Sul Domenicale de Il Sole24Ore del 25 maggio sono apparsi due articoli molto interessanti e, almeno a mio avviso, complementari.
Il primo porta la firma di Remo Bodei ed è incentrato sulla paura dell’altro, dello straniero, del diverso.
“Da tempo immemorabile”, scrive Bodei, “tutte le comunità umane cercano di mantenere la loro coesione nello spazio e nel tempo mediante la separazione dei propri componenti dagli “altri”. Più una società è debole e insicura, più la formazione del “noi” esige rigorosi meccanismi d’esclusione e, generalmente, d’attribuzione al noi di un qualche primato, reale e immaginario, e, per converso, di degradazione, sospetto e timore riguardo all’altro, al diverso. (…) La direzione della paura è storicamente cambiata. Nel passato, anche recente, era soprattutto il potere statale a incuterla (…). Secondo un detto anglosassone, un Paese è democratico quando chi viene alla vostra porta di primo mattino è il lattaio e non la polizia politica.”
Certo, la situazione oggi, da noi, è diversa. La paura pare provenire più – appunto -dall’altro, dallo “straniero”.
Vi giro le stesse domande che pone Bodei nell’articolo.
Che succede se chi vi entra in casa non è né il lattaio, né il poliziotto, ma un rapinatore che, oltre a impossessarsi dei vostri beni, attenta anche alla vostra vita?
Se vostra figlia viene stuprata a una fermata della metropolitana?
(Urge – è evidente – sicurezza).
Ma quale sicurezza?
Quali misure prendere per evitare una militarizzazione della società, una sua chiusura che la esponga a una sorta di malattia del ricambio, che semini il sospetto, che si pieghi a strumentalizzazioni politiche e che delegittimi l’accoglienza dell’altro, vedendovi solo un potenziale nemico?
Belle domande, vero?
Voi che ne pensate?
L’altro articolo, quello di Alessandro Melazzini, affronta un altro problema (per certi versi speculare a quello evidenziato da Bodei). Come ci vedono dagli altri paesi? (Se vi ricordate ne avevamo già discusso, in parte, in questo post nato a seguito della pubblicazione del noto articolo sul New York Times che etichettava gli italiani come un popolo di depressi).
«Questa è la vecchia Italia. Ammirata e guardata con stupore. Soprattutto derisa» scuote la testa lo Spiegel «una terra di commedianti e imbroglioni, di amabili birbanti, ingannatori ed eterni bambini».
Secondo gli occhi dei tedeschi, come scrive Melazzini, l’Italia che emerge è quella che vede “Napoli sommersa dai rifiuti, avanzi di fascismo impenitente à la Ciarrapico in Parlamento, spigliate soubrette innalzate a Ministro, tutto il potere all’incomprensibile Berlusconi (quello dell’indimenticata battuta europea sui kapò), Roma che attacca i campi nomadi, Verona con un sindaco leghista che sposta il ritratto di Napolitano per fare spazio all’effige di un capo di Stato straniero: il Papa.”
Poi, però, vengono riportati pareri positivi (vi invito a leggere l’articolo per intero). Vengono citati “i fatti” di Duisburg e riportate le opinioni di Woller e Ulrich («Sono tutti problemi europei» sostiene lo storico Hans Woller, «basti pensare allo scandalo della Siemens o alla criminalità giovanile in Francia. Marchiare a fuoco lo Stivale è sbagliato: tutta l’Europa a questo riguardo è italiana»).
Da qui si evince che la società tedesca, al di là delle polemiche, sa perfettamente distinguere tra pochi e violenti mafiosi e molti italiani onesti.
Tuttavia, al di là di come ci vedono in Germania, l’immagine dell’Italia all’estero pare un po’… offuscata.
E allora…
Che accade agli italiani? E cosa ne è del loro fascino?
Ma poi… siamo sicuri che il marcio è solo di marca italiana?
Che dire allora degli articoli sulla corruzione, la criminalità e il razzismo di cui si legge in questi giorni sulla stampa tedesca?
Ecco… mi piacerebbe discuterne con voi.
Intanto ne approfitto per ringraziare Remo Bodei e Alessandro Melazzini, nonché gli amici della redazione del Domenicale de Il Sole24Ore che mi hanno concesso la possibilità di riprodurre gli articoli citati.
Li trovate qui di seguito. Riportati integralmente.
Massimo Maugeri
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SOTTO IL REGNO DELLA PAURA di Remo Bodei
Nel 1538 si festeggiava a Città del Messico la pace nella lontana Europa tra Carlo V e Francesco I. Racconta il cronista Bernal Diaz Castillo che all’occasione – nella piazza dove sorgeva il Templo Mayor e dove si stava innalzando al suo fianco la cattedrale – venne allestito uno strano spettacolo. Furono portati migliaia d’alberi, per simulare una selva, immediatamente popolata da villosi selvaggi. Questo ambiente avrebbe dovuto rappresentare il nuovo regno conquistato appena quindici anni prima. Colpisce e meraviglia una doppia incongruità: che nella metropoli circondata (secondo la testimonianza di Cortéz) da quaranta torri alte quasi cento metri, come la Giralda di Siviglia, nel centro di un tessuto urbano monumentale impressionante, si riducessero gli Indios a selvaggi. Ma fa specie, soprattutto, che uomini dal corpo glabro e liscio venissero travestiti ricoprendoli di pellicce. Come era possibile che la realtà venisse alterata sino al punto di negare l’evidenza percettiva? Perché si proiettavano su una nuova esperienza vecchi schemi e pregiudizi, non solo attribuendo il monopolio della civiltà ai conquistatori, ma rappresentando i presunti selvaggi secondo il modello dell’anacoreta villoso – come Sant’Onofrio – che si faceva crescere i capelli nel deserto? La cecità nei confronti delle altre culture è in questo caso evidente ed è mossa dal desiderio e dalla volontà di abbassare gli altri a un livello di primitività che rasenta la vita animale e, nello stesso tempo, di esorcizzare la paura nei loro confronti.
Da tempo immemorabile tutte le comunità umane cercano di mantenere la loro coesione nello spazio e nel tempo mediante la separazione dei propri componenti dagli “altri”. Più una società è debole e insicura, più la formazione del “noi” esige rigorosi meccanismi d’esclusione e, generalmente, d’attribuzione al noi di un qualche primato, reale e immaginario, e, per converso, di degradazione, sospetto e timore riguardo all’altro, al diverso. Eppure, per non soffocare nel proprio isolamento, ogni comunità (specie se evoluta) prevede meccanismi opposti e complementari di inclusione degli altri. In ciascuna permane comunque una costitutiva ambiguità, che può venire efficacemente illustrata a partire da una etimologia. Nel “Vocabolario delle istituzioni indoeuropee” Émile Benveniste ha mostrato come la parola latina “hostis” indichi simultaneamente l’”ospite” e il “nemico”, uniti dalla comune relazione di scambio e di reciprocità: il primo scambia, in positivo, dei doni; il secondo, in negativo, la morte. Lo straniero è così, contemporaneamente, un ponte verso l’alterità e una minaccia per la compattezza della popolazione, un antidoto alla sterile chiusura in se stessi e un condensato di paure.
L’incertezza del vivere deriva oggi, appunto, dalla percezione diffusa che lo straniero costituisce un potenziale nemico piuttosto che un possibile ospite (oltre che una persona che, con il suo lavoro, contribuisce spesso al nostro benessere). Se paura e speranza, nella loro polarità, sono entrambe alimentate dal bisogno di sfuggire ai pericoli del presente e all’incertezza del futuro, viene da chiedersi se non vi sia una proporzione inversa tra il diminuire della speranza in un futuro migliore e la crescita di angosce plurime o senza nome che si catalizzano sullo straniero. I problemi suscitati dall’inserzione impetuosa in altri contesti di milioni di persone di cultura diversa, spinte a emigrare dalla povertà o dalle guerre, certamente non mancano. Pericolosa è tuttavia la generalizzazione di casi singoli (anche se frequenti), il confondere gli individui con un gruppo etnico o religioso o il proiettare su di loro stereotipi o formule ideologiche di comodo.
In un mondo che si restringe e le cui parti divengono interdipendenti non c’è oggi alcuna sensata alternativa all’integrazione, la quale non coincide né con l’assimilazione, né con la creazione di ghetti (e neppure con il cosiddetto buonismo, un alibi per non assumere concrete responsabilità, o con la xenofobia, un acido che corrode la civile convivenza). L’integrazione rappresenta piuttosto un lungo e paziente processo di annodamento delle differenze all’interno di un tessuto sociale che le renda non solo compatibili, ma, in prospettiva, feconde.
La direzione della paura è storicamente cambiata. Nel passato, anche recente, era soprattutto il potere statale a incuterla. Nella filosofia politica veniva messa alla base dei regimi dispotici: dal “phobos”, attribuito dai Greci agli Orientali, i cui sovrani trattano i sudditi come schiavi, sino alla “crainte” che Montesquieu riscontrava al suo tempo dominante nell’Impero Ottomano o in Persia (con l’aiuto della tecnica i totalitarismi del Novecento l’hanno poi resa onnipresente). In maniera più realistica, Hobbes la considerava invece caratteristica imprescindibile di ogni Stato, allorché viene esercitata sia nell’ambito della legge o dell’arbitrio sovrano, sia in quello dell’anarchia, dove si trasforma in terrore o in panico.
Secondo un detto anglosassone, un Paese è democratico quando chi viene alla vostra porta di primo mattino è il lattaio e non la polizia politica. Tale regime è quindi definito dell’assenza o della riduzione della paura, che si manifesta anche nel privilegio accordato all’accettazione del diverso rispetto alla sua espulsione. Le democrazie sviluppano così i semi gettati dal cristianesimo. L’episodio evangelico del Buon Samaritano mostra, infatti, come si venga talvolta aiutati più dagli stranieri che dai propri concittadini. In questo senso, il cristianesimo rappresenta il tentativo più elaborato di abbattere le barriere etniche e statali che separano il “noi” dagli “altri”, il cittadino dallo straniero (il cristiano, del resto, si considera “peregrinus”, “straniero” a questo mondo e “pellegrino” o viandante di passaggio in esso).
Ma che succede se chi vi entra in casa non è né il lattaio, né il poliziotto, ma un rapinatore che, oltre a impossessarsi dei vostri beni, attenta anche alla vostra vita? Se vostra figlia viene stuprata a una fermata della metropolitana? La paura non viene allora più percepita come proveniente dal potere statale, ma, al contrario, da una criminalità che le “forze dell’ordine” stentano a contrastare. L’insicurezza rende gli individui e l’opinione pubblica meno razionali, creando uno stato d’animo di allerta o di psicosi collettiva, che fa di ogni erba un fascio, non tiene conto delle esperienze analoghe nel passato e crea dei capri espiatori.
È evidente che se l’esistenza delle persone fosse resa meno precaria, meno esposta agli imprevisti, la loro tendenza a comportamenti ragionevoli si rafforzerebbe spontaneamente. La sicurezza è dunque indispensabile per restringere l’area della paura. Ma quale sicurezza? Quali misure prendere per evitare una militarizzazione della società, una sua chiusura che la esponga a una sorta di malattia del ricambio, che semini il sospetto, che si pieghi a strumentalizzazioni politiche e che delegittimi l’accoglienza dell’altro, vedendovi solo un potenziale nemico?
Remo Bodei
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ACHTUNG, COMMEDIA ALL’ITALIANA di Alessandro Melazzini
«Che accade agli italiani? E cosa ne è del loro fascino?». Simili dubbi serpeggiano da qualche anno tra i media tedeschi. Ma a leggere certe scorate analisi degli ultimi giorni c’è da credere che il nostro Paese appaia ormai agli occhi tedeschi davvero senza più alcuno slancio. Napoli sommersa dai rifiuti, avanzi di fascismo impenitente à la Ciarrapico in Parlamento, spigliate soubrette innalzate a Ministro, tutto il potere all’incomprensibile Berlusconi (quello dell’indimenticata battuta europea sui kapò), Roma che attacca i campi nomadi, Verona con un sindaco leghista che sposta il ritratto di Napolitano per fare spazio all’effige di un capo di Stato straniero: il Papa. «Questa è la vecchia Italia. Ammirata e guardata con stupore. Soprattutto derisa» scuote la testa lo Spiegel «una terra di commedianti e imbroglioni, di amabili birbanti, ingannatori ed eterni bambini». Bambini pericolosi però, come hanno mostrato l’anno scorso i fatti di Duisburg, quando la “Polizei” s’è resa conto che ormai intere zone del territorio tedesco sono in mano alla Camorra, soprattutto a Est. Se fino ad allora la criminalità organizzata proveniente dal Sud veniva osservata come un pittoresco fenomeno esterno, adesso i detective federali hanno fatto ammenda della loro superficialità e prestano molta più attenzione agli avvertimenti dei loro colleghi italiani. Eppure, anziché puntare il dito indiscriminatamente contro il Belpaese, o risfoderare la famigerata copertina dello Spiegel anni Settanta con la pistola sul piatto di pasta, proprio in quel Ferragosto di sangue la società tedesca ha dimostrato di saper scindere perfettamente tra pericolosi elementi criminali e l’onestà dei suoi 600.000 concittadini di origine italiana. Ci ha guadagnato Roberto Saviano, il cui strabiliante Gomorra con un “timing” perfetto è uscito qui in Germania dieci giorni dopo la strage. A visitare i locali italiani poi non risulta che sia venuta meno la passione con cui i tedeschi, dai massimi vertici della politica berlinese alla famigliola di Würzburg, si dedicano alla gastronomia mediterranea. Forse perché, come si scrisse durante la foga dei Mondiali di calcio, «la più grande innovazione italiana è arrivata in Germania ormai vent’anni fa e si chiama: rucola»? Un’accusa, quella dello scadimento nostrano, rinnovata la settimana scorsa dal pubblicista Gustav Seibt sulle pagine della Süddeutsche Zeitung, secondo cui ormai nessuno si fila più la cultura italiana e tutt’al più al Nord giungono solo i vergognosi spettacoli di quei senatori giubilanti a mortadella per la caduta del precedente governo. Sull’indecorosa scena offerta da certi nostri politici difficile obiettare, ma visto l’interesse con cui si traducono Camilleri, Carofiglio e Calasso, si studia Agamben, s’intervista Claudio Magris e al cinema si guarda Mein Bruder ist ein Einzelkind (l’italianissimo Mio fratello è figlio unico di Daniele Lucchetti), è lecito avanzare qualche dubbio sulla totale disfatta della nostra cultura oltralpe. Insomma, l’«estraniazione strisciante tra Italia e Germania» – per usare il titolo di un volume contemporaneamente in uscita presso Il Mulino e la bavarese Oldenbourg Verlag – sta davvero avendo luogo? «Diversamente da Gian Enrico Rusconi» risponde lo storico Hans Woller, curatore dell’opera insieme al collega italiano, «a mio parere le relazioni tra i due paesi sono quelle di una distesa normalità. E sebbene politicamente ci siano state frizioni e allontanamenti, non bisogna dimenticare le ottime relazioni economiche e sociali in corso. Sempre più studenti tedeschi imparano l’italiano, sempre più studenti italiani vengono in Germania. Pensiamo poi a Eco, Muti, Abbado, Renzo Piano: tutti artisti che hanno conquistato celebrità mondiale! Dal primo cappuccino all’ultima grappa l’Italia qui ci accompagna tutto il giorno». Che dire allora degli articoli sulla corruzione, la criminalità e il razzismo di cui si legge in questi giorni sulla stampa tedesca? «Sono tutti problemi europei» risponde Woller, «basti pensare allo scandalo della Siemens o alla criminalità giovanile in Francia. Marchiare a fuoco lo Stivale è sbagliato: tutta l’Europa a questo riguardo è italiana». Secondo Stefan Ulrich, corrispondente da Roma della Süddeutsche Zeitung, occorre distinguere tra politica e società. «Effettivamente in passato tra Italia e Germania c’erano molti più contatti a livello politico. Ai cristiano-democratici tedeschi corrispondeva la DC, il PCI trovava un punto di riferimento nella SPD. C’erano grandi affinità dovute alla comune esperienza di fascismo e nazismo prima, alla ricostruzione democratica poi». Ma oggi il panorama è drasticamente cambiato. «In Germania non esiste un partito come Forza Italia, né un politico come Berlusconi. E la Lega Nord non è paragonabile alla CSU bavarese. Le due classi politiche hanno perso i loro rispettivi punti di riferimento». Detto questo, la fascinazione turistica verso Sud permane ininterrotta. Non a caso Ulrich nel suo divertente Quattro Stagioni, appena uscito in Germania, racconta che uno dei compiti più duri arrivato a Roma è stato quello di contenere lo sciame di connazionali desideroso di fargli visita. «Non sono così vanitoso da pensare che volessero venire tutti a trovare me. Il fatto è che l’Italia è una delle mete turistiche più attraenti del mondo. Quanto alla cultura, anche in Germania film come Gomorra o Il Divo suscitano interesse, l’attività della Scala viene seguita con attenzione e i grandi eventi di Roma e Venezia non passano certo inosservati. Non è possibile affermare che l’Italia sia culturalmente inaridita». Quindi i limoni italiani fioriscono ancora? Non c’è dubbio, eppure sarebbe esiziale, avverte Ulrich, sottovalutare le tensioni a livello politico: «la storia c’insegna che anche quando i popoli si comprendono bene, se la politica crea rigetto si può velocemente andare incontro a situazioni assai conflittuali».
Alessandro Melazzini (alessandro@melazzini.com)
Questo mi pare un post su argomenti di grande utilità.
Ne approfitto per ringraziare ancora Remo Bodei, Alessandro Melazzini e la redazione del Domenicale del Sole24Ore.
Organizzerei la discussione su due filoni:
1. L’Italia e la paura dello straniero
2. L’Italia vista dall’estero
(vi ripropongo di seguito le domande tratte dai due articoli qui pubblicati)
L’ITALIA E LA PAURA DELLO STRANIERO
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Secondo un detto anglosassone, un Paese è democratico quando chi viene alla vostra porta di primo mattino è il lattaio e non la polizia politica
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Che succede se chi vi entra in casa non è né il lattaio, né il poliziotto, ma un rapinatore che, oltre a impossessarsi dei vostri beni, attenta anche alla vostra vita? Se vostra figlia viene stuprata a una fermata della metropolitana?
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Quali misure prendere per evitare una militarizzazione della società, una sua chiusura che la esponga a una sorta di malattia del ricambio, che semini il sospetto, che si pieghi a strumentalizzazioni politiche e che delegittimi l’accoglienza dell’altro, vedendovi solo un potenziale nemico?
L’ITALIA VISTA DALL’ESTERO
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Che accade agli italiani? E cosa ne è del loro fascino?
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Ma poi… siamo sicuri che il marcio è solo di marca italiana?
Che dire allora degli articoli sulla corruzione, la criminalità e il razzismo di cui si legge in questi giorni sulla stampa tedesca?
Allora, diciamo subito che Bodei e’ un docente universitario, uno Storico della Filosofia se non vado errato, di cui lessi un libro molti anni fa. Mi piacque e lo recensii anche su I Polissenidi. E’ persona affidabile e seria.
Anche Maurizio Viroli e’ persona retta: un vero patriota che si e’ confrontato persino con Bobbio sul tema della Repubblica Italiana e della Patria – argomenti principi per parlare della questione stranieri, credo.
Ebbene, Viroli disse questo, sul patriottismo italiano:
”I fascisti esaltano la nazione e l’Italia; anche gli antifascisti devono presentarsi come i difensori della Nazione e dell’italianita’, ma la loro Nazione deve essere la libera Nazione che e’ aperta all’Europa e al mondo, e la loro Italia deve comprendere l’Italia migliore, l’Italia di Mazzini, di Garibaldi, di Pisacane; l’Italia degli Italiani civili, dei contadini e degli operai e degli intellettuali che hanno saputo conservare la propria dignita’.” (Da Bobbio-Viroli ”Dialogo intorno alla Repubblica”, Laterza 2001).
Mi sembra una buona posizione, questa di Viroli.
Alzi la mano chi aveva mai sentito nominare la cittadina belga di Marcinelle prima che saltasse fuori la storia del pedofilo assassino.
Ergo, il marcio sta dovunque e spesso è un marcio tragico, disumano. E dovunque a commettere reati sono tanto gli “indigeni” quanto gli immigrati. L’Italia non sfugge a questa tendenza.
Ma da noi avviene un fatto curioso.
primo sondaggio: vi sentite protetti dalle forse dell’ordine?
normalmente a questa domanda che periodicamente viene fatta dagli istituti specializzati la rispostà è SI per l’ottanta per cento degli intervistati.
secondo sondaggio: ritenete che in Italia ci sia sufficiente sicurezza?
altrettanto normalmente la risposta a questa domanda è NO, sempre per l’ottanta per cento degli intervistati.
Il corto circuito sembra evidente. ossia, come si concilia la grande fiducia nelle forze dell’ordine con la pressochè totale percezione di insicurezza?
La risposta è tra le righe. I cittadini vedono gli arresti eseguiti dalle forze di polizia, e poi vedono le scarcerazioni pressochè immediate da parte della magistratura.
In paesi ai quali non abbiamo alcun titolo per insegnare la democrazia e la civiltà, se uno borseggia un’anziana e merita un anno di carcere, sconta la pena in prigione. In Italia viene condannato e rimesso in libertà. Ciò per numerose tipologie di reato.
Norberto Bobbio, nello stesso libro, invece precisa il suo ”patriottismo” cosi’:
”Ci sono gli italiani che sono fieri di una certa storia d’Italia che non e’ ne’ la storia politica, ne’ la storia sociale, la storia religiosa d’Italia, ma e’ la storia letteraria e artistica, la storia che comprende Dante, Petrarca, i grandi pittori del Rinascimento, coloro che in qualche modo hanno contribuito alla formazione della cultura europea. Quella e’ la mia Italia, l’Italia nella quale io mi rispecchio, l’Italia per cui sono fiero di essere Italiano”. (Ibidem, p. 19).
La mia posizione?
Nella via di mezzo… ma ne parlero’ meglio poi, forse.
Ciao
La mia esperienza: io in Inghilterra ho respirato aria pulita e senso di giustizia. In Italia, quando vedi una macchina della polizia ti preoccupi pur sapendo di non aver commesso nulla. A londra salutavo la polizia per strada e quando li vedevo in giro mi sentivo al sicuro. Nel mio paese no. Londra, quanti abitanti…15 milioni? è una città multirazziale eppure se ci vai in vacanza mica pensi che sia strano. E quando torni dici ‘ La gente di lì…’ La GENTE? Quando inizieremo a capire che la gente non sono loro ma siamo noi? A Londra ci sono telecamere ovunque e appena parte una rissa fuori dal pub basta contare due minuti e inizi a sentire le sirene. In Italia mi sono nascosta terrorizzata sotto il banco del bar cercando di chiamare i carabinieri, mentre lavoravo sono uscite fuori pistole durante una rissa violenta..non è venuto nessuno, nemmeno il giorno dopo. In Inghilterra ai giornali è concesso di pubblicare il vero, di andare a fondo, di fare nomi. Se qualche politico viene semplicemente sospettato di qualcosa, per la vergogna, si dimette. Poi il razzismo…possiamo sempre confidare nel ministro delle pari opportunità? O no? 😀
Quando sentiamo per sbaglio la notizia: IN MYANMAR UN DISASTRO! Un bilancio di vittime tra 62.000 e 100.000 morti, ci dispiace certo, ma tanto loro… quella GENTE è nata sfigata.
E’ un anno che non guardo la tv. Mi innervosiva e mi caricava di energia e pensieri negativi. Se per mesi ti mandano in onda la notizia di un immigrato che ha violentato una donna, io inizierò ad aver paura degli immigrati e mi convincerò che sono tutti potenziali stupratori. Per quanto mi riguarda la colpa in Italia è dei media e dello strapotere di chi manovra tutto questo e ovviamente della cultura mafiosa che esiste da sempre. Sono mafiosa anche io quando vado dal dentista e accetto di pagare 800 euro invece di mille senza la ricevuta. La GENTE, i MAFIOSI siamo noi. E se qualcuno entrasse a casa mia e volesse ammazzarmi cercherei di ammazzarlo, e se qualcuno violentasse mia figlia lo ammezzerei.
Anzi, ne parlo subito, cosi’ da porre delle basi serie per farvi capire come mi comportero’, da dove partono i miei interventi su Letteratitudine:
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Ciascuna Patria e’ un valore ed una definizione che vanno, nel mondo attuale, circoscritti e messi in pratica entro i confini geografici di una Nazione, con proprie lingua ed usanze, Istituzioni politiche ed economiche. L’insieme di Istituzioni, lingua ed usanze costituisce dunque l’Italia del 2008, entro i propri confini riconosciuti internazionalmente. Sono legittimati a votare e dunque creare leggi i cittadini italiani, ovvero chiunque, vivente entro i confini, abbia sufficienti elementi per poter essere considerato tale. Resta inteso che cio’ non da’ automaticamente al popolo italiano la ”patente” di sentirsi perfetto e monolitico; infatti il sistema repubblicano garantisce delle divergenze in merito a diversi fattori, quali l’interpretazione della storia comune, della storia politica e persino la messa in discussione delle piu’ antiche usanze e tradizioni: vuol dire, questa liberta’, che si possono creare diverse tipologie di ”italianita”’ in un unico Paese.
Ecco. Ora, assodato questo, bisogna trovare dei motivi comuni per salvaguardare le motivazioni di italianita’ condivise fra gli Italiani tutti. Insomma, facciamo un esempio: se l’italiano Tizio considera il fascismo come il male assoluto e il comunismo come la soluzione per i problemi nazionali, vota Rifondazione ed e’ abortista; invece Caio considera il fascismo una fase positiva della Storia nazionale, vota Santanche’ ed e’ antiabortista, non possiamo dire che uno dei due sia un ”non-italiano”. Sono invece due Italiani uniti su altri presupposti, quali: il riconoscimento della Repubblica Italiana, la pari dignita’ di ogni cittadino davanti alla legge, l’uso della lingua italiana ed il rispetto dell’ambiente italiano, il riconoscersi figli anche delle peggiori aberrazioni che sono state compiute in Italia e la volonta’ di migliorare la propria comune Patria territoriale e spirituale.
Dal colloquio fra questi Tizio e Caio, piu’ tutti gli altri diversi da essi, dovrebbe scaturire la piattaforma comune dell’Italia e dell’italianita’: senza buttare la storia scomoda alle nostre spalle ma anche senza accettarne un’eventuale rivivescenza nel presente e nel futuro.
Siccome oggi in Italia si vive male, significa che questa piattaforma ancora non e’ chiara a tutti. Occorre crearla. Magari risolvendo i problemi quasi risolti da altre Nazioni europee, come: 1) la disoccupazione; 2) la creazione di carceri nuove (mancano e lo sanno tutti); 3) la certezza della pena per ogni cittadino presente sul territorio nazionale; 4) La lotta senza respiro a criminalita’ (TUTTA) ed evasione fiscale; 5) l’eliminazione del lavoro nero o addirittura (!!) gratuito. 6) Leggi urbanistiche piu’ severe e demolizioni di abusi edilizi.
Questi i presupposti per attuare una convivenza migliore nel Belpaese. Conditiones sine qua non per farci sentire piu’ italiani. Insomma piu’ onesti e tranquilli nel nostro Paese.
Fatto questo, gli stranieri si adegueranno e troveranno i propri benefici a vivere in Italia. Senza fare questo minimum, stiamo tutti male.
Di chi e’, fra tutti noi 59 milioni, la responsabilita’ di quanto sovraspecificato, ossia di questo ”minimum” mai realizzato solo in Italia? In misura crescente a seconda del potere e della ricchezza in possesso di ogni cittadino ed anche un tot ”fisso” di tutti noi votanti.
“Per quanto mi riguarda la colpa in Italia è dei media”, scrive ladypazz.
Massimo, te la senti di fare un post domandando se c’è una sola cosa marcia in Italia che non sia colpa dei media?
Perchè di getto mi viene in mente che i media sono responsabili di
1-le botte allo stadio
2-lo scarso rendimento delle squadre di calcio (poi quando vanno bene “è merito del mister che è tanto una brava persona e ci fa bene al gruppo e allo spogliatoio”)
3-l’aggressione agli extracomunitari
4-le veline
5-i libri brutti
6- la sconfitta di veltroni (ora)
7- la sonfitta di berlusconi (ieri)
8-la fame nel mondo perché si scrive solo di cazzate
9-la monnezza a napoli perchè ai giornalisti ci piace il pattume
Colpa dei media anche il tifo petecchiale nel Burundi?
Che fai difendi la categoria?
Chiedersi cosa faremmo se questo e se quello, come fa Bodei, crea un mondo immaginario, e quando poi incontriamo la realtà la confondiamo con il nostro mondo immaginario. Capita tutti i giorni, e tutti i giorni questo banalissimo meccanismo danneggia noi e gli altri.
Un abbraccio,
Gaetano
Io diffido della paura. C’è chi la fomenta, chi la ingigantisce perchè attraverso al diffusione del senso di paura si reggono molti poteri politici, tutti i regimi, e molti consensi.
E cos’è il terrorismo se non la diffusione del terrore in una popolazione perchè qualche “parte” non se ne avvantaggi?
Perchè i regimi di qualsiasi epoca tendevano a far volgere gli occhi della popolazione verso l’esterno, verso un pericolo proveniente da olttre confine?
La guerra fredda non si è retta sulla paura della minaccia nucleare proveniente dall’altra parte?
Il regime militare argentino non si è rprolungato inventandosi la guerra delle Falklands-Malvinas per distogliere l’attenzione dai problemi interni?
Prima dellla sua caduta il regime comunista Albanese si inventava minacce di invasione dall’esterno fino ad imporre di mettere le picche su ogni vigneto come misura difensiva anti-paracadutisti nemici. Il che ha anche del comico.
Perciò diffido.
E me ne sbatto altamente di queste paure. Le lascio tutte ai leghisti dei miei zebedei, e a chi crede nelle panzane che diffondono.
Ho vissuto (abbiamo vissuto) con il terrorismo in casa per quasi venti anni, dai primi ’70 alla soglia dei ’90, e ora dovrei aver paura di Bin Laden e dei suoi adepti tanto da girare sui terreni destinati a nuove Moschee con i maiali pascolanti di Calderoli ?
Ma che vada a farsi fottere lui e i suoi suini. Ci faccia dei culatelli!
E’ anche il martellamento continuo e insensato dei media che detta legge in Italia. Un esempio stupido? Se ti chiami Franzoni puoi vedere i tuoi figli il giorno dopo che sei finita in gattabuia.
Se mandi in onda per tre mesi di fila la notizia del pattume di Napoli, poi non pretenderai mica che diminuisca la criminalità? Non c’è più turismo e la gente ha perso il lavoro. Hanno chiuso alberghi, ristoranti, botteghe…
Secondo me non c’è nessuna libertà mentale che tenga a lungo di fronte al bombardamento dei media.
@ ladypazz:
mi hai convinto. da oggi sui media solo previsioni del tempo ed estrazioni del lotto
🙂
@ carlo:
non è un vino strepitoso, ma col culatello ti consiglio la Vernaccia di Serrapetrona. Ottimo rapporto prezzo/qualità.
Per calderoli prova col bicarbonato.
🙂
Vedi ci sei quasi…se poi elimini anche le estrazioni del lotto evitiamo pure quel gioco d’azzardo autorizzato dallo stato italiano!
🙂
e io come vivo??????
Tu Gea in fondo sei fortunata, c’hai tre scelte: Austria, Slovenia, e pure il mare volendo :))) Io ndo devo andare? Nn so manco nuotare…
wow.
che fortuna 🙂
no, parlavo del lotto, tesoro.
io ci vivo.
sono strumento del demonio pure io.
distribuisco vizi e veleni.
Serieta’. Questo manca in Italia. E anche la profondita’. Io faccio quel che posso… ma poi.. slogan, slogan… tempo perso. Tutti perdono tempo senza risolvere niente, in Italia. Sarebbe quindi meglio smetterla di lamentarsi.
E la televisione la comando a bacchetta. Infatti sta quasi sempre spenta. I giornali li comando io, li sfoglio leggendo solo la Cultura. Comando io, a casa mia. Facciamolo tutti.
Ha ragione Scurati, soffriamo d’identità: ci apprestavamo a rappresentare un paese ma ne sognavamo un altro. L’unità non è stata una conquista e l’Italia si è condannata ad essere un insieme di province. Per questo è facile, anzi viene spontaneo guardare i media e accusarli di tutti i nostri guai. (Credo che Lady P intenda la TV e francamente, è difficilissimo darle torto). Invece, io penso che noi, italiani, non ci libereremo mai del fascino carbonaro-complottista. Stile che induce allo schieramento, sempre senza se e con pochi ma. Ci manca l’obiettività e siamo felicissimi così, alimentati da luoghi comuni con relative conseguenze. Nel mio condominio ci sono stati cinque furti: tutti per opera di rom, di cui quattro colti sul fatto. E’ ovvio che si sia diffusa una certa diffidenza…soprattutto in estate. Nessuno è terrorizzato, qui si vive bene, ma quando sul lungo fiume si annuncia un accampamento, scatta il ricordo…e la paura che i fatti si ripetano.
I Rom “sono” un problema da risolvere. Il loro nomadismo, con le paraboliche sui camper e sulle roulottes, mi fa ridere. I matrimoni fra bambini di 14 anni celebrati qui, da noi, dove l’obbligo scolastico è ben superiore a quella età, mi fa piangere. Le “donne” (poco più che bambine) trasportate con i loro figli nei pressi dei supermercati o dei cimiteri per chiedere l’elemosina, mi fa incazzare. I maschi (fumatori di Marlboro) che la sera vanno a riprenderle, invece, vorrei riempirli di cazzotti. Non è una questione etnica, ma di educazione democratica che riguarda l’intera Europa.
Gaetano,
se non si vede un’Italia migliore, almeno nelle ipotesi, non e’ possibile realizzarne una almeno un milligrammo migliore di quella reale.
Miriam,
scusa, ma se dici che neanche l’Unificazione e’ stata per noi Italiani una conquista vera, dopo, come pensi si faccia ad avere una solida dignita’ nazionale davanti agli stranieri, che invece i valori, anche se talvolta sbagliati, ce li hanno forti e solidi? I Francesi hanno i propri valori e li impongono a tutti. E cosi’ dovrebbe essere da noi… se invece discutiamo ancora del Risorgimento… questa debolezza morale la paghiamo.
P.S.
Sempre salvando il fatto che chi voglia esser nomade deve avere il diritto di esserlo, ma manando i figli a scuola e rispettando le leggi italiane.
Faccio mie le parole di Viroli. Gli italiani dovrebbero capire che c’ è chi ha interesse che abbiano paura. I pericoli ci sono stati sempre ma la gente
non si è mai strappata i capelli. “la paura è la nemica dell’ uomo” rispose un vigile del fuoco a mio figlio che da bambino andò con i suoi compagni di terza elementare in visita alla casema dei Vigili del fuoco. Mio figlio aveva chiesto al Vigile se avesse paura degli incendi. Rispondo alle domande che ricordo. Se mi entrasse un ladro in casa avrei paura ma se si prendesse tutto e mi lasciasse viva ringrazierei Dio. Se mia figlia fosse stuprata sporgerei denuncia e, soprattutto, farei del tutto perché mia figlia riconquistasse la serenità. Ciao a tutti. Franca
Sono le nostre leggi, insomma, che o sono insufficienti o non vengono rispettate dagli Italiani stessi: sussidio di disoccupazione, uffici di collocamento veri ed attivi, scuola di qualita’, edilizia popolare, agenti del fisco tosti, ispettori del lavoro, leggi che vietino la gratuita’ della manodopera: DOVE STANNO QUESTE COSE STATALI IN ITALIA? NON ESISTONO! Poi come lamentarsi se la gente vive allo sbando, se lo Stato latita e non ti aiuta a trovare lavoro, casa e cultura italiana a scuola? E’ colpa nostra. Stiamocene zitti. Inizio io, smettendo di intervenire su questo argomento.
Sergio, forse sono stato poco chiaro. Avere fiducia è fondamentale. Avere una utopia, un sogno è molto importante. Però, è davvero la confusione tra l’immaginario di cui siamo prede con la realtà a fare disastri. Sia nel male, come avviene oggi nella povera e disgraziata Italia, dominata dalle immagini oscure dei Berlubossifiniroli, sia nel bene, con immagini d’un futuro roseo, proprio perchè esse (le immagini) non sono radicate nel “qui e ora”. Per esempio, per quel che riguarda la visione positiva, si dice o si diceva:”Un mondo migliore dopo la morte”, “Il sole dell’avvenire”… E invece, tomorrow never comes, e lo sanno bene alcuni negozianti, quando lasciano sempre appesa sul muro del loro locale la scritta: “Domani si fa credito oggi no”…
Buonanotte,
Gaetano
Vi ringrazio, come sempre, per i vostri commenti.
Avremo modo di sviluppare la discussione con molta calma nei prossimi giorni.
due piccoli appunti su di un argomento particolarmente spinoso :
1) anni fa ero a mantova per il festival della letteratura si presentava un libro, era presente anche il giornalista ( proprio Gian Antonio Stella) che statistiche alla mano dimostrava come il numero di omicidi e di rapine in Italia fosse più alto nel 1901 che non nel 2001;
2) la reazione italiana è argomento banale, sia per le sue cause facilmente descivibili come ha fatto benissimo Bodei, paura del diverso etc, ma assolutamente inevitabile.
In altre parole come l’influenza, sai cosa ti può far male ma comunque di inverno te la becchi.
Non cadrei poi nella trappola del termondismo, facendo l’apologia dei popoli poveri ma generosi, ed attribuiendo la xenofobia ai popoli ricchi ed egoisti. Il Sudafrica, qualche giorno fa, docet.
Per chi volesse informazioni sugli autori dei due articoli proposti (Remo Bodei e Alessandro Melazzini) vi invito a tornare sul post e a cliccare sui nomi linkati su Wikipedia Italia.
Il fenomeno dell presenza dello straniero in Italia è molto più complesso di quanto sembri ed è oggetto di riflessioni sociologiche e filosofiche, oltre che giuridiche.
Bisogna premettere che i flussi migratori non sono una novità della nostra società attuale e che già molti studiosi nord americani hanno studiato il fenomeno a partire dalla grande migrazione del 1800. E hanno concluso che spesso focalizzare l’attenzione sul “nemico comune” porta la collettività a sgravarsi delle proprie paure e rifletterle sull’aggressore esterno.
E’ la tesi seguita anche da altri studiosi del fenomeno (vedi per esempio Alessandro Dal Lago) che sono giunti alla conclusione che l’emergenza dello straniero è stata costruita a livello mediatico e politico. A queste riflessioni aderiscono anche quelle correnti filosofiche che pongono l’accento sul declino dello stato assistenziale e sul rafforzarsi di uno stato accentratore , che reprime più che aiutare.
In effetti da un punto di vista squisitamente normativo è dato evincere che è la medesima legislazione in materia a creare il fenomeno.
Contrariamente a quanto si possa pensare la normativa di settore è molto restrittiva rispetto all’ingresso dello straniero e la maggior parte di coloro che si introducono in Italia lo fa senza le prescritte autorizzazioni e sperando in “sanatorie” successive.
Ciò che viene istituzionalizzata è – quindi – non tanto la condizione di “straniero” quanto quella di “clandestino”.
Per riprendere le teorie sopra esposte il “clandestino” è il nemico da combattere.
Tuttavia la figura del clandestino è frutto, come sopra detto, dello stesso sistema di entrata nel paese che viene sostanzialmente esercitato ex post, dopo che l’ingresso stesso – in carenza delle condizioni previste – è avvenuto.
Alla condizione di “clandestino” e non di straniero la stessa Livia Turco (creatrice della legge Turco Napolitano sull’immigrazione) riconduce l’aumento della criminalità.
Ed è ovvio che ciò avvenga, perchè la posizione del clandestino così generalizzata pone il soggetto in una situazione di fortissima discriminazione sociale e di debolezza economica e morale.
La tipologia di reati legati a questa condizione la dice lunga.
Si tatta per lo più di reati contro il patrimonio (furto, rapina..), cioè strettamente connessi a situazioni di degrado e povertà, e solo in un secondo momento legati alle associazioni criminali ( quando il clandestino viene facilmente reclutato e allora scattano previsioni delittuose come lo spaccio, la prostituzione e la riduzione in schiavitù).
Anche il contesto sociale è differenziato:
al nord la percentuale di denuncia di tali delitti è quasi il triplo che al sud dove – in presenza di una marcata preponderanza dei delitti contro la persona e contro l’incolumità personale – i reati contro il patrimonio commessi dagli extracomunitari non vengono neanche denunciati perchè ritenuti di minor allarme sociale.
Quindi l’indagine è molto complessa e abbraccia il campo normativo, politico, filosofico e sociale.
Unità d’Italia, una conquista vera, per chi?
Le leggi unitarie e uniformi hanno giovato solo al nord d’Italia.
Il termine ‘Maffia’ significa in toscano povertà, miseria. Termine venuto fuori dopo l’ Unità d’Italia e che stava ad indicare inizialmente un’organizzazione segreta delle classi popolari. Organizzazione che cercava di difendersi dal dominio delle classi potenti e ricche.
Ci serve uno Stato forte: che aiuti e poi allora possa legittimamente punire. Ma se non aiuta, non vede neanche i cittadini, non li aiuta a trovare casa e lavoro, come puo’ poi punire chi cerca di cavarsela illegalmente? Lo Stato o c’e’ o non c’e’. E oggi molta gente ne vorrebbe uno che ci fosse solo per punire. Ingiusto. Assurdo. Uno Stato europeo, prima fa di tutto per dare a tutti lavoro e casa, poi punisce.
Insomma, secondo me non e’ importante tanto fare leggi ad hoc per gli stranieri, quanto farne di buone per tutti.
E anche (ma ho detto altre cose prima) mettere piu’ polizia in giro, certo: assumiamo i poliziotti. Ne servono migliaia in piu’. Costruiamo le carceri. E costringiamo lo Stato a fare uffici di collocamento efficaci, sussidi di disoccupazione, controlli sul lavoro, sull’evasione fiscale, case popolari nuove. Tutto insieme. Non una cosa oppure l’altra. Tutto questo, ci serve: lotta alla poverta’, alla delinquenza e all’emarginazione vuol dire quel che ho detto e che non c’e’.
Ladypazz,
mi scusi, ma mi pare che al Parlamento ci siano deputati e senatori di tutt’Italia, non solo del Nord.
Gaetano,
grazie per le precisazioni. Anch’io cerchero’ d’esser chiaro: bisogna condividere, in Italia, le esigenze di base di chi vive in Italia, per poter stroncare l’illegalita’, e questo concerne una progettualita’ non utopistica ma verosimile e realizzabile. Ovvero tutto quanto ho espresso finora in questo blog, sopra.
Abbracci affettuosi
Sergio
Il problema non esisterebbe, se fossimo più cristiani.
È fin dall’inizio dei tempi che l’uomo si è spostato da un posto all’altro alla ricerca di una vita migliore.
Per i popoli stabili è sempre stata l’origine di confronti sanguinosi, di guerre ed altre tragedie umane, fino alla perdita della propria identità, per poi risorgere con un’altra, accettata ed assimilata, e con la quale vivere ancora, e forse meglio di prima.
Per lo stesso motivo, arrivano oggi milioni di poveracci nei paesi benestanti, dove sono disposti ad esercitare tutte le mansioni giudicate umili e discriminanti dalle popolazioni stabili.
La nostra società, altamente industrializzata e progressiva nelle ricerche tecniche e scientifiche, ha imposto un’identificazione del tutto ipocrita e vanitosa con il lavoro da svolgere, che viene così valutato secondo della sua considerazione praticata, che aumenta a pari passo del reddito che procura e non della sua utilità e necessità per il benessere psichico dell’individuo.
Viviamo quindi in una società che si regge su presupposti dominati dalla presuntuosità e superficialità e dietro i quali agisce l’egoismo individuale.
Dall’altra parte è giusto evitare un incremento eccessivo dell’afflusso degli immigrati, perché creerebbe problemi gravi e non risolvibili in breve tempo, come abitazione, educazione, istruzione, lavoro e sicurezza.
Alla base del conflitto agisce e determina il suo apparire il sistema economico vigente, che favorisce un piccolo gruppo di privilegiati privi delle necessarie qualità etiche e morali, a scapito del resto della popolazione, la quale viene tenuta in ordine con promesse che nessun politico può e vuole poi mantenere.
È da considerare, che l’afflusso immigratorio sia sempre stato sostenuto dagli impresari, allo scopo di esercitare pressione sui salari dei lavoratori stabili, mentre loro stessi non si sono mai posto dei limiti sul livello delle proprie remunerazioni; qui la politica ha dimostrato di non difendere sufficientemente il proprio elettorato.
Le avversità, di carattere e contenuto culturale, religioso e demografico, sono all’ordine del giorno e sembrano capaci di riuscire a paralizzare la normalità giornaliera.
Come uscire da questo dilemma, se non con una politica economica che crei lavoro per tutti, che controlli energicamente la già preoccupante situazione demografica mondiale, che aumenta come se il pianeta crescesse di pari passo, con il sostenimento deciso della solidarietà per tutti, possibile solamente con una costante educazione ed istruzione delle popolazioni e che va quindi sorvegliata nel corso della sua realizzazione.
Il popolo, da solo, non riesce a governarsi, ha bisogno del ceto intelligente, istruito, laborioso e dinamico; quest’ultimo è richiamato a identificarsi con lui, e lo farebbe al meglio sostenendolo nei suoi bisogni primari, evitando di crearsi troppi privilegi per sé, che risulterebbero incompatibili e incomprensibili per la convivenza sociale.
Un popolo, illuso perché ignorato o tradito, diventa un nemico della democrazia, non potendo identificarsi con essa, e diventa un pericolo per ogni stato e nazione, fino al momento in cui potrebbe scoppiare di nuovo la rivoluzione, alla quale potrebbe seguire la dittatura dei più forti ed astuti per ripristinare l’ordine, come se con esso si ripristinasse anche una nuova e sana coscienza morale ed etica.
Non è un problema italiano, ma di tutti i paesi benestanti, nei quali lo straniero cerca di rifugiarsi dalla fame, mancanza di lavoro ed ogni bene di necessità che non trova nel suo paese nativo.
Saluti
Lorenzo
Mi piace questo post Massimo, e ho apprezzato l’intervento di Enrico, con cui mi trovo in sintonia su alcune cose – forse non su tutte.
Esprimo la mia posizione in punti.
1. Se io ho una legge che punisce i ladri, per quale motivo devo introdurre una legge che punisce i ladri NERI? Per quale motivo devo decidere di perseguire i neri o gialli o non italiani? ho legge, devo applicare quella. La legge dovrebbe fare ciò che è giusto fare, ovvero sia operare una discriminazione operativa tra chi delinque e chi no. Io trovo che Gregori ha detto una cosa giusta: la gente si sente insicura e vede la mancata aderenza del sistema giudiziario con la realtà. Ora va molto di moda attaccare la piccola criminalità, perchè è un bersaglio visibile che da l’illusione di un’azione di governo. Ma c’è anche il problema della macro di criminalità, e lo stato da decenni dimostra la sua impotenza. La crescita della criminalità in Italia, grande e piccola cromata e pallida è dovuta alla crescente incapacità dello stato e di qualsiasi governo a incidere nella vita dei cittadini. In questo senso l’Italia, mi pare un cavallo brado, che trotta piano, spesso inciampa, ma destra e sinistra non sanno domarlo minimamente: incidere un passo incidere una direzione. Questo la gente lo sente a tutti i livelli, perchè vede che con qualsiasi governo la qualità della vita è sempre lo stesso merdaio. Sicurezza e insicurezza inclusa.
2. Questo è il motivo per cui gli Italiani sono visti tanto male. Anzi che qualcuno parla ancora di ammirazione, i più ci compatiscono, e fanno benissimo. Non è perchè i Francesi o i tedeschi o gli americani siano costitutivamente migliori di noi, non manca la violenza, non manca il razzismo, non manca la criminalità organizzata. Ma quando c’è un cambio al vertice, quando vince una nuova coalizione di governo in questi paesi si sa che ciò che è detto verrà fatto, si sa che esistono delle conduzioni diverse nel modo di gestire la nazione, e che questa si traducono veramente in fatti. In materia di integrazione culturale noi non abbiamo una tradizione di “fatti”. fatti vuol dire: una rete sociale come quella francese sparpagliata per le periferie di Parigi di centri culturali per arabi e per senegalesi. Centri dove operano arabi e senegalesi inseriti maggiormante nel contesto e che possano aiutare gli altri. Fatti vuol dire cinque piani cinque di “Istituto del Mondo Arabo”. Naturalmente noi non abbiamo la storia coloniale di chi ci rimprovera, e per questo siamo un po’ scusati. Ma di cosa abbiamo esperienza? Dal dopoguerra in poi io vedo una macchina che per via della sua ruggine interna non è in grado più di andare avanti, di produrre significato, di produrre economia e garanzie per i suoi cittadini.
3 Adesso è di moda presso la sinistra bene mettersi nei panni dei poveri ni aggrediti, perchè non avendolo fatto prima hanno perso le elezioni. In tutta sincerità mi sembra molto “Bene” anche questo tentativo di identificazione di Bodei. Non è insomma che nelle periferie romane, gli immigrati sono dei bastardi inaffidabili che attentano la sorte di poveri cittadini buonucci e angelici, mai disposti a qualsiavoglia minchiata. Il degrado urbano produce degrado morale, lo stato che si allontana produce la criminalità che si avvicina, e questa faccenda della violenza extracomunitaria non è una novità di due giorni fa, ma un vecchio sistema politico, vigliacco e facilone, per attirare l’attenzione su qualcosa che sembri funzionare (prendere a calci in culo chi non ha di partenza imezzi giuridici per difendersene) togliendo l’attenzione su quei cambiamenti che tutti desiderano ma che neanche questo governo, come i precedenti, sarà in grado di attuare.
Si chiama “capro espiatorio”.
Orco!
Ho letto solo ora l’intervento di Simona.
Bellissimo e superchiarificatore, la parte filosofica la conoscevo pure io, e ha anche altri nomi anteriori a Dal Lago. Ma la parte giuridica mi ha aperto un mondo. Simona braverrima.
Signor Sergio Sozi certo in Parlamento abbiamo i senatori e i deputati mafiosi di tutta Italia, per strada invece chi abbiamo?
Diciamo che se l’Italia è un insieme d’identità incollate dalla politica (sic!), noi qui siamo un insieme di persone (isoline) animate dalla voglia di comunicare: buongiorno a tutti.
Per quanto mi riguarda, non ho votato un mafioso. Sui voti altrui non metto becco perche’ non li conosco. E soprattutto perche’ la politica non mi interessa e neanche litigare per motivi politici. Figuriamoci. Ho da fare altro.
Per esempio ho da pensare a come migliorare l’Italia, non certo a come mettermi in contrasto con gli altri su come e cosa fare. Le cose vanno fatte insieme, in armonia e senza aggressivita’, altrimenti a cosa serve? Ma mi sembra di aver gia’ detto compiutamente come la penso, quindi ringrazio tutti cordialmente e saluto. Interverro’ ancora su post che mi siano piu’ vicini professionalmente.
Sergio
Cari tutti, concordo con Enrico e di seguito con Simona e Zau. Si è creato un allarmismo incondizionato nei confronti dello straniero, dell’ essere alieno alla nostra cultura. Quando invece la legge dovrebbe essere una e una soltanto, non certo creata ad hoc caso per caso. Invece, oltre che essere applicata a ….(scusate, ma qui mi autocensuro, anche se l’argomento mi fa incazzare parecchio), c’è il rischio che talvolta ci si passi proprio sopra. Ed ecco che si viene prima condannati e poi rimessi in libertà. Ma che c’entrano gli stranieri nello specifico? quanti italiani onesti ci sono? Il rapporto è assolutamente bilanciato, solo che, guarda caso, l’enfasi sui fatti di cronaca cade molto più spesso sull’immigrato che non sul connazionale.
E qui mi fermo perchè credetemi, mi innervosice parecchio smuovere la feccia dal fondo del barile.
Condivido in toto: Zauberei e Carlo S. e riguardo la paura, vorrei ricordare: “Non abbiate paura, dovete avere coraggio” (Giovanni Paolo II); e se questo coraggio Noi tutti lo esprimiamo con il voto, dovremo poi esprimerlo con gli atteggiamenti e i comportamenti dando,così, il buono esempio laborioso e quotidiano: certamente, attraverso le leggi e attraverso i media che ci condizionano, eccome!
Le leggi ci sono applichiamole – erga omnes – , senza distinzione di razza ché nel caso atterrebbe a precise leggi razziali, ritorno al passato, forse?
Mi fa, anche, sincera meraviglia che lo straniero ci stia a guardare, ma non siamo in Europa: con la libera circolazione di persone e quant’altro, forse? Certo, ciascun Stato membro ha una sua sovranità: ma questo non vuol dire che oltre ai fondi CEE, si sia in qualche misura complici per il resto dei comportamenti di Tutti gli Stati membri,forse; senza esclusione dei cittadini Rumeni in Italia?
Bene: quanti di Noi hanno vissuto all’estero e vissuto delle ingiustizie riguardo la nostra Nazionalità, anche burocratiche? Non solo ogni Paese è usanza che trovi………: ma chi può ha anche un secondo passaporto: prontissimo a dire che in Italia va tutto male e che gli intellettuali di sinistra,accezione ormai desueta, sono lungimiranti, come mai? Ormai nel nostro Paese l’italianità è 50% e 50% rispettivamente di destra e di sinistra.
E non voglio credere che l’unità d’Italia sia stata possibile, anche, grazie ai finanziamenti ingenti della Massoneria; e d’allora in poi tutte le strategie del terrore praticate in Italia siano state frutto di ingerenze politiche: Russe o AmeriKane, forse!
Luca Gallina
P.S. Beninteso io mi ritengo Italiano con la stessa foga di un francese che si sente Nazionalista: W l’Italia! Non volendo dimenticare i milioni di morti caduti per la Nostra libertà presente e futura.
Quando hanno rubato in magazzino, abbiamo impestato ogni infisso di lucchetti, antifurti, reti etc ma non è servito certo a togliere la paura e ogni notte, al primo scricchiolare mio padre ed io prendavamo torcia e cellulare e iniziavamo a fare la ronda. Mai cosa fu più inutile e stupida, visto che ormai avevano rubato e che se anche mi fosse capitato davanti un ladro, non sarei certo riuscita a dargli una botta in testa per salvare capre e cavoli. Non so come reagirei se entrassero nella mia casa, nella mia vita, in ogni cosa più personale di un magazzino edile, mi piacerebbe pensare che reagirei come il mio grande amico Livio (cugino di Tamara Monti, la ragazza del delfinario di Genova uccisa un anno fa) che ha trasformato la rabbia in qualcosa di costruttivo come aiutare i bimbi delle case famiglia… io non credo che sarei così forte, penso che incasserei il colpo rovinandomi l’esistenza. E se toccassero i miei figli? Non oso pensarlo.
da REPUBBLICA.IT
‘Caccia alle streghe contro i diversi’: Xenofobia: Amnesty boccia l’Italia
E la critica è “biapartisan” e coinvolge tanto Veltroni quanto Fini
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di GIAMPAOLO CADALANU
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ROMA – La scusa per sbarrare le porte ai migranti e usare il pugno di ferro con chi è già dentro è quella, sperimentata in tutto il mondo, della sicurezza. Ma se l’Italia ha tanta paura dei “diversi” da voler scatenare una “caccia alle streghe”, Amnesty International vuole dirlo forte. La voce di Daniela Carboni, direttrice dell’ufficio campagne e ricerca, era pacata, ma l’allarme è rimbombato assordante. La Carboni ha bastonato senza risparmio l’errore di prospettiva che fa vedere un episodio di cronaca come l’omicidio di Giovanna Reggiani per mano di un rom “non come l’ennesima violenza contro una donna, ma come il sintomo inequivocabile di una tendenza alla violenza e all’illegalità di gruppi di persone e di minoranze, in base alla nazionalità, all’appartenenza etnica, al luogo in cui dimorano”.
In parole meno diplomatiche, è un allarme razzismo e xenofobia, condiviso anche dall’Anti-Defamation League: in Italia la tendenza è fare di tutte le erbe un fascio, “punire” sommariamente rom, immigrati, romeni, sulla base di categorie semplici, ignorando il principio di responsabilità individuale. E quando la cultura dei diritti viene erosa, “le minoranze non sono le uniche a essere colpite”, come dimostra l’impunità dei protagonisti di pestaggi e torture al G8 di Genova.
È la prima volta che alla presentazione del rapporto sui Diritti umani la relazione sull’Italia dura il doppio di quella sul resto del mondo. Si vede che i ricercatori di Amnesty trovano preoccupanti i segnali colti nel nostro paese, tanto più che quelli in arrivo dalla politica sono stati univoci, “bipartisan”, li ha definiti la Carboni. Che ha bacchettato Walter Veltroni, perché proclama che “prima dell’ingresso della Romania nell’Ue, Roma era la metropoli più sicura del mondo”. Ma anche Gianfranco Fini, che parlando dei rom si chiede “come sia possibile integrare chi considera pressoché lecito e non immorale il furto”. E se il governo Berlusconi ha appena varato un “pacchetto sicurezza” con restrizioni che colpiscono soprattutto rom e migranti, l’esecutivo guidato da Romano Prodi sul tema lascia solo un decreto che rende più indefiniti i motivi per l’espulsione degli extracomunitari.
La “delusione” italiana non è meno amara perché arriva in buona compagnia: a sessant’anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo la tortura è ancora diffusa in almeno 61 paesi, denuncia Paolo Pobbiati, presidente di Amnesty Italia. Ma gli orrori del Darfur, la repressione della Birmania, gli abusi della Cina, i massacri dell’Iraq, la vergogna di Gaza e di tutte le crisi incancrenite sono, appunto, problemi vecchi. I governi, dice Pobbiati “devono scusarsi e agire subito per colmare il divario fra ciò che dicono e ciò che fanno”.
Ma l’amarezza dei militanti per i diritti umani ha anche una sfumatura nuova: sottolinea la distanza che si allarga fra società e istituzioni, fra gente comune e governi. Da una parte le ansie elettorali hanno portato anche in Italia l’ossessione sicurezza, testa d’ariete ovunque per l’introduzione di politiche illiberali. Dall’altra però Amnesty vede segnali incoraggianti: “Crediamo”, dice la Carboni, “che politici e istituzioni italiane debbano avere il coraggio dei bambini di Lampedusa, che ai coetanei – i migranti che arrivano sulle loro spiagge – hanno dedicato giochi e disegni sui diritti umani”.
(28 maggio 2008)
http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/esteri/rapporto-amnesty/rapporto-amnesty/rapporto-amnesty.html
@ sergio:
trasferendoti in slovenia un po’ l’Italia l’hai migliorata
🙂
La paura è una sorta di eco e così da una rapina la notizia si amplifica a due, dieci, cento rapine: basta ripeterla più volte nel corso della giornata ai TG e subito un fatto di cronaca diventa una calamità nazionale. Certo, in un paese dove non esiste la certezza della pena, è inevitabile che chi delinque si senta più sicuro delle sue vittime.
Tuttavia, con un parlamento che ospita soggetti già condannati in via definitiva, che ne presenta altri indagati e che presumibilmente ne ha ancora altri che fanno i loro porci comodi, io ho paura, e non tanto dei rom, degli extracomunitari entrati illegalmente, ma di chi ci comanda…
Ma quale polemica e quale litigio?
Io so solo che a 8 anni guardavo i film americani in tv e credevo che gli indiani fossero tutti razzisti e meritassero di essere ammazzati.
Il terrore del lupo, il terrore del diverso, il terrore dei negri. Spero mi perdonino.
E poi io degli ottimisti sinceramente nn mi fido. Vi farei venire tutti qui nel profondo sud a parlare di ottimismo con la gente che sta male perché è disperata.
Non sono d’accordo con Bodei. Hostis: non c’è bisogno di citare i francesi per ragionare sul latino specie se i francesi, come in questo caso, sono approssimativi. Hostis/is infatti significa nemico ed estraneo, e il termine ci aiuta a capire come un estraneo possa assimilarsi a nemico: quando porta delle usanze (non certo doni!) che si contrappongono alle nostre e pretende di conservarle e/o imporle. Diverso invece è Hospes/itis, che è l’estraneo ma anche ospite: in questo concetto vi è addirittura assimilazione tra chi dà l’ospitalità e chi la riceve, in quanto la richiede e l’accetta senza contrapporsi. L’Oste (termine che deriva da Ospite) non ci butterà mai fuori a meno che non facciamo casino o non paghiamo il conto. In una parola, cioò che conta e risolve è l’Assimilazione (nessuno fa caso a chi si è assimilato e non si distingue dal resto dei residenti). Quando andrò a casa di Bodei, se lui gira scalzo su preziosi tappeti, mi toglierò le scarpe (anche se mi da fastidio): non pretenderò che lui, “con un lungo e paziente processo di annodamento delle (nostre) differenze” li tolga o me li lasci sporcare a piacere. I lunghi e pazienti processi sono contrari alla logica e alla velocità dei cambiamenti.
D’accordo su tutto il resto con Miriam e con Sergio.
@ lady:
però a XFactor ha vinto un gruppo salentino. vuoi mettere?
🙂
Mo vediamo magari riesco a sposarmene uno
Forse, quello che a mio parere si dimentica è il fine politico. In Italia il problema è la criminalità, non lo straniero. Lo straniero è stato il mezzo politico per raggiungere un obiettivo politico, quello di governare il paese.
Poi, certamente, esiste un problema di percezione, da parte degli italiani nei confronti degli immigrati, come sostiene anche il sindaco di Venezia Cacciari. La percezione di una minaccia che ha ben sintetizzato Bodei nel suo articolo.
Tuttavia, rimane il fatto che buona parte della responsabilità è proprio nostra, dei cittadini. Non facciamo altro che perdurare nell’errore di “voto”, il nostro unico punto di forza, ovvero nel permettere a taluni di continuare a governarci nonostante i fallimenti delle trascorse legislature, e questo discorso vale tanto a destra quanto a sinistra. Il problema dell’immigrazione e dei rifiuti a Napoli esiste da almeno un paio di lustri, nei quali si sono susseguiti governi di entrambi gli schieramenti e formati in linea di massima dagli stessi parlamentari che ancora oggi calcano le aule di Montecitorio e di Palazzo Madama. Dunque, cosa hanno fatto in tutti questi anni? Come hanno risolto o tentato di risolvere le problematiche in questione? Ma soprattutto, perché di fronte al fallimento abbiamo continuato a perdurare nel porre fiducia, per mezzo del voto, a personaggi che hanno fatto tutto fuorché l’interesse del Paese?
Posso essere d’accordo sul fatto che una buona parte delle menti di questo nostro paese siano state, e lo sono tuttora, plagiate e fuorviate dai “media”, come dice ladypazz, ma è anche vero che coloro che ancora pensano con la loro testa, che non prendono ogni notizia come verità inconfutabile, bensì preferiscono legittimamente ricercare e consultare le fonti per verificare la veridicità di tali informazioni, dovrebbero cominciare a muoversi per primi. Oltre a questo credo che occorra anche una “purga” dalle proprie faziosità, ovvero provare più spesso a mettere in discussione le proprie convinzioni e il proprio credo politico per cercare di crescere.
Diciamo tutti belle parole, largamente condivisibili, ma quanti di noi (prendendo sempre una citazione di ladypazz) di fronte alla prestazione di un libero professionista non esigono la fattura per risparmiare quel maledetto 20% di IVA? Quanti, poi, alla prima occasione riempiono l’etere di belle parole proprio sulla lotta all’evasione? Quanti di noi, anche questa volta, hanno votato un governo o un opposizione che ci hanno sempre lasciati orfani e che non si distingueranno diversamente neppure in questa legislatura?
Alla fine, come dicono i tedeschi, siamo italiani, e lo siamo più di tutti gli altri europei.
Vedi Jean de Luxemburg
il mio problema è un altro
Io non credo che chi faccia politica sia sistematicamente in malafede, credo che da entrambe le parti ci siano persone bene intenzionate. Qualche volta anche capaci. Nel senso di “capaci di pensare” e magari anche di agire, se non ci fosse una resistenza incoercibile del mezzo che si deve muovere, cioè il paese stesso.
Io sono sicura che se domani qualcuna delle persone vicino a noi, entrasse in politica, qualcuna delle persone di cui diciamo”si lui si” io credo che per come stanno le cose ora, non riuscirebbe a muovere una paglia.
Questo paese ha un’inerzia che pesa come il piombo.
Non so se è la primavera o il progressivo rincoglionimento di entrambi, ma zauberei è d’accordo con me e io sono d’accordo con lei. Gran parte dell’inerzia di questo paese si chiama legislazione farraginosa/ipertrofica. Più leggi esistono e più è difficile farle rispettare. Ce ne vorrebbero poche ed essenziali.
Tanto per ferci due risate, in Italia sarebbe persino vieteto mascherarsi a Carnevale. Il reato è travisamento, vero Simona?
l’Italia vista dall’estrero è l’Italia vista attraverso i giornali. E i giornali italiani all’estero sono l’Unità (tradizionalmente nei paesi dell’est), la Repubblica e il Corriere. Nessuno di questi giornali è schierato a destra: pertanto, durante i governi si S.B., questi giornali trasmettevano l’immagine di un’Italia in declino, in crisi e invivibile. Forse è anche uno dei motivi per cui i voti degli italiani all’estero (un tempo orientati patriotticamente e nostalgicamente molto a destra), si sono spostati sul centrosinistra.
ma come, i giornali italiani fanno cacare e al contempo hanno il potere di spostare il consenso elettorale? c’è qualcosa che mi sfugge. eppure faccio il giornalista dal 1975. evidentemente dormo in piedi
@ forse ladypazz
Vivo nella provincia di Catania e spesso ho paura. Tremo. Qui ci sono scippatori, baby gang, il pizzo si paga ancora, non c’è lavoro e la gente ruba anche in guanti di velluto e giacca e cravatta.
Ho viaggiato molto, anche da sola, sono stata ad Istambul, in molte città dell’est europeo, a Los Angeles (città dai telefilm sanguinari), in molte capitali europee e non…ma non ho mai provato quella paura di cui vi ho accennato. Non è fobia, credetemi, è realtà.
Ciao
Rosseaa
Vivere nella paura è morire un po’ ogni giorno. Non è vita.
Molta della nostra paura dipende dalla nostra fantasia, cioè se fantastichiamo di stupri, violenze e quant’altro, c’è un po’ di probabilità che questo accada realmente.
Non voglio dire che non ci siano problemi, e che questo non vadano affrontati e risolti. Voglio dire che serpeggia in Italia una forma di paranoia, che non porterà nulla di buono, anzi incentiverà la violenza e la nostra paura.
E la stampa, in questo, ha la propria responsabilità.
Consiglio sempre chi soffre di stati ansiosi da lettura di notizie drammatiche, una buona disintossicazione che duri qualche settimana, evitando di leggere giornali e di guardare la TV. Non sono una psicologa, ma su di me ha funzionato alla grande, qualche tempo fa. E ora sono più tranquilla e serena.
Mi associo a Zaube nel suo plauso a Simona. Intervento estremamente chiarificatore. Ma anche Zaube ha detto cose molto condivisibili. E perciò le condivido. Anche co-condivido con lei quanto precedentemente detto da Gregori circa il distacco tra sistema giudiziario e società reale. Si vede che oggi mi sento molto condividente.
Forse è nel sistema giudiziario il vero nocciolo della questione: la sua lentezza innanzitutto, la sua macchinosità e l’incertezza delle pene che in pratica il sistema (con la sua marea di norme che si aggiungono alle precedenti senza abrogarle, senza sostituirle) consente. E’ questo che può farmi paura: non di certo le campagne di allarmismo riguardo ai rom, agli arabi, o agli albanesi; che dire sennò dei pazzi (tra ubriachi e strafatti) che si mettono alla guida ogni giorno sulle nostre strade, italianissimi o forestieri che siano?
Credo facciano più morti loro che un’orda scalmanata di clandestini incazzati.
E ripeto che abbandonarsi ai sensi di paura è sottostare alla mentalità terroristica. La diffusione della paura giova sempre a qualcuno, che vuole avvantaggiarsene. Io al ricatto non ci sto.
sono d’accordo con zauberei, con enrico, e pure con jean de luxembourg.
continuo a ritenere che la classe politica di un paese sia lo specchio del paese stesso. e che di leggi ce ne siano d’avanzo, ma largamente inapplicate. e che valgano per tutti, italiani e stranieri.
certo che se nella percezione comune le regole sono elastiche e bisogna vedere perché io per esempio, allora è tutto più complicato.
se io lascio la macchina in divieto di sosta e prendo la multa, posso pensare che sfiga, ma di certo non maledirò le autorità competenti e i vigili urbani e quant’altro perchè io ci ho da fare e sono orfana e ho il mal di denti e allora metto l’auto dove mi pare. pago. e zitta. e mi vergogno pure un po’.
sono parecchio pessimista sulle sorti di un paese in cui a me capita quotidianamente di spiegare a clienti, lavoratori dipendenti e pensionati, che se faccio lo scontrino è perchè credo sia giusto pagare le tasse pure io, e non solo loro. e che se loro in primis ne pagano troppe è perchè in troppi fanno i furbi.
ci credereste? LORO pensano che IO sia scema.
e vabbè.
🙂
Secondo me comunque tutte le asticelle si sono alzate.
Si sono alzate quelle della gente comune, contro sempre qualcuno l’islamico , il rom quello che fuma etc etc, ma anche da parte degli esponenti del politcally correct si ha una percezione vagamente alterata. In un periodo nel quale in Sudan la gente continua a morire per motivi religiosi, in Birmania un governo ciminale non accetta ( o fa sparire ) gli aiuti per il proprio poverissimo popolo, alzare la voce e bacchettare (come citava l’articolo precedentemente riportato) la infingarda ed inutile politica italiana mi sembra come voler fare il femminista in scandinavia. Fai bella figura e sforzo 0.
Siamo un popolo mediocre che esprime una classe politica altrettanto mediocre, persino come razzisti siamo scadenti. A Roma se la sono presa con i bengalesi, gente che nell’immaginario collettivo incarna la mitezza e la mansuetudine.
e pure con carlo sono d’accordo.
ecco.
oh, là.
🙂
Quasi il 50% dei detenuti in Italia è straniero: è un numero, non un’opinione. Sulla mancata certezza della pena, essa è obbligata, in quanto le carceri son sovraffollateo e non ci son soldi per farne di nuove, che servirebbero anche per far star in modo più umano chi è detenuto.
Lo strano è un altro: ogni detenuto costa 400 euro al giorno, quindi una cella da 5 persone costa 2000,00 euro al giorno. Più di una suite in alta stagione. Com’è possibile, considerando anche che il Ministero non ha fini di lucro??
Poi, a costo zero, si potrebbe vendere gli immobili di S.Vittore, Rebibbia e Poggioreale, e costruire edifici grandi il doppio, fuori città.
Ciao, Greg, vecchio satiro impenitente! Cosa ne pensi delle mie modeste opinioni? Almeno io lascio in pace i mezzi di comunicazione e dico che e’ la gente a non aver capito quel che ci sarebbe da chiedere allo Stato per vivere meglio in Italia (1- uffici di collocamento REALI, 2- case popolari, 3- piu’ carceri e piu’ poliziotti, 4- il sussidio di disoccupazione). Bastone e carota, insomma. Sei d’accordo?
De Angelis,
finalmente qualcuno che fa proposte fattive. Grazie! Sono d’accordo. Inoltre ti dico che ci sarebbero alcuni carceri ancora in costruzione ma mai terminati. Il tutto e’ scandaloso e tu hai piena ragione.
P.S.
Invece i soldi ci sono per dare 23.000 euro al mese ed una auto blu con autista e scorta a qualche migliaio di funzionari e politici statali. Strano.
Caro Sergio, sui tuoi 4 punti sono d’accordo. Alcune cose di quelle che elenchi esistono ma potrebbero funzionare meglio. Poi ci sono delle carenze che, evidentemente, sembra pressoché impossibile colmare.
Quanto a prendertela coi mezzi di informazione se vuoi fai pure, io non ho mai difeso a spada tratta la categoria. Sopra leggo che se esiste la criminalità è colpa dei giornali che riportano le notizia sulla criminalità medesima. Ergo, se i giornali tacessero i criminali si iscriverebbero alla Luiss o farebebro i volontari alla Caritas.
Peraltro si potrebbe impedire ai giornali di parlare della fame del mondo, così il giorno dopo i bimbi africani mangerebbero a crepapelle.
In realtà, nel Ventennio fu sostanzialmente abolita la cronaca nera, eppure la criminalità c’era lo stesso: furti, borseggi, contrabbando e omicidi.
Temo quindi che, evitando di riportare notizie sui terremoti, i giornalisti non scongiureranno il ripetersi dei sisma.
Sono anni che sento le stesse stronzate caro Sergio. Posso continuare senza problemi.
Per quanto mi riguarda, domino perfettamente i giornali e la tv: leggo o ascolto quel che mi pare e tralascio la robaccia – che in verita’ e’ troppa. Infatti la mia critica e’ precisa, non generica: la gente e i mass media vogliono l’informazione cosi’ com’e’. Io, Sergio Sozi, la vorrei diversa e la produco, infatti, diversa (hai dato uno sguardo al mio nome su Google?). Mai scritto d’altro se non di cultura. Pero’, lo ammetteremo entrambi credo, e’ una ingiustizia palese che la cultura non dia ”panem” neanche nel 2008. Soprattutto in Italia. Questo e’ fatto innegabile e affatto europeo, moderno, accettabile. Le critiche bisogna farle mirate, mai distruttive e dunque sempre accompagnate da una controproposta: la mia mentalita’ e’ questa.
Chiarezza, onesta’ e sguardo dall’alto. Senza avere queste peculiarita’ messo starsi zitti ed accettare lo statu quo. Invece la gente chiacchiera per farsi vedere, per divertirsi, per fare conoscenze, per impiegare il tempo libero e per sfogarsi. Io critico per migliorare – e l’ho gia’ fatto lasciando il Belpaese. Galbani.
E poi credimi: applicati bene e sul serio quei quattro punti, la criminalita’ in Italia si ridurrebbe del settanta per cento almeno. O no?
Faccio esempi che ho conosciuto personalmente: in Inghilterra si campa bene perche’ lo Stato da’ il sussidio di disoccupazione e una rete di ottimi uffici di collocamento (ci ho vissuto sei mesi d’inverno).
In Germania la storia e’ simile: lo Stato aiuta per cercare lavoro e da’ sussidi a chi e’ messo male senza che lo voglia. In Slovenia sto seguendo un corso gratuito di sloveno (pagatomi dallo Stato) per avere qualche possibilita’ in piu’ di lavorare.
In Italia cosa fate?
Politica. Soldi. Chiacchierette. Cicero pro domo sua.
… e delle entusiasmanti liti intestine sull’Unita’ Nazionale per farci far la figura internazionale dei cafoni e dei ritardati storici, oltre che degli insicuri che manco hanno una Patria condivisa. Che pena. Che vergogna. Come stupirsi poi se gli stranieri ci sputano in testa? Troppo poco!
A Maurizio De Angelis,
mi toglieresti una curiosita’? Non e’ che per caso hai un fratello di nome Guido e che… no, no… sicuramente trattasi di omonimia o di pseudonimo, vero? Niente Cipolle Oliver, Bud Spencer e Gabriella Ferri, vero?
spero che barbara garlaschelli non se la prenda.
copioincollo dal suo blog
http://barbara-garlaschelli.splinder.com/
–
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.
–
Bertolt Brecht
@ gea:
ecco, se fossero andati prima a prendere lui, Bertolt Brecht avrebbe evitato di scrivere ‘sta cazzata
🙂
@ enrico
non so come si fa la faccina con la pernacchia.
forse così?
😛
@ gea:
credo che la faccina con la pernacchia sia corredata da lingua. lunga e impertinente come la tua
@ Gea:
Bertolt Brecht, secondo me è ampiamente superato, assieme al suo comunismo e alla sua “lode”, hai presente?
E’ proprio per quel voltarsi sempre all’ indietro che non riusciamo a trovare le soluzioni per il futuro. Oggi ho ascoltato il responsabile della Comunità di S. Egidio e francamente sono rimasta perplessa; come si può confrontare “la questione rom” con l’antisemitismo che ha prodotto ciò che conosciamo? I Rom hanno e rivendicano un modo di vivere che è inconciliabile con la vita degli altri; con l’organizzazione sociale di tutti gli altri popoli. Non è forse il caso che ad adeguarsi siano loro?
Non è una questione di razzismo nei loro confronti, ma dell’insofferenza che loro manifestano per ogni forma di organizzazione sociale. E’ un problema europeo e in quanto tale deve essere affrontato.
@ miriam
sarà anche superato, non so.
so che in cima alla lista potrei esserci tranquillamente anch’io, per tutta una serie di motivi.
e onestamente mi piacerebbe che qualcuno, magari un vecchio rimbambito, avesse ancora voglia di chiedersi perchè.
chi si accontenta gode!
Io mi chiedo un sacco di perché evitando però di scivolare in vicoli ciechi.
ciao
brava
Secondo me ognuno deve poter campare come meglio crede. Gli zingari poi, in genere mi piacciono. Basta che rispettino le leggi e il resto non sono affari che mi riguardino. La Costituzione garantisce la liberta’ di movimento in Italia. Lo sappiamo, vero? Chi fa reati vada in galera. Chiunque.
Intanto vi ringrazio moltissimo per i vostri commenti. Tutti.
Scusate, ma sono rimasto un po’ indietro.
Cercherò di rimediare.
Mi ha scritto Alessandro Melazzini chiedendomi di specificare (nella mia introduzione ai due articoli) che la società tedesca, al di là delle polemiche, sa perfettamente distinguere tra pochi e violenti mafiosi e molti italiani onesti (come del resto si evince dalla lettura integrale del suo articolo).
Di conseguenza ho inserito nel post un paio di frasi nuove.
I disegni e i temi di bambini pubblicati in questi giorni mi hanno fatto molto male. Quando un bambino disegna campi rom bruciati, quando scrive “abbiamo dovuto farlo, se la sono meritata”… su questo dovremmo riflettere.
@ Simona
Desideravo aggiungere i miei ringraziamenti a quelli degli altri in merito al tuo bel commento di ieri sera.
Grazie mille per condividere con noi le tue competenze da giurista (che si aggiungono a quelle letterarie).
Sei uno dei “valori aggiunti” di questo blog.
Torno on line adesso.
E leggo il precedente commento di Maria Lucia.
—
Cara Maria Lucia, è capitata proprio a te l’esperienza del bambino che disegna campi rom bruciati? Nel senso… è un tuo alunno questo bambino?
Se sì, come hai gestito la situazione? Cosa gli hai detto?
I vostri commenti sono molto belli e profondi.
Mi ha colpito questa frase di Zauberei:
“Questo paese ha un’inerzia che pesa come il piombo”.
Ecco… riusciremo a scrollarci di dosso quest’inerzia (a tutti i livelli)?
Cosa accadrà nel prossimo futuro?
Continueremo ad affondare o riusciremo ad emergere?
Insomma… nessuno ha la sfera di cristallo, si capisce.
Ma vi sentite ottimisti o pessimisti?
Tempo fa, per esempio, ne parlai con Roberto Alajmo.
Lui ha una visione “nerissima” del prossimo futuro (si parlava, soprattutto, del futuro siciliano), la mia è più a “toni grigi”.
“Mi sembri un po’ troppo pessimista”, gli ho detto.
E lui: “Non sono io ad essere pessimista. È la realtà che è pessima”.
(citazione sciasciana).
Io ottimista. Solo per dovere. Perche’ senza dovere non vi e’ piacere. E anche perche’ il pessimismo e’ cosa ovvia e naturale, umana… mortale.
L’ottimismo invece non muore mai semplicemente perche’ non nasce da niente, come tutti i sogni e gli amori. L’ottimismo e’ amore. E noi DOBBIAMO amarci l’un l’altro.
@ Rossella
Hai scritto: “Vivo nella provincia di Catania e spesso ho paura. Tremo. Qui ci sono scippatori, baby gang, il pizzo si paga ancora, non c’è lavoro e la gente ruba anche in guanti di velluto e giacca e cravatta.
Ho viaggiato molto, anche da sola, sono stata ad Istambul, in molte città dell’est europeo, a Los Angeles (città dai telefilm sanguinari), in molte capitali europee e non…ma non ho mai provato quella paura di cui vi ho accennato. Non è fobia, credetemi, è realtà.”
Cara Rossella, comprendo la tua opinione (e in parte la condivido) ma non sono del tutto d’accordo.
Anch’io vivo nel catanese e ti posso assicurare che conosco molto bene l’Europa. L’ho girata in lungo e in largo (soprattutto per lavoro) e ho parlato con tanta gente.
Bisogna fare attenzione a fare confronti quando si viaggia. Soprattutto quando si parte in vacanza… perché la realtà che ci viene presentata – in vacanza – è sempre un po’ edulcorata. Me ne sono accorto anche su me stesso.
Ora, non voglio dire che tutti i luoghi sono uguali… questo no. La criminalità organizzata è più radicata al Sud che al Nord. Giusto.
Eppure io cammino a Catania e, onestamente, non mi capita di aver paura.
Poi, è chiaro, dipende dai quartieri.
Sì, qui ci sono scippatori, baby gang, il pizzo si paga ancora, non c’è lavoro e la gente ruba.
Tutto vero.
Ma sei mai passata da certe banlieue di Parigi?
Hai mai attraversato certi quartieri a sud di Londra?
Ti parlo di due delle città più note.
Adesso vi auguro buonanotte.
Sergio ha dichiarato il suo ottimismo.
E gli altri?
Vi lascio con la seguente domanda marzulliana… niente pomodori, prego. 🙂
Ma l’ottimismo è più “semplicione” del pessimismo?
Massimo,
la differenza e’ che lo Stato, nel mondo, esiste, in genere, perche’ sostanzialmente i Bulgari (per esempio) si sentono Bulgari e condividono le loro cose e la loro Storia, dunque il loro Stato e’ piu’ forte del nostro, visto che noi stiamo ancora a sparare cazzate polemiche sull’Unificazione e intanto legittimiamo solo i piu’ potenti e disonesti. Quindi, in Italia… lo Stato? Vedi la differenza? Noi: mafia, familismo, individualismo, Stato assente, litigi continui fra connazionali, anarchia e ”identita’ distorte”. Gli altri Stati del mondo: condivisione nazionale. E anche se stanno peggio economicamente di noi, moralmente stanno meglio e ottengono di piu’: vivono meglio almeno fra di loro. Poi, qui in Slovenia, i ladri saranno l’un per cento, percentuale non italiana mi sembra. Cammini e vai dove ti pare, a ogni ora del giorno e della notte. Sbarre alle finestre pochissime, anche a piano terra. I bambini stanno sicuri, le scuole sono ottime, la gente e’ affidabile e familiare. Rendo l’idea? Provate a vivere fuori Italia.
@ Massimo e Maria Lucia
Dovremmo liberarci della facile demagogia, dell’abitudine, dell’inerzia e guardare la realtà nella sua vera misura. Non c’è un’emerenza straniero ma un problema sociale di disagio, che è problema economico e di conseguenza anche problema di ordine pubblico ; che sindaci e amministratori stanno affrontando “con fantasia”. Se nemmeno ad Assisi è più possibile chiedere l’elemosina, come possiamo sperare che in situazioni di degrado, di frustrazione e di disagio non si verifichino più atti criminali come quelli a cui abbiamo assistito. Se la pietà l’è morta, anche là dove si prega cosa possiamo aspettarci?
Da noi abitano migliaia di stranieri, hanno acquistato casa, aperto attività, hanno messo su famiglia. Sono senegalesi, turchi, marocchini, albanesi, ucraini, peruviani, polacchi, rumeni e nessuno li teme, perché, anche con molta fatica, si sono ritagliati un posto nel contesto sociale, sono inseriti e sono rispettati.
Allora, perché se tutto funziona così bene è morta la pietà? E’ morta a Bologna, dove non si può bere una birra per strada, è morta a Firenze dove è proibito mangiarsi un panino… anche a San Pietro dove non ci si può sedere. Sono segnali lanciati da tempo per evitare il disturbo, il chiasso e il disordine umano…..
continuate voi…
No, Massimo, non è successo a me. L’ho letto su “La Sicilia” e credo si riferisse agli ultimi tristi episodi. I disegni vengono pure riportati.
I miei alunni oscillano tra un senso tipicamente siciliano dell’accoglienza, del rispetto del diverso – e qui la scuola fa quasi sempre il suo dovere checché se ne dica. Non voglio farmi bella, ma i miei alunni hanno realizzato cartelloni sui 70 anni delle leggi razziali, sulla Shoah, su Anna Frank di cui hanno visitato il sito. Andateci, è delizioso…
Però. I pregiudizi sussistono, i media rincarano la dose – Enrico, purtroppo se a colaziona pranzo sera notte senti e vedi ALLARME IMMIGRATI, SICUREZZA TRAGICA EMERGENZA un poco t’inquieti.
Però, dicevo. Alcuni di loro invocano la pena di morte per certi delitti efferati, non vedono con simpatia i rom e i cinesi – che sono brutti! – però comprano nei loro negozi…
E noi a sgolarci su integrazione solidarietà… spero sempre nonostante le mie botte di pessimismo.
L’ottimista vero, quello realista e utopista insieme, lavora per realizzare ciò in cui crede, il pessimista un po’ si crogiola. Neanche io vedo rosa, ci mancherebbe, ma se ognuno di noi accendesse una camdela la notte sarebbe meno oscura.
Questa è proprio marzulliana, forgive me!
🙂
Caro De Angelis,
ho appena letto questo tuo scritto:
”l’Italia vista dall’estrero è l’Italia vista attraverso i giornali. E i giornali italiani all’estero sono l’Unità (tradizionalmente nei paesi dell’est), la Repubblica e il Corriere. Nessuno di questi giornali è schierato a destra: pertanto, durante i governi si S.B., questi giornali trasmettevano l’immagine di un’Italia in declino, in crisi e invivibile. Forse è anche uno dei motivi per cui i voti degli italiani all’estero (un tempo orientati patriotticamente e nostalgicamente molto a destra), si sono spostati sul centrosinistra.”
Bene. Io vivo in Slovenia da otto anni e qui purtroppo non riesco a trovare proprio L’Unita’. Ci ho anche pubblicato delle cose. Gli altri giornali invece quasi tutti. Sara’ per questo che ho votato Di Pietro come sempre. E non me ne pento per niente.
Miriam cara, un bacio… ricordo la nostra mattinata a San Pietro. Charitas Christi urget nos. Dovrebbe essere l’amore il motore del mondo, di ogni nostra azione. Ero affamato e non mi avete dato da mangiare, forestiero, e non mi avete accolto…
Anche un bicchiere d’acqua, anche una sedia è carità.
Ergo: dopo quasi due anni che sto a Letteratitudine mi sono svestito e dichiarato anche politicamente (per quel che me ne frega): sono un cattolico di sinistra, una specie di socialdemocratico un po’ piu’ tradizionalista e molto piu’ moderato dei Napolitano, i Nenni e i Longo che conosciamo, tutti ondeggianti nell’area, anche se con diverse sfumature. Piu’ moderato anche di Rosselli, pensate! E con qualche apprezzamento per delle cose buone destrorse e per alcune (poche) liberali (non liberiste, mai!) alla Gobetti.
Comunque non vorrei discuterne: l’ho dichiarato, non sottoposto a discussione. Io sono un letterato e la Letteratura, invece, la discuto, la vivo, la amo come mia moglie e mia figlia. La politica no. E’ un dovere di uomo e di cittadino e non la rifuggo, ma non la amo, la politica, assolutamente no.
Maria Lucia,
Charitas Christi urget nos. E’ proprio vero. E ”urget” anche uno Stato migliore. Facciamolo insieme.
Abbraccione
Sergio
Una domanda a Simona prima di andare a letto e di scusarmi per l’eccessiva presenza:
non credi, Simo, che i provvedimenti che ho enucleato io sopra potrebbero aiutare di molto la situazione italiana generale (stranieri compresi, certo)?
Buonanotte, cara
Sergio
gli zingari: rubano
i rumeni: rapinano
gli albanesi: sfruttano le prostitute
i meridionali: mafiosi
i politici: ladri
i musulmani: terroristi
le donne coi capelli rossi: peperine
le bionde: stupide
–
a me piacerebbe che si iniziasse a togliere gli articoli determinativi.
la ”ggente” è fatta di persone.
1. alcune questioni.
Qualcuno qui parlava di paura. Oh beh. Un po di anni fa fa tornavo a casa e trovavo nell’ordine: mia sorella con un tizio che la segue per casa minacciandola di stupro, e i miei genitori uno con una pistola alla tempia che poi si è rivelata falsa) e uno con un coltello alla gola (della mia cucina, vero). Rapina a mano armata. La mia casa un delirio. Mobili spaccati, divani tagliati, biancheria intima per terra. Credetemi è terribile. Due tossici sieropositivi alle prime armi, nella loro carriera di rapinatori (se no, non erano così imbecilli da apparire tanto pericolosi, mostrarsi in volto etc. tutte cose che poi nel processo hanno pesato). Due tossici bianchi romani, di una certa zona di Roma. I giornali scrissero anche qualche cosa, non di rado delle minchiate colossali.
Ora, vi dispiace se per un momento parlo bene dei miei genitori? lo so è autoreferenziale, ma pazienza mi sembra utile. da allora i miei genitori, già all’epoca mio padre era sui sessantacinque, hanno avuto si paura e sono un bel po’ invecchiati. Cioè quella cosa li fece invecchiare, diventare più timidi, più incerti.
Eppure: hanno avuto dei soldi a seguito di questa vicenda, e l’hanno destinati a delle onlus che si occupano di tossicodipendenza. Loro non la diranno mai questa cosa, e si incazzarebbero con me perchè la dico. Ma l’hanno fatto. Loro hanno continuato a preoccuparsi come prima e più di prima della città e della gente che per la deriva a cui è spinta, torna e arraffa in malo modo. Disperato, insensato. Spesso Cattivo. Non si sono messi a parlare male dei giornali solo perchè un paio di giornalisti di cronanca hanno fatto passare mio padre per un perfetto deficiente.
sanno il rischio dell’opinione soggettiva, sanno il prezzo dell’economia di mercato quando si vendono le parole. Ma certo non è che oh giornalisti tutti cattivi. Nè tossicodipendente tutti cattivi. Non hanno smesso di avere dei valori per via del fatto che, hanno visto la morte in faccia.
quando si pensa politicamente, certe cose devono passare nell’itinerario del pensiero poltico, ma poi si deve andare oltre. va anche bene dire, oh se capitasse a me. Migliora il lessico. Migliora il modo di parlare, migliora la relazione all’oggetto. Ma cazzo, la politica è altrove. l’etica è altrove. Allora: Remo Bodei dice: noi ricchi sinistri ci dobbiamo immedesimare. Cinque minuti ci dobbiamo immedesimare ma poi basta, poi è colludere. Mi immedesimo in te, donna minacciata da un extracomunitario e dico ullallà ci hai ragione l’è vero, prima difendevo i diritti dell’uomo perchè sono un coglione ricco.
Ecco, io parlo per la mia parte politica (sinistra) e dico: non facciamoci ricattare da queste baggianate. Capisco che non va tanto di moda, ma noi eravamo quelli che ci avevano la consapevolezza dellle cause storiche, mo’ non è che tutto un botto perchè questa consapevolezza delle cause storiche non si riesce più a vendere la buttiamo al cesso. Invece tocca riproporla, e proporre soluzioni alla delinquenza e al disagio che di quelle sappiano tener conto. soluzioni per la delinquenza e il disagio di tutti i colori. Che di poveri bianchi non mancano.
2. sono pessimista Massimo si. Sono Pessimista per via che non si afferra dov’è l’origine del problema. L’origine del problema in questo paese è un sentimento, prima di una serie di leggi in eccesso, o di strutture carenti. E io per la verità non so proprio dove mettere le mani per cambiare questo sentimento. quello che ti fa dire: “non questomprogetto non si può fare, troppo complicato”. Quello che fa dire ai miei colleghi “no lo sciopero non si può fare non ti si fila nessuno”. quello che fa pensare che insomma mica va tanto male così c’è di peggio – al momento delle scelte focali. La deriva si avvicina e l’unica cosa che si fa è dimenarsi cercando di seminare chi viene alla deriva con noi ma pare nuotare meno bene. Una specie di inerzia maligna. Non sono le leggi: è un modo esistenziale.
@ Zauberei: “Questo paese ha un’inerzia che pesa come il piombo.”
E’ verissimo. Come è verissimo che nel nostro parlamento ci siano persone oneste che veramente desiderano il bene dell’Italia. Tuttavia, sappiamo tutti come vanno le cose, ed anche questi parlamentari di rispetto conoscono fin dall’inizio il valore di un candidatura in un determinato schieramento. Dunque perché farlo? Qualcuno obietterebbe “non esistono le alternative”, ma le alternative si costruiscono. Le costruisce chi ha veramente voglia di cambiare e non chi si lamenta semplicemente per lo sfascio. Io esigo di essere rappresentato da un partito che abbia la mia stessa fibra morale, che non si pieghi agli inciuci (é scritto bene “inciuci”?) e non si lasci prendere dall’inerzia del potere. Il “meno peggio”, leitmotiv delle ultime due elezioni, lo lascio scegliere agli italiani, io non lo voglio e non sono disposto ad appoggiarlo.
Per tale motivo sono convinto che il miglior modo per sgravare il Paese da certi pesi sia l’espletare in modo diverso il proprio voto. Lasciamo l’inerzia agli altri ed attiviamoci come forza motrice.
Ciao Massimo sono pessimista e credo fortemente che gli ottimisti siano il cancro al culo di questo paese, così la penso da quando hanno iniziato a darmi quelle maledette pacche sulle spalle e a dirmi che tutto sarebbe andato bene e così la pensa anche il mio professore di sociologia, l’unico che ho rispettato e applaudito nella mia carriera universitaria. Ci sono gli ottimisti che nn sono in grado di guardare in faccia la realtà delle cose e nn vedono e nn sentono nulla. Se solo lo facessero per un secondo entrerebbero in un baratro profondissimo e ci sprofonderebbero. Ci sono anche gli ottimisti che strumentalizzano questo modo di essere per ‘ nascondere’, volutamente e in un modo studiato a tavolino, la realtà dei fatti.
A Marina,
d’accordissimo con te. Le immagini creano reali stati d’animo, creano realtà. Le ideologie, le propagande, le pubblicità hanno sempre fatto leva sugli stati mentali. Ed è un grave errore, a mio parere, che oggi si parli quasi esclusivamente di carceri da riempire.
A Gea,
d’accordo anche con te sul “togliere gli articoli determinativi”. E inoltre, citi a proposito Brecht, un grande autore, forse caduto in bassa fortuna oggi, con il cambiare del vento. Ricordo una delle sue bellissime opere: “Vita di Galileo”.
A Carlo S.
E’ importante ricordare, come tu fai, l’episodio di Calderoli e dei maiali nello spazio d’una moschea. Se qualcuno avesse fatto un gesto così sprezzante in una chiesa avrebbe evitato a stento il rogo. Invece, l’episodio di Calderoli è già stato pressochè dimenticato. Mala tempora.
Un abbraccio a voi e a tutti,
Gaetano
la strada per migliorare è ancora lunga.
Sono un essere di questo mondo, un mondo più maledetto che benefico.
Vengo da un paese lontano, dove ho sofferto la fame, perché non ho trovato lavoro per mantenere me e la mia famiglia.
Ho deciso così d’affrontare l’avventura verso paesi che, a dire di molti, vivono nel benessere e nel superfluo.
Il mare è freddo e burrascoso, il cielo cupo da far paura; siamo in troppi in una barca, che è troppo piccola perché garantisca un buon esito del viaggio.
Soffro la fame, la sete e il freddo e non possiedo nemmeno un giubbotto per ripararmi.
Tremo, e prego il destino di aiutarmi nell’avventura che ho deciso d’affrontare, non avendo altre possibilità di sopravvivere come essere umano buono e volenteroso.
Il cielo incomincia a rischiararsi, dopo una notte buia e di spavento; finalmente riusciamo ad avvistare una costa, che seppur sia ancora lontana ci procura sollievo e aiuta a sperare ancora.
La speranza è l’ultima ancora che ci è rimasta. Stretti l’uno all’altro, sostiamo in questa barca che rappresenta la nostra salvezza ultima.
Con volti silenziosi e stremati per le fatiche e mancanze sostenute, ci prepariamo nel nostro intimo ad affrontare gli ultimi rischi verso la nostra liberazione.
Finalmente siamo arrivati in un posto, dove tutto è differente, tanto da rendercelo strano, cosa che crea in noi diffidenza e alla quale s’innesta una attenuata speranza di non essere respinti; verso dove, mi chiedo, meglio morire piuttosto che ritornare verso la miseria senza scampo.
Da qui l’avventura assume un carattere diverso; se prima era il mare burrascoso a farci paura, insieme alla fame e alla sete, ora è la gente del posto con il loro modo di vivere troppo differente dal nostro a intimorirci di più.
Il mondo, oggi, si trova ad una svolta. I popoli sofferenti bussano alla nostra porta e pretendono d’essere considerati ed aiutati.
Non è più possibile voltarsi altrove e fare finta di niente, come se il problema non fosse anche nostro. La ricchezza dei popoli benestanti assume il carattere di peccato mortale, davanti ai milioni di sfollati, malati ed affamati, ai milioni di sfruttati dai potenti di questo mondo che non si guadagnano di essere denominati esseri umani.
Questo è il problema fondamentale da riconoscere ed affrontare immediatamente. Abbiamo abbastanza cognizioni scientifiche e mezzi tecnici da poter eliminare la povertà, che inesorabilmente avanza anche nei paesi del benessere.
Altro non ho da aggiungere, se non che è una vergogna che questi problemi non siano ancora presi veramente in considerazione.
Saluti
Lorenzo
Che succede se chi vi entra in casa non è né il lattaio, né il poliziotto, ma un rapinatore che, oltre a impossessarsi dei vostri beni, attenta anche alla vostra vita?
Se vostra figlia viene stuprata a una fermata della metropolitana?
*****
Ma che razza di domanda è? E poi, la sicurezza è diventata un problema soltanto adesso che ci sono i rumeni? O forse i delitti in famiglia, le botte, i maltrattamenti, ecc. la persecuzione da parte dell’ex partner che non è un reato fino a quando non sgozza l’ex compagna, ebbene tutti questi non sono problemi legati alla sicurezza, perchè riguardano il privato e quindi l’opinione pubblica è tranquilla finchè tutto si svolge “in casa propria” (non per niente uno dei nostri proverbi più popolari riguarda proprio il lavare i panni sporchi in famiglia).
Grazie ancora per i nuovi interventi.
Ne approfitto anche per ringraziare la redazione di kataweb che ha messo il post in primo piano qui:
http://www.kataweb.it/blog/
(Carina l’immagine del Belusca + donna con velo).
Propostina: allora, se tanto fa schifo l’ottimismo, affidiamo ai pessimisti il compito di migliorare le cose in Italia. Finora i risultati li abbiamo sotto agli occhi: il pessimismo procura stasi e immobilismo, non meditazione ed azione. Ed abbiamo bisogno appunto di meditazione ed azione, credo sia innegabile.
Zauberei,
ti ringrazio particolarmente per averci raccontato quella brutta esperienza vissuta dalla tua famiglia.
Sono esperienze che segnano.
Hai ragione tu.
@ Jean
Sì, si dice “inciuci”.
Per chi volesse saperne di più (sull’inciucio) consiglio questo link:
http://it.wikipedia.org/wiki/Inciucio
😉
A Massimo che chiede se l’ottimismo sia piu’ ”semplicione” del pessimismo rispondo che l’ottimismo e’ cosa dura e difficile fatta per gente che ha voglia di fare e pensare, riflettere e risolvere i problemi, ossia per gente seria che ama il prossimo e propone cose anche difficili, ma si impegna in prima persona e cerca di migliorare la Patria – non stupidamente, che’ quello non e’ ottimismo ma scemenza o malaffare. L’ottimismo e’ di chi ”ora et labora”, benedettinamente. Secondo me.
Ciascuna Patria e’ un valore ed una definizione che vanno, nel mondo attuale, circoscritti e messi in pratica entro i confini geografici di una Nazione, con proprie lingua ed usanze, Istituzioni politiche ed economiche. L’insieme di Istituzioni, lingua ed usanze costituisce dunque l’Italia del 2008, entro i propri confini riconosciuti internazionalmente. Sono legittimati a votare e dunque creare leggi i cittadini italiani, ovvero chiunque, vivente entro i confini, abbia sufficienti elementi per poter essere considerato tale. Resta inteso che cio’ non da’ automaticamente al popolo italiano la ”patente” di sentirsi perfetto e monolitico; infatti il sistema repubblicano garantisce delle divergenze in merito a diversi fattori, quali l’interpretazione della storia comune, della storia politica e persino la messa in discussione delle piu’ antiche usanze e tradizioni: vuol dire, questa liberta’, che si possono creare diverse tipologie di ”italianita”’ in un unico Paese.
Ecco. Ora, assodato questo, bisogna trovare dei motivi comuni per salvaguardare le motivazioni di italianita’ condivise fra gli Italiani tutti. Insomma, facciamo un esempio: se l’italiano Tizio considera il fascismo come il male assoluto e il comunismo come la soluzione per i problemi nazionali, vota Rifondazione ed e’ abortista; invece Caio considera il fascismo una fase positiva della Storia nazionale, vota Santanche’ ed e’ antiabortista, non possiamo dire che uno dei due sia un ”non-italiano”. Sono invece due Italiani uniti su altri presupposti, quali: il riconoscimento della Repubblica Italiana, la pari dignita’ di ogni cittadino davanti alla legge, l’uso della lingua italiana ed il rispetto dell’ambiente italiano, il riconoscersi figli anche delle peggiori aberrazioni che sono state compiute in Italia e la volonta’ di migliorare la propria comune Patria territoriale e spirituale.
Dal colloquio fra questi Tizio e Caio, piu’ tutti gli altri diversi da essi, dovrebbe scaturire la piattaforma comune dell’Italia e dell’italianita’: senza buttare la storia scomoda alle nostre spalle ma anche senza accettarne un’eventuale rivivescenza nel presente e nel futuro.
Siccome oggi in Italia si vive male, significa che questa piattaforma ancora non e’ chiara a tutti. Occorre crearla. Magari risolvendo i problemi quasi risolti da altre Nazioni europee, come: 1) la disoccupazione; 2) la creazione di carceri nuove (mancano e lo sanno tutti); 3) la certezza della pena per ogni cittadino presente sul territorio nazionale; 4) La lotta senza respiro a criminalita’ (TUTTA) ed evasione fiscale; 5) l’eliminazione del lavoro nero o addirittura (!!) gratuito. 6) Leggi urbanistiche piu’ severe e demolizioni di abusi edilizi.
Questi i presupposti per attuare una convivenza migliore nel Belpaese. Conditiones sine qua non per farci sentire piu’ italiani. Insomma piu’ onesti e tranquilli nel nostro Paese.
Fatto questo, gli stranieri si adegueranno e troveranno i propri benefici a vivere in Italia. Senza fare questo minimum, stiamo tutti male.
Se volessi dire una cosa retorica direi: “al di là dell’ottimismo o del pessimismo ciò che conta è rimboccarsi le maniche”.
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Battute…
Immaginiamo che si riesca a dimostrare che l’ottimismo sia più nocivo del pessimismo. O viceversa.
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Il pessimista dirà: “va così male che finirò con l’essere ottimista”.
L’ottimista replicherà: “con un po’ di impegno riuscirò a essere pessimista.”
O viceversa.
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Non fa ridere, vero?
Buona cena.
Hai detto invece una cosa giusta. Rimboccarsi le maniche. Dopo aver capito da cosa nasca il disagio italiano generalizzato, naturalmente. Ma ci vogliono tre minuti a capirlo: da quanto ho espresso io prima, modestamente.
Mamma mia rega’, però dai basta co’ sti luoghi comuni dai … possibile che in Italia debba diventare tutto una moda? Quest’inverno andava la Casta, allora tutti giù a dire che qualsiasi cosa era colpa del “piove governo ladro”. Poi è venuto il turno dei giornali, allora tutti contro l’informazione, adesso c’è la mania della sicurezza … ma che palle, almeno internet facesse storia a sé, invece segue pedissequametne passo passo esattamente quello che fanno gli altri.
Voglio dire: tutto estrapolato dal suo contesto ha il potenziale per apparire a turno orrendo o bellissimo.
La cosa che appalla è la demagogia, l’ipocrisia, e il terrore di apparire politicamente scorretto.
Noi italiani saremmo cattivi perché esasperati da certe situazioni degradate, dal lassismo e dall’effettivo incremento degli scippi?
Ma perché ‘sta cosa non si può dire?
Che cavolo c’entra il razzismo o la paura del diverso? Ma perché invece di intellettualizzare e distorcere tutte le verità, anche le più semplici, non prendiamo atto del fatto che l’Italia e semplicemente un Paese dove le Leggi non vengono applicate?
Col cavolo che gli italiani sono razzisti: non li avete mai visti dal vivo i razzisti veri. Ad esempio gli anglosassoni così cari a Ladipazz, quelli sì che a sud di Calais schifano tutti. “L’Africa (intesa nella sua accezione più negativa) inizia a sud di Calais” è uno dei detti inglesi più antichi cara Ladipazz, altro che multirazzialità, colonialismo e schiavitù magari. Lo sai cosa si dice che sia il batterio del “mal d’Africa”? Be’ quel microbo sarebbe la possibilità di schiavizzare un intero Paese a costo zero. I giornali del Regno Unito poi … mamma mia se c’è della vera spazzatura sono proprio le testate scandalistiche britanniche.
Ma la vogliamo finire con questo provincialissimo senso di inferiorità?
Ci facciamo dire dagli spagnoli che siamo incivili, cioè da un popolo che ancora nel 2008 fa la corrida?
Mi sapete dire come sarebbe mai possibile un orrore del genere in un Paese come l’Italia, un Paese dove la Legge prevede addirittura dei protocolli severi per la macellazione indolore del bovini?
E invece noi qui ancora a parlare dell’Italia della Casta, dei giornali colpevoli di ogni misfatto.
Ma voi lo sapete che in Francia si spendono milioni di euro per agenti di polizia che facciano da scorta alle AMANTI dei politici?
E lo sapete che la classe dirigenziale e politica americana è tutta indiscriminatamente legata alla massoneria?
E’ noiosissima questa autoflagellazione, non solo da ascoltare ma da subire.
I giornali italiani non fanno schifo per niente, e gli asserviti sono semmai i direttori, non certo i cronisti. Tra l’altro non tutti i dirigenti di giornale sono asserviti, è un semplice dato di fatto.
Il nostro vero problema è il lassismo e la non applicazione delle Leggi.
paradosso dei paradossi se si pensa che il Codice lo abbiamo inventato noi.
Parlarsi addosso serve a pochissimo, specialmente di razzismo.
Le teorie in genere possono essere caldeggiate come smantellate completamente, tutte le teorie. La realtà oggettiva resta che siamo tutti più o meno razzisti a seconda delle situazioni. Il razzismo scatta quando mi pesti un callo, questo da sempre e dappertutto. L’occidente soffre del complesso di colpa generato dalla II guerra, quindi da allora si ricopre il capo di cenere. In verità l’oriente è tradizionalòmente di molto più razzista, il Giappone in testa a tutti.
Questo blaterare continuo di multirazzialità statunitenze è completa idiozia. Le razze non si mischiano per milioni di motivi prima tra tutte la ragione religiosa. Un esempio su tutti sono gli ebrei d’America. Prova a dire ad una madre ebrea che sposi un cattolico.
Alcuni di noi, me compresa, amano mischiarsi in un arcobaleno multicolore, altri no. E va be’ sti cavoli. Fino a quando la legge è uguale per tutti a me sta bene pure quello che ha sul cavolo il buddista.
Oh, non siamo mica obbligati ad amare tutti, specialmente quando questo non è possibile, non è verosimile e soprattutto non succede.
Mettiamoci l’anima in pace: la tolleranza è possibile solo quando il minimo spazio assegnato ad ognuno non viene intaccato, è inutile predicare ideali di santità e tolleranza senza confini … è stupido e anche ipocrita.
L’unica vera sicurezza è che la Legge va rispettata e deve essere uguale per tutti.
Questo non è né di destra nè di sinistra. Siamo nel 2008 se volevo dà una mossa oppure continuare con l’onanismo della mente?
Altrimenti si rischia di trovarsi con la gente che si fa giustizia da sola, quelli sì che è un pericolo.
Il “neonazista” romano che ha picchiato il signore che aveva rubato il portafogli ad una sua parente, per inciso, era comunista, con tanto di tatuaggio di Che Guevara sull’avambraccio. Ecco a cosa siamo arrivati al giustiziere della notte … ma quale fascismo di ritorno!
Questa si chiama esasperazione e immobilismo della Giustizia.
RI-GO RI-GO RI-GO
🙂
@ massimo
So molto bene che i quartieri dei messicani a Los Angeles non sono i viali ben curati di Beverly Hills o che la stazione di Amsterdam non è il luogo dei palazzi a vetri dove si svolgono i congressi dell’U.E., ogni città ha i suoi degradi ed i suoi rischi che, consentimi, non sempre si ricollegano all’idea del quartiere residenziale o della via più nota e quindi più sicura.
Catania è una città pericolosa al centro come in periferia e la paura spesso dipende dalle esperienze individuali sulle quali, caro Massimo, non sempre si riesce a sorvolare psicologicamente con facilità.
Zauberei ha perfettamente capito il problema (chiamiamolo del sottosuolo) quando scrive che è il sentimento di sfiducia del cittadino quel che preoccupa maggiormente, riassumendo così, un insieme di problematiche sociali, oltre che individuali, che vanno dalla sfiducia nei confronti delle istituzioni alla rabbia, all’impotenza, una lotta e uno stato di allerta contro tutta una serie di pericoli che quotidianamente si annidano insidiosi e contro i quali la legge dovrebbe essere più efficace in senso di prevenzione. Ma il dramma è che questo sentimento di sfiducia non appartiene solo al comune cittadino ma è espresso anche da parte di chi gestisce le stesse istituzioni e forse anche dai vertici: a che punto si deve arrivare per prendere le dovute precauzioni?
Il sentimento di affettività che ci lega alle nostre città del sud, la spensieratezza solare che ci accompagna per le vie del centro, compresi quei luoghi a noi noti per la loro frequentazione, non deve tapparci gli occhi di fronte ad una situazione sempre più disastrosa che esige soluzioni drastiche e provvedimenti celeri a favore della società civile, altrimenti si rischia di venire sopraffatti dagli eventi, e soprattutto di farsi gestire da una mentalità disfattista che abbandona ogni responsabilità, poi ognuno pensa per sé e si difende come può adottando una mentalità da western o da giustiziere arrabbiato (non a torto!).
Il timore di non essere protetti, di affrontare circostanze sgradevoli e non essere garantiti anche per le cose più banali, come la vecchietta terrorizzata quando và all’ufficio postale, i mille accorgimenti di chi compra un automobile nuova di zecca (adesso non ridete ma ho visto gente mettere bloccasterzo fermaganasce antifurto dispositivo bloccapedali, e tutto questo all’interno del proprio garage!!), occhio ai motorini che sguizzano, gli extracomunitari se hanno fame non ragionano, i nostri connazionali anche, mi volete spiegare come si fa a vivere sereni, cronaca nera a parte sui media?
Secondo me chi pensa che le persone accorte che cercano di cautelarsi, siano persone piene di inutili allarmismi, o è disinformato oppure vive sulla luna. Stop.
@ Lorenzo
Se gli extracomunitari avessero capito in tempo che la barca sulla quale traghettavano li conduceva sul barcone italiano, quello cantato da Orietta Berti, è sicuro che un accorta valutazione delle prospettive li avrebbe fatti desistere dall’impresa e che avrebbero preferito i loro luoghi natali, capanna compresa.
Ma fin che la barca và…..stiamo tutti a guardare
Intanto, a conferma di alcuni dei vostri commenti è stata diramata questa dichiarazione di Manganelli: il capo della polizia.
Vi conpicollo l’articolo appena pubblicato su Repubblica.it:
http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/politica/giustizia/manganelli-pena/manganelli-pena.html
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Il capo della polizia parla al Senato della questione sicurezza.
“Le forze dell’ordine non riescono a contrastare la clandestinità”.
Manganelli: “E’ vergognosa l’incertezza della pena”
Dal primo gennaio fermati 10.500 stranieri irregolari. “Carenti i Cpt”
Il 30% dei reati di criminalità diffusa è stato commesso da immigrati
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ROMA – Una situazione di “indulto quotidiano”, in cui “tutti parlano ma nessuno fa”. Il capo della polizia, prefetto Antonio Manganelli, non usa mezzi termini per definire lo stato della certezza della pena in Italia. “Tutti conoscono questa situazione – dice alle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato – tutti ne parlano ma negli ultimi anni nessuno ha fatto niente”. “La certezza della pena, che trova il consenso unanime della politica, della magistratura, dell’opinione pubblica – ha lamentato il prefetto – è quanto di più incerto esista: meglio una pena blanda oggi che non la promessa di un castigo futuro che non arriva mai”.
“Non gioco a fare il giurista – prosegue il capo della Polizia – nè voglio entrare nelle prerogative del Parlamento, ma quella che abbiamo oggi è una situazione vergognosa”. Una situazione che gli operatori delle forze dell’ordine vivono tutti i giorni, “quando arrestiamo qualcuno per uno dei reati di cosiddetta criminalità diffusa e scopriamo che quel qualcuno nell’ultimo semestre era stato già arrestato altre tre o quattro volte per lo stesso tipo di reato”.
Dal primo gennaio a oggi, “sono stati fermati 10.500 immigrati clandestini, per i quali è stata avviata la procedura di espulsione: ma solo 2.400 di loro hanno trovato posto nei Centri di permanenza temporanea”, ha riportato Manganelli commentando: “E’ un dato che io trovo inquietante, perché significa che oltre 8 mila clandestini sono stati ‘perdonati’ sul campo essendosi visti consegnare un foglietto su cui c’è scritto ‘devi andar via’, che equivale a niente”.
Secondo i dati resi noti dal prefetto, il 30 per cento degli autori di reato di criminalità diffusa sono immigrati clandestini. Una media nazionale che va disaggregata: se al sud i reati commessi da clandestini incidono relativamente poco, al nord e in particolare nel nord est “si toccano picchi del 60-70 per cento”.
Bisogna inoltre smascherare alcuni luoghi comuni sulla clandestinità. “La maggior parte degli immigrati clandestini – sottolinea Manganelli – entra in Italia non attraverso gli sbarchi ma con un visto turistico. Solo il 10 per cento dei clandestini entra nel nostro paese attraverso gli sbarchi a Lampedusa, mentre il 65-70 per cento arriva regolarmente e poi si intrattiene irregolarmente”. E accusa: “Il 70 per cento di quei crimini commessi nel nord est da irregolari è compiuta proprio da chi arriva con visto turistico e poi rimane clandestinamente sul nostro territorio”.
Per contrastare la clandestinità, riflette Manganelli, “occorre non solo il contrasto all’ingresso, ma il controllo della permanenza sul territorio dei clandestini”. Ma le forze dell’ordine non sarebbero in grado di contrastare il fenomeno: “Noi, occorre dirlo, rinunciamo in partenza alla possibilità di contrasto dell’immigrazione clandestina per mancanza di posti nei luoghi deputati alle espulsioni”.
“La carenza di posti nei Cpt – ha ricordato il capo della Polizia – porta anche ad un ulteriore dato statistico: per molti di quelli che vengono fermati il posto non viene neanche richiesto. Inoltre i costi per il trasferimento di un immigrato sono significativi”.
Per innalzare il livello di sicurezza nel nostro paese occorre procedere a ”un adeguato finanziamento e risorse per le forze di polizia”, chiede infine Manganelli che lancia la sua proposta: “La madre di tutte le soluzioni è quella di stipulare accordi bilaterali con i Paesi dai quali provengono gli stranieri irregolari”.
(29 maggio 2008)
@ Rossella
Scrivi che “la paura spesso dipende dalle esperienze individuali”.
Be’, immagino che ti riferisca a qualche brutta esperienza che hai dovuto subire sulla tua pelle. E questo mi dispiace.
—
Tu hai ragione… e Catania è una città pericolosa come tante altre (in Italia e in Europa). Non credo che camminare per le strade di Napoli, Roma o Milano sia più pericoloso di camminare per le strade di Catania.
Tutto qui.
Poi… non c’è dubbio… i problemi, ahimé, ci sono (eccome se ci sono).
ma noi..cosa pensiamo noi? ancora fieri? ancora a credere di essere speciali? ancora forti delle nostre vecchie glorie? è tutto un reality show.. chi ci deride in fin dei conti dovrebbe pensare ai fatti propri, perchè se ora c’è la paura è perchè non è stato fatto nulla fin’ora (ok, oltre un pò al forte peso che è stato dato alla cosa in campagna elettorale) ma noi che siamo esseri pensanti.. che pensiamo noi? che per non rischiare di farci accusare dobbiamo continuare così? con le periferie delle nostre città ridotte a ghetti dei quali siamo schiavi in casa nostra?una volta per tutte dobbiamo mettere delle regole perchè siamo arrivati troppo in basso, qualcuno sta cercando di fare qualcosa, ci mangeranno pure, ok, ma l’importante è il raggiungimento di uno scopo.. vedremo.. e vedranno anche quelli che ridono. chi non fa nulla non rischia critiche.
Posso ripetere cosa va chiesto al nostro Stato per alleviare la situazione generale? Uffici di collocamento funzionanti (non ci sono mai stati), sussidio di disoccupazione, lotta all’evasione fiscale, case popolari, polizia piu’ presente ed efficace e carceri nuovi. Ancora nessuno mi ha risposto qui. Ditemi almeno vaffanculo, ditemi che questo non serve a niente, per favore. Ditemelo. Grazie.
Faustina,
siamo d’accordo. Anch’io non mi sento inferiore agli stranieri, per molte cose. Per altre pero’ si’: per il fatto che siamo l’unico popolo europeo a non avere uno Stato che aiuti il cittadino a trovare lavoro e casa, e per avere una percentuale allucinante di lavoro nero e di evasione fiscale, per la speculazione edilizia ultra-europea. Questo si’, e’ una vergogna. Ammetterlo ci servirebbe a cambiare in meglio, Fausta. Un’Italia migliore farebbe diminuire tutti i reati. Date il lavoro ai giovani (meritocraticamente) e vedrete.
Oltretutto, io ho sempre frequentato maree di stranieri, in Italia, ci ho convissuto a Perugia, citta’ internazionale e tollerante, civile. E tutti hanno sempre notato questo disinteresse dello Stato per i bisogni primari del cittadino (pane e casa). Solo noi lasciamo il cittadino da solo, questa e’ la verita’. Da cambiare.
E anche i finanziamenti ai Paesi poveri (suggerito da Manganelli) sarebbe un espediente buono. Oltre che giusto. Ma il resto non va dimenticato: occorre uno Stato che aiuti il cittadino a lavorare, a trovare casa e lavorare.
Sozi e me lo dici a me? Che sto con uno scarpone e una ciabattina? Magari potessi dare lavoro a qualcuno, significherebbe che ce l’ho io, eh, eh, eh. Massì certo di problems ce ne sono a bizeffe, solo che stavamo parlando d’altro, mica dico che l’Italia sia perfetta, tra l’altro personalmente non sono nemmeno tanto incline a rispolverare vecchie glorie rinascimentali per consolarmi con l’aglietto. Io parlo del presente.
Oh però una cosa lavoglio dire: ho intervistato personalmente Ivan Scalfarotto del PD per cui tra l’altro ho votato, sono completamente d’accordo con quello che era il suo programma di rivalutazione delle VERE capacità dei lavoratori. Mapperò, mapperò, attenzione con la storia della meritocrazia. SA volte sento gente invocalrla e mi vengono i brividini lungo la schiena. Hai presente quando si chiede giustizia a Dio? Ecco, se tutto fosse completamente equo e giusto il novanta per cento di noi sarebbe morto o schiacciato da un implacabile contrappasso. La meritocrazia e la imparziale giustizia se applicata alla lettera può fotterci a tutti. Se non proprio fotterci ridimensionarci di brutto. E’ probabile che in un mondo VERAMENTE meritocratico io invece di fare la scrittrice dovrei pulire gabinetti, e con me molti altri. Non ci allarghiamo troppo. capisco che siamo tutti narcisi e sicurini delle nostre capacità però … ecco, in realtà una certa seleziona naturale già esiste, non sarà del tutto meritocratica nell’approccio iniziale, ma credimi, oggi è difficilissimo rimanere dei genii incompresi. Uno dovvero bravo alla fine emerge, siamo nell’epoca della comunicazione più capillare possibile. Semplicemente se uno è bravo si sa.
Devo dire, per una volta non sono molto d’accordo con la Fausta Righessa. Naturalmente è un disaccordo moderato.
Mi frega questo cavolo che gli spagnoli ci hanno le corride, p che i francesi diano la scorta alle amanti, e via di seguito: neanche in queste materie mi pare che in italia la civiltà sia migliore o peggiore. e sinceramente se il politico in questione ha ragione di temere per la sua pellaccia, non vedo perchè non temere per la di lui ganza. In ogni caso, mi pare che abbiamo dorati esempi di soldi spesi dai contribuenti in scopi futili e palii di siena e altre amenità. Ma fondamentalmente è un fatto che spessoall’estero si campi meglio. Che gli Italiani che vanno in America hanno un senso di – ah si qui si che le cose funzionano – mentre i nordamericani che vengono qui dicono ah si qui è proprio tutta una merda. Non vuol dire idealizzare alcuno fuori di noi, manco essere pessimisti o ottimisti. Pessimismo o ottimismo soono sempre una minchiata quando sono l’esito di un atteggiamento mentale, e non la risultante di un’analisi dei fatti. Ma di fatto, come mi sposto da qui ho altre sensazioni. quando invito amici stranieri, sono assolutamente d’accordo con me.
E ancora. C’è una bella distinzione tra il non voler sposare un ebreo e un non amare un non ebreo. Questo riguarda gli ebrei come i mussulmani. Un conto è il preservare una tradizione culturale, e tu sai che se non ti sposerai uno del tuo ceppo, e sei di una minoranza questo patrimonio andrà inesorabilmente a mignotte (puoi solo decidere la velocità: tramite manicaretti koscher e candelabri a sette braccia o ramadanni o cazzi vari). Ma non vuol dire non stimarei non voler cenare con etc, con qualcuno che non appartiene al tuo gruppo. Io Fausta, l’ho sposato un non ebreo, col placet di famiglia: pure ne avvverto spesso un costo doloroso. Lo ripagherei mille volte, ma credimi costa.
Ma tornando al generale, visto che del particolare – poco ci cale – in Canada esiste una ideologia di fondo, che ha una controparte legale, che chiede a tutte le minoranze presenti, di attenersi a questa necessità di equilibrio, tra tenere al proprio patrimonio, e rispettare quello degli altri. E’ certamente l’esito di una necessità storica, ma oggi ha un vlaore ideologico molto forte. Sarà il caso ch cominciamo imparare anche noi, visto che la storia sta andando nella stessa direzione.
Ieri sera, al Tg1, Ayan Hirsi Ali ha detto: il rispetto della differenza culturale finisce dove inizia il dovere di rispettare le regole del paese che ci ospita. Mi sembra scontato, eppure va detto, ripetuto e assimilato.
W la diversità!
Il pessimista la riconosce e la considera un buon motivo per sottolinearla al fine di dimostrare che non c’è via d’uscita per l’integrazione e la collaborazione fra i popoli (intesa come gens): l’ottimista è convinto che i popoli possano integrarsi e collaborare al fine di arricchire la propria diversità!
E non venite mi a dire che sono un pessimista o un idealista romantico: ché sono entrambi i sentimenti/visioni pessimista e ottimista così da poter agire – problem solving – tenendo in buona e corretta considerazione tutte due le posizioni; oggi nel nostro Paese questo è il nostro scenario,secondo me,la diversità che s’incontra al governo dovendo governare: senza se e senza ma,forse!
Luca Gallina
P.S. Anch’io sono per la meritocrazia, ché per esperienza personale: potevo emergere quando avevo intorno a me i nani; passando poi a frequentare i giganti, anch’io ho dovuto farmi precedere da chi spiegasse bene CHI sono stato nel passato: fra i nani, naturalmente!
errata corrige: non fra i nani, naturalmente!
son d’accordo con zauberei e ora vado a farmi il quinto caffè. con permesso…
Parlavo giorni fa con un amico che mi fa: “perché quando passi il confine hai la sensazione di trovarti in un altro mondo?…migliore naturalmente! Ho sempre pensato fossero le solite frasi fatte ma poi viaggiando mi son reso conto che è proprio così.”
Ammettiamolo, siamo un paese ipocrita e allo sbando…vorrei tanto non fosse così – credetemi – ma far finta di niente non credo serva a molto.
C’è qualcuno di voi che OGGI potrebbe dirmi – sinceramente – perché UNO dovrebbe essere orgoglioso di essere italiano?
Datemi una risposta, vi prego che ne ho bisogno!
Sono pessimista ( un tempo dicevo realista ) ma non ho paura…ancora!
Ciao Stefano
@Rossella
come potevano saperlo, quando i loro governi se ne fregano di informarli.
Più se ne vanno e meglio è per loro.
Il problema è globale, come sempre, essendo la povertà assoluta a costringerli a tentare la fortuna, assumendosi ogni rischio.
Lo sviluppo rapido delle comunicazioni, che evidenzia la nostra prosperità economica, influisce particolarmente sulla loro decisione di espatriare.
Di tutti gli altri nostri problemi, come precarietà del lavoro, reddito lavorativo insufficiente a mantenere il livello di vita imposto dal sistema economico e così via, loro non ne hanno una pallida idea.
Povertà è una condizione di vita con effetti differenti, secondo del livello di vita dominante in un paese.
Un povero, tra tanti suoi simili, soffre di meno di uno tra benestanti; ma quando uno è tanto povero, da non permettersi nessuna medicina e abbastanza viveri per la sua famiglia, rischia tutto, pur di uscire dalla sua situazione.
Non so come reagirei, se fossi attaccato con la violenza; istintivamente tendo a reagire allo stesso modo con sveltezza, ben sapendo che il contrattacco sia la migliore difesa, che un violento di solito non si aspetta, ma poi non so come reagirei, se proprio in quel momento la paura mi prendesse e bloccasse ogni mia reazione.
Penso che dipenda dalla situazione, come dalla mia condizione fisica e psichica e dal tipo di violenza con la quale sarei confrontato.
Contro i violenti criminali non si può far altro che sperare che finisca senza danni gravi.
A volte penso che sarebbe utile cercare di coinvolgere il violento in una discussione conciliante, attraverso la quale cercare di presentarsi come amico e non avversario e attenuare così il suo stimolo aggressivo.
Saluti
Lorenzo
Immigrati, dalla Cei stop sui Cpt
“Anche i clandestini sono risorsa”
Non permettere il ricongiungimento familiare mette a rischio l’unità familiare
Bagnasco: “Non c’è rischio che la religione sia asservita al potere”
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ROMA – Il cardinale Angelo Bagnasco chiede che “i cpt siano davvero temporanei”. A rafforzare le parole del presidente della Cei anche il testo del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti secondo cui “gli immigrati sono una risorsa per le società in cui lavorano, qualunque sia il loro status legale, ed è loro diritto che venga affrontato il problema della separazione familiare, temporanea o prolungata”.
Nonostante arrivi in un periodo di intenso dibattito sulla presenza di irregolari in Italia, il documento del Pontificio Consiglio, contenuto nel comunicato finale dell’Assemblea Plenaria che si è tenuta in Vaticano, non fa riferimento all’ipotesi che l’immigrazione clandestina venga classificata come reato. Si focalizza invece sul diritto al “ricongiungimento familiare nei Paesi di accoglienza”. Diritto che “andrebbe riconosciuto come riscontro dell’apporto che i lavoratori immigrati danno alle economie dei paesi di accoglienza”.
Il dicastero vaticano osserva che i Paesi stanno restringendo sempre più la possibilità di dare ai cittadini immigrati questo diritto. E questo “avrà certamente effetti a lungo termine”. Secondo quanto spiegato nel testo, “quando un migrante è lontano da casa, il proprio partner resta da solo a prendersi cura dei figli e ad educarli ed è costretto a farsi carico delle responsabilità di entrambi i genitori”. I rischi che possono derivare da questa situazione sono “tensioni familiari e perfino una rottura permanente, come nel caso in cui il migrante intrattenga una nuova relazione”. “La condizione di perenne lontananza è – sostiene ancora il Pontificio Consiglio – una sfida per queste famiglie e anche per coloro che si occupano di assisterle pastoralmente”.
Rispondendo alle domande dei giornalisti al termine dell’assemblea generale della Cei, Bagnasco ha anche sottolineato che “non c’è li pericolo di una religione civile. La religione ha una ricaduta sul piano sociale e pubblico come ho ricordato, ma ciò non significa la creazione di una religione civile al servizio del ‘trono'” Parole che sembrano una replica alle critiche mosse al discorso con cui ieri il Papa aveva elogiato il “nuovo clima politico” in Italia.
Quindi, interpellato sulle recenti dichiarazioni di Massimo D’Alema sul rischio di potenza per la Chiesa, il cardinale ha affermato che “la laicità attinge la sua sorgente nello stesso Vangelo, ‘date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio’ è un valore radicato nel Vangelo al quale la Chiesa tiene sia per il bene dello Stato sia per il bene della Chiesa”.
Infine, sempre riguardo al rapporto con la politica, Bagnasco ha detto che “non è assolutamente in programma, almeno per il momento” un suo incontro con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
(30 maggio 2008)
Sono daccordo con Miriam, piu’ che di un emergenza straniero il problema e’ un problema di grande disagio sociale e io aggiungerei anche di disinformazione.
Vorrei che i giornalisti ci informassero veramente senza cercare notizie ad effetto. Vorrei che si soffermassero anche su notizie che non interessano a nessuno e che invece potrebbero aiutarci a vedere un’Italia diversa, per esempio potrebbero evidenziare quello che funziona anche per dare un’idea o stimoli ad affrontare situazioni di disagio in modo diverso. Purtroppo su quello che funziona o che potrebbe essere interessante ci si sofferma troppo poco. Per esempio, per caso mi e’ capitato di vedere un programma che parlava di ronde, ora non ricordo esattamente il nome, mi sembra che si chiamassero city angel. Gruppi di cittadini organizzati e preparati che giravano la citta’ dando aiuto a chi ne aveva bisogno o segnalando situazioni di pericolo o di grande disagio.
Mi sembra uno dei modi intelligenti per umanizzare le nostre citta’.
Questo e’ solo un esempio ma i giornalisti potrebbero andare a caccia di questi esempi e farceli conoscere per permetterci anche di pensare ad agire in modo positivo.
Come cittadina mi sento veramente insicura ma non perche’ ci sono molti stranieri ma perche’ c’e’ troppo disagio sociale e dove c’e’ poverta’, sofferenza, c’e anche violenza.
L’illegalita’ diffusa unita alla mancanza della certezza della pena e alla corruzione, al sistema delle raccomandazioni invece che ad un sistema di diritto, non fanno che aumentare l’incertezza, l’insicurezza dei cittadini.
Il nostro bel paese, tanto bello non e’ – I piu’ furbi si sistemano meglio,
gli onesti vengono calpestati, le donne poi vengono trattate veramente male. Considerate solo in base al loro aspetto, si ritrovano senza servizi che permettono la conciliazione del lavoro familiare e sono costrette ad abbandonare il lavoro, un lavoro ovviamente spesso retribuito meno di quello maschile. Quando poi raggiungono i 50 anni vengono buttate nel cassonetto e sostiuite in fretta da una piu’ giovane anche dai loro compagni. Si fa cosi’ e’ la moda.
Oltre a questo, le violenze quotidiane nei confronti delle donne (aggressioni, stupri, violenza psicologica, economica) e dei bambini (accattonaggio, pedofilia, lavoro minorile) da parte di cittadini italiani e stranieri sono un emergenza e una vergogna. Non si puo’ permettere continuamente queste violenze e lasciare che rimangano impunite.
All’anziano ci pensa la famiglia, siamo un paese familista, famiglia vuol dire la donna. Se per caso lavora si trova una badante perche’ lo stato non e’ in grado con tutte le tasse che paghiamo di realizzare dei servizi sociali adeguati alla cura di chi ha lavorato e pagato le tasse per costruire un’Italia migliore.
Uno stato civile e’ in grado di garantire ai propri cittadini, tutela della salute, istruzione, lavoro, una vita dignitosa, sicurezza sociale.
L’Italia non e’ un paese civile ma e’ un paese arrogante nei confronti dei deboli che non sono solo gli stranieri ma gran parte dei suoi cittadini italiani: anziani, donne, i giovani.
Con tutte le conoscenze che abbiamo non siamo in grado di dare un aiuto concreto alla riduzione della poverta’?
Il male maggiore e’ la poverta’. La poverta’ e’ funzionale allo sfruttamento – Se i nostri industriali rimanessero in Italia invece di andare in Cina o in Romania non sarebbe piu’ corretto?
Se ci fosse piu’ etica e meno mercato, piu’ equita’ e meno profitti elevati fatti sullo sfruttamento dei poveri, e di tutto il lavoro precario, forse la vita diventerebbe meno faticosa per molti e diventerebbe meno violenta.
@ Luciana:
e io sono d’accordo con te . Eppure l’Italia si offre, per il suo patrimonio artistico e ambientale, con una eccezionalità che non conosce uguali: la penisola turistica con le isole comprese. Una risposta per tutti i turismi: di massa e d’elite, per soste brevi o prolungate. Altro che ricerca! Lasciamola agli altri (ormai siamo un piccolo pezzo d’Europa, lasciamola ai tedeschi :-))), e occupiamoci delle cose che ci sono più affini e nelle quali siamo ancora grandi e competenti.
Ciao, Miriam
ciao miriam,
non voglio sembrarti disfattista ma credo che solo chi viene da fuori oramai è attratto e consapevole dalle nostre “ricchezze”…chi ci vive e chi ci amministra
spesso è cieco.
Nella mia città – e non solo – si butta giù tutto spesso in maniera indiscriminata
quello che invece si potrebbe recuperare per fare spazio ai soliti centri commerciali e abitazioni che probabilmente non servirebbero se solo ci fosse la volontà di risolvere i problemi in maniera intelligente e sensibile.
Sono appena tornato da Berlino e ti assicuro che lì,”recuperano” e soprattutto valorizzano.
Ciao miriam, un abbraccio
stefano
Dal punto di vista ambientale e artistico sicuramente l’Italia non ha nulla da invidiare ad altri paesi. Le politiche ambientali dovrebbero tener conto di questi aspetti, l’ambiente e’ una ricchezza per tutti noi, dovremmo rispettarlo con misure adeguate alla sua salvaguardia.
Se il turismo puo’ essere una ricchezza per il nostro paese allora e’ necessario investire anche nella sicurezza dei turisti.
Anche solo la presenza di forze dell’ordine avrebbe un effetto deterrente. Lo Stato con la collaborazione dei cittadini deve assumere il controllo del territorio non lasciarlo al controllodi bande di nessun genere.
E’ bello andare in vacanza in un paese dove puoi sentirti sicuro.
Io non so se ho capito bene l’intervento di Zaub, ripeto personalmente sono di religione abbastanza anarchica, nel senso credente ma non appartenente a rigide dottrine quindi mischio me stessa indistintamente con tutti. Ammetto la mia colpa: ho una netta simpatia per alcuni popoli del centro Africa. Mi piace proprio la pelle scura, non lo so perché. Ergo non riesco proprio a capire ( ed è un mio limite ne prendo atto) il discorso di dovere sposare per forza un appartenente alla tua religione, etnia ecc.
Sul fatto però che “all’estero” (quele estero poi? Si dice estero intendendo un brodo primordiale generico o che?) si viva meglio ho dei fortissimi dubbi. Il Canada non lo conosco, la Francia abbastanza, Los Angeles e New York sono la mia seconda casa. Zaub, a New York le etnie NON si mischiano manco per nulla: neri con neri, cinesi con cinesi, forse un pochino i bianchi tra loro ma nemmeno tanto. E che necessariamente si viva meglio è tutto da vedere. Diciamo che negli States in generale si vive decentemente a patto di ACCONTENTARSI molto, cosa che noi in Italia non siamo certo inclini a fare.
Il tenore di vita è mediamente molto inferiore a quello italiano e soprattutto se è vero che c’è meno disoccupazione è spltanto perché la gente è obbligata a fare lavori umili. Le persone illustri che vivono lì di cui sentiamo parlare ono una piccolissima percentuale, la maggior parte della gente fa lavori di cacca, anche essendo laureata. Attenzione cara Zaub. C’è anche una grande arretratezza in tutte le città che non sono i grandi centri, arretratezza e povertà. Oltre che ignoranza. Stesso a New York uno su diecimila ce la fa. Il resto fanno i camerieri o gli schiavi. E quando dico schiavi lo intendo veramente. Sei dollari all’ora 14 ore a smazzare, sensa sindacati che tengano. lascia fare, amica mia, l’America è posto per stomaci forti. Dove la polizia ancora ti spacca i denti col manganello. La repressione è durissima, roba da ventennio fascista. Nessun italiano reggerebbe la vera indigenza in quel Paese. Lì se sei povero e mala muori per davvero.
Dieci anni ci ho vissuto mica un quardo d’ora. Non ascoltare la gente che va lì per due anni con una borsa di studio, quelli dell’America conoscono una piccolissima parte, anche perché scaduti i due anni tornano a casa nella maggior parte dei casi perché farsi assumere a tempo indeterminato e difficilissimo. E, mi spiace dirtelo, ci si riesce sopratutto grazie alle raccomandazioni. Believe me, mio padre insegna vicino Boston, il baronismo in America e tale e quale a qui.
Insomma, l’Italia non è perfetta, ma il mondo in genere non lo è.
Purtroppo.
Be’, Fausta,
vogliamo vedere di cosa e’ fatto il merito, stante alla base della meritocrazia, nel campo che ci riguarda, cioe’ la Letteratura narrativa? Esistono dei parametri standard, per valutare un manoscritto, credo, piu’ certe variabili incognite, ossia le ”x”. Pero’ questi sono sicuramente dei punti chiari di valutazione oggettiva e storicamente fondata:
1) Correttezza ortografica, sintattica e grammaticale.
2) Varieta’ e ricchezza lessicale.
3) Originalita’ del dettato.
4) Originalita’ della tematica di fondo o delle tematiche.
5) Originalita’ di trama, struttura e fonologia.
6) Quantita’ e qualita’ delle figure retoriche e/o grammaticali utilizzate.
–
Almeno su queste basi, una prima scrematura meritocratica si puo’ fare di sicuro. Come sui temi scolastici, sui romanzi da pubblicare. Perche’ la maggior parte della gente non sa come funziona una metafora classica o cosa sia una allegoria, una forma ellittica. Chi lo sa e’ almeno attrezzato tecnicamente meglio degli altri. Poi i criteri completi sono scritti negli alri punti, ovviamente.
Salutoni
Sergio
P.S.
Ripetilo a tutti quel che hai detto ora, giustissimamente, sugli Stati Uniti, tu che li conosci veramente. Ma nessuno aprira’ comunque gli occhi, tanto e’ forte l’inconsapevolezza del cieco filoamericanismo che ancora serpeggia, forte e gagliardo, nell’Italietta del 2008. Diamo spazio a piu’ dicento basi NATO ma non vediamo i buoni esempi di Francia, Germania, Paesi Bassi e Scandinavi, anche della Slovenia (Paese che in confronto all’Italia sta messo veramente bene).
Esempiuccio franco-tedesco: i Governi dei due Paesi finanziano INTEGRALMENTE da un decennio circa una televisione artistico-culturale che si chiama ARTE. Gli Italiani, chiamati illo tempore a partecipare (RAI) hanno detto che acquisteranno solo dei programmi. Significa che diamo loro i soldi ma non partecipiamo, ARTE ci resta esclusa perche’ parlata in tedesco e in francese. Noi acquistiamo qualcosa ogni tanto e lo doppiamo. Deduzione: il Terzo Mondo? E’ qui.
… per non dire, per carita’ cristiana, degli interventi pubblici nella cultura: noi stanziamo un terzo dei soldi dell’Europa Centrale ed altrettanti li sprechiamo dandoli ai soliti mafiosi intrallazzati. Eppure saremmo il settimo Paese industrializzato del Mondo.
A Luciana,
siamo d’accordo su tutto, quindi vorrei aggiungere una cosetta non proprio di secondaria importanza: le conquiste sociali dei Paesi europei evoluti sono state il frutto dell’impegno, dell’amore fraterno e della solidarieta’ sociale dei cittadini di quei Paesi, non sono piovute come la manna dal cielo dei loro Governi. Dunque ora dovremmo unirci anche noi Italiani e chiedere certe migliorie, lottare e strapparle al Governo; senonche’ questo sembra non interessare a nessuno. Conclusione: gli Italiani amano parlare a vuoto, non unirsi per ottenere cio’ che serve loro dallo Stato. Le conseguenze le vedi.
Caro Stefano,
ho vissuto per tre mesi in Germania. Eh gia’, e’ proprio cosi’ come dici tu, e il motivo e’ la nostra disunione sui motivi etico-morali e materiali di fondo. Un popolo diviso (e anche sottoacculturato rispetto alla Germania, vero?) non avanza, regredisce sempre. Se lamentarsi non porta a delle proposte fattive, questa, per me, si definisce chiacchiera. Te lo dice un perugino.
Sempre a Luciana,
a proposito di questo punto, in cui dice ”Se ci fosse piu’ etica e meno mercato, piu’ equita’ e meno profitti elevati fatti sullo sfruttamento dei poveri, e di tutto il lavoro precario, forse la vita diventerebbe meno faticosa per molti e diventerebbe meno violenta.”
Certo, certo. Sottoscrivo. E considera pure un’altra possibilita’: se ci fosse non MENO ma PIU’ mercato, ma questo mercato fosse un mercato fatto di diritti e doveri rispettati e di pagamenti giusti, le cose andrebbero ancora meglio, vero? Il mercato va regolato dallo Stato, per quanto riguarda i diritti e i doveri, ed e’ questo che appunto lo Stato Italiano NON FA. Poi, chi ha il lavoro in Italia se ne frega di chi e’ disoccupato e i disoccupati sono disuniti. La situazione crea il casino che vediamo, nel quale gli stranieri cosa devono fare? Si arrangiano come meglio possono. Se lo Stato non c’e’, si danno da fare con quel che trovano e dunque a volte anche con la criminalita’, che a differenza dello Stato e’ MOLTO RICETTIVA.
Ritornando sulle affermazioni di Bodei, la cui analisi ritengo condivisibile, mi viene da osservare che se è oggettivamente riscontrabile quel meccanismo per il quale “tutte le comunità umane cercano di mantenere la loro coesione nello spazio e nel tempo mediante la separazione dei propri componenti dagli “altri”, è anche vero che il processo, a mio avviso possibile, verso l’integrazione viene sostanzialmente rallentato se non impedito dalla mancanza di regole chiare di convivenza. L’aver ad esempio favorito in Italia un sia pur legittimo flusso di immigrati, senza però stabilire dei parametri minimi ai quali uniformare la loro residenza sul territorio nazionale, ha agevolato l’insorgere di fenomeni sociali di squilibrio non indifferenti: gente – bambini compresi – che vive lungo gli argini dei fiumi, in mezzo ai topi e ai serpenti, che è spinta dalle disperate condizioni di vita a delinquere, spesso con esiti nefasti e con la conseguente sfiducia o addirittura terrore nei confronti dello ‘straniero’. I rischi legati ad una sicurezza che diventa sempre più labile, non fanno altro che consolidare i pregiudizi: chi può negare che il numero di reati commessi da immigrati stia lievitando in modo progressivo? E’ chiaro che molti immigrati arrivano da noi avendo alle spalle situazioni economiche e sociali terrificanti: ma è sufficiente ciò per giustificare che vivano in Italia in condizioni simili se non peggiori? Ed è sufficiente invocare in modo demagogico ed acritico il pur nobile valore dell’accoglienza? Io non credo.
Pertanto, preso atto della ineluttabilità, per ragioni economiche e sociali, del carattere multietnico della società contemporanea, per evitare una militarizzazione della società medesima non rimane, a mio parere, che fissare delle regole precise, chiare e sanzionate su cui questa convivenza debba basarsi ed inoltre, attraverso accordi internazionali coi Paesi i cui cittadini sono ospitati altrove, pretendere che il rispetto di certi principi e di certi valori fondanti (ad es. già riconosciuti da convenzioni internazionali a larghissimo raggio di adesione) abbia il carattere indiscutibile della reciprocità. Tutto ciò non soltanto a salvaguardia della comunità che ospita, ma anche degli immigrati stessi, dal momento che quando i pregiudizi si rafforzano ad esserne colpiti sono poi anche le persone che lavorano e viveno onestamente.
Per quanto concerne poi l’immagine negativa dell’Italia all’estero, in primo luogo ritengo che spesso essa sia il riflesso di luoghi comuni che si hanno intorno al nostro Paese, come si può notare da certe analisi semplicistiche che vengono propinate sui media esteri. Così come sono d’accordo con quanti sostengono che in fin dei conti il ‘marcio’ non sia un’asclusiva italiana. Ma anche queste mie due affermazioni rischierebbero di essere semplicistiche, se non aggiungessi che il dramma del nostro Paese è la capillarità con cui impera il malcostume. Lo si vede a tutti i livelli ed in tutti i settori ed è un malcostume del tutto trasversale. Anche in questo caso l’intensità del fenomeno offre il fianco alle critiche, che non sono certo svilite nella loro fondatezza dalla circostanza che chi le muove abbia anch’esso i suoi begli scheletri nell’armadio…Nel riconoscere i mali del nostro Paese non possiamo certo trincerarci dietro il motto ‘mal comune mezzo gaudio’…
Saluti
@ Stefano, ciao tutto bene?
Anche dove abito io si sta costruendo paurosamente tanto: sulle colline è un continuo e ininterrotto spuntare di case. Però in contrappunto si sta anche sviluppando, da parte di tutti gli amministratori, impegno e interesse per salvaguardare l’esistente, naturale e patrimoniale. Si recupera il fiume e la sua navigazione, abbiamo “salvato” il traghetto di Leonardo, e sono in corso diversi restauri. Però le nuove case sono veramente tante!!! E vuote…
ciao
Enzo Garofalo ha messo, mi sembra, dei doverosi puntini sulle i. Allungando forse la sintassi con dei giri di parole ma sempre andando al dunque:
”è anche vero che il processo, a mio avviso possibile, verso l’integrazione viene sostanzialmente rallentato se non impedito dalla mancanza di regole chiare di convivenza. L’aver ad esempio favorito in Italia un sia pur legittimo flusso di immigrati, senza però stabilire dei parametri minimi ai quali uniformare la loro residenza sul territorio nazionale, ha agevolato l’insorgere di fenomeni sociali di squilibrio non indifferenti: gente – bambini compresi – che vive lungo gli argini dei fiumi, in mezzo ai topi e ai serpenti, che è spinta dalle disperate condizioni di vita a delinquere, spesso con esiti nefasti e con la conseguente sfiducia o addirittura terrore nei confronti dello ’straniero’.”
Inviterei il sig. Garofalo a commentare, se lo volesse, le priorita’ da risolvere che ho espresso sopra.
Cordialmente saluto
Ma il Maugger dove sta, oggi?
Sono qui, Sergio.
Sono rientrato da poco e sono un po’ stanco.
Ringrazio te e gli altri per i nuovi commenti. Li ho letti tutti e domani interverrò con più lena… soprattutto in merito a un paio di interventi di Fausta.
Per ora auguro a tutti buonanotte.
Scusate l’assenza.
ogni volta che accedo a questo blog mi chiedo perche’ nel post c’e’ l’immagine di una scena di Arancia meccanica?
Non pensate ce si dovrebbe smettere di proporre immagini di questo genere? Pensate che ricordo ancora che un gruppo di ragazzi nel mio paese dopo aver visto il film ha pensato bene di emulare questo gruppo.
Io proporrei immagini che non non diano troppi spunti, e idee, mettiamo che qualcuno la scenetta se l’era persa, rieccola qui.
Il corpo femminile viene strumentalizzato a sufficienza nella pubblicita’ di qualunque oggetto. Vorremmo rispetto.
Buongiorno Per Fausta.
1. Nessuno ti chiede alcunchè della vita tua, ti si chiede di riflettere sui meccanismi della vita degli altri. L’appartenenza culturale ha delle sue logiche e queste logiche hanno dei sentimenti – se si disconoscono questi sentimenti, denigrandoli e millantando una superiorità non si aiuta nessuno. Io ti ho parlato delle logiche dell’appartenenza culturale, e le logiche delle minoranze. Se le estremizziamo categorizzandole subito come miopia e provincia e cattiveria non si va molto lontano. Non è questione solo degli ebrei. E’ questione di qualsiasi individuo che entra in una cultura maggioritaria e ha questo se culturalmente determinato da un altrove. E’ il dolore di un cameriere extracomunitario a cui le maestre dicono: eh devi parlare italiano a tuo figlio. Se deve integrare. Questa cosa, questa cosa è tremenda. Magari ha del vero, ma è tremenda. Tu dici di essere anarchica. Ottimo, ma è anche vero che appartenendo a una cultura di maggioranza, hai l’impressione discegliere e puoi avere una libertà con la tua provenienza che altre situazioni non anno. E’ come avere un amante sempre a disposizione; che te frega di lasciarlo quello sta sempre la. L’appartenente a una minoranza che device di abbabdonare la storia da cui proviene, se ne sente nelle migliori circostanze, ricattato. Può valere la pena, ma è doloroso. Noncapisco sinceramente il tuo tono. Io non sono aggressiva sono in disaccordo.
2. Suoi tuoi pareri, sono diversi. Ma anche io ho viaggiato molto, vissuto all’estero etc. E ho raccolto opinioni diverse. Naturale che hai ragione quando dici che negli States non si sta bene da poveri e da extracomuunitari. Come in altri posti. Quando almeno io dico che si sta meglio, vuol dire che si sta un po’ meglio di qui, ma non una favola. Ma siccome io qui faccio un lavoro di merda e ho amici che fanno lavori di merda, (esempio: in Nord america gli specializzandi di psicologia sono pagati, in Italia no. in Italia fanno i camerieri la sera, per curare i malati di giorno) qui come all’estero. Si posso fare un’accurata comparazione della merda globale. Essendo che ci sto dentro. Ma quando in Canada feci amicizia colla signora delle pulizie immigrata dall’Italia, la quale puliva i corridoi del posto dovevo dormivo -scoprivo che prendeva 2000 dollari ogni due settimane – netti, e aveva dallo stato un’assicurazione che le copriva tutta la sfera sanitaria, oculista e dentista compreso, e viveva in una bella casa tutta sua di cui era fierissima, a tre piani. Ero in un Campus della York Yuniversity, statale non privata. E la signora era l’equivalente di un nostro bidello. Chiedigli quanto guadagna. Ho esempi altrettanto interessanti, anche se meno eloquenti sulla Germania, dove ho fatto la cameriera, e dove ho avuto un fidanzato Curdo. Tale fidanzato turco ha rischiato la pelle un paio di volte, strictu sensu. E per strada i cartelli “non rubare” sono scritti in tedesco e turco e italiano. Ma pure, bacia sulla terra tedesca ancora oggi.
In ogni caso, aldilà delle condizioni delle fasce a margine, che se sono a margine uno dovrebbe fare una tremenda comparazione dei margini, saltano all’occhio le differenze tra chi non è in quei margini e ma poco sotto o in centro di esse. La piccola e media borghesia. Personalmente, constato che qui, questa piccola e media borghesia è spinta verso la povertà e l’inerzia molto più che in altri paesi, e da questo dipende la sua scarsa disponibilità verso le frange più deboli. Il mercato del lavoro strozza i nuovi arrivati, nega possibilità creative, le carriere sono vincolate da raccomandazioni e giochi di potere, l’economia ristagna con un’inflazione che cresce e gli stipendi molto meno, e tutta questa gente molto incazzata è la gioia della destra, che dice: vedete è tutta colpa degli extracomunitari!
POi spero che non ti sei arrabbiata, sono solo pareri diversi.
🙂
errata corrige, noto ultuimamente che scrivo mihciate e poi uno non capisce: er fidanzato è nato in turchia, ma era curdo. Curdo che parlava turco. Insomma spero se capisce.
Io sono altoatesina, provincia autonoma, la popolazione 2/3 gruppo linguistico tedesco, 1/3 italiano, una ristretta minoranza ladini e altri(slavi, albanesi, rom, sinti, tedeschi, svizzeri, ecc..).
Io appartengo al gruppo linguistico italiano, siamo obbligati a dichiarare l’apparteneneza etnica se vogliamo lavorare nel pubblico impiego o essere assegnatari di un alloggio popolare.
Io mi sono dichiarata italiana perche’ purtroppo la conoscenza della lingua tedesca secondo me non e’ tale da potermi dichiarare appartenente al gruppo linguistico tedesco. Ho frequentato scuole italiane (purtroppo), cosi’ non imparando cosi’ l’altra lingua bene, anche perche’ la lingua usata in Alto Adige e’ il dialetto tedesco. Ancora oggi il partito di maggioranza e’ contrario ad una scuola mistilingue (italiani e tedeschi), siamo rigorosamente divisi. Nella scuola italiana entrano tutti gli extracomunitari(albanesi, rom, sinti) e nella scuola tedesca entrano tutti i comunitari (germanici, svizzeri).
Abito in Alto Adige dalla nascita, mia made e’ nata in Alto adige prima della Prima Guerra Mondiale, sua madre e’ nata li’ e lo stesso per quanto riguarda mio padre, vengo considerata un’ospite e non una cittadina a tutti gli effetti. Mi considero una straniera in patria.
Secondo voi dopo quanti anni una persona apaprtiene ad un territorio?
L’Alto Adige con le sue tutele della minoranza etnica tedesca e’ una minoranza dominante, razzista. Sta spingendo moltissimi italiani a lasciare la provincia per mancanza di opportunita’ di lavoro, se non sei dei loro, se non ti considerano tale, non fai niente.
Anch’io dovro’ emigrare per permettere a mio figlio di lavorare.
@Sergio
si hai ragione piu’ mercato ma regolato dallo Stato
@Luciana:
non perdi tempo! Già al mattino butti lì “cosette” con un pesino non indifferente.
Le immagini: hai ragione, c’è poca fantasia, pochissima, anzi possiamo proprio dire che gli addobbi “immaginifici” dei blog si muovono su riflessi condizionati. Violenza: Arancia Meccanica ( Massimo, enfatizzo solo per allargare il discorso). Ma funziona così non solo per le immagini, siamo piccoli esseri condizionati, addomesticati come cagnolini e come le cavie di Pavlov ci comportiamo. Leggi mai i commenti sui blog? Bello, bellissimo, mitico, sei forte, sìììì, proprio brava, o insuperabile (come il tonno). Difficilissimo trovare l’impegno. E così è nei commenti più colti: siamo pigri, ci abbandoniamo al conosciuto eccedendo fiduciosi.
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Fino a quando uno è straniero:
nelle mie scuole ci sono bimbi che arrivano da ogni parte del mondo, ogni anno sono sempre di più. Qui, nei piccoli paesi sono ben accolti e coinvolti nei programmi “storico-sociali” e artistici (come quelli che curo io). Anzi la loro presenza è oggetto di approfondimenti importanti; come quando ci dedicammo ai cavalli (visitando maneggi, disegnandoli, studiano le loro raffigurazioni nell’arte), e un bimbo del Marocco si fece spedire dal nonno le foto del loro allevamento. Magnifici purosangue!
Tutto cambia quando lascio le valli e torno giù, dove abito io, un grosso paesone che confina con Lecco. Qui è tutto diverso, gli stranieri sono sempre di più, le difficoltà per le insegnanti aumentano di anno in anno (perché le provenienze dei bimbi sono diverse per lingua e abitudini), l’insofferenza degli altri aumenta, soprattutto quella dei genitori, che vedono penalizzato il programma scolastico. Servirebbero regole o una diversa organizzazione dei programmi; ma se proponi dei corsi ( non classi, solo corsi) differenziati…sei sicuramente una stronza che non sa quello che dice. Invece più italiano per loro (sostituendo musica, immagine e motoria) li aiuterebbe molto di più anche nella prospettiva futura. Sarebbero meno “stranieri”.
Ci ritorno oggi….. ciao
A me l’idea dei corsi differenziati di Italiano, per dire delle ore in più non mi aparrebbe affatto male, o alternative. Lo stato si assumerebbe la responsabilità di aiutare i nuovi arrivati, che mi pare giusto, considerando che quella è la terra di approdo ed è li che devi nuotare. Io non so come funzionino le scuole dell’obbligo in Germania. Ma per accedere all’università tedesca (pubblica e completamente gratuita) se sei immigrato prima devi fare un supermega corso di due anni giornaliero, e superare una serie di livelli, poi accedi. E’ dura, ma motivante, e non ti prende per il culo. Amici miei stranieri hanno tentato l’università italiana proveniendo dal mondo arabo, e non ce l’hanno fatta, perchè marginalizzati gradualmente. Invece così come si fa adesso si scotomizza il problema, e lo si getta sulle spalle dei genitori, poveracci, che sono in conflitto forte. E’ insomma una bella gatta da pelare il processo di assimilazione. Perchè se neghi completamente le radici, quelle si ritorcono contro in vari modi (psichici quando va bene, in forma di estremismo fanatico quando va male) se invece non le neghi e le fai prosperare si crea il problema opposto, la marginalizzazione sociale. Insomma non è facile ecco.
A Luciana non la invidio poveretta, che sti crucchi sono tremendi. Siccome so il tedesco, al lavoro mi mettono sempre a lavorare con l’area di Bolzano, ma naturalmente ho un accento italiano e questo spesso li legittima a trattarmi a pedate. Però in quel contesto mi pare di capire che stante le leggi attuali e il rapporto numerico, è l’italiano la minoranza
da proteggere e discriminata. E anzi, il racconto di Luciana mi conferma che il problema prima di tutto sono le logiche di maggioranza, volgarmente numerica: i molti si rafforzano fra loro, si coalizzano, stipulano delle scale di valore.
@ Luciana (e a Miriam)
Hai scritto: “ogni volta che accedo a questo blog mi chiedo perche’ nel post c’e’ l’immagine di una scena di Arancia meccanica?
Non pensate ce si dovrebbe smettere di proporre immagini di questo genere? Pensate che ricordo ancora che un gruppo di ragazzi nel mio paese dopo aver visto il film ha pensato bene di emulare questo gruppo.
Io proporrei immagini che non non diano troppi spunti, e idee, mettiamo che qualcuno la scenetta se l’era persa, rieccola qui.
Il corpo femminile viene strumentalizzato a sufficienza nella pubblicita’ di qualunque oggetto. Vorremmo rispetto.
—-
Grazie per il tuo commento, Luciana.
Cercavo un’immagine che potesse “accompagnare” le domande poste da Bodei. E ho trovato questa sorta di icona negativa estrapolata dall'”Arancia Meccanica” di Kubrick.
Sul Domenicale, invece, c’era la foto di un uomo con un coltellaccio che – alle spalle – aggredisce una donna. La donna è Audrey Hepburn in una scena del film “Gli occhi della notte” di Terence Young (1967). Anche questa è un’immagine forte, anche se non a sfondo erotico (in senso becero e violento) come quella di “Arancia Meccanica”.
Ritenete che sia il caso che tolga quell’immagine?
Io, Luciana, ascolto moltissimo i commenti di tutti. Parliamone insieme. Magari potremmo trovare un’immagine più idonea.
Però dovremmo porci il probelma in generale. Tu scrivi: “un gruppo di ragazzi nel mio paese dopo aver visto il film ha pensato bene di emulare questo gruppo”. E getti sul tavolo un altro argomento di discussione che meriterebbe un post a parte (anche perché qui andremmo fuori argomento).
Dovremmo boicottare i film e i romanzi che descrivono violenza (anche per stigmatizzarla) perché il rischio di “emulazione” è sempre dietro l’angolo?
Dovremmo evitare di raccontare delle nefandezze che accadono nel mondo perché qualcuno potrebbe decidere di replicarle?
Nel nuovo romanzo che sto scrivendo descrivo la scena – e i meccanismi – di un suicidio. Faccio male? E se, nel farlo, “istigassi” qualcuno?
Voi che ne dite?
Poi, Luciana, poni una domanda bellissima.
dopo quanti anni una persona si può dire che appartenga a un territorio?
@ Fausta
Hai scritto: “se tutto fosse completamente equo e giusto il novanta per cento di noi sarebbe morto o schiacciato da un implacabile contrappasso. La meritocrazia e la imparziale giustizia se applicata alla lettera può fotterci a tutti. E’ probabile che in un mondo VERAMENTE meritocratico io invece di fare la scrittrice dovrei pulire gabinetti, e con me molti altri.”
—
La meritocrazia come la intendi tu è pura utopia… purtroppo.
Ma se fosse realizzabile non esiterei a dire sì. E se, in base ai miei meriti, dovessi ritrovarmi a pulire i gabinetti sarei pure contento… perché sarebbe giusto così. Li pulirei e li luciderei per bene… anche senza guanti. In cambio vedrei molta narrativa che circola oggi finire dentro la tazza (magari anche la mia… che importa). Un mondo giusto ed equo, sì. Sarebbe bellissimo.
Ma è pura utopia.
Ma il fatto che sia pura utopia non può essere una giustificazione per avallare sistemi antimeritocratici.
Non credi? Non credete?
@Massimo,concordo pienamente con te, sullla tua risposta a Fausta.
Non sarà mai così, per lo meno nei prossimi cento anni, ma la speranza è il motore delle nostre intenzioni, affinchè possiamo sopravvivere.
@Sergio, al tuo elenco, su come debba essere uno scritto per meritarsi di essere letto, metterei in primo piano la spontaneità e sensibilità dei pensieri trasmessi. Uno scritto, per me, deve attrarre per il suo contenuto e solo dopo per il suo stile o correttezza sintattica ecc.
Quando uno scrive con il cuore, si denuda al lettore che, perchè attratto, lo seguirà fino alla fine e imparerà per la sua vita. Quindi, originalità e sensibilità del trasmesso, affinchè rimanga un riflesso della vita e sia utile a chiunque intenda apprendere.
Saluti ad entrambi.
Lorenzo
@ Massimo:
sul Sole 24h le immagini sono ben scelte, considerando il tuo poco tempo, se fossi in te, pescherei sicuramente lì.
Quella della Audrey Hepburn è non solo una bellisima immagine, ma una scelta intelligente. In primo piano c’è lei, bella, truccata e curata come sempre, alle sue spalle c’è l’uomo con il coltellaccio; lui la ucciderà, la colpirà ora? oppure ricorda qualcosa che le capità nel passato? O qualcosa che capitò a qualcun altro. La differenza fra quella immagine e quella che hai postato tu è evidente, squilibrata; togli quel naso fallico e quella posa dal contesto del film, e cosa ti resta? l’ evidente rappresentazione di un impulso che va soddisfatto subito e ora!!!! Non comprendere la differenza fra le due immagini è contemporaneo: niente educazione, niente approfondimento. Ma la differenza c’è! Come fra un noir (magari anche senza morti) e uno splatter…
comunque sul fascino della morte violenta e della sua rappresentazione, che piace tanto alle donne (sic!)oggi ci ritorno
Ciao a tutti, come dicevo a Massimo sono nuova di queste discussioni perchè ho scoperto da poco il sito (grazie a Maria di Lorenzo che ne ha parlato sulla sua webzine di letteratura: In purissimo azzurro). Ho letto i 173 commenti (in fretta, per la verità) e non posso dilungarmi tanto perchè sono una giovane mamma con tre bimbi piccoli che scorazzano qui per casa e, mi capite, non posso stare al pc più di una mezz’oretta… sento molto il problema della sicurezza, io abito nel veronese dove – tra l’altro – alle ultime elezioni nazionali abbiamo avuto l’exploit della Lega, e dove la gente ha votato in massa il sindaco leghista Flavio Tosi. Che dire? Parlavo ieri con il mio medico di base che mi raccontava aver visto con i suoi occhi un tentativo di rapina di un bambino al centro commerciale, sono rimasta sconvolta. E c’è una cosa che non mi spiego: io sono casalinga per ora, la mattina giro per le strade del mio paese per le varie commissioni e vedo un sacco di stranieri seduti a chiacchierare nei bar. Ma non lavorano dico io? Non vedo mai le loro donne (che secondo me o lavorano o sono in casa, salvo incontrarle ai servizi sociali dove io vado per avere gli aiuti previsti per le famiglie con ISEE basso): vedo solo uomini. E li vedo tutti i giorni.
Concordo con quanti hanno detto che c’entra anche ( ma non solo) la scristianizzazione della nostra società. Mancano valori condivisi. Qualche giorno fa il Papa ha parlato di “emergenza educativa” come l’emergenza più grave del nostro paese, andate a vedere su Zenit.
Ecco, le mie sono solo considerazioni estemporanee, vorrei avere più tempo per stare insieme a voi ma i doveri mi chiamano…
ciao a tutti!
@ Miriam
Giorni fa ho provato a cercare la citata immagine di Audrey Hepburn con l’uomo con il coltellaccio. Ma non sono riuscito a trovarla in rete.
Mi dài una mano a cercarla?
Se riusciamo a scovarla, sostituisco quella di Arancia Meccanica.
@ Elisabetta
Complimenti per i bimbi piccoli.
Forza e coraggio (ne so qualcosa anch’io… anche se sono due e non tre).
🙂
Scrivi quando puoi. Mi farà sempre piacere leggerti.
@ Massimo
Passo l’immagine nello scanner e poi te la posto via mail…
a dopo
Gentile Sergio (spero mi consenta di darti del ‘tu’), concordo pienamente con le priorità da te sopra indicate: 1) lotta alla disoccupazione; 2) la creazione di carceri nuove; 3) la certezza della pena per ‘ogni’ cittadino presente sul territorio nazionale; 4) La lotta senza respiro a criminalita’ ed evasione fiscale; 5) l’eliminazione del lavoro nero o gratuito; 6) Leggi urbanistiche piu’ severe e demolizioni di abusi edilizi.
E’ chiaro che senza risolvere questi problemi capitali per una nazione che voglia definirsi ‘civile’, sarebbe puramente velleitario cercare di imporre regole chiare a chi decide di trasferirsi in Italia. I due processi però devono scorrere paralleli: la situazione degli stranieri è ormai tale che non ammette altre proroghe, per cui attendere di aver prima risolto gli altri problemi per poi porre mano alle citate ‘regole’ di convivenza sarebbe deleterio.
Il vero problema in Italia però è un altro: non tanto quello di individuare quali siano le priorità, di cui tutti coloro che hanno il potere di decidere sono più o meno coscienti e sulle quali si sprecano fiumi di parole nei dibattiti mediatici, quanto quello di essere realmente operativi. Pensiamo a ciò che succede da anni in Campania con la questione spazzatura…Alcuni mesi fa viaggiando da quelle parti ho avuto la sensazione di vivere un’esperienza surreale…Procedendo lungo l’autostrada quasi alle porte di Napoli non potevo fare a meno di scorgere alcuni paesi della cintura vesuviana: ho visto cumuli di pattume sfiorare il secondo piano delle abitazioni ed ho appreso da gente del posto che non solo la tassa per la raccolta non è stata mai sospesa, ma addirittura aumentata!?!
Questo è solo un esempio, ma in generale è soprattutto questa ‘non volontà’ di operare che ha generato tanta acredine se non indifferenza da parte della gente nei confronti della politica…Ciò non toglie che anche i cittadini dal canto loro dovrebbero cercare di reagire, avanzando richieste nette di soluzione dei problemi più urgenti e superando un certo atteggiamento attendista che ci contraddistingue…
Cordiali saluti
Sergissimo Sozi, mi fai riflettere, e apprezzo anche tanto la tua capacità di schematizzare alcune cose, giuro non è ironia. Questo tipo di capacità mi affascinano. Sull’originalità temo però che non si possa essere così certi di saperla individuare nella sua forma migliore. E poi c’è un altro fatto abbastanza interessante: gli umani in genere hanno delle pulsioni circoscritte. In sostanza amano leggere di cose che poi sono sempre le stesse. Sono d’accordo con te, le trame dei libri in commercio, le loro costruzioni, sono in genere prevedibili. Questo succede perché la narrativa di “massa” ha una vera e propria funzione sociale. Che in genere ha a che fare con un intrattenimento misto a rassicurazione. Le giovani donne sono quelle che acquistano più libri. A loro in genere piace “ritrovare” se stesse in quello che leggono. Moccia vende più di Melania Mazzucco, che pure è apprezzata, perché propone un modello di umanità piatta (oltre che palesemente pariolina) cui evidentemente i zovani (giovani in romano chic) sentono di far parte. Le donne ineffabili di Lidia Ravera (per me una delle migliori) quelle strane indescrivibili creature piene di contraddizioni, né ricche nè povere, nè forti nè deboli, be’ quelle spaventano. Risultano addirittura antipatiche perchè illustrano porzioni veritiere di noi tutti, porzioni scomode e problematiche oltre che irrisolte.
Resta comunque il fatto che alcuna letteratura pop a me diverte molto. Mentre certa letteratura “Alta” mi spacca le palle e irrita. In sostanza, credo che la dissezione del comportamento umano in parti microscopiche sia lo sport di alcuni scrittori italiani. Si crede che la miniaturizzazione equivalga ad una maggiore analisi quindi ad una efficienza dinamica dello scrittore. allora ci si perde in pippe mentali. Nell’informatica i componenti elettronici sono oggi minuscoli, la ragione è che più piccoli sono più breve è lo spazio che l’elettricità deve percorrere per raggiungere i componenti. Da qui la velocità o meno di un microprocessore. Molto più piccoli di così non si potranno fare, già oggi vengono progettati al microscopio. Allora che si fa? Be’ si cerca di emulare il sistema neurologico umano con le reti neurali.
Be’ ecco la soluzione: per me la scrittura non deve necessariamente essere quello che dici tu riassumendo con delle regole. La scrittura per me è invenzione di vite alternative. Per me è emulazione della creazione. Emulazione, appunto. O se preferisci invidia nei confronti di Dio. Così come le macchine alla fine debbono copiare la capoccia dell’uomo, così noi facciamo finta di essere Dio e ci inventiamo un mondo che non c’è.
Per me in un libro devi leggere tra le righe la passione (leggi la fatica) di inventarsi la vita. E negli scritti di Starnone ‘sta fatica non la leggo. Leggo solo una gran voglia di farci sapere quanto è bravo e intelligente e annoiato. Be’, cazzo, preferisco vivere …
Sì, Massimo sono un’estremista saranno i pianeti in scorpione … mah, è che tutti ‘sti genii incompresi in letteratura non li vedo. In altri campi sì, in tutti gli altri campi sì.
Nel campo dell’arte mi capita più spesso di incontrare gente che si sopravvaluta. Persone contorte, molto molto pedanti che però non hanno quella scintilla speciale, quel non so che.
Ecco, lo stile. Lo stile nell’arte è tutto, ed in generale si fonda più sui difetti che sui pregi.
Sono i piccoli errori che fanno grande un libro non la sua completa esattezza.
Direi che abbiamo bisogno di scrittori un po’ meno primi della classe, gente più grezza … scusate vado a ruota libera, fate come se niente fosse …
baci a todos
@ Massimo:
spedita!
🙂
Personalmente credo che gli States, per quanto è già stato detto, debbano vedersela con un rapporto persone,territorio,versus risorse umane e economiche e etnie: come la quantità sia a discapito della qualità di vita: ché anche Noi in Italia ci stiamo arrivando con la presenza numerica dei nostri ospiti cittadini stranieri in Italia e rinnegati dalla loro stessa Patria; forse è meglio ricordare i nostri padri saliti dal profondo sud al nord d’Italia: cercando lavoro e una dignità umana riconosciuta, come oggi dagli extra-comunitari che hanno lasciato la loro famiglia nel loro paese natale inospitale.
Negli States, N.Y. e Boston gli esempi,io ho vissuto anche a Frankfurt e a Parigi, è la stessa cosa se approdi senza una tua famiglia, nemmeno sul posto anche di amici già residenti; ché per quelle genti con la carta di credito appresso non è un vero problema né oggi, tanto meno ieri quando i nostri padri dal profondo sud salivano con i soldi in tasca e un titolo di studio e a tal proposito siamo d’accordo tutti (sic!). E i diseredati nel mondo ci sono e ci saranno sempre; anche i malati, gli infermi:certo dobbiamo fare qualcosa come comunità civile e etica personale, ma non possiamo viverlo come un senso di colpa che va rinfacciato la loro esistenza, continuamente, a ciascuno di Noi; anche perché mi sembra che tutti Noi non ci stiamo sentendo molto bene è vero?
Concludendo, certo secondo me, i nostri interventi sono indubbiamente utili e puntuali e che non dipendono solo dalla nostra esperienza personale ma anche dalla generazione d’età a cui apparteniamo: comprese le nostre visioni politiche e religiose: e a conferma che non solo esiste la diversità nel genere umano, ma anche la volontà a mantenere integra la nostra identità nazionale e familiare il più possibile,e qualche volta può sembrare parzialità di giudizio, forse?
Luca Gallina
P.S. saluto Zauberei, ché anch’io mi sono innamorato di una ragazza bellissima turca di Istanbul; terminato l’università in Milano se n’è andata via non gli interessavo abbastanza, forse: era di ……fiori rosa, fiori di pesco e tu…..!
@ Rigo:
“invidia nei confronti di Dio” Che uscita!(sei forte) Io direi, se proprio proprio vogliamo rifarci all’invidia, che è invidia nei confronti del Faust! Tanto l’inferno non esiste e delle Madri chisenefrega!
Ho appena ascoltato la dichiarazione del parroco di Robbiate, a proposito della bimba dimenticata, se fossi stata lì gli avrei spaccato la testa con il microfono. Non una parola di pietà, ma solo un sorridente conversare per la tranquillità della mamma. “cosa è successo? E’ stata una dimenticanza, aveva il suo lavoro da svolgere e la bambina non si è fatta sentire. Una dimenticanza”.
Io penso che la madre si dispererà a lungo, anzi per tutta la vita; soffrirà ed è giusto, naturale, che sia così. Azzerare quello che è successo per non arrecare più dolore non serve a niente, anzi, al contrario, il dolore troverà un’altra via, più sordida, più cupa. Che un prete non sappia riconoscere la morte è veramete il colmo!
Per cosa piange l’Uomo?
@ Miriam
Ricevuta e… modificato!
Grazie
🙂
@ Fausta
Dici che “abbiamo bisogno di scrittori un po’ meno primi della classe, gente più grezza”.
Forse potrei fare al caso tuo…
🙂
@ Miriam (off topic)
su… “a proposito della bimba dimenticata”.
Questa vicenda mi ha fatto stare molto male perché credo che quella madre avrebbe potuto essere chiunque di noi. Sono tentato di aprire un post apposito (anche se l’argomento non è di natura letteraria… sarebbe il secondo consecutivo dopo quello aperto in questo post).
Che ne dite? Aspetto indicazioni.
A dopo…
Ciao Luca:) eh er fascino dell’oriente… dunque ella se ne andò! Io er turco mio lo piantai io di persona personalmente, per una serie di problematiche interculturali non da poco. Ma ti dico che non è che quando gli dissi: tra noi è finita! Quello s’è buttato dal quarto piano eh! A detto qualcosa come “ah vabbè”, e chiumo.
So curture altre.
🙂
A parte gli scherzi. ai tempi dei nostri nonni immigrati è vero che da immigrati si stava da cani, ed è pure vero che sempre da immigrati si starà da cani, e inzomma se immigri cazzi tui, ma è anche vero che rispetto ad allora è cambiata la consapevolezza culturale e politica con cui si guarda all’immigrazione, non che alla criminalità non che all’ordine pubblico. Ai tempi dei nostri bisnonni bastava essere un po più poveri per non essere un oggetto sociale degno di attenzione. Poi se eri una donna ancora di meno. Ma per il resto erano tempestose guerre tra poveri. Non fregava sostanzialmente un cazzo a nessuno. Potevi morire indisturbato, essere ammazzato indisturbato. ammazzare idnisturbato. nero Bianco Verde o Giallo, purchè povero. In nord america se eri un povero nero, valevi certo meno di tutti, ma non è che se eri un povero bianco era la cuccagna eh. Pensa anche a quanto tempo ci si è messo per raggiungere il suffragio universale, pensa a cosa vuol dire questa lentezza storica nel riconoscere a tutti l’essere soggetti giuridici e politici.
Oggi non possiamo mica fare finta che lo sguardo non sia cambiato. Mica possiamo negare che se tu a uno lo prendi a calci in faccia quello in effetti reagisce. Che il degrado urbano produce criminalità e che le vittime di criminalità hanno diritti sempre di essere protette. Se si guarda con attenzione alla questione degli extracomunitari, non è sempre per slancio etico, ma anche per una ragionevole profilassi. Ci si comincia a occupare dei poveri immigrati, quando si comincia ad avere a cuore il destino di chi deve subire il disagio della loro non integrazione – ovvero i cittadini italiani, spesso i più deboli. Invece, politicamente si mettono le due cose sempre come alternative. O noi O loro. Questo per me non è intelligente.
Ciao Massimo:)
@ massimo:
puoi aprire tutti i post che vuoi, ovviamente, ma non riuscirai a convincermi che, come tu dici, “quella madre avrebbe potuto essere chiunque di noi”. Io non giudico e attendo gli esiti dell’inchiesta. Perché qualcosa di strano c’è. Non ipotizzo nulla di volontario, per carità, ma non escluderei che la donna abbia problemi seri. Se così fosse, bè, non direi che è come chiunque di noi, ma semmai come chiunque di noi possa eventualmente ammalarsi nella testa.
Potrebbe, comunque, essere una vera e propria dimenticanza, quella che a roma chiamiamo “er momento der cojone”. Sei preso da mille cose, la vita è un turbine che ti fa correre, gareggi contro il tempo che, spesso, risulta vincitore. Insomma la testa, anche se per un unico e terribile episodio, ti va in pappa.
Però, caro massimo, anche in questa ipotesi siamo comunque al caso limite con il quale è difficile identificarsi.
Almeno questo penso vedendo me stesso. Corro, mi sbatto, ore e ore fuori di casa, telefonate, appuntamenti, casini, rogne, sbirri vari, criminali vari, un giornale che comunque tutti i gironi deve uscire. Però, porca troia, finora mi è successo solo di dimenticare il gatto fuori in terrazzo.
ho letto della ricercatrice di cui repubblica online pubblica la lettera al Presidente.
Vivo anche io come ricercatore in Germania.
Ho vissuto sia in Italia che in Germania a lungo e posso dire che l`italiano come lo si vede all´estero non esiste. L´immgine dell´italia come Nazione neppure. La gente non e´cosi´ingenua da credere agli stereotipi. Quelli li usa la pubblicita´per attirare l´attenzione.
All´estero dove vivo io ci sono molti stranieri e molti italiani. La Germania fa molto per gli stranieri che vivono qui e non mancano fenomeni ne di razzismo da parte di xenofobi che di stranieri che rivendicano il diritto a mostrare apertamente la prorpria origine diversa.
Ma sono casi, lo stato e´piu´forte qui e ha da sempre agito prevenendo e fornendo un sostegno, approfittando di chi immigrava. Perche´l´italia non vede il vantaggio che proviene da chi e´felice di venire a vivere, dove sembra la maggior parte degli italiani non abbia piu voglia di stare?
Bisogna imparare a stare insieme. E a migliorarsi. Non si possono affrontare problemi concreti dando la colpa a chi in Italia e´ venuto da poco. E i casi di violenza non centrano un tubo. Quelli ci saranno sempre.
Si tratta di rimboccarsi le maniche e rinnovare e sveltire l´apparato burocratico italiano, rendendolo a misura d´uomo. L´italia non ha mai conosciuto l´efficienza del nord europa in questo senso, se non grazie agli occupatori austriaci nel nord italia, forse.
La memoria storica tedesca porta i tedeschi ad assumersi piu responsabilita´ verso le proprie minoranze culturali di quanto non sia d´uso in Italia. Questo e´un peccato perche´ a quanto ne so io, l´Italia era fino a poco tempo fa un serbatoio di immigrazione e proprio le regioni piu´evolute da un lato ma anche piu´xenofobe, appartengono alle regioni che si sono arricchite nel dopoguerra. Per me e´una questione di DIMENTICANZA. Una volta Sordi, Toto insegnavano umilta e ci ricordavano da dove veniamo (mio papa e´del sud italia). Ora sono stati sostituiti da politici con meno humor e un po piu di pathos, che pero puntano non alla fama, ma al potere economico. Non va bene. Comunisti e fascisti sono parole prive di senso. Bisogna guardare ai fatti. LÍtalia ha i prezzi piu alti per quanto riguarda i beni di consumo, l´elettricita, ..l ácqua al sud e anche lo smaltimento dei rifiuti sono controllati dalla malavita. Si puo entrare in Europa con queste premesse? O mettersi in gara con la Spagna che ha appena chiuso con la dittatura e gia allunga il passo verso il futuro..superandoci a gran velocita´?
Ancora l´Italia e´buon amngiare e turismo culturale per i tedeschi una meta ambita insomma. Pero io sono anche italiano e mi fa male sentire quanto giustamente viene detto da fuori. E io so anche come si sta davvero in italia, perche vi abito spesso e ho la famiglia in Italia e tanti parenti sparsi al Sud e al nord.
Forse gli Italiani all´estero dovrebbero raccontare di piu, il perche se ne sono andati. Delle possibilita di fare il ricercatore non voglio parlare. In italia per me mancavano i presupposti, ma in fondo sono andato via perche so che qui si viene accettati meglio. E si viene lasciati in pace. Un po come penso fosse negli Stati Uniti un tempo. Il rispetto si misura secondo principi …scusate, materiali. Il che vuol dire che anche la dignita di un uomo consiste nei suoi bisogni materiali, questo per chiarire quanto riguarda il trattamento da riservare ai profughi vietnamiti della guerra venuti dalla francia, i molti africani che vivono qui da tempo e la cultura nella cultura rappresentata dalle comunita musulmane e anche dalle varie little italy. Tutti vengono trattati BENE. Soprattutto negli Stati “vecchi della BRD”, un problema diverso esiste per quelli nuovi, ex-DDR.
Solo che il bel paese rimane pieno di sole e spiagge , e si preferisce mangiarsi un gelato e dimenticare, sperare che sparando sul diverso l´ultimo po di senso di vergogna se ne vada. perche gli italiani non hanno il diritto ne in patria ne all´estero di comportarsi da incivili e xenofobi. anche se hanno il papa a roma.
Invece si farebbe bene a ricordare le responsabilita storiche negate in Italia e vergognarsi un po dei toni che sono in auge, per pura ignoranza.
Io essendo bilingue e mezzo tedesco, posso nascondere le mie origini, per chi non puo´ diventano tempi difficili. Perche forse non e´proprio vero che non esiste uno stereotipo di italiano all´estero. e´che ne esistono tanti, sia positivi che negativi. al momento prevale quello negativo… per me, il solito.
Da lontano l´immagine di quello che da vicino sembra un caos e´molto nitida e fa sorridere l´ingenuita e l´arroganza dei politici di destra, l´incapacita e la lontananza dai problemi di quelli di sinistra.
In europa si investe sull´eneriga alternativa, in italia molti gia usano il metano per alimentare le macchine, e ora propongono le centrali atomiche?
In italia la rete elettrica produce costi alti e si tratta di sprechi. Inoltre vogliono costruire un ponte sullo stretto ad esempio, quando l´autostrada SA-RC e´messa malissimo.
E´chiaro che avere finanziamenti dagli altri stati europei e´difficile.
Mia madre mezza italiana pure lei, che tra l´altro veniva bollata per la sua provenienza gia´ nella bologna degli anni 70, ha insegnato per anni in Germania in classi di soli turchi. Con la Turchia infatti la Germania ha fitti rapporti diplomatici e a volte anche problemi. Ma la Germania e´stata ricostruita con l´aiuto di Italiani e Turchi venuti a vivere qui. Bisogna pensare in maniere un po´piu concreta ai vantaggi che l´apertura porta. Bisogna migliorare l´apparato burocratico e dare appoggio a chi vuole venire in italia, e soprattutto, ma e´utopia chiederlo, i giornali e i politici, dovrebbero educare di piu, dando esempio di civilta e fomentare meno il dissidio tra le parti.
ringrazio comunque per la piattaforma e per lo sfogo.
Luca, eternamente confuso!
mi scuso per la vena polemica…!
Massi, questo tristissimo episodio me ne ricorda uno simile successo a Catania, lo dovresti ricordare anche tu. Tristissimo. La pietà innanzitutto. Per i bimbi e per i genitori che malati o meno distratti stressati o che altro conviveranno con una condanna che è peggiore della morte. Lì fu un padre. Dolore, processo, separazione… Terribile. Ma la pietà innanzitutto.
Piccoli segnali di speranza: la “Dante Alighieri” – associazione che diffonde la cultura italiana nel mondo – da anni organizza corsi d’italiano gratuiti per stranieri, nelle scuole serali ci sono vari immigrati che erò spesso hanno difficoltà perchè lavorano. Quando sono arrivati nella mia scuola degli alunni stranieri si è cercato di integrarli al meglio affiancando un’insegnante che li aiutasse con la lingua. Io credo che nulla si possa imporre dall’alto se non norme più chiare fatte rispettare a tutti gli italici indistintamente. Per il resto la vera integrazione avviene dal basso, a scuola, nel posto di lavoro, in chiesa, nei media… nei libri.
Dalla Repubblica di oggi:
“I cani? da vietare le razze straniere” . Treviso, l’ultima crociata di Gentilini”. Un richiamo alla salvaguardia delle razze allevate dai nostri avi.
E infatti chi poteva toccare i vertici di tanta comicissima imbecillità se non il noto sindaco, ex sindaco o prosindaco leghista e padano?
L’articolista (cinzia Sasso) si chiede anche come andare a metterla con cani italiani ma certamente terroni quali il molosso napoletano o il pastore abruzzese, visto che di razze venete non è che vi sia gran traccia.
Ossignùr!!!
La stu
Carissimo Presidente,
sono un’italiana residente all’estero ormai da diversi anni, ma nonostante questo sono sempre stata attaccata alla mia cara Italia. I suoi colori, la creatività, la vivacità, genuinità e ospitalità della nostra gente sono tutte cose che fino a pochi giorni fa venivano decantate all’estero come marchio dell’essere italiano e che tanto mi rendevano orgogliosa.
Come può ben immaginare, continuo a seguire tutti i fatti di attualità, di politica, di cronaca che riguardano il nostro Paese, e mi creda, mi rattrista dover confessare a Lei e prima ancora a me stessa che mi vergogno dell’Italia ritratta in questi giorni su tutte le prime pagine dei giornali nazionali e internazionali.
Signor Presidente ma che succede? Dove è finita la succitata “ospitalità” degli italiani? E’ davvero possibile che il sentimento più forte che emerge nella popolazione sia ormai la paura dello straniero, del migrante, dell’immigrato?
La sicurezza è certamente un problema serio, ma non penso che il modo giusto di risolverlo sia quello di alimentare la paura e l’intolleranza nei confronti di persone comunitarie ed extracomunitarie. Piuttosto penso che una più attenta politica di integrazione sociale sia la soluzione al problema dell’Immigrazione che a mio avviso, non coincide (come il governo vuole far credere) con il problema della Sicurezza.
Siamo in EUROPA e credo sia assurdo leggere ancora sui giornali, titoli come “ragazza italiana violentata da un romeno”. Con questo non voglio sminuire affatto la bruttura del reato, mi auguro soltanto che la giustizia faccia il suo corso indipendentemente da chi lo ha commesso. Quindi mi chiedo quale sia il bisogno di sottolineare la diversa nazionalità?
Sono una ricercatrice e il mio lavoro mi ha dato la possibilità di uscire fuori dai “nostri confini” e mi creda non ho mai trovato tanta intolleranza come quella che sta nascendo e che si sta alimentando negli ultimi tempi in Italia.
Adesso sono in Inghilterra e come lei sa qui di immigrati (comunitari ed extra comunitari) ce ne sono tanti, ma così tanti che non si può più fare una distinzione. Per farle solo un esempio, a Pasqua ero ad Oxford e in Chiesa ho assistito ad uno spettacolo meraviglioso: c’era tutto il mondo rappresentato in quella piccola Chiesa Cattolica. Mi colpì e mi commosse la diversità dei colori della pelle, dei costumi, ma al tempo stesso l’omogeneità e la coralità di tutte quelle persone.
Mi chiedo quando in Italia sarà possibile respirare quella stessa atmosfera di integrazione che si trova ormai nel resto d’Europa?
Signor Presidente spero tanto che Lei non permetterà al presente governo di inasprire i rapporti tra gli italiani e gli immigrati, spero che Lei alzi la voce davanti a ministri che giustificano e incitano alla pulizia dei campi rom, spero che Lei faccia tutto quello che è in suo potere per rendersi portavoce della necessità di migliorare la politica di integrazione sociale di cui l’Italia ha oggi bisogno per confrontarsi alla pari con il resto del mondo e d’Europa.
Fiduciosa nella sua persona e nell’importante carica istituzionale che lei ricopre, la ringrazio per la sua attenzione e le auguro buon lavoro.
Cordiali saluti,
Maria Vinci
….
(Pugliese, 34 anni, da 5 o 6 si dedica alla ricerca sul cancro. Ha studiato e lavorato a Milano (Ifom) e a Heidelberg in Germania. Ora si trova in Inghilterra)
@Massimo:
a proposito del post, non saprei proprio…concordo con Enrico su tutta la linea. Smettiamola di dire: poteva capitare a tutti noi. Tutti noi possiamo scendere dall’auto dirigerci verso la meta e subito ritrovare il senso, un’istante… ma quattro ore, due di lezione e il resto al computer…non può capitare a tutti. Nessuna condanna ma la chiarezza del fatto sì! In quattro ore si pensa a chi resta a casa, anche solo per una frazione di secondo, quel frammento d’immagine che ti ricorda l’ora del pranzo, della pappa, dei giochi…
Non può succedere a tutti “gli stressati”, può succedere a chi ha problemi molto superiori ad un comune stress! Altrimenti sarebbe catastrofico!!! La banalizzazione del caso, supera quella che in letteratura chiamiamo la banalità del male.
Non farei post…
Miriam,
non tutti coloro che hanno sonno arretrato, per fortuna, si addormentano in macchina e finiscono fuori strada. Altrimenti sarebbe un ecatombe.
Quando ho detto “quella madre avrebbe potuto essere chiunque di noi”, intendevo dire – è ovvio – in casi particolari. E l’ho detto nel senso… attenti a giudicare.
Vi ricopio l’articolo di Massimo Gramellini pubblicato su “La Stampa” di oggi.
Io lo condivido.
“Prima di crocifiggere come madre snaturata la signora di Lecco che ha scordato la figlia di 2 anni in macchina nel giorno del suo compleanno, vorrei che pensassimo a tutte le volte in cui sarebbe potuto succedere alle tantissime donne che ne condividono la vita. Come ogni mattina la signora di Lecco si era alzata per prima, in modo da preparare la colazione al marito e ai figli, aveva controllato che i due più grandi si fossero lavati i denti e avessero messo la merenda nello zainetto, aveva ripassato con loro le tabelline e la grammatica. Poi, mentre il marito li portava a scuola, siera gettata sulla più piccola: nutrendola, lavandola, vestendola, caricandola in auto per parcheggiarla dalla baby sitter, prima di raggiungere l’istituto in cui insegnava e dove sarebbe stata travolta dalle rimostranze della preside, dalle gelosie delle collehe, dai lamenti dei genitori, dal frastuono degli alunni. A un certo punto, nell’ingranaggio folle della sua esistenza si è insinuato un buco: la donna ha dimenticato di passare dalla baby sitter oppure si sarà convinta di averlo fatto (capita, con i gesti abitudinari). Ha parcheggiato l’auto davanti alla scuola e si è lasciata travolgere dal lavoro fino all’ora di pranzo, quandouna telefonata del marito ha riacceso la luce. Si è scaraventata in strada, ma era tardi: la bimba agonizzava dietroi vetri chiusi ed è morta subito dopo per arresto cardiaco.
Prima di crocifiggere come madre snaturata la signora di Lecco, vorrei che ringraziassimo il destino perché ha il pudore di tramutarsi in dramma così di rado. Altrimenti il ritmo dissennato delle nostre vite provocherebbe ogni giorno una carneficina”.
—
Ecco, sottoscrivo l’articolo di Gramellini parola per parola.
@ Maria Lucia
Ricordo benissimo. Si trattava di un ingegnere della St Microelectronics che conosco per indiretta persona. Continua a lavorare ancora alla St.
Persona normalissima, mi hanno detto.
Anche in questo caso… una piccola vita bruciata, una persona distrutta dal dolore.
(Aveva dimenticato di accompagnare il bimbo all’asilo. E’ rimasto seduto sul seggiolino auto sotto il sole cocente di un’estate torrida).
Hai ragione, Maria Lucia: “La pietà innanzitutto. Per i bimbi e per i genitori che malati o meno distratti stressati o che altro conviveranno con una condanna che è peggiore della morte”.
E ringrazio il destino perché ha il pudore di tramutarsi in dramma così di rado.
(Scusate gli off topic).
No Massimo, sono d’accordo con Miri. Niente post. A me pare si corra il rischio di veder scritte una marea di stronzate di fronte a un dramma che supera il nostro pensiero; ci sarebbe chi cercherebbe di condannare a priori, chi tenterebbe di giustificare, chi non vorrebbe prendere posizioni e così via. In fondo, se ci pensiamio bene, un mare di banalità tipo processo Franzoni a porta a porta. E tu non vuoi fare il Bruno Vespa della situazione, vero?
Un conto è commentare un libro, o un film, su un argomento simile (e mi viene in mente, per sdrammatizzare, quel delizioso film di Soldini della moglie dimenticata all’autogrill). Diverso è calarsi così nella cronaca. Preferirei ce lo risparmiassimo.
Niente post, caro Carlo. Ci limitiamo a questi pochi off topic che abbiamo scritto qui. È vero… forse è meglio fare silenzio.
Vi ringrazio per i fraterni consigli.
Proseguiamo con l’argomento di questo post, allora.
Ora, purtroppo, devo chiudere per un bel po’. Spero di pubblicare in serata un nuovo post che tratti di argomenti più letterari.
Buon pomeriggio a tutti.
@Lorenzo Russo,avevo elaborato in poesia, quasi il suo pensiero che ho letto con piacere sul blog:-
Indifferenza e abbandono
( Ad Attilio Lolini)
Attilio,
ho pudore di lamentarmi
se la sorte non fu benigna
quando esseri ignari
in fuga disperata sfidano
le onde degli avversi mari
per un incerto esilio.
In barche temerarie solcano
la furia scomposta degli uragani
e mentre i gorghi schiumeggiano riottosi
annodano in cuore i vezzi
leggiadri della donna amata.
I morti son riversi sulla fulva terra
che li avvolge di gelidi abbracci.
Addobbati da informi stracci
gemono i bimbi sui petti
avvizziti delle madri.
I loro gracili pianti frustano
le inerte coscienze
e la civile dimenticanza.
Dormono i mostri assopiti
nelle paludi dell’anima.
Despoti astuti dai turpi pensieri.
Uomini concupiti dal potere
più non dividono il bene dal male
e affossano la giustizia
con arroganza e sterili discorsi.
I decreti sazieranno gli affamati?
Mentre l’offesa libertà gronda sangue,
l’umana dignità col volto
bendato di vergogna langue.
Siena,11 novembre 1996
M. Teresa Santalucia Scibona
@Sergio, condivido molte delle tue idee,sono sotto analisi per una imminente operazione, forse verso il venti giugno, non potrò leggere e scrivere e questo blog del fantastico Massimo mi mancherà molto,voglio perciò trascrivere a tutti i cari amici una frase riportata da Sergio Zavoli che ricordava il sentimento del grande l’Abbè Piere sulla vita dei sans papiers:-” Chiamatemi monsignor Spazzatura perchè il mio impegno continua ad essere la restutuzione della dignità alla spazzatura”
A chi crede chiedo una preghiera, agli altri non mi dimenticarte! la vostra
Tessy
@ Miriam:
Cara Miriam, vorrei capire bene, perche’ mi chiedi “non perdi tempo! Già al mattino butti lì “cosette” con un pesino non indifferente” –
Le immagini violente mi impressionano, la violenza mi fa soffrire anche se non sono io a subirla purtroppo mi immedesimo. Evito anche quasi sempre di vedere film violenti, mi impediscono di vivere serenamente.
Vorrei mettere bene in chiaro che non ce l’ho con i bambini stranieri ma con un sistema che discrimina alcuni a vantaggio di altri. Siamo tutti diversi, con bisogni diversi, ognuno con la propria identita’ ed esperienza, ognuno con la propria cultura , tutti portatori di ricchezza.
Riguardo all’insegnamento penso che si potrebbe veramente fare di piu’ e meglio anche per i bambini stranieri, poter permettere a tutti il successo scolastico dovrebbe essere un obiettivo della scuola. Il successo scolastico vuol dire permettere di aumentare la motivazione dello scolaro o dello studente con risultati notevoli nell’inserimento della comunita’.
L’insuccesso spinge verso l’abbandono scolastico e questa e’ una grande sconfitta della scuola. La scuola dovrebbe trasmettere l’amore per l’apprendimento. Dovrebbe insegnare a cooperare non ad essere competitivi. Dovrebbe permettere l’incontro con l’altro. Solo conoscendoci e rispettandoci potremmo vivere insieme.
In Alto Adige e’ questo che non si vuole, si vuole una divisione dei gruppi linguistici.
Cosi’ viviamo insieme nello stesso edificio scolastico divisi, con pause ad orari differenti nello stesso cortile. Con programmi differenti nelle scuole italiane e in quelle tedesche. Con scuole esplosive per la quantita’ di stranieri poveri nelle scuole italiane ed altre che diventano scuole di qualita’ perche’ gli stranieri sono figli di comunitari benestanti, tedeschi e svizzeri.
Quante risorse vengono sprecate in cose inutili, quanti bambini discriminati per la mancanza di risorse. Non solo bambini stranieri, ma anche quelli con disabilita’hanno bisogno di attenzione. Lo studio della didattica e della didattica speciale potrebbe essere uno strumento utile per gli insegnanti. Quanti professori hanno studiato didattica? E quanti hanno studiato didattica speciale? Speciale nel senso di migliore per tutti. Penso molto pochi, solo da poco sono previsti corsi di specializzazione per accedere all’insegnamento. Nella scuola ci vuole amore per i ragazzi e tanta voglia di fare. Purtroppo non tutti scelgono questa professione per amore dell’insegnamento.
E’ una professione difficile, faticosa ha grandi responsabilita’ma puo’ dare grandi gratificazioni.
Riguardo all’insegnante che ha dimenticato la figlia in macchina chissa’ cosa le e’ capitato, purtroppo quando vengono riportate queste notizie, si ha sempre un’informazione parziale e non si puo’ giudicare, provo pena per questa donna, deve esserle capitato qualcosa, viviamo in modo troppo stressante, dovremmo rallentare, si risparmierebbe anche e si guadagnerebbe in salute.
@Massimo:
L’immagine del film di Kubrick e tutte le immagini violente, stupri, assassini, aggressioni mi turbano, mi mettono addosso la paura che mi possa capitare una cosa simile. Non ho bisogno anche dell’immagine, gia’ il racconto mi fa star male.
Vediamo tutti i giorni immagini violente, io avrei bisogno di immagini diverse che diano serenita’ , fiducia.
L’emulazione e’ sempre dietro l’angolo, purtroppo. Ma perche’ si deve sempre proporre qualcosa di violento, e’ troppo difficile proporre qualcosa di creativo, gioioso?
Secondo me dipende da come vengono presentate le nefandezze che accadono nel mondo, e’ giusto parlarne, e’ giusto raccontare l’olocausto, i genocidi, tutte le violenze, le cose terribili che accadono nel mondo ma non solo questo.
Penso che sia giusto raccontare anche cosa accade di bello nel mondo, sarebbe importante cercare costantemente anche azioni positive da mostrare o comportamenti alternativi e modi per reagire alla violenza.
Quando si parla dei rom che portano via i bambini, trovo che sia sbagliato indicare la nazionalita’ di chi commette il reato, ma trovo per esempio che si dovrebbe stare di piu’ dalla parte della vittima,bambino, madre e padre che subiscono questa azione. Le vittime vengono spesso dimenticate, abbandonate e ci si preferisce concentrare su chi commette il reato facendolo diventare un modello da emulare. Il reato diventa cosi’un modo per ottenere fama, notorieta’. Secondo me, vanno premiati, enfatizzati, i comportamenti positivi non quelli negativi. Forse qualcuno potrebbe essere tentato di emulare anche un comportamento positivo.
Riguardo al tuo romanzo, non potresti decidere di far scegliere di vivere la persona che ha deciso di suicidarsi o almeno evitare di descrivere come lo fa? Il suicidio e’ la mancanza di alternative, possibile che non vi sia un’alternativa valida? Mi e’ capitato di vedere una ragazza, una sconosciuta, su un ponte, sembrava avesse intenzioni strane, ero in macchina con mio figlio, mi sono fermata e le ho chiesto se aveva bisogno di aiuto e se voleva che la accompagnassi in ospedale dove qualcuno poteva prendersi cura di lei.
Quanti sono quelli che non vedono alternative valide ad un problema e fanno questa scelta estrema? Troppi e forse uno scrittore potrebbe anche aiutare inventando una storia a lieto fine. Non pensi che ci sia bisogno di fiducia, speranza per un futuro migliore e anche molta fantasia per trovare alternative alla disperazione?
Dopo quanti anni una persona si può dire che appartiene a un territorio? Chiede il nostro Navigero che però, in quanto tale, sa bene che il mare è di tutti e che tutti possono appartenere al mare purché lo amino e lo rispettino. Questo è valido in qualunque parte io possa andare: se mi recassi tra i nativi dell’Amazzonia, li considererei con rispetto e ammirazione perché oltretutto, senza di loro, non potrei sopravvivere neanche un giorno da solo in quell’ambiente. Pertanto è aberrante che ci siano persone che, recatesi nei paesi più civili del mondo, rilascino dichiarazioni con le quali ne disprezzano il sistema, dopo aver inoltre ottenuto abitazione e assistenza scolastica e sanitaria anche per i numerosi figli. Da subito si può appartenere a un territorio se non ci si abbarbica pervicacemente alle proprie idee e abitudini, soprattutto se questo territorio ha fatto passi avanti di benessere rispetto a quello che si è lasciato; in quel caso sarebbe doveroso esclamare, come nell’antichità con orgoglio, ‘civis romanus sum’ (qualunque sia il paese).
Ciao, Fausta,
mi scrivi: ”Be’ ecco la soluzione: per me la scrittura non deve necessariamente essere quello che dici tu riassumendo con delle regole. La scrittura per me è invenzione di vite alternative. Per me è emulazione della creazione. Emulazione, appunto. O se preferisci invidia nei confronti di Dio. Così come le macchine alla fine debbono copiare la capoccia dell’uomo, così noi facciamo finta di essere Dio e ci inventiamo un mondo che non c’è.
Per me in un libro devi leggere tra le righe la passione (leggi la fatica) di inventarsi la vita. E negli scritti di Starnone ’sta fatica non la leggo. Leggo solo una gran voglia di farci sapere quanto è bravo e intelligente e annoiato. Be’, cazzo, preferisco vivere …”
–
Certo, Faustina, certo. Va bene anche quel che ha detto tu: le regole di base che ho elencato (e che esistono da secoli, mica le ho inventate io!) possono essere inglobate tranquillamente in un tipo di scrittura come quello di cui parli – e che piace anche a me. Fantasia e capacita’ scrittorie congiunte sono un bigiu’, Fausta! Dobbiamo puntare verso l’alto! Calvino ti piace? ”Il barone rampante” e’ un esempio della Letteratura che piace a me: tecnica, fantasia e studi letterari insieme. Che vuoi di piu’?
Bacioni
Sergio
Maria Teresa,
in bocca al lupo con tutto il cuore! Ci sentiremo per posta elettronica, spero. Fammi sapere come va ora la salute e come sara’ andata l’operazione, dopo.
Tuo
Sergio
Massimo Maugger,
grazie per aver cambiato la foto dell’articolo. Angosciava anche me non poco. Questa e’ meno forte…
Miriam,
ci sono purtroppo anche i preti alienati e quell’insensibile che hai visto in tv ne era un modello perfetto. Roba da matti.
Enzo Garofalo,
certo, diamoci del ”tu”, e grazie molte per l’apprezzamento. Adesso bisogna mettere in pratica quei punti. Fatelo presto e tutti insieme, senza creare altri (inutili) Partiti o Movimenti o altro, ma parlando ed incontrandosi nella vita quotidiana e nei suoi luoghi (case, condomini, bar, strade, piazze, luoghi di lavoro, scuole, ecc.). E dico ”fatelo” solo perche’ io vivo in Slovenia, coniugato e con prole. Se stessi in Italia rifarei quel che ho, appunto, fatto nel ’95: aggregare la gente sulla base di una rivista culturale (che fondai e diressi: in Umbria era la prima rivista letteraria da decenni!). Anche qui comunque non manco di battere spesso con articoli ed interventi su queste priorita’, prediligendo la categoria a cui appartengo (quella degli scrittori-giornalisti della Cultura) perche’ non pretendo di essere un ”tuttologo”. E mi dispiace di non poter dare una mano fisicamente ai miei Connazionali. Ma ci sono, credimi: l’Italia e’ la mia Patria.
Lorenzo,
la sensibilita’ e spontaneita’ di cui parli sono bellissime doti, ma che trovi in ogni campo e in ogni uomo, al di la’ delle professioni. Chi scrive da professionista, pero’, deve averle, certo, ma obbligatoriamente assieme ai punti ”tecnici” che ho elencato io. Altrimenti e’ uno qualunque, non uno ”scrittore professionale”. Ed ora, per dimostrarti che quanto dico e’ giusto, ti pongo una domanda parlando di un’altra tipologia professionale e credo che concorderai con me la risposta: ”Porteresti mai tua figlia da un pediatra che non conosca la pediatria in senso tecnico-medico, solo perche’ e dolce e sensibile con i bambini?”. Io no. E nemmeno tu. Chiederemmo invece entrambi un medico preparato tecnicamente e sensibile. Ecco: lo stesso deve essere per ogni cosa ben fatta, compresa la Letteratura – che oltretutto noi paghiamo comprando il libro… Un Canova che non avesse saputo scolpire il marmo, la sensibilita’ l’avrebbe dissolta all’aria o impiegata altrove. E non avrebbe fatto lo scultore. Oggi, invece… umilta’, cura, studio, attenzione, genialita’, dove siete?
Abbraccioni
Sergio
Cara Luciana,
vivo in Slovenia, in un’area dove noi Italiani abbiamo una minoranza storica (in Istria) e dove non sempre si e’, in generale, andati tutti d’accordo, fra noi, gli Sloveni ed i Croati. Comunque io non mi sento discriminato assolutamente, ne’, in genere, lo sono i Connazionali istriani. Pero’ capisco il problema dell’Alto Adige, che e’ anche il tuo personale. E mi vien da pensare: forse in Italia abbiamo concesso un po’ troppo ai tedescofoni della tua zona e un po’ troppo poco agli Sloveni di Trieste, chissa’…
Cordialmente
Sergio
@ Luca (ricercatore, dalla Germania)
Grazie per il tuo commento (di Sabato, 31 Maggio 2008 alle 4:03 pm).
Benvenuto a Letteratitudine. E non sei stato affatto polemico.
@ Maria Teresa
Coraggio Tessy, siamo tutti con te. Ti penseremo.
E ti aspettiamo di nuovo qui al più presto.
Tantissimi in bocca al lupo.
@ Luciana
Intanto mi ero dimenticato di darti il benvenuto. Lo faccio adesso.
benvenuta!:)
Hai visto che abbiamo cambiato l’immagine?
—
Per quanto riguarda il mio romanzo (in corso di scrittura) ti posso dire che quello del suicidio è un aspetto minimo e marginale. Quando la storia inizia il suicidio è già compiuto e ciò che emerge è il dolore di uno dei personaggi schiacciato dai sensi di colpa.
—
Mi scrivi: “Forse uno scrittore potrebbe anche aiutare inventando una storia a lieto fine. Non pensi che ci sia bisogno di fiducia, speranza per un futuro migliore e anche molta fantasia per trovare alternative alla disperazione?”
Sì, certo. Vanno bene anche le storia a lieto fine. Però a mio avviso uno scrittore deve limitarsi ad ascoltare i personaggi che bussano alla sua porta e narrare la storia, farla vedere (e vivere) al lettore. Non deve fornire messaggi che infondano fiducia o sfiducia. In altre parole, lo scrittore deve scrivere la sua storia con sincerità… senza piegarla a fini secondari.
Dal canto suo, il lettore, ha diritto di leggere la storia che più gli aggrada. E se dopo le prime pagine la storia lo delude… farà bene a usare il libro per fini secondari (stavolta sì).
Caro Gianmario,
mi diaspiace ma stavolta non siamo d’accordo, quando scrivi che ”Da subito si può appartenere a un territorio se non ci si abbarbica pervicacemente alle proprie idee e abitudini”. Io, anche se mi trovo benissimo qui in Slovenia, rifiuto visceralmente l’assimilazione e non la approvo neanche teoricamente. Anche se gli Sloveni mi coprissero d’oro e gli Italiani mi sputassero in faccia, sarei sempre Italiano fino alla fine.
Ciao, caro
Sergio
Un saluto a Gianmario.
—
@ Sergio
per la nuova immagine devi ringraziare Luciana che ha sollevato il problema e Miriam che ha fatto la scansione e mi ha inviato il file in jpg.
@ tessy:
sbrigati a tornare e non trovare scuse stupide per fare tardi
🙂
@ Luciana:
“non perdi tempo” nel senso che alle 8.30 del mattino, io sono più lenta…
Provo anche io pietà per quella giovane mamma, e ne provo infinitamente tanta per la piccola…un infinito dolore. Fra l’altro, la tragedia si è consumata con altri protagonisti e spettatori. Alla tele locale (abito in zona) sono stati intervistati alcuni ragazzini, allievi della madre, che durante l’intervallo “hanno giocato” con la bimba seduta nell’auto, parcheggiata proprio davanti al cortile della scuola, dove stavano tutti loro. E così il fatto è ancora più scuro: nessuno, fra ragazzini e insegnanti, ha pensato di dire qualcosa alla mamma…. anche solo un piccolo complimento……
______________________________________________
Una nota.
Cara Luciana, scrivi da poco qui e vorrei consigliarti di dividere gli interventi in più post; perché un testo troppo lungo rischia di non essere letto. ciao, un abbraccio e a presto, Miriam
@ Tessy:
io non prego ma ti sono vicinissima, credimi! Forza!!!
🙂
@
Massimo, Luca, Lorenzo, Sergio
Qualche settimana fa ho letto un’intervista rilasciata da Pedro Almovodar che si rivolgeva all’Italia come un paese di cui bisognava iniziare ad avere paura e del cui timore ne tastava il polso in Europa. Affettuosamente ma giustamente critico.
Ho letto sommariamente un pò gli interventi di tutti noi ed è palese il disagio che ci accomuna nel nostro territorio, come una specie di griglia alle cui maglie infinite corrispondono infiniti problemi, tutte agganciate le une con le altre, senza poter scindere la violenza dall’extracomunitario, la disoccupazione dallo sviluppo economico, l’integrazione dalla religione, la politica dalla corruzione e via così, l’uomo imprigionato anche nell’assurdità dei conconcorsi cinofili con tanto di tolettatura di barboncino, al guinzaglio il cane o il padrone, questo è da capire.
Scrivere in questa sede in maniera approfondita a proposito di questo disagio è veramente impossibile, ma accennare allo stato confusionale in cui ci troviamo si può fare partendo dal basso e cioè dalla selvaggia campagna elettorale impiastricciata sui muri, per le strade di ogni comune, poster appesi persino sui pali della luce con slogan impressionanti, anche in dialetto siciliano del tipo NaN SèMU TUTTI I STISSI, La Sicilia dei padri sarà quella dei figli, Chiamati al voto non chiamati al telefono, gigantografie divististiche di illustri sconosciuti amichevolmente smanicati dallo sguardo vitreo, oppure incravattati, occhiali da sole, ben tosati dai barbieri, qualche mano con l’anello al mignolo, tutti in corsa verso le poltroncine… un tale casino che candida chiunque, persino il rinnovamento dei problemi.
Il bello è che dentro la cabina elettorale ci va anche l’extracomunitario con tanto di residenza e sono strasicura che rimpiangerà il capo tribù.
Il bello è che dentro la cabina elettorale ci va anche lo scippatore con tanto di voto assegnato, ognuno farà la X su chi gli interessa, fortunati saranno coloro che riusciranno ad emergere da questo clima che palesemente fornisce il primo gradino a tutte le nostre lamentele. Comprese quelle sulla violenza e sulla cattiva qualità di vita. O no?
Una volta che abbiamo capito questo e abbiamo visto l’andazzo, altri tipi di reti a maglie ci saranno chiari, compresi gli agganci politici strutturati, ci faranno compagnia nei nostri lamenti impotenti le interviste dei capi della polizia, tutti i moniti degli intellettuali, giornalisti, sociologi, osservatori di costumi, fino ad arrivare allo sguardo perplesso di Pedro Almodovar e di chi ci legge da lontano.
Ciao.
@ Tessy
Auguri. Aspettiamo tue buone notizie.
Ciao
Max, anche se non è il luogo adatto: su Blogosfere hanno citato il tuo blog, vai a vedere, sei in Home page, grazie a Salvo Zappulla. Scusa eh, ma non ero sicura andassi nelle camere accanto.
http://blogosfere.it/
Ciao star
🙂
@ Fausta
Ho visto…
La frase “un libro da leggere accanto al presepe, per contrasto e per sorridere amaro” è di Roberto Mistretta, non mia.
Dunque vale di più.
🙂
“La camera accanto” è la mia seconda casa. Se non sono qui, sono lì.
A volte sono lì e qui.
E non chiamarmi “star”… non vorrei che qualcuno mi usasse per fare il brodo!
—
p.s. perché non linkavi direttamente la tua intervista? 🙂
@ Rossella
L’unico consiglio elettorale che mi sento di darti è quello del “meno peggio”.
È dura, lo so.
Sozi, intendevo veramente quello che ho detto: ho una stima reverenziale per coloro i quali riescono a regolamentare, rendere sitematiche le cose. I metodi hanno dei fondamenti indiscutibili. Servono. Mica è tutto genio e sregolatezza, anzi, direi il contrario. Diciamo che mi annoiano quelli che mettono in pratica il metodo senza tenere conto che alla base ci deve essere una ispirazione, per quanto piccola.
Calvino? E come potrei dire di no? Un genio della metafora, una fantasia inarrestabile.
una cosa del metodo da te citato che “quoto” totalmente è la capacità di usare metafore ed allegorie.
Non si discute, forse il succo è proprio quello.
Sì, da questo punto di vista hai ragione da vendere, l’arte è evocazione attraverso la metafora, a volte così arguta da essere quasi subliminale ma comunque efficace. A volte colpisce nel sengno molto di più una figura allegorica che la rappresentazione cruda delle semplice realtà.
Sozi, sì, anzi Sozi w.
🙂
Baci
F.
Max, aspettiamo l’inverno prossimo per farci un bel brodino, non preoccuparti, per adesso sei esentato.
🙂
Cara Miriam, sì secondo me siamo tutti dei gran rosiconi (invidiosi).
🙂
Max, macché tu non sei grezzo, tu sei chic, un vero signore della Magna Grecia, io so’ grezza, ecco perché difendo la categoria degli scrittori bori.
🙂
Zaub, io non lo so se abbiamo pareri diversai, a leggerti mi pare di no, ma mi posso sbagliare. Boh.
🙂
@Massimo:
grazie per il benvenuto e per aver tolto l’immagine, non e’ che questa mi piaccia, come ti ho spiegato le immagini violente mi turbano e le eviterei volentieri.
Trovo l’argomento interessante ed e’ per questo che sono qui anche perche in questo periodo vivo in Libano e mi capita spesso di sentire dei luoghi comuni sugli italiani. Italiani uguale a mafia, a Beirut c’e’ anche la pizzeria Corleone, questa e’ la prima cosa che abbiamo sentito dire sugli italiani. Nella scuola dove va mio figlio molti conoscevano la situazione dei rifiuti di Napoli e gli chiedevano se anche dove vive lui e’ cosi’. A parte questo molte libanesi apprezzano gli uomini italiani anche perche’ un secondo passaporto fa sempre comodo vista la situzione del Libano.
Conosco anche libanesi che hanno sposato itliani e che hanno preferito tornare in Libano perche’ l’Italia e’ un paese che non si fa rispettare dagli stranieri, si riferivano ai rom e agli albanesi.
Qui in Libano, nonostante le bombe, non ho paura che mi entrino in casa, che mi derubino, che mi violentino. Quando arrivo a Milano in stazione e devo prendere un treno, ho paura.
Beirut e’ una citta’ multiculturale, quasi tutti parlano 3 lingue se non di piu’. Lo straniero e’ la norma. Io pero’ sono una immigrata che paga la scuola, paga tutti i servizi. Gli immigrati poveri lavorano e qui non direi che vengono trattati molto bene. Le scuole sono accoglienti (paghiamo parecchio), non regna il caos, vanno a scuola in divisa e qualcuno fa rispettare le regole.
Tornando all’Alto Adige, il gruppo tedesco non vuole permettere le scuole bilingui per paura di perdere la coesione del gruppo – Il partito dominante, l’SVP Suedtiroler Volkspartei e su questo che sino ad ora (le cose stanno un po’ cambiando anche per loro) ha puntato, ” dobbiamo difenderci dal fascismo, ricordiamo cosa ci e’ stato fatto” il nemo e’ l’italiano fascista, e cosi’ di tutti gli italiani e’ stato fatto un fascio, tutti fascisti. Pero’ di volta in volta si allea di qua’ o di la’ al governo per ottenere in cambio piu’ autonomia.
@Miriam
grazie per il consiglio,ci provero’
@Luciana:
ti immaginavo fra rocce e boschi, invece ti trovi da tutt’altra parte! Buonagiornata
@Massino:
il racconto delle ragazze è assolutamente in tema con questo post: c’è Roma, le nostre città che cambiano, c’è lo straniero, il mondo delle percezioni che sta sottosopra e il pensiero “rosicone” (come dice Rigo). L’hai letto?
@ miriam e ad altri:
ma in Estenscion c’è anche la demolizione di una cazzata. Ossia quella che va ripetendo da sempre Laura: “io e lory non siamo inclini ai racconti, siamo più portate per i romanzi ad ampio respiro”. Cazzata, appunto. Inclini a cosa e dove? Ovvio che, scegliendo, uno si butta nelle pubblicazioni (se trova un editore) nelle quali ritiene di essere migliore. Ma il discorso mi pare semplice: fantasia, comprensibilità, efficacia, semplicità, tecnica. Se uno ha queste doti, allora può scrivere di tutto lasciando, come sempre, agli altri il diritto di ricevere e di come ricevere.
C’è chi scrive romanzi ma, anche, epigrammi e aforismi. Roba di 2 righe nelle quali ci dev’essere “tutto”. E facile non è, perché è più normale mettere “tutto” in un libro di mille pagine.
Anche a me (come a tanti) ogni tanto “scappa” un racconto. Mi diverto come un matto e lo schiaffo nel mio blog. Onestamente pubblicarlo o sottoporlo semplicemente ai lazzi degli amici per me è la stessa cosa.
Quindi, Laura&Lory, poche seghe: scrivetene altri!
Buccimpero, io parlo paradossalmente, per non farla troppo lunga. Se continui a sentirti orgogliosamente italiano, questo ti fa onore, fai bene a conservare il senso della tua origine nel tuo intimo. (Anche se in fondo italiani e sloveni appartengono alla stessa cultura ). Non ti farebbe onore se il tuo sentirti italiano fosse un campanilismo che ti facesse considerare in contrapposizione a una terra che tu stesso ci racconti bella e civile e pretendessi di suonare la tua tromba di notte, mentre gli sloveni dormono. Sempre di questo passo, paradossalmente, si potrebbe finire per assistere a furibonde liti tra chi sostiene che è meglio suonare la tromba, come al suo paese, e chi la ciaramella, come al paese accanto. Ciao amico.
@ Tessy
Un abbraccio e un augurio di rapida guarigione. E un particolare ringraziamento per il tuo bellissimo ricordo dell’Abbè Pierre,
Gaetano
@ Enrico e alle “ragazze”
Estenscion, è più di un racconto; è una sceneggiatura per un nuovo prototipo televisivo. Sceneggiato breve social-grottesco per programmazioni bi-settimanali , adeguato e contemporaneo. Personaggi simbolo per un nuovo tipo di striscia: bisogna lavorarci. Anzi, ragazze, mettevi sotto!!!!
🙂
Ciao Gianmario,
certo… l’esempio che ho fatto (Italia e Slovenia) non calza molto, viste le tante affinita’ tra i nostri popoli. Ci sarebbe voluto un esempio piu’ tosto: India e Inghilterra, magari. La principale differenza, comunque, vecchio mio, e’ che qui, se suonassi la tromba in piena notte, mi direbbero qualcosa dopo tre ”concerti notturni”, in Italia alla terza nota della prima ”esibizione” ci prenderei un carico di legnate da mille e una notte.
Ciao, caro
Sergio
Ciao, Rossella, bentornata ivi,
da qualche parte bisognera’ pur cominciare, per cambiare le cose. Io ho detto, sopra, quali sono a mio parere le prime cose da cambiare insieme per porre delle basi. Poi, se la gente vorra’ cambiare e vivere meglio in Italia, si mettera’ a lavorarci sopra, altrimenti si continuera’ a chiacchierare. Gia’ so che tutto continuera’ cosi’, perche’ dopotutto gli Italiani non intendono vivere meglio in Italia, se no avrebbero gia’ preso provvedimenti dal basso.
Abbraccioni
Sergio
Maugger,
posso lanciare un’ideuccia per l’immagine di questo ”post”? Io ci metterei una cosa comico-grottesca, per stemperare la drammaticita’ e differenziarci dai giornali.
Grazie, Faustina, sei gentile e simpatica!
Scrivo al volo per salutarvi e ringraziarvi per i nuovi commenti.
Oggi è domani avrò difficoltà a connettermi… pazienza!!!
Ma voi scrivete…
🙂
@ Luciana
Sarai la nostra inviata speciale da Beirut.
In altre parole… considerati assunta!
🙂
@Massimo
Grazie Massimo, sto scrivento in un blog che ho chiamato Beirut7, mi limito pero’ a fare da eco ad alcune notizie che trovo sui quotidiani e sulle riviste settimanali o mensili e che secondo me sono interessanti.
Sono molto limitata, non so come fare alcune cose con il blog e non ho nessuno a portata di mano che me le spieghi bene. Per me e’ un modo per raccogliere informazioni che mi interessano sul Libano e per esercitarmi con le traduzioni dall’inglese e dal francese. Un modo per fare qualcosa.
Mi capita spesso di fare confronti Libano – Alto Adige , dove c’e la spartizione del potere in base ad appartenenze religiose come in Libano o linguistiche come in Alto Adige, i conflitti sono inevitabili, anche se il presidente della Giunta provinciale di Bolzano, Durnwalder, continua a dire che il modello di convivenza altoatesino e’ un modello da imitare. Se la provincia autonoma non avesse tutti i soldi che ha (e che non ha equamente diviso fra tutti i cittadini), la convivenza non ci sarebbe, ci sarebbero le armi. Anche noi abbiamo un gruppo paramilitare armato chiamato Schutzen e che si propone l’obiettivo di mantenere le tradizioni e proteggere i cittadini sudtirolesi di lingua tedesca, sono molto organizzati e presenti in modo capillare in tutto il territorio altoatesino. In Libano c’e’ Hezbollah, anche loro molto organizzati, offrono servizi sociali e sanitari, sono ben organizzati e armati (come tutta la popolazione libanese, ovviamente).
Pensate che un gruppo arabo-israeliano in questi giorni e’ andato in visita in Alto Adige per studiare il modello di convivenza altoatesino.
Il modello funziona perche’ in questi anni al gruppo tedesco hanno distribuito soldi a pioggia. Se finiscono i soldi, e finiranno presto, i problemi convivenza esploderanno.
econdo me si dovrebbero considerare le persone non in base all’appartenenza ad un gruppo religioso, alla lingua, al colore della pelle o in base ad una categoria. Ogni persona puo’ avere identita’ diverse, e dovrebbe essere considerata prima di tutto una persona.
@ le care amiche Miriam, Rosella e i prodi cavalieri Massimo , Sergio, Enrico e Gaetano,vi ringrazio calorosamente per l’affettuoso ricordo e per il sostegno morale. Ho trovato una frase che mi piace e in questo giorno plumbeo e piovigginoso, la condivido con Voi:-
” Persino il fango luccica…quando il sole brilla” Jonannes W. Goethe
Tessy
è un complotto! non riesco a ricaricare la paginaaaaaaaaa
@ Tessy:
la frase che ci regali è un po’ troppo Qoelet, quasi cinica; meglio questa di Picasso:
Ogni gesto di creazione è analogia di un’altra creazione. Concentrati su questo tuo nuovo intervento con serenità e fiducia.
Un abbraccio, Miriam
Quali misure prendere per evitare una militarizzazione della società, una sua chiusura che la esponga a una sorta di malattia del ricambio, che semini il sospetto, che si pieghi a strumentalizzazioni politiche e che delegittimi l’accoglienza dell’altro, vedendovi solo un potenziale nemico?
Per evitare estremismi come una militarizzazione della societa’, secondo me, solo regolamentando e applicando le regole e controllando che vengano applicate, si evita l’anarchia e questo stato dove regna l’illegalita’ diffusa, dove solo il piu’ forte e il piu’ furbo vincono. I piu’ deboli, immigrati clandestini compresi, in un contesto di anarchia e illegalita’ non possono che peggiorare la loro condizione di vita.
Tessy: i miei più cari saluti e auguri…
:-))
Ho letto il racconto di Laura&Lory e mi è piaciuto molto. Brave! Brave! Brave!
Lavoro, casa e sicurezza. Coi soldi degli evasori fiscali di oggi si potrebbe dare questo e anche molto di piu’. Meditate, gente, disse la pubblicita’ di Michele Bongiorno.
…Se vogliamo la sicurezza, lo Stato deve darci qualcosa, mica solo la faccia dei politici, che, detto per inciso, non sempre e’ bella.
In termini economici, questo si traduce in una sola parola: protezionismo deciso e fermo e autoproduzione dei beni nazionali… ”autarchia”, la chiamarono questa ai tempi che furono. Ecco: riportiamola in auge, altrimenti finira’ male, con gli stranieri e con gli italiani; finira’ che solo i privilegiati staranno bene e gli altri se ne andranno dal Paese, una continua emigrazione, con un’immigrazione incontrollabile. Lo Stato, amici:_ dov’e’ lo Stato e dove sono gli Italiani che lo costituiscono? Ditemelo!
Ma mi spieghero’ meglio: dobbiamo, noi Italiani, prevenire l’impoverimento che comunque verra’ per motivi internazionali, cosi’ avviandoci ad una autarchia, con precedente ridimensionamento dei bisogni indotti. I bisogni della moda e delle altre scemenze, intendo, che dovremo solo esportare, non acquistare.
Insomma, agricoltura, orticelli, polli, questo e’ il futuro, non speriamo di meglio. Una corriera per cinquanta persone al posto della macchina per ognuno che abbiamo oggi. Questo e’ il piu’ roseo futuro, se ci organizzassimo, noi Italiani… altrimenti manco questo.
Alternative? Sviluppo enorme e ben organizzato delle risorse energetiche alternative – elettricita’ solare, eolica, idrica e dalla combustione dei rifiuti, o dal carbon fossile – ma meglio che quest’ultima ci sia poco.
…E c’e’ chi ancora si perde coi discorsi da salotto… piedi a terra, amici.
Ma siamo andati molto oltre l’argomento degli articoli. Me ne scuso e abbandono la piazza.
Secondo me un paese e’ democratico quando la volonta’ dei cittadini viene rispettata, quando il cittadino riesce ad eleggere i suoi rappresentanti e non quando una casta continua a governare un paese.
Un paese e’ democratico e ospitale quando attua misure che permettano il rispetto, la sicurezza di tutti i cittadini e stranieri presenti sul suo territorio. Uno stato deve ascoltare i bisogni dei suoi cittadini, i bisogni di sicurezza, lavoro, casa, assistenza, istruzione sono determinanti per permettere una qualita’ della vita migliore a tutti. Se c’e’ bisogno di immigrazione per il lavoro si provveda anche a garantire i mezzi per una vita dignitosa a questi stranieri. Per non permettere l’odio e la paura verso lo straniero si devono garantire le stesse cose anche ai cittadini italiani che non riescono piu’ ad arrivare a fine mese, non trovano casa, non trovano lavoro, non vivono una vita dignitosa.
Il diritto alla casa vale per i rom, e per i cittadini italiani (spero). Ho conosciuto personalmente persone che preferiscono vivere in gruppo in un campo, che non in appartamenti lontani uno dall’altro.
L’accesso alle risorse e la sua distribuzione va regolamentata in modo equo. Non e’ pensabile che uno passi 30 anni ad essere in fondo ad una lista e a non riuscire mai a migliorare le sue condizioni perche’ c’e’ sempre un ultimo arrivato che sta un po’ peggio. Questo sistema non aiuta l’integrazione, fa nascere risentimento e rabbia. Per contrastare la poverta’ crescente di italiani e stranieri e’ necessaria l’istruzione, l’assistenza sanitaria (chi e’ malato non puo’ lavorare e diventa povero), opportunita’ di lavoro (centri per l’impiego che funzionino e facciano incontrare domanda e offerta di lavoro). Lo Stato, le Provincie, i comuni, quanti lavori potrebbero far fare invece di distribuire denaro senza chiedere niente in cambio. Far lavorare le persone e retribuirle adeguatamente vuol dire dare possibilita’ di vita e restituire dignita’.
L’elemosina lasciamola alla chiesa.
@ Luciana
Ma l’Italia è un paese democratico, oserei dire che è il più democratico d’Europa. Infatti il nostro parlamento è degnamente, o indegnamente, lo specchio della società italiana e dei cittadini che la popolano. Triste pensarlo… ma ritengo sia così.
Grazie Massimo della comprensione… tirar su i figli oggi è difficile, noi famiglie giovani ci sentiamo sole. Io sono una trentenne, e vedo quanto è dura destreggiarsi tra nonni che non ci sono (nel mio caso), baby-sitter, stato che fa poco poco la sua parte (non ho potuto mandare al nido i miei figli), il lavoro (che nel mio caso è il lavoro gratis visto che sono casalinga), le politiche familiari inesistenti, ecc.
Però siamo noi famiglie giovani che garantiamo all’Italia il suo futuro, mettendo al mondo i figli. E’ una sfida che va combattuta con responsabilità, onestà, senso di fiducia e apertura agli altri. Almeno io ci provo.
Sarebbe un paese democratico se nel nostro paese esistesse la mobilita’ sociale – se chiunque riuscisse a raggiungere i vertici della piramide sociale, per i suoi meriti e non per le conoscenze o il grado di parentela con politici o potenti.
Riguardo ai politici che ci governano, non li considero lo specchio del paese, li considero una casta che non ha alcuna intenzione di lasciare il potere ad altri. Non mi sento rappresentata da nessuno di loro, nemmeno dalle poche donne che dovrebbero rappresentarci.
Non ho avuto molta scelta alle elezioni, sempre gli stessi. Ho votato per chi consideravo il meno peggio. Quanti cittadini purtroppo non hanno possibilita’ di parola, nel senso che quando sei alle prese con problemi essenziali, arrivare a fine mese, sopravvivere, non hai molto tempo per fare altro e dilettarti con la politica. E chi ti ascolta?
@zauberei
Cara Zauberei, sei sempre così piena di buoni sentimenti nei tuoi interventi e di sentita pietas per il genere umano; avendo io già apprezzato nel passato, anche, la tua forte indignazione quando occorre: grazie perché: devo riconoscere che io dei temi che stiamo affrontando, in questo post, quello che so e grazie ai media; in quanto la mia storia personale non mi ha mai messo ne ora ne mai, a contatto con i diseredati, extra-comunitari o altri infelici di questa terra: se non incontrandoli per strada, nel mondo le varie razze, e così ho continuato ad alimentare la mia sciocca ingenua positività: scegliendo la scuola, la professione, la famiglia, il volontariato, per dare buon esempio laico come valori portanti personali e della mia famiglia da condividere con i miei amici e conoscenti professionali, perché no? (sic!) Un vero egoista,qualunquista,tuttologo, sono io, forse: penso solo a star bene e a far star bene gli altri attorno a me e a rispettare gli altri compresi i loro diritti.
Segue % luca gallina
il mio messaggio e’ una risposta a Jean de Luxemburg
Certo conosco il dolore: il lutto famigliare per i nostri cari: amici parenti tutti: la malattia impietosa che colpisce un nostro caro figlio; cara Zauberei il mio vuole essere, in buona sostanza, solo un outing a conferma che quando si sta bene, come me, non si può minimamente capire i pericoli che tutti Noi corriamo quotidianamente e indistintamente: ma solo prendere atto delle denunce e del vissuto degli altri e andare, di conseguenza, a esercitare il voto in Italia la nostra Patria da difendere, eventualmente, da strategie d’invasione anche da parte degli Stati membri (leggasi Romania: che ci fa sbarcare in Italia i loro soggetti indesiderati, forse); senza l’uso delle armi, neanche per difesa personale è previsto dalla legge italiana,certo non l’eccesso colposo, se ti entrano in casa: permettendo invece che i proprietari sorpresi nel sonno vengano brutalizzati se tutto va bene, se pur disarmati; io personalmente ho paura delle armi e ne ho visto invece in America e nei Campus di studio: in possesso sia ai neri che hai bianchi; confesso che ho ero rimasto ai vip milanesi degli anni ’70 con i revolver dall’impugnatura d’avorio: ma poi hanno lasciato perdere anche loro: per usarle le armi da fuoco bisogna essere disperati davvero!
Mi dici che sono cambiati i tempi, pertanto può essere vero allora che gli italiani emigrati nel mondo nel xx secolo, non fossero la peggiore feccia umana, in alto numero spinti dall’Italia ad invadere altre Nazioni pacificamente: perché probabilmente se i cittadini stranieri deboli ce lo chiedessero l’aiuto Noi potremmo anche farlo come gli aiuti diretti in Africa, tramite le organizzazioni istituzionali preposte: a meno che gli Stati membri in Europa più deboli si vergognino dei loro cittadini emarginati al loro interno, forse ! Altrimenti chi vuole lavorare nel nostro Paese sia il benvenuto nel rispetto, però, delle regole e leggi rivolte alla tutela della dignità umana tutta, cittadini italiani compresi.
Luca Gallina
Grazie cara Zauberei, per farmi perdonare, ti consiglio di vedere questo film se ti va: “Once” di John Carney: il regista e sceneggiatore ha usato i testi di canzoni scritte e musicate appositamente per sostenere il film; non è un musical, rispetta tecnicamente le regole strette della sceneggiatura filmica, ma utilizza le canzoni ad integrazione del dialogo dei due interpreti principali – a tal punto che il testo di una canzone può valere dieci pagine di copione sintetizzate per l’appunto nel testo della canzone: lui artista di strada e lei immigrata Cecoslovacca che vive con la sua mamma e…. – è per questo che ritengo possa riguardare il nostro post – entrambi a Dublino; una storia d’amore tra i due con una colonna sonora che apparterrà alla loro vita di un incontro; entrambi innamorati e temporaneamente lasciati dai rispettivi compagni: non consumeranno l’amore e poi c’è la sorpresa, buona visione!
Mi è piaciuto da commuovermi perché non si fanno le canne, non sono drogati di droga finalmente e non vivono nella paura di quello che gli succede attorno: forse sono giovani sciocchi ingenui ottimisti, anche loro: certo è solo un film; ho visto anche Gomorra: un vero pugno nello stomaco e quando l’ho commentato con mia moglie e i miei amici: ho dovuto ammettere anche in quella occasione di non conoscere la realtà che mi sta attorno: un altro girone d’inferno, forse!
Ciao con empatia alwais,
Luca Gallina
@ Luciana
E’ proprio qui il nocciolo della questione. Se si vota il meno peggio… si è rappresentati dal meno peggio e non dal meglio. Dunque riconfermo la mia teoria: siamo un paese estremamente democratico. Se a qualcuno da fastidio la Casta…. non la voti. Se già partiamo dal votare “il meno peggio” non possiamo lamentarci se poi le cose non funzionano, se lo stato non tutela cittadini o aiuta bisognosi. Il nostro voto è stata la scelta per proseguire sulla questa strada.
Sono d’accordo con Jean de Luxemburg.
Luciana tu scrivi ”quando il cittadino riesce ad eleggere i suoi rappresentanti e non quando una casta continua a governare un paese”
Una casta continua a goveranre perché la maggior parte degli italiani vuole q
@ jean de luxembourg e ladypazz
Bei propositi ma difficili da realizzare.
Decidere di non votare, se è una scelta consapevole e non puro menefreghismo richiede una maturità e un pensiero forte…non si può pretendere che un popolo intero riesca, senza essere organizzati a prendere una decisione del genere.
Chi ha scelto il meno peggio ( parlo naturalmente per me) forse è stato altrettanto ingenuo ma sicuramente pensava alla possibilità di un lento cambiamento che purtroppo – viste come sono andate le cose – tarderà a arrivare.
E poi … siamo sicuri che il cambiamento deve partire dalla politica e non dai cittadini, dalla società: è nato prima l’uovo o la gallina?
Guardiamoci attorno e ci accorgeremo che di caste ce ne sono un infinità…
Da dove cominciamo?
Mi associo naturalmente agli auguri a Tessy con un dolce abbraccio.
Ciao
Stefano
Stefano hai ragione anche tu, è che sono 9 anni che il mio voto è CONTRO e non PER, e sinceramente questo mi fa un po’ pena. Poi è vero di caste ce ne sono un’infinità, in quasti tutti gli ambiti, ed è triste…io nn mi sn mai schierata, politicamente intendo. Per quanto mi riguarda i politici sono dei corrotti e sono anche lo specchio di una società mafiosa tutta made in Italy. Io credo ci sia una cultura mafiosa in Italia ormai ben radicata, talmente tanto che nemmeno ce ne accorgiamo quando commettiamo qualcosa di illegale. C’è mancanza di Educazione civica e cultura dei diritti umani in questo paese. C’ è razzismo e ce n’è fin troppo.
George Orwell scriveva :Era un po’ curioso pensare che il cielo era lo stesso per tutti, in Eurasia, in Estasia, e anche lì. E la gente sotto il cielo, anche, era sempre la stessa gente… dovunque, in tutto il mondo, centinaia o migliaia di milioni di individui, tutti uguali, ignari dell’esistenza di altri individui, tenuti separati da mura di odio e di bugie, eppure quasi gli stessi…
LadyP, centri il bersaglio quando dici “una società mafiosa tutta made in Italy”. Al di là delle ndrangete, mafie e camorre è la diffusione del “pensiero mafioso” nella società (in)civile quello che mi pare più preoccupante. E io fo un piacere a te e tu fai un piacere a me..; e poi c’è l’amico e l’amico dell’amico e così via. Questo è dappertutto; il nostro parlamento, le nostre giunte comunali, regionali, le aziende in cui lavoriamo, il nostro paese si basano su questi princìpi, campano su questi assunti. Ci meravigliamo di chi ci governa?
Anche io alla fine ho votato, anche se avevo (anche qui) dichiarato un’intenzione di sostenere le schede bianche.
La lezione visionaria di Saramago con il suo “saggio sulla lucidità” (il seguito di quel capolavoro che è “Cecità”) mi seduce sempre.
Prima o poi ….. ?
Per risolvere il problema lavoro basterebbe che lo Stato creasse dei REALI uffici di collocamento, come fanno gli altri Stati europei avanzati – Inghilterra e Germania, ma anche la Francia e la Spagna. Poi, dopo, una volta ridimensionata la disoccupazione, si potrebbe stabilire un sussidio per TUTTI i disoccupati.
@Jean de Luxemburg
non penso che non votando ci siano dei cambiamenti, o che sia’ questo l’indicatore di una vera democrazia, il voto e’ un diritto-dovere, il non voto avrebbe senso se fosse massiccio.
Ho scelto il meno peggio, perche’ si spera sempre che qualcosa possa cambiare. Avrei preferito poter scegliere il candidato e non dare il mio voto ad un simbolo sotto il quale c’era un elenco di candidati di cui nemmeno si leggeva il nome, tanto era piccolo il carattere.
@ladypazz
nel nostro paese c’e’ mancanza di legalita’, caste, mafia, ma ci sono per fortuna anche persone di grande valore, onesta’, c’e’ un paese che non riesce ad essere visibile perche’ televisioni, giornali dedicano torppo poco spazio a cose e persone che reputano poco interessanti e che invece sono la parte migliore, la parte sana dell’Italia.
@Sergio
riguardo ai Centri per l’Impiego, al sussidio per i disoccupati, io penso che il sussidio andrebbe abbinato a corsi di formazione che permettano di diventare interessanti per le aziende e quindi non dipendere per tutta la vita da sussidi di disoccupazione.
@ Luciana
Scusa ma ritengo che il “dovere del voto” sia un intelligentissimo cavillo per assicurare a qualcuno il suo posto in parlamento.
Per me il voto dovrebbe essere solo un diritto… differentemente è la legge che lo definisce un diritto e al contempo un dovere e la cosa mi soffoca un po’. 😉
Comunque ognuno è libero di votare o non votare chi vuole, l’importante è non lamentarsi quando il “meno peggio” si comporta da “meno peggio”. Lo ribadisco, la responsabilità dei problemi di questo paese, compresa la politica, è solo nostra, di noi cittadini.
P.S.: il non voto ha sempre senso (e non solo quando è massiccio). E’ il più evidente segno di una sfiducia nei confronti di questa politica. Un invito a cambiare.
Mea culpa, mea culpa, mea grandissima culpa… non ho potuto accedere a questo blog se non oggi. Come ho letto il titolo sono partito con la mente per la tangente, tante e tali cose da esporre.
Però, le cose intelligenti e sensate le avete scritte tutte o quasi, quindi esporrò le altre.
E’ normale o quantomeno istintivo che si abbia paura della microcriminalità rispetto ai mega mascalzoni. Ho un approccio emotivo diverso se mi fregano la macchina, rispetto a leggere di una mega truffa per i rimborsi agricoli fatta all’UE. La prima mi fa inc&%$%are molto di più. E’ ovvio che sia sbagliato, a livello sociale il danno della seconda è molto più marcato; ma si parla della MIA macchina !
Estendendo il concetto, ogni microaggressione che vediamo in giro, il microscippo, il microborseggio, la microrapina, sono aggressioni a me stesso, le altre sono aggressioni alla società. Ma se la società è in grado di proteggersi, o di riparare i danni che gli vengono procurati, io, nel mio piccolo, no. Non sono in grado di comprarmi una macchina nuova ogni volta che me la rubano, non sono in grado di tornare quello di prima dopo aver subito una rapina. non parliamo poi se succede qualcosa di veramente pesante, tipo una violenza a qualcuno dei miei cari.
C’è forse qualcuno in grado di dire “No Problem, i tutori dell’ordine mi proteggeranno e faranno in modo che questo non succeda” ? A naso direi di no.
Questo problema si può affrontare sia in maniera filosofica (discutendone), sia in maniera pragmatica (mazza da baseball nel baule), ma nessuna delle due porterà soluzione alcuna.
E quindi, che male c’è a dire che ne ho le scatolotte piene di questa situazione, e che se mi trovo personalmente coinvolto scelgo l’opzione pragmatica ?
p.s. Lo sapete che in Romania esiste il problema degli zingari ?
Noi li chiamiamo Rom o zingari, li vengono chiamati Gipsy…
Vi ringrazio moltissimo anche per i nuovi commenti pervenuti in questo post.
Appartenere ad una terra, integrarsi, e’ un grosso problema soprattutto se la politica in base ad una appartenenza linguistica, religiosa, divide il potere e la ricchezza. Ci sono poi azioni che spingono in modo silenzioso ad andarsene, non trovi casa, non trovi lavoro, non ricevi servizi che con le tasse che paghi dovresti ricevere.
@Gianmario
Scusa se solo ora rispondo al post
Io non mi sento un Navigero, io appartengo a quella terra, non arrivo da chissa dove, non siamo arrivati li dopo la prima guerra mondiale che ha segnato nuovi confini, non siamo fascisti, non abbiamo portato via le terre a nessuno, non abbiamo maltrattato persone perche’ non parlavano la lingua italiana, anzi nel paesino dove viveva mia madre e dove nel 1914 frequentava la I elementare, era lei e i suoi fratellini ad essere maltrattata perche’ parlava il dialetto trentino, ma sua madre era proprio di quel paesino, era nata li nel 1880 ed anche sua madre era nata li, mio padre arrivava da un paesino che si trova ai confini della prov. di Bolzano, sua madre aveva un cognome tedesco e suo padre discendeva da tedeschi. Anche se i miei genitori parlavano entrambe le lingue e i parenti hanno cognomi tedeschi, io che appartengo a quel territorio, che amo quel territorio perche’ li’ sono le mie radici, sono considerata italiana perche’ mi sono dichiarata italiana(dobbiamo dichiarare l’appartenenza linguistica) perche’ ho appreso la lingua italiana nella scuola italiana e non ho appreso bene la lingua tedesca (forse sono stupida oppure con un’ora di seconda lingua, circa 45 anni fa si studiava un’ora in settimana la seconda lingua e non sei ore come adesso, inoltre non potevi esercitare la seconda lingua perche’ tutti parlavano il dialetto sudtirolese, i miei quaderni erano scritti in dialetto e segnati in rosso perche’ ovviamente non corrispondeva alla lingua studiata, se sbagliavi a parlare venivi derisa e se parlavi in hochdeutsch, in lingua tedesca venivi guardato come un marziano, qualcosa in me si e’ bloccato). Non siamo mai stati abbarbicati alle nostre abitudini e idee, gli altoatesini sono in maggio parte di origine contadina, anche i miei genitori avevano il maso e coltivavano la terra, la cucina di mia madre era la cucina sudtirolese, non abbiamo preteso di imporre culture nuove o ottenuto dalla provincia autonoma case o altro, quello che abbiamo l’abbiamo acquistato e al massimo mi viene tolto. L’A22, autostrada del Brennero mi ha costruito l’autostrada a 5 metri dalla casa, svalutandomi quel poco che ho, la provincia autonoma e’ azionista dell’A22 e non mi risarcira’ mai del danno economico e di quello ancor piu’ grave alla salute.
La Provincia autonoma e’ specializzata nel mostrare i grandi servizi sociali e sanitari di cui dispone, quando cerchi di accedervi, non trovi niente oppure e’ meglio che cambi provincia. Ci saranno anche i fiorellini, la stanza doppia in ospedale ma poi il personale e’ scelto su base etnica e di conoscenza della lingua e non sulla conoscenza della professione che esercita.
Mi sono occupata per anni dell’assistenza a mia madre senza riuscire ad ottenere alcun aiuto perche’ la risposta era “chi se non la famiglia si deve occupare dei genitori” – Io me ne occupavo sempre e non avendo qualcuno che potesse sostituirmi almeno qualche giorno cercavo aiuto nei servizi agli anziani. E cosi’ per altre situazioni, mi sono fatta operare a Padova o a Trento perche’ da noi facevano cose ritenute eccessive da altri specialisti.
A me la casa non la daranno mai, non sono Rom, non sono Sinti, non sono riuscita a diventare una perfetta bilingue.
Mio figlio stupidamente l’ho iscritto nell’asilo italiano perche’ mi hanno scoraggiata dall’iscriverlo nella scuola tedesca. In questo modo ho precluso anche a lui l’opportunita’ di diventare veramente biligue e quindi di sperare in un posto di lavoro in provincia di Bolzano ( di questo mi spiace veramente molto).
Se qualcuno gira per la provincia vede masi trasformati in grandi alberghi, strade che arrivano fino al piu’ piccolo maso. Io il maso non ce l’ho mia madre come donna non ha ereditato il maso l’hanno preso i maschi della famiglia, questa era la legge, a lei che era la piu’ grande e si occupava dei fratelli piu’ piccoli mentre la madre era nei campi a lavorare durante la prima guerra mondiale, sono andati pochi spiccioli.
Il benessere anche in Alto Adige e’per pochi. In cambio paghiamo molte tasse, soprattutto quelli come me che non hanno attivita’ commerciali, perche’ agli italiani viene lasciato il lavoro nel settore pubblico, il settore’ privato appartiene in maggioranza al gruppo tedesco che e’ proprietario di terre, immobili.
I pochi italiani che hanno acquisito un certo benessere sono gli ex fascisti, trasformatisi in democristiani che hanno intrallazzano con il partito di maggioranza, l’ SVP a danno di molti italiani altoatesini.
Anche qualche PD e’ riuscito ad ottenere un po’ di soldi, la vice presidente della giunta prov.le, italiana (PD) guadagnava 24.000 euro al mese come il Presidente della Giunta prov.le, l’avevo votata anch’io, purtroppo.
Ovviamente anche tutti gli altri politici non se la passano male e sommano agli incarichi politici altre cariche amministrative.
Il cittadino, soprattutto di lingua italiana, a reddito fisso, in Alto Adige, provincia piu’ cara d’Italia, sta molto male.
@Sergio
dai un’occhiata alla discussione di questo blog, parlano di nucleare
http://cattaneo-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/05/23/nucleare-si-nucleare-no-nucleare-forse/
Luciana, comprendo la tua amarezza. Essere italiani è un onore e un onere e l’Unione Europea tanto strombazzata credo abbia fatto bene a banchieri e intrallazzisti, non a chi come noi vive di stipendio statale e fa i conti con l’euro che magari in America stravince ma qui serve a comprare tre mele…
Pensa alla Sicilia, dove c’è la criminalità organizzata… una politica collusa e poco fattiva, una sanità che a parte isole felici non è il massimo, una scuola allo sfacelo… Insomma, vorrei essere ottimista. Spera in tuo figlio, nelle sue capacità e voglia di fare e fregatene dei crucchi che ti guardano male se parli male il tedesco…
@Maria Lucia Riccioli
Sono daccordo essere italiani e’ un onore e un onere.
La Costituzione italiana dovrebbe ispirare le scelte che chi ci governa quotidianamente fa.
L’Italia e’ una Repubblica fondata sul lavoro, e’ il primo articolo della nostra Costituzione. Il lavoro e’ un Diritto Dovere per tutti.
Sul lavoro si basano poi tutti i diritti dei cittadini.
Lo sfruttamento del lavoro e delle persone e’ uno dei motivi per cui si continua a permettere l’immigrazione clandestina.
Va ricordato a tutti che essere italiani e’ un onore ma anche un onere.
Chi non vuole una immigrazione regolamentata e’ contro tutti i diritti in favore dei lavoratori stranieri nel nostro paese.
se avete voglia di venire a leggere, oggi mi hanno detto che certi temi sarebbe meglio… tacerli in un forum di scrittori.
http://www.cochina63.splinder.com
Caro Sergio,
scusami se non mi sono fatto vivo da ben tre settimane; ho fatto ferie a Pesaro.
Condivido la tua risposta alla mia. Sarà che a me interessano tanto gli scritti elaborati dai dilettanti. Noto spesso in essi quella forte e sentita spontaneità, sebbene espressa con uno stile rudimentale, che non sempre ritrovo nello stile perfetto o quasi dei professionisti.
Lo stesso giudizio vale per i medici. Ne esistono tanti, tutti ben preparati e conosciuti, che commettono a volte gravi errori di diagnosi, da costare la vita dei loro pazienti.
Sarà anche che a volte la professione brucia il professionista, soprattutto quando il successo lo prende e annebbia la sua creatività, mentre il dilettante rimane accanito e volenteroso di esprimere tutto ciò che infine rappresenta la sua identità.
Spontaneità è un sentimento, mentre la forma è una tecnica che è capace di sminuire l’originalità e la sensibilità del sentimento, fino ad estinguerlo.
Ed allora, addio contenuto e senso dello scrivere.
Cari saluti
Lorenzo
Caro Lorenzo:
”Lo stesso giudizio vale per i medici. Ne esistono tanti, tutti ben preparati e conosciuti, che commettono a volte gravi errori di diagnosi, da costare la vita dei loro pazienti.
Sarà anche che a volte la professione brucia il professionista, soprattutto quando il successo lo prende e annebbia la sua creatività, mentre il dilettante rimane accanito e volenteroso di esprimere tutto ciò che infine rappresenta la sua identità.”
–
Si’, d’accordo, ma io comunque mando mia figlia a far visitare da un professionista, non da uno studente di medicina. E acquisto i libri di chi domina la lingua da professionista – riconosciuto o meno non importa: chi e’ professionale e’ professionale anche se la gente non glielo riconosce. I luminari della medicina e i grandi letterati che si adagiano, come tu dici, sugli allori, infatti, cessano di esser professionali e ridiventano dei dilettanti, anche se ben pagati. Non considero, insomma, le etichette, ma la sostanza: chi e’ bravo merita, chi non lo e’ non merita l’acquisto di un libro. E la bravura si fa studiando, pensando e sentendo. Molto molto.
Ciao, caro
Sergio
Caro Sergio,
Con riguardo ai medici noto che sei più ottimista di me.
Per scoprire la sostanza di un libro bisogna comprarlo e leggerlo. Io non mi fiderei mai di una critica esterna.
Infine è questione di gusto, ed è giusto che ognuno ne abbia un suo personale che rispecchi il suo stato d’essere ed intendere, come è propinabile che esso cambi nel tempo e attraverso gli sforzi impiegati per migliorare, anche se qualvolta rimane un credo.
Esprimere un giudizio su una scrittura è e sarà sempre un atto arduo e problematico. Concordo con te che in primis sia necessaria una preparazione continua ed intensa, non solo della grammatica e sintassi, ma e soprattutto della propria personalità e quindi cultura. Qui metto sullo stesso livello lo scrittore come il lettore, altrimenti non vedo alcuna necessità di scrivere e leggere.
Come ho già espresso altre volte, concordo anch’io con la sostanza, nella quale intendo però l’utilità per il mio fabbisogno di persona sempre alla ricerca di un qualcosa che mi lasci il senso di muovermi.
Ti allego una mia poesia e ti ringrazio vivamente per l’attenzione che mi presti, ciao Lorenzo
Camminare per riconoscere e superare:
Camminare, si diceva una volta e spero anche oggi
È il modo di conoscere le diversità e le difficoltà
In tutto ciò che ci circonda, fuori e dentro di noi.
A volte è piano, vasto, disteso
Quasi a voler raggiungere l’infinità
immaginabile solo nella nostra mente
Incapace di vederlo nei suoi confini reali.
Quando coperto di un’erba soffice e folta
Di un colore verde vivo e fosforescente
Testimonia la generosità e fertilità del posto
Da provare gratitudine e volerci restare ancora.
A volte è ondulato e ricco d’incanalature profonde e scure
Che sembrano nascondere un segreto
Che più non è quando gli ci avviciniamo
E lo scrutiamo nella sua vera forma e aspetto.
A volte è incoronato da cime
Alte, maestose e imponenti
Come montagne che vogliono dirti
Siamo qui per costringerti a dimostrare
Le tue qualità d’uomo coraggioso e tenace
Volenteroso d’affrontare la tua vita senza timore della sconfitta
Desideroso e certo di raccogliere gli allori
Che nascono dalla fatica dell’impresa.
A volte è colmo di una sostanza che richiama alla prudenza
Sempre in moto e intenta a imitare le onde
Basse, alte, increspate, schiumose, capricciose, minacciose
Alla quale abbiamo dato il nome di mare
A volte azzurro, blu, grigio secondo
Degli effetti circostanti che lo dominano.
Ci attira più d’ogni altro posto
Per i segreti infiniti e temuti che nasconde
Per le difficoltà che c’impegnano più dell’immaginabile
In questo mondo ricco, vario, perfido e generoso
Tale da voler tentare di trovare il nostro spirito
Che crediamo rispecchiarsi in lui e nel quale
Trovare la nostra origine e la nostra fine.
Russo Lorenzo Gänserndorf, 12.12.05
Grazie a te, caro Lorenzo. Anche per la poesia.
Ciao.
Sergio