LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 4: L’IDENTITY THEFT, OSSIA IL FURTO DI IDENTITÀ
L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono
Nuova sentenza della Corte di Cassazione
L’identità personale è uno dei valori che sono al centro della disciplina di protezione dei dati. E’ inoltre uno dei fondamentali diritti della personalità di un individuo (come tale inalienabile, imprescrittibile, assoluto, non patrimoniale, innato).
Il dlgs 30 giugno 2003 n. 196 (codice in materia di protezione dei dati personali) all’art 2 afferma che il codice medesimo “garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali”.
Da ciò l’attenzione e la preoccupazione per il nuovo fenomeno dell’identity theft, ossia del “furto di identità”, che si realizza – normalmente – attraverso una appropriazione non autorizzata di dati personali e documenti altrui da parte di soggetti che, in genere, li utilizzano per chiedere prestiti o finanziamenti nel settore del credito al consumo o per altre attività (apertura carte di credito, attivazione di contratti telefonici).
Il fenomeno è divenuto allarmante nell’epoca della rete a causa della facilità di comunicazione attraverso la posta elettronica e i social network.
Esso si è infatti trasformato nel cosiddetto phishing, che avviene mediante l’utilizzo di comunicazioni elettroniche (in genere chi vuole effettuare il furto manda messaggi di posta elettronica artefatti che riproducono marchi istituzionali di banche o enti al fine di indurre i soggetti contattati a rivelare dati personali come il numero di conto corrente, codici o password).
Da un punto di vista giuridico, in Italia, non esistono norme che prevedono e codificano in reati specifici tali condotte commesse su internet, e per questo, con l’ausilio della dottrina e della giurisprudenza (Cassazione sent. n. 46674/2007) vengono “prese a prestito” fattispecie di reati quali la sostituzione di persona (art. 494 c.p.) ed altre forme previste dal Codice sulla Privacy (D.Lgs. 196/2003) che vengono in genere applicate per le condotte commesse al di fuori della rete.
Nel caso del phishing taluni tribunali applicano la fattispecie della truffa.
Da ultimo occorre segnalare l’interessante pronuncia della Corte di cassazione, sez. III, n. 12479-012 che ha statuito che :
“Integra il reato di sostituzione di persona (art. 494 cod. pen.), la condotta di colui che crei ed utilizzi un account di posta elettronica, attribuendosi falsamente le generalità di un diverso soggetto,inducendo in errore gli utenti della rete internet, nei confronti dei quali le false generalità siano declinate e con il fine di arrecare danno al soggetto le cui generalità siano state abusivamente spese”.
Sul punto bisogna infine dire che la legislazione americana è molto più severa. Lo Stato della California, ad esempio, punisce tutti coloro che accedono a Facebook sotto falso nome, con una pena che prevede 1000 dollari di multa e sino ad una anno di reclusione, qualificando tale condotta come reato.
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