolo/a leggeva Tiramolla? E’ un fumetto per bimbi, lo so, ma a me piaceva da matti.
volevo spendere due parole su un grande del fumetto mondiale che si chiama Frank Miller http://it.wikipedia.org/wiki/Frank_Miller
Lo conoscete?
Non ho mai considerato i fumetti come letteratura in senso tradizionale.
@Amelia: Tiramolla è un classico, il suo nome è anche legato al disegnatore giorgio rebuffi (che non ne fu l’ideatore), uno dei miei preferiti di sempre insieme al grandissimo luciano bottaro.
oltre a tiramolla, ricordi le storie con il cane Pugacioff, il luposki della steppaff?
indimenticabili.
concordo pienamente con il pensiero di Armando Santoro di cui sopra… il fumetto come mezzo figurato per trasmettere la letteratura ai più giovani. In fin dei conti, se i libri di Stilton non fossero graficamente impostati come li conosciamo, non credo avrebbero mietuto così tanto successo! La grafica fa la sua bella parte, attira… non solo riguardo i contenuti cartacei, ma anche riguardo ad Internet: chi di voi si trattiene in un sito dove la grafica è assente o poco curata? Di questo ci sarebbe da scrivere un’intera nuova discussione…
Insomma, con i giovani vale la regola del ‘il vestito fa il monaco’ e, nella fattispecie, ‘il fumetto rende accattivante la letteratura’.
Ciao
– L’arte del fumetto è inferiore, uguale o superiore a quella della letteratura?
E’ una forma differente ne superiore o inferiore.
– “I fumetti sono più per i ragazzi, la letteratura è più per gli adulti”. Questa frase è un luogo comune o nasconde un fondo di verità?
Generalmente il fumetto ha un linguaggio scritto piu semplice, anche per ovvi motivi di spazio, tuttavia vi sono fumetti particolarmente elaborati dal punto di vista della narrazione (che si fonda sulla fusione tra testo e disegno, il linguaggio scritto è solo una parte della narrazione).
In ogni caso il fumetto soffre di una difficoltà di penetrazione su alcuni segmenti di pubblico e di tematiche, ma non vi è nulla che il fumetto non possa narrare.
– Che rapporto avete con le “grapich novel” (romanzi a fumetti)?
Sono una parte della produzione, alcune sono belle, altre brutte, alcune piacciono altre no.
– Cos’è che un romanzo a fumetti non potrà mai eguagliare in un classico romanzo? E, viceversa, cos’è che un romanzo tradizionale non potrà mai eguagliare in un romanzo a fumetti?
Trascendendo i limiti propri dei mezzi credo che non vi sia alcuna differenza, grandi romanzieri possono dire e fare quello che grandi fumettisti possono dire e fare poichè la loro grandezza è data anche dalla padronanza del messo espressivo. Il fumetto da questo punto di vista offre semmai una variante interessante quando disegnatore e sceneggiatore sono artisti distinti, cosa che in letteratura accade meno di frequente (cioè romanzi scritti a piu mani o condivisione di universi narrativi).
– Qual è il personaggio dei fumetti che preferite?
Sono diversi in funzione al tipo di fumetto che si prende in considerazione.
– In generale, lo “spessore” dei più grandi personaggi dei fumetti può essere paragonato a quello dei più grandi personaggi dei romanzi tradizionali?
In realtà credo che sia il personaggio dei fumetti a giganteggiare su quello dei romanzi. Il personaggio dei fumetti spesso (non sempre) vive in un universo narrativo che a cui contribuiscono piu artisti (sia sceneggiatori che disegnatori). I personaggi dei fumetti vivono finchè hanno mercato e per questo devono necessariamente adeguarvisi, nel bene e nel male, il personaggio del romanzo “vive” dentro il romanzo o i suoi romanzi ,se appartiene alla letteratura di genere,ma tende a non potersi mai staccare dal suo autore (magari anche con fastidio dell’autore stesso).
I personaggi dei fumetti possono seppellire anche i loro stessi creatori, rimanendo all’interno dello stesso mezzo, con una percentuale di successo infinitamente maggiore di quanto accada in ambito letterario. Tutti noi abbiamo letto fumetti di Paperino, che è stato creato da un cartoonist (Walt Disney non ha mai creato un fumetto in vita sua), portato a livelli di immortalità da Carl Barks (che era invece anche un fumettista) e tenuto sempre attuale da una grande schiera di bravi autori e soppravvissuto come personaggio laddove questi autori vi erano (per esempio in Italia). Quanti di noi hanno letto un romanzo di Sherlock Holmes che non sia di Conan Doyle? (per stare alla letteratura di genere, la piu vicina al fumetto).
Questo non vuol dire che il personaggio dei romanzi non sia sempre attuale, ma è “intrappolato” dentro il suo romanzo o romanzi e vive grazie solo al suo creatore, finendo, inevitabilmente, per essere storicizzato.
Il personaggio dei fumetti no, lui viene re-interpretato nel tempo pur non venendo mai snaturato.
La capacità di incidere “culturalmente” sulla società come è accaduto per alcuni personaggi dei romanzi è legata a doppio filo con il successo sia in ambito critico letterario che di pubblico condizioni che in teoria potrebbero verificarsi anche per il fumetto.
Enrica, anche io considero i libri miei amici… da rispettare, da presentare ad altri perché non li ami io sola.
Mauro, concordo con te. In effetti i personaggi dei fumetti hanno una grande capacità metamorfica – un superpotere! – cioè quella di cambiare pur rimanendo se stessi. Conan Doyle ci ha regalato Holmes che è finito in opere teatrali, fumetti, film, giochi… ma è legato sempre al suo autore.
Ho letto un bellissimo Spiderman attuale, in cui la grafica era meravigliosa e accompagnava una storia “montata” in modo impensabile rispetto agli anni Sessanta in cui il fumetto nacque (credo), storia che rende Peter Parker più problematico e meno supereroe che un tempo.
Ciao Amelia… anche io leggevo TIRAMOLLA e GRAN TIRAMOLLA…
🙂
Grazie a Lupoi, che ci permette di chiarirci le idee sul “genere” GN…
Il personaggi dei fumetti che amo di più?
ora
Corto Maltese sicuramente
Flash Gordon e il principe Vaillant da quando ero piccola (ho ancora qualche album sopravvissuto ai traslochi, dei fratelli spada anni sessanta)
e della stessa epoca adoro Rip Kirby i vestiti di Honey e Pagan sono alla pari con quelli di Grace Kelly.
Lone Sloane di Druillet è oltre ogni immaginazione
e l’arte di Jean Giraud in arte Gir o Moebius… non è da meno… amo il tenente blueberry quanto John Difool dell’Incal!
per l’humor asterix e Un-pa-pa di goscinny sono insuperabili
come la claire bretecher del bolotto occidentale
ma faccio fatica a fermarmi qui…
dal corrierino dei piccoli all’eternauta a metal hurlat da pilot al linus alterlinus eureka, corto maltese o il mago…… nonostante i traslochi le alluvioni e i disastri del gatto ne ho di fumetti ancora ad ingombrare le librerie 🙂
> – L’arte del fumetto è inferiore, uguale o superiore a quella della
> letteratura?
Dipende.
Come disse Francesco De Gregori: ” ci sono belle canzoni superiori a
molte brutte poesie e viceversa” 🙂 Lo stesso vale per i fumetti
Assumere che l’arte … sia per default superiore o inferiore suona
ridicolo.
> – “I fumetti sono più per i ragazzi, la letteratura è più per gli adulti”.
> Questa frase è un luogo comune o nasconde un fondo di verità?
I fumetti nascono per i “lettori” analfabeti di un giornale USA di
fine ottocento, poi diventano “roba da bambini”, negli anni 60
del novecento espressione della “controcultura”, negli anni …
insomma ora ci sono fumetti per tutte le età, colture, eccetera.
> – Che rapporto avete con le “grapich novel” (romanzi a fumetti)?
quelle belle mi piacciono 🙂
> – 1) Cos’è che un romanzo a fumetti non potrà mai eguagliare in un classico
> romanzo? 2) E, viceversa, cos’è che un romanzo tradizionale non potrà mai
> eguagliare in un romanzo a fumetti?
1) La potenza evocativa.
Posso immaginare a modo mio i personaggi dei romanzi, gli ambienti;
cinema e fumetto tolgono ogni possibilità di immaginare.
Certo, dipende dall’autore del romanzo.
Una delle critiche che si fanno a Manzoni, Mann, Proust è quella
appunto di lasciare poco all’immaginazione: descrivono tutto e troppo.
2) il non detto. Memorabile l’espressione di Constantine ne The Swamp
Thing quando si fa riferimento a “l’incidente”.
Nessun romanzo potrà mai raccontare tanto su un personaggio quanto
riesce a fare quella singola vignetta.
> – Qual è il personaggio dei fumetti che preferite?
Death
> – In generale, lo “spessore” dei più grandi personaggi dei fumetti può
> essere paragonato a quello dei più grandi personaggi dei romanzi
> tradizionali?
In generale non ti so dire 🙂
Dipende.
Grazie a tutti per i nuovi commenti. Ci sono nuovi intervenuti a cui dò un caldo benvenuto a Letteratitudine!
Saluti ad Arianna Aretino, Enrica Paresce (una super esperta!), C.F.V., Santo, Mauro S., Paola, Antonio e tutti gli altri.
Rispetto ai personaggi di romanzi e fumetti mi pare che Mauro dica una cosa importante sulla possibilità di re-interpretazione nell’ambito dello stesso mezzo espressivo (romanzo, appunto, o fumetto): Il personaggio dei romanzi “è “intrappolato” dentro il suo romanzo o romanzi e vive grazie solo al suo creatore, finendo, inevitabilmente, per essere storicizzato.
Il personaggio dei fumetti viene re-interpretato nel tempo pur non venendo mai snaturato.
In attesa degli interventi di Luigi Bernardi e Grazia Lobaccaro, inserisco (di seguito) la prefazione dello stesso Bernardi a “Carriera criminale di Clelia C.”
A PROPOSITO DI CLELIA C. E DEL RACCONTO CRIMINALE
di Luigi Bernardi
–
Fra il 1999 e il 2003 mi sono nutrito di cronaca nera. L’ho fatto per dare risposta a un paio di domande che mi ingarbugliavano i pensieri.
La prima era seria. In Italia si cominciava a parlare di sicurezza, ne parlavano i giornali e le televisioni, i politici rincaravano la dose. Mi pareva che dietro quell’insistenza ci fosse qualcosa, se non un disegno almeno una semplificazione. Da più parti avanzava l’idea che l’insicurezza, invece di rappresentare lo spaesamento di fronte al venire meno delle protezioni statali spazzate via dalla globalizzazione dei mercati, avesse una più semplice e banale lettura di ordine pubblico. Sei insicuro?
È colpa degli extracomunitari: sono loro il tuo nemico. Nei paesi geograficamente e culturalmente vicini, nei quali, come in Italia, l’ombrello pubblico era stato ripiegato, avveniva lo stesso. La differenza era nell’indicazione del nemico: per i francesi erano i giovani violenti, per i tedeschi le bande di turchi e i gruppi neonazisti.
La medesima sensazione di insicurezza dava luogo alla identificazione di tre tipologie diverse di nemici. Difficile non pensare che però si trattasse di nemici di comodo, inventati per l’occasione, per nascondere una realtà che sarebbe stata ben più difficile da comunicare, e persino da sopportare.
La seconda domanda, all’apparenza meno scabrosa, mi spingeva con uguale urgenza al ragionamento. L’Italia criminale raccontata dai giallisti aveva una qualche attinenza con le notizie della cronaca? In altre parole, il come e il perché si uccideva nel giallo italiano (quello che i redattori delle pagine culturali chiamavano e chiamano tutt’ora noir) corrispondevano al come e al perché si uccideva nella vita di ogni giorno? La risposta era palese: no, questa attinenza e questa corrispondenza non c’erano, nonostante fossero gli stessi giallisti a pretenderle, rivendicando la connotazione fortemente realistica dei romanzi che pubblicavano. Se la quotidianità era lo scenario di delitti senza progetto, di impazzimenti progressivi, di motivazioni illogiche, il giallo era un teatrino nel quale tutto si ricomponeva sotto il principio
della ragione, o perlomeno della ragionevolezza: gli omicidi avevano un movente, le indagini procedevano spedite, tutt’al più ritardate da qualche grattacapo che affliggeva l’investigatore, un malanno fisico o incomprensioni sentimentali con la bella di turno. Inciampi comunque di scarsa consistenza: il colpevole finiva per pagare il proprio conto con la giustizia. Il giallo, in definitiva, procedeva secondo principi di una realtà ideale, coincidente con una sorta di idealità narrativa, opposti a quella che riflettevano le strade e le case. La realtà ideale consolava il lettore,
lo rassicurava regalandogli un mondo dove le cose andavano come dovevano andare, e potevano persino cambiare in nome della solidarietà e della giustizia. La finzione era così convincente che il giallo italiano ha potuto proporsi come modello di indagine sociale, lui che spesso arrangiava il mondo a seconda delle esigenze del plot.
Da quei cinque anni di documentazione ho ricavato materiale per altrettanti libri, molti articoli, un testo teatrale e un’onda lunga di suggestioni. Non era solo la cronaca spiccia degli ammazzamenti che mi interessava. Buona parte dei ritagli avevano a che fare con la criminalità organizzata, piccole notizie che prese singolarmente avevano poco valore, ma a cui iniziavo a dedicare sempre più attenzione.
Così, accanto a omicidi imbecilli compiuti da gente fuori di senno, in quegli stessi anni ho seguito la prosperità degli affari di Cosa nostra, certe guerre di camorra, l’espansione della ’Ndrangheta in gran parte dell’Europa, l’irruzione sul territorio italiano di varie mafie straniere, la fine, inattesa e forse fortuita, della Sacra corona unita, uccisa dal tracollo del contrabbando di sigarette, unico business nel quale eccelleva, il cui intermediario, il presidente montenegrino Milo Djukanovic, era finito nel mirino della Nato galvanizzata dal facile successo in Kossovo.
La criminalità organizzata è molto più articolata del delitto spiccio, ogni fatto non si esaurisce in se stesso, come un omicidio passionale, ma richiama qualcosa che è successo prima e anticipa una risposta a venire: dà il senso di una strategia in atto. Le organizzazioni criminali soccorrono le debolezze dell’essere umano, entrano in gioco quando l’uomo non sa differire alcuni suoi bisogni, veri o indotti: potere, sesso, droghe, denaro, rischio, convenienza. La criminalità organizzata asfalta
la via breve per la felicità. Il conto è salato per le singole tasche e per l’intera economia nazionale, la quale reclama una risposta. Come si orchestra la lotta contro queste criminalità? Al di là dei successi episodici, importanti, ma troppo spesso sopravvalutati dagli inquirenti, dalla stampa e dai ministri di turno, per sconfiggere definitivamente le organizzazioni criminali bisognerebbe ricorrere a una drastica mutazione genetica: cambiare l’uomo e sue attitudini.
Ho sempre trovato patetico, o almeno ipocrita, chi professa ad alta voce il suo essere contro le mafie, salvo poi permanerne cliente quotidiano. Così come triste è la pretesa di combattere la criminalità organizzata attraverso gli strumenti presunti della cultura. Per sconfiggere mafia, camorra, ’ndrine (solo per rimanere alle aggregazioni italiane) la cultura non serve, semmai potrebbe entrare in gioco dopo, quando si tratterebbe di ricominciare, a patto che sia una cultura forte, capace di trasformare i desideri e i sogni dell’uomo. Per ridurre la potenza della criminalità organizzata, o quanto meno la sua pretesa di controllare il territorio e le popolazioni di intere regioni, occorrerebbe un sistema giudiziario capace di aprire contemporaneamente almeno ottantamila fascicoli, uno stato capace di imprigionare nelle stesse ore i destinatari di quelle ottantamila indagini, un sistema penitenziario in grado di accoglierli. Servirebbero poi forze di ordine pubblico in numero sufficiente per tenere a bada la rabbia di parenti e amici degli arrestati,
nonché un sistema capace, il giorno dopo gli arresti, di far ripartire l’economia su basi diverse.
Sconfiggere la criminalità organizzata non è possibile, ormai è entrata a pieno diritto nell’economia pulita, quella che manovra i soldi in borsa e investe i profitti nei settori industriali e dei servizi. È stato detto che il fatturato delle economie criminali in Italia ammonta a un terzo del prodotto interno lordo. Se calcoliamo quanto denaro di origine malavitosa ma ormai ripulito concorra allo stesso Pil, allora facciamo presto a renderci conto che non esiste partita, che hanno vinto loro e
indietro non si può tornare, pena una recessione dagli effetti sconvolgenti.
“Carriera criminale di Clelia C.” è una storia di camorra. Ho raccontato il sogno camorrista di una donna che si trova per destino dentro il teatro degli avvenimenti, perché figlia di un uomo che di crimine ha sempre vissuto, fino a morirne. “Carriera criminale di Clelia C.” è una storia di fantasia, anche se un ruolo importante giocano vicende storiche che hanno riguardato la criminalità napoletana: nel primo capitolo il terremoto, il rapimento Cirillo, la guerra fra la Nuova Camorra Organizzata di Cutolo e la Nuova famiglia; nel secondo la lotta intestina fra i clan della Nuova Famiglia; nel terzo la guerra fra l’Alleanza di Secondigliano e i clan Misso, Mazzarella e Sarno. Sullo sfondo di vicende che hanno scosso la storia di Napoli, ma anche sul filo del progressivo imbarbarimento dei costumi nazionali, ho inseguito il sogno, la rabbia e la determinazione di una donna che apprende da subito le nuove direttrici criminali. Oltre le logiche guerriere dei clan, ho raccontato gli aspetti che raramente ottengono i titoli dei giornali, ovvero come la criminalità faccia presto a ripulire il denaro, investendolo in lucrosi affari immobiliari e nell’altrettanto remunerativo impiego borsistico.
Questo libro contiene i primi tre capitoli, riassunti nel titolo “L’ascesa”. Negli altrettanti e conclusivi capitoli del secondo volume, “Il trionfo”, si capirà meglio perché ho scritto questa storia, e come “Carriera criminale di Clelia C.” faccia parte di un progetto più ampio inteso a raccontare il passato recente ma anche il futuro prossimo di una nazione che non sa più identificare i propri nemici, perché ha scelto di chiudere di occhi e nutrirsi di consolazione.
Ecco. Questa qui sopra è la prefazione di Luigi Bernardi pubblicata previa autorizzazione da parte di Donatella Brindisi.
Intanto qui la discussione continua (se volete).
Ne approfitto per augurare a tutti voi un buon fine settimana.
Amici di Letteratitudine, caro Massimo: qualche giorno fa il direttore artistico del Festival dell’Utopia, Alfia Milazzo, ha lanciato con un commento sul post DARE SPAZIO ALL’UTOPIA una intelligente proposta agli scrittori, giornalisti etc. che frequentano questa miniera di idee che è Letteratitudine. Siccome immagino che l’attenzione principale degli “blog-nauti” si sia già da un po’ spostata su questo nuovo post di Massimo, mi permetto di ripresentare la proposta di Alfia Milazzo anche qui, scusandomi anticipatamente con Massimo per lo sconfinamento…
Ecco quanto ha scritto Alfia:
@tutti
Rivolgo un invito a tutti i grandi scrittori e poeti che frequentano letterattitudine non solo a partecipare di persona ai seminari, ma anche a partecipare virtualmente con una lettera di una cartella dedicata al tema dell’utopia e della città. Le vostre “riflessioni” saranno esposte nella sala delle conferenze della Villa delle Favare e costituiranno una sorta di percorso di approfondimento sull’argomento. Un segno, un vostro dono ai ragazzi del festival, una roadmap fatta di fogli da leggere “al volo”, una giostra di testi che raccoglieremo e, se sarete daccordo, pubblicheremo insieme ai lavori dei docenti dei seminari e dei vincitori del premio. Sono convinta che la generosità con la quale avete aderito al dibattito inaugurato dal nostro grande e importante “padrone di casa” Maugeri, debba trovare una “foce” argomentativa nel corso del festival. Di questo tesoro da voi creato sarebbe auspicabile rendere testimonianza a tutti coloro che prenderanno parte ai seminari. Grazie a tutti di cuore. Per l’invio potrete usare la mail del festival: festivaldellutopia@gmail.com
Secondo me la Letteratura e i fumetti, oggi, sono mezzi espressivi diversi che e’ bene restino distinti. Ciononostante, niente impedisce che esistano dei capolavori in entrambi i campi. Nel Medioevo era diverso: gli affreschi avevano – tra le tante altre – anche la funzione di apparire come una specie di ”fumettoni” che illustravano agli analfabeti le Sacre Scritture. Ma da allora, di acqua sotto i ponti ne e’ passata tanta e le due arti si sono differenziate, hanno cioe’ fatto ognuna il proprio percorso storico. I romanzi illustrati mi possono anche risultare gradevoli, purche’ le illustrazioni siano di livello artistico adeguato alla qualita’ della scrittura – ed e’ cosa rara che questo succeda, mi pare.
Per Annalisa Stancanelli: i documentari che faccio li produco direttamente, solo dopo la reaizzazione li vendo a “La storia siamo noi”, quindi del tuo libro non so nulla. Se vuoi contattami
Un saluto a, Sergio. E un bentornato a Giancarlo.
I fumetti hanno scandito la mia vita, come i libri. L’importante è riuscire a selezionare quelli buoni (fumetti e libri) che il tempo è poco. Saluti a tutti.
Ad Angelo Orlando e Maria Lucia.
Grazie, i vostri commenti mi consolano. Allora posso dirmi orgogliosa di essere una vecchia lettrice di Tiramolla?
Gli altri fumetti che indica Angelo non li conosco, però mentre che ci sono rivelo di essere anche una vecchia lettrice di Provolino. Qualcun altro, per caso, leggeva pur Provolino?
Gentile Amelia Corsi, Provolino in verità non nasce come fumetto. Si tratta infatti di un “pupazzo”, ideato da Raffaele Pisu, molto famoso in Italia tra gli anni ‘ 60 e ‘ 70.
Per maggiori informazioni può consultare questa pagina di wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Provolino
hehehheehehhehe… cara Amelia, ho il sospetto che a indagare troveremmo chissà quanti insospettabili lettori di tiramolla.
🙂
Con un ritardo imbarazzante, mi scuso, ecco qui l’intervista ad Alfredo Castelli:
–
Alfredo Castelli
Un’intervista dove si scopre che l’autore mysterioso è anche il più bufo del fumetto italiano.
Alfredo Castelli e la bufaggine delle cose mysteriose.
Intervista su Fumetto, Letteratura e Freud.
MonoIntervista Alfredo Castelli
Autore bufo e mysterioso che ci parla di fumetto, letteratura e…
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–
di Sergio Badino e Daniele Bonomo
–
– Da storico del fumetto e autore di saggi e articoli sulle sue origini che idea ti sei fatto del percorso della narrazione grafica e del suo rapporto con la letteratura?
Ritengo che il fumetto sia letteratura; uno speciale tipo di letteratura che fa uso delle immagini. Credo anche che, purtroppo, salvo casi davvero rari e non legati a mode del momento, la critica letteraria si rifiuti di considerarlo tale, a prescindere dalla validità dell’opera: insomma, il mezzo fa il messaggio. Questo approccio – a lungo tenuto anche nei confronti della fantascienza e del poliziesco – deriva da un’endemica forma di provincialismo della nostra critica che da sempre rifiuta ciò che è popolare (l’equazione è: “se un’opera piace a tutti, non vale niente”; la probabile spiegazione dell’atteggiamento è: “io che ho studiato tanto non posso avere gli stessi gusti della mia vicina che ha fatto le elementari”). Va anche detto che, oggettivamente, non esistono moltissimi fumetti a livello della letteratura “alta” o “medio alta”.
Se per rapporto tra fumetto e letteratura intendete la versione a fumetti di opere letterarie, dico che la cosa può essere fatta senza scandalo e con ottimi risultati, così come può essere realizzata una buona versione cinematografica di un romanzo. Tutto questo se si tiene presente che compiendo la riduzione si cambia il mezzo narrativo, quindi cambiano tantissime caratteristiche a esso specifiche (ritmi, tempi, scansioni e via dicendo). Credo che a volte il peggior tradimento nel passaggio di un’opera da un mezzo all’altro venga compiuto quando – magari proprio per rispettare l’opera stessa – si vuole forzare quanto è stato pensato per una certa fruizione a un altro tipo di fruizione diversa dall’originale. Insomma, il miglior mezzo per non tradire un’opera è spesso quello di tradirla totalmente.
–
– Dunque, secondo te, in Italia la cultura cosiddetta “ufficiale” ha scarsa considerazione del fumetto in quanto mezzo “popolare”. È così in tutto il mondo?
Ni. Non conosco nessun paese (chissà, forse il Giappone) in cui il fumetto sia portato in palmo di mano (attorno al mezzo aleggia sempre un alone di sospetto), ma va detto che in certe nazioni la critica è molto più possibilista. In Francia, per esempio, tutte le forme di letteratura popolare sono valutate e apprezzate (soprattutto se gli autori sono francesi, in base al postulato nazionalistico “Se è francese è per forza buono”).
–
– Veniamo alla tua produzione: come rivedi gli anni passati sulle riviste per ragazzi (Il corriere dei ragazzi e Il Giornalino, per citarne due) e quali differenze avverti tra quel periodo e quello attuale?
Molto stringatamente: allora si vendeva bene, e quindi c’erano editori anche grandi (Rizzoli, Mondadori) disposti a investire e a sperimentare. Ora questo non accade più, e questo è male.
–
– L’Omino Bufo e Martin Mystère: le tue creature più celebri sono antitetiche in tutto. Cosa direbbe Freud di questa contrapposizione?
Non è vero. Come Martin Mystère, l’Omino Bufo è un attento osservatore della realtà, che viene filtrata attraverso la sua percezione, e…
Garantisco che, volendo, potrei scrivere un lungo saggio spiegando che i due personaggi sono in fondo identici. Così come potrei dimostrare che non hanno punti in comune. Il che, in parole povere, vuol dire che Freud mi riscontrerebbe doppi problemi di schizofrenia.
–
(La versione integrale dell’intervista è stata pubblicata su Mono 7, I Classici della letteratura, Tunué)
Grazie per il tuo graditissimo contributo, caro Angelo.
Non è mai troppo tardi per intervenire in questo post, giacché (lo ricordo) è un forum permanente dedicato al rapporto tra “letteratura e fumetti”.
bella l’intervista di alfredo castelli!!
Caro Massimo,
ti ringrazio per l’invito che mi hai rivolto tramite il nostro comune amico Gordiano, in relazione al lavoro che mi sta pubblicando ‘FOING! Storie di paperi’. Sono a tua disposizione e a disposizione dei visitatori del tuo blog per qualunque domanda o richiesta vogliate pormi. Tra l’altro, l’impostazione che ho dato al libro riguarda da vicino proprio alcune delle domande che tu rivolgi agli amici di questo blog, soprattutto in riferimento al rapporto tra letteratura e fumetto e tra personaggi della letteratura e dei fumetti, naturalmente con una impostazione molto leggera. Ciao e grazie ancora, Paolo
Caro Paolo, grazie a te per essere già intervenuto. In effetti ci tengo molto che questo spazio (questo forum permanente) dedicato al tema “letteratura e fumetti” continui a essere attivo.
Due parole sul libro di Paolo Gentili: “Foing! Storie di paperi” (edizioni “Il Foglio”, 2009, p. 195, euro 15 )…
Scavatrici giocattolo, ventini fatali, città perdute, pepite d’oro grosse come uova, nipoti pestiferi e paperi sfortunati! Ma anche viaggi al polo, zombie e riti voodoo, clessidre magiche, ammaestratori di serpenti e scatole pensanti, tutto in “Old California style”. Il mondo di Carl Barks, il genio dei paperi, riassunto in un libro che prova a raccontarlo fuori dai soliti schemi, evocando le emozioni e le nostalgie che le leggendarie storie del periodo d’oro (1948-1955) del maestro dell’Oregon hanno suscitato, da sempre, nei lettori. Un libro che celebra, insieme alle umanissime vicende dei paperi, una profonda passione per quei fumetti e quei personaggi straordinari, divenuti ormai, quasi a nostra insaputa, caratteri indelebili nell’immaginario degli uomini e delle donne di oggi. Nel tentativo di porli definitivamente a fianco dei grandi della “letteratura” di tutti i tempi.
Il libro è acquistabile su Ibs, qui: http://www.ibs.it/code/9788876062568/gentili-paolo/foing-storie-paperi.html
Paolo, raccontaci un po’ come nasce questo libro…
–
E poi, ti invito a rispondere (se hai voglia) alle domande del post:
–
– L’arte del fumetto è inferiore, uguale o superiore a quella della letteratura?
– “I fumetti sono più per i ragazzi, la letteratura è più per gli adulti”. Questa frase è un luogo comune o nasconde un fondo di verità?
– Che rapporto avete con le “grapich novel” (romanzi a fumetti)?
– Cos’è che un romanzo a fumetti non potrà mai eguagliare in un classico romanzo? E, viceversa, cos’è che un romanzo tradizionale non potrà mai eguagliare in un romanzo a fumetti?
– Qual è il personaggio dei fumetti che preferite?
– In generale, lo “spessore” dei più grandi personaggi dei fumetti può essere paragonato a quello dei più grandi personaggi dei romanzi tradizionali?
Ho esteso l’invito anche ad Alessandro Del Gaudio.
Anche Alessandro è un autore de “Il Foglio”.
Nel 2008 aveva pubblicato questo libro: “L’ identità segreta. Supereroi e dintorni”
http://www.ibs.it/code/9788888515724/del-gaudio-alessandro/identita-segreta-supereroi.html
Eroi, guerrieri, maestri e divinità in terra, condottieri di eserciti e generali reietti, uomini dalle inaspettate qualità e donne dall’incredibile fascino, alieni e mostri: supereroi. La morte e la vita, la terra e lo spazio sconfinato, macchine dal cuore umano e muscoli d’acciaio, amore e vendetta. Un saggio che non pretende di analizzarli tutti, ma di rivelarne i segreti e metterne in luce la storia, le origini, i destini. Tante storie che abbracciano svariati generi: fantascienza, fantasy, horror, thriller, spionaggio, avventura, a volte comici a volte tragici, sempre fantastici. America, Giappone, Italia. Dalla A di Alita alla Z di Zagor. Un viaggio che non ha mai fine ma che porta in edicola, passando per Tv e cinema.
Di recente, Alessandro Del Gaudio, ha pubblicato un vlume sui manga giapponesi: “KYOKO MON AMOUR – Vent’anni di manga giovanili”
Vediamo un po’:
1) Non farei una classifica. Credo che si tratti di due sistemi di comunicazione affini con alti e bassi comuni. E’ vero, comunque, che certi fumetti sono enormemente superiori a quasi tutto quello che ho letto, ma è anche vero certi altri sono ben poca cosa; lo stesso a termini invertiti. Il valore, quindi, sta nell’idea che origina il contenuto, comunque esso venga espresso, e l’idea è un concetto universale cui si dà un valore universale. Vorrei anche ricordare che la scrittura nasce, in Sumer, come disegno e si evolve poi, semplificandosi, in segno. Forse esagero nel dire che c’è un’origine comune, tra fumetto e letteratura, ma non credo di andare troppo fuori dal seminato.
2) Anche qui rifiuto la suddivisione adulto/ragazzo: il fumetto è la letteratura del ragazzo che è in ogni adulto, basta esser sinceri con noi stessi, cercarlo a fondo e riconoscerlo, questo ragazzo.
3) Le graphic novel sono uno dei contenitori che preferisco. Penso che abbiano contribuito a dare al genere una certa aura di professionalità che prima, a torto, non aveva. Il fumetto seriale, però, entro certi limiti temporali e di autore, secondo me è superiore, ma di diversa, meno immediata, fruizione. Le strisce, poi, sono tutta un’altra cosa!
4) Se un fumetto è ben fatto, allora una sola vignetta, a volte una sola espressione (come per lo Scrooge di Barks) può raccontare quanto una pagina (o più) di romanzo, basta saperla ‘vedere’. La capacità ‘visiva’ o ‘visionaria’ del fumetto, che sta nell’immagine e, secondariamente, nella trama, pareggia i conti con la grande varietà della ‘parola’ scritta. Se proprio vuoi un dato, direi che il fumetto ha una ‘immediatezza’ che al romanzo può mancare, forse una capacità di rivivere le emozioni in maniera più fresca, rapida, che la pagina scritta difficilmente fornisce; d’altronde, il romanzo sollecita la capacità ‘immaginativa’ di ognuno di noi, ci spinge a ‘sognare’ di più.
5) E’ difficile citarne uno solo: Spiderman, Silver Surfer, Scrooge, Donald Duck etc. Se dovessi citarne uno direi il primo Popeye di Segar, ma non ditelo a Krazy Kat perché si offenderebbe!
6) Senza dubbio! Scrooge ne è un esempio lampante.
Come è nato il libro? Da una passione, come per i super-eroi. Solo che, nel caso di Barks, non credevo di averla. Invece, poco a poco, il vecchio papero ed i nipoti sono venuti fuori, a rivendicare un posto, nel mio immaginario, ben più importante di quello che, superficialmente, gli avevo attribuito. Nel libro cerco di spiegarlo meglio. Ciao, Paolo
Caro Paolo, grazie per le tue risposte.
Ti invito (se puoi e se ti fa piacere) a inserire qui tra i commenti un brano tratto dal tuo libro.
Prima, però, chiedi l’autorizzazione a Gordiano…
Caro Massimo,
Gordiano è d’accordo, naturalmente. Ti mando un breve passo dalla Prefazione. Mi scuso per le risposte banali che ho dato, farò meglio in futuro. Ciao, Paolo
“E’ l’infanzia che ci rende quelli che siamo. Tutto quello che ci accade, durante gli anni terribili e meravigliosi dell’infanzia, tutto quello che, con gioia o sofferenza, sperimentiamo allora in ogni singola parola detta o taciuta, negli sguardi non sempre comprensivi degli amici o negli occhi, pieni di promesse, delle ragazze, nei colpi inferti e subiti, nelle infinite delusioni, forse più che nelle poche soddisfazioni, nei libri letti e in quelli, come amori trascurati, che non leggeremo mai, nelle dolci carezze ricevute o in quelle, più segrete, che avremmo voluto ricevere, nell’affetto che non abbiamo mai dato … tutto, proprio tutto, influisce su quella persona che oggi ci vive dentro. E ogni singolo passo che facciamo, è il ragazzo, il bambino che eravamo a farlo con noi e a dirci che non lo avremmo mai compiuto se lui non ci fosse stato, che senza il suo sguardo sfuggente, impulsivo, apparentemente senza sosta, il nostro, oggi, sarebbe diverso, opposto, forse più tranquillo, forse più violento. Così, le sensazioni di amore o avversione che proviamo adesso per quel che ci circonda, persone o cose, nascono allora e sono rimaste lì, dentro, ad attendere il momento giusto per guidarci, nel bene e nel male, per maturare nel nostro modo di pensare e di comportarci, nel nostro modo di vivere accanto o separati dagli altri. Tutto il tempo che verrà, tutta la vita adulta, chiamiamola così, è già presente allora, pressoché decisa, stabilita, irrevocabile, a volte bellissima, spesso normale, o tragica, quasi sempre crudele. Questo imprinting, che non è predestinazione o fatalismo perché basato su scelte personali, vale anche per le cose più semplici, per quei piccoli avvenimenti considerati, sul momento, trascurabili, magari subito dimenticati ma che, poi, riappaiono quasi all’improvviso e ci sbalordiscono. Anzi, forse sono proprio le piccole cose, quelle apparentemente dimenticate, che operano in noi, indisturbate, per condurci ovunque stiamo andando, ripresentandosi alla memoria, continuamente, come nuove. Questa impressione mi sembra esser vera anche e soprattutto per certe particolari situazioni dell’infanzia, effimere solo in superficie, che allora vengono vissute come distrazioni o svago, senza particolare attenzione, senza pianificazione, e nei confronti delle quali, proprio per questo, non alziamo difese critiche di alcun genere. Come le letture, spesso disordinate, che facciamo da bambini o da ragazzi. Non quelle ‘importanti’, necessarie, che non sono solo un passatempo (come potremmo dimenticarci, o non serbare emozioni, di un Melville letto a 15 anni, di un Tolkien, di uno Stevenson, di un London o di Salgari, come di un Cesare, di un Erodoto?), ma quelle apparentemente ‘minori’, che spesso si fanno per distrarsi dalla scuola e dallo studio, quindi con più piacere. E, invece, accade che, a fianco dei grandi immortali, sempre più vediamo spuntare oggi, nei nostri ricordi, persistente, l’immagine di qualcosa d’altro, un fugace personaggio che ci è passato una volta davanti agli occhi e che abbiamo usato, sfruttato con superficialità, così, per trascorrere un pomeriggio piovoso, un’ora sola.”
Che bello, Paolo… l’infanzia come imprinting, anche dei lettori che siamo adesso. Ne sono convinta anch’io. Che nostalgia per i Topolino adocchiati in edicola, poi letti e conservati come tesori, sognati come adempimento di promesse genitoriali e ora ricordi di ore trascorse come vignette fugaci.
Concordo con Maria Lucia,è bellissimo il pensiero espresso in questa prefazione,e quanto è vero!Leggo e sorrido,ma sento una calda nostalgia salirmi nell’animo ripensando a tanti di quei “piccoli avvenimenti” di cui parla Paolo. E’ assolutamente indispensabile per tutti noi portare dentro e nutrire negli anni quel bambino del passato che oggi ci caratterizza più che mai.Apriamo la porta dei ricordi, potrebbe sorprenderci davvero tutto ciò che può entrare in noi stessi se solo abbassiamo un pò il livello di “filtro” dato dagli anni.
un caro saluto
Ciao Massimo, personalmente trovo che i fumetti e i romanzi siano in grado di completarsi pur restando ben distinti. Purtroppo l’idea comune è che il fumetto sia una forma di intrattenimento più giovanile e pulp, un prodotto usa e getta che solo di recente, fortunatamente, ha cominciato ad essere considerato un’arte. Basta leggere le opere di Miller, di Schulz, della Satrapi, di Hugo Pratt, di Katsura per riconoscere al fumettista un ruolo di autore, con la creazione di personaggi solidi e trame introspettive. E poi ci sono personaggi potenti come i protagonisti dei romanzi, da Batman a Corto Maltese a Kenshiro. Dopo aver stampato un saggio nel 2003 sui supereroi, che è stato ripubblicato in altre due edizioni, tra pochi giorni darò alle stampe un saggio sui manga giovanili, Kyoko mon amour, in cui mi sono occupato della letteratura per immagini. L’editore è Il Foglio, che si è sempre occupato con attenzione della nona arte.
Caro Paolo, grazie per aver inserito questo breve passo tratto dalla Prefazione.
Ringrazio anche Gordiano Lupi per averci concesso l’autorizzazione.
E un caro saluto di benvenuto anche a Alessandro Del Gaudio.
Caro Alessandro, parlaci un po’ di questo tuo nuovo libro in uscita sui Manga giapponesi (anche questo uscirà per i tipi de “Il Foglio” dell’amico Gordiano Lupi)…
Era il 1993, al termine del liceo, proprio il mese di luglio. Ricordo che ero seduto a tavola e per la prima volta avevo visto alla televisione un episodio di Maison Ikkoku. Non era un cartone animato nuovo, non era la prima volta che lo trasmettevano, eppure in tutti gli anni del liceo non avevo mai prestato molto interesse a questa storia che, diversamente da quelle che seguivo, parlava della vita di tutti i giorni. L’autrice non mi era nuova, i tratti ricordavano quelli del più famoso Lamù, una serie ormai diventata cult da noi e che aveva meritato all’autrice il titolo di principessa dei manga. Come scoprii alcuni mesi dopo, il suo nome era Rumiko Takahashi ed era una delle fumettiste meglio pagate al mondo, nonché una delle donne più ricche del Giappone, tanto che ancora oggi i suoi guadagni sono equiparabili a quelli dei grandi campioni dello sport e delle star del cinema.
Con Maison Ikkoku fu amore a prima vista. Non nego che la passione scaturì dalla mia esigenza di trovare un posto nel mondo, di crearmi un’indipendenza economica e personale, di mettermi in gioco. In ogni puntata i protagonisti intrecciavano le proprie vicende, che ruotavano per lo più attorno a una decina di personaggi, e delineavano un climax solo apparentemente leggero, robusto invece, ben congegnato. Il Giappone, che agli occhi dell’Occidente appare come una potenza economica in cui tradizione e fantascienza si mescolano, filtrava come un paese del mondo sviluppato, una società matura, opulenta come e, anzi, più della nostra, attraversata da contraddizioni difficili da spiegare. Ma anche come un paese normale, distante dalle visioni di una certa filmografia che del Sol Levante ha sempre e solo mostrato le stranezze e le distanze. Che sorpresa vedere un ragazzo di 19 anni affrontare gli esami per entrare all’università, prendere la metropolitana, fare i lavori più disparati per guadagnarsi da vivere e potersi pagare un affitto in una pensione, soffrire per le delusioni e rialzarsi per ogni piccola conquista. Che sorpresa appassionarsi alla sua storia e scoprire che potrebbe essere quella non solo di qualsiasi giapponese della sua età, ma di qualsiasi ragazzo al mondo.
Il manga di Rumiko Takahashi, a cui l’autrice lavorò saltuariamente, mentre realizzava la sua opera prima, Lamù appunto, fu solo l’inizio di una lunga storia che proseguì con altri autori, alcuni dei quali sono trattati in questo saggio. Ma credo che il segno lasciato dalla “principessa dei manga” non si sia limitato al fumetto perché, forse proprio grazie al suo capolavoro, in Giappone prese piede quella letteratura giovanile che ebbe grande seguito anche all’estero e che in Italia è stata inaugurata da Kitchen di Banana Yoshimoto.
@ Alessandro Del Gaudio
Grazie per il tuo intervento, caro Alessandro.
Facci sapere quando il tuo libro sarà disponibile per l’acquisto (so che è in uscita nei prossimi giorni).
Non conosco benissimo la realta dei manga, in Italia… dunque ti chiedo: che tipo di riscontro c’è, sui manga, nel nostro paese? Esiste un lettore-tipo dei manga giapponesi?
Ringrazio Maria Lucia e Francesca Giulia per le belle parole. Vorrei però dire che il libro non è tutto così ‘nostalgico’, anzi, ho cercato di chiarire, più avanti nella Prefazione, che la nostalgia è un elemento, una chiave verso qualcosa di più radicato e profondo. Un saluto, Paolo
Be’, Paolo… chi vorrà conoscere il seguito, potrà sempre acquistare il libro :-))
In bocca al lupo!
Ricambio il saluto…
Parlaci meglio del mondo giapponese, come ti chiedeva Massimo. E poi del superamento della nostalgia.
🙂
molto interessanti i nuovi contributi al post.
a proposito di fumetti, ho appena finito di leggere le ristampe dei primi 4 volumi degli x men di grant morrison, e li trovo molto belli. chissà cosa ne pensano i lettori di letteratitudine di quel geniaccio di grant morrison.
Ciao Massimo, credo che i manga negli ultimi anni si siano guadagnati una buona fetta di considerazione e rispettibilità nell’ambito editoriale, dando scacco al fumetto occidentale forse proprio per la varietà delle temariche affrontate. Come specificato anche nel mio saggio, esiste una sorta di Hollywood del fumetto, ed è proprio quella del fumetto giapponese che è l’unico a trattare tutti i possibili argomenti un po’ come fa l’America con il cinema. E oggi si parla molto di più di manga, vuoi perché ci sono molti autori occidentali che hanno allacciato un interscambio artistico con quelli giapponesi, vuoi perché il tratto stilistico manga è ormai diffuso, vuoi ancora per l’affermarsi del cinema d’animazione d’Oriente che con autori quali Hayao Miyazaki e Satoshi Kon si è fatto apprezzare nei prinicipali festival mondiali. Le ragioni potrebbero essere molteplici… Il lettore tipo è compreso tra i quindici e i quarant’anni, cioé tra chi è cresciuto con i manga nelle edicole e chi ricorda con nostalgia i cartoni animati degli anni 70.
@ Angelo
Se penso agli X-Men dei fumetti la mente va subito al mitico numero uno firmato dallo storico duo Stan Lee & Jack Kirby (dovrei averne una copia dell’editoriale Corno conservata da qualche parte). Mi piacerebbe saperne di più su Grant Morrison…
@ Alessandro Del Gaudio
Grazie, Alessandro… facci sapere quando il tuo libro (che come ho detto è in uscita) sarà disponibile per l’acquisto…
Grant Morrison è un autore di successo che negli anni è sempre a imporre il suo stile visionario, vero marchio di fabbrica, anche ai personaggi più importanti. Ha firmato tantissime opere, si va da Animal man (stupendo) ai volumi degli X men, ma la lista sarebbe lunga.
Ciao Massimo, il mio libro è uscito oggi. Tra l’altro fino al 31 dicembre, per chi lo compra direttamente tramite l’editore è acquistabile a metà prezzo, vale a dire 7,50 euro. Si puà consultare il sito http://www.ilfoglioletterario.it
Grazie mille, Angelo. Cercherò di saperne di più su Grant Morrison.
@ Alessandro Del Gaudio
In bocca al lupo, caro Alessandro.
Mi permetto di inserire il link diretto:
http://www.ilfoglioletterario.it/Catalogo_Fumetti_Kyoko.htm
Grazie Massimo. 😉
visto che di letteratura e fumetto si parlava, non posso non segnalare questo volume, Farsi un fuoco, di Chabouté, pubblicato da BD, ispirato a uno dei più famosi racconti del grande Jack London:
http://www.edizionibd.it/volumi.php?id=630
dopo la lettura di Farsi un fuoco di Chabouté (http://www.edizionibd.it/volumi.php?id=630) riaggiorno la segnalazione con cui si chiudeva momentaneamente questo post su letteratura e fumetti.
che dire, se non che invito tutti gli amanti dei fumetti a leggere l’albo, pubblicato da edizioni BD? Farsi un fuoco è infatti un succoso aggiornamento di una tradizione di adattamenti letterari già molto affascinante (basti pensare al grande Dino Battaglia). Considerando che il racconto di London da cui è tratto il fumetto è amatissimo da folle di lettori, la sfida non era da poco.
buona lettura a tutti.
Vorrei provare a rilanciare questo forum su “letteratura e fumetti” segnalandovi questo “Laboratorio di Fumetto” rivolto a tutti e organizzato da “Lo Schiaffo”
http://www.loschiaffo.org/fumetto-work-in-progress/
–
@ Sabina Corsaro
Cara Sabina, potresti fornirci qualche informazione in più?
Qui, invece, la bella intervista a Vincenzo Sparagna… a cura di Sabina Corsaro.
http://www.loschiaffo.org/intervista-a-vincenzo-sparagna/
–
Sabina, vorresti raccontarci qualcosa in più su Sparagna?
Che impressione ti ha fatto?
Ci sono personaggi dei fumetti capaci di entrare nell’immaginario collettivo come i grandi personaggi della Letteratura?
Dico, ma scherziamo? E’ sotto gli occhi di tutti che la letteratura contemporanea è avarissima di grandi personaggi in grado di ripopolare l’immaginario collettivo. Questi grandi personaggi risalgono quasi tutti all’epoca in cui il romanzo era al suo massimo rigoglio e nel quale la differenza tra letteratura colta e letteratura popolare si assottigliava.
Oggi la produzione di questi personaggi emblema è quasi per intero frutto della produzione fumettistica.
La letteratura contemporanea, più che in sé, ha imposto Personaggi Emblema attraverso il passaggio cinematografico (da Maigret a James Bond).
Il fumetto li ha imposti da solo.
Prendiamo uno dei più celebri personaggi letterari del mondo: Dracula. Se si fa un’inchiesta volante per la strada, qualsiasi persona interpellata saprebbe dire chi è. Già qui, però, il letterario comincia a fondersi con il cinematografico. Da questo punto di vista Dracula è un antecedente di James Bond. Di altri grandi personaggi letterari non si può dire altrettanto: Madame Bovary ha avuto le sue trasposizioni cinematografiche e televisive, ma non deve nulla della sua popolarità a queste trasposizioni. Ora: quale personaggio letterario contemporaneo può vantare altrettanta trasparenza con l’immaginario popolare?
Se si continua il sondaggio stradale chiedendo ai passanti: chi è il Giovane Holden, quanti saprebbero rispondere? Uno su dieci? Uno su cento? Uno su mille?
Prendiamo invece un personaggio dei fumetti: l’Uomo ragno, Diabolik, Tex, Valentina, Topolino, Charlie Brown … chi più ne ha più ne metta, e nella nostra intervista stradale quasi tutti gli interpellati saprebbero di chi si parla.
La “narrativa per immagini” (definizione che preferisco a quella di “letteratura disegnata”) ha come suo specifico compito e risultato quello di creare Personaggi , ospiti elettivi dell’immaginario popolare. Questo risultato è ottenibile in virtù non solo della composizione del fumetto, ma della sua natura di medium. Un fumetto ci accompagna serialmente dall’infanzia alla maturità. E’ parte della nostra formazione costante.
Dalle lettura di questo forum, si capisce benissimo, che la maggior parte dei partecipanti è costituita da lettori di narrativa letteraria. Il fumetto è considerato collaterale. Ma chi è oggi il lettore di fumetti? Lo si può ancora considerare un pre-lettore, un lettore debuttante che comincia ad uscire dall’analfabetismo attraverso il supporto delle immagini alla narrazione? No. Oggi la divisione passa tra lettori (di tutto) e non-lettori. I lettori di fumetti (com’è testimoniato dalle rubriche della posta che molti fumetti ospitano) non sono lettori esclusivamente di fumetti, sono anche lettori di romanzi e di saggistica. Al contrario i lettori di romanzi e di saggistica, spesso leggono solo marginalmente i fumetti, nei loro giudizi sui fumetti sono legati al vissuto personale, non certo a una conoscenza della Storia del Fumetto, né della sua Attualità. Un fumetto troppo ingenuo, rozzo nel linguaggio letterario e nella strutturazione delle storie, come in quello grafico/visivo, oggi non avrebbe alcuna possibilità di successo. Il lettore di fumetti è molto più raffinato di quanto non si pensi. A un lettore di fumetti il Moccismo ripugna. Citatemi un solo fumetto che abbia espresso personaggi alla Moccia! Non ne esistono. Eppure la base di massa del fumetto è ben radicata nell’adolescenziale.
Ma si tratta di adolescenti molto raffinati. Le strutture di racconto di certi Manga trasposti o nati da cartoni animati (Lupin III, Occhi di gatto, Lady Oscar) sono estremamente complesse e ben più ricche delle trame semplificate e ripetitive dei normali telefilm non animati. Si comincia ad alimentarsi di queste strutture fin da piccolissimi. Spesso quando si comincia a leggere romanzi, si resta delusi nel non rintracciare altrettanta complessità e capacità di seduzione nella Letteratura consueta , quella cioè destinata alla popolarità effimera del Bestseller.
Il fumetto di massa è oggi superiore non tanto e non solo per livello estetico, ma per capacità di incidere nella nostra formazione, rispetto alla narrativa di massa che tende a ripetere stereotipi, a parte eccezioni notevoli (come Harry Potter, per dirne una). Banana Yoshimoto ha dichiarato: “non avrei mai potuto scrivere romanzi, se non fossi stata da bambina una fan di lady Oscar”. Il fumetto oggi evoca scrittura. Se non si capisce questo, non si capisce il ruolo “letterario” del fumetto.
Intervengo in questo primo momento intanto per salutare tutti gli amici di Letteratitudine e per ringraziarti,caro Massimo, per la tua consueta e gentile ospitalità.
Il Laboratorio di Fumetto organizzato da Lo Schiaffo vuole essere un’occasione, un piccolo spazio, per poter coltivare la passione per la letteratura per immagini (come diceva Gianfranco Manfredi, che ho qui il piacere di conoscere).
In realtà lo scopo di questo laboratorio di Fumetto è quello di realizzare elaborati (da parte di chi è appassionato di questo tipo di linguaggio artistico) che possano poi essere esposti in una mostra collettiva, essere inviati ad un concorso a carattere nazionale e dare l’opportunità di incontrare un grande nome del mondo del fumetto che è Vincenzo Sparagna, che con molta disponibilità ha accettato di fare parte di questo progetto ed io, in quanto Direttore Editoriale de Lo Schiaffo, non posso che esserne onorata.
Le iscrizioni sono ancora in corso quindi il work in projet è ancora da attuarsi.
Volevo invece rispondere quanto prima alle mie impressioni su Sparagna e alle considerazioni sulla sua splendida carriera, ponendo anche attenzione agli argomenti interessanto posti da Gianfranco Manfredi.
Spero di rispondere stasera o al max entro domattina.
Sabina Corsaro
Eccomi di nuovo qui.
Comincio da Vincenzo Sparagna. Cosa dire di lui? Gli appassionati di fumetto (specie quelli che avevano già più di 15 anni negli anni ’80) non possono non ricordare i grandi nomi legati alle innovazioni e provocazioni artistiche rappresentate dalla rivista “Cannibale” (diretta dal Gruppo Tamburini, Scòzzari, Pazienza, Mattioli e liberatore) Oppure a Il Male, Frìzzer, che per l’Italia e l’Europa di quegli anni costituiscono un momento di forte impatto e di significativo passaggio culturale.
E sapranno molto più di me (che non sono un’esperta di fumetto ma mi piace creare spazi e spunti per l’arte in tutti i suoi codici espressivi e credo che il FUMETTO DOC vada preservato e messo in evidenza accanto alle altre forme d’arte.
Vincenzo Sparagna è una persona di intenso spessore culturale, ha l’animo dell’artista che crede che le sue esigenze artistiche partano e confluiscano in quella che lui chiama ‘missione’.
Per il discorso fatto da lei Gianfranco, ritengo che ogni linguaggio sia esaustivo e autonomo e che le trasposizioni (di qualsiasi natura siano e qualunque effetto producano) attuino una penalizzazione del prodotto finale. E’ vero ci sono libri che rientrano trai capolavori mondiali da cui sono nate altrettanti capolavori nei linguaggi artistici ‘alternativi’ (nel senso di altra forma): pensiamo a Il Gattopardo: capolavoro nella letteratura, capolavoro nel film di Visconti. Forse bisognerebbe capire che tra un quadro ed un libro passano miriadi di differenze ma non legate ad una gerarchia, così come tra un pezzo musicale e una striscia di fumetto. Eppure tutti sono TESTO e quindi parlano attraverso il loro linguaggio: non aspettiamoci un film sull’Odissea fedele tout court ai versi Omerici. Ci sono poi i casi in cui avviene un paradosso: la trasposizione risulta più efficace e popolare del testo originario (Cavalleria Rusticana ne è un esempio lampante, così come altri).
chiedo venia per vari periodi lasciati un po’ sospesi ma vado molto di fretta…
Cara Sabina,
grazie per essere intervenuta.
Quando potrai (se potrai), ti invito a raccontarci qualcosa sugli esiti (sul riscontro) derivante dal “Laboratorio di Fumetto” che hai messo su con “Lo Schiaffo”.
Domanda: hai mai pensato di farlo diventare un laboratorio permanente?
Ho anche aggiornato questo post inserendo il testo del gradito intervento di Gianfranco Manfredi (corredandolo con foto)… guardate su, alla fine del post.
Reputo questo intervento particolarmente interessante, dato che Manfredi ha grande competenza sia dal punto di vista letterario (è uno scrittore prolifico che ha pubblicato con diversi editori: da Feltrinelli a Gargoyle), sia dal punto di vista fumettistico (è il creatore della serie Bonelli, “Magico Vento”).
Caro Massimo, vedremo come si svolgeranno gli incontri, siamo ancora nella fase promozionale (non ancora esauritasi) ma con piacere vi aggiornerò sugli esiti.
Potremmo pensare al fatto di farlo diventare un laboratorio permanente, coinvolgendo ad esempio per ogni ciclo un esperto del Fumetto (come partecipazione straordinaria) che possa offrire la propria presenza per qualche incontro con gli allievi del laboratorio.
In realtà i curatori del laboratorio potrebbero essere vari e diversi di volta in volta, per dare la possibilità ai vari gruppi di allievi di conoscere vari tipi di fumetto, poiché ogni professionista porta un suo particolare e specifico genere. Certo se Vincenzo Sparagna e qualcun altro fossero in modo costante presenti per ogni ciclo sarebbe importante e prestigioso.
Il nostro, intanto, caro Massimo, è un primo esperimento, quindi stiamo un po’ vedendo anche il tipo di approccio col pubblico. Ad esempio i corsi di fotografia hanno già avuto il loro riscontro, ed è stato più facile mettersi in moto.
Per quanto ci siano molti appassionati di fumetto siamo anche consapevoli che ci saranno riscontri diversi in base alle differenti città, in base al contesto culturale, all’attivismo e dinamismo di queste. Il nostro progetto è anche quello di tentare la stessa iniziativa anche in qualche altra città, per capire il grado di ricezione.
E’ un tentativo un po’ temerario ma siamo ottimisti.
Sono lieta di aver avuto il commento di Gianfranco Manfredi, spero di confrontarmi nuovamente con lui in seguito.
Cara Sabi, auguro gran fortuna al laboratorio fumettistico che hai organizzato. Conoscendoti sono certo che si tradurrà in un meritato (e prolungato) successo.
Grazie caro Massimo, incrociamo le dita!
Cara Sabina, scrivo solo per segnalarti una mancanza e un’urgenza (a mio avviso). Sparagna ha sempre incrociato nelle riviste da lui dirette fumetto e realtà sociale, compito che oggi pare passato alle graphic novel (ma in versione prevalentemente autobiografica, minimalista e melanconica). La realtà giovanile in particolare nel fumetto italiano pare marginalizzata. da noi non sono usciti fumetti come Love and Rockets, tanto per fare un esempio. La Bonelli si mantiene da sempre sul suo specifico ambito narrativo che è quello dell’avventura pura. La Disney si sa. Altri editori lavorano in un solco imitativo della produzione fumettistica più diffusa. Le riviste si sono inaridite, se non spente. D’altro canto la GRAFICA in generale (anche quella murale) fa oggi parte della cultura giovanile spontanea molto più di qualche decennio fa. Si potrebbe dire che il posto occupato dalla musica per i giovani degli anni 60 e 70, sia stato oggi occupato dalla grafica. Questi giovani in Italia non trovano sbocco espressivo, in quanto gli editori maggiori si tengono lontani per loro scelta da temi contemporanei e dalla rappresentazione della realtà giovanile in particolare. Soltanto i Manga si sono lasciati largamente infettare, ma si sa, non sono di produzione italiana. Dunque progetti come il tuo rispondono a un’indubbia esigenza e spero possano trovare diffusione , magari attraverso la Rete, superando il modello dell’esordio individuale ( molti esordienti sono stati pubblicati dal Centro Andrea Pazienza, sulla rivista Schizzo e supplementi, ma la maggior parte di questi esordi sono rimasti fini a se stessi). Personalmente mi occupo di scenari storici (il west, l’Etiopia – vedi il mio fumetto Volto nascosto – la Cina – vedi la nuova serie cui sto lavorando ambientata durante la Rivolta dei Boxer e che uscirà nell’inverno 2011), dove sono richiesti disegnatori assai esperti e la libertà grafica è ridotta anche per problemi di format, di racconto sequenziale ecc., caratteristiche fondanti del fumetto narrativo e popolare. Però molto altro si dovrebbe fare e di questa mancanza sono consapevole. Un ragazzo di oggi se apre un albo a fumetti, può sempre volare con la fantasia, però non ritrova se stesso, non vede gli ambienti in cui vive, non sente rispecchiati i suoi problemi, né trova espressa la creatività della sua generazione. Questo rinnovamento del fumetto italiano è mia convinzione che possa venire solo dal basso. Dunque faccio i migliori auspici per la tua iniziativa.
CHE BELLO QUESTO POST!!
Io ho imparato a leggere a 4 anni con Topolino, mi ricordo ancora la prima riga che ho letto “siamo salvi!ecco che arriva un carro di fieno!!” Topolino e Shamrock Bondes…Sono, come ho già scritto in un altro post, una lettrice onnivora. Ho amato tutti i fumetti dei paperi nella mia infanzia, oltre a Tiramolla, la Pantera Rosa, Diabolik, Alan Ford, Zagor, Tex, Supermen,Spiderman….poi crescendo ho imparato ad amare Milo Manara, Hugo Pratt, Crepax e poi… i fumetti argentini, l’eternauta, Wood e Salinas, amo immensamente Dago che mi ha fatto conoscere il xiv secolo in un modo inaspettato…. quando in stazione vedo raccolte di Lanciostory non riesco a fare a meno di comprarle, una volta ho anche perso il treno!!e poi Dylan Dog, Martin Mistere….
Ci sono dei liberi bellissimi, che sono paragonabili a dei racconti e serie lunghissime che sono come e meglio di un romanzo….
Meglio un buon fumetto che un libro di Fabio Volo o di Moccia….ma in questo forse denuncio la mia età…(oltre al fatto che non conosco i manga giapponesi ..)
Grazie mille, cara Stefania…
“Riprendo” questo post per mettervi al corrente di un bell’evento segnalatomi da Annalisa Stancanelli.
Riporto, di seguito, il comunicato.
–
Il 23 luglio saranno trascorsi 102
anni dalla nascita di Elio
Vittorini; al Bar Minerva di Siracusa in
Ortigia di fronte alla via
chiamata dallo scrittore la Parasanghea nel
Garofano Rosso la
professoressa universitaria Gigliola Nocera, la
giornalista e
scrittrice Annalisa Stancanelli e il giornalista Dino
Cartia parleranno
di Vittorini. La “Vittoriniana ” sarà un ‘occasione
per parlare con
Annalisa Stancanelli del suo libro “Vittorini e i
balloons. Vittorini e
i fumetti del Politecnico” (Bonanno editore)
recentemente esposto
all’Italian American Museum di New York e delle
sue nuove ricerche su
Vittorini e l’immagine che confluiranno in un
nuovo libro, pittura,
fotografia e arti visive in generale, del libro
di Dino Cartia su Elio
Vittorini “Occhio di sole.Elio Vittorini,
Siracusa nel cuore” (ed.La
Voce) e dei due libri pubblicati da
Emanuele Romeo editore che
riguardano le opere del padre di Vittorini,
Sebastiano, una traduzione
e una raccolta di poesie. Presenterà la
serata la giornalista Veronica
Tomassini, leggerà brani tratti dai
libri Mirella Parisini. Presenti
anche Emanuele Romeo e Armando Galea.
Inoltre Annalisa mi dà la bella notizia che il suo libro è esposto a New York presso l’iTALIAN AMERICAN MUSEUM.
Complimenti ad Annalisa Stancanelli.
Pubblico anche questo articolo apparso su “Siracusa news”.
–
Vittorini in America: il libro di Annalisa Stancanelli dedicato a Vittorini e i fumetti è esposto all’Italian American Museum di New York
–
Il sogno dello scrittore siracusano Elio Vittorini di andare a New York e fare un lungo viaggio negli Stati Uniti non si realizzò mai, prima per motivi politici, poi per l’emergere di tristi vicende familiari e infine per la malattia che poi lo condusse alla morte. Il libro di una siracusana, Annalisa Stancanelli, collaboratrice della nostra testata, su “Vittorini e i fumetti del Politecnico” è, invece, sbarcato a New York e dalla settimana scorsa è esposto all’Italian American Museum. E’ stato lo scrittore nisseno Salvatore Paci a consegnare il saggio della Stancanelli, insieme al suo suggestivo romanzo “2012”, al direttore del celebre Museo di Murberry Street, Joseph Scelsa, come esempi della narrativa e saggistica siciliana. Paci ha evidenziato la calorosa accoglienza ai due libri tributata da tutti i presenti alla cerimonia di consegna, dai membri dello staff del Museo a numerosi italoamericani e visitatori, che sono rimasti sorpresi della novità contenuta nello studio della docente aretusea; è a conoscenza di pochi studiosi, infatti, la storia della scelta “libera” e coraggiosa dello scrittore siracusano di pubblicare fumetti americani, da Popeye a Topolino, sul “Politecnico” , prestigiosa rivista culturale del secondo dopoguerra alla quale era destinato il compito di fondare “una nuova cultura”. “E la storia di Vittorini si risolve in un’unica immagine, stupenda e indimenticabile per chi l’ha conosciuto in vita. L’immagine della libertà, legata alla prima pronuncia della verità umana” diceva Carlo Bo, che aveva apprezzato la cifra più importante della mente e dell’animo di Elio Vittorini, l’aspirazione insaziabile alla libertà, in tutte le sue sfumature. Era il continente Americano per il siracusano Elio il paradigma della libertà a tal punto di desiderare per tutta la seconda parte della sua vita, dal secondo dopoguerra a pochi anni prima della morte, di recarvisi; a questo scopo lasciò all’editore americano dei suoi libri una parte dei guadagni per poter poi finanziare un eventuale suo viaggio. Nonostante qualche anno prima di morire avesse confessato a Mario Rigoni Stern il suo sogno di trasferirsi in Canada, era New York, tuttavia, ad attrarlo come una calamita, la metropoli a cui aveva dedicato un lungo articolo con foto sul Politecnico in un numero del giugno 1946. “Per la nostra fantasia di ribelli a una società provinciale troppo disposta alle sieste e agli idilli in mezzo al silenzio della natura, New York significò la Città, un luogo dove gli uomini avessero assunto, senza evasioni né rimorsi, con tutto il coraggio e la pertinacia, il proprio compito di incidere e trasformare a forza di cronaca la torbida faccia del mondo”. Ora, grazie al libro di una siracusana ed alla bravura di uno scrittore nisseno, New York potrà sapere della passione del siciliano Vittorini per Topolino e Snoopy.
Ho aggiornato questo spazio permanente dedicato al rapporto tra “letteratura e fumetti” accennando a “Hernán Henriquez e Gugulandia: Il disegno animato cubano e il fumetto satirico, con il contributo di Gordiano Lupi e in collaborazione con il blog “Terzapagina”…
Hernán Henriquez e Gugulandia
Il disegno animato cubano e il fumetto satirico
di Gordiano Lupi
–
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Hernán Henriquez è uno dei maggiori esponenti del disegno animato e del fumetto cubano negli anni successivi alla rivoluzione. Il suo tratto grafico, le battute salaci e irriverenti rivestono un’importanza unica nella storia del fumetto centramericano. Hernán Henriquez è stato uno dei fondatori di questa peculiare forma d’arte, un vero e proprio pioniere, che ha disegnato e pubblicato strisce in patria per vent’anni (1960 – 1980), ottenendo riconoscimenti e successo, ma a un certo punto della sua vita si è visto costretto a espatriare negli Stati Uniti.
Hernán Henriquez cominciò a lavorare ai disegni animati sotto l’influenza artistica dei prodotti statunitensi e nel 1958 si iscrisse a un corso per corrispondenza in California. Apprese le basi del mestiere di cartoonist ma al tempo stesso cominciò a lavorare in un’agenzia di pubblicità. Tutti dicevano che a Cuba non si poteva campare facendo disegni animati e scrivendo fumetti comici, perché era un mestiere che non esisteva, ma Hernan aveva deciso quale sarebbe stato il suo futuro.
Fidel Castro prese il potere nel 1959 e con il passare degli anni trasformò Cuba in un rergime comunista. Tre mesi dopo creò l’Istituto Cubano dell’Arte e Industria Cinematografica (ICAIC), con lo scopo di fondare una vera e propria industria cinematografica cubana. Il cinema divenne un mezzo di comunicazione importante, un veicolo fondamentale per manipolare le masse dal punto di vista intellettuale… (continua su Terzapagina)
http://terzapagina.blog.kataweb.it/2010/12/16/hernan-henriquez-e-gugulandia/
Questo che invio non è un commento, bensì la richiesta di conoscere come procurarmi la rivista MONO di TUNUE’. Tenuto conto che abito a Roma, chi mi può aiutare? Grazie, rimango in attesa,un cordiale saluto.Vincenzo Gentile
@Vincenzo Gentile
Tunuè distribuisce tramite Pan Distribuzione.
Puoi comprare on line direttamente da Pan
http://www.pandistribuzione.it/web/guest/catalogo
dove trovi anche la rivista mono.
Oppure scaricare dal loro sito l’elenco aggiornato delle fumetterie (o librerie) servite da Pan
http://www.pandistribuzione.it/web/guest/fumetterie
Buona lettura
Mi era sfuggito questo messaggio di Vincenzo Gentile.
Ringrazio moltissimo Mauro per la risposta.
Dall’inviato di Letteratitudine al “Lucca Comics & Games 2012”: prospettive del giornalismo a fumetti in Italia
http://letteratitudinenews.wordpress.com/2012/11/17/banghete-intorno-al-graphic-journalism-e-piu-in-la/
Da tanto tempo sto in mezzo ai ragazzi e ai bambini. Penso che tutto ciò che genera curiosità e sano divertimento costituisca già apprendimento e gioiosa fruizione della nostra cultura.
Grazie ad Annalisa
Ha debuttato a fine 2013 la nuova collana di Graphic Novel della Vecchi Editore.
I primi 4 volumi sono l’Odissea, L’Iliade, Anna Frank e I tre Moschettieri. Realizzati da grandi maestri argentini, i fumetti ripercorrono le grandi opere della letteratura. La prossima uscita sarà Moby Dick!
https://www.ebookizzati.it/ebook-vecchi-editore-idedi541.html
http://www.bookrepublic.it/search/?query=vecchi+editore