È in corso l’edizione 2016 di Lucca Comics & Games (qui il programma – qui gli ospiti): dal 28 ottobre al 1 novembre.
È a Lucca, per conto di Letteratitudine, il nostro inviato Furio Detti che collabora con noi nell’ambito della rubrica “Graphic Novel e Fumetti” (qui di seguito il contributo di Furio Detti, da Lucca, dedicato ai due disegnatori Marvel John Cassaday e Gabriel Hernandez Walta).
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[Articolo a cura di Furio Detti]
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Press Café 002
JOHN CASSADAY E GABRIEL HERNÁNDEZ WALTA: MONDO MARVEL, PRANZI PAGATI E SUPEREROI
Due autori per una colazione in un clima molto rilassato e disteso. Benché si giochi nel campo dei giganti (Marvel). Cassaday stesso incoraggia i giornalisti a farsi avanti: “Don’t be shy!”, “Non siate timidi.”
(Lucca, 29 ottobre 2016) – La prima domanda viene dall’Ufficio Stampa di Lucca Comics and Games – Lavorare entrambi in Marvel: quali aspetti apprezzate e invidiate l’uno dell’altro? Per Hernandez Walta il lavoro di Cassaday è ovviamente un notevole lavoro di storytelling, e la sua narrazione per immagini – a parte la qualità intrinseca a livello grafico e tecnico – emersa già ai tempi di *Planetary* è raramente superata da altri. Cassaday replica ricambiando i complimenti e riconoscendo al collega un’uguale abilità nello storytelling da *The Vision* e ricorda che entrambi hanno lavorato per la prima volta con Jeff Mariotte, verso cui entrambi hanno un debito di gratitudine a livello narrativo. Entrambi lavorano in Marvel ma su testate diverse: Avengers e X-Men, con una storia autoriale molto lunga: le differenze?
Lavorare sugli X-Men, mondo in continua evoluzione, facilita paradossalmente il lavoro e aiuta ogni autore a imprimere il proprio marchio caratteristico sui personaggi. Per esempio Hernandez Walta (nella foto accanto, n.d.r.) ricorda che c’era la volontà di portare le vecchie storie degli X-Men e riproporlo, raffinandolo con un tratto personale, con l’affetto individuale per i personaggi. Il personaggio preferito di Cassaday è Capitan America, ma negli X-Men vede anche lui uno sviluppo diverso. Walta ricorda che il suo personaggio favorito è… qualsiasi personaggio, anzi forse si è molto divertito a lavorare su *The Vision* perché non era il suo personaggio preferito, potendo disegnare senza fare le battaglie con il fan che è in lui. Diverso sarebbe stato lavorare su Wolverine, per esempio, come il Wolverine di Cassaday. Sul loro rapporto fra sceneggiatura e realizzazione visiva delle tavole, Hernandez Walta può parlare per *The Vision* e precisa che gli autori sanno che i disegnatori sono narratori a loro volta, narratori visuali, ma narratori essi stessi. E che lasciano ai disegnatori grande libertà. “Abbiamo sceneggiature scritte da autori che rispettano la nostra creatività e la lasciano libera di articolarsi.”
Cassaday (nella foto accanto, n.d.r.) pensa che tutto dipenda dal rapporto con l’autore, conferma che è necessario un lavoro di empatia e di squadra che valorizzi la libertà narrativa da entrambi i lati: “In *Planetary* avevo per il primo numero una narrazione/sceneggiatura molto descrittiva, poi l’autore mi ha lasciato meno indicazioni, fidandosi di me. E io di lui. Chiaramente devi sapere con chi hai a che fare. Alcuni autori sono molto descrittivi, ma io non mi trovo a loro agio con questo tipo di sceneggiatura. Non posso lavorare sotto dettatura e non amo le sceneggiature iperdettagliate. Voglio essere parte creatrice di quel mondo e descriverlo a mia volta. Con me la sceneggiatura maniacale non funziona.” Cassaday passa poi a Star Wars, all’universo espanso e conferma che ha come riferimento per il suo lavoro la Marvel e non le serie “espanse” di Dark Horse, anche quando era ragazzo. Interrogati sul fatto di lavorare per un colosso come Marvel e su cosa questo abbia significato per loro a livello personale, artistico e emotivo la prima volta, Cassaday e Hernandez Walta ritengono rispettivamente che la cosa sia arrivata in modo imprevisto, ma non così repentino da sconvolgersene e che lo stupore per la propria fortuna artistica si ripropone nel tempo, semmai, lavorando concretamente. “Tutti siamo cresciuti leggendo le serie Marvel (o DC) e amando i loro supereroi. Quando ci sono arrivato ci sono comunque arrivato per gradi e con serie periferiche, sperimentali, western, e altri lavori come *Planetary*, senza affrontare le serie storiche da subito – come gli X-Men su cui lavoro attualmente; è stato tutto molto graduale, inaspettato, ma decisamente modulato nel tempo. Ero diventato del resto così pieno di impegni da non avere troppo tempo per pensare che ‘Wow, sono un autore Marvel, adesso. Lo *sto facendo.*‘. In sei mesi ero passato dal proporre il mio portfolio al ComiCon di SanDiego alla Dark Horse e altri, a avere così tanto lavoro per i prossimi dieci o vent’anni da non riuscire a connettere sul serio. In questi frangenti devi necessariamente acquisire un certo distacco professionale, a guardare tutto da fuori.” (Cassaday); “Io amo essere in Marvel. Ma più ancora amo disegnare. Per me essere un autore Marvel è parte del tutto, non potrei mai separare l’essere un autore Marvel dal lavoro come un ‘qualunque’ fumettista. Per me sarebbe lo stesso. Mi piace fare fumetti, che lo faccia a Lucca (amo Lucca e sono felice di essere con voi, qui!), per Marvel o per me stesso, è abbastanza marginale rispetto al piacere di disegnare per disegnare. Certo, una volta, che stavo colorando la cintura di uno dei personaggi – con l’inconfondibile Logo X – mi son detto: “Accidenti! Sto *davvero* disegnando gli X-Men”. Ci sono questi piccoli momenti in cui ti arriva questa consapevolezza di colpo. A quel punto il fan salta fuori e si entusiasma. Però sono momenti, molto molto premianti, ma in una routine lavorativa di 14 ore giornaliere sono anche molto fugaci. Mia figlia ama il mio lavoro in Marvel, ma sono momenti.” (Hernandez Walta). Sul ruolo fra tecnologie e lavoro personale, sull’impatto che hanno avuto i nuovi media e metodi lavorativi i due hanno un punto di vista diverso.
Cassaday: “Io vivevo a New York. E quando un tempo portavo la pila dei miei disegni all’editore o in redazione, si complimentavano e finivo a pranzo con loro. C’era un contatto diretto, umano, che portava a pranzo insieme. Ora che scansiono e spedisco tutto via Internet, mi trovo bene ugualmente. Si complimentano sempre come prima, però ho perso i pranzi pagati! (ridiamo)”
Hernandez Walta: “Per quanto riguarda la tecnica, io disegno ancora tradizionalmente a matita, io vivo in Spagna, quindi ringrazio di poter spedire tutto via web e interfacciarmi velocemente via email con gli editori (dopo almeno averli incontrati di persona una volta) e di non dover mandare tutto in bustoni via corriere come faceva – e mi raccontava – Carlos Pacheco. Per me va molto bene, con la tecnologia.”
La nostra domanda:
Per Cassaday: Hai lavorato su una storia di terrore e violenza chiamata *Io sono legione*, ambientata nel passato e durante la II Guerra Mondiale. Chi potrebbe oggi dire “Io sono Legione”?
“Legione è la storia del controllo sulla massa di persone che obbediscono passivamente per sostenere un disegno malvagio. Chi potrebbe vincere oggi la gara del cattivo? Sarebbe facile dire: ‘Forse i sostenitori di Trump?’ (risate) Ma potrebbero essere i media, l’economia… Oh beh, che ho detto? Beh: i supporter di Trump.”
Per Hernandez Walta: Hai lavorato in diverse produzioni: quale è la difficoltà nel collaborare con tante case editrici e nel mercato internazionale? Quale è la difficoltà? Ti sei mai pentito di qualche scelta a livello editoriale?
“Sono sempre andato piuttosto d’accordo con gli editori. Quando mi presento a un editore lo faccio sempre col mio portfolio, quindi loro sanno cosa aspettarsi da me. E’ tutto molto trasparente, in questo senso. Quanto alle scadenze, beh, lavorare come professionista per grandi realtà come la Marvel che ha un sistema produttivo collaudato ma consistente, stretto e tirato, è parte del mestiere: sai che sarà dura e sai cosa aspettarti in termini di ritmo di lavoro. Non è certo una sorpresa.”
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