Il vincitore dell’edizione 2022 del Premio Strega è Mario Desiati con il romanzo “Spatriati” (Einaudi)
LO SPECIALE DI LETTERATITUDINE
MARIO DESIATI con “Spatriati” (Einaudi)ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie)
trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri
regia, postproduzione e consulenza musicale: Federico Marin
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Ascolta “n. 15-22 ospite: Mario Desiati con “Spatriati” (Einaudi)” su Spreaker.
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Ospite della puntata: lo scrittore Mario Desiati
Con Mario Desiati abbiamo discusso del suo volume intitolato: “Spatriati” (Einaudi), finalista all’edizione 2022 del Premio Strega.
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Come nasce un romanzo? Per gli Autoracconti d’Autore di Letteratitudine: MARIO DESIATI racconta il suo romanzo “Spatriati” (Einaudi)
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Scrivo Spatriati dall’ottobre del 2015 al luglio del 2019. È un tempo lungo, lunghissimo forse per un romanzo di trecento cartelle. Lo riscrivo numerose volte perché opero attraverso il meccanismo delle stesure. È un metodo molto faticoso, e quando ne parlo con altri scrittori o editori, fanno tutti la faccia perplessa e mi dicono “quanto fatica sprecata”. Le stesure mi consentono di provare e riprovare finché non trovo una voce della storia che trovo convincente. Non riuscirei mai a scrivere un romanzo senza aver indovinato la voce. Anche quando mi confronto nel mio lavoro di editor con gli scrittori con cui collaboro, il grande tema è quello: hai trovato la voce? La voce è il chi e il come. Spesso la voce arriva subito, ma altre volte ci vogliono i tentativi. E possono essere tentativi numerosi. Moravia diceva che se non ti viene da scrivere devi lasciar perdere, e lui si obbligava a farlo ogni mattina alle sei quando si svegliava, mettendosi alla scrivania per mantenere il ritmo e non perdere l’ispirazione. Credo un grande esempio per tutti coloro che scrivono romanzi.
Ero una persona diversa nell’ottobre del 2015 rispetto a quella di quattro anni dopo, e credo che la mia identità in cambiamento abbia influenzato la scrittura. Sapevo esattamente che il romanzo si sarebbe chiamato Spatriati e sapevo che tutte quelle sfumature sul significato della parola Spatriato sarebbero entrate nella storia. Nel dialetto del mio paese, il martinese, spatriato vuol dire non solo colui che è andato via, ma anche un individuo non catalogabile, fuori dagli schermi, irregolare, a volte fluido, altre volte sciatto. Insomma una parola che ha diverse nuance e molte di queste sono negative.
I protagonisti Claudia e Francesco sono spatriati come molti di noi, hanno un’identità fluida, politica, religiosa, di genere, ma hanno anche una loro intrinseca idea di identità. Entrambi, in tempi e modalità diversa, accettano e condividono il concetto che l’identità è un viaggio, è l’aspetto più intimo e profondo della nostra vita, più attaccato a noi, continuamente in evoluzione a causa delle esperienze, delle letture, delle relazioni, delle visioni che entrano nella nostra vita. Ogni cambiamento esteriore ci porta a vivere un cambiamento interiore. Siamo pronti ad accettarlo? Si può passare un’intera vita a stare nel confine, non superare la frontiera per paura della propria identità. Quello che vivevo io lo stavano vivendo Claudia e Francesco e ho deciso di non proteggermi mentre raccontavo, ho scelto di non rinunciare a nulla, anche se poi nelle ultime stesure ho dovuto prendere delle decisioni che hanno ridotto il romanzo, fedele al motto tedesco Weniger ist mehr, il meno è il più.
Mentre ci lavoravo confluivano gli spiriti della mia vita. Uso il termine spiriti per definire le letture e le esperienze della vita, è un’espressione che nasce da una frase di Robert Walser che chiama lo scrittoio, la stanza degli spiriti. Dei libri che abbiamo letto resta sempre uno spirito, un vento, uno spostamento dello sguardo che cambia il nostro modo di procedere.
Non avrei mai scritto questo romanzo senza aver letto l’opera di Franco Cassano, pensatore e sociologo a cui ho dedicato il libro con un inchino a terra. Il grande fondatore e inventore del Pensiero Meridiano, un’idea del mondo oltre a un saggio sociologico che fece molto discutere e riflettere negli anni novanta sul valore della molteplicità delle prospettive contro l’espansione di una sola visione, la convivenza di diverse culture, ma anche, diversi stili di vita.
I protagonisti di Spatriati usano quei valori che sono considerati dalla maggioranza e dalle convenzioni, i grandi disvalori, per poter disinnescare le gabbie del patriarcato e della pressione sociale con le quali sono sempre cresciute. Come tutti i romanzi del mondo Spatriati è stato scritto per essere anche frainteso, proprio perché come scrive Franco Cassano nella premessa al suo ultimo testo La Contraddizione dentro, le interpretazioni serie e impegnate sono un modo di rivivere quello che un autore ha scritto e permette agli esseri umani, lettori e scrittori, e viceversa, di comunicare pur rimanendo diversi. Spatriarsi è anche questo.
(Riproduzione riservata)
© Mario Desiati
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La scheda del libro: “Spatriati” di Mario Desiati (Einaudi)
Claudia entra nella vita di Francesco in una mattina di sole, nell’atrio della scuola: è una folgorazione, la nascita di un desiderio tutto nuovo, che è soprattutto desiderio di vita. Cresceranno insieme, bisticciando come l’acqua e il fuoco, divergenti e inquieti. Lei spavalda, capelli rossi e cravatta, sempre in fuga, lui schivo ma bruciato dalla curiosità erotica. Sono due spatriati, irregolari, o semplicemente giovani. Un romanzo sull’appartenenza e l’accettazione di sé, sulle amicizie tenaci, su una generazione che ha guardato lontano per trovarsi.
Claudia è solitaria ma sicura di sé, stravagante, si veste da uomo. Francesco è acceso e frenato da una fede dogmatica e al tempo stesso incerta. Lei lo provoca: lo sai che tua madre e mio padre sono amanti? Ma negli occhi di quel ragazzo remissivo intravede una scintilla in cui si riconosce. Da quel momento non si lasciano piú. A Claudia però la provincia sta stretta, fugge appena può, prima Londra, poi Milano e infine Berlino, la capitale europea della trasgressione; Francesco resta fermo e scava dentro di sé. Diventano adulti insieme, in un gioco simbiotico di allontanamento e rincorsa, in cui finiscono sempre per ritrovarsi. Mario Desiati mette in scena le mille complessità di una generazione irregolare, fluida, sradicata: la sua. Quella di chi oggi ha quarant’anni e non ha avuto paura di cercare lontano da casa il proprio posto nel mondo, di chi si è sentito davvero un cittadino d’Europa. Con una scrittura poetica ma urticante, capace di grande tenerezza, dopo Candore torna a raccontare le mille forme che può assumere il desiderio quando viene lasciato libero di manifestarsi. Senza timore di toccare le corde del romanticismo, senza pudore nell’indagare i dettagli piú ruvidi dell’istinto e dei corpi, interroga il sesso e lo rivela per quello che è: una delle tante posture inventate dagli esseri umani per cercare di essere felici.
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Mario Desiati (Locorotondo, 13 maggio 1977) è uno scrittore, poeta e giornalista italiano.
È cresciuto a Martina Franca occupandosi di cronaca politica e sportiva su giornali locali tra cui «Il Corriere della Valle d’Itria». In seguito alla laurea in Giurisprudenza conseguita a Bari nel 2000 ha lavorato in uno studio legale e pubblicato saggi sulla responsabilità civile. Nel 2003 si è trasferito a Roma, dove è stato caporedattore della rivista «Nuovi Argomenti» ed editor junior della Arnoldo Mondadori Editore. Dal 2008 a ottobre 2013 si è occupato della direzione editoriale di Fandango Libri confluita oggi nel gruppo indipendente Fandango editore. Ha scritto e pubblicato poesie, antologie, saggi e romanzi. Collabora con «La Repubblica» e «L’Unità». Da un suo romanzo è stato tratto il film Il paese delle spose infelici.
Ha pubblicato, tra gli altri libri, Neppure quando è notte (peQuod, 2003), Le luci gialle della contraerea (Lietocolle, 2004), Vita privata e amore eterno (Mondadori, 2006, premio Paolo Volponi per l’impegno civile), Il paese delle spose infelici (Mondadori, 2008), Foto di classe (Laterza 2009), Candore (Einaudi, 2016). Il suo Ternitti (Mondadori, 2011) è entrato a far parte della cinquina dello Strega.
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