Tempo fa Enrico Manca, nel ruolo di Presidente della Rai, marchiò Pippo Baudo con l’epiteto di nazionalpopolare.
Luca Mastrantonio (scrittore e responsabile delle pagine cultura e spettacoli del «Riformista») e Francesco Bonami (curatore internazionale di arte contemporanea, direttore della Biennale di Venezia nel 2003, critico d’arte) sono andati oltre coniando un neologismo poi sfociato nella scrittura di un saggio a quattro mani edito da Einaudi: Irrazionalpopolare (pag. 288, euro 17,50).
Il riferimento è a tutti quei casi in cui il successo di qualcuno o di qualcosa non è spiegabile razionalmente. Sul libro aleggia questa frase: “Siamo una quasi nazione che vive una perenne condizione irrazionalpopolare. Dove l’apocalisse è sempre presente e la verità è un’altra versione dei fatti”.
Un libro pungente, critico, a tratti sferzante dove non manca l’elenco dei personaggi (ma anche degli oggetti) che – a detta degli autori – hanno beneficiato di un successo inspiegabile o ingiustificato. Dunque, irrazionalpopolare.
Come si evince dal libro, nell’irrazionalpopolare è bello ciò che piace senza un motivo. Anzi, è proprio la mancanza apparente di un motivo a rendere qualcosa incredibilmente piú bella.
Gli autori colgono l’occasione per raccontare un’Italia in crisi dove la tecnologia è la nuova teologia, le città sono centri di ragionata follia e quelli commerciali un reality urbanistico. Una “società dello spettacolo” dove c’è informazione piú che formazione, situazione e non circostanza, divertimento piú che intendimento, de-costruzione e non invenzione (le frasi in corsivo sono tratte dalla scheda del libro).
Ce ne parla più in dettaglio Francesca Giulia Marone (che mi aiuterà ad animare e coordinare il post) nell’articolo che segue.
A me interessera tentare di scoprire con voi – e con il supporto degli autori del volume – i meccanismi (arcani?) che portano alla irrazionalpopolarità… magari prendendo spunto per tentare di capire – ancora una volta – l’Italia di oggi e confrontarla con quella del passato.
Per favorire la discussione pongo qualche domanda:
– Convenite sull’esistenza di fenomeni… irrazionalpopolari nella società italiana?
– A vostro avviso questi fenomeni riguardano solo (o principalmente) l’Italia, o sono generalizzati?
– Secondo voi cosa è “irrazionalpopolare”?
(Potremmo tentare di fare un elenco degli oggetti più irrazionalpopolari)
– Quali meccanismi nascosti decretano l’immagine del successo agli occhi della massa?
– Siamo sicuri che l’Italia di oggi sia più irrazionalpopolare e meno nazionalpopolare di quella di ieri?
A voi la parola.
Massimo Maugeri
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Siamo tutti “Irrazionalpopolari”?
di Francesca Giulia Marone (nella foto)
Chi di noi non ricorda il giorno in cui Pippo Baudo, giganteggiante sul nostro piccolo schermo con Fantastico, fu bollato dal presidente della RAI Enrico Manca con il termine “nazionalpopolare”?
E’ certo che Manca non si riferisse a quell’accezione del termine di matrice gramsciana che aveva ispirato politica e cultura della sinistra, ma lo utilizzò come epiteto offensivo verso il modo di comunicare di Baudo. Molti non capirono esattamente cosa significasse “nazionalpopolare”, ma da quel momento il termine fu usato con una certa regolarità ed entrò di forza nel costume italiano.
Da qui muovono i passi gli autori del saggio “Irrazionalpopolare” Luca Mastrantonio (giornalista) e Francesco Bonami (storico dell’arte) edito da Einaudi. Un cocktail corrosivo e variegato sull’inaccettabile indecenza dell’Italia “irrazionalpopolare”.
Ma che cosa vuol dire esattamente “irrazionalpopolare”?
E’ un codice tautologico : irrazionalpopolare è ciò che è bello perché piace a tanti. Piace a tanti?Perciò non può che essere bello!
Con sguardo causticamente intrigante gli autori indagano su perché il successo oggi investa personaggi perlopiù mediocri e avviluppati in una certa incompetenza, ma di cui finiamo tutti per convincerci che siano bravi e competenti soltanto perché fortemente visibili in un determinato contesto. Gli autori si lasciano trasportare in una vertigine giocosa di nomi dello spettacolo e della cultura italiana che, a loro parere, incarnano bene il concetto di “irrazionalpopolare”.
Non si salva nessuno da questo ritratto di un’Italia in cui ci si identifica con i simboli di un successo fallace, sul podio del quale si immolano involucri vuoti riempiti da mediocrità e sotto-cultura, una Italia dove siamo invasi dalla banalità e dalla volgarità .
In un vorticoso elenco di nomi famosi della cultura televisiva, dello spettacolo, finanche di cose (ad esempio l’uso indiscriminato e orgoglioso dei“ Suv” in città! ), gli autori ci raccontano una storia di una società ( la nostra? ) in cui in un’ottica “liberamente totalitaria” si manifestano incomprensibili fenomeni di successo grazie all’eccesso e alla rivincita di un concetto del bello che piace ai più senza un motivo preciso, per l’appunto “irrazionale”.
Ci chiediamo un po’ mestamente, in questo quadro di un’Italia in cui la cultura alta è andata sempre più verso quella bassa guidata da un’estetica di massa, ci siamo tutti incamminati sulla strada di un nichilismo allegro dove non sapremo mai “perché ci piace ciò che piace” e il ricordo di cosa sia stato un mito farà parte della memoria persa dell’umanità baldanzosamente “irrazionalpopolare”?
Cari amici,
come tutti voi continuo a essere angosciato e addolorato per il terribile terremoto in Abruzzo.
Avevo questo post in programmazione e sono stato tentato di rinviarlo.
Poi ho pensato che una ulteriore occasione di dialogo su qualcos’altro potrebbe essere utile (anche perché questo è un luogo dove si discute, soprattutto, di libri e letteratura).
D’altra parte l’angoscia e il dolore servono a ben poco. È più importante agire. E dare il proprio contributo.
In tal senso rimane aperta (e “operativa”) la finestra dedicata al terribile evento (che vi prego di continuare a seguire).
La trovate qui, nella “camera accanto” n. 10:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/04/06/la-camera-accanto-10%c2%b0-appuntamento/
Passiamo, dunque, a questo nuovo post…
Ricorderete che tempo fa (l’ho scritto sul post) Enrico Manca, nel ruolo di Presidente della Rai, marchiò Pippo Baudo con l’epiteto di nazionalpopolare.
Luca Mastrantonio e Francesco Bonami sono andati oltre coniando un neologismo poi sfociato nella scrittura di un saggio a quattro mani edito da Einaudi: Irrazionalpopolare.
Io ho ravvisato, in questo libro, il tentativo di leggere e interpretare i paradossi dell’Italia di questi anni.
Come ha precisato Francesca Giulia Marone nel suo bell’articolo, “irrazionalpopolare” è una sorta dicodice tautologico: irrazionalpopolare è ciò che è bello perché piace a tanti. Piace a tanti?Perciò non può che essere bello!
Come anticipato a me interessera tentare di scoprire con voi – e con il supporto degli autori del volume – i meccanismi (arcani?) che portano alla irrazionalpopolarità… magari prendendo spunto per tentare di capire – ancora una volta – l’Italia di oggi e confrontarla con quella del passato.
Per cui passo a ri-formulare le domande del post…
Convenite sull’esistenza di fenomeni… irrazionalpopolari nella società italiana?
A vostro avviso questi fenomeni riguardano solo (o principalmente) l’Italia, o sono generalizzati?
Secondo voi cosa è “irrazionalpopolare”?
(Potremmo tentare di fare un elenco degli oggetti più irrazionalpopolari)
Quali meccanismi nascosti decretano l’immagine del successo agli occhi della massa?
Siamo sicuri che l’Italia di oggi sia più irrazionalpopolare e meno nazionalpopolare di quella di ieri?
La seconda fase di questo post potrebbe essere dedicata all’irrazionalpopolare nella (e della) cultura.
Invito gli autori del libro a prendere parte alla discussione (tenterò di contattarli).
Per il momento chiudo qui. Lascio la parola (scritta) a Francesca Giulia Marone, autrice dell’articolo.
Francesca Giulia (che ringrazio di cuore) mi aiuterà ad animare e moderare il post.
Ringrazio Massimo per lo spazio che mi ha concesso su questo post,anche se devo dire che con una certa timidezza e imbarazzo mi accingo ad avviare la discussione perchè capita in questi giorni in cui il disastro a cui abbiamo assistito in Abruzzo ci rende tutti più silenziosi nel rispetto del dolore delle perdite umane.Le scene conitnuamente proposte dalla TV sono scene di sofferenza animate da piccoli momenti di speranza per gli sforzi dei soccorritori a cui và tutta la mia stima e sostegno spirituale,eppure qualche canale continua a mandare in onda trasmissioni evanescenti dove una lei sul trono sceglie un lui col tatuaggio e sembra che entrambi stiano decidendo della pace nel mondo!Che sia proprio questa una faccia dell’talia Irrazionapopolare?
Convenite con me sull’esistenza di questi fenomeni?Quali i più evidenti secondo voi?
Errata Corrige…”Italia Irrazionalpopolare”
Grazie a te, Francesca Giulia.
Ho aggiornato il post inserendo la tua foto.
…forse era più carino Pippo Baudo….
grazie massi 🙂
Scherzi? Sei proprio charmante, cara Fran…:-)
A dopo!
e sì
l’esempio che fai francesca giulia è proprio calzante. di troni e tatuaggi, forse, ne potremmo fare sempre a meno.il libro sembra interessante
Condivido la tesi della irrazionalpopolarita. Però non mi pare un male solo italiano. Secondo me interessa tutto l’occidente e la società dell’immagine.
L’irrazionalpopolarità deriva da lì, credo. Dall’apparire che diventa più importante dell’essere.
@marina sì però qualcuno li guarda,anzi molti,li guardano i troni e sempre più giovani aspirano a sedervi su,perciò c’è qualcosa nella nostra cultura che li spinge ad “apparire più dell’essere” come dice giustamente Francesco.Quali secondo voi gli altri fenomeni “irrazionalpopolari”?
Inoltre ero curiosa di sapere se il termine coniato dagli autori vi piaccia e vi suggerisce altro.
secondo me l’irrazionalpopolare si può applicare anche ai bambini. chi mi spiega per esempio il successo di quelle figurine puzzolenti di cui non mi ricordo il nome?
hanno successo perché fanno puzza. incredibile.
(non ricordo il nome, ma poi vi dirò)
sì, il termine mi piace molto. rende proprio l’idea
Carissima Francesca Giulia,
sei carinissima!
Sai che l’argomento mi è molto familiare?
E’ perchè quando lavoravo al tribunale di Catania, presso la sezione fallimentare, facevo corsi di approfondimento sulle tecniche dei consumi (con riflessi sulle cause del fallimento di azienda).
Ci si chiedeva il perchè della caduta di un prodotto immesso nel mercato e della crisi del settore.
Coi colleghi concordavamo nel fatto che il consumo ( e l’orientamento del gusto o delle opinioni), subito dopo gli anni “60, ha in Italia una valenza non solo merceologica.
E’ in questi anni che si attua il passaggio dal paradigma materialista a quello comunicativo . Lo dice bene la teoria strutturalista per la quale gli oggetti scambiati nell’atto di consumo assumono un valore simbolico attraverso il quale si attua il passaggio dalla natura (bisogni fisiologici) alla cultura (bisogni indotti).
Con il consumo non si realizza solo uno scambio di beni ma vere e proprie informazioni più significative ed espressive dei linguaggi verbali stessi . Il sistema di consumo insomma va inscritto all’interno del più vasto sistema culturale di una società: non si potrà mai spiegare la domanda di un bene basandosi soltanto sulle sue proprietà materiali, ma interrogandosi soprattutto sulle valenze simboliche apportate dal sistema comunicativo su quel bene.
Lo stile di consumo finisce per sovrapporsi allo stile di vita perché ne rappresenta l’epifenomeno più vistoso e concreto, destinato a comunicare un profilo personale, sociale e valoriale, e funzionale all’identificazione, sia di chi lo manifesta, sia di chi lo osserva.
Il fenomeno – purtroppo – si fa più vistoso con la perdita dei valori tradizionali, ove le “sacche vuote” dello spirito vengono colmate dalla materia.Dalla necessità dei simboli, che conferiscono identità e sicurezza.
Per tornare alle domande di Massi, quindi, sì, il fenomeno esiste ed è generalizzato.
Non ha valore economico, ma sociale e spirituale.
Non è più grave rispetto al passato (pensiamo ai regimi totalitari) ma differente nelle cause e negli oggetti su cui ricade.
Personalmente mi preoccupa che i fenomeni irrazionalpopolari esplodano nei vuoti di valore e che siano sottilmente legati alla mancanza di una coscienza spirituale vigile, forte e critica.
@marina le figurine cui ti riferisci si chiamano skifidol puzz,giorni fà c’era un articolo sul giornale che diceva che erano state ritirate dal mercato perchè a rischio intossicazione,ma su questo non pronunciamo!effettivamente i più piccoli sono molto a rischio di esposizione alle influenze del mercato più deleterie e sta a noi adulti farli “giocare” con le proposte senza farli appiattire del tutto a livello intellettivo!
@simona (grazie!) come sempre poni l’attenzione sull’aspetto cruciale:credo di capire che gli autori parlino proprio del vuoto “culturale” entro cui si sono formati fenomeni di successo perlopiù inspiegabili perchè non basati sul merito ma che alla fine accettiamo tutti come tali!
Anche io come te credo che non ci sia niente di diverso dal passato,nel senso che è un ciclo che si ripete,di più grave è che il fenomeno è amplificato dall’eccessività dell’immagine che domina su ttto il contesto.
Post interessante. Conto di dire la mia quanto prima (credo domani). Un saluto a tutti.
Avrei una domanda per gli autori che giro a voi: ma se effettivamente nella società dello spettacolo dove la “tecnologia è la nuova teologia” e vincono gli involucri vuoti non si salva nessuno ,come da lunga e variegata lista di nomi fatti dagli autori nel saggio,siamo in un tunnel del nichilismo allegri e senza speranza?Oppure esiste un rimedio perchè la cultura sia salva senza diventare a sua volta una cultura di nicchia-snob e con la puzza sotto al naso tanto per distinguersi dall’irrazionalpopolare?
a più tardi…
Il fenomeno non è solo italiano, ma è diffusissimo ed è il frutto di un sistema socioeconomico che necessita, per reggersi, di proporre alle masse dei falsi idoli, possibilmente vuoti, in cui le stesse possano riconoscersi. Non si spiegherebbe altrimenti il successo di trasmissioni come Il grande fratello e La fattoria. Una volta che si stabilisce questa identificazione inconscia c’è la possibilità di manovrare i soggetti come si vuole, perchè quello che importa è che la gente sia contenta della sua stupidità e dato che questa assume risalto con la fama televisiva sarà sempre più necessario essere stupidi.
Il ragionamento, ammesso che ci sia, è questo: Se questo che si comporta come me è in televisione, è segno che il mio comportamento è giusto.
In questo modo il quoziente culturale decade rapidamente, la capacità di ragionamento autonoma diventa del tutto sporadica e comandare soggetti così sarà sempre più facile.
Carissima Francesca Giulia,
è una bellissima domanda.
Ma credo che la risposta stia tutta nell’educazione dell’anima attraverso la bellezza.
Intendendo per bellezza uno scavo oltre l’apparenza, alle origini di ciò che è “bello perchè specchio del vero”.
E’ un percorso, certo.
Ecco perchè blog come questo sono importantissimi e contribuiscono alla formazione della coscienza.
Perchè educano al dibattito e al confronto sano su basi di bellezza (niente come l’arte, infatti, è portatrice di bellezza, di viaggio nell’altro e nell’oltre). Quando la coscienza è consapevole, si adatta meno alla massificazione delle scelte perchè sviluppa uno spirito critico.
Un bacio grande grande e complimenti per questa riflessione oggi così necessaria.
@renzo e simona grazie per le vostre riflessioni che danno lo spunto per un ulteriore dibattito,la coscienza a cui argutamente fate riferimento però và anche nutrita in continuazione evitando l’assopimento dei neuroni,invece dove ci sta portando la massificazione culturale impostaci è una strada facile perchè in un certo senso, come diceva renzo,ci porta all’identificazione facile:se uno mediocre ce la fà ad apparire e per giunta a raggiungere il successo ce la possiamo fare tutti,anche a discapito della fatica e del merito specifico.Questo mi pare il messaggio sottinteso dell’analisi degli autori di “Irrazionalpopolare”.
@Francesca Giulia: è proprio una questione di identificazione facile.
Cara Franc,
confesso, prima di qualsiasi altra considerazione, che mi dispiace un pò, nella copertina del libro, per quel povero asino “appeso” al carretto… Si direbbe che non deve trascinare più nulla, ma è “sollevato” da ogni peso. Se interverranno gli autori, mi piacerebbe chiedere loro perché hanno inserito quella immagine.
Sì, esiste anche secondo me l’ “irrazionalpopolare” e io credo che, nonostante, come scrive qualcuno, il fenomeno sia occidentale, tuttavia in Italia sia, come dire, molto più “forte”. Non ho visitato molte nazioni straniere, tuttavia l’Inghilterra e la Francia sì e, perlomeno fino a 15 anni fa, mi rendevo conto che solamente in Italia le persone danno un’importanza così grande al “look”, per esempio. Negli altri paesi puoi benissimo essere invitato a cena e conversare amorevolmente senza che i partecipanti si rendano conto del fatto che porti un paio di scarpe firmate o meno; semplicemente ti ascoltano se hai una buona conversazione.
Credo che abbia ragione Simona, quando parla di “bisogni indotti”+ di “valenze simboliche apportate dal sistema comunicativo su un bene “. In realtà i nostri “bisogni” non sono affatto “naturali”, infatti, ma “indotti”, perchè qualcuno ci convince che quegli oggetti ci servono.
E trovo anche che abbia ragione quando parla di “sacche vuote dello spirito”.
Già, ma come colmarle??
Il nocciolo del problema fu affrontato da Gramsci, che lamentava appunto la mancanza di una cultura nazionalopopolare, che rendesse meno spocchiosa (e noiosa) la cultura “Alta”, e meno squallida quella “popolare”, un fenomeno tutto italiano, visto che nelle altre nazioni europee non c’era un baratro fra intellettuli e popolo.
La questione fu risolta dai primi decenni di televisione: fece più Mike Bongiorno per la diffusione della lingua e di una “cultura” unitaria che non secoli di letteratura nazionale (ma non popolare).
Quanto a troni e tronisti, bisognerebbe semplicemente staccare la spina, e mi vergogno un po’ perfino a nominarli.
E aggiungo che si sposa bene con quanto detto da Francesco Gallo. Dove conta più l’apparire che l’essere si assiste a un fenomeno di diffuse imitazioni, ovviamente facili da realizzare e quindi di basso livello. Ho assistito per caso un pomeriggio a una abituale trasmissione di Canale 5, dove si raggiungono livelli anche peggiori di quelli del grande fratello. Pettegolezzi fatti di nulla, vip casanova ammirati per il fatto che si possono permettere tante donne, esaltazione di quelle che passano da un uomo all’altro, attribuzioni plateali del tipo ” E’ un genio!” a individui dal quoziente di intelligenza e culturale decisamente inferiore alla media.
Ecco, questi sono i nuovi dei, in cui tutti possono identificarsi senza sforzo, o meglio cercando solo di peggiorare, di parlare di nulla, di ridere scioccamente, di dire che un romanzo è stupendo perchè l’ha detto il tale, anche se non si è letto.
E’ l’uomo che regredisce ad animale.
Cara Franc,
nel tuo articolo mi ha colpito l’ossimoro “nichilismo allegro”. Mi sembra azzaccatissimo e molto incisivo perchè è vero che non sappiamo “perché ci piace ciò che ci piace” e quindi nel nostro “nulla – vuoto” ci troviamo anche paradossalmente bene. Io dico “ci”+ “nostro” perché, nonostante moltissime reticenze ereditate dall’educazione dei miei che hanno sempre spinto me e i miei fratelli ad allontanarci dalla superficialità, nondimeno alcuni stereotipi colpiscono anche me. Non i fenomeni televisivi, ovviamente; e nemmeno il mito dei “suv”, ma l’acquisto di alcuni beni materiali, o il desiderio di acquistarli, mi rendo conto agisce anche sulla mia mente, talvolta.
Ho visto “REVOLUTIONARY ROAD” sabato scorso e credo che abbia molto a che fare col nostro discorso. L’infelicità di tutti era rilevata ad alta voce (perché urlava) esclusivamente dalla persona considerata “malata di mente”:era lui che ricordava a tutti che era inutile rincorrere la felicità attraverso l’acquisizione di cose+ persone. In questo il film è straordinariamente illuminante, per chi non ci avesse già pensato prima.
(ma, malauguratamente io e altri ci avevamo già pensato…)
E attenzione che il nichilismo porta alla morte dentro, in una spirale autodistruttiva, riscontrabile già adesso nel diffuso ricorso alle droghe e all’alcool, alla scarsa considerazione non solo per la vita propria, ma anche per quella altrui.
grazie a Roberta, Pippo e di nuovo Renzo per i loro interventi!
Per quanto riguarda l’asino proprio non mi era venuto in mente….forse gli autori hanno pensato che stiamo-ahimè- diventando tutti così: un pò asinelli e senza pesi da portare perchè metafora del vuoto che abbiamo dentro!ma sarebbe meglio aspettare che intervenga uno di loro per soddisfare la curiosità.
I vuoti mi suggeriscono anche i “pacchi” quelli della famosa trasmissione che ancora non ho capito in cosa consista a parte un sottofondo musicale da film noir e le storie assurde dei concorrenti abbarbicati ad un pacco,ma penso anche che da noi al sud fare il “paccotto” significa fregarti dandoti una scatola vuota e facendola passare per una piena di un bene acquistato ma che non vedrai mai! Siamo quindi nell’era del “paccotto culturale”?Certo dice Pippo basterebbe spegnere,ma non tutti sanno riconoscere che la TV è un mezzo passivo,così la subiscono e ci fanno crescere i figli che sono la nostra cultura del domani.
A proposito delle domande di massimo mi pare che stiate rispondendo a tutto tranne l’ultima:Siamo sicuri che l’Italia di oggi sia più irrazionalpopolare e meno nazionalpopolare di quella di ieri?Perchè mica dobbiamo essere d’accordo su tutto con gli autori del libro!
Fatemelo sapere domani…..
Cara Francesca, cari amici… grazie mille per questi vostri primi commenti.
Interverrò con più calma domani sera (credo).
@renzo concordo con te,Un bel saggio di Galimberti parla proprio del rischio del nichilismo nelle giovani generazioni,può essere un ottimo spunto per un altro post se Massimo avrà voglia.
Certo se non si dà valore alla propria vita non lo si può dare a quella altrui e ciò porta ben altri problemi, di convivenza civile, di rispetto e di comprensione dei valori essenziali dell’essere umano.Sta a noi tutti condividere il progetto di un’umanità futura più piena di valori e meno di facili successi,è questione di coscienza come ha detto la cara simona.
Ho notificato la pubblicazione del post a Luca Mastrantonio (che credo interverrà domani) chiedendogli di coinvolgere anche Francesco Bonami (l’altro autore del libro).
@ Francesca Giulia
Cara Fran, un ringrazimento speciale a te per l’aiuto preziosissimo:-)
grazie Massi,io per il dialogo sono sempre più che disponibile,sarà un piacere avere uno o entrambi gli autori.
Una felice notte a tutti!
@ Luca Mastrantonio e Francesco Bonami
Qualche domanda per voi…
A chi è venuto, per primo, l’idea di scrivere questo libro?
Come vi siete organizzati per la scrittura?
Una felice notte a te, Francesca Giulia. E ancora grazie.
@ Luca Mastrantonio e Francesco Bonami
Pongo anche a voi un paio delle domande che ho inserito nel post…
A vostro avviso questi fenomeni (irrazionalpopolari) riguardano solo (o principalmente) l’Italia, o sono generalizzati?
Siete sicuri che l’Italia di oggi sia più irrazionalpopolare e meno nazionalpopolare di quella di ieri?
Di certo non è irrazionalpopolare dare una mano a chi è stato colpito dal terremoto.
Mi permetto di ricordarvi il numero 48580.
Con ogni sms, mandato da qualunque telefono cellulare, si donerà 1 euro a favore delle zone terremotate.
Gli utenti di telefoni cellulari sono (siamo) milioni.
Anche dondando 1 euro per uno (se lo facessimo tutti) potremmo raccogliere milioni di euro.
Vi ringrazio tutti e vi auguro una serena notte.
@ Francesca Giulia: “A proposito delle domande di massimo mi pare che stiate rispondendo a tutto tranne l’ultima:Siamo sicuri che l’Italia di oggi sia più irrazionalpopolare e meno nazionalpopolare di quella di ieri?Perchè mica dobbiamo essere d’accordo su tutto con gli autori del libro!”
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Sono dell’idea che l’Italia di oggi sia più irrazionalpopolare, un fenomeno che è iniziato una ventina di anni fa, ma che si è accentuato nell’ultimo decennio.
La globalizzazione, l’edonismo sfrenato e la contestuale perdita dei valori fondanti sono, a mio avviso, i motivi di questo peggioramento sotto gli occhi di tutti. Aggiungerei inoltre un fenomeno spesso trascurato, ma collegato alle cause che ho prima citato: l’incapacità di comprendere il significato e l’importanza della natura, vista come un affare e non come la base per una corretta integrazione materiale e spirituale. L’uomo, che è parte della natura, la considera come un bene da saccheggiare, anche a costo così di rischiare da estinguersi, una vera e propria vocazione al suicidio, e tutto questo perchè ciò che per lui conta è il guadagno, è il dio denaro, un falso idolo che tanto promette e nulla mantiene.
grazie a tutti intanto.
L’identificazione di sè con quello che a tutti piace, il previlegiare la forma e non la sua sintesi con il contenuto hanno svilito l’individuo e dimenticato la comunicazione. Lo scambio inesistente nella passivazione dell’informazione, inglobata senza risposta e spirito critico, ha permesso purtroppo l’abuso di un termine, di un atteggiamento, di un pensiero che ha il coraggio di esprimersi solo se confortato e spinto dalla massa e l’omologazione non solo ha perso i vocabolari ma anche l’anima.
Non colgo nessuna differenza con il periodo precedente a questo. i sistemi totalitari lo dimostrano nella negazione non solo della libera espressione ma ,e soprattutto, nell’arte, parola pericolosa considerata da sempre “dissenso”
Che ruolo ha la televisione, oggi, rispetto all’irrazionalpopolare?
Ve lo domando. Secondo me ha un ruolo inferiore.
Pensate agli anni ’60 ed ai ’70, pensate quando esisteva una sola emittente televisiva…….
Secono me, oggi, la televisione contribuisce all’irrazionalpopolare un po’ meno di qualche decennio fa.
– Convenite sull’esistenza di fenomeni… irrazionalpopolari nella società italiana?
(Sì, sono d’accordo)
– A vostro avviso questi fenomeni riguardano solo (o principalmente) l’Italia, o sono generalizzati?
(Riguardano un po’ tutti i paesi, non solo l’Occidente. L’integralismo islamico non è irrazionalpopolare in certe aree del globo?)
– Secondo voi cosa è “irrazionalpopolare”?
Potremmo tentare di fare un elenco degli oggetti più irrazionalpopolari
(Concordo sul Suv e sui reality)
– Quali meccanismi nascosti decretano l’immagine del successo agli occhi della massa?
(Mancanza di spirito critico, perdita dei valori)
– Siamo sicuri che l’Italia di oggi sia più irrazionalpopolare e meno nazionalpopolare di quella di ieri?
(Secondo me sì. Oggi la società tende più all’apparire come qualcuno ha già detto).
In diverse risposte colgo il ripetuto accento alla “mancanza dello spirito critico”,sono d’accordo con voi pienamente,il facile successo genera mostri di mediocrità,il giudizio di valore è affidato al mercato che detta legge,gli autori ci suggeriscono la scomparsa dei MITI.Se ci pensiamo oggi esistono tante piccole meteore nel mondo dello spettacolo e della cultura che si è abbassata per raggiungere tutti,mentre un tempo c’era una scala di ammirazione verso chi in possesso di qualcosa conquistato con fatica e merito ci sembrava potesse diventare per noi un mito.
Avvertite anche voi l’assoluta mancanza dei miti?Quali sono gli ultimi miti a cui il vostro ricordo è legato?
Sono perfettamente d’accordo con lei, Francesca Giulia. La scomparsa dei MITI ha un suo peso. Un peso negativo.
Anche la letteratura contemporanea in molti casi sembra essersi dimenticata dei miti. E questo è male, secondo me.
@Federico Mangiagli Forse questo accade anche perchè non c’è più quel senso di inafferabilità legato al Mito,tutto sembra arrivabile e facilmente godibile,la facilità e velocità del possesso distrugge il sogno e il Mito senza il sogno che lo conduce al mistero muore.
Questo è molto triste per le nuove generazioni.
sono d’accordo con voi. ma in che modo si dovrebbe risolvere il problema?
esistono ricette valide?
E’ tutta una conseguenza della teoria del consumismo, a sua volta teorizzata per arricchire ulteriormente chi già ricco era.
E consumismo vuol dire produzione di beni in enormi quantità, ma di dubbie qualità, nonchè creazione di personaggi in numero elevato e ovviamente di basso livello. Anche l’uomo così diventa oggetto, un bene di consumo usa e getta.
Secondo me l’ultimo mito italiano in campo letterario è stato Pasolini.
Un Mito? Maugeri!!!
FG. Complimenti per la professionalità. E complimenti anche per la foto. Non ti lamentare, c’è di peggio (La Lo Iacono, per esempio).
Ora devo scappare, stasera intervengo più seriamente, l’argomento mi intriga molto.
@Renata: non esistono ricette valide a fronte di un fenomeno nuovo. Si può solo ipotizzare, nel senso un regresso dell’economia, con meno disponibilità, senza che voglia dire impoverimento, ma solo diminuzione delle possibilità, dovrebbe portare a un generale ripensamento, con una condotta improntata a una corposa riduzione del superfluo, che oggi rappresenta la quasi totalità dei consumi. Come conseguenza l’uomo dovrebbe accorgersi che esistono altri valori oltre a quelli, falsi, derivanti dal possesso dell’ultimo iPod. Le stesse televisioni avrebbero meno pubblicità e o chiuderebbero, oppure dovrebbero rivedere i palinsesti, ripristinando, almeno in parte, quelle trasmissioni veramente culturali ormai desuete.
Il ritorno a una vita più di contatti, a cominciare da quello in famiglia, ripristinerebbe il dialogo, oggi assente, e con esso il piacere di condividere progetti comuni. La base di tutto è la famiglia, perchè se gli uomini capiscono che questa unione non è solo costituita da un prevalente aspetto sessuale, ma dalla comunione di idee e di scopi, l’irrazionalità dovrebbe sparire e con essa il nichilismo imperante.
Dialogare vuol dire anche fermarsi un attimo, fare il punto della situazione, volgersi indietro a cercare le proprie radici e ciò porterà a una vita migliore e perfino a progettare il futuro, quello che oggi non si fa.
@salvo grazie 🙂
Simona è bella e brava e poi mi ha promesso in un vecchio post che mi avrebbe invitata a pranzo…..perchè povera ragazza non sà quanto io mangi e beva!!
L’ irzpop credo sia la moderna trasposizione di “provinciale”. Quelli che non lo sono, nel nostro paese, si contano facilmente oppure no, vagano, con me, tra la “ggente” facendone intimamente parte. Diventa qualcuno chi riveste i piccoli o grandi sogni dell’ irzpop e il confine dilatato della sua apparenza mediatica, fa diventare chiunque in “er mejo” in brevissimo tempo. (BHO?)
BR1
Piace alla genete che piace è uno slogan usato in alcune pubblicità. Se viene usato, vuol dire che funziona. Se funziona vuol dire che il piacere alla gente che piace è riconosciuto come un valore.
Gli autori del libro hanno ragione.
Buongiorno a tutti.
Cara Franc, rispondo alla tua domanda sull’assenza dei miti e sul ricordo dei nostri.
Forse non è proprio un’assenza ma l’identificazione dei miti che “non servono”, nel senso che sono vuoti di significato. In questo il cinema ha contribuito molto, anche quello passato. La televisione è un mezzo che, come dicevi tu, fa identificare velocemente i “miti” con i personaggi che APPAIONO spesso e non importa se dicono volgarità o cose insignificanti ( mi riferisco ai reality, per esempio o alle trasmissioni o giornali in cui c’è molto gossip); l’importante è che queste “facce” le vedi sempre (vedi quelle dei protagonisti delle suddette trasmissioni).
Sono modelli per moltissimi giovani. Sono anche “omologati”, nel senso: tutti uguali.
I “nostri” miti ( quelli giovanili miei + dei miei coetanei, dico) erano Jacques Cousteau, i Beatles+ per me Rudolph Nurejev. Sì, un mito della danza: un “astro” che visto sul palcoscenico dava la sensazione di una creatura “altra”.
Sull’Italia più “irrazionalpopolare”: il fenomeno sembra anche a me più forte oggi rispetto al passato. Sul “nazionalpopolare” mi sembra, invece, che ci siamo. Pippo si riferiva, più sopra, all’idea di Gramsci di una cultura “alta” meno spocchiosa; non conosco bene il pensiero gramsciano, ma non credo intendesse dire che la diffusione della “cultura”( o forse, meglio, dell’istruzione) dovesse “tendere al basso” nel senso di svuotarsi dei contenuti. Immagino parlasse di una divulgazione ampia della cultura nel senso che dovesse essere fruibile da tutti. Per esempio: che tutti conoscano Leopardi.
Pongo una domanda a Francesca:
La “massificazione” della cultura quali conseguenze ha?
Di per sé è giusta, ma perché ci porta così lontano dai risultati auspicati?
Mi spiace non avere il tempo di leggere tutti i commenti.
Massimo mi sento in colpissima! Ma questo post ha svegliato la rompicoglioni che è in me! La polemizzatora ecco! Cercherà di contenermi, anche se il libro non lo conosco. E dirò le mie impressioni che sono solo congetture, reazioni alle frasi che hai citato.Già che parli uno storico dell’arte di cultural studies ancora – pur se malamente – ci sto, ma che lo faccia un giornalista mi irrita.
Mi irrita la tuttologia italiana, ammischiata al buon senso comune e alla vetusta idea del canone estetico. Lo stesso titolo del libro per quanto accattivante risuona di moralismo spicciolo e di mancata attenzione per vent’anni o trenta di studi nel settore della cultura popolare. Perchè ecco – “irrazional” non è un suffisso congruo ma solo un segno di snobbistico disinteresse per motivazioni simboliche linguaggi, e una ottimistica fiducia nella mancanza di relatività del PROPRIO canone estetico. E chiedo – che bibliografia ha questo libro? Chi si cita? Perchè a me dell’opinione del direttore della biennale – che ne ho viste diverse di biennali, e devo dire che spesso Boccelli era mejo – me ne frega relativamente voglio studio, ricerca e riflessione, e non pensieritudo salottiera. Ci vuole Umberto Eco per queste cose. Ci vuole Jameson Ci vuole scuola di Francofrote. E questi erano nomi dell’archeologia ora ci sarebbe ben altro. Chiedo c’è questo tipo di lavoro serio dietro questo libro?
Zauberei, secondo me i giornalisti in quanto osservatori della società possono e debbono dire la loro. Come i sociologi e gli studiosi di alta scuola.
Certamente Federico Bruni – come per esempio qui ognuno dice legittimamente la sua, e ognuno nei luoghi deputati. Ma in Italia abbiamo il pensierino saggio d’assalto, esso pensierino saggio nei toni e nella recezione vieni investito di una auctoritas che secondo me non è sempre meritata. E il cavallo di questi pensierini molto spesso non è un’accurata analisi, stratificata e pedissequa dei linguaggi dei motivi, delle forze psichiche delle forze economiche dei mutamenti sociali, ma alla fin fine un pippone su oh tempora oh mores, che se vado a sentire er papa la domenica l’unica differenza è che i discorsi sono scritti peggio. Non sempre – per altro.
Capisco cosa intendi.E non c’è dubbio che ci possono essere diversi livelli di analisi. Non entro nel merito. Tuttavia mi pare che anche gli altri commentatori, oltre me, sono sulla stessa lunghezza d’onda con quanto si evince dalla presentazione del libro.
La cosa preoccupante, invece, secondo me, è che siamo una minoranza. La maggior parte non si pone nemmeno il problema.
@rob Lungi da me l’intenzione di enunciare un pensiero completo sul fenomeno che-come detto anche da zauberei è stato ampiamente discusso da scuole di pensiero più competenti di noi, ma che non ci negano l’opportunità di discuterne ancora! :-)- la cosiddetta massificazione ci conduce ad una omologazione delle idee e ad una riduzione radicale delle differenze con il rischio di spegnere le poche voci originali nell’appiattimento dei costumi.Però d’altra parte c’è anche il merito della fruibilità “democratica” di concetti e di cultura che avvicinano “tutto a tutti” per così dire. Putroppo spesso a discapito della qualità dell’informazione:Che ci sia una ricetta magica non credo,credo però che il fenomeno sia compreso in quello più generale della globalizzazione e che faccia parte di un’evoluzione storica da cui non possiamo sottrarci e in cui entra a far parte anche il mezzo potentissimo che usiamo per dialogare su questo blog in questo momento,credo però nella rinegoziazione del modo di far cultura da parte di tutti noi,nello spirito critico che non deve morire e nel riappropiarsi del significato autentico del confronto fra gli esseri umani e della memoria della nostra storia come tali.Questo semplicemente ritengo sia nel nostro piccolo far cultura,non rinunciare allo scambio civile di opinioni e di confronto.
salve, leggo e provo a rispondere, ni maniera preliminare con la convinzione che il nazionlpopolare è praticamente morto, non solo come fenomeno esteico, ma anche e soprattutto sociale. una nazione? dove? siamo inabissati tra fenomeni globali e locali, senza grande mediazione, dai consumi global della tv – format omologati – e localismi identitari – cibo e folklori vari – ci sono tribù, anagrafiche come i mocciosi, i mucciniani etc… in fondo si perpetuano i due difetti che gramsci denunciava, cui il nazionalpop doveva contrapporti, ossia il cosmopolitismo e il provincialismo.
@roberta
la copertina, che ritrae un’opera di cattelan – assieme a paolini e altri campioni “positivi” dell’irrazionalpopolarità, il nostro saggio non è moralista, suona moralista forse a chi è moralista ma non condivide l’ogegtto di esame che abbiamo scelto, fuggendo ogni snobbismo – significa esattamente quello che avete scritto. un asino che vola, cioè qualcosa che non esiste ma a cui tanti credono, colui che dovrebbe trainare e invece è trainato, mandato in orbita, un somaro collodiano, forse è pinocchio, forse il pinocchio di benigni. tutti siamo asini, se dotati di spirito critico o pivi, tutti sognamo di volare, da piccoli e da grandi.
@ francesca
allegro nichislimo? forse. c’è agonia culturale, perché ri raschia il fondo, pnsiamo ai remake degli stracult cioè alla riproposizione, fallimentare anche al botteghino spesso, di film che un tempo erano di serie B, attualizzati. e all’agonia si accompagna l’euforia, perché comunque ci si pensa morti e si è ancora vivi. gramscianamente, poiché non abbiamo smesso di morire, culturalmente, ci sembra di essere vivi.
la possibile identificazione tra lo spettatore e il concorrente, arricchita dall’identificazione di entrambi con la conduttrice mediocre o “unfit”, nel nome della mediocrità, cioè il merito di essere medi, è solo un aspetto dell’irrazionalpopolare. conta soprattutto il conformarsi al gusto vincente e domniante, soprattutto se non ha valore in sé: piace agli altri? non è buono? allora è bravo a piacere agli altri anche se non è buono. provo a semplificare.
poi l’irrazionalpop è purtroppo molto altro. c’è l’esoterismo culturale, la confusone tra merito e strepito, tra successo ed eccesso, continui cortocircuiti tra critica e industria culturale, tra satira e politica etc…
@maria
la tv purtroppo conta sempre di più, si è moltiplicata e, soprattutto, si sono indebolite le altre istituzioni, dall’università ad altri soggetti di consapevolezza culturale. l’italiano che parliamo l’ha fatto la tv, non manzoni, e dunque pensiamo per il linguaggio che parliamo (tronisti etc.. sono parole aberranti, ma la nostra mente le abita)
@ zauberei
la fortuna che sta incontrando il libro, allas econda edizione dopo un paio di mesi, per un saggio non è male, si deve anche dal fatto che il libro è irrazionalpopolare, cioè suona bene alle orecchie di chi ancora non lo legge. suona moralista, ai moralisti, suona furbo ai furbi. tautologico? esattamente, infatti francesco ed io abbiamo voluto analizzare e denunciare la tautologia come logica del mercato dei valori. se vende vale, se è bello è buono…
sullo statuto intelelttuale mio e di bonami non dirò nulla sua o mia difesa, critiche, anche puntuali, al libro sono state fatte, da francesco piccolo, per esempio, che denunciava un eccesso di moralismo, da (ex) moralista, ormai intellettuale spensierato. ecco, noi siamo sereni ma non spensierati, cerchiamo l’intelligenza delle cose, anche nelle masse che si aggregano, per denunciarne la stupidità, quando si busca il levante per il ponente.
a noi cattelan è sembrato più fertile, di conoscenza, di esperienza estetica, di bocelli. la bibliografia? c’è e si vede, come il trucco. da gramsci a debord, baudrillard, eco, bianciardi (molto più effiacce)
etc..ù
ma poi no, non ci vuole altro umberto eco. ci voleva meno umberto eco, meno remake di roland barthes a illuderci che oggi ci sono i miti. i miti, oggi, non ci sono, perchè sono ovunque. li hanno diffusi alcuni proefssori universitari prestati alla pubbilcistica.
non so, a voi piace il pandoro coperto di zucchero filato? a me no, perchè copre la bontà della pasta
@zauberei la polemizzatora che è in te è sempre stimolante,forse il problema riguardo al libro in questione è che siamo anche troppo abituati alla chiusura in generi,cioè magari non è un vero e proprio saggio per come lo intendiamo con analisi giustificate da mezzi tecnici e storici approfonditi, ma una fotografia dell’Italia di oggi vista dallo sguardo dei fotografi-autori.Probabilmente se questa foto l’avessimo fatta io,oppure tu,oppure massimo,avremmo visto cose differenti,probabilmente.
@luca mastrantonio
intanto complimenti per il libro e grazie di essere qui a rispondere alle nostre domande.Agonia culurale?Allora non è ancora morte vera,che cosa suggerisci dunque per uscire dal tunnel e sperare in qualche rinascita di originalità culturale?
Come è nata l’idea del libro?
Premesso che non sono un sociologo, né uno psicologo. E nemmeno sono er Papa, ma molto di più perché aspiro all’aureola. Dico semplicemente la mia su questa società dell’apparire e dei falsi modelli. I tempi incalzano, consumano freneticamente la materia impalpabile della vita con la stessa intensità di una catena di montaggio azionata a tutto regime. Ci si accorge di quanto affannoso sia correre dietro agli ingranaggi perversi di questa società. I figli dell’era della velocità, i supervitaminizzati, i superconcentrati si fanno largo a gomitate. Gli eroi della nostra epoca avanzano a passo di carica. Il tempo di tergersi il sudore dalla fronte e via, si riparte. Come certi generali della storia predestinati al successo. Quando mai Garibaldi si è potuto sdraiare sotto l’ombra fresca di un albero a gustarsi un bicchiere di quello buono? Sempre di fretta. Ora una battaglia, ora uno sbarco; il tempo di medicarsi una ferita al braccio che subito necessitava la sutura alla gamba. Così i vincenti della nostra società. Voglia di lusso, di sfrenato piacere, ricerca di comodità impellenti. E lo stipendio rimane sempre lo stesso.
Questi sono i miti da emulare. Miti imposti dagli strumenti mediatici, la televisione soprattutto. Questo è ciò che dispensa il potere politico, a braccetto con il potere economico- finanziario. Cos’altro è il potere politico se non un comitato che amministra gli affari della borghesia? (finanzieri, banchieri, industriali). Sono sempre le minoranze organizzate che manipolano le maggioranze e il consenso elettorale. Berlusconi è un maestro in questo e utilizza le televisioni come un’arma di distruzione di massa.. I Grandi Fratelli, Le isole dei famosi, quiz televisivi e ruote della fortuna sono la sua forza di persuasione. Tette, tette, tette sventolate come vessilli, seducono le masse e diventano stelle comete che indicano la retta via della cabina elettorale. I grandi comunicatori tendono sempre a ingabbiare il popolo che non legge, lo plasmano, lo dominano.
Dunque – grazie della considerazione e delle risposte.
Innanzitutto voglio fare una specifica subito a Francesca Giulia, che sta facendo un ottimo lavoro. certissimamente il dibattito è più che lecito, e anzi una cosa sana, ci fa parlare ci tiene puliti ecco. Anche i libri servono a questo fanno girare i pensieri – pure i libri rampogna. E quindi ben venga tutto. Io ecco, ragiono su cosa mi aspetto quando compro un testo e cosa desidero e sul ruolo che ho rispetto all’oggetto di cui tratta. In Italia, i profedsori che si occupano di questi temi sono ancora un po’ pochini mi pare.
In ogni caso faccio in bocca al lupo agli autori. Ringrazio luca mastrantonio della risposta rincuorata dalle letture che occhieggiano anche se Baudrillard mi sta felicemente sulle balle:). Magari tornerò più tardi sulle domande di Massimo, ora pongo agli autori e agli altri il mio problema.
– Il mio problema è che mi piace il pandoro con lo zucchero a velo. Gli è che riconosco uno statuto epistemologico alla pandoritudo ma anche allo zucchero a velo medesimo e penso che venga disconosciuto nella sua gloriosa zuccherosità e decorazione, senza considerare che c’è zucchero a velo e zucchero a velo, per esempio io lo compro da Castroni ed è+ proprio altra cosa da quello di pane degli angeli, che diciamocelo per chi ama fare i dolci è una cagata. Ma sempre de zucchero a velo si tratta eh.
Il mio problema è che nel constesto della cultura nazional popolare riconsco svariati zuccheri a velo di ottima fattura. Alle volte rispondono a delle mie necessità alle volte a quelle di un altro, alle volte in nome di certe tradizioni che mi risuonano dentro e altre che invece mi sono estranee. mangio solo jazz per fare un esempio e esco di rado in altri territori – generalmente puzzonescamente classici o cantautoriali – ma riconosco a Boccelli un lavoro tecnico notevole, un notevole appeal melodico e un aggancio più che solido con una certa tradizione italiana. Me ne frega un cazzo, non è che me lo compro. Riconosco anche a Boccelli, l’è cieco e barbuto! qualcosa che evidentemente è capace di catalizzazione simbolica, emana bontà e tanto sentimento. Ma sa cantare. Cioè mi hanno spiegato amici canterini che sa cantare bene assai, e ci lavora sodo per arrivare a quella canterinitudo.
C’è nella cultura di massa la possibilità di una sintesi tra complessità e immediatezza che la cultura tradizionale trova ogni tanto ma non sempre. In sede di Biennale addirittura mi sono spesso trovata dinnanzi al contrario. Una complessità che dissimulava una pochezza intellettuale disarmante. (Oltre che naturalmente cose molto belle che mi hanno impresisonata, a me piace l’arte contemporanea – ma non è questo il punto). Nei casi migliori la complessità e la serietà nella preparazione è un regalo che ti arriva e che tu non hai richiesto. E no, non è una sorpresa dell’ultimo secolo. No nel 700 – al di la che non facevi a tempo a guardà un paesaggio che già schiattavi – non è che andavano tutti a caccia di polisemie.
Temo che me so bella che incartata. Ma quello che voglio dire è: siamo sicuri che ciò che è categorizzato come irrazionalpopolare, sia invece un razional che però non è sentito di mondi interni che non sono riconosciuti? e desideri? e piaceri?
Perchè vedete questo è l’effetto dello zucchero a velo, gusta. Fa canticchiare. Il gusto della canticchiata a me Cattelan non me lo da. Mi da altre cose. Non sono le uniche che servono.
Spero di essere stata un pocarello chiara.
Il tema mi acchiappa terribilmente e potrei tornare a sfracassare li zebedei più tardi. Intanto saluto tutti:)
Luca Mastrantonio – mi sono sbagliata che e maiuscole! Spero che non si adonti. 🙂
@zaub 🙂 tu sì che sei original nel modo di esporre!!
….io comunque sono fuori dalla discussione:mi piace il panettone detesto il pandoro.
E lo zucchero…solo quello di canna!!
Complimenti a tutti per il vivace e interessante dibattito che continuerò a seguire con piacere. Credo che discutere e confrontarsi aiuti a crescere. Grazie davvero.
secondo me la massa non è così passiva agli stimoli bassificanti dei media e conta molto di più di quanto si creda.
gettare fango sulla tv e simili è una moda intellettuale, così come lo è, da secoli, trovare mille ragioni per decantare il crollo della società.
ma ancora una volta credo che le cose siano più complicate.
@ Salvo: bravo! Hai sintetizzato bene, perfino migliorando la famosa frase di Franceschini. Sì, perchè quando un mezzo viene usato così, prima distrae, ma poi distrugge.
@Renzo. Sarei tentato di mandarti un bacio. Sei l’unico che mi ha filato. Zauberei sta facendo man bassa di audience, parla cinque lingue masticate contemporaneamente e ne viene fuori un intruglio efficacissimo.
@Salvo: possiamo fare meglio. Ci associamo e parliamo dieci lingue contemporaneamente…
@Renzo. Capirai, ci ho messo trent’anni per imparare l’italiano (ammesso che ci sia riuscito)
La televisione ha contribuito moltissimo alla crescita dell’Italia. Anche alla crescita culturale. Mi riferisco ovviamente alla televisione di qualche hanno fa. Quella di oggi lascia molto a desiderare, anche se a ben cercare qualcosa di valido si trova pure.
Secondo me è sempre un esercizio utile interrogarsi sulla crisi della società nelle vairie forme in cui si manifesta. La crisi della società va di pari passo con la crisi dell’individuo. Negarne l’esistenza o far finta di nulla equivale a sprofondare un po’ di più.
Non avendo letto il libro, non so se quello che sto per scrivere è una sciocchezza. Secondo però me il Suv più che irrazionalpopolare è un classico status symbol. Non tutti se lo possono permettere. Chi ce l’ha, lo ostenta. ma lo fa consapevolemente, razionalmente. Il libro comunque mi interessa e penso di acquistarlo. Un saluto a tutti e complimenti agli autori.
@salvo a me piace il tuo modo di esprimerti, se ci metti dei disegni secondo me è ancora più carino…
sono d’accordo quasi su tutto.Il problema non è demnizzare il mezzo televisivo o meno,come diceva qualcuno più su,ma è l’abbassamento della capacità critica dell’individuo che prende per buono il mediocre e per successo personale l’apparire in continuazione,l’essere riconosciuto e presente dappertutto.Poi credo che se un mezzo persuasivo prende tanto spazio è anche perchè lo trova vuoto quello spazio,allora preoccupiamoci di riempire gli spazi con alternative di qualità e che spingano gli individui al confronto attivo e non al subire passivo.Certo quella frenesia di cui parla Salvo è reale,ma per fortuna non appartiene a tutti,alleniamoci al potere più grande che esista nella vita umana :la possibilità di scegliere!
“L’Arena”: indice d’ascolti 15 % (invento, non so esattamente e me ne frego), tradotto: milioni di persone, uomini, donne, disabili e funzionanti.
E’ un esempio. I programmi Tv ne sono pieni! I titoli li ignoro, mettetili voi. Dibattiti con Liberi Pensatori. Seguitissimi: gli indici lo dimostrano. Tutta produzione originale italiana? Magari! Tutte copie, ed anche brutte, successi collaudati perlo più in America. Ogni mondo è paese. Si direbbe. All’estero però qualcuno legge anche, in Italia questa è l’unica cosa che non si copia. E’ un popolo ignorante, un difetto atavico.
Ignorante = irrazionale; popolo ignorante = popolo irrazionale, onde massa irrazionalpopolare.
Adoravano Saturno perché non sapevano ancora di Gesù Cristo. Appena questi fu crocefisso le folle lo adorarono. Perché? Saturno prometteva ai vivi, Gesù assicurò la vita oltre la morte. Si chiesero (si chiedono) come è possibile ciò? Dicono: E’ un dogma. Cioè un mito. Come vedete i miti resistono.
E che c’è di più di irrazionalpopolare delle religioni? Ma le religioni sono nate con l’uomo perchè affermano senza spiegare, che poi è la cosa tanto facile da essere la preferibile.
be’… fede e raziocinio non sempre sono compatibili. mi sembra logico. 🙂
@Francesca Giulia: la televisione non è il demonio, ma chi predispone i palinsesti lo è. Ricordo che anni fa facevano vedere commedie, tragedie, concerti di musica classica. Ora più niente di tutto questo. Qualche programma culturale tuttavia c’è, ma è la classica mosca bianca.
In pratica le mie occasioni di sedermi davanti al televisore sono sporadiche, a tutto vantaggio però del maggior tempo che così posso dedicare alla lettura e se devo essere sincero, al di là della maggiore o minore qualità dei programmi televisivi, trovo che un libro sia uno strumento che può accrescere notevolmente il valore culturale, perchè lascia tempo alle riflessioni, consente insomma di sostare su certi concetti espressi, il chè è piuttosto difficile a realizzarsi con la televisione.
Mi inserisco un po’ tardi, ma vorrei rispondere alla domanda che inizialmente poneva Francesca, a proposito del termine “irrazionalpopolare”. Premetto che non ho letto il libro e quindi non posso che dire cose inevitabilmente imprecise. Ho anche letto quanto qualcuno prima di me ha detto a proposito del termine.Ciò che penso è che l’uso del prefisso “irrazional”rischi di sviare rispetto alla questione che-mi pare di aver capito-gli stessi autori pongono, o che comunque mi sembra Francesca rilevi.E cioè: cos’è che ci preoccupa o non ci piace di questa cultura? perché non condividamo i giudizi su ciò che è bello proposti dalla tv? il termine “irrazionalpopolare” mi sembra alluda al fatto che ciò che ci preoccupa o non ci piace di questa cultura è il suo violare la “razionalità”. Mi sembra cioè che dar peso alla questione dell'”irrazionale” evochi la razionalità come criterio fondamentale.Ora, in primo luogo io credo, come è stato già detto, che i comportamenti ai quali il libro fa riferimento siano orientati da processi che non sono per niente irrazionali, in quanto il mercato non si può certo dire che si muova secondo logiche irrazionali, anche se, di certo, fa leva sulle componenti affettive, emotive, del comportamento umano. Ma questo a mio parere non c’entra con l’irrazionalità, e tali componenenti non possono dirsi, a rigor di termini, “irrazionali”. In secondo luogo, il fatto di individuare come criterio di distinzione importante, la razionalità (e quindi il suo contrario, l’irrazionalità) mi sembra suggerisca l’idea che la razionalità, di per sé, sia un grande valore, in quanto ad esempio necessaria per apprezzare il bello al di fuori di logiche di mercato. Io cono preoccupata dal porre la razionalità come valore in sè, soprattutto quando questo rischia di mettere in ombra la questione di altri valori; come se eludessimo la scomodissima domanda su quali sono i nostri valori, su dove ci schieriamo, invocando una sorta di valore un po’ “neutro”, quasi “oggettivo”, quale la razionalità. Penso invece che la triste deriva culturale , italiana ma non solo, vada affrontata individuando quali sono i valori in gioco, cos’è per noi la bellezza, ossia interrogandoci sulle nostre posizioni; cosa che credo sia difficile anche perché ci pone dinanzi al timore di ricorrere a concetti morali se non moralistici. Preciso ancora una volta che non ritengo che questo che ho scritto possa avere qualcosa a che fare con il libro, che non ho letto. Mi limito a dire perché, pure ritrovandomi molto interessata al testo per come ce lo presenta Francesca, il termine “irrazionalpopolare” non mi convince.
Complimenti per la discussione , molto interessante!
@Franc
infatti: hai ragione. I gusti del pubblico non li decide lui, ma qualcuno che li “forma”, in qualche modo. Se a me piacevano, da piccola, l’orso Yoghi e Bubu+ Braccobaldo, qualcuno me li aveva fatti conoscere e così sono cresciuta con i “valori” che mi trasmettevano anche quei cartoni: valori positivi, di bontà e di rispetto (anche per il parco di Yellowstone…).
Se i giovani d’oggi imparano ad “uccidere virtualmente” con i videogiochi, è ovvio che poi a loro sembri abbastanza “normale” tutto ciò che assorbono fin da piccoli, esattamente come noi, da piccoli.
Quindi: come si fa a scegliere?
Molti genitori mettono in mano ai propri figli piccoli le “pistole di plastica” e tu vedi che, mentre parli con i genitori (e non immaginavi che gli avrebbero comprato quell’oggetto orripilante) e chiedi come stanno ecc, il piccino simula di “spararti” con la pistola di plastica ad acqua, ma non sempre. “Scusate, ma perché gli avete comprato questa pistola?”- Risposta: ” Eh… l’ha voluta…”.
Penso che se gli autori del libro sono “moralisti” (ma credo siano stati soltanto accusati di esserlo e non si sentano di appartenere alla categoria), non ci sia nulla di male, anzi. Il “moralismo” nel senso di un certo modo di “richiamare” i costumi al “buon uso” é necessario, direi. Luca Mastrantonio dice, a un certo punto: “ecco, noi siamo sereni ma non spensierati, cerchiamo l’intelligenza delle cose”. E ha ragione, mi sembra. Bisognerebbe però leggere il libro per conoscere più nello specifico i riferimenti di cui lui stesso parla.
@renzo in linea di principio sono perfettamente d’accordo con te,però poichè noi,purtroppo, non facciamo la televisione possiamo attenerci solo alla possibilità di scegliere,come dici tu,io la tengo più spenta che accesa|Tuttavia ricordo che anni fà facevano anche dei programmi interessanti per ragazzi,o meglio con ragazzi delle scuole secondarie superiori come partecipanti di giochi linguistici e e letterari,con quel preciso e simpatico professor Beccaria.Questo programma è stato poi ripreso e riadattato con Neri Marcorè che presentava e regalava libri ai vincitori,ma è passato in sordina e oggi si parla solo di Amici e altro così.
Ciò che mi preoccupa è proprio la formazione per i più giovani,certo mi dirai non è compito della TV,ma sappiamo che la formazione è fatta,molto a quell’età,di mezzi come la televisione e il PC.auspicherei che dessero maggiore importanza ai palinsesti per organizzare l’informazione di qualità per i giovanissimi.Concordo con te sul fatto che un libro è di per sè insostituibile,soprattutto se è ben scritto.
@chiara grazie della tua riflessione,effettivamente porre il termine razionale come un valore di per sè sarebbe sbagliato, ma non credo sia il modo in cui gli autori lo contrapponevano all’irrazionale,in quanto irrazionalpopolare è riferito al fatto che qualcosa ci piace senza esserne convinti,cioè solo perchè piace agli altri,ma non perchè se avessimo scelto con la razionalità avremmo fatto la scelta giusta.Ci piace perchè ci è facile identificarci in esso e così facendo ci conformiamo al gusto popolare.
grazie ancora per i tuoi spunti riflessivi.
In Italia siamo spettatori di un fenomeno irrazionalpopolare senza precedenti, che da oltre un decennio, tra alti e bassi, ci distingue in Europa: Berlusconi e il berlusconismo.
Volgarotto ma non troppo, elitario e popolare, disprezzato dalla cultura e amato dalle casalinghe, quest’uomo riesce con sapiente maestria a far parlare di sé.
…io conosco anche casalinghe molto in gamba però,poverine non le offendiamo!
Ho detto soltanto che è amato dalle casalinghe, non è un’offesa, solo la verità 😉
@rob hai ragione: come si fa a scegliere?E’ difficile,ma “cerc hiamo l’intelligenza delle cose” dice Mastrantonio,si può mostrare l’alternativa anche se naturalmente per i piccoli è molto più accattivamente quello che si mette nello scaffale alla loro portata-metaforicamente e materialmente parlando-.Il problema dei videogiochi è scottante,i valori più importanti come la vita e la morte vengono confusi e giocati come in una partita a dadi,ma anche il modo di trasmettere notizie al telegiornale non è meglio,si indugia su particolari agghiaccianti di omicidi e di violenze a tutte le ore del giorno,diciamo che il concetto di qualità delle immagini andrebbe allargato di molto.
caro gianfranco io ti ripeto che conosco casalinghe che amano brad pitt con maggior trasporto di berlusconi,e io non sono in totale disaccordo con loro. 🙂
Cari amici, vi ringrazio tutti per i numerosi commenti pervenuti.
Un ringraziamento particolare alla splendida Francesca Giulia per la sua presenza costante e raffinata.
Grazie, Fran:-)
Ringrazio anche Luca Mastrantonio per essere intervenuto con un commento molto corposo, rispondendo alle varie sollecitazione che arrivate e fornendo ulteriori delucidazioni sul libro di cui stiamo discutendo.
@massimo grazie a te,spero mi perdonerai l’off topic in difesa delle casalinghe e….di brad pitt 🙂
bacioni a tutti
@ Zauberei
Come al solito il tuo originale modo di polemizzare mi fa sorridere.
Però hai scritto: “Il tema mi acchiappa terribilmente e potrei tornare a sfracassare li zebe…”.
Era una minaccia? 🙂
@ Francesca Giulia
Prima o poi faremo un post in difesa delle casalinghe;-)
Il dibattito è stato vivace. Ho colto spunti molto interessanti.
In linea generale, a parte qualche legittimo parere discordante, mi pare di capire che – a vostro giudizio – l’Italia di questi ultimi anni è stata (ed è) più “irrazionalpopolare” rispetto a quella degli anni passati.
Prima di salutarvi vi propongo una sorta di gioco:
secondo voi quali sono, oggi, gli oggetti più “irrazionalpopolari” in circolazione?
Parlando di “circolazione” è naturale pensare di nuovo ai Suv.
Ma a parte il Suv… cos’altro?
Pensateci (se vi va, ovviamente).
L’Italia irrazionalpopolare
@ Massimo
@ Luca Mastrantonio e Francesco Bonami
D. – Convenite sull’esistenza di fenomeni irrazionalpopolari nella società italiana?
R. – La società italiana si “basa” sui fenomeni irrazionalpopolari come qualsiasi altra società eterodiretta o essenzialmente ancorata alla tradizione (conservazione) che, per durare nel tempo o estendersi ulteriormente, deve necessariamente avvalersi di ideologie ed emozioni create ad arte, per non dire “folli”, cioè prive di contenuti razionali, logici.
D’altronde – e lo sosteneva perfino Nietzsche – la “follia” è la regola nei popoli, nei partiti, nei gruppi e nelle epoche. Mentre è molto rara nei singoli.
D. – A vostro avviso, questi fenomeni riguardano solo (o principalmente) l’Italia?
R. – No, affatto. Sono diffusissimi se non universali.
D. – Secondo voi cosa è “irrazionalpopolare”?
R. – Tutto ciò che – lo ripeto in parte – non risponde ai requisiti della logica, del raziocinio e della verificabilità scientifica riguardo ai principi assertivi e dogmatici sui quale la stessa società trova linfa e valori condivisi o da imporre.
D. – Quali meccanismi decretano l’immagine del successo agli occhi della massa?
R. – La notorietà (fama) di un’idea, un’ideologia o un prodotto, commerciale o culturale che sia, ottenuta mediante una martellante campagna pubblicitaria attraverso i mezzi di comunicazione di massa, specie la televisione, la stampa, internet, e avvalorata dai giudizi di persone classificate (dalle cerchie dominanti) potenti o importanti, appartenenti comunque al “sistema”, nonché la loro capacità di suscitare suggestioni forti, immagini evocative di grande intensità che soffochino la riflessione critica.
D. – Siamo sicuri che l’Italia di oggi sia più irrazionalpopolare e meno nazionalpopolare di quella di ieri.
R. – A mio avviso oggi l’Italia è più irrazionalpopolare del recente passato.
Perché? Perché il contagio psicologico, l’imitazione e l’omologazione sono diventati inarrestabili e i singoli provano spesso un senso di rassegnazione o di impotenza nei loro confronti. Ma c’è un fatto: l’eccessiva omologazione, più o meno forzata come ogni omologazione, racchiude in sé i cosiddetti germi dell’esasperazione, ovvero della rivolta.
Un saluto cordiale, Ausilio Bertoli
Irrazionalpopolari sono quelle scelte capaci di trasformare le persone in gente qualunque, per le quali qualcuno possa dire,Diamo alla gente ciò che vuole. Il dio Denaro che supervisiona le nostre vite c’impone ritmi impossibili, perchè chi sorride su di noi ci esorta a spendere, che la vita è bella, anche quando le case ci crollano addosso per calamità naturali o bancarie. La dea Fretta, per raggiungere status al di fuori delle nostre portate, ci accalappia e ci trascina nel ghetto della disinformazione e della non cultura; velocemente, tutto viene preconfezionato, impacchettato e predigerito dalla signora TV , facendo ingollare alla gente Quel Che Deve sapere. E tanto basta. Un signore vestito di bianco, ogni domenica si affaccia dalla sua finestra e salutando la folla osannante, snocciola un decalogo senza tavole e senza diluvio da osservare con fede. Lo Stato laico si prostra. Tolleranza zero.
Sorridiamo ebeti davanti a fanciulle settimadotate, a snack nocciolatileggeri e pacchisorpresa miliardari, che sanno di paccotto napoletano(che almeno è intelligente). Molto triste. Il suv cittadino è la carota che fa correre la lepre facendogli credere di essere un libero predatore. E il libero pensatore? In estinzione? Diononvoglia!
Un mio amico, quando vuole essere assertivo e più che convincente, cita a conferma le opinioni snocciolate in un salotto buono della TV. Se lo dice Lui! Ma un tempo, porta a porta, non si scambiavano pettegolezzi?
@Bertoli: concordo, soprattutto sul fatto che l’eccessiva omologazione può sfociare nella rivolta.
@Cristina Maria: E’ vero e del resto è altrettanto vero che i furbi non esisterebbero se non ci fossero gli stupidi. Quello che più preoccupa è questa corsa a rincretinirsi e a delegare, in bianco, ad altri il proprio destino.
@massimo e altri
…stamattina pensavo alla questione degli oggetti “irrazionalpopolari” e mi è venuto in mente “L’intimo”,cioè proprio l’abbigliamento intimo,quello che una volta si chiamava così a ragion d’essere portato intimamente condiviso e visibile a pochi.Oggi-e non so quanto sia un fenomeno solo italiano- l’intimo dovrebbe essere riconosciuto come “pubblico abbigliamento” complice la vita bassa abbiamo occasione quando siamo al ristorante di rimirare l’inizio del perizoma della signorina del tavolo affianco oppure l’elastico firmato del mutandone del suo accompagnatore.E’ la moda? No,credo proprio che sia un oggetto irrazionalpopolare,perchè davvero piace a tanti,in tal senso mi piacerebbe tanto rivendicare la nazionalpopolarità di una mutandina nascosta,una spallina di reggiseno occultata e una antica sana trasparenza contro uno sfrontato mostrare di elastico slabbrato e molto poco intimo! :–
Allunghiamo la lista degli oggetti irrazionalpopolari secondo noi?
Un buongiorno carilli tutti!
Ho dormito male, sappiatelo – che la cosa immagino non cambierà il corso della vostra vita, ma temo potrebbe essere determinante per codesto commento.
io non ci riesco a usare il concetto irrazional popolare perchè escludo la questione del piacere senza motivi. Vedo in questo “senza motivi” una strategia poco furba per liquidare motivi che non si condividono. Per quanto mi riguarda io per esempio sono affrantissima da questi motivi: questi motivi hanno portato all’attuale governo e e a una rappresentanza culturale e politica che trovo miseranda. Ma mi hanno sempre rimproverato – e tutto sommato a ragione – che noi gente di sinistra ci abbiamo questo problema della spocchia quando affrontiamo orizzonti culturali diversi dal nostro. Ora – a prescindere dall’orientamento politico degli autori – viene il sospetto che “irrazional popolare” soffra dello stesso difetto.
Il suv. Ndo sta l’irrazionalità del Suv: contiene tante cose, va su tante strade è un ottimo sostituto fallico. Deliberatamente se ne fotte del prossimo sia esso gristiano che alberello. ammazza e inquina. L’avete mai vista la pubblicità del suv – quella che fu subitaneamente tolta dal mercato? Vi si raffiguravano dei bimbi che giocavano con delle bambole fate e principi, poi arrivava un bimbo con suv e mandava tutto a monte il gioco. Cioè se vedevano le fatine e i principini saltare in aria. Era una pubblicità che elicitava distruzione. In sostanza una pubblicità fascista. Dunque magari il suv fosse un prodotto irrazionale! Il suv è un prodotto ideologico. Il suv è un oggetto politico, un manifesto elettorale. Chi lo compra compra una serie di idee e sentimenti niente affatto scotomizzati. E confortiamoci – chi lo compra ci ha li sordi.
Occupano spazio – ma di sti tempi so’ pochini.
Anche l’esempio della ottima et sciccherrima francesca giulia mi sembra interessante: condivido con lei il principio sacrosanto per cui i reggizzinne vanno occultati et anco la mutanda sopra i pantaloni è tremenda. Non c’è salvezza ideologica per quest’usanza: è brutta sgraziata e non credo che aumenti di molto il tasso di seduttività fimminesco. Tuttavia è il sintomo culturale e politico tutto italico della percezione nostrana del femminile. Questo è il paese della curiosa eccezione: in tutto il mondo per le donne c’è una proporzionalità diretta tra uso del cervello e mostra delle tette. In nord europa ci sono le minigonne e le ministre, nell’Iran c’è er chador e na palata de casalinghe procapite. Noi invece ci abbiamo la Carfagna. Una sintesi simpatica. E anche lei una costellazione di (dis)valori: zoccolitudo, bella presenza, torta di mele: essa è soggetto delle sue mutande – come molte delle donne italiane. Ma parlateci eh – esse non sono soggetti passivi di questa cultura: sono soggetti attivi. Non sono eterodirette sono proprio spontaneamente convinte di voler essere soggetto di mutanda e non di pensiero.
Dunque, io posso accogliere l’esortazione di francesca giulia e trovare altri oggetti sintomatici di un mondo culturale che non sempre mi piace, e da cui cerco strategie per difendermi. Posso interpretare così la sua domanda e penso che non ci troveremmo tanto in disaccordo. Per esempio – anche riconoscendone il grande talento la competenza e la professionalità Paolo Bonolis è uno di questi e anche l’ineffabile Iva Zanicchi, e tutto amici. Rivendico per la qualità di altri prodotti perchè li trovo “razional popolari”. E trattasi per esempio di Fiorello, e di X Factor che guardo con gusto e apprezzamento. Per la verità anche le scarpe colla punta tonda – di cui posseggo un archivio più che apprezzabile, sono un mio razionalissimo e ideologico feticcio: emanano annitrentitudine, l’idea i una donna scicche ma insomma che non ti da un calcio negli stinchi, e avendone di molti colori, rispondono a quell’eleganza che è un compromesso ideologico tra vanità fisica e Dio bbono ci ho er cervello che te credi.
E infine, un pochino mi tranquillizza una cosa, in diverse persone avverto una capacità di distanza, di uso ludico dell’oggetto mediatico o dell’oggetto culturale in genere, che tendiamo a sottovalutare. O che io spesso ho sottovalutato. Pensiamo che il talento critico per guardare con sospetto una pubblicazione incongrua come novella duemila sia solo appannaggio di noantri fichi che avemo studiato semo fichi noi. In verità c’è un sacco di gente, che fa anche una discreta fatica a campare, e quella discreta fatica impone una scala di valori tale che state certi il suv, novella duemila e l’ineffabile maria de filippi rappresentano un affabile giocattolo, ma i valori in gioco, le cose per cui si lotta sono davvero altre. Non facciamo della media borghesia l’unico tratto culturale del nostro paese, perchè non credo che sia così. non siamo tutti avvocati alla riscossa, non siamo tutti arrampichini sociali, non siamo tutti casalinghelle frustrate all’ottava plastica.
Possedere un cellulare, oggi come oggi, è quasi necessario. Possederne due in qualche caso potrebbe essere utile. Averne tre è irrazionale.
Eppure c’è gente che colleziona cellulari.
Sono irrazionalpopolari? Secondo me in qualche caso sì
@zaub grazie son lusingata dall’essere chiamata sciccherrima da te! Detto questo mi dispiace che la tua notte sia trascorsa non tanto bene,credo molto nel potere rigenerativo del sonno e dei sogni.Tralasciando i personaggi,perchè non mi va di alimentare discussioni fra fazioni-ma detto solo fra noi due salvo anch’io Fiorello soprattutto quando faceva La Russa che sibilava minaccioso “Vercingetorigeeee”- fra gli oggetti prendo le scarpe a punta come irrazionalpopolari perchè non solo fanno tanto male alle dita dei piedi che poi si rifiutano di tornare alla posizione naturale,ma sono brutte e minacciose come dici tu,sembrano punatare dritte agli zebedei (mi sto lentamente zauberizzando nel linguaggio?) e fanno tanto attrezzo ammazza-scarafaggi negli angoli di casa.
Condivido appieno la possibilità di usare un atteggiamento ludico nei confronti di tanti aspetti irrazionalpopolari e altri e credo che tanta gente di diversa formazione culturale e sociale sia capace di riderci sopra.
buona giornata
@maria la cosa peggiore e molto irrazionalpopolare è quando i tre cellullari squillano all’unisono e il proprietario ti dice con il sorriso di chi la sa lunga:Li devo tenere accessi tutti e tre, sai è per lavoro!.
Beato te che hai tre lavori!!
cari amici io non so se Massimo ritenga opportuno che osserviamo oggi un pò di silenzio in rispetto ai funerali delle vittime del terremoto,io personalmente credo di assentarmi un pò. Un pensiero per le persone che hanno perso la vita e per i sopravvisuti che dovranno convivere con il dolore della mancanza e della privazione della loro storia e dei loro cari.
Vi abbraccio
Cara Francesca Giulia, entro con piacere nel suo salotto, è molto affabile con tutti Noi e la sua discrezionalità riguardo il tema trattato mi permette di portare se posso la speranza che la denuncia riportata è ininfluente rispetto le categorie sociali praticate da sempre: le differenze tra gli irrazional-popolari e non partono da molto lontano e oggi dobbiamo riconoscere,nonostante tutto, che i Miti e i sogni non sono più spendibili,verosimilmente, come nel passato. Mentre la vanità personale è aumentata e ha contaminato anche intellettuali con poca visibilità all’interno degli addetti ai lavori, forse. Mi spiego meglio: certamente è auspicabile che tutti Noi ci si orienti verso uno stile di vita di qualità e s’investa sull’eccellenza professionale, culturale, di diritti civili da condividere con gli altri. Ma purtroppo la vita non permette a tutti di riuscire nel proprio intento, tanto da poter concludere: è colpa della famiglia? Della scuola? Della Società? Della Chiesa?
Altrimenti che colpa hanno loro effettivamente gli irrazional-popolari?
La saluto Francesca Giulia e Le auguro una Santa Pasqua !
Grazie,
Luca Gallina
P.S. Augurissimi a tutti i cari amici di scrittura fedeli di Massimo Maugeri che saluto con affetto; Zaub a quando il lieto evento:baci&abbracci.
Grazie, Luca.
E grazie anche agli altri amici che sono intervenuti.
Il mio personale benvenuto a Cristina Maria. Credo che sia la prima volta che intervieni qui. Benvenuta a Letteratitudine!
@ Francesca Giulia.
Grazie. Sei davvero splendida.
Hai fatto benissimo a invocare il silenzio in concomitanza con la celebrazione dei funerali di Stato per le vittime del terremoto.
La discussione su questo post rimane comunque aperta (se volete).
Mi è piaciuto tanto il sintagma totalitarismo liberale, liberalismo totalitario.
D’altronde, già decenni fa si parlava del possibile avvento di un fascismo dal volto umano, di una tecnocrazia invadente che non fa sangue ma sfrutta, schiaccia, appiattisce.
Sono le quindici, ora della morte di Cristo.
Preghiera e silenzio per i morti d’Abruzzo.
Un bambino svogliatello
fu chiamato somarello
un somaro che l’intese
fieramente se ne offese
e adirato gli ragliò:
Io lavoro, ma tu no.
Amo gli asini, la loro fatica umile e silenziosa.
La copertina credo sia simbolica nel senso che la vita odierna ci carica di pesi – spesso da noi stessi issati sulla carretta delle nostre vite – che ci schiacciano.
D’accordissimo su bisogni indotti, sulla valenza simbolica del consumo.
La crisi ha di buono che ci costringe a guardare a ciò che è effimero e a ciò che è necessario, a riconquistare i valori. Come la tragedia abruzzese. Una mia amica che vive lì dorme ogni notte in macchina con tutta la famiglia, per la paura e l’angoscia. Ma lo stare assieme così taglia le cose inutili, rafforza i legami. La condivisione, la compassione.
Francesca, non dare retta a Salvo, sei veramente intrigante nella foto. Le donne di Letteratitudine sono belle, ma non solo: mai banali o vuote, mai veline o femmine ma donne a tutto tondo. E questo è un modo per lottare contro il vuoto che tracima, contro l’ignoranza e la stupidità che dilagano.
Emanuela Di Bella, artista che ci ha ospitati ieri per il corso di scrittura di Luigi La Rosa, mi faceva riflettere sulla hybris, l’arroganza, la superbia che avanza. E che nella tragedia greca vengono punite a caro prezzo.
Zauberei, sei impagabile! Mi hai fatto ridere… e oggi è un dono.
Zoccolitudo è un capolavoro.
Sai che io arrivai semifinalista al Campionato nazionale della lingua italiana condotto da Rispoli insieme ad Anna Carlucci e al professor Gian Luigi Beccaria? Lontano 1998. “Il tappeto volante” era un’altra bella trasmissione, garbata e mai volgare, interessante e piena di ospiti. Il malgarbo è irrazionalpopolare. L’urlo a tutti i costi, le risate finte, gli applausi per ogni fesseria, la prevaricazione sistematica.
Irrazionalpopolare è il gioco ad ogni costo per vincere ciò che le tasse ci mangiano e i gabelloti nostrani depredano.
Irrazionalpopolare è la presunzione ignorante, la saccenteria dei tuttologi.
Irrazionalpopolare è la tv del dolore, l’esibizionismo dei sentimenti.
@maria lucia grazie sei veramente cara!
Che bello il tappeto volante era una bellissima trasmissione,complimenti eri già una ragazza in gamba!!
bacioni a tutti
Maria Lucia grazie a te:)
La zoccoliutudo come saprai è una categoria dello spirito.
“Il Conformarsi al gusto popolare” è solo questo l’irrazionalpopolare? Non credo. Si tratta di due concetti che per quanto si voglia non è possibile farli diventare anoressici. Si tratta di concetti intorno ai quali si può tessere dovizia di trame, qualsivoglia sia la considerazione degli autori.
Vorrei precisare che a mio avviso sulla Tv si getta una ignominia che non merita, del tutto. Chi ne allestisce i programmi deve tener d’occhio le offerte pubblicitarie:son gruzzoli pingui! A che servirebbe snocciolare poesie o, che so, sinfonie se nessuno poi desse luce ai pollici digitali. Si potrebbe dare ad un popolo un governo che non meritasse? Cioè, anche gli uomini politici vengono selezionati con i criteri adeguati alla levatura degli elettori. Così gli spettacoli sono confezionati sulla misura degli spettatori. Certo alla Tv nazionalpopolare si potrebbe contestare il fatto che pagandola con i nostri spiccioli, dovrebbe occuparsi anche di educare e non solo e sempre subire passivamente le richieste della strada, alimentando tutto un immenso coacervo di indubbio irrazionalpopolare. Che c’è quindi in Italia (rispondendo alla prima domanda).
La constatazione che irrazionale e popolare siano due concetti, accoppiati o divorziati poco importa in questo discorso, mi porta, anzi mi strascina su un argomento certo più nobile di quello televisivo: la religione! Sono sicuro anch’io che nessun credente condividerebbe l’affermazione che essa è irrazionalpopolare. Ma se per un momento chiudiamo le chiese e ce ne andiamo a ritroso per i secoli, giungendo alle origini tutti riconosceremo nelle credenze fideistiche i tratti irrazionali e popolari. Adorare il sole non è l’equivalente storico dell’isterismo collettivo che eplode negli stadi? E adorare il sole o una statua che differenza fa? Chiedo venia ai credenti e capisco le loro scandalizzate obiezioni e le rispetto, ma la sostanza non cambia: entrando in una chiesa scopriremo ben presto schiere di lumini accesi per devozione ai piedi di immagini di gesso…o di marmo (quelle nobili, anche la fede si macchia di razzismo). Del resto sappiamo tutti, e anche i credenti, che le stesse chiese sono state concepite nel ventre dei templi pagani.
Qual è il meccanismo che decreta il successo di esseri, idee, od oggetti?
Lo stesso, rispondo, di quello che adunava le masse degli antichi Egizi per l’adorazione del faraone, identificato col dio serpente. Sempre un dio c’è, sinonimo della massima potenza, perfezione, ricchezza, e infine garanzia della continuità dell’esistere nell’altra dimensione.
La religione appartiene a tutti i popoli ed è in ogni tempo, se non altro per questo motivo l’irrazionalpopolare è nato insieme al formarsi delle prime società ed esisterà sempre, ad onta di ogni velleitario tentativo di acculturare le masse.
Tutto questo naturalmente nulla condivide col sentimento nazionalpopolare che qualche volta è stato causa di orrendi genocidi.
Sottovoce, dato il giorno, auguro a tutti buona Pasqua.
@luigi grazie per il tuo commento ricco di spunti intelligenti,detto ciò non sono del tutto d’accordo sul fatto che la religione sia irrazionalpopolare,nell’ottica in cui ne discutono gli autori e in quella dell’accezione del termine che in tale contesto gli è stata data,ma naturalmente la tua opinione è rispettabilissima.
Religione deriva dal Religo=legare insieme e d è un termine che indica la relazione che una comunità di uomini stabilisce con una divinità o più divinità,il tutto si esplica in riti ,ma questi riti dovrebbero essere intrisi di un sentimento che indica il bisogno di seguire un codice etico e filosofico,in cui cercare e,talvolta, trovare spiegazioni che la scienza da sola non può darci.Ora è certo che ci sia l’elemento irrazionale nel senso lato e pure quello popolare perchè riguarda i popoli,ma non risponde alle leggi di mercato piuttosto al bisogno interiore dell’individuo che tu,noi, possiamo o meno condividere.Io sto parlando del sentimento della religiosità e non del rito in cui si esplica,in cui possiamo trovare elementi irrazionalpopolari,ma questo è il modestissimo parere.Mi pare che bollare tutta la religione con irrazionalpopolare sia un concetto ….anoressico!
una felice Pasqua anche a te
Simonaaaaa e Francesca Giulia, Maria Lucia, acute femmine sono d’accordo con voi.
A volte mi sorprendono strani languori, soprattutto quando rammento
gli oggetti “cult” che hanno contrassegnato le stagioni della mia vita, per esempio il giradischi portatile, il motorino ciao, i lucidalabbra alla fragola, i jeans a vita alta, le borse griffate, i vari tratti di moda, oggetti resi affascinanti dalla memoria che, ignorando il loro valore di mercato, li individua come punto di riferimento della Storia.
La storia individuale unita alla storia universale è sempre molto interessante quando narra gli eventi, i passaggi, le stagioni: gli occhi della mente diventano silenziosi testimoni senza giudizio e la parola “cult” si riappropria del suo pezzettino finale, “culture” per l’appunto, ridefinendo così significati di più ampie vedute.
Non si può non pensare gli anni sessanta senza avere in mente i bigodini delle donne sotto il casco, gli anni settanta le folte e voluminose criniere della beat generation, il cappellino dei paninari e le femminili testine a spazzola anni ottanta, tra la fine e l’inizio del nuovo secolo la labile memoria è per il sintetico, ciuffi finti, tinte dai colori acrilici, i jeans abbassano la vita e lasciano scoperta la pancia fino a mostrare il colore delle mutande, il tribalismo detta buchi e tatuaggi identificando l’appartenenza gregaria, i nuovi empori di vestiario come terranova hanno spopolato, il tubo catodico trasmette modelli comportamentali attraverso veline, letterini, politici dal sorriso marmorizzato dai lifting, dive e divi prossimi alla pensione si ripresentano con facce e look da veline e letterine di cui sopra. Respiro. Assomigliare a ciò che tira si può(?), la scienza e la tecnologia fanno questo ed altro, esternamente si può rifare ciò che non piace, internamente chi se ne frega, a che serve?
Completo la mia spiegazione.
La caducità della massa inseguendo modelli altrettanto caduchi, avanza verso tempi e spazi immaginari, lo fa con passo sostenuto e sotto una luce come quella delle notti di luna piena.
Le masse proclamano i loro rappresentanti votando sconosciuti in trasmissioni come amici, xfactor, il grande fratello, contenitori del trash, cosi come alle urne votano chi rappresenta la ricchezza immaginaria, e lo fanno con le tasche svuotate…
Le perone colte riescono ancora ad esprimersi se compatte ed in gruppi che cosituiscono punti di forza, viceversa ,singolarmente, sono ritenuti inutili al sistema: a soffrirne terribilmente e l’ESTETICA con il linguaggio espressivo, lo stesso che dovrebbe educare l’essere umano all’elevazione dello spirito: l’intelletto ha lasciato campo libero agli istinti, ma questo non è recentissimo, è la conseguenza (storica) di chi ritiene che la vita, in fondo, è da ritenersi come un terno al lotto.
BUONA PASQUA
BACIONI A TUTTI
ROSSELLA
@Francesca Giulia: “…questi riti dovrebbero essere intrisi di un sentimento che indica il bisogno di seguire un codice etico e filosofico”, “dovrebbero”, per dirla col senno di oggi drogato di teologia, metafisica ed anche filosofia. Sulla vetta dell’Olimpo, al tempo della Grecia antica, però, gli dei gozzovigliavano e fornicavano allegramente e sovente volentieri stupravano le comuni mortali. Più o meno come divi televisivi moderni collocati nei rispettivi ambienti storici. La vita allegra non era prerogativa solo dei divi antichi greci e questo perché l’intelletto umano non aveva prodotto ancora le sofisticate speculazioni teologiche e metafisiche che imbrigliarono soprattutto la religione cattolica.
La relazione tra una comunità di uomini e la divinità è primitiva e si basa sulla impossibilità umana di conseguire con le proprie forze un benessere essenzialmente fisico che vada oltre la morte. Le norme etiche (Comandamenti) rappresentano il sacrificio, l’offerta votiva, per ottenere dalla divinità in premio il Paradiso, che è notoriamente il luogo di massima beatitudine, in cui non si soffre nè miseria, né dolore fisico, dove proprio la morte, la nemica di tutti, è definitivamente sconfitta.
Certo, hai ragione sul fatto che per gli autori del saggio l’accezione del termine irrazionalpopolare si limita ad un contesto moderno e popolato da stravaganti personaggi di successo, ma anche tu devi convenire che agli occhi del gran popolo il mondo in cui vivono questi personaggi è il Paradiso e si spiega quindi l’adorazione di cui vengono fatti oggetto.
Ed è anche vero, almeno per me, che questi personaggi, amati, invidiati, adorati (non è adorazione quella di decine di migliaia di persone che in uno stadio esplodono in orgiastica esaltazione del loro “idolo”?) sono sempre esistiti e che il relativo meccanismo è da cercare nel bisogno primordiale dell’uomo di modificare sempre in meglio la propria condizione e che quando non gli riesce, fantastica spudoratamente e puerilmente.
Approfitto per fare i complimenti a te ed a Massimo Maugeri per la conduzione e la natura del post.
Se anche la posizione di Luigi ha parzialmente qualcosa di seducente e psicologicamente attendibile – anche se a sua volta datata e intrisa di freudismo dei primordi, che identificava nella pulsione religiosa una serie di forme di sublimazione e di desideri che di fatto riducono eccessivamente le meccaniche del comportamento umano (un errore fatto anche con l’interpretazione dell’arte)- io concordo con Giulia. Il paragone regge solo relativamente. Solo per alcuni e anche solo superficialmente. Quando ho a che fare con i laici compulsivi, ho sempre questo senso di fastidio dal loro uso della parola “rispetto” e della parola “tolleranza”: spesso le usano perchè hanno deciso che sono fondamentali nella loro scala di valori ma non si esercitano troppo nella loro applicazioni. Siccè quando si confrontano con il pensiero metafisico e religioso dicono di essere tolleranti, ma ne parlano con leggerezza e supponena. “Questa cultura intrisa di teologia e metafisica”
Come se Levinas fosse comparabile a Berlusconi si con Berlusconi non sono molto tollerante)
Io trovo l’interpretazione della parola religione di francesca Giulia molto interessante e la condivido, mi ha ricordato l’accezione di religione e di preghiera che un vecchio analista junghiano, un grande maestro purtroppo scomparso aveva esperesso in un bel libro – Ebraismo e psicologia analitica – in cui raffrontava il pensiero religioso e la preghiera come forme di contatto con il se. Ampliare questo tema ci porterebbe fuori strada. Ma bisognerebbe cercare di evitare di parlare con una leggerezza pregiudiziale delle persone – solo perchè semplici, solo perchè hanno un itinerario formativo diverso dal nostro – dando per scontato che non sappiano distinguere la ritualistica dalla preghiera, l’urlo dal pensiero. In questo mi riallaccio anche al commento che avevo fatto sopra: non bisogna sottovalutare la capacità di distanza ludica che molti hanno nei confronti dei propri gesti. La semantica religiosa ha una sua sostanza ludica da cui si entra e si esce agevolente, forse anche come andare allo stadio. In nessuno dei due casi occorre sempre aver letto nè Freud nè Marx nè un manuale di antropologia. Non si apporta questo grande progresso culturale pensando che chi non è come noi – sia una manica di Ultrà.
Infatti, sono convinto anch’io che qui non ci siano ultrà. Nè ritengo errata l’interpretazione di Giulia e l’ho già detto del resto. Il fatto è che la religione, quella cristiana, si è sviluppata eticamente e teologicamente, approfondendo spiritualmente tutti i suoi temi, dopo la storia di Gesù (vorrei solo accennare a tutte le eresie e ai concili tenutisi già da Costantino in poi ed a tutte le elaborazioni apportate dai Padri della chiesa). Ma l’umanità non è nata con Gesù e le religioni sono nate con l’uomo, perché esprimono un suo bisogno che a mio avviso è sempre lo stesso, ancestrale, nell’uomo preistorico, come in quello moderno: il bisogno incessante ed inappagabile di un mondo migliore, un bisogno istintivo, tant’è che nessuno poi riesce a definire questo mondo migliore se non con termini generici. Grazie a questo istinto dell’uomo mi spiego le adunate oceaniche di oggi in onore di personaggi che a guardarli bene sono affatto comuni. Un istinto irrazionalpopolare che costringe le masse ad adorare un idolo. E la televisione è una sorta di Circo massimo nel quale la folla assiste quotidianamente al miracolo che compie la cieca fortuna.
Grazie Luigi e grazie Zaub,ho letto con attenzione i vostri interventi,in effetti concordo con zaub sul fatto che ci porterebbe fuori strada approfondire troppo il tema della religione,ma credo che abbiate entrambi compreso in pieno la posizione diciamo così di rispetto verso il sentimento religioso che intendevo esporre,e caro luigi paro propio di sentimento religioso in genere e non solo ed esclusivamente religione cristiana.Credo che a questo setimento possiamo fare un grande torto parlandone in termini ristretti e poco approfonditi,spesso quel sentimento che può prendere strade e forme differenti a seconda di come ognuno di noi voglia chiamarlo e riconoscerlo,a seconda della storia personale può essere una grande risorsa e talvolta anche una salvezza per l’anima.Parlo di salvezza in termini di qualcosa che non è esterna all’esssere umano ma come risultato di un particolare processo interiore e di interazione e relazione con l’esterno percepito.
Io comunque vi ringrazio tanto,per il resto della giornata sarò a festeggiare la giornata di pasqua in compagnia,ma più tardi mi collegherò di nuovo.
Se festeggiate vi auguro di nuovo una Serena Pasqua, se non festeggiate una domenica felice.
Zaub e luigi concordiamo tutti e tre sul fatto che vogliamo,auspichiamo un mondo,una cultura migliore,perciò il nostro pensiero non è così distante.
Mizzica Francesca Giulia te sei ecunemica inside:)
Ah a casa mia amo cominciato Mercoledi con Pesah che noi semo ebrei – poi oggi faccio la Pasqua cattolica perchè mio marito l’è cattolico, e in settimana mi sa che è prevista quella ortodossa perchè a casa di mia mamma c’è una signora russa e allora le famo la festa di quella ortodossa. Ora il tasso di spiritualità è variabile ma in compenso il tasso di leccornie è altissimoPPPP buona pasqua anche a te e a Luigi (che se è ateo integrale puaretto ni ci toccherà pane e cipollaPPP)
ih ih ih 🙂 zaub me fai morì dal ride! m’fai schiattà è risat’!
W lo scambio interculturale religioso gastronomico,w la varietà dell’umanitaà!
kisses
Se vogliamo cercare, le causa della superficialità che assilla oggi in grande misura l’uomo, dobbiamo cercarla nel sistema economico che da tanti secoli ci sottopone a uno stile di vita che giova solo a fare quattrini, e qualche volta anche a fallire.
Allora sono pianti, imprecazioni e accuse su tutti e tutto, ma non su se stesso.
La vita è sempre stata così: una scelta tra la celebrità personale, con tutte le sue apparizioni più svariate, che mai si concorda con i propri valori sani, che inducono invece alla sua rinuncia.
Credo, che la natura stessa provveda a ristabilire l’equilibrio, nel momento che le manifestazioni umane abbiano raggiunto un limite eccessivo e contra produttivo al processo universale, e quindi anche terreno, tendente sempre a stabilire equilibrio e armonia.
Sulla cultura e l’arte, credo che siano da ritenere espressioni elevate dell’uomo, nella sua ricerca continua e assillante di scoprire segreti e verità, anche se poi risultino di non esserlo, perché le condizioni della ricerca sono mutate e mutano continuamente nel trascorrere del tempo.
A ogni manifestazione, dominante una realtà presa in osservazione, si oppone sempre una contra manifestazione, seguendo il ritmo delle cause ed effetti dipendenti dalla limitatezza nostra e dimensionale.
Ritengo, quindi, a mio modesto parere, che una mutazione del tutto in meglio dipenderà sempre dallo stesso tipo di mutazione in tutto l’Universo.
Come è riscontrabile, che molte persone seguano un costume di vita conforme alla norma dominante, così è anche riscontrabile il suo opposto, di modo che dal continuo confronto esista sempre la possibilità dell’alternanza, che assume così il ruolo di energia ristoratrice, ancora di salvezza, illusione di miglioramento in un mondo imperfetto e limitato.
Dal termine “irrazionalpopolare”, ne deduco una forma fuori dalla consueta misura razionale, e quindi non governabile con la ragione riconosciuta, e molto populistica, cioè influenzante fortemente la massa popolare, da renderla soggiogata.
Cari saluti.
Lorenzo
No, caro Zaub, a me son toccati cannelloni al forno, agnello alla brace, pastiera napoletana. Così rimpinzato ti posso confidare che per me ora ogni idea sembra un lumino da notte.
Forse Francesca Giulia sta ancora schiattando per le risate, ma anch’io leggo e rido per le tue fresche schiamazzate, nonostante sia “ateo integrale puaretto”, come dici tu.
Al prossimo post.
cari amici sono contenta che qui continuino i commenti nonostante l’impegno delle feste,perciò ringrazio Lorenzo e Luigi.Bravo Luigi chiudere il pranzo con l’ottima pastiera è cosa saggia,per le idee aspetta il rischiararsi della digestione!
Caro Lorenzo il fatto che tu veda evidente l’alternanza degli opposti come ruolo di energia ristoratrice,significa che esistono ancora voci originali e questo non può che farci piacere,l’importante è che siano voci che non parlino solo a se stesse ma che abbiano il desiderio di condividere con gli altri.Altrimenti non c’è cultura senza condivisione,è lo scambio che rende proficuo ogni pensiero e che ha la forza necessaria per entrare nel costume.Mi chiedo, e vi chiedo, se la cultura per arrivare a tutti debba necessariamente scendere a patti con le leggi di mercato,e quale sia il limite poi tra cultura di qualità cosiddetta alta, e cultura di nicchia che diventa esclusiva e snobbistica.Ma oggi secondo voi esiste ancora una cultura snob, di nicchia?
buona pasquetta
@ Francesca Giulia
hai detto delle cose interessantissime e sagge.
La risposta richiederebbe un discorso lungo, che data la festività in corso rimando a un’altra occasione.
Sì, rispondo, bisogna sempre essere comunicativi. Un mio compagno di scuola mi disse lo scorso anno di smetterla di pensare troppo; lo disse a causa di una forma leggera del fuoco di S. Antonio che mi colpì durante le vacanze. Ovunque appaia, cerco di rallegrare la gente e molti mi ringraziano e dicono che sono un fenomeno; di che cosa non so ancora nulla.
Altri mi chiedono se sono un filosofo o scrutatore dell’anima e alla mia risposta negativa rimangono stupefatti e sorpresi del mio modo personale di comunicare osservandoli profondamente ma sempre con rispetto nei loro occhi. Insomma di una persona mi interessa il suo sguardo e la sua scelta delle parole e temi.
A mio modesto parere, la cultura non deve scendere a patti con le leggi di mercato, perché verrebbe assunta da gente che la sfrutterebbero per i propri scopi personali e la venderebbero non per il suo vero valore, bensì quello determinato da un mercato del consumo e profitto.
Cultura è per me una conquista, la si comunica a chi mostra interesse personale, ma mai lo si dovrebbe fare per fare soldi.
Questo in breve.
Ciao e buona serata.
Lorenzo
@Francesca Giulia: se la cultura, che di per sé è conoscenza per elevare l’uomo senza desiderio di sfruttarla per denaro, scende a patti con le leggi di mercato genera un evidente controsenso e allora non è più cultura, ma prodotto, un bene che spesso si finisce per usarlo e gettarlo.
La cultura non è alta nè bassa, ma eventualmente è il livello culturale che può esserlo. Quanto alla cultura di nicchia non la considererei cultura, in quanto riservata da una ristretta cerchia a se stessa, e quindi non aperta ad altre opinioni o ad altre forme di conoscenza. I confronti delle idee e delle conoscenze aiutano l’uomo a elevarsi; ogni altra forma, che escluda questo meccanismo, non è di beneficio per l’umanità.
@grazie Lorenzo e grazie Renzo!
Renzo io sono perfettamente d’accordo con te,però converrai con me se in linea di principio dovrebbe essre così, cioè che la cultura non si sporchi le mani con le leggi del mercato,in realtà poi questa cosa è abbastanza utopistica,la cultura passa, anche ,attraverso i libri,i buoni libri e i meno buoni,tutti sappiamo che i libri se non trovano mercato non arrivano al lettore,e senza l’incontro tra chi scrive e chi legge non avviene lo scambio, senza scambio non vi è cultura.I libri purtroppo sono soggetti alle leggi del mercato,è certo che possiamo ritenere non sempre valido ciò che si vende di più, ma se non ci comprano non ci leggono e non ci conoscono e allora per chi scriviamo? di certo non per noi stessi,altrimenti ne facciamo un diario personale e lo chiudiamo in un cassetto,perciò in un certo senso la cultura per restare viva deve adeguarsi alle leggi del mercato senza tradire se stessa e lo scopo più nobile che si è prefissa :la conoscenza.E’ questa la vera difficoltà.
Avreste mai detto qualche anno addietro che sul web si sarebbe fatta letteratura? Molti ancora storcono il naso, e guarda caso sono i custodi di quella famosa cultura di nicchia che vuole parlare agli altri per non essere compresa!
Un grazie di cuore per i tuoi, vostri interventi sempre accorati e interessanti.Mi piace la posizione di Lorenzo e di Renzo, che è anche la mia,con le riserve che ho espresso sopra.
Mi è piaciuta moltissimo la frase i Renzo Montagnoli, che me la copio e me la rivenno. La cultura non è nè alta nè bassa il livello culturale può esserlo.
Allora quando si parla di cultura di nicchia, la speranza è che il livello sia alto, in qualche caso accade e in altri no. In italia resiste ancora il mito della cultura alta rispetto a quella presuntamente bassa. Un segno di provincialismo e di miopia sconfortanti. Perchè anche se vogliamo mantenere la topica del basso e dell’alto, non si sa quante cose che oggi consideriamo alte hanno origini spaventosamente basse. oggi i radical chic appizzano il nasino appresso a Dizzie Gillespie, ma Gillespie era na roba da balere americane. L’opera era una cosa da vecchiette de genzano, e Caravaggio non è nato nell’accademia delle belle Arti. L’elenco potrebbe essere infinito e approdare all’Odissea. E io per esempio sono un’estimatrice sfegatata di molti telefilm americani, che hanno una complessità notevole e che sono tranquillamente qualificabili come prodotti letterari. Qualche tempo fa parlavo sul mio blog per esempio i certo Dirty sexy Money, che ci ha un titolo orripilante, ma che ha la struttura e l’articolazione del grande romanzo. Era un esempio. Ma esistono come dice Renzo alti e bassi livelli di fare cultura, e io odio il ricatto populista per cui per farti capire una cosa io ti devo parlare come a un deficiente.
Io cerco di essere chiaro, ma tu bello de mamma ti prendi un cazzo di vocabolario e ti sforzi. Tu peri tempo – Dio Caro.
Luciano de Crescenzio tesoro de zia, doveva fare altro. La cucina. L’uncinetto, oppure la speculazione in borsa visto che ni ci abbondava il talento per i quatrini.
Per la cultura meno.
a proposito di editoria e aria che tira
Ringrazio tutti per i nuovi commenti pervenuti e in particolar modo la splendida Francesca Giulia per il validissimo aiuto.
🙂
F.G.ringrazia di cotanta ospitalità e si autoinvita al prossimo ballo!
Lei messer Maxime è un perfetto pardone di casa e i suoi ospiti tutta bella gente.Sento i miei neuroni più attivi.
cari saluti
@ Francesca Giulia.
Rispondo alla tua ultima domanda e mi scuso anticipatamente se dovrò farlo sinteticamente.
Andy Wahrol è culturale, Alfred Manessier anche. Il primo lo conoscono tutti, il secondo un pò meno (anche perchè la pittura è campo vastissimo): eppure entrambi i pittori sono vissuti nello stesso periodo, i loro quadri sono nei musei, questione di gusti….
Saluti
grazie rossella,non ne capisco molto di pittura-sono ferma agli impressionisti!- ma comprendo l’essenza del tuo pensiero,se facciamo qualcosa di qualità non è detto che arrivi tutto al grande pubbblico.
grazie cari saluti