In questo nuovo post legato alle due rubriche di Letteratitudine “Graphic Novel e Fumetti” e “Giovanissima Letteratura” ci occupiamo del graphic novel intitolato “Momo” di Jonathan Garnier e Rony Hotin (Tunué – traduzione di Stefano Andrea Cresti)
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Quella di Momo, bambina di cinque anni i cui genitori si sono separati, non è un’intera storia. La graphic novel che la vede protagonista, firmata da Jonathan Garnier e Rony Hotin e pubblicata in Italia da Tunué nella traduzione di Stefano Andrea Cresti, è una sorta di macrocapitolo della sua vita, dedicata ad alcune specifiche esperienze dell’infanzia. Affidata dopo il divorzio alle cure del papà, che però si imbarca spesso in mare per lavoro, la protagonista deve infatti trascorrere l’estate con la nonna in un paesino della Normandia apparentemente isolato e noioso, in cui l’unico svago consiste nell’andare dal pescivendolo o nel raggiungere la piazza principale.
In realtà, si tratta di una parentesi complicata dentro un’esistenza ancora più caleidoscopica, dato che Momo, nonostante la tenera età, ha già un carattere risoluto e fiero, a tratti fin troppo, e che nella cittadina in cui aspetta inquieta il ritorno del papà sviluppa ben più rapporti del previsto con chi la circonda. Il pescivendolo, per esempio, fa il duro con lei quando lei fa la dura con lui, però poi conserva in casa i fogli in cui Momo disegna delle banconote quando non ha abbastanza soldi per pagargli la merce, e la ospita in casa con il suo gatto quando lei non ha altri posti dove andare. I ragazzi più grandi che trascorrono la stagione lì proprio come lei, all’inizio la temono per la sua scontrosità e vena polemica, ma grazie a questo imparano poi a rispettarla e a includerla nelle loro giornate.
Un’altra adolescente, anche lei ospitata dalla nonna, trova in Momo quasi una sorella più piccola, una confidente, una persona capace di ascoltarla e di capirla, così come di lasciarsi consigliare e volere bene. In questa storia attuale di famiglie “moderne”, dove in un piccolo centro si sviluppano grandi problemi, l’empatia è quindi forte con tutti i personaggi: li si vorrebbe conoscere meglio l’uno dopo l’altra, mentre i lettori più piccoli imparano molto dagli errori e dai pregi della protagonista e gli adulti si ricordano non senza una punta di dolore come ci si sente da bambini e come si dovrebbe comunicare in maniera efficace con i più piccoli.
La parte grafica, nell’opera, ha fra l’altro un’importanza tutt’altro che collaterale – non a caso questo romanzo di formazione, ispirato alle foto di una bambina giapponese, ha vinto il Prix Bull’Gomme, il premio Pépite BD al Salon du Livre et de la Presse Jeunesse de Montreuil ed è stato nominato al Prix Sorcières. Paesaggi ed espressioni sembrano evocare certe atmosfere della tradizione giapponese, come hanno riconosciuto con devozione gli stessi autori, ma il modo di esprimersi, i tratti somatici e perfino certi sviluppi di trama devono molto all’immaginario collettivo occidentale – e dell’universo Disney, più nello specifico. La cura al dettaglio è ammirevole, tanto negli ambienti quanto nell’abbigliamento, tanto negli snodi delle vicende quanto nel linguaggio, e la traduzione italiana restituisce la freschezza e l’immediatezza dei dialoghi senza intoppi, risultando convincente specialmente nel gergo giovanile e nello stile informale che caratterizza la graphic novel.
Le inquadrature delle scene sono sempre dinamiche e innovative nella prospettiva, né disturba il fatto che le storyboard di ogni pagina siano abbondanti e spesso ridotte per dimensioni, anzi. La scelta crea una sorta di “effetto cartone animato”, a tal punto la storia sembra viva e scorrevole (il che, considerate le sue 176 facciate, non è da poco). Molto, negli stati d’animo e nelle atmosfere da suggerire, viene inoltre affidato ai colori, centrali nella comprensione e nell’immersione così come il lettering, che funziona bene soprattutto a livello di onomatopee. Inaspettata è, invece, l’incursione di un punto di vista “altro” (anche nelle modalità espressive) a circa metà del testo, che forse risulta poco contestualizzata rispetto alle avventure di Momo nel suo insieme, ma che contribuisce a una polifonia singolare, insolita e comunque non sgradevole.
Insomma, nelle pagine in carta opaca di Momo si osserva la quotidianità di una bambina all’apparenza come tante, sebbene i conflitti che emergono risultino universali e giganteschi per loro stessa natura, tra grandi dolori familiari e sincere risate tra amici. Nel tempo di un’estate la protagonista impara, cambia e cresce, esattamente come accade a chi le tiene compagnia capitolo dopo capitolo, e guarda al proprio mondo interiore con rinnovata dolcezza.
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La scheda del libro: “Momo” di Jonathan Garnier e Rony Hotin (Tunué – traduzione di Stefano Andrea Cresti)
L’indimenticabile fragranza dell’infanzia. Momo è una bambina di 5 anni, vive con la nonna in un piccolo villaggio portuale della Normandia. Di tanto in tanto la bambina va sul ponte per riuscire a vedere la barca del padre, marinaio d’altura obbligato dal lavoro a passare lunghi periodi in mare. Alla morte della nonna il pescivendolo del paese si rifiuta di affidare la piccola ai servizi sociali e si offre di ospitarla a casa sua fino al ritorno del padre. Il tempo degli amici, le scoperte, le piccole sciocchezze, la grande felicità e il dolore. Il tempo anche di una costante meraviglia che a volte vanifica le realtà del mondo degli adulti. Età di lettura: da 10 anni.
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