Il Cowboy del gekiga cavalca ancora
Baron Yoshimoto in Showcase a LCG24 con l’edizione italiana Coconino Press della sua Le leggende del Judo, opera fiume che ha consacrato l’autore e il suo genere nella storia del manga, rivela: «Ottanta anni e passa, ma continuerò a disegnare!» Per Letteratitudine anche una domanda extra in esclusiva!
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2/11/24, Lucca, Palazzo Ducale, Sala Tobino, ore 11:30
(a cura di Furio Detti)
Cappello da Cowboy texano, gilet di pelle con toppe e distintivi da sceriffo, camicia e stivali degni di un ranchero…
Danza.
Danza incredibilmente a dispetto dei suoi imminenti 84 anni (il prossimo 11 novembre!) come se lo spirito del gekiga lo possedesse, fra gli applausi commossi, divertiti e entusiasti del pubblico dello Showcase di LCG24.
Baron Yoshimoto: «Il gekiga continuerà per la sua strada, e io continuerò a disegnarlo!»
È Baron Yoshimoto, leggenda vivente del manga nipponico del secondo dopoguerra a fianco del papà di Lupin III, Monkey Punch, e altri giganti nella scuderia di “Weekly Manga Action”, rivista di fumetto d’azione per giovani adulti (o gekiga). Yoshimoto è autore dell’epocale saga Le leggende del Judo (Jukyoden) e di altri capolavori, ora per la prima volta tradotti nei primi volumi in cofanetto non solo per il pubblico italiano, bensì con la loro prima traduzione in Europa, nella collana “Doku” di Coconino Press, insieme con La Belva nell’Ombra, storia tratta da un romanzo di Edogawa Ranpo. La saga dedicata al Judo è la prima serie gekiga pubblicata in Italia a parte le opere di Monkey Punch e di Sampei Shirato. Al materiale a corredo hanno collaborato con la loro presentazione e contenuti extra maestri del calibro di Sansuke Yamada (Polvere di Stelle) o Suzuki Toshio, direttore generale dello Studio Ghibli e tanti altri.
In particolare quest’ultimo ha raccontato: «Tra tutti i libri che tengo accanto al mio letto, gli unici manga sono quelli di Baron Yoshimoto. Ho l’intera serie de Le leggende del Judo e ho perso il conto di quante volte l’ho letta. La conosco sin da quando usciva a puntate sulla rivista.» Coinvolgendo decine di artisti, critici di cinema e storici giapponesi, Coconino esprime il suo coinvolgimento e disegno profondo: «Vogliamo che Baron Yoshimoto sia compreso in Occidente come grande autore». Il maestro disegnerà nel corso dello Showcase di fronte a noi il personaggio di Kankuro Yanagi, primo protagonista della sua opera dedicata all’arte marziale della cedevolezza, mentre risponde alle domande dei moderatori, dello staff di Coconino Press, e del pubblico, che lo ringraziano «per aver sostenuto un viaggio così lungo alla sua età solo per essere in nostra compagnia!» – applausi. Ma prima è il momento della storica impressione delle mani del Sensei nella Hall of Fame lucchese!
Jukyoden è una lunga e corale saga dedicata a una famiglia di campioni di Judo, che attraversano il Giappone contemporaneo, dall’era Taisho, anni ’20 del Novecento, fino a quella Showa, anni ’80, un lavoro che è costato un decennio, novemila tavole, ma ha compensato l’autore includendolo nell’Olimpo dei fumettisti come maestro di genere. Il pennello scorre veloce, Baron Yoshimoto disegna a matita senza imbarazzo, in piedi, ben piantato, e abbozza la linea su cui scorrerà l’inchiostro. I suoi fumetti oltre a essere tecnicamente superbi sono opere corali, talento che è invidiato da altri autori, in quanto Yoshimoto è abilissimo nel maneggiare un tessuto narrativo dipanato fra numerosi e memorabili personaggi. Perché il Judo? Si chiedono i presenti; Yoshimoto, fra un tratto di mina morbida e l’altro: «A 13 anni ho iniziato, su suggerimento di mio padre, la pratica del Judo e del Kendo, arrivando fino a diplomarmi come judoka (atleta di judo). Ero molto appassionato all’epoca.»
Gli esordi nel mondo dei Kashihonya
Il primo periodo, l’ingresso nel professionismo delle chine: «Nel 1959 io ho iniziato a disegnare, frequentando la scuola d’arte. Mi sono impiegato subito nel settore delle riviste a fumetto in prestito. All’epoca in Giappone non tutti potevano acquistare un’opera a fumetti, un libro, o una rivista; così venivano noleggiati, i kashihonya. Io ho esordito in questo settore, mi sono fatto notare e ho vinto un premio che mi ha fatto conoscere.
Ranch e Puzzole: il periodo americano
Il periodo USA: «Insieme a altri colleghi mi ero recato al Festival del Fumetto di San Diego. C’era anche Osamu Tezuka, lo avevo a fianco come passeggero sull’aereo (disegnava anche lì!). A un certo punto è saltata fuori l’idea di comprare in gruppo una casa con piscina in California, negli Stati Uniti, a Santa Monica, invece di dover fare sempre i pendolari. Ovviamente poi non se ne fece nulla. Quindi l’idea fu abbandonata. Poi però mi sono fatto coraggio e ho acquistato da solo, per me, una casa nel sud della California, presso Los Angeles: un vero ranch. Volevo lavorare in America: ho avuto contatti con Marvel ma nessuna proposta è poi andata in porto. Lavoravo ovviamente da solo, ma vivevo spesso anche da solo, immerso nella natura del posto, non avendo possibilità di farmi un giro di amici. Così, non potendo andare in città per divertirmi, quando non ero impegnato a disegnare ascoltavo i rumori degli animali selvatici, mi godevo la natura intorno a me. Una mattina, però, succede qualcosa di insolito: sento il rumore di un animale più grosso del solito. Poi sento un odore cattivissimo. In giardino. Mi armo di un bastone e esco per capire cosa sia. Quando lo trovo però è troppo tardi! Era una puzzola, e mi aveva già riempito delle sue secrezioni parte della casa e dello studio. Ho passato alcuni giorni in hotel senza poter rientrare! Poi mi è toccato buttare via un bel po’ di cose…», il pennello scorre veloce e sicuro sui lineamenti di Kankuro…
La mia arte? Tanta tecnica e passione per il cinema!
La tecnica del maestro, che riguarda anche la pittura, lo ha abituato a formati grandi, che gestisce con una fudepen (pennino), o un pennello senza difficoltà, ma utilizza solitamente il formato B4, formato standard per tutti i mangaka. Fumettista o illustratore? «Tornando ai miei esordi, mi sono accorto che molti libri di racconti in prestito erano un po’ carenti di illustrazioni. Così ho iniziato a realizzarne. Era quasi per allenarmi, e questo mi ha portato al passaggio dall’illustrazione al fumetto. Anche se all’inizio le case editrici non accettavano illustrazioni da esordienti come me. Ovviamente, se prendevano dei lavori, preferivano artisti già affermati. Mi sono però trovato al posto giusto e nel momento giusto quando gli editori e il pubblico cercavano un nuovo tipo di fumetto, il gekiga, appunto. Per questo mi sono trasferito a Tokyo, per riuscire in questo settore anche se, come sapete, il centro del gekiga nasce nelle librerie a prestito di Osaka. Mi interessava fare un fumetto legato al cinema. Il rapporto col cinema per il nostro gruppo di Weekly Manga Action, la rivista in cui eravamo pubblicati, era fondamentale!» Baron Yoshimoto traccia con eleganza i kanji di accompagnamento e firma la tavola.
Coconino Press: «Vogliamo che questa raccolta presenti Baron Yoshimoto in Occidente come il grande autore che è in Giappone!»
La domanda di Letteratitudine (Showcase)
Lei è stato uno dei padri del Gekiga, ha detto Lei stesso che “era il momento giusto”. Certamente quella sete di novità ha permesso la nascita in Giappone di un modo nuovo di fare manga. Ma adesso, che i confini fra le culture, le estetiche e i prodotti culturali sono praticamente aboliti dalla globalizzazione e da Internet, c’è ancora spazio per la meraviglia e la sete di qualcosa di nuovo per i propri lettori, c’è la possibilità della sorpresa?
Baron Yoshimoto – «Una domanda molto difficile. Nominando solo la parola gekiga, rispetto a manga, ci si riferisce a qualcosa del passato, e anche a qualcosa di molto potente. Io comunque non ho certezze in merito, ma sono sicuro che comunque lo spirito del gekiga andrà avanti, non so con chi, non so come. Certo, andrà avanti.»
Letteratitudine “strappa” una domanda extra in esclusiva dietro le quinte dello Showcase al Maestro
P.S. Con un ‘grazie mille’ al gentilissimo Luca Baldazzi – Uff. Stampa Coconino!
Che relazione c’è tra praticare un’arte marziale e disegnare?
«Sì, ci sono delle regole in comune fra un buon disegnatore e un buon marzialista. Per questo in passato ci sono stati tanti autori che hanno praticato per un motivo o per l’altro le arti marziali e altri che ne hanno fatto dei manga, ma è roba piuttosto datata. Adesso va di moda la boxe.»
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