Quello che vi propongo di seguito è un intervento caustico e sentito che Antonella Cilento (nella foto sotto) mi ha inviato per la sua rubrica “L’ombra e la penna“.
Già il titolo, “Mi dispiace, non sono un personaggio”, anticipa in maniera chiara il contenuto del testo.
Ringrazio Antonella perché mi pare che ci abbia fornito un’ottima occasione per dibattere di un argomento attuale e coinvolgente; soprattutto per coloro che, per un motivo o per l’altro, sono vicini all’ambiente letterario/editoriale. Vi chiedo di discuterne assieme con passione, ma senza tradire i toni e lo stile che caratterizzano questo blog.
Vi ringrazio.
(Massimo Maugeri)
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Ormai per essere pubblicati bisogna passare un casting. Sei interessante? Sai parlare in pubblico? Sei un attore/attrice? Sei strano/a? Trasgredisci, porti le giarrettiere, sei sexy? Hai la faccia giusta, incuriosisci, puoi andare in tv, hai i denti a posto? Manca poco al Grande Fratello degli scrittori, in questo spaventoso vuoto pneumatico della progettualità editoriale. Da tempo non si leggono i libri ma si guardano le facce degli scrittori, li si chiama, nelle riunioni editoriali o nelle cene fra addetti, per cognome: ce l’ho, ce l’ho, mi manca. Siamo figurine dei calciatori. E poiché non tutti vendiamo le cifre che agli editori fanno comodo, siamo spesso calciatori di serie B. Quello non lo voglio perché c’ha troppa storia (cioè ha segnato poco, un’intera stagione in panchina), quella la tengo come fiore all’occhiello anche se mi va sempre in fuori gioco. Ovviamente nell’editoria (italiana) non ci sono in gioco le cifre del calcio, ma hai voglia a star lì a scrivere davvero, a lavorare tutti i giorni, a non fare la velina della letteratura: hai perso. C’è una schiera di bellocci, furbastri e manovratori che ti passa avanti.
Li avrei voluti vedere i nostri tecnici dell’editoria risolvere il problema fino a qualche decennio fa, o magari cento anni fa: dove lo mandavano Giovanni Verga? Dalla De Filippi? E anche Pavese dalla Dandini non avrebbe funzionato granché. Ma oggi, in fondo, che importa? Viviamo in un paese in cui per la stragrande maggioranza delle persone la letteratura italiana del Novecento manco esiste, figuriamoci quella di altre epoche. Siamo precisi: non esiste per quasi nessuno la letteratura in generale. E non come negli anni Sessanta quando il romanzo impegnato lo leggeva una fascia elitaria ma una fascia più ampia leggeva il romanzo popolare e poi la maggioranza doveva essere ancora alfabetizzata. No, adesso il romanzo impegnato è scomparso, scrivere bene è un disvalore, il romanzo popolare lo fa la televisione e il grande romanzo, se siamo fortunati, ce lo riduce il cinema. Serve una fiction per tornare a leggere Tolstoj, magari il film di Faenza per ributtare un’occhiata al dimenticato De Roberto e nei prossimi mesi, chissà (mica è detto) il film di Martone per riparlare di Noi credevamo di Anna Banti.
E non è detto perché questo romanzo non si trova: per comperarlo mi ha aiutato la bravissima Francesca Branca, che cura un documentatissimo e appassionato blog dedicato a questa grande scrittrice morta da nemmeno vent’anni e caduta nel peggiore degli oblii (www.annabanti.splinder.com), dove per altro (vera novità!) presta sulla fiducia le sue copie personali dell’autrice, altrimenti acquistabili con difficoltà in librerie antiquarie, in prime edizioni costosissime. Un giorno Francesca mi scrive, mi cerca e poi ci incontriamo e fra le tante cose che ci raccontiamo c’è anche la storia di questo libro, uscito nel 1964, che Mario Martone ha scelto per girare un film di ambito risorgimentale (i diktat della nostra cultura ufficiale ci sollecitano: prego, signori, Dante e il Risorgimento. Niente di male in questo se non diventassero scelte obbligate, specie Dante…). Ma il libro si trova a fatica su E-bay, gli editori non ci provano nemmeno a ristamparlo. Certo, la Banti, che qualcuno ricorderà per il suo romanzo più celebre, Artemisia, dedicato alla vita della pittrice seicentesca Artemisia Gentileschi, ma che ha scritto decine di libri e racconti spettacolari (Lavinia fuggita, magnifico, I porci, Tela e cenere e moltissimi altri, la raccolta più completa s’intitola Campi Elisi), non doveva essere un personaggio facilissimo (vedi l’autobiografia romanzata Un grido lacerante, uscita pochi anni prima della morte). Ah, proprio non ce l’avrebbe fatta la nostra editoria a portarla in tv. Una signora delle lettere, una vera maestra. Dirigeva una rivista fondamentale nella nostra storia letteraria, Paragone, con piglio feroce, bacchettando tutti, aspettandosi il meglio da tutti (vedi la raccolta di lettere di Alberto Arbasino pubblicata di recente da Archinto). Ah, come mi piacerebbe oggi dover litigare con una Banti, con un Vittorini, beccarmi una lettera di rifiuto da Calvino! Ci sarebbe gusto, almeno. Non dovrei passare il tempo a spiegare a qualche giovanissimo correttore di bozze a contratto cocoprò le regole della lingua italiana (perché ci sono regole?) e aiutarlo a distinguere l’errore dall’invenzione. Povera creatura, fra due mesi sarà di nuovo in strada, ne sa meno di chiunque altro, che deve fare? Ma niente, questo destino ci è negato, dobbiamo rassegnarci a litigare con l’aria, spesso a scusarci con gli editori per aver scritto cose appena più complesse del libro di barzellette. Torniamo perciò a Noi credevamo e spendiamoci due parole: il romanzo racconta l’epopea del repubblicano Domenico Lopresti, avo calabrese della Banti. Domenico, ormai vecchio e trapiantato contro voglia nella Torino che ha fatto a suo dispetto l’Italia, circondato dall’affetto dei figli cui non lascerà niente salvo le sue memorie, critico verso di sé e il mondo, si decide, suo malgrado, a scrivere le sue memorie. Le lunghe prigionie toccategli per la spiata dell’ipocrita Cassieri lo vedono, dopo una giovinezza da filadelfo entusiasta e speranzoso, recluso a Montefusco, a Procida e a Montesarchio insieme a Carlo Poerio. E’ il 1883 mentre scrive e gli anni da cospiratore trascorsi facendo il corriere e visitando a Lugano Cattaneo gli sembrano davvero distanti. Anche la spettacolare fuga da Livorno, anche il nuovo tentativo garibaldino in Aspromonte gli appaiono velati dall’occhio dell’età. Il paese, che pure ha contribuito a formare, non lo riconosce, lo ha condannato, le relega a una vita da diseredato nella città dei tanto detestati Savoia. La storia di una delusione, quindi, di un fallimento che fonda la contemporaneità. La vicenda di Domenico è dentro la linea del grande romanzo italiano che va dal Diavolo a Pontelungo di Bacchelli a Noi credevamo a Il resto di niente di Striano. Una linea che si interseca con L’isola di Arturo (Noi credevamo è del ’64, il romanzo della Morante di poco precedente) non solo per la vicinanza degli scorci procidani, ma per la potenza dell’io narrante che poco ha da invidiare all’Adriano della Yourcenar. La vicinanza con Striano, edito molti anni dopo, poi è straordinaria: i ritratti dei camorristi e dei contadini incontrati in carcere che Domenico compie, lui nei panni del galantuomo povero in canna ma animato dal fuoco della libertà, ricordano in forma speculare il celebre dialogo fra i rivoluzionari e i capipopolo della Napoli di Maria Carolina. Scrive Domenico: “Non mi piacciono le favole e diffido dei romanzieri. Per chi scrivono costoro? Come possono giocare la loro vita componendo storie inventate? Le donne le leggono avidamente (…) Va bene, anche le donne sono un pubblico. E tuttavia scrivere per un pubblico cosiffatto non mi piacerebbe. Sono intelligenti, le donne? (…) Fino a un certo segno penso che la loro condizione coincida con quella del romanziere, il quale più che viverla, costruisce la vita.” Molta amarezza, in trasparenza. Un destino letterario già vinto che passa da queste pagine.
Vedremo se il film di Martone aiuterà a far ripartire il dibattito e magari a riportare sui banchi dei librai questo romanzo come in questi giorni capita ai Viceré, ristampati in edizioni supereconomiche.
Chissà se qualcuno ha davvero voglia di discutere il lato non eroico, non illuso del nostro Risorgimento. E chissà se si potrà parlare di un libro senza un’autrice che vada a chiacchierare in fascia pomeridiana su Rai 2 del destino dei figli, degli spinelli e dei casi di cronaca.
Antonella Cilento
Mi pare che la polemica di Antonella abbia un suo fondamento.
Vi invito a esprimere la vostra opinione, ma senza eccedere nei toni.
Aggiungo quest’altro elemento. Tra gli addetti ai lavori si parla molto spesso della presenza di “ghost writers”. Pare che ce ne siamo molti in giro.
Però è anche vero che il fenomeno dei ghost writers ha antica data.
Mi sembra pure una buona occasione per approfondire la conoscenza di Anna Banti (tempo fa, nello spazio “presentazione di libri ed eventi, riportai l’appello di Francesca Branca).
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@ Francesca Branca.
Se ci leggi sei invitata a intervenire
Gioco pure a fare l’avvocato del diavolo.
Partendo dal presupposto che le case editrici – soprattutto oggi – sono imprese, e che le imprese devono mirare al profitto, secondo voi, si possono dare tutti i torti a coloro che “non si leggono i libri ma si guardano le facce degli scrittori”?
A voi…
Questo e’ l’intervento che ci voleva, hic et nunc. Preciso e calibrato. Spietatamente onesto – per quanto io ammetta che l’onesta’ di rado giunge alla spietatezza, spesso anzi concilia la verita’, e di conseguenza favorisce la convivenza umana.
Dunque, salutando con calore la finalmente ”rediviva” Antonella, anticipo che credo di poter parlare, piuttosto che del ”lato non eroico, non illuso del nostro Risorgimento”, come auspica lei, proprio delle eroiche illusioni della stessa Primavera della Patria. Illusioni non tutte tradite, a dire il vero. Questo, pero’, lo faro’ piu’ avanti, dopo accorte meditazioni, che’ non si tratta di bazzecole, ma del nostro Paese.
Per quanto riguarda le modalita’ della attuale, SOLO italiana, ”editoria-serva-del-presente-meno-presentabile”, ed anche ”editoria-da-Primo- Mondo-sottosviluppato”, cosa dire? Confermo tale analisi appieno e ne condivido senza troppi commenti l’intera trattazione.
Sergio Sozi
P.S.
Sia chiaro che le ultime due frasi virgolettate non sono della Cilento, ma mie.
… e scusa, Antonella: la frecciata su Dante cosa c’entra? Quella di benigni e’ una serie di lecturae dantis, non un film a puntate sulla Divina o uno sceneggiato. Non capisco.
Mi sono appena svegliata e l’articolo della Cilento fa l’effetto del caffé, quello buono che ti rinvigorisce.
Che bella testa quella della Cilento, confermo che dal Sud continuano ad arrivare le idee migliori. Quando viaggiavo per l’Italia in lungo e in largo, mi dicevo che sul treno che attraversava il sud mi accadevano cose meravigliose, incontri a dir poco magici. Un viaggio silenzioso con La Capria per esempio, roba d’altri tempi. In una tratta Torino Milano, volevo morire per la scempiaggine retorica linguistica di certi ragazzetti, presunti allievi della De Filippi.
Antonella ha ragione, che se ridi , canti, balli , e hai le unghie ricostruite, insieme alle tette e ai denti allora il tuo libello é pubblicabile, perché tu sei appetibile.
Ieri alla fiera di Più libri, ero alla stand di Ellin Selae, che fa cose di altissima qualità, accanto a noi c’era Castelvecchi, con un gran via vai di telecamere e ragazzetti con manoscritti sotto il braccio. Però le facce di quelli che si fermavano allo stand di Ellin Selae, erano sicuramente belle, belle nel vero senso della parola, non belle perché si allargano nella televisione.
Quanto a scrittori abbandonati, ho già parlato del mio amore ritrovato per la De Cespedes. Credo che lo stile e i contenuti siano vicini a quelli della Banti, se non altro per vedute di affinità generazionali.
Quella generazione lì, ha ancora molto da insegnarci, o forse potrà salvarci…
Grazie Antonella per averci rinfrescato le idee, crercherò la Banti in biblioteca, voglio subito andare a conoscerla.
Antonella cara,
che bello leggerti sul blog di Massimo!L’ultima volta che ho scrutato la tua faccetta vispa, intelligentissima, con due occhi così a scrutare cielo e mare, è stato a 40° gradi qui a Siracusa, ricordi? Con Paolo che ti proteggeva dal sole e Nanni che lo sfidava a duello.
Mi sei mancata.
Forse anche per questo ti leggo con piacere: la solita verve, il solito sguardo limpido sulle cose.
Non ho molta esperienza in campo editoriale, ma certo, da lettrice posso dire di stupirmi di vedere sullo scaffale della libreria alcuni libri e di rimpiangere di non vederne altri.Anche perchè, spesso, quelli che mancano sono sempre i migliori.
Devo però dirti che quando leggo un bel libro, ben scritto, che mi tocca il cuore, non lo dimentico più.
Non scivola via come gli altri.Non è fumo che si disperde senza direzione. Fa dentro di me un percorso lungo, nascosto, che riaffiora.
E, allora, ecco. Penso che forse la strada della qualità e della tenacia è più defatigante e amara, sì. Ma che, alla lunga, è l’unica che premia veramente lo scrittore, o meglio, quello che può davvero definirsi tale: lo scrittore che nasce con la penna in mano, quello che deve deve scrivere, che nella vita riflessa coglie il fuoco di un’idea e che con dolore lo mette sulla carta.
Tu appartieni a questa categoria, mia cara. I tuoi libri sono ancora nel mio cuore.
Perseverando credo che le regole del gioco si possano cambiare. Almeno un po’.
Tua Simona da Siracusa
Finalmente una persona che ha il coraggio della sincerita’ e dice a chiare lettere cio’ che appare evidente: mercificato il prodotto-libro, tanto vale avere un autore-testimonial che sia, quanto meno, figo. E quindi via con le biografie piene di tentati suicidi, di anoressie, di depressioni. Via alle foto con smoke-eyes (una volta si diceva con il trucco pasticciato dopo una notte di bagordi), via alle opinioni e agli opinionisti seduti sulle poltroncine di L’Italia sul Due. La cosa che da parecchio da pensare e’ che su quelle poltroncine si sono seduti nomi che sulla Rete hanno tuonato contro la tv becera e trash, che hanno stroncato autori per il loro disimpegno, che hanno dettato le regole (o tentato di farlo) della letteratura del Terzo Millennio. In tutto questo, dove sono i libri? Dov’e’ la letteratura quella vera? Io non vorrei scoprire che esiste solo nel passato. Il Tg1 ha lanciato una nuova rubrica sui libri ed ha chiesto agli spettatori di indicare, via e-mail, quale secondo loro e’ stato il libro del 2007. Per favore, proviamo a tempestare l’indirizzo tg1libri@rai.it con titoli che non siano i soliti? Proviamo a dire loro che il libro del 2007 non e’ necessariamente quello di Vespa, quello di Saviano, quello che infesta le vetrine natalizie?
Io ci provo.
Grazie ad Antonella per la bella riflessione e grazie a Massimo per avercela proposta.
Laura
Perdonatemi, ma quando il mattino s’apre così bene, con l’orgoglio che si risveglia; con quel pizzico di cuore che s’illumina a sapere che, si, ogni tanto è bello sentirsi napoletani se lo si è in compagnia di Antonella Cilento.
Cosa vuoi aggiungere al tuo intervento?
Hai detto tutto. Grazie
Bravissima Laura Costantini.
Io ho indicato a Tg1libri Lia Levi, ottima scritrice ebrea edita da e/o e Perrone, oltre Tea Ranno.
Ma ci sono anche la bravissima Silvia Leonardi , Sozi e Gregori.
Aspetto con ansia il nuovo libro di Antonella.
Come si può non essere in sintonia con l’intervento della Cilento ? A lei i miei complimenti.
Tutti lo scriveremo ed il post avrà concluso la sua breve esistenza.
Tutti abbiamo commentato, non così bene è evidente, la deriva mediatica della cultura. Ognuno a modo suo e con i mezzi dei quali dispone ha detto, ha scritto, ha cantato, ha suonato.
Eppure, vi chiedo scusa, ma ho la sensazione che ancora una volta ci siamo messi il vestito buono del dissenso, siamo convenuti a manifestare e poi ognuno a casa sua, a scrivere per sè.
Ben vengano le iniziative quali quella di laura Costantini.
Ma è sufficiente ?
Chi guarda la “becera tv” ?
Chi compra i libri che voremmo “bannare”?
Chi va al cinema a vedere i film tratti dagli stessi libri ?
Ebbene, il nostro vicino di casa, la cassiera del supermercato dove andiamo a fare l’unica spesa settimanale, il collega di lavoro, i nostri amici, qualche autorevole membro delle nostre famiglie, il tassista che ci porta in aeroporto.
Sono intorno a noi. Vivono con noi.
Per quale motivo non riusciamo a convincerli che esiste anche “altro” ?
Chi è che, avendo venduto anche solo qualche copia del proprio libro, si guarda indietro a cercare quelli che ancora arrancano e gli fa un pò di passaparola ?
Quanti di noi hanno un blog, accesso (sia pure da porte di servizio) ai media, a contesti dove il popolo si riunisce ? Perchè non facciamo lo sforzo di vedere se in mezzo a tanto fango può esserci qualche perla (anche di fiume) ?
Perchè non possiamo federarci per la qualità ?
Devo confessarvi che il brusio di noi dissenzienti, sta assumendo alle mie orecchie il frastuono assordante della sfailoclazia.
Vi chiedo perdono, ma preferisco non essere “mediato”.
mi sembra addirittura che pure da morti si debba passare un casting: un povero cristo qualunque che muore, se non è abbastanza bello, interessante, ecc. non è nemmeno degno dell’onore delle cronache.
Figuriamoci il resto!
Inconfondibile Antonella, sei sempre tu! E consola che tu abbia il coraggio di dire cose che tutti sanno, ma che tutti tacciono. Si tace per tanti motivi: per opportunismo, per incapacità di sintesi, per volgarità d’animo, per confusione interiore, per scoramento. Tace anche chi non ha il talento del polemista che tu certamente possiedi. Quello che dispiace è dover immaginare il prezzo che devi pagare per il tuo coraggio. E allora eccomi qui a dirti che non sei sola. Sì, è vero. Ti si chiedono fotogenia e scilinguagnolo invece che talento e abilità tecnica nella scrittura. Si vende l’aria fritta nelle più ambite trasmissioni televisive, bla bla bla, e si coccolano gli scrittori più carini e presentabili. Molti nostri colleghi passano più tempo a tessere relazioni convenienti che a scrivere, e sembrano godere del dono dell’ubiquità: li credi a Roma, ma stanno a Palermo e se li cerchi laggiù sono già a Verona, e ti chiedi quando trovano il tempo per scrivere. Lo sappiamo, lo vediamo, ma Virginia Woolf sosteneva nei ruggenti anni Trenta: “La colpa è anche dei lettori.” Che cosa fa credere loro che un tizio sia piacevole da leggere soltanto perchè è apparso alla televisione, vezzeggiato da una conduttrice televisiva che non ha neanche letto il suo libro? Io uscirò in aprile con il mio 6° romanzo. Avendo cambiato, senza mai superare un certo tetto di vendite, molti editori (da Baldini & Castoldi a Mondadori, da Marsilio a Rizzoli, e non è che abbia incontrato soltanto persone competenti, perchè un altro discorso da fare è quello sui percorsi fatti da certi individui per poter abitare dentro le case editrici e da quella postazione fare il bello e il cattivo tempo), mi è stato proposto di usare uno pseudonimo. No, grazie. Uscirò con il mio nome. Non ho niente di cui vergognarmi: non sono stato coinvolto nello scandalo di Vallettopoli e non ho assassinato un mio parente (a pensarci, però, in entrambi i casi non avrei avuto bisogno di uno pseudonimo) e ho un mio seguito di lettori che non vorrei deludere. In quanto agli editori, come la mettono quando alla fiera di Francoforte si ritrovano ad acquistare soltanto libri dall’estero senza riuscire a vendere un bel niente alle case editrici straniere? E a chi rispondono dei loro sbagli quando promuovono un autore che non riesce a vendere malgrado i premi, le pressioni, le apparizioni televisive e le amicizie “utili”? Alla fine, comunque la si metta, uno scrittore si ritrova sempre per strada, avendo anche magari scritto cose belle, e loro sono sempre al caldo, liberi di continuare ad azzeccare faticosamente due successi l’anno e anche, perchè di no, di sbagliare ancora. Rimane un fatto desolante da ingoiare senza remissione: malgrado il rimbalzo di pochi fortunati dalla cuccia della casa editrice ai set televisivi, l’Italia è un paese che non legge e in Europa c’è soltanto la Grecia che è altrettanto inguaiata. Che qualcuno ci ragioni sopra. Brava, Antonella! Ce ne vorrebbero di persone come te, per smuovere qualcosa in questo pantano. Grazie, Francesco Costa
Eventounico, è molto moltro difficile federarsi per la qualità, perché non è universalmente riconoscibile il “valore letterario”!
Leggo Cormack McCarthy e mi pare orrendo, anche se scrive accuratamente.
Leggo Philip Roth e lo trovo sopravvalutato e compiaciutamente disgustoso.
Leggo David Foster Wallace e, passata l’euforia, sollevo un sopraciglio.
Leggo Carver e prendo appunti, poi però dico mah.
Leggo Manzoni e potrei riempire pagine per dire quanto non mi funziona.
A ricevere negli anni Cinquanta un “no” di Calvino lo avrei potuto prendere per un favolista fallito, nei Settanta per uno sperimentatore sopravvalutato che cerca la sua vena…
(tutti esempi un po’ esagerati, ma insomma, neanhe troppo)
Non è un buon motivo per passare alla Littizzetto o Fabio Volo, ma posso capire che chi non è abituato a leggere trova ottimi motivi per non farlo. Pensa a quanta fatica bisogna fare solo per portare al cinema il vicino di casa a vedere quello che noi riteniamo un “buon” film!
Secondo me non è ragionando in termini di club dei lettori che sconfiggeremo l’ignoranza nel nostro Paese. Dobbiamo anche trovare strumenti per far incontrare a ciascuno il libro giusto in quel momento. E tra questi strumenti, male o bene, anche lo star system delle lettere può esseer un alleato.
Bravissima Antonella!!!
Ottimo intervento, il tuo. Grazie a te e grazie a Massimo per averlo postato.
Hai avuto il coraggio di dire cose scomode senza offendere nessuno in particolare. Sei da ammirare.
Smile
Come non essere d’accordo con tutto quanto?
Laura Costantini mi pare che abbia fotografato bene la realtà delle “comparizioni” in tv e sui media in generale.
Se per caso sei anziano, poco attraente, ma scrivi con stile, sei esperto della materia, o sei di una creatività meritevole di interesse, non avrai alcuna chance per farti conoscere, se non dai pochi amici ed estimatori.
Qualche tempo fa ho scritto questa poesia, “Anche se”:
Anche se non sarò vestita a lutto
anche se non avrò il viso di biacca
e le giovani dita in mezzi guanti
e non avrò di rosso melograno
labbra di sangue un taglio
ed anche se non pronuncerò frasi sconnesse
né guarderò dalle velette nere
occhi di filigrana farsi obliqui
a me sarà propizio il canto
quello che non conosce fili bianchi
che non ha più bisogno di gridare
perché non è importante farsi udire
è libero di vivere o morire
un senso ormai ridotto all’ essenziale
un dignitoso nulla da colmare
un residuo di sogno da finire.
Cordiali saluti a tutti
cri
Antonella Cilento è sicuramente una grande!
Non è la sola a pensarla in questo modo, credo che si trovi in buona compagnia.
Brava Laura! hai fatto esattamente la mia stessa riflessione. perchè il libro del 2007 deve essere per forza quello che ha venduto di più, quello dello scrittore che ha già un nome indipendentemente dal suo libro?
Complimenti ad Antonella, che ha aperto un dibattito interessante sul valore di certi scritti che non emergono perchè non siamo fighi, sexy e trasgressivi. Tutto questo (qui mi associo a eventounico) ha il sapore del dissenso e della protesta. Come potrebbe essere altrimenti? L’abbiamo ribadito più e più volte sui vari post di questo blog il valore che ha per noi la scrittura, l’importanza di credere in ciò che facciamo anche se il nostro vicino di casa non ci leggerà mai perchè non andiamo in tv.
Permettetemi però di dire che quando si crede in qualcosa si diventa automaticamente promotori della stessa e in qualche caso si riesce a creare consapevolezza. Forse partiamo un pò sfiduciati, a me è capitato di parlare di libri “sconosciuti” con la ragazza che lavora al bar e con il cassiere del supermercato, persone comuni dunque, e di sentirmi dire: come hai detto che si chiama? scrivimelo che voglio leggerlo”.
Non tutto è perduto, ma la strada da percorrere in questa direzione è tanta.
@Paolo S.
La qualità della quale parlavo è quella degli scrittori meno conosciuti e (forse) anche meno in linea con lo star system. Hai mai letto Gregori, Sozi, Leonardi ? Fallo, per favore.
Il club dei lettori in Italia è difficile tanto quanto scegliere un partito, per cui mi sembra si faccia poca strada.
Per mia natura lo star system mi genera furore iconoclasta, ma se ritiieni possa essere una via per “per far incontrare a ciascuno il libro giusto in quel momento” potrei valutare di darmi otto pizzichi sulla pancia e seguirti. Ma in nome di Dio, spiegami COME.
Ma dove sarebbero, e chi (facciamo dei nomi, prego, ché sennò è un po’ facile) questi autori belli e sexy? Saviano? O Genna? Paola Mastrocola o Loredana Lipperini (per dire di due che ho visto ultimamente in televisione)? Intervento facile facile, con una polemica spuntata, banale e retorica…e l’affermazione sul cocopro a cui si deve insegnare la “lingua italiana”? Mah. E il paragone con il calcio? Che c’entra? Per fortuna che tu stessa scendi a più miti consigli e ti accorgi che proprio non regge. C’è un sacco di gente che lavora nell’editoria con passione e competenza, che lo fa non per soldi o per la fama (ci sono campi dove una persona intelligente potrebbe farne di più) ma perché ama quello che fa. Ma, ovviamente, è più facile dipingere tutta l’editoria italiana come un grande inciucio, sicuri di ricevere il plauso generalizzato (ché, ormai, attaccare gli editori è uno sport nazionale). E poi questo riferimento alla narrativa italiana del novecento, dando per scontato che ci sia stato un imbarbarimento…peccato che, ai tempi, si leggesse Liala e Luca Goldoni, Castellaneta e Cronin e non Anna Banti e La Capria (andate a vedere la libreria dei vostri genitori).
Stammi bene
Caro Mario,
secondo me Antonella non voleva generalizzare. Ci sono autori bravi, tra cui quelli che hai citato, che per fortuna riescono ad andare anche in televisione. Mi pare che gli autori che cito non possono nemmeno essere considerati personaggi, tranne Saviano (suo malgrado, però).
Il punto è un altro. Il punto è la tendenza. Quella dev’essere criticata. E questo Antonella fa. L’editoria è alla ricerca di “personaggi” con la speranza di poter vendere di più. Mi pare innegabile. Se poi consideriamo gli editori come imprenditori punto e basta allora, come provocatoriamente fa notare Massimo, potremmo anche considerare giusta questa tendenza.
Riprendo la provocazione di Massimo e domando: ma l’editoria non dovrebbe puntare a qualcosa di più della ricerca del mero profitto?
Passando ad altro. Certo che una volta si leggeva Liala più di Anna Banti! Motivo in più per riscoprire Anna Banti con buona pace di Liala.
Stammi bene, Mario. E sorridi, dai.
Smile
Carissime/i,
io ringrazio e saluto tutti per questi commenti solidali, critici e affettuosi!
Spero di avere l’occasione di conoscere da vicino Francesca Serra e appoggio senza ombra di dubbio l’idea di Laura Costantini.
Sono semplicemente indignata da quel che Francesco Costa racconta! Francesco, ma davvero ti hanno chiesto di scrivere sotto pseudonimo??? Ma qui si danno davvero i numeri. Uno scrittore come te, della tua levatura. Non si fa, proprio no!
Hai fatto benissimo a rifiutare ma è proprio questo il punto: che agli scrittori seri di questi tempi non si infliggono altro che umiliazioni. Sono molto disapiaciuta di sentire certe cose e tuttavia non me ne stupisco poiché, purtroppo, in ambito editoriale ne sento (e ne subisco) di continuo. Gli scrittori che non sono in tv, quelli che non vendono (per colpa dell’editore…) un certo numero di copie vengono definiti come “non esistenti”.
Lo raccontava Laura Bosio, anche: “Quello/a? Non esiste nemmeno…”.
Così si dice nelle stanze e nei ristoranti milan-torin-romanesi di chi non vende abbastanza o non fa parte dei giri delle starlette, degli scrittori e delle scrittrici che non sono più novità e invecchiano. Sull’età ho sentito deliziosi apprezzamenti, come racconti anche tu: in Italia si passa direttamente da “giovani scrittori”, il che vale fino ai 45 se vendi, a “scrittori che non esistono”, in caso si venda poco. Il giovane scrittore si trova bruscamente ridotto alla sua età anagrafica, anzi invecchia precocemente e si ritrova praticamente in menopausa se la vendita è stata scarsa. Io ho 37 anni e già non risulto più così “giovane”: mi toccherà farmi la plastica? O forse, Francesco carissimo, ci tocca farci tradurre in francese (il mercato di riferimento per l’editoria italiana), trovarci un bello pseudonimo à la carte e poi essere ritradotti in italiano con grande sfolgorio mediatico… Vogliamo fare?
Ci deve restare il conforto della sicurezza di quel che facciamo ogni giorno, della vera vocazione che ci cotringe alla scrittura e la felicità dell’invenzione. Ai lettori la forza di cambiare e far sentire, come tutti voi state facendo, la vostra voce.
Per Sergio che mi chiedeva di Dante, una precisazione necessaria: sono stata criptica in quel passaggio. Non toccatemi Benigni, che sta facendo una cosa eccellente e che adoro. No, mi riferivo ad alcuni diktat che sono circolati a vari livelli, anche nelle scuole, e che riguardano Dante. Dante ovviamente non si tocca e ci mancherebbe, però quando il ministro Fioroni firma una circolare dove si scrive che bisogna ridurre i progetti con esperti esterni nelle scuole a favore del recupero e, semmai, i progetti da favorire devono riguardare solo Dante, si annusa un’aria strana… Ogni tanto il potere deve rifarsi una facciata culturale e allora quale scelta migliore che sponsorizzare il padre Dante? Ben gli sta, però, che, un verso si e un verso no, l’Alighieri se la prenda coi potenti (e ci ricordiamo tutti con che toni, vivaddio), cioè proprio con quelli che oggi lo usano per ripulirsi la facciata…
Un caro saluto a tutti e un bacio a Simona e alle indimenticate amiche di Siracusa!
Antonella Cilento
Complimenti ad Antonella, condivido molto il suo intervento. Vi invio un articolo che ho pubblicato tempo addietro su “La Sicilia” e rispecchia ancora il mio pensiero.
Le vetrine delle librerie mi attraggono irresistibilmente, mi ammaliano, mi ipnotizzano come un bambino dinanzi alle luci del Luna Park. Dalle copertine dei libri volti ammiccanti di soavi fanciulle incipriate invitano ad entrare. Ci sono tutte: la Parietti, la Guzzanti, la Littizzetto. Volti? Fanciulle? Ridestarsi dall’estasi porta a sconcertanti riflessioni. Cosa sono diventate le librerie, un’appendice del varietà? Il museo delle cere? (o del cerone). Il trionfo dell’immagine? L’apoteosi del silicone? Facce da video, politici, soubrette, fotomodelle. La grafomania impera.
Ricordo, qualche anno addietro, quando mi presentai, manoscritto in mano, da un critico letterario per sottoporre alla sua attenzione il mio primo romanzo. Dopo averlo letto, mi disse: “Lei ha talento, ma non basta. La letteratura è una cosa seria. Scrivere è mestiere, me-stie-re. Occorre studiare, approfondire, documentarsi, limare, rivedere, intervenire, ricucire. Se vuole diventare uno scrittore deve leggere, leggere e ancora leggere”.
“E quando avrò finito di leggere?”.
“Ricominci a leggere, leggere e ancora leggere”.
E mi appioppò una lista di libri da leggere e ancora leggere, quasi fosse la ricetta del medico curante. “Si ripresenti tra un paio d’anni. ”
“Buongiorno”.
“Buonanotte”.
Mi chiedo se il consiglio sia ancora attuale. Forse avrei potuto risparmiarmi la fatica, sarebbe stato molto più comodo cercare una buona raccomandazione e presentarsi due o tre sere da Maurizio Costanzo.
Nonostante la crisi, funzionano a pieno regime gli ingranaggi dell’industria cartacea. Qualsiasi titolo che serva a fare cassetta è ben accetto: raccolta di barzellette, aforismi, memorie a luci rosse di pornodive, romanzi da spiaggia, da fiume, da lago di montagna. Tutti seguono il messaggio mediatico e corrono in libreria. Regna il caos. Qualsiasi personaggio noto si sente autorizzato a pubblicare. Quante opere mediocri sono state fatte passare per autentici capolavori letterari. Eppure si fa finta di non sapere, si ignora volutamente per non intralciare certi ingranaggi della grande industria del nord. Si attribuiscono premi e onorificenze una volta all’uno, una volta all’altro, ma sempre tra gli stessi. Guai a uscire fuori dal seminato. Si scambiano i favori, le recensioni nei giornali, le prefazioni. La gente compra i libri propinati e imposti dai grandi mezzi di comunicazione come tutti gli altri prodotti di consumo, i biscotti o i detersivi. Da qualche tempo un altro esercito avanza inesorabilmente: sono i figli del computer, hanno vent’anni, scrivono semplice, usano pochissima punteggiatura o addirittura ne fanno a meno. La grammatica è un opitional. Sono trasgressivi e spregiudicati, passano con la stessa disinvoltura dal biberon alle redazioni delle più importanti case editrici: i cannibali, l’ultima generazione di scrittori italiani. I loro romanzi sono cherosene per l’adrenalina di quanti, uscendo dalla discoteca il sabato sera, vanno a schiantarsi a duecento all’ora. Gli editori li accolgono a braccia aperte. Il pubblico anche. Fanno moda le nuove leve del momento e tanti altri ancora si apprestano a invadere il mercato librario. Hanno inventato un nuovo modo di comunicare, sono una categoria compatta e omogenea, il loro linguaggio si potrebbe definire iperrealistico o post-moderno. Si ha la sensazione di assistere a una clonazione genetica, al trionfo del conformismo linguistico. Dicono che vogliono sperimentare un nuovo stile di scrittura. Parlano di nuovi generi letterari. Come se avessero inventato chissà cosa. Voltaire diceva che tutti i generi letterari vanno bene, tranne quelli noiosi. La verità è che c’è crisi di idee, ci sono pochi narratori capaci di inventarsi belle storie. Anche i nostri grandi intellettuali mascherano l’appiattimento della loro fantasia facendo sfoggio di iperletterarietà; i loro romanzi sono pura esibizione di bella scrittura, ma di una noia mortale. Forse che Calvino o Buzzati avevano bisogno di tali artifici per avvincere i loro lettori? No. Scrivevano semplice, scrivevano per la gente.
gli autori che cito = gli autori che citi
Smile
Mario, figlio di uno pseudonimo.
O ci sei dentro, e sai come funziona – e qualcuno di noi lo sa bene – e quindi difendi la categoria dei tipografi/editori, quelli che per loro vendere mortadella o parole è lo stesso; o apri una polemica entrando “mediaticamente” a piedi uniti sulla palla per farti notare.
Io ti ho notato.
@evento…d’accordo con te, splendida riflessione. Gregori sarà in ferie sui castelli?
A Francesco Di Domenico. Figlio di uno pseudonimo mi ha fatto ridere.
Il massimo sarebbe… tu, figlio di uno pseudonimo e nipote di un anonimo!
Smile
Francesco,
non ho capito cosa vuol dire “figlio di uno pseudonimo”; si tratta di un’offesa? 🙂
Comunque sì, ci sono dentro, anche se da poco e solo con un piede. Sono in quella categoria di collaboratori esterni che Antonella, con impagabile aplomb ha liquidato come “analfabeti di ritorno” (ma lei non voleva generalizzare, nooo, era solo polemica). Quanto a difendere la categoria dei tipografi/editori che vendere mortadella eccetera…io, questi editori non li conosco. Conosco, per lavoro e amicizia gli editor di Einaudi e Rizzoli, Instar, Fandango. E la visione mafiosa e inciuciara, cinica e sprezzante e arida che ne dà Antonella (tutti presi nelle loro cene torin-milanesi, a pulirsi le bazze e malignare sui poveri autori indifesi) mi indigna. Sì, mi indigna e mi fa incazzare. Lo ripeto, è troppo facile attaccare una categoria, costruire paradigmi che si autoavverano (non mi pubblicano perciò non capiscono un cazzo, ecc., sono troppo diverso e bravo per loro) salvo poi investire le case editrici di manoscritti. Se quello che dite è ciò che pensate dell’editoria italiana perché vi sforzate per farvi pubblicare?, siate conseguenti (se non coerenti) e pubblicate con Lulu…
Quanto al commento di Elektra mi verrebbe da dire che forse dovrebbero sorridere e stemperare i toni tutti gli autori degli alti lai su come si è ridotta l’editoria italiana (Où sont le neiges d’antan?). Io, di mio, sorrido parecchio.
A presto
L’intervento di Antonella Cilento è di una lucidità esemplare. Mi ha sorpreso la coincidenza di vederlo stamattina, quando proprio ieri sera avevo finito di leggere un magnifico libro di Roberto Bolano (il Gaucho Insostenibile: 5 racconti + 2 brevi testi di sue conferenze) che si conclude con un’analisi altrettanto caustica del “mondo letterario”odierno (iberico e latino americano in questo caso); anche qui si cita Il grande fratello (quello della TV e non quello di Orwell) e si insiste sul pubblico (..il pubblico, il pubblico, il pubblico ! – citando Camus); Bolano era già malato e sarebbe prematuramente scomparso di lì a poco (2003); più precisamente il suo testo è una “invettiva sulla leggibilità come categoria di giudizio supremamente futile in letteratura: -una letteratura non vale niente se non è accompagnata da qualcosa di più del mero atto di sopravvivere-” (dalle note di copertina) e vi invito a leggerla: tra ‘leggibilità’ e ‘visibilità’ (che è una ulteriore degenerazione di quella) in fondo vi sono molti punti di contatto.
In una società meno mercificata il pubblico (ne sono convinto), se opportunamente stimolato, saprebbe comportarsi meglio: non ho letto ancora statistiche, ma credo che in questi giorni grazie a Benigni la Divina Commedia abbia vendite superiori alla media; poi ne faccia l’uso che crede (non credo tutti che lo comprano poi lo leggano realmente), ma almeno qualcuno manifesta, in buona fede, un’intenzione, e forse rinuncia per questo ad un altro inutile libro di Moccia o di Bruno Vespa. Ma viviamo nell’era del mercato, del marketing (o marchetting), e l’era del Grande Fratello (e intendo Orwell stavolta) è già iniziata. Tuttavia graziaddio Orwell nella sua preveggenza non prevedeva il web, la rete che può essere anche ‘di salvezza’: blog come questo possono essere isole felici tra le quali diffondere anche la letteratura vera, anche quella non spinta dalle case editoriali ed il punto di partenza per dei passaparola che a volte funzionano e portano a sorprendenti ‘casi letterari’. In fondo io stesso ho conosciuto da poco quest’isola e ne sono diventato subito un frequentatore assiduo, e anche io sono il pubblico, e se un libro qui suggerito mi ispira (e voi riuscite ad ispirare, ve lo confermo) lo vado poi a cercare. Si tratta sempre di ‘visibilità multimediale’ ma un conto è riporre la fiducia in opinionisti televisivi marchettari, un altro in persone che manifestano liberamente e chiaramente il loro amore per i libri che leggono, che scrivono, che propongono come temi di discussioni di ampio respiro.
Insomma, io in queste isole ci spero, anche per Silvia Leonardi, per Catena Fiorello, per Sozi, Gregori, Francesco Di Domenico, Eventounico, per tutti coloro che passano per questi post o che ci passeranno. Resistenza! Resistenza! Resistenza! E lasciatemi sperare.
Carlo (di nuovo) Speranza
Mario, se pensiamo alla domanda da avvocato del diavolo di Massimo Maugeri qualche risposta possiamo, non trovarla perchè è ovvia, ma quanto meno dircela. Gli editori non sono istituzioni filantropiche e devono stare sul mercato. Qualche manoscritto potrebbe anche essere eccelso, ma se non venderà perchè dovrebbero pubblicarlo ? Non credo che all’editoria si applichi la legge di Say (l’offerta che crea la domanda).
Dunque è su chi legge che bisogna lavorare.
Caro Mario, certo che ti devi offendere. “Pseudonimo” è rientrato nel vocabolario delle brutte parole. Non lo sapevi? 🙂
Scherzi a parte. Ti garantisco che in questo blog si sorride moltissimo. E siccome sorridere fa bene e “parecchio” non è mai abbastanza… sorridi di più.
Poi ripeto, Antonella (che è una che pubblica con editori importanti), non credo che intendesse generalizzare, ma che volesse puntare il dito su una tendenza che secondo me è sotto gli occhi di tutti.
Se si critica qualcosa è perché probabilmente a questa cosa si tiene molto. Ecco perché ci si sforzerà comunque di farsi pubblicare, anche se non ho niente contro Lulu.
E comunque non è il mio caso. Io non scrivo. Leggo. E mi piacerebbe leggere cose interessanti.
E sorridi di più… non parecchio.
Smile
Elektra, hai notato che quando mancano i pezzi pesanti il gioco siamo costretti a condurlo noi pedoni ? Scioperiamo ?
No, Evento. Anzi… approfittiamone.
Così ci mettiamo in luce, che quando arrivano i pezzi pesanti ci oscurano.
Smile
e poi chiudo. Allora, se ho capito bene io devo sorbirmi decine di commenti livorosi, vuoti, su “una tendenza che è sotto gli occhi di tutti”, senza che venga fatto un nome (né di un autore né di un editore) e quello che dovrebbe sorridere sono io? E sono io che “entro a gamba tesa” per farmi notare? Non chi fa il paragone tra Ellin Selae (i buoni) e Castelvecchi (cattivi)…non chi afferma “una nuova generazione per cui la grammatica è un optional” (io sono della nuova generazione e sfido Zappulla a una gara di ortografia :-)), non chi descrive gli editor intenti a spartirsi gli autori giusti a cena, come una conventicola di massoni…Io sorrido, ma voi, forse, dovreste fare un po’ di autocritica….e crescere, anche… (o sia chiaro, non volevo generalizzare, eh!)
Mario
Mario, non chiudere dai; che sotto la tua scorza incazzosa sei molto simpatico.
Io capisco il tuo punto di vista e sono d’accordo con te sul fatto che i tavoli delle case editrici sono invasi da quintali di manoscritti che sono ciofeche.
Antonella, ripeto, non ha fatto nomi in particolare ma si è firmata con il suo. Non è che avesse scritto una lettera indirizzandola a Mario (quindi non sei tu che devi sorbirti decine di commenti livorosi). Però Mario può risponderle per le rime indirizzandosi a lei, che si è firmata con nome e cognome.
Senti Mario… io avrei un dattiloscritto che è un capolavoro. La cosa più grande che è mai stata scritta in Italia. Un libro che resterà nella storia e che potrebbe far ricco te e gli editori per cui lavori.
Te lo mando?
Sto scherzando 😉
E torna, dai… che ‘sto blog aspetta a te.
Smile
Mario, stamattina devi aver mangiato peperoncini a colazione. Rilassati. Io non ce l’ho con le nuovi generazioni. Non sono poi così decrepito. Il problema di fondo è che l’industria culturale sempre con maggiore impegno punta sui prodotti di consumo, sui volti televisivi di attori, soubrette ecc. ecc., a discapito di qualche ottimo scrittore sconosciuto. D’altronde sono aziende che devono fatturare, hanno le loro spese e alla fine i conti devono pur quadrare. Pochissimi oggi sono disposti a investire su un esordiente. Si costruiscono successi artificiali a tavolino facendo leva su argomenti pruriginosi di scarso valore letterario ma di grande presa. Verò è che a una domanda corrisponde sempre una richiesta, ma trasformare l’industria cartacea in un enorme carrozzone che tutto assembla mi pare esagerato. Poi ci sarebbero da fare altri discorsi sulla scarsa visibilità che i piccoli e medi editori riescono a trovare nelle librerie, e non per colpa dei librai, ma di un sistema che tende a strangolare anche loro Mi fermo qui perché rischio di andare fuori tema.
“Nuove generazioni”. Ho rotto gli occhiali e non ci vedo bene. Forse sono davvero decrepito.
sui romanzi introvabili: è una battaglia che si vince nelle librerie dell’usato!
il piacere, per me, consiste proprio nel lanciarmi la sfida del libello fuori catalogo e poi, alla fine, magari dopo anni, trovarlo e leggerlo…
nel fattempo, si trovano cose meravigliose, per cui non è mai tempo perso (come se il piacere della ricerca fosse perso…)
sull’altro aspetto, cioè lo SCRITTORE-PERSONAGGIO, purtroppo ammetto che ne sono stata vittima
quando uscì il mio primo romanzo, mi dissero cosa e come dovevo comportarmi
anzi, prima ancora di finire in tivvù, l’editore mi chiese di calcare la mano su alcuni aspetti e di tagliare altri capitoli, che a me piacevano di più…
non ho la pretesa di aver scritto un capolavoro, e magari nemmeno un libro leggibile, magari è solo l’ennesima schifezza, ma la cosa che mi ha tanto/troppo ferito, è stata questa pretesa che io diventassi PERSONAGGIO
e non c’era conduttore della trasmissione televisiva ch prima di andare in onda non riscordasse: mi raccomando, cara, dica che lei “lo fra appesa ai lampadari”, dica che a lei piace “farlo strano”, cara: AMMICCHI E SIA SEXY (altrimenti non fa audience)
e poi è successo l’inevitabile, e cioè che conoscenti (e anche parenti) abbiano preferito credere a quell’immagine di me ch volevano i giornalisti e i conduttori televisivi
e l’hanno preferito perché ero un “personaggio piccante” e si poteva allegramente sparlare…
che noia!
che stupidità!
ma forse è stata colpa mia, che ho confidato nell’intelligenza altrui
il meccanismo dello scandalo inventato mi pareva così ovvio che non mi sono mai peritata di spiegarlo a nessuno e così, quando i conoscenti mi chiedevano: ma davvero tu… sul lampadario…??? io ero così sgomenta che ho capito un’unica cosa
ecco, ho capito che non son tagliata per fare audience, non son pronta a vendere un’immagine per vendere una copia
e ho deciso di non pubblicare più niente
non sono una personaggio, mi dispiace
sono una persona, che ha delle storie da raccontare
se le storie non bastano, non importa, vuol dire che pubblicare un libro non fa per me
ls
Da qualche anno mi sono dissociata dalla televisione, ascolto volentieri la radio, quando è meritevole d’attenzione. Mi accorgo della “produzione del personaggio”
dai libri che ormai trovo nei supermercati e negli autogrill, resi beni di consumo
come tutto il resto; la sacralità del cartaceo e dei suoi sacerdoti non appartiene
più al mondo comune, e questa frenesia del possesso rende poveri..
Personalmente ho sempre scritto per necessità, non per vezzo né per vendere.
Scrivo perché è una mia esigenza intima, scrivo perché è il mio canale d’espressione preferito. Usare il linguaggio per creare immagini eterne ed effimere
che si riproducono e si sviluppano nella mente di più uomini. E’ un potere la
scrittura, basta guardarci attorno per capire chi lo sta esercitando ora..
Come le leggi fatte dai politici, i “libri” dei personaggi non mi sembrano destinati al vanto della specie umana. Vorrei uno sbaffo di coscienza in più..
ma no Elektra, che hai capito?, sono andato a mangiare e dare pappa a mio figlio, ché, voi non mangiate?:-).
Solo che non mi va tanto di mettermi qui a difendermi. Lo so che sono su posizioni impopolari. Sono mesi (da quando c’è stata la polemica sull’editing lanciata dalla Benedetti) che mi trovo (con pochi altri) a difendere gente che stimo, ammiro o cui sono in rapporti di amicizia dall’assurda (ripeto, assurda) accusa di far parte di una massoneria di gente venduta al mercato. Odio fare nomi ma pensare che per Helena Janeczek o Paola Gallo o Michele Rossi (a voi associarli ai vari editori) sia uguale vendere mortadella o libri mi sembra offensivo, e mi sembra non tenga conto né della loro storia né del loro portato umano. Capisco che se uno non li conosce possa pensarne quello che vuole ma da qui a offendere (che è quello che ha fatto Antonella Cilento, per inciso) ne passa.
Quanto a Salvo, che dire? torno a ripetere quanto sopra. Sono io che alzo i toni, che “devo aver mangiato peperoncini” e non lui che liquida un’intera generazione come sciatta e banale (ma non voleva generalizzare).
E un’altra cosa. Non è vero che sui tavoli delle redazioni arrivino ciofeche. Non è questo il punto. A me è capitato di leggerne anche di belli, di validi, anche solo di mediocri (che arrivino solo ciofeche è un luogo comune, anche questo).
Alcuni (pochi) usciranno. Altri no. Con che criterio? non lo so, non sono io l’editor della collana. Nelle mie schede di lettura, però, ho sempre solo badato alla qualità e alla passione che vi ho trovato. E su quelle schede gli editor daranno i loro giudizi.
Statemi bene e buon appetito.
(per inciso) Mario Capello
Antonella ha perfettamente ragione. Vorrei però anche aggiungere che per leggere bisogna soprattutto avere il tempo di farlo. In Italia – lo sappiamo tutti molto bene – la lettura di libri e giornali non è tra le priorità dei nostri cittadini. Quando sono stato alcuni anni fa (per ragioni di lavoro) a Vienna per circa un mese, mi divertivo a notare quanti salissero sulla Metropolitana con un libro o un giornale in mano da leggere lì, seduta stante (5 minuti o mezz’ora). A Bari, città dove sono nato e risiedo, è persino raro guardare la mattina persone con un giornale fresco di stampa (a meno che non si tratti del Corriere dello sport) sotto braccio. E posso dirti, cara Antonella, che quando mi capita di comprare tre, quattro giornali per volta, c’è pure qualcuno che mi guarda…”strano”. Mi faccio il classico film in testa dei suoi possibili cattivi pensieri: “Questo tizio per leggere tutti questi giornali avrà proprio tempo da perdere…BEATO LUI!”
Ecco perchè bisogna andare in tv e partecipare ai talk-show pomeridiani di Mamma Rai perchè è proprio lì che gli Italiani non mancano mai. Davanti al loro amato Televisore a sciropparsi L’Isola dei famosi, Matrix, Porta a Porta e tutte le talora melense fiction domenicali. E poi vedi quanti giornalisti-scrittori (quasi) si “azzuffano” per partecipare a codeste trasmissioni. Se vuoi vivere, o meglio, sopravvivere con questo mestiere ci devi allora andare per forza. L’editore (per chi ha la fortuna di averne uno VERO) vuole vendere e non di certo collezionare nei suoi polverosi depositi migliaia di copie del tuo libro; fosse anche più bello di Guerra e pace o dei Fratelli Karamazov. E’ chiaro che ti spingerà ad andare a Domenica In o a Festa italiana dalla (tra l’altro bellissima) Caterina Baglivo.
Antonella ascolta me: se ti invitano in tv a parlare di un tuo libro (turati pure “montanellianamente” il naso e magari truccati un po’) ma vacci e fallo pure di corsa prima che ci ripensino!
A mio sommesso parere l’appeal non è soltanto le belle cosce o lo sguardo alla Clooney.
Esiste un appeal più strisciante ma forse ancor più vincente. E’ il sapersi incanalare in ciò che fa moda e tendenza.
Adolescenti trasgressivi, pippate di droga, crisi dei sentimenti, harrypotterismo, winxmania, tremetrisottoilcielismo. E chi più ne ha più ne metta.
Probabilmente se oggi sbucasse un Ariosto, i suoi “cavalier, gli armi e gli amori”, verrebbero seppelliti sotto romanzi “cronachistici” che, peraltro, hanno solo riferimenti superficiali e ammiccanti alla realtà della cronaca.
Raccontare i pomeriggi in discoteca di una baby-cubista, per esempio, non ha nulla a che vedere con i motivi per i quali la ragazzetta stia lì mezza nuda a ballare su un trespolo.
Tanta apparenza e poca essenza, in fondo.
Filoni che si accodano agli originali. Imitazioni dell’imitazione e dell’imitazione ancora. Harry Potter (per me) va bene. Un’eventuale sfilza di maghetti brufolosi e scassapalle, va meno bene.
Trasferendoci in televisione, per esempio, può essere in qualche modo innovativo il gioco dei pacchi. Andrebbe bene se, su altri canali, non ci fossero scatole magiche, cilindri miracolosi e lotterie taumaturgiche.
L’omologazione, alla fine, è la pietra tombale della creatività.
Ma va anche detto, però, che gli esordienti non sono esenti da responsabilità.
Ho fatto un giro a “più libri, più liberi”. Molti si sono presentati con il loro romanzo d’esordio attaccato al bavero del cappotto e ne parlavano al colto e all’inclita come se avessero scritto la Gerusalemme Liberata.
Editori velleitari e ignoranti ed esordienti che “mi dovrebbero dare il Nobel perché ‘ste cose le scrivo solo io”, sono un mix micidiale e tossico.
Alla fine viene quasi da approvare il programmista che dice “non sai né cantare nè ballare, ma ti faccio lavorare perché c’hai un bel paio di tette”. Se non altro è prendere “di petto” la situazione.
Salvo, ma come fai a dire che “pochissimi editori puntano sugli esordienti”? Viviamo forse in un altro paese, frequentiamo librerie diverse? Ma se non si sono mai pubblicati tanti esordienti come ora…ma dai… o diciamo le cose come stanno (senza cambiare le carte in tavola per aver sempre ragione) o non si discute proprio. Ma certo, tu mi dirai “si costruisce lo scandalo a tavolino”…ergo i miei amici, che hanno pubblicato da poco, per quattro medi editori (visibili, guarda un po’) devono accettare l’idea che se li hanno pubblicati non è perché sono bravi (scherzi? sono giovani) ma perché sono spendibili (ma dove? ma quando? e come?). Lo so, lo so, (e adesso sì, sono polemico e se te la prendi mi dispiace ma ti tocca) tu pensi a Melissa P., è chiaro. Ma forse il problema è tuo che appiattisci il mercato editoriale italiano (con i suoi Geda, Fontana, Santi, Desiati, Varvello) a Melissa P. Prova a leggere qualcosa d’altro, ogni tanto. Vedrai come cambia la prospettiva. Quando entri in libreria, anziché fare lo snob e tirare dritto davanti ai nuovi italiani (ché, tanto, non sanno scrivere) fermati, apri il libro di Luca Ricci e leggilo. Forse, potresti imparare qualcosa.
Stammi bene
Mario
Laura Costantini dice: ”Per favore, proviamo a tempestare l’indirizzo tg1libri@rai.it con titoli che non siano i soliti? Proviamo a dire loro che il libro del 2007 non e’ necessariamente quello di Vespa, quello di Saviano, quello che infesta le vetrine natalizie?
Io ci provo.”
OTTIMO, LAURA! FORZA, RAGAZZI: SPEDIAMO I NOSTRI SUGGERIMENTI!
Sergio
La Cilento ha ragione, ma è un andazzo ormai consolidato da anni. Dalla II Repubblica in poi o giù di lì e non solo nella Letteratura, né nell’arte in genere. Un po’ in tutti i campi è ormai naturale mirare al profitto, solo ed esclusivamente a quello. Fenomeni letterari italiani, in questi ultimi anni, purtroppo, sono stati libri come quel “100 Colpi di spazzola prima di andare a dormire”, ovvero fenomeni commerciali, dove, non a caso, si fa leva sull’erotismo, per non dire pornografia, da quattro soldi. Vogliamo paragonarlo a Nabokov?
Anche il cinema si è spinto in quella direzione. Ormai l’Attore, salvo rare eccezioni, non è più quello che viene da una preparazione adeguato, ma chi fa show, chi è bello, chi è glamour. I programmi della De Filippi, ne sono un esempio agghiacciante, promotori di morali come: se non sei figo, bello e bravo, non vali niente. Cos’è diventata la commedia all’italiana? non c’è nemmeno bisogno di discuterne.
Nella musica, stesso orientamento.
Citare personaggi come Calvino, Gadda, Quasimodo e Montale fa solo nascere nostalgie e la convinzione di essere nati, almeno per quel che mi riguarda, in un’epoca, non sbagliata, ma morta sotto ogni profilo, sterile e avulsa alla qualità. Perché se pure sconfiggessimo Dio, ci sarebbe ancora il denaro…
Cari Massimo, Antonella, e gli ospiti di questo forum, un saluto a tutti. Ritengo importante e fortemente civile il grido di costernazione che si solleva dalla penna di Antonella Cilento. Abile, intelligente, risoluta e vera come sempre. Soprattutto VERA. Antonella carissima, hai una forza e un’indignazione che provengono dal coraggio di dire le cose in faccia, senza sconti per nessuno, e possiedi la lucidità necessaria a mettere a nudo le contraddizioni più insidiose del nostro tempo. Condivido tutto quello che scrivi, e i commenti di sostegno che mi è capitato di leggere: il mondo culturale sta trasformando anche la letteratura in un volgare varietà, e di pessima categoria. Quelli che una volta erano i luoghi del pensiero, dell’espressione, del sentire esistenziale si sono sottomessi ai lustrini mediatici della fasce televisive pomeridiane. A volte mi chiedo: se tornassero Sartre, Calvino, Pasolini, o scrittrici del calibro gigantesco della Morante, della Yourcenar, della Ortese, cosa ne sarebbe di loro e del loro talento? Finirebbero per precipitare nell’ombra, come oggi accade alla maggior parte dei veri grandi scrittori contemporanei. Verrebbero ghettizzate, isolate, emarginate da un mondo che insegue una velocità commerciale malata, giacché solo apparente, e che non si sofferma mai su una reale emozione, che non ne vuole più inseguire in alcun modo il perimetro. Inutile fingere che non sia così, convalidando l’ipocrisia di un tempo libero, virtuale, all’avanguardia. Viviamo una stagione di scivoloso oscurantismo e arretramento intellettuale: non ci accorgiamo che tutto il caos mediatico e giornalistico è solo polvere negli occhi, affinché questi occhi vedano meno e si lascino confondere dalla nebbia prodotta da chi muove i fili e determina le mosse dei suoi terribili giochi di potere. Inutile imputare le colpe ai lettori. La parte più vergognosa di ogni responsabilità è direttamente in chi produce cultura, in chi abbassa volutamente il canone di riferimento, offendendo la sensibilità e l’intelligenza di tutte quelle persone che, oggi come ieri, sentono ancora il bisogno vibrante di entrare in una libreria e affidarsi alla magia di un libro. Cara Antonella, grazie di cuore del tuo intervento, e per essere quella coscienza civile e intellettuale che troppo spesso il nostro terribile paese dimentica di avere.
Mi ero già accorto che oggi se non sei una strafiga anche se sei più brava della Callas e di Mina in televisione non vai neanche morta, ma per le scrittrici francamente non me ne ero accorto. Già di spazio alla cultura in televisione se ne da ben poco, se poi guardiamo l’aspetto delle scrittrici…In realtà io ribadisco che non è un problema di aspetto, in televisione non c’è spazio per i personaggi della cultura. Purtroppo…
Le polemiche sono un po’ il sale della vita e servono quindi anch’esse. E’ però nel mio carattere cercare di stemperare gli animi e cercare i punti di contatto (da dove partire sennò ?).
Credo che Supermariocontrotutti abbia una buona parte di ragione nel difendere se stesso, il proprio lavoro e le ragioni del mondo in cui crede. Un po’ meno nel non cogliere quello che credo il vero senso delle parole della Cilento (e ritengo anche Salvo volesse alludere a questo): che le nuove tecniche di mercato, basate sull’immagine, sul casting (eccheccazzo !!!!), non sulla sostanza, si vadano affermando ANCHE in editoria; forse nella nostra santa ingenuità pensavamo che la cultura fosse immune da tante e tali nefandezze.
Il caso illustrato da Is mi pare emblematico. E perché sennò tanto entusiasmo qui per l’intervento di Antonella ?
Poi è certo, esistono case editrici serie che investono su puri ‘prodotti di mercato’ per potere poi utilizzare i ricavi anche per lanciare nuovi, interessanti e VERI scrittori, con operazioni probabilmente ‘in perdita’ dal punto di vista aziendale (e forse è giusto che sia così, o almeno spero che sia così). Sono però le tecniche di questo mercato che mi pare (ci pare ?) vadano imbarbarendosi, al passo con la società: per il mondo della cultura mi pare un segno nefasto. A me fa una profonda tristezza.
Carlo S.
Supermariocontrotutti? figo! Allora, non entro nel merito della vicenda di Is (come in quella di Francesco Costa) perché non ho strumenti per giudicarle. E non metto in dubbio che siano state vicende dolorose. E’ per quanto riguarda il fatto del casting, delle scelte fatte su fattori esterni alla qualità del libro che non sono d’accordo. Non dico che non accada in assoluto (la gente per cui lavoro pubblica molti volti noti che si cimentano con la scrittura – tra l’altro, che male c’è?) affermo che non è, ribadisco, non è, né l’unico criterio di scelta e neppure il più diffuso. Che basta dare un’occhiata alle librerie – mi ripeto – per accorgersi che se c’è la Bonaccorti c’è, lì accanto anche Luca Ricci o Emiliano Poddi o Santi o Castaldi. Ecco un esempio interessante: se l’unico criterio delle case editrici fosse il profitto e la spendibilità del prodotto, perché Feltrinelli avrebbe pubblicato la Tetralogia di Darkwater (800 pagine molto ostiche)? O Moresco? Perché Bompiani pubblicherebbe Parente (apro seconda polemica: che fa l’anima bella antisistema e poi pubblica con una major, per questo, per questo cambiare schieramento a seconda che si sia cooptati o meno, vi invito a leggere il mio blog, il primo post)?
E poi io non sto difendendo il mio lavoro. Sto difendendo delle persone (persone) che da un po’ di tempo in qua vengono accusate di nefandezze varie senza che nessuno le difenda (salvo poi omaggiarle e riverirle quando le si incontra e spedir loro i propri capolavori).
Quanto alla tua domanda, sul perché di tanto entusiasmo verso Antonella, non lo so. Che ci sia una parte di verità non giustifica le offese (generalizzate), in ogni caso. E poi si sa il lamentarsi dei tempi è da sempre uno dei canali più facili per trovare ascolto (O tempora o mores!)
Saluti a tutti
Mario
Nel 1961 nel neonato “Folkstudio” di Roma fu
organizzata una serie di serate di nuovi
talenti/esordienti per vedere se qualcuno
potesse ottenere un contratto discografico. Una
sera c’era il responsabile di un’etichetta al quale
raccomandarono di ascoltare un giovane
americano che al tempo si era
stabilito e Roma e, se avesse avuto un
contratto, proprio a Roma sarebbe rimasto.
Quell’allampanato folk-singer salì sul palco con
una chitarra e un’armonica a bocca e fece alcuni
pezzi. Al termine nell’esibizione il discografico
sentenziò: “Ammazza, che palle! Questo non
andrà mai da nessuna parte. Io non gli faccio il
contratto e, anzi, gli consiglio di cambiare
mestiere o morirà di fame”.
Quel giovane americano si chiamava Robert
Zimmerman, alias Bob Dylan.
come dire…tutto è relativo!
@Mario.
Premetto che mi stai diventando simpatico, sia perché esprimi la tua opinione con coraggio e soprattutto perché hai rivelato il tuo cognome. Ed è sempre più gradevole sapere con chi si discute. Io parlo per esperienza, ci lavoro con i libri, e non entro nelle librerie tanto per togliermi il ghiribizzo di curiosare se c’è qualcosa di nuovo oggi sugli scaffali. Sicuramente gli autori che hai citato saranno bravissimi, non li conosco, ma sono talmente tanti i libri che escono giornalmente, sarebbe davvero impossibile leggerli tutti. Io mi pongo seri interrogativi su un mercato che sta diventando sempre più asfittico. Ho la fortuna (o la sventura) di dirigere una piccola Casa editrice siciliana, che poi così piccola non è, in quanto abbiamo più di cento titoli in catalogo. Può darsi che abbia anche il dente avvelenato. Può darsi. Le librerie indipendenti sono sull’orlo del collasso. I grossi gruppi editoriali spadroneggiano, sono in possesso di distributori, catene di librerie e organi di informazione. Impongono titoli in quantità abnorme, non richiesti, ai librai, i quali, riuscendo a venderne solo una parte, sono costretti a restituirli a proprie spese con costi elevati. Ciò li costringe a tenere tali libri in vetrina più del dovuto, a discapito dei piccoli e medi editori che si vedono ridotto lo spazio a disposizione. In più c’è la concorrenza sleale di supermercati e grosse catene di ipermercati cui viene data la possibilità di applicare lo sconto del 20 o 30%. Oltre ai libri venduti su internet e negli autogrill. In questo modo il libraio indipendente è destinato a scomparire. E’ chiaro che in una società di libero mercato ognuno sceglie i propri canali di vendita come preferisce, ma trattandosi di editoria e quindi di informazione, bisogna anche salvaguardare la pluralità. Si sta creando un sistema perverso che tende a strangolare il mercato librario, egemonizzandolo, da parte dei grossi gruppi i quali nelle loro librerie spesso non fanno entrare i piccoli editori, e allo stesso tempo creano terra bruciata attorno alle librerie indipendenti. La fine dei piccoli e medi editori significa la fine anche per gli scrittori emergenti e riduce la possibilità di cercare nuovi talenti. Restringendo la richiesta, i grandi editori preferiranno puntare sempre più sui nomi già consolidati che richiedono meno investimenti in pubblicità.
Senza voler entrare nel dettaglio delle difficolta` di pubblicare, problemi che in qualche modo mi riguardano, per capire lo stato della nostra editoria posso solo dirvi che sono alcuni anni che provo invano a comprare la Trilogia di samuel beckett e a reperire un volume di Mario Vargas LLosa.: La Guerra alla fine del mondo.
Due capolavori, mica robetta da esordienti.
In compenso tutti i vip ci puoi scommettere per un motivo o per un altro sono in libreria.
Una considerazione.
Sono convinto del fatto che sia possibile esprimere opinioni contrastanti, persino opposte, in maniera civile e costruttiva.
Se c’è “civiltà” e “approccio” costruttivo c’è anche la possibilità che, quando incontriamo qualcuno che ha manifestato un’opinione contrapposta alla nostra, gli possiamo stringere la mano con sincera cordialità. E magari offrirgli un caffè al bar con piacere.
Credo anche che si possa cambiare opinione. Credo che quando riconosciamo di aver sbagliato dobbiamo avere il coraggio e l’onestà intellettuale di ammetterlo innanzitutto a noi stessi, fare un passo indietro e riconoscerlo pubblicamente.
Questa è la mia filosofia.
E questa è la filosofia di Letteratitudine.
Ci tenevo a precisarlo a beneficio di chi ci frequenta da poco.
Ciò premesso…
… ringrazio tutti per i numerosi interventi.
Un grazie particolare a Elektra e a tutti coloro che si sforzano di moderare i toni senza compromettere gli esiti dei dibattiti.
Caro Salvo,
sono contento di aver recuperato la tua stima (spero sia chiaro che qui, almeno qui, si discute per discutere, senza strascichi). Però vorrei farti notare come sei passato, in maniera impercettibile, dall’accusare il sistema editoriale ad accusare la distribuzione (questo sì un problema, ma che va scisso dall’altro). Non è un passaggio da poco. Il post iniziale e alcuni successivi parlavano di un gruppo di potere (ritratto nel girare da una cena all’altra) a distribuire placet e stroncature sulla base di criteri non letterari. Ora, dopo un paio di interventi forse polemici, ma necessari, del sottoscritto, si è arrivati ad accusare il Mercato (il mostro senza volto…e anonimo) dei problemi della letteratura italiana. Ancora due cose: anche senza i piccoli editori ci sarebbero comunque gli esordienti e ci sarebbe lo scouting (e, sia chiaro, nulla voglio togliere ai meriti dei piccoli editori, ché, probabile ci pubblichi anch’io, a breve); solo che lo scouting è parte essenziale del lavoro dei vari editor (e se vedeste quanto tempo porta via e quanta attenzione gli viene dedicata, stupireste).
Altra cosa: gli scrittori che ho nominato sono bravi. Davvero. E sono stati pubblicati solo per quello (non vorrei che si offendessero ma altro appeal mi sa che non l’hanno tanto). E anch’io non entro in libreria solo per fare un giro, ma per lavoro, e, certo, vorrei più tempo anch’io per leggere tutto e ovviamente seguire tutto non si può (ma almeno Einaudi e Feltrinelli e Rizzoli e Mondadori, via, si può fare uno sforzo – spesso ripagato).
Infine, io non uso un nickname. Uso il mio nome di battesimo, senza cognome, come, secondo me, si fa in una situazione informale. Del resto, è linkato e rintracciabile.
Statemi bene
Mario
Antonella è una persona che stimo tantissimo ed è, a mio avviso, una delle migliori giovani (sì, sei ancora giovane Antonella!) scrittrici che abbiamo in Italia. Io sono orgoglioso di poterla ospitare qui a Letteratitudine. E sono convinto che quello che ha scritto non è frutto di livore, ma di grande amore per la letteratura. Chi conosce la Cilento conosce pure l’importanza che lei dà alla scrittura e all’arte della scrittura.
Ritengo, come ho già scritto, che la denuncia di Antonella sia motivata e che quella che lancia è una polemica utile… di quelle che potremmo definire “costruttive”.
Mi ha molto colpito il commento di LS: Lanasmooth.
Conosco Lanasmooth e mi guarderò bene dal rivelare la sua identità. Però posso dirvi che è persona sensibile e scrittrice di vero talento. Ed è una che conosce bene la letteratura (quella con la elle maiuscola) e i fondamentali della scrittura.
Lanasmooth è anche una bella ragazza. Forse per questo è rimasta intrappolata nel ruolo di “scrittrice-personaggio” come lei stessa ci ha raccontato (rileggetevi il suo commento).
Grazie per la tua testimonianza, Lanasmooth, ma tu sei scrittrice di razza e tornerai a scrivere al di là del ruolo o personaggio che hanno cercato di appiccicarti addosso.
posso intervenire in punta di piedi da lettore?
ho l’impressione che il problema sia da contestualizzare.
in una società basata sull’economia di mercato i beni vengono prodotti a seconda della richiesta; se questa è carente, allora la si crea. e quando la si è creata la si sfrutta fino allo stremo producendo altri beni che richiamino il concetto.
da quando l’editoria si è scoperta un’industria come le altre, non si può sottrarre a questa logica.
i soldi non si fanno con la cultura, salvo rarissimi casi. si fanno vendendo alla gente quello che vuole, allargando il mercato il più possibile. e cosa può volere la gente che non legge di abitudine? è un problema di cultura in senso lato, più che di Cultura.
gli editori seri, e ce n’è ancora qualcuno, reinvestono su autori emergenti e sulla cultura vera almeno parte dei soldi che fanno con le str..
ma finchè in italia ci saranno più scrittori che lettori ho paura che non si riuscirà ad uscire da questo loop.
ok, adesso potete incominciare a sparare
🙂
In un vecchio numero della rivista Nuovi Argomenti, Enzo Siciliano scriveva:
“Ciò che è in discussione è il romanzo come momento di elaborazione cognitiva, di sintesi creativa. La distorsione editoriale in atto ne fa una testimonianza sociologica, pari alla fiction tv (…) dei film, del cinema. L’editoria chiederebbe al romanzo narrazioni di “tipi” e “casi” umani, ben caratterizzati nei loro profili sociologici”
Riassumo in parole semplici: la gente pensa che i romanzi debbano essere reality da sfogliare, invece che da vedere. E, di conseguenza, pensa che anche gli scrittori siano (o debbano essere) dei personaggi da reality.
L’una cosa è causa dell’altra, e viceversa.
No, non c’è rimedio. E’ una questione “culturale”, ovviamente in senso lato.
@ Mario Capello.
Caro Mario,
intanto ti do il benvenuto qui a Letteratitudine e ti ringrazio per i tuoi interventi e per la tua partecipazione (che mi auguro non sia occasionale). Ti prego di seguire il mio ragionamento.
Non si tratta di fare un processo agli editor o ai consulenti editoriali. La stessa Antonella Cilento conosce benissimo molti degli editor che lavorano per i grossi editori (lo so perché ne abbiamo parlato). Li conosce e li stima.
Tu citi Paola Gallo, che è una colonna dell’Einaudi: una delle case editrici che, a mio avviso, può vantarsi di pubblicare testi di altissima qualità. Aspettiamo con ansia l’esordio – per Einaudi – di Rossella Milone, che è grande amica della Cilento (che, tra l’altro, può vantarsi di averla – per certi versi – “scoperta”). O Michele Rossi che lavora benissimo per “Rizzoli” e che ha pure pubblicato un ottimo libro per Cadmo.
Io stesso, per esempio, ho salutato con entusiasmo l’esordio in narrativa di Andrea Di Consoli (titolare di un’altra rubrica qui a Letteratitudine), che ha pubblicato con “Rizzoli” l’ottimo “Il padre degli animali”.
E di esempi se ne posso fare altri. Da questo punto di vista hai ragione.
Però è anche vero che le testimonianze di Lanasmooth e di Francesco Costa avvalorano le preoccupazioni (e anche la rabbia) esposte nell’intervento di Antonella.
Non per questo possiamo fare di tutta l’erba un fascio. Certo che no.
–
Ripeto, non si tratta di fare processi agli editor.
Il problema, a mio avviso, è un altro (lo ha appena accennato Gea). Ed è un problema complesso. E non solo italiano.
La verità è che la maggior parte dei colossi editoriali sono società per azioni quotate in borsa. Se un’annata dovesse andar male in termini di profitti… chi se la vede con l’amministratore delegato? Chi glielo spiega agli azionisti?
Immagino che se un editor pubblichi titoli che si rivelano dei fiaschi i dirigenti della società non ci pensino due volte a buttarlo fuori.
Credo che il nocciolo della questione sia qui. E, ripeto, non è un problema solo italiano.
Chi lavora all’interno delle grandi case editrici (società per azioni) deve garantire degli introiti e, in alcuni casi, potrebbe trovarsi costretto a inseguire la vendita facile.
Ed è più facile che uno “scrittore-personaggio” o una “scrittrice-personaggio” facilitino le vendite rispetto a scrittori “ordinari”.
Di chi è la colpa?
Direi di ripartire da qui.
Poi vi dirò la mia.
@ Salvo Zappulla
Del problema della grande distribuzione e dei librai indipendenti ne abbiamo discusso più di una volta. Tu fai benissimo a tornarci.
Quanto alla casa editrice che dirigi… diciamo il nome, dài.
Si chiama “Terzo millennio”, casa editrice di Caltanissetta.
Pubblicità!
😉
eventounico, ci sono varie proposte. Non ho mai letto i tuoi paladini che qui sono di casa, e tanti altri ancora. Gli esempi per far incontrare ecc ecc in barba o addirittura grazie allo star system sono notevoli.
Pensa ai festival letterari: non ci vanno solo i pesi massimi della letteratura, anche se molti lettori ci vanno per questi ultimi. Tra un big e l’altro, sul palco può salire l’esordiente o il minore, e di sicuro il pubblico del festival saprà valutarlo opportunamente.
Pensa all’effetto boomerang della società dello spettacolo sugli inconsistenti: ci sono ersonaggi finiti sotto i riflettori che sembravano destinati a iventare nuovi dei, e che si sono vaporizzati.
Il povero Scurati, pur essendo un bell’Antonio, dopo essere passato alle invasioni barbariche dubito che abbia visto le sue quotazioni salire.
La competizione è spietata, ma almeno c’è un’arena, e va riempita. Se gli spazi si moltiplicano, serviranno nuovi “dilettanti allo sbaraglio”. Io preferisco questa logica qui al mondo delle rivistine meste ma curate con la loro aura canina, a volte aggressiva, a volte bisognosa d’affetto e gli autori barricati in torri autoreferenziali (che non è il caso di Antonella ecc ecc).
Paolo io non ho paladini nè sono scudiero di nessuno. Esprimo solo in maniera libera le mie valutazioni.
A proposito della società dello spettacolo, ti pregherei di rileggere l’intervento di LS. In quanto alle rivistine non capisco il nesso e chi ne abbia parlato, ma va bene lo stesso. Non fanno impazzire neanche me.
Infine sui nuovi dilettanti allo sbaraglio e sull’arena mi limito solo a far notare come qui da Maugeri, a titolo di esempio, si possa parlare di libri, a volte poco noti, che vengono apprezzati senza che nessuno sia “di casa”.
Nel mio primo intervento, comunque, dicevo altro.
@Salvuccio Zappulla,
se non gli avessi dato “figlio di uno pseudonimo” il Mariotto” non si sarebbe scoperto – la tecnica è “Testimone Inconsapevole” di Gianrico Carofiglio -, il livore non è effettivo, Mario è ‘nu buono guagliono, un po’ corporativo; si è fatto il mazzo per entrare in questo mondo e non può tollerare che bande di repressi “compilatori di diari”mai editati possano inficiargli un lavoro (che è sicuramente serio e professionale) o quantomeno incrinare quel poco di crinale “risalente” dell’editoria italiana.
@Mario
Quello che non sopporto è il tono, non si entra ad un party spaccando bicchieri se si è sbagliato drink; è tipico di chi non sa dipingere fare il critico d’arte; Gianrico Carofiglio è bravo, se non fosse stato un giudice però le sue storie se le pubblicava da solo (e quanti filantropoci editorucoli ho conosciuto);
non facciamo gare sulla conoscenza dell’italiano ( è questo il motivo per cui un Sozi non ti risponde, e chiedo scusa agli altri), io conosco bene la lingua napoletana, meno bene l’italiano: comunque sono bilingue.
@ Francesco Di Domenico.
Anche secondo me Gianrico Carofiglio è bravo.
Domanda: se la “nostra” ottima Simona Lo Iacono arriverà a pubblicare con un grosso editore (cosa che le auguro di cuore) ciò avverrà perché anche lei è un giudice?
🙂
P.s. potrò tornare a intervenire più tardi, in seconda serata.
‘Ripeto, non si tratta di fare processi agli editor.
Il problema, a mio avviso, è un altro (lo ha appena accennato Gea). Ed è un problema complesso. E non solo italiano.
La verità è che la maggior parte dei colossi editoriali sono società per azioni quotate in borsa.’ dice giustamente il caro Massimo. Verissimo. Io ci toglierei ‘quotate in borsa’ e lascierei società (imprese) e basta (anche se la quotazione in borsa estremizza tutto). Le società hanno delle regole fatte di numeri, indici, proiezioni, budget, rendiconti e utili finali. Non c’è niente da fare. E la cultura qui non c’entra. Subentra dopo, nella c.d. ‘linea di condotta’ (che però non può dimenticarsi dei meccanismi di cui sopra: budget, indici, bilanci provvisori…).
——–
‘Ed è più facile che uno “scrittore-personaggio” o una “scrittrice-personaggio” facilitino le vendite rispetto a scrittori “ordinari”.
Di chi è la colpa?
Direi di ripartire da qui’ prosegue Massimo. Aihaiahia. Qui si tocca un tasto dolente perchè è un nervo scoperto.
Se le case editrici sono imprese che seguono un mercato, loro sono l’offerta e i lettori la domanda. E se la domanda è orientata soprattutto su ‘certi’ tipi di prodotti finiti (libri di genere x, col personaggio y, con la confessione di z, con i resoconti sessuali di p…) possiamo pretendere che chi gestisce l’offerta si concentri su tutt’altro tipo di prodotto nel nome della ‘cultura’? Giusto per restare terra terra: io non potrei tornare a casa e dire a mio marito ” Questo mese non mi hanno pagato perchè in nome della cultura sono stati pubblicati questi libri che però non hanno incontrato il favore dei lettori”… ecco, io non potrei.
Per cui.
Le radici di questo meccanismo barra fenomeno vanno ben oltre i planning e le quotazioni, secondo me.
E’un pò la stessa logica della tv (permettetemi il paragone): ci lamentiamo dei programmi con le ragazze mezze nude, dove si spettegolezza di chiunque, senza contenuti poi, dati alla mano, sono le trasmissioni più seguite… allora?
Con le osservazioni di cui sopra non voglio appoggiare l’attuale situazione dell’editoria. Per carità. Facevo un ragionamento puramente pratico, legato ai mercati e alle leggi della domanda e dell’offerta (non si sente che sono ragioniera, nooo).
Un saluto ad Antonella.
ah, volevo precisare, non fosse stato abbastanza chiaro dal tipo di analisi che ho fatto, che a me l’economia di mercato non piace neanche un po’.
in nessun campo.
ma è con quella che si ha a che fare, e capirne i meccanismi può aiutare a combatterli; non è una questione personale tra poveri autori ed editori cattivi.
è molto peggio.
Gea, mi consenti di dire “appunto” ?
Riprendo dallo spunto lasciato da Massimo. È facile, molto più facile che una casa editrice si garantisca sicurezza e introiti pubblicando personaggi- scrittori (lo scriverei in quest’ordine) piuttosto che scrittori –esimi sconosciuti. Meno rischi, più garanzia di successo economico, questa la motivazione. Perché c’è e ci sarà sempre chi segue il fenomeno di massa e la tendenza del momento. Ovvio che poi nel mare magnum ci siano le eccezioni, e per fortuna che ci sono. L’ho già detto in altri post, è facile sentirsi dei numeri su uno scaffale, al di là delle soddisfazioni che personalmente può dare scrivere per se stessi senza sbancare al botteghino e scalare classifiche da best seller.
Ma non si può essere condannati perché si cerca di essere pubblicati. Ognuno come può e con i mezzi che ha.
P.s. Qui siamo di casa tutti, come lo sei tu, Paolo S.
Io mi sono sentita così dal primo giorno
(una paladina in realtà mai :-))
@ Francesco, quello che non sopporto di te, è la maleducazione. Mariotto? un po’ corporativo? Ma chi sei? Ma è il modo di discutere? Io avrei “rotto i bicchieri” al tuo party perché ho difeso delle persone calunniate? (e Massimo, grazie per le belle parole, davvero, ma nella tua difesa di Antonella Cilento, non mi hai convinto – proprio perché conosce quelle persone e quel mondo dovrebbe evitare accuse non circostanziate); perché non sono d’accordo con te? E vorrei ricordarti che io ho sfidato Salvo sull’ortografia solo perché (preso dalla vis polemica?) ha accusato la mia generazione di non conoscerla (altra generalizzazione).
Incredibile. Dunque se io difendo un mondo che conosco (almeno un po’) lo faccio perché connivente…geniale. Davvero. Mi sono fatto il mazzo per entrare in quel mondo… e adesso lo difendo a spada tratta…che bel ragionamento.
E, peraltro, trovo veramente pessimo il fatto che tu surrettiziamente mi attribuisca pensieri quel ” compilatori di diari mai editati e repressi” che mai, per educazione, mi sarei permesso di scrivere.
Io mi metto qua, disposto a ragionare, portando avanti i miei argomenti (impopolari ma leggittimi) e tu usi degli strumenti da cabaret per affossare il discorso. Che ho fatto? Reato di “lesa Cilento”?
Ti prego, non rispondere. Senza di te si è discusso molto meglio.
Stammi bene, tuo Mariotto
@ evento
se dici ‘mi consenti’ no
@Francesco,
Quel “Salvuccio” mi preoccupa. Ma non hai già un tresca con Enrico?
🙂 😉
una tresca. …orco Giuda!!!
Gea, non ho detto “mi consenta”. Comunque hai ragione può essere male interpretato e mi manca solo quello. 🙂
Aggiungo una cosa: pensare che Carofiglio pubblica solo perché è un giudice è un pensiero così futile e deprimente che non andrebbe neppure preso in considerazione. Ma tant’è.
E per continuare con un tono più divertito (ma, lo ammetto, il “Mariotto”, mi sta qua…davvero, mi ha rovinato la giornata, io non sono autoironico, proprio non ci riesco, e rivendico il diritto a non esserlo e sono stufo della gente che ti ride dietro e poi si nasconde dietro all’autoironia, che dovrebbe giustificare tutto…) eccovi un dialogo istruttivo:
Dialogo del Maestro della Libera Editoria e dell’Apprendista Editòr.
Maestro: Vuoi tu entrare nella Libera Editoria?
Apprendista (Mariotto): Lo voglio.
Maestro: Rispondi allora alle rituali domande.
App.: Lo farò, Maestro.
Maestro: Quale è il tuo Grande Obbiettivo?
Appr: Il Profitto.
Maestro: E il nostro peggior Nemico?
Appr: Il Bello stile
Maestro: E poi?
Appr: L’Impegno.
Maestro: E poi?
Appr.: Le idee.
Maestro: E che farai per far vincere le schiere del Sano Profitto contro le armate oscure del Bello stile?
Appr: Pubblicherò solo attricette, ballerine di lapdance, giudici, politici e amici degli amici.
Maestro: Bene. Hai risposto correttamente alle domande rituali. Da ora, sei anche tu un Libero Editòr. (Pausa) Vieni a mangiare con noi al Cambio? Parleremo male degli esordienti di questo mese…e degli scrittori che non vendono (smorfia di disgusto del Maestro).
Appr: Verrei volentieri ma devo andare in rete a difendere l’Ordine dagli attacchi. Non vorrei che la Controinformazione mi rovinasse il campo.
Maestro: Capisco e Ti benedico. (pausa) Peccato però c’era un nuovo Svevo che aspettava solo te….
@ Mario Capello e Francesco Di Domenico:
subodoro aria di scontro tendente alla rissa. Vi prego di venirmi incontro (ve lo chiedo come favore personale) e di fermarvi qui. Anzi, meglio ancora sarebbe fare un passo indietro, spiegarsi e stringersi (virtualmente) la mano.
Ognuno è libero di esprimere le proprie idee e di mantenerle. E di “difendere” le proprie posizioni (vi ricordo, però, che vige sempre la famosa “avvertenza”: colonna di sinistra del blog).
Per favore… evitiamo di eccedere nei toni; soprattutto con riferimenti personali.
Mario non ti conosco, ma mi sembra di vederti mentre esondi come un fiume in piena. Stiamo solo discutendo, è nostra abitudine anche prenderci (bonariamente) in giro. Credimi, non c’è maleducazione o cattiveria in quello che scrive Francesco.
E’ il suo modo di dissentire, anche tu hai il tuo….non negherai la tua vis polemica, oltre a quella che attribuisci agli altri.
Però, dai… le parole le sai usare, magari un tono pacato non guasterebbe (con simpatia).
Scusami, Mario. Io non intervengo spesso. Quando lo faccio è perché so che qui c’è la possibilità di discutere, anche di cose serie, senza litigare.
Sono perfettamente d’accordo con Silvia Leonardi.
E poi non mi pare che la Cilento nel suo intervento abbia fatto il tuo nome e cognome.
Tu sei intervenuto di tua sponte. Nessuno ti ha obbligato a farlo. Se non ti piace l’ironia e l’autoironia (che però hai fatto anche tu) è un peccato. Ma nessuno di noi è obbligato a scrivere qui, giusto?
Ragazzi cerchiamo di smorzare un po’ i toni. Francesco da bravo napoletano tendeva ad affratellarci. Io non ho detto che la nuova generazione sconosce la grammatica, ma che è un opitional, nel senso che spesso ho riscontrato negli scritti di parecchi ragazzi licenze…poco poetiche, neologismi se vogliamo. E poi mi sono rotto le balle! Sembra che io abbia 90 anni, magari io e Mario siamo della stessa generazione.
Facciamo un brindisi di lunga vita a Letteratitudine. Sta arrivando Natale…non li sentite i campanacci delle renne?
Bravo Salvo, brindo con te alla salute di Letteratitudine ( e alla nostra!)
🙂
Ehi, io sono dispostissimo a smorzarli, i toni, se con i miei interventi ho offeso qualcuno (ma io mi sono solo difeso, vorrei ribadirlo). Come ho detto prima a Salvo, il bello dei blog è proprio discutere senza conseguenze. Tra l’altro non mi sembra d’aver detto niente di che, nessun nomignolo, nessuna accusa pesante a chi non la pensa come me (e, converrete che sentirsi dare del corporativo, un po’ bruci). Chiusa la polemica, quella personale.
Sulla Cilento, è vero che non ha fatto il mio nome, ci mancherebbe, non ha fatto il nome di nessuno. Ma mica è questo il punto, no? Lei interviene. Dipinge un quadro apocalittico dell’editoria italiana e io non ci sto. Legittimo, no? Nessuno mi obbliga, è vero, ma c’avevo un pomeriggio libero e avevo voglia di discutere…
Il problema del discorso iniziale è che finisce per nascondere le cose che funzionano, per misconoscere il lavoro di un sacco di gente, per diffondere un’immagine meschina dell’industria culturale e editoriale, in particolare (tra l’altro, mi sembra che tutti abbiano letto Adorno e nessuno Morin, che ne sottolinea gli aspetti positivi) e diventare un alibi, questa volta sì, per frustrati e invidiosi (ma, sottolineo, a scanso di equivoci, non credo che chi la pensa così sia automaticamente frustrato e livoroso). Tutto qui. Diamoci una bella stretta di mano e un paio di consigli per letture natalizie che ci permettano di reggere i libri di Vespa. Io comincio con Filippo Tuena (che non è giudice, non è ballerino, non è stato mai rapito dagli alieni), il romanzo si chiama L’ultimo parallelo. Sfido chiunque lo legga a non sperare, almeno un po’, in un futuro della narrativa italiana (come anche leggendo Ludovico Lauter di Alessandro De Roma).
Statemi bene
Mario
Bravo Mario. Ognuno con le sue opinioni, con calma e pacatezza.
Come direbbe Elektra, this is letteratitudine. Smile.
Scusa Elektra, non mi voglio sostituire a te.
Spero di non aver offeso eventounico o Silvia, mi scuso per il tono. Evidentemente, anch’io mi sento a casa. Preciso trovo molto utili alcune posizioni spiegate in vari post, ma a ragionamenti che prevedono “opposte schiere” preferisco ragionamenti ecologici o sistemici.
A me dispiace che mie amiche si mettano a piangere leggendo Fabio Volo (scusate se insisto con lui) piuttosto che ‘un Salinger’ (irriverenza!), ma evidentemente la loro dieta ora prevede quello, e non credo che senza Un posto nel mondo sarebbero passate a Rilke (ancora, perdonate l’irriverenza) perché quello è IL nutrimento dell’anima (ora slitto da ecologia a gastronomia, ma il problema resta la dieta).
Il mio compito è trovare quel “caffè” letterario (non un luogo, ma una metaforica bevanda) che faccia sentire Un posto nel mondo surrogato di cicoria. Ciò che per me ma non per tutti è. Ma se propongo un’ottima torta a chi vuole un caffè, sbaglio io, non chi rifiuta la torta.
Caro Paolo, non mi sono sentita offesa (guarda, ce ne vuole perchè io mi offenda!) e credo che neanche evento (scusa caro se parlo per te, ma un pizzichino pizzichino ti conosco) lo sia!
La tua posizione adesso mi appare più chiara e condivisibile.
La dieta degli altri prevede lattuga? Non la tua. Meglio così…mangia pure ciò che più ti piace e condividilo con chi riesce ad apprezzarlo.
🙂
Paolo, porta ‘sta torta che ce la mangiamo tutti insieme.
Comunque tutto sto casino è nato perchè ho detto “federiamoci per la qualità”. E’ potente questa frase ! La userò alla prossima riunione nella quale non si va da nessuna parte.
P.S.
Oggi mi sono guadagnato la giornata: “caro” e “un pizzichino ti conoco”
Evento…Per così poco…
allora ti mando un kiss così la facciamo completa!
Si possono sempre fare recensioni su internet a libri che ci sono piaciuti di autori che non ci conoscono non ci diranno mai grazie e non ci possono ricambiare il favore. In Italia si fanno le recensioni a colleghi e amici o a scrittrici supersexy è vero, dà fastidio, ma ormai il futuro è il web non la carta, è ibs e le recensioni gratis e gratuite su internet, il futuro siamo noi, il resto, la carta, sta per bruciare, ancora un pò e non conterà più credo.
Perbacco, ragazzo, che “letteramientoooooo!, che avete mangiato, occhi di ape regina con contorno di pappa reale in salsa vellutata?
Insomma, siete carichi al massimo ed io mi domando che ci faccio dalle vostre parti..
Comunque, congratulazioni alla Cilento che ha messo in bellamostra tutto quello che concerne la realtà dei fatti…Per i denti non ci dici se si debba ricorrere per forza all’implantologia, perchè se così fosse, da domani mi do all’ippica…ho il terrore del dentista, anzi non è terrore ma è proprio insopportazione infinita, tantè che ho riflettuto che se rinasco non ne frequento uno neanche se me lo dice….perchè ogni volta che vai in visita dal sorriso a pagamento ti trova sempre qualcosa e questo da sempre, e ripenso ad un mio nonno che non volle andare mai dal dentista e morì con tutti i suoi denti meno uno che si tolse da solo e che per la rabbia lo volle frantumare con una martellata per vedere come fosse fatta questa – carie -…Detto questo, rileggendo i vostri commenti, m’è venuta in mente una cosa che stavo appunto pensando qualche tempo fa…CHE NE DIRESTE DI UN GRANDE FRATELLO composto da un cast tutto di scrittori e poeti esordienti…che come scopo e compito da portare a termine, convengono tutti obbligatoriamente, di scrivere un romanzo durante tutto il periodo del soggiorno obbligato e in più anche quello di studiare una lingua straniera in un modo efficiente…A me piacerebbe molto, non seguo volentieri questi format del Grande Fratello o dell’Isola…perchè mi annoiano ma se si riuscisse a fare qualcosa di veramente costruttivo, allora potrei cambiare parere…fatemi sapere….Non dite che non centri niente con l’argomento della Cilento, perchè invece vorrebbe essere una voce fuori campo che faccia intuire che poi quelli che dice la Cilento siano i requisiti richiesti, non è vero che siano poi i più indispensabili per rendere trasmissioni migliori ed interessanti….Insomma, che sia reality per davvero e non per finta e che nascano idee, progetti ed insegnamenti utili….Nessuno finora, ha mai fatto vedere in televisione come si scrive un libro o come ci si debba impegnare per imparare una lingua straniera….Ciao a tutti e spero di leggervi….Gabry
Un doveroso grazie agli amici di penna, (Silvia Leonardi, Gea, Enrico Gregori,Sergio Sozzi con la bella poesia di Betocchi, il dolce Massimo e gli altri), che hanno ridato ali alle mie ferite speranze.Ora però, vorrei ricordare la trilogia”Il Superlativo Assoluto 1997 (Garzanti)” Andromeda e la Notte”1990 (Rizzoli) “La luna di Malcontenta”, raffinati romanzi scritti da Giampaolo Rugarli sui problemi dell’editoria. La sua velata denuncia verso una cultura editoriale, ambigua e mercantile, costituisce un atto coraggioso , indispensabile, volutamente provocatorio, per far chiarezza sul fumoso e torbido mondo di troppi editori, nelle cui amare vicende molti scrittori si sono potuti rispecchiare. Con “Andromeda e la Notte” Giampaolo, si poneva diversi obbiettivi per far riflettere il lettore (come ad esempio se è meglio vivere o scrivere..) Uno scopo era quello di dimostrare che nell’attuale letteratura, spesso l’immediato successo di un autore, si costruisce con vari espedienti e “pochi giochi di prestigio”. Rugarli con una analisi spietata, spiegava che oggi gli scrittori sono soliti parlare per fumosi aforismi. Gli premeva inoltre far notare che i libri non hanno più un’anima , poiché molti autori hanno perso la loro interiore credibilità. “La luna di Malcontenta,( piccolo borgo di quattro case), nasce
quindi con lo stesso ironico scetticismo e con l’intento di ampliare un argomento così scottante. Un personaggio che interessa il nostro appassionato tema, è il vecchio magazziniere della casa editrice Avicenna, che ha l’ingrato compito di spedire al macero i libri in eccedenza. Così i miseri cadaverini invenduti e scartati senza un serio criterio di valutazione, prenderanno nuova vita nel loro cartaceo paradiso del riciclo…. e per il venale editore le inutili opere avvranno finalmente acquisito, una più consistente utilità pecuniari!. Ho stralciato questi brani dalla mia presentazione dell’ultimo volume. Ora sparate pure sul pianista… ma proprio in questi giorni è stato azzerato un mio libro. E mi piange il cuore al pensare che le nostre creature di carta, figlie della mente, dei nostri sentimenti e meditati pensieri, intrisi e partoriti con sangue e lacrime , abbiano vita tanto breve e siano macerate con un crudele sistema usa e getta, come se fossero tovagliolini di carta…..E ora che dirà il Dr. Mario? Enrico difendimi tu, e domattina con la mente sgombra leggerò le giuste rampogne che vorrete farmi. Ciao Ciao
L’arzillo reperto archeologico Maria Teresa santalucia Scibona
L’ ”arzillo reperto archeologico” sig.ra Maria Scibona non e’ e non potra’ mai esser tanto ”reperto” quanto le teste chickletteraturiane-contabilaziendaristiche di certi editor odierni, abituati a farsipsaare i capolavori sotto mano solo per passarli al cestino delle cartacce. Mai. Solo che lei continua a scrivere il mio cognome con due zeta piuttosto che con una. Si pentira’?
Scherzosamente
Sozi
Errata corrige
Scusate: ”a farsi passare i capolavori sotto mano solo per buttarli nel…” eccetera.
Sergio, ma quale doppia zeta. Io mi accontenterei di non far parte degli “altri” anche non essendo “unico”. Uffa !
Non fatemi diventare trasparente, sarò io simpatica ma non l’inchiostro che ho usato per scrivere….notte! E buoni consigli! Grazie Antonella e grazie a Massimo.
p.s. sapevo che se avessi voluto fare il vigile del fuoco non mi avrebbero preso, perchè io le idee non le scrivo le brucio prima che vengano agli altri: sono dispettosa al massimo, ma almeno il primato di scovarle è il mio, gli altri copiano e pure male….guardate Venditti, con la sua “dalla pelle al cuore”….sa pure leggere il romano in astinenza di creatività….
Buonasera, nella circosatanza mi ritrovo a essere portavoce di Massimo Maugeri che mi ha raggiunto telefonicamente. Lui, per ora, ha problemi di connessione e non può intervenire nel blog. Mi prega di comunicare a tutti i partecipanti al dibattito che si augura che ogni polemica si stia naturalmente smorzando. Ovviamente la diversità delle opinioni è fisiologica e anche stimolante, ma sempre entro i toni civili ed educati.
Personalmente, visto che Massimo non può rendersene conto, noto che tutto sta tornando all’auspicata serenità. E di questo ne dobbiamo essere tutti soddisfatti.
Enrico, che impressione ! Te che parli con le parole di Massimo. Un incubo !
Carissimi,
Massimo mi ha richiamato per leggere la messe di interventi di questa giornata ed eccomi qui.
Mi sembra strano che un editor, che non ho il piacere di conoscere, ritenga di doversi difendere e difendere suoi colleghi. Anche se Mario non si rivolge a me direttamente io non ho problemi a dialogare con lui: da chi e perché dovresti difenderti, gentile Mario Capello? Il sistema che non funziona include diversi livelli di malagestione o di assenza di pensiero.
La mia stessa editor in Guanda, Laura Bosio, allieva a sua volta di Giuseppe Pontiggia (insomma il meglio della nostra letteratura e della scuola editoriale italiana), ha lamentato pubblicamente nel nostro laboratorio, con cura e gentilezza ma non senza fermezza, come lei sa fare, l’assenza di progetto o, se vuoi, la debolezza progettuale della nostra editoria.
Non mi sognerei mai di offendere editors che conosco e stimo, ma posso ugualmente avere uno sguardo critico sulle uscite e sul sitema delle uscite. La Tetralogia di Nightwater (e non dark wather, come tu dici) scritta da Marosia Castaldi, amica e scrittrice straordinaria, è stato senz’altro un grande rischio per Feltrinelli. Di Moresco e di quel che dice sul sistema editoriale (altro che il mio articoletto) non ho bisogno di raccontare.
Tuttavia, devi convenire che purtroppo di certi libri non si è accorto quasi nessuno mentre siamo invasi da titoli che fanno i numeri e che non rispondono a criteri di qualità letteraria.
Purtroppo, caro Mario, checchè noi poveri autori possiamo dire del sistema, sono gli editori che hanno il coltello dalla parte del manico: facci almeno parlare…
Il lavoro dello scrittore è lungo, faticoso, non retribuito, spesso dileggiato. Non racconto nulla di nuovo sotto questo cielo. Citi Filippo Tuena e in molti nel nostro ambiente sanno in quali difficoltà uno scrittore così bravo è incorso…
Nessuno tocca gli editors: di bravi editors c’è sete e necessità. Ne ho avuti di mediocri e di eccellenti. La già citata Laura fa parte di questi e sono assolutamente certa del lavoro di Paola Gallo, di Antonio Franchini (che stimo moltissimo come autore e che conosco da tanti anni), di Michele Rossi, come di Ena Marchi e di tanti altri.
Come scrive Massimo, due miei allievi escono fra poco per Einaudi(Rossella Milone) e Rizzoli(Massimiliano Virigilio) e non mi sognerei nemmeno di offendere il lavoro delle singole persone.
Ma tengo gli occhi bene aperti su come le interazioni e i rapporti di potere creino difficoltà: non c’è autore che non si lamenti per come viene trattato (ed è troppo facile dire che tutti gli autori si lamentano), ma qualcosa in questo paese non quadra.
Faccio lezione tutti i giorni a gente che legge pochissimo (ahimè), ho seguito giovani editors che dovevano ancora imparare tutto e che aa causa dei contratti brevissimi che avevano non avranno mai l’occasione di costruirsi una vera esperienza. La situazione è drammatica.
E certo non condivido certe levate di scudi che definiscono gli editors inutili (contro le quali si è giustamente scagliata Laura Lepri e come lei altri): non ho scritto che non voglio editors, anzi, ne ho bisogno! Ne abbiamo bisogno! Ce ne fossero di più! Ma c’è necessità di editors ancora più bravi e soprattutto sostenuti da editori più colti, più capaci di rischiare, più curiosi e che, certo, siano (anche) ansiosi di guadagnare. L’editoria è un’impresa. Lo sappiamo bene. Ma si può fare di un’impresa la magnifica Olivetti del fu Adriano o una multinazionale insipida che usa manodopera cinese.
Vogliamo tutti un mondo migliore, no, Mario?
Non litighiamo, prego, ragioniamo.
Baci e buona notte
Antonella
@ Scibona:
ma, scusi, perché a me non mi ha definito “dolce”?
🙂
@ evento:
tutta invidia perché si è affidato alla mia ragionevolezza e alla mia professionalità. ma perché ti arrrabbi tu? capirei si ringalluzzisse elektra!
🙂
”Certo non condivido certe levate di scudi che definiscono gli editors inutili (contro le quali si è giustamente scagliata Laura Lepri e come lei altri): non ho scritto che non voglio editors, anzi, ne ho bisogno! Ne abbiamo bisogno! Ce ne fossero di più! Ma c’è necessità di editors ancora più bravi e soprattutto sostenuti da editori più colti, più capaci di rischiare, più curiosi e che, certo, siano (anche) ansiosi di guadagnare. L’editoria è un’impresa. Lo sappiamo bene. Ma si può fare di un’impresa la magnifica Olivetti del fu Adriano o una multinazionale insipida che usa manodopera cinese.”
Ecco. Con queste parole, Antonella Cilento penso abbia tagliato la testa al toro. Che nel mondo della Letteratura professionale ci siano pochi professionisti (ovvero pochi lettori capaci, sensibili, assidui, ambiziosi, stabilmente assunti e coraggiosi) e’ cosa stranota ma spesso evitata come la classica cacca sul marciapiede – mi si perdoni la efficacissima, credo, volgarita’. La Cilento lo ha detto solarmente. Chi si senta offeso lavorando bene e con le suddette caratteristiche – quelle fra parentesi poco sopra – non se ne abbia amale. Gli altri ci riflettano su.
Sozi
P.S.
…E gli editori provino a mettersi nei panni della gente malpagata che caricano di lavoro come somari.
@Gabry Conti: a proposito di reality colto o letterario, Carlo Freccero, qualche anno fa propose, anzi realizzò, un reality con quelle intenzioni e fu un disastro. (era su Rai Tre) Dieci o dodici belle persone finirono con il litigare come scolaretti, mostrando il peggio del peggio. Alcuni si ritirarono, altri boicottarono lo spettacolo teatrale che avrebbero dovuto realizzare, e tutti si resero, chi più chi meno, ridicoli. Il mercato ha le sue regole; in tanti scrivono, dipingono, vogliono fare film, comicità intelligente, e tutto quello che sappiamo, ma gli “artisti” sono, nella maggior parte dei casi, incapaci di interagire con le idee e il Bene comune. Ognuno pensa sempre per sé.
Vi auguro anch’io la buonanotte.
Miriam,
gli artisti, tutti, al bene comune eventualmente ci pensano da soli, come vogliono o con chi vogliono loro. E non perche’ siano refrattari al bene comune (qualcuno forse, ma in genere non mi sembra), ma perche’ ognuno lavora in fondo da solo: pensa, legge, rivede, consulta il vocabolario, eccetera. Metterli insieme forzatamente e’ da idioti e da’ un risultato idiota.
Sergio
Sergio,
non mi riferivo al lavoro gruppo (guai), ma all’incapacità del mondo artisto-intellettuale di produrre scuole di pensiero. Ognuno pensa al proprio orticello.
Carletto nostro ha scritto una cosa che non avevo – mea maxima culpa! – notato:
”Io in queste isole ci spero, anche per Silvia Leonardi, per Catena Fiorello, per Sozi, Gregori, Francesco Di Domenico, Eventounico, per tutti coloro che passano per questi post o che ci passeranno. Resistenza! Resistenza! Resistenza! E lasciatemi sperare.
Carlo (di nuovo) Speranza”
Grazie, Carlo S., a nome di tutti. Sperando che tu difenda dei bravi autori.
Sergio
@ miriam:
devo essermi perso qualche passaggio. quando parli del lavoro di gruppo lo ritieni un modello adattabile a qualunque umana attività o solo di alcune specifiche manifestazioni?
Scrivere un libro, per esempio, non mi sembra possa essere frutto di una cooperativa. Per me sono già degli extraterrestri quelli che scrivono a 4 mani!
Miriam,
allora forse ti ho malinterpreto. E anche Gregori. Comunque, a mio avviso, produrre scuole di pensiero e produrre il PROPRIO PERSONALE lavoro sono due cose del tutto diverse. Forse volevi dire che gli artisti oggi non si incontrano in nessun luogo – ne’ fisico ne’ virtuale – e dunque non creano scuole?
Sai, Miriam, a volte le parole sono traditrici. Ti sarai espressa male. Anche me capita spesso.
Sergio
@ Maria Teresa Santalucia Scibona:
sono io quell’Enrico che dovrebbe difenderti? A tale abisso scendesti da ricorrere ai servigi di uno del quale non dovresti essere manco vicina di fornetto?
E poi, difendere un’inattacabile come te?
Certo, qualche perversione la ravviso. Essere talvolta affascinata da Sergio Sozi non è che deponga bene.
Ma l’umbro-romano esportato in slovenia (a proposito, ma che cazzo c’hanno fatto gli sloveni per spedire loro ‘sta scoria radioattiva?) ti sarebbe più consona compagnia e persino più valido scudiero.
Ti ci vedi in macchina con me, Tessy, a 120 orari in città, coi finestrini abbassati anche in inverno e i Doors a palla nello stereo?
ps: se stai per rispondere di sì, bleffa e rispondi no, altrimenti Maugeri mi denuncerà per circonvenzione di….capacissima letterata.
Stammi bene, Tessy!
🙂
Se a qualcuno di voi venisse voglia di passare sul sito http://www.liberodiscrivere.it, potrebbe rendersi conto che ‘il grande fratello degli scrittori’ ivi è già stato attuato, con autori ormai ridotti al pubblico ludibrio e pronti a qualsiasi scazzottatura pur di emergere ed accedere alla pubblicazione cartacea. Qualcuno comunque c’è riuscito e i più fortunati e ironici pure si sono divertiti un sacco. Scherzi a parte , leggerò volentieri il libro di Antonella Cilento, che trovo attuale e interessante, come tutti gli altri temi che puntualmente proponete.
Complimenti! Un sorriso, Cyprea
Voglio ringraziare Antonella per aver citato Marosia Castaldi, la cui scrittura è veramente poderosa, quanto agli editors sono un po’ scettica, alla fine ti piegano verso il mercato e comunque hanno dei gusti personale legati alla propria età.
Sono appena scappata da un prestigioso corso di scrittura, non voglio omologarmi a nessuno.
Quanto alla televisione, voglio spezzare una lancia in favore della D’Eusanio, la quale ha dedicato uno spazio di quasi due ore, a Mariolina Venezia e al suo Mille anni che sto qui, un bellisssimo libro, rivalutato solo dopo la candidatura al premio.
Seguirò il consiglio di Laura Costantini. Essendo io e Laura colleghe ci ritroveremo con il piattino per la strada, dopo gli attacchi alla signora televigiù che ci da il pane!
Ma poi i libri di Vespa li avrà mai letti qualcuno?
Caro Massimo,
grazie per avermi invitata a partecipare; e grazie anche ad Antonella, conosciuta per passione e sulla cui stima non sono disposta a trattare.
Quanti temi sono stati affrontati, temi complessi, temi che contengono nel proprio ventre risvolti arcani, anche e soprattutto perchè quella che dovrebbe essere cultura si scontra con la legge di mercato, che è e rimane la legge più potente che si conosca.
Io credo che esistano eccome gli editor competenti, gli editor sensibili che vorrebbero stilare schede alla Calvino, approfondire testi in cui rinvengono un talento narrativo che aspetta di maturare; credo anche, tuttavia, che per lavorare debbano scendere a compromessi con la logica del profitto che qualche altro impone come condicio sine qua non, affinchè possano mantenere la propria posizione di privilegio.
Il compromesso che accettano lo capisco molto più di quello a cui chinano il capo molti (e non tutti, sia chiaro) scrittori.
Qualcuno ha citato Anna Maria Ortese; bene, vorrei ricordare – ma certamente molti lo sapranno, non dico una novità, – che la Ortese ha scritto per anni senza ottenere uno straccio di riconoscimento. Che la Ortese ha continuato a sostenere la sua vocazione letteraria, con quel suo piglio narrativo inconfondibile, con quella affabulazione che è segno inequivocabile di doti, senza che nessuno abbia sentito il bisogno (che è pane per uno scrittore) di ribadirle il suo genio. E ricordiamo, infiene, e mi pare doveroso, che Anna Maria Ortese ha vissuto nell’indigenza e nella solitudine, dimenticata, così come accadde a Bacchelli e a tutti quelli che hanno asservito e consacrato la vita all’Arte, ottenendo in cambio schiaffi e sberleffi.
Poi, da morti, alcuni si decantano, altri si dimenticano. E’ un gioco di carte truccate che mi spaventa.
Mi viene in mente una ennesima scrittrice dimenticata, Emilia Salvioni, la quale aveva pubblicato, per la prima volta, con un piccolo editore bolognese. Notata, per bravura da Marino Moretti, finisce fotunosamente sulla scrivania di Arnoldo Mondadori, il quale felice e compiaciuto, le pubblica ben due titoli. Ma quel che Moretti aveva previsto (“Farò subito qualcosa (tutto quel che potrò fare) per la brava Emilia Salvioni. Parlerò con Mondadori e anche con Tumminelli (Treves); ma i tempi – lo sai – son difficili. Pubblicare un libro – così dicono questi signori – è fare un pessimo affare”, parole che si prestano ad una ed una sola interpretazione) si verificò puntualmente: la Salvioni non portava profitto all'”industria”, la sua era una narrativa che non si prestava al consumismo e così, adducendo a scusante le difficoltà di stampare un libro in clima di guerra, non tenne fede al patto di pubblicarle il terzo libro. Mentre Liala, anche in pieno periodo bellico, veniva stampata eccome, e con numeri, in entrata e in uscita, da capogiro.
Come non dedurne che, per uno scrittore, i numeri diventino necessariamente (oggi come allora!) un chiodo fisso da cui non si può prescindere?
Ora, ditemi, il clima è cambiato? Non lo credo affatto.
Di chi sia la colpa, chi può affermarlo con certezza? E’ un gatto che si morde la coda: gli editori scelgono secondo chiare leggi di mercato, gli autori si adattano ben volentiri (e specifico ancora, non tutti), i librai non sono più librai ma commercianti, i lettori non prediligono ma aspettano che qualcuno lavori sul loro gusto impersonale e plagiabile (anche qui, fortunatamente, non tutti). Poi, la fetta grossa della torta, se la spartiscono volentieri i golosi (distributori e promotori o chi per loro). Senza togliere, e questo ci tengo a dirlo sempre e volentieri, che il prezzo di ciascun libro è tanto e tale che la lettura viene scoraggiata dalla base; correndo il rischio, peraltro, di rendere la letteratura una categoria elitaria.
E’ chiaro poi, come qualcuno ha detto e ribadito, che l’unica merce di consumo rimane la televisione: sempli, accessibile, immediata; fruibile liberamente, senza troppi ma e perchè.
Ed eccoci, inevitabilmente, ad Anna Banti, che non posso non menzionare con rammarico. E mi riferisco direttamente a colori i quali, in questo dibattito come in altri di simile contenuto, difendono le pubblicazioni odierne. Ebbene, quale folle editor e/o editore non pubblicherebbe almeno (e dico “almeno” volutamente, poichè dovrebbero essere ripubblicate tutte!) due o tre opere di Anna Banti? Qualcuno, se è disposto e mostra così tanto coraggio, mi spieghi perchè non esiste un Meridiano e perchè non ci sia la voglia di tutelare una colonna portante della nostra letteratura del Novecento?
Insomma: se nessuno ha colpa, con chi dobbiamo prendercela? A chi chiederemo di pagare il conto?
Di nomi di scrittori desaparecidos potrei qui farne a iosa, ma evito di fare spettacolo dell’indecenza! Anzi, perchè no, qualche nome lo faccio volentieri: chi ricorda Silone o la De Cespedes? Palazzeschi? Pratolini? Manzini? Parisi? Qualcuno li propone ancora nelle scuole?
E ci tengo a dire un’ultima cosa: almeno la Banti ha vissuto del riconoscimento unanime della critica (e che critica, signori miei!); nel mentre che, ad oggi, un autore non può neanche aggrapparsi a questo appiglio effimero: anche i critici non sono più critici. E mi si consentirà di dirlo con rigore, rigore documentabile con la carta, la carta di quei giornaletti (nazionali) ammiccanti, che urlano al capolavoro ogni tre per due, ignorando coloro i quali se ne restano in disparte, a scrivere in silenzio e a sopportare quell’assordante silenzio con pacifica dignità.
Quel che si può dedurre è così lampante che dirlo sarebbe un’offesa all’intelligenza di chi legge. Dunque, mi zittisco.
Ma non prima di aver ringraziato, per lo spazio (eccessivo?) che mi è stato gentilmente concesso.
Un saluto per ciascuno di voi,
Francesca B.
Enrico, in effetti leggere te che parli come Massimo è inquietante! 🙂
Mi sono rimessa in pari adesso con la lettura dei commenti, e tiro un sospiro di sollievo per i toni ritrovati.
@ Enrico
La cara Tessy è persona concreta e realista, sa discernere bene. Come avrebbe mai potuto definirti dolce?? baci
Cara Antonella,
sia chiaro che non volevo litigare con nessuno e se, qualche volta la vis polemica ha preso il sopravvento (o è parso prendesse il sopravvento) è dovuto anche alla mia scarsa conoscenza dei linguaggi e del tono di questo blog. Comunque ti ringrazio. Avevo bisogno della tua precisazione. Che, per come la leggo io, sposta e di molto, la questione. Infatti, quello che mi aveva disturbato (e non offeso, tanto meno personalmente) era l’impressione che si facesse di tutta l’erba un fascio e, non tanto nel tuo pezzo (che, tra l’altro, era dedicato ad Anna Banti…) quanto nei suoi, anche involontari, effetti. Insomma, se uno scrive, è responsabile anche delle reazioni. E certi toni, un po’ forcaioli, contro l’editoria che ho letto in questi mesi, non mi vanno giù. Citi Moresco. E di Moresco, non ho mai, mai, apprezzato la polemica contro l’editoria. Così come non sopporto la posizione di Scarpa o di Benedetti o di Parente (sarebbe troppo facile dire che, tra l’altro, è un po’ ipocrita…) Legittimo, no? E un’altra cosa, prima di lasciarvi per un po’ per tornare a leggere manoscritti di aspiranti, certe tirate contro il Sistema, il Mercato, l’egemonia dei pochi, possono essere di sinistra (libertarie) o di destra (molto reazionarie – ogni tanto, l’acritico rimpianto del passato si tinge di reazione). La sottile differenza – e non lo penso solo io, credo – sta nell’identificare le cause: la destra tende a cercare il complotto, la massoneria (visione che ho preso in giro con il mio piccolo, ironico dialogo), la setta. Ecco, nel tuo primo intervento come nel secondo c’era il rischio di ingenerare questa visione, comunque, distorta.
Dalla tua ultima precisazione mi rendo conto che è stato solo un malinteso. Ne prendo atto e ne sono felice.
Statemi bene tutti (anche Francesco, va’) e buona discussione.
Mario Capello
Che bello vedere che il dibattito è tornato a toni pacati!
Trovo che l’ultimo commento di Antonella sia stato prezioso e illuminante.
A Enrico. Quando parli con le parole di Massimo sei decisamente più simpatico e affascinante.
Smile
Ciao Antonella, scusa se non ti conosco come scrittrice. Del resto sono certa che neppure tu conosci me, che pure ho pubblicato qualche libro. Non ho mai scritto a un blog, ma volevo solo dirti, riguardo la necessità di essere dei personaggi anche per scrivere, che hai perfettamente ragione. Il mio editore – niente nome – non mi pubblica il terzo romanzo perchè mi rifiuto di tornare in TV. Ma io detesto quel mondo dove ti dicono prima cosa devi rispondere alle domande! E se hai opinioni diverse ti negano il microfono.
Sono stata da Costanzo e sono tornata incazzata. Sono stata a LA7 e ho litigato con gli autori ( che prendono per il c… beatamente- sarà questo il loro lavoro?). Sono stata nelle TV locali dove puoi ancora dire quello che ti pare, ma tanto non le guarda nessuno! Dunque ecco la punizione: niente personaggio TV? Non racconti che il libro è autobiografico, come vuole il conduttore? Che sei trasgressiva? Bene, l’editore non mi pubblica, anche se il libro- dice lui – è certamente scritto meglio degli altri che stampa ed è interessante. Posso fare un commento sintetico? Che schifo! P.S. Cerco della Banti “Le donne muoiono”. Introvabile.
A Sergio ed Enrico: intendevo dire, che ci soffochiamo con le parole ma ci manca una vera intenzione comunicativa. Ciao
Miriam… beh… non saprei gli altri, ma io personalmente scrivo per me e per il lettore. Magari cose a volte un po’ ostiche e… ostRiche, ma fatte per essere ”aperte” da chi voglia concentrarvisi un attimo sopra. Una mediazione fra se’ e gli altri – magari anzi fra se’ e LA PROPRIA CONCEZIONE DI COME SIANO I LETTORI – e’ il primo criterio distinguente gli ”scrittori fra virgolette” dai veri scrittori.
Sergio
Non mi toccate http://www.liberodiscrivere.it !!!
è il sito dove mi sono fatta le ossa ed è uno dei pochi dove non trovi un’ombra di piaggeria e la gente dice pane al pane, cosa molto rara in rete, dove trovi facili sviolinate se poco poco si apre una minima prospettiva di pubblicare…
Sarò patologica, ma non ho seguito nessun alterco, e quindi vò per la mia strada e rispondo a Miriam la quale mi accenna un esempio du raitre di Freccero che non ricordo affatto, forse a quei tempi ero più attratta dalla gente reale e uscivo più spesso…comunque, il fatto che ci sia un fallimento come dici, non giustifica il non poter di nuovo riprovare…e lo scriverò nel mio blog, a me sinceramente piacerebbe molto veder far nascere un libro in un reality, o anche imparare a dipingere o imparare una lingua straniera, insomma, tentare un utilizzo di questi Grandi Fratelli, migliore e migliorativo. Sai, tengo sempre a mente, che se si illustra un’idea, da subito viene scartata e poi venire ripresa appena qualcuno è passato alla Siae per registrare il tutto. Insomma, non sono così sprovveduta soltanto curiosa, in quanto i miei libri finora li ho fatti sempre da sola, quindi…questo tipo di tentativo mi manca.
La Cilento mi piace e la ringrazio per lo spunto interessante.
Anch’io scrissi anni fa su http://www.liberodiscrivere.it, anzi grazie per avermelo ricordato…
Comunque il mio sogno nel cassetto sono i cartoons….vorrei tanto trasformare me stessa o qualche personaggio dei miei scritti in personaggi dei cartoni animati….ed infatti sto leggendo sulla homepage di libero che anche per la Clerici c’è un cartone con lei come personaggio, e la cosa mi commuove perchè penso di essere stata la prima ad aver scritto alla Rai affinchè sfruttasse l’Antonella “pasticciona” come un cartone animato, ancor prima che mettesse mano ai fornelli…anzi ora vado a recuperare quel mio fax…che mi gratifica se non altro perchè le mie idee anche se non hanno un editor sono tutte belle e geniali…..questo è tanto in un mondo che affossa chi le idee le ha.
Devo riconoscere che tutti Voi potete vantare un grosso lavoro di sacrificio nel tempo,e, quotidiano di ricerca letteraria e un curriculum scolastico cum-laude per poter accedere a una cultura con la “C” maiuscola,presumo: la cultura non paga sempre e comunque, sono portato a pensare,dopo aver ascoltato gli interventi.
Ma la scrittura letteraria “alta” di qualità, non penso che debba comportare un approccio morale,è quello che ho percepito,sul suo reale valore dei contenuti, perché la morale in questione,se così fosse, non si può considerare “etica” dello scrittore.La multimedialità, oggi, si può considerare,invece, a ragione come la modernità che coinvolge anche gli scrittori e tutti quelli che operano nel mondo dell’arte in generale.Senza voler sminuire nessuna categoria intellettuale. E se provassimo,almeno, a trovare delle alleanze creative con gli altri media?Le immagini,la colonna sonora,i colori,le voci narranti di,giornalisti,attori,presentatori, delle storie raccontate,o sceneggiate,la cronaca: è ,anche, scrittura,talvolta creativa e letteraria;comunicazione,spettacolo indirizzato allo stesso target di composizione dei nostri lettori:laureati e non,fidateVi, non cambia il profilo psicologico e culturale,certo, cambiano i numeri:chi vede la televisione,legge anche i giornali,i libri, per approfondimento dei contenuti.Pensate non solo a “Porta a Porta”,ma insieme:Anno zero,Ballarò,Reporter,i telegiornali,Rai educational,teatro,lirica,cinema,pay tv, ecc.Non solo,quindi,tv popolare. Certo,dobbiamo coesistere con un mondo virtuale,in questo momento siamo in internet, che ci allontana sempre di più dalla vita reale e senza che si sia impiegata alcuna ragione e forma estetica convincente: né esistenziale, né letteraria;ma è la stessa cosa: tutti hanno interpretato e sublimato “il vivere comune”,talvolta tragico:dai greci in poi e le religioni, lasciamo perdere.
Inoltre, proviamo ad immaginare,per un momento,dove sono andati a finire tutti i laureati,dell’ultimo decennio,in :filosofia,lettere antiche,moderne,pedagogia,psicologia,filologia romanza,anche,giurisprudenza,master in giornalismo (in Italia i laureati hanno un peso statistico del 12/13%,rispetto il 22% di buona parte di laureati in Europa).Così,confrontandoci con un’istruzione elevata di oggi, rispetto a 50 anni indietro, cosa può farci supporre tutto ciò: che continuare a citare autori fondamentali della letteratura mondiale,per esempio,nel cercare di salvare due autori rispettivamente dell’800 e dell’900: Italo Calvino,Fedor Dostovkieskj, che gli scrittori moderni o post moderni elaborano un scrittura letteraria di narrativa che non rimarrà per sempre,ma,o solo un prodotto di consumo ad uso degli editori?I potenziali lettori forse sono diventati fruitori,maggiormente, di televisione o altri media?E se così fosse, allora, io mi chiedo: la narrativa può diventare una scrittura letteraria,implosa in se stessa,destinata a letterati,critici,lettori elitari?E’ per questo che mi sento in obbligo di ringraziare, la scrittrice, Antonella Cilento, per la sua coscienza civile e intellettuale che riguarda soprattutto la persona,il cittadino di un mondo,si letterario,ché professa e testimonia la libertà di pensiero e di pubblicazione, se me lo consentite, è quello che mi avete dimostrato.
Grazie,Massimo Maugeri,perché in questo post non avete invocato la giustizia di mercato,bensì,la coscienza sempre vigile all’ascolto della scrittura letteraria senza pregiudizio,secondo me.
Sono stato ridondante,vero?
Luca Gallina
caro Massimo,
non posso che esserti grata per l’augurio che mi fai e sono lieta di non aver ancora pubblicato almeno per poter testimoniare la fatica che si fa – anche da giudici – ad imporsi nel mercato editoriale.
E’ un buon segno, no? Vuol dire che ciò avverrà se emegerà qualità e abnegazione, lavorando sodo e studiando.
Penso che anche altri colleghi egualmente innamorati dell’arte e della scrittura abbiano faticato e che il successo che riscuotono (mi riferisco a Carofiglio che personalmente stimo molto) sia il frutto di gavetta e tentativi, spesso andati a vuoto.
A mio modesto avviso è questa la strada da seguire. Perseverare con fiducia e serietà. E’ quanto dicevo anche ad Antonella. Alla lunga un atteggiamento corretto, limpido, profondamente legato al senso vero dell’arte , non può che emergere ed avere anche un benefico influsso educativo. L’educazione dei lettori può avvenire anche attraverso l’ottimo esempio dei bravi scrittori.
…L’editore (per chi ha la fortuna di averne uno VERO) vuole vendere e non di certo collezionare nei suoi polverosi depositi migliaia di copie del tuo libro; fosse anche più bello di Guerra e pace o dei Fratelli Karamazov. E’ chiaro che ti spingerà ad andare a Domenica In o a Festa italiana dalla (tra l’altro bellissima) Caterina Baglivo.
Antonella ascolta me: se ti invitano in tv a parlare di un tuo libro (turati pure “montanellianamente” il naso e magari truccati un po’) ma vacci e fallo pure di corsa prima che ci ripensino!
Alessandro Romanelli ha detto una cosa giusta: la vetrina televisiva e’ direttamente proporzionale all’incapacita’ del pubblico di abbeverarsi ad altre fonte di informazione. Per questo c’e’ la fila di scrittori, anche famosi, per mettersi seduti sulle poltroncine dei vari conduttori (per inciso Caterina Balivo e non Baglivo), salvo poi dirne peste e corna appena si spengono le telecamere. La televisione ha i suoi strumenti e il suo peculiare alfabeto, vuole il personaggio, un gatto che si morde la coda.
Comunque, io al TG1 segnalo l’ultimo di Remo Bassini La donna che parlava con i morti, altro che Bruno Vespa!
La pervicacia con la quale Gabry Conti insiste nel proporre un’Isola degli Scrittori ha un chè di commovente. Qualcuno ha già provato a dissuaderla (e con argomenti ben fondati) dall’insana voglia, ma lei giù a insistere. Allora faccio una controproposta: un’isola dei lettori, dove un gruppo di volontari, su un’isola dei tropici o in uno scantinato della mondadori (dipende dal budget) legge inediti manoscritti di scrittori esordienti senza fare altro. Poi i manoscritti vengono votati ed il lettore che risulta aver prescelto un libro votato solo da lui viene eliminato; gli altri diventano editor e verranno frustati in diretta da Antonella Cilento (o da Enrico Gregori in guepiere, dipende sempre dal budget).
Poi vendiamo il format a Endemol.
Io mi accontento del 10%.
Saluti
Carletto
Sono molto contento degli sviluppi di questo dibattito.
Vi ringrazio molto per i nuovi commenti.
Un plauso ad Antonella per il suo ulteriore intervento.
@ Luca:
sono io che ringrazio te!
🙂
–
@ Simona:
secondo me ci sorprenderai molto presto, caro il mio magistrato
😉
Caro Carlo S., vedo con gioia che la mia testardaggine fa tendenza!!!
Ok, mi hai convinto ma soltanto nel fatto che si leggerebbero in quella dependance del Quirinale, tutti i prodotti cartacei degli esordienti, e si andrebbe al voto del pubblico per le nomination….ma della Ventura che ne facciamo, dovrebbe imparare almeno i titoli e come ben sappiamo noi esordienti, i titoli dei libri e delle poesie degli sconosciuti, sono tra i più difficili e complessi sia da leggere che da capire, figurati soltanto i titoli…e tutto il resto è un enigma…Però, solo il pensiero mi elettrizza, perchè, non solo gli ospiti della casa dovrebbero leggere ma potrebbero anche inventarsi delle ricette culinarie, e prepararle almeno 1 al giorno a scelta del gruppo, cantare e studiare la Costituzione a memoria, e che alla fine del soggiorno obbligato sappiano a memoria la nostra legge costitutiva, 1 canto a piacere della Divina Commedia ma anche declamarlo, 1 poesia di almeno venti autori italiani…e nozioni di possesso e proprietà che di questi tempi non farebbe male, compreso tutta la normativa sul diritto d’autore e di come applicarlo anche nel web. Non sarebbe male, e 1 jolly in più per chi impara tutte le coniugazioni dei verbi irregolari in francese e in inglese. Non male, che ne dite? Ciao a presto Gabry
p.s. inoltre varie punizioni come p.e.:
attaccare una lampo
pulire la grattugia del parmigiano fino a farla diventare nuova
saper fare una crema pasticcera
tirare una sfoglia
fare una pizza margherita
fare una sciarpa all’uncinetto
dipingere un ritratto ad olio
preparare una amatriciana
fare una crostata
preparare un vasetto di marmellata di un frutto di stagione
fare i tortellini a mano
tradurre un sonetto di Shakespeare
Leggere Gargantua et Pantagruel in un Francese perfetto
ecc.ecc.ecc.
Scusatemi, per tornare ad Anna Banti – che pochi fra gli intervenuti hanno fin qua menzionato – io mi permetterei di copiare un link internettiano veramente utile per la disamina critica di ”noi credevamo” che vi appare:
http://www.italialibri.net/opere/noicredevamo.html
Sergio Sozi
Mi ero dimenticato di ringraziare Francesca Branca per aver accolto il mio invito e per il suo intervento.
–
Sì, Sergio… parliamo di Anna Banti. Invito chiunque avesse informazioni, materiali, aneddoti in aggiunta a quelli segnalati a metterli in comune con noi.
Nota di servizio: stiamo facendo la Fiera del Libro a Siracusa, in via Mirabella, fino al 14. Ci sono anche i libri della Lo Iacono. Se qualcuno in zona volesse venire a trovarci, è ben accetto.
(Massimo, scusa se ne approfitto).
Mi sostitutisco ai Ciceroni.
Su Wikipedia di Anna Banti ne parlano così…
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Anna Banti (vero nome Lucia Lopresti) (Firenze, 27 giugno 1895 – Ronchi di Massa, 2 settembre 1985) è stata una scrittrice italiana. Uno dei tratti caratteristici della sua scrittura fu quello di porsi come narrratrice in una posizione anomala di fronte alle storie, capace si di assecondarle, ma rifiutarne le suggestioni per rimanere più libera non solo di fantasticare, ma di crerare nuovi rapporti con i suoi personaggi.
Fu anche un’abile traduttrice dalla lingua inglese: per un esempio, si veda l’articolo Le Memorie di Barry Lyndon.
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Biografia
Nata a Firenze nel 1895 da una famglia d’origine calabrese fu incoraggiata fin dall’inizio dal padre avvocato ad intraprendere studi umanistici.
All’inizio della sua avventura letteraria la sua prosa fu imperniata sulla memoria e su ricordi giovanili. In seguito, sposando nel 1924, il critico letterario Roberto Longhi, già suo professore al liceo, uomo con una profonda cultura sia letteraria sia artistca, e assieme collaborarono alla nascita di Paragone la rivista, della quale tenne fino alla morte del marito la direzione della sezione letteraria, fu proprio in quel periodo fecondo, la sua prosa divenne più elaborata e raffinata portando alla luce con storie complesse a sfondo principalmente pscologico la condizione delle donne nella società del tempo, analizzando attraverso la convergenza di punti dì vista diversi personaggi femminili colti con grande acutezza nei loro momenti di crisi morale ed esistenziale.
Fra i suoi romanzi più riusciti si ricorda soprattutto Artemisia (1947), che rievoca la vita della pittrice seicentesca Artemisia Gentileschi, narrando una vocazione artistica di donna in lotta con i pregiudizi del suo tempo e, nelle Donne Muoino (1951) dove il racconto serve da pretesto per un’indagine a fondo, sull’amicizia e su i segreti da mantenere e, infine nei racconti raccolti in Campi Elisi (1963), dove ritroviamo il grande tema che interessa principalmente la Banti, la solitudine della donna alla ricerca di una dignità nel mondo degli uomini, in una vicenda di proteste, umiliazioni, ribellioni, dolori.
Opere principali
Narrativa
Itinerario di Paolina, Roma,1937;
Il Coraggio delle Donne, Firenze, 1940;
Sette Lune, Milano, 1941;
Le monache cantano, Roma,1942;
Artemisia, Firenze, 1947;
Le Donne Muoiono, Milano, 1951;
Il Bastardo, Firenze,1953;
Allarme sul Lago, Milano, 1954;
La Monaca di Sciangai, Milano, 1957;
La casa piccola , Milano, 1961;
Le mosche d’oro, Milano,1962;
Campi Elisi, Milano,1963;
Noi credevamo, Milano, 1967;
Je Vous écris d’un pays loítain, Milano 1971;
La Camicia bruciata, Milano, 1973
Da un paese vicino, Milano,1975
Un Grido Lacerante 1981 (Finalista al Premio Campiello).
Saggistica
Opinioni,Milano,1961;
Matilde Serao,Torino, 1965;
Lorenzo Lotto,Firenze, 1978.
Salvo, hai fatto benissimo ad approfittarne. Forza Simona!
Wow, chi ne sapeva niente?Pensa, vivo a Siracusa e lo vengo a sapere da Letteratitudine!
Grazie, passerò senz’altro!
Ma roba da matti!!! Pensa che io sono stato a parlare di te con Emanuele per almeno un quarto d’ora. Potenza di internet.
In verità è esagerato parlare di libri. Finora ho pubblicato solo racconti in un paio di antologie e un unico libretto, piccolo piccolo, che contiene un “racconto lungo”. Ma è comunque una grande gioia vedersi dall’esterno, sui banchi di una fiera del libro. Chissà che non porti fortuna.
Grazie Salvo.
Anna Banti mi riporta indietro di mille anni, bellissima scoperta degli anni universitari… Il resto del discorso è di non poca complessità, complice anche l’ora tarda e una giornata pesante sulle spalle. Sembra volgare associare la parola profitto al termine libro, ma del resto c’è poco da fare: se un autore non vende, per quanto possa aver composto un’opera meravigliosa, non funziona, e sarà destinato, nell’ingranaggio editoriale, a essere sostituito da un’altra penna più redditizia. Temo che la profondità e lo spessore, da soli, non paghino. Ricordiamoci chi erano i signori che formavano la redazione della gloriosa Einaudi: Vittorini, Calvino, Pavese, Ginzburg. E Einaudi sempre ai ferri corti con le banche, intento a accumulare non profitti, ma prestigio. Eppure la scommessa è stata persa, alla fine.
Mi capita ultimamente di leggere libri e pensare: che peccato che non siano stati pubblicati da Tizio o da Caio, avrebbero meritato più visibilità.
Ecco, visibilità. Si può dare al libro visibilità senza che venga scambiata per prostituzione?
Forse stiamo andando fuori tema, ma a quest’ora non mi pare ci sia voglia di dibattere su altri argomenti. Approfittiamone per farci un po’ di pubblicità. Quel racconto l’ho letto con grande attenzione, il giorno che ho preso il libro ( quando è venuta Tea, Silvana La Spina e Giovanna Giordano), mooooolto bello, intenso, avvincente, scritto con proprietà di linguaggio e stile accattivante.
Ma questa è la serata delle sorprese!
Grazie Salvo. Ti sono molto grata. E’ una piccola cosa, come ti ho detto. Ma l’ho scritto col cuore.
Cara Thalia, Lei poco sopra scrive: ”Ricordiamoci chi erano i signori che formavano la redazione della gloriosa Einaudi: Vittorini, Calvino, Pavese, Ginzburg. E Einaudi sempre ai ferri corti con le banche, intento a accumulare non profitti, ma prestigio. Eppure la scommessa è stata persa, alla fine.”
Come e’ stata persa, la scommessa? Solo perche’ Giulio Einaudi, poco prima di morire, ha voluto incrementare il gia’ – facile presumerlo – abbondante lascito ereditario per i parenti vendendo la casa editrice a Mondadori?
Tutt’altro, mi parrebbe: la scommessa e’ stata abbondantemente vinta, poiche’ l’Einaudi, oggi, e’ sempre se stessa, ovvero fra le prime tre-quattro case editrici italiane.
Saluti Cari
Sozi
Caro Sozi,
la mia perplessità non deriva dalla statura della Einaudi, ché quella fortunatamente è indiscutibile, ma dall’essere stata inglobata in un vero e proprio meccanismo del profitto. Non dimentichiamoci di chi è la Mondadori.
E se Giulio Einaudi avesse avuto la possibilità di mantenere in vita la casa editrice senza venderla?
Le auguro una buona notte, ritornerò in questi luoghi domani, che è già oggi.
Thalia
Io credo nell’avidita’ senza fondo di alcuni uomini. Fra i quali, dico…
Ci siam capiti. Buonanotte a Lei, Thea. Senza polemica, ovviamente!
Suo
Sozi
A Simona:
adesso basta! E’ ora di piantarla! Voglio leggere qualcosa di tuo (di genere narrativo beninteso), hic et nunc – o almeno prima possibile. Senno’ mi consumo nell’inconoscenza!
Sergio
Antonella Cilento ha ragione: bisogna essere un personaggio. Io aggiungo: bisogna essere anche un personaggio. Non è che ieri fosse tanto diverso: prendiamo ad esempio Gabriele D’Annunzio, era uno scrittore ma anche un personaggio. Non fosse stato anche un personaggio non so mica se oggi ci ricorderemmo di lui.
Gli scrittori sono sempre stati dei personaggi. Persino la Dickinson con il suo starsene tappata in casa è assurta alle cronache e al gossip per il suo essere “suora”. Tenersi lontani dalla mondaneità non significa non essere un personaggio. Lo si è sempre, solo che c’è modo e modo di essere personaggio, uno più vistoso e uno più raccolto in sé.
Sergio caro,
nessuno, veramente mai nessuno, mi ha mai lusingata quanto te: chiedere un mio racconto all’una di notte!
Come si fa a dire di no? Solo che questo non è il post adatto, perchè è dedicato ad Antonella. Mi pare di aver letto da qualche parte che c’è un apposito spazio per pubblicare racconti. Qual è? Se me lo dici mi troverai lì.
@ Enrico: Ma oggi non è il tuo compleanno? Credo di averlo letto da qualche parte! Auguri!
Sergio caro,
ho trovato il sito e ho postato un mio racconto. http://WWW.iperspazio, no?Vai lì e mi troverai.
Grazie per avermelo chiesto.
…Oppss, non è venuto tutto l’indirizzo. Ci riprovo:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2006/11/02/iperspazio-creativo/.
Mi pare che ora ci siamo.
Mi troverai lì.
Un abbraccio di gratitudine da Simo
@ simona:
yes, thanks
🙂
a me mi piaciono tanto i libbri di barzellette che c’è di meglio da legere?
salve sono libraio non di catena e scrivo in difesa; purtroppo vista la schifezza che viene pubblicata da note case editrici vedi un “moccia che si ritiene un caso letterario” ho un cliente che frequenta il suo a napoli laboratorio del quale non ero a conoscenza e m ne ha parlato con grande entusiasmo dopodiché mi ha ordinato due suoi libri.
Riguardo le edizioni Guanda la ritengo un’ottima e attenta casa editrice
Gentile Sergio Sozi, chiedo scusa per la doppia zeta, che mi è scappata dalla penna, eppure avrei dovuto capire quanto possano dar noia certi sbagli, infatti il mio cognome lucano da signorina è:- Santalucia e spesso lo scrivono Santa Lucia pensando, che sia il seguito del mio nome.Lo sapeva che c’è un suo omonimo (Sergio Sozzi con due zeta, figlio di Gastone) ,che insegna ad una Scuola di ballo ed è specializzato in danze caraibiche e ballo liscio? Quando l’ho letto ho pensato, ma questo Sergio sa fare proprio tutto… Chiedo venia , chiedo venia!
Non so se qualcuno di voi si ricorda del Premio Letterario Lerici- Pea, e dei sobri volumi antologici grigio perla – Carpena Edizioni -? L’anziano Editore, con le sue brevi e circostanziate letterine, è stato un ottimo maestro ed una saggia guida, infatti mi ha pubblicato sulle sue mitiche antologie, solo quando ha ritenuto che i miei testi fossero degni di comparirvi. Secondo me, oggi, salvo le dovute eccezioni, mancano dei critici, che leggano attentamente i volumi e che, con onestà intellettuale segnalino all’autore le modifiche essenziali da apportare all’opera, per migliorare il proprio stile o il tessuto narrativo. Spesso oggi si stronca un volume, senza nemmeno averlo letto tutto o per altri mille motivi che spesso esulano dal valore del libro. Capisco che la mia pretesa è utopica, però è difficile che un autore legato sentimentalmente alla propria creatura si renda conto dei propri errori ed abbia l’umiltà di capire che non ha scritto un capolavoro. Se vogliamo che gli scaffali non siano intasati da pessimi libri che disaffezionano il lettore , dobbiamo rispolverare i rigorosi critici di una volta. Il compito di un critico vero, dovrebbe proprio essere quello di riuscire a valutare un ottima stoffa e di sapere guidare il docile apprendista sarto ,a confezionare un buon vestito che superi le usuranti intemperie del tempo. Si, si, ho capito è giusto dissentire…. ho scritto una cavolata! Non potendo darmi all’ippica, vado a fare la calza. Ciao a tutti
M. Teresa Santalucia Scibona
@ Maria Teresa:
il tuo, ammettilo, è un recondito auspicio. Ed è, in fondo, quello che qui tutti abbiamo. Se, infatti, Sozi si dedicasse alle gare di merengue invece che scrivere i suoi monolitici racconti, ne saremmo tutti più sollevati.
Tu non dici mai cavolate, persino quando sbagli.
🙂
E no caro Enrico, se a Sergio venisse la voglia di scrivere un racconto su una snodata ballerina come me … e non ha la minima idea di come si balla,come se la potrà cavare? E se poi ci dovesse accompagnare in quella famosa discoteca di mettallari, dove hai promesso di portarmi, non penserai di fargli fare da palo tutta la sera, per vedermi sgambettare con le mie lucenti protesi al titanio? Via Enrico, anche se “l’ironia è la buona educazione dei disperati” se continuo a sciorinare scemenze, non mi faranno più scrivere nemmeno nel Corrierino dei Piccoli!Purtroppo il discorso sui libri, è serio e complesso e c’è poco da scherzare.Sergio, non vedo l’ora di leggere qualcosa di tuo.
Massimo, scusaci, non volevo sminuire il tono di questo importante dibattito, ma è difficille resistere alle battute di Sua Eminenza Enrico.
E’ troppo forte. M. Teresa
Cara Maria Teresa, ma di che ti scusi? Ti invito solo a moderare i complimenti rivolti a Enrico… ma per il suo bene. È talmente narcisista che si specchia ovunque… anche nel libro di Silvia Leonardi. Se tu lo esalti troppo si monterà la testa in maniera nociva. E poi chissà cos’altro scriverà. Non è stato sufficiente “Un tè prima di morire”?
😉
Un saluto di benvenuto a Flavio e a Thalia.
C’è qualcuno che può scrivere qualcos’altro su Anna Banti?
Come curiosità e amante di rarità bibliografiche intervengo dicendo che il primo libro in assoluto della Banti è una monografia ( la sua tesi di laurea ):
“Marco Boschini scrittore d’arte del secolo 17”
Roma : Tip. Unione Ed., 1919 – 21 pp
presente solo nella Biblioteca nazionale centrale di Firenze in unica copia.
Praticamente introvabile!
Ciao a tutti
Giuseppe
Grazie per il benvenuto, Massimo; temo che diventerò una presenza costante, passo oggi solo per un saluto veloce, ho scoperto di recente un libro che esige tutta la mia attenzione. Ve ne dirò poi.
Un saluto a tutti.
Sozi caro, penso a Bazlen e mi dimentico di certi uomini.
@ nobildonna Teresa Santalucia Scibona:
la mia capacità e abitudine ad addentrami laddove nessuno osa, mi ha consentito di leggere “Il maniaco e altri racconti” di Sergio Sozi. Confesso che mi sono dedicato a questa lettura in un momento in cui l’alternativa era insegnare la trigonometria ai bigattini.
Però, Tessy, sono arrivato alla fine. Non ho memoria né notizie di altri che siano sopravvissuti. E tu, preclara letterata (o praeclara, dipende dalla scuola), ti nascondi dietro una foglia di fico (sì, hai letto bene…di fico e non il femminile nonostante sia scriva Gregori), e dire “orsù, chissà, vieppiù, mon dieu…spero di leggerle Sozi!!!!!”
Io credo che se tu fai sapere a quel devastato psicihico che vuoi leggere il suo libro, te lo porterà dalla Slovenia a Siena camminando in ginocchio sui ceci e salmoidiando “Gregori è un grande scrittore….Gregori è un grande scrittore…Vito Ferro ancor di più….”
🙂
ps: Ovvio che al concerto heavy metal ti porto volentieri. ma le canne le porti tu o ti presenti col solito Brunello che ormai ch’arimbarza a tutti quanti?
@ massimo:
t’ho guastato pure la Scibona. A me Mefistofele me fa na pi.. 🙂
Cara sig.ra Maria Teresa Scibona,
Un mio zio stretto si chiama Gastone Sozi, ma e’ restauratore d’arte antica e insegnante di disegno in pensione.
Inoltre, ahime’, i librai di tutt’Italia, tappandosi il naso – e incuranti dell’inquinamento mentale collettivo che ne consegue – purtroppo ospitano il mio ”Il maniaco e altri racconti” sugli scaffali, o sono pronti ad ordinarlo all’editore Casini di Roma. Altrimenti, potra’ accontentarsi del racconto umoristico inedito appena pubblicato qui su Letteratitudine: ”Eh… Quando c’era Lui!” (vedasi il ”post” omonimo).
Inoltre: il suo viaggio per i sette mari della dissolutezza lei l’ha ormai intrapreso in compagnia di Enrico Gregori, il quale l’ha evidentemente gia’ trasbordata sulla sua ”cage aux folles”. E in alto mare la buttera’ ai pesci nella medesima gabbietta. Ebbene, cerchi, almeno lei che e’ una persona normale, di affogarlo quanto prima e di salvarsi. Grazie. (E magari prima lo faccia bere del buon vecchio assenzio concentrato).
Sergio
Cara Thalia,
certo, io alludevo alla fame di quattrini di certi editori, anche coraggiosi come quello di cui parlavamo (R.I.P.). Se mi parli di Bobi Bazlen, pero’, come farei a non concordare con te una visione del tutto migliore del ”piccolo mondo moderno” italiano? Daniele Del Giudice gli ha reso onore prima di molti, a Bazlen. Ed io lo stesso rendo a Del G. stesso.
Sergio
Il libro di Sergio lo hanno tutti i librai d’Italia…modesti. Infatti, che lo possiedano, non lo vogliono far sapere a nessuno.
L’altro giorno sono entrato da Ferltrinelli e ho chiesto “Il maniaco e altri racconti”. Mi hanno dato un libro su Donato Bilancia che ha stuprato e ammazzato venti mignotte sui treni.
E mandaglielo a Maria Teresa, quando ti ricapita una così che vuole leggere un libro tuo! Io non faccio testo. Sono più di 30 anni che traffico tra sangue e merda, ma una personcina come la Scibona….dai.
E su resto fatti gli affaracci tua. Se tutto va bene io e Tessy andiamo a vedere Patti Smith a bordo palco passandoci l’ecstasy con Deborha la strusciabidòni e Mirko strippamutanne. Vieni anche tu?
🙂
”Mi sono dedicato a questa lettura in un momento in cui l’alternativa era insegnare la trigonometria ai bigattini.”
Ah. Bene. Risponde questa tale greca antica (te lo cerchi tu il suo nome) in mia vece:
”Dico che alcuno
si sovverra’ di me, nei di’ venturi”
(Trad. del grande Ettore Romagnoli)
Sergio
Enrico: io Donato Bilancia eravamo i due piatti della stessa. Bilancia dico. E fai capire alla Signora Scibona che sei un’amicizia pericolosa, su, dai. Poi, sia quel che sia.
@ sergio:
stasera è evidente che sono fuori come una parabolica (ve piacerebbe), ma non ti capisco.
“L’alternativa era insegnare la trigonometria ai bigattini.” è una citazione da “insegnavo l’abaco alle formiche”. Ci metterai 2 secondi a dirmi da dove proviene l’originale, ma quanto ad averlo in testa questa sera, solo io e….S.E.G.
ps: poi il giorno che mi gira bene spiego anche cosa vuol dire S.E.G. (non è stramberia di mia invenzione, ma cosa di dominio pubblico che pochi notarono o, chi la notò, non si chiese cosa fosse. Io so, perchè conobbi l’inventore di S.E.G.)
🙂
nun me toccate la Scibona, sinnò mozzico
@ everybody:
vabbè, stasera ho infestato abbastanza il blog. mi ritiro prima che Maugeri mi denunci per “porto abusivo de capoccia”
so long
🙂
Enrico: la frase dei bigattini e’ TUA! Ti ho citato! (Vedi sopra: ”la mia capacità e abitudine ad addentrami laddove nessuno osa, mi ha consentito di leggere “Il maniaco e altri racconti” di Sergio Sozi. Confesso che mi sono dedicato a questa lettura in un momento in cui l’alternativa era insegnare la trigonometria ai bigattini.” Firmato Enrico Gregori).
Inoltre, purtroppo, non ho piu’ copie da spedire, come fare? Mi scuso pubblicamente con la sig.ra Scibona ma… ecco!
Sergio Sozi
Antonella cara,
io SONO un personaggio. Come tutti, alla fine. Io cado inciampo dimentico le cose sono svanito sono distratto… Quando faccio delle presentazioni, se sono in vena e mi va, anziché infiocchettare di citazioni dottissime le cose che dico, di “mettere in scena” me stesso: trovo astanti che ridono e ridono di gusto. Detto questo, non posso che essere d’accordo su tutto quel che tu dici, proprio tutto. Ma penso pure: e se un autore vero, non gli show men e le show women, i veri scrittori: se quando vanno in tv oppure si porestano a scandaletti da due lire per riviste patinate, se questo servisse ad avvicinare qualcuno (non molti, qualcuno soltanto, metti 100 persone, o 1000, non ho idea, non frequentando, per fortuna, alcun salotto televisivo, quante copie “spostino” queste apparizioni) alla lettura, be’, quella “marchetta” allora sarà un cosa buona e giusta, io dico. Ma la butto lì. Magari poi dietro queste stelline di quart’orne (letterario) c’è un prodotto sciatto, convenzionale, infarcito di frasi fatte e idiozie e che, proprio per questo, incontra il consenso del grande pubblico analfabetizzato dalla cultura di massa. Ma delle volte (non so, penso alla Ballestra lanciata da Costanzo: personaggio anche lei: personaggio “scontroso”, per la precisione, in quell’occasione) in tv nascono anche fenomeni editoriali di qualità. O pensa a Diego. Schizzato in classifica dopo la Dandini, e con un libro molto buono. Son pronto a cambiare idea, naturalemente. Intanto ti abbraccio.
livio
@ sergio:
lo so che quella frase è mia ma l’ho mutuata da “insegno l’abaco alle formiche” che purtroppo mia non è. ti ricorda qualcosa?
… accipicchia, mi hai colto in castagna: Pinocchio!
A Livio Romano:
be’… siamo quasi d’accordo… pero’ definire ”di qualita”’ la scrittura della Ballestra… insomma… io direi appena passabile – e solo perche’ siamo messi male.
S.alvate
E.nrico
G.regori ?
🙂
@ sergio:
bravo
@ gea:
non ci siamo
🙂
Sono Enrico Gregori. S.E.G!
@ sergio:
acqua!
🙂
per Antonella Cilento:
sono interessata ad acquistare, o comunque a reperire il libro di Anna Banti “Noi credevamo”. Da quanto ho letto nel tuo messaggio è di difficilissima reperibilità, anche su e-bay. Potresti darmi ulteriori indicazioni su come sei riuscita a trovarlo? Hai fatto riferimento a un aiuto che ti è stato dato da Francesca Branca.
Grazie per le informazioni che potrai darmi.
Patrizia Sbaraglia