Dedichiamo la nuova puntata della rubrica Graphic Novel e Fumetti di Letteratitudine al nuovo numero di LINUS, in uscita ad agosto, dedicato a Marilyn Monroe
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MARILYN MONROE
Ballando coi lupi
Illustrazione di copertina di Sergio Ponchione, pp. 120, 6 euro
Con un racconto inedito in Italia di Marilyn Monroe (trad. Valerio Stivè); una short story inedita di Joyce Carol Oates (trad. Claudia Durastanti); un’analisi di Grazia Verasani sulla condizione femminile nel mondo dello showbiz di quegli anni; i retroscena dei suoi film, analizzati da Giuseppe Sansonna; il suo rapporto con la musica, a cura di Alberto Piccinini, e quello col mondo del fumetto, tracciato da Sergio Brancato.
Illustrazioni e storie disegnate di: Elena Macellari, La Tram, Danilo Maramotti, Massimo Giacon, Anna Cercignano, Sergio Algozzino, Veronica Veci Carratello.
Strisce e fumetti di: Charles M. Schulz, Paolo Bacilieri, Bill Watterson, Giorgio Carpinteri, Deco, Stephan Pastis, Leila Marzocchi, Dominique Grange e Jacques Tardi.
Con un racconto inedito di Antonio Rezza, Blu presidenziale.
Rubriche di: Loredana Lipperini, Giuseppe Sansonna, Vanni Santoni, Andrea Fornasiero, Simone Tempia, Alberto Piccinini.
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di Igort
Sessant’anni fa moriva, in circostanze tutt’ora poco chiare, Marilyn Monroe, l’icona del cinema americano. La stella bellissima e triste che scomparve dagli schermi ma non dalla nostra memoria a soli 36 anni.
Non ci interessa, in queste pagine, chiarire se fu suicidio oppure un complotto ordito dalla CIA per porre fine a una relazione che Marilyn pareva intrattenere con il presidente americano John Kennedy (e con suo fratello Robert) mentre frequentava Sam Giancana, noto malavitoso italoamericano. O se al contrario fu invece un omicidio eseguito dalla mafia per punire la famiglia del presidente che non aveva mantenuto delle promesse fatte.
Si è delirato in ogni direzione nel corso degli anni.
Il senso del caso irrisolto però lo lasciamo ad altri Marlowe di turno.
Noi le rendiamo omaggio perché, a dispetto del tempo che passa, come dicevamo, il suo mito, e l’affetto che tutti proviamo per lei, sembra intramontabile. Anzi, pare rinnovarsi. La miscela di innocenza, sensualità, futilità, ironia, lievità e intelligenza l’hanno resa unica, diversa dalla
Garbo o dalla Dietrich, dalla Hepburn o dalla Loren. Marilyn è Marilyn. Una dea sensuale e malinconica che è divenuta, come è ovvio, leggenda.
Marilyn, che era balbuziente e per nascondere questo difetto, su suggerimento del logopedista, creò quel famoso tono sospirato che faceva impazzire i lupi (maschi in special modo) di ogni età e classe sociale.
Doveva difendersi dai lupi, come li definiva non senza malizia in un testo bellissimo da lei scritto nel 1953 per la rivista Motion Pictures and Television Magazine. Lo intitolò Wolves I Have Known. “I lupi che ho conosciuto”, appunto.
E dice tanto. Di come una donna divenuta in breve oggetto del desiderio di lupi, mannari o meno, avesse dovuto imparare a tenerli a bada. A domarli.
Il testo lo abbiamo ripubblicato a pagina 55.
E ci è parso in qualche modo rivelatore di tante cose, alcune personalissime e altre che sarebbero esplose più tardi. Una certa consapevolezza che sarebbe poi deflagrata nel Me Too, in tempi più recenti.
C’era già tutto in quelle pagine che facevano risplendere la sua ironia malinconica. E la sua intelligenza, a dispetto di molti ruoli da oca giuliva cui il cinema l’aveva in qualche modo relegata, emergeva in una complessità maledetta che avrebbe condotto a quel tragico epilogo.
Marilyn dall’infanzia turbolenta e travagliata, molestata sin da bimba, trascorse i suoi primi anni in un orfanotrofio dopo che sua madre fu giudicata incapace di provvedere al sostentamento della piccola e fu in seguito affidata a numerose famiglie, una dopo l’altra.
In quel periodo che va dall’adolescenza ai primi passi nel mondo del cinema, pochi anni più tardi, c’è la trasformazione da Norma Jeane Mortenson Baker in Marilyn Monroe. Dall’essere corporeo all’incarnazione sognante del corpo.
L’anatomia è un destino, disse Freud.
E il suo, di destino, faceva rima con desiderio.
Quello dei lupi.
Ma Marilyn era tanto altro, una donna curiosa, che cercava, leggeva molto. Nel suo appartamento, disseminato di oltre 400 libri, campeggiavano i russi, il suo prediletto Dostoevskij, le istanze crepuscolari di Fitzgerald e quelle avanguardiste di Joyce. D’altronde scriveva tanto, le piaceva. E aveva frequentato dei corsi di scrittura creativa alla UCLA.
Le ultime telefonate agli amici. Una delle quale conclusasi con uno strano “addio”, che preoccupò l’amico Peter Lawford.
Il suo corpo da sogno fu trovato riverso sul letto, nudo, senza vita.
Era stato annientato, nella notte tra il 4 e il 5 agosto 1962, da 8 mg di idrato di cloralio e 4 mg di nembutal.
Nel deserto del mito americano era nato un fiore immortale.
Goodbye Marilyn.
Musica celestiale.
Sipario.
dall’editoriale di Igort
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