Novembre 23, 2024

8 thoughts on “MILAN KUNDERA SI È ALLACCIATO UNA SCARPA

  1. Ho appena terminato l`eternita` dell`istante di Zoe Valdes esule cubana.
    Altro esempio di sdradicamento dalla propria terra, ed ancora piu` bizzarro se si pensa che nello stesso paese, Cubam un altro scrittore, Garcia Marquez, viene trattato alla stregua di un semidio.

  2. Il pensiero va a Pamuk che di recente è stato costretto ad abbandonare la Turchia: il suo Paese.
    Viene da pensare che gli intellettuali molto osannati in patria sono quelli che hanno forti doti da “paraculo” (perdonate la volgarità).

  3. Vedo che su Zoé Valdés mi hanno preceduto. Si tratta di una scrittrice che in Italia certa sinistra giudica come una scribacchina finanziata dalla Cia. In realtà la Valdés è una scrittrice immensa, una delle migliori autrici latinoamericane. Vive esule a Parigi e parlare della sua vita sarebbe lunghissimo. Meriterebbe un articolo, un breve saggio, non due righe buttate là come sto facendo adesso. Avete mai letto La vita intera ti ho dato, Café nostalgia o Tu mio primo amore? Libri stupendi. Peccato che in Italia si trovi solo poca parte della sua sterminata produzione. Mi onora il fatto che la Valdés ha presentato a Miami un nostro libro: Versi tra le sbarre, edito dal Foglio, che contiene le poesie di scrittori cubani incarcerati per motivi ideologici. Per restare a Cuba cito tra gli esiliati: Carlos Franqui (pedinato per anni in Italia e in Francia dai servizi segreti di Castro), Guillermo Cabrera Infante (ormai è morto e non lo pedinano più), William Navarrete (Parigi), Felix Luis Viera (Messico)… la lista sarebbe interminabile… a Cuba sono rimasti solo gli scrittori di regime come Abel Prieto e altri coraggiosi pubblicano soltanto all’estero i loro libri controcorrente (Pedro Juan Gutierrez)…
    Sui motivi per cui Garcia Marquez a Cuba viene trattato come un semidio consiglio la lettura di Carlos Franqui – Memorie di un fantasma socialista. A Cuba anche Gianni Minà viene trattato come un semidio e pure l’onorevole Rizzo. Per tacere del grande filosofo Gianni Vattimo che vorrebbe importare in Italia il sistema cubano del partito unico (parole sue pronunciate in TV dalla Dandini). Sto diventando di destra oppure sono certi personaggi di sinistra che non comprendono la differenza tra essere di sinistra e appoggiare una dittatura?

    Gordiano Lupi
    http://www.infol.it/lupi

  4. Sono in disaccordo con Erika. Non è vero che “gli intellettuali molto osannati in patria sono quelli che hanno forti doti da paraculo”.
    Ci sono Paesi democratici che osannano, e giustamente, i loro scrittori. E ci sono Paesi dittatoriali dai quali gli intellettuali e gli scrittori non possono che fuggire, se vogliono esprimersi liberamente.
    Gordiano Lupi ha ragione. Le dittature sono deleterie e uccidono il pensiero. Sia che siano di destra che di sinistra.

  5. Con i miti ci si misura sempre; ci sono quelli imposti dai regimi, dalle lobby, dal nostro immaginario. Penso a Parigi, a quanti esuli hanno trovato lì protezione, lavoro e successo letterario. Mi viene in mente Cioran, pensatore apocalittico, nichilista e a suo modo affascinante, ma poi, scopri il suo essere stato antisemita convinto: un agitatore antisemita. E allora decidi di non acquistare mai un suo libro: faccia l’esule, lavi i vetri, e poiché ormai non c’è più, “Sia pace all’anima sua”.

  6. Elektra, è chiaro che un intellettuale che vive in un Paese dittatoriale fugge.
    Quello che volevo dire io è che ci sono anche Paesi, oporzioni di Paesi, pseudodemocratici o simildemocratici o semplicemente “culturalmente piatti”, o di cui fanno dell’appiattimento culturale uno dei loro obiettivi.

  7. Propongo un nuovo spunto che procede nella direzione opposta rispetto a quella presa da questo post.
    Sulla prima pagina del Domenicale de “Il Sole-24Ore” di oggi (18 marzo 2007) viene pubblicato uno scritto dello storico tedesco Joachim Fest, recentemente scomparso. Nel pezzo, tradotto da Alessandro Melazzini, Fest analizza il fascino dei totalitarismi sugli uomini di cultura.
    Vi riporto alcuni passaggi dell’articolo. Poi, se lo credete, proseguiamo il dibattito:

    “(…) Sorprende meno di quanto ritenuto da molti il fatto che per gli atti di ingiustizia commessi milioni di volte dai sistemi totalitari, questi hanno trovato sempre difensori e sostenitori tra gli intellettuali. Furono infatti proprio le loro ispirazioni che in quei sistemi presero forma.
    Lion Feuchtwanger non era cieco quando alla fine del 1936, al tempo delle terribili purghe staliniane che colpirono un decimo dei cittadini sovietici, visitò l’Unione Sovietica pensando di attraversare un giardino. E ciechi non erano nemmeno Romain Rolland, Sidney e Beatrice Webb o George Bernard Shaw. Dall’altra parte non lo era neppure Hanns Johst quando durante un viaggio a Est nei territori conquistati lodò, insieme ai suoi accompagnatori, il lavoro di ricostruzione del regime nazista (…).
    Al senso di onnipotenza degli intellettuali si aggiunse l’odio covato fino al disgusto verso il mondo borghese. (…) Questo sentimento antiborghese è l’energia motrice di pressoché tutti gli estremismi del tempo. (…) Fu così per Brecht ed Ehrenburg come per Ernst Toller, Majakowski, Ignazio Silone e Erich Muhsam o Ernst von Salomon: si può tracciare una linea fino al presente. (…)
    Un’intera epoca, il secolo dei sistemi totalitari, è assente o compare ben poco nella grande letteratura. “Buio a Mezzanotte” di Arthur Koestler, il “Doktor Faustus” di Thomas Mann, “Il Tamburo di Latta” di Gunther Grass, “L’Arcipelago Gulag” di Solzenicyn e poco altro”.

  8. L’opera di Kundera è una delle strade ideali per redimere tutti gli ultimi comunisti, modernariato vivente: vadano, prendano, leggano, piangano, si maledicano, maledicano chi ha insegnato loro a essere comunisti, si facciano un bell’esame di coscienza. Lavarla non possono.
    Scoprano quanto male hanno fatto ai popoli: a partire dallo sterminio degli ucraini, allegramente rimosso perché non se ne poteva parlare. Uno sterminio etnico da record. Ben prima della seconda guerra…
    *
    Kundera è stato costretto all’esilio per difendere l’essenza della sua patria, e la futura sua libertà. Esemplare: come letterato, come intellettuale, come patriota. Questo articolo lo ricordavo con amaro piacere. Grazie Massimo.

Comments are closed.