La nuova puntata de “Il sottosuolo” di Ferdinando Camon… tra Munch e Kirkegaard .
* * *
MUNCH URLA E KIRKEGAARD TREMA
In questi giorni si apre in Europa una serie di mostre delle opere di Edvard Munch, in Norvegia (dove il pittore nacque 150 anni fa), in Svezia, Svizzera, Italia (Venezia e Genova). Rivedremo più volte sui giornali le varie versioni dell’“Urlo”, il suo quadro più famoso. Rivedremo “La Disperazione”, “La fanciulla malata”, “Il Vampiro”, gli autoritratti. Sarà un’immersione nell’angoscia. Perché tanta angoscia? Perché così spesso la morte e la disperazione? Cosa c’è nel suo mondo? E cosa manca?
“L’Urlo” è del 1893. Epoca cruciale nella cultura europea, la fine dell’Ottocento, perché sono gli anni in cui Freud pensava alla presenza nell’uomo di parti che l’uomo non conosce e non controlla. L’uomo non è tutto Io, cioè tutto coscienza. Compito dell’uomo è farsi coscienza, “dov’era l’Es, deve diventare l’Io”. L’uomo dell’”Urlo” ha visto qualcosa che lo spaventa. Visto, o intravisto. L’urlo non è rabbia o follia, ma spavento. L’uomo che urla è solo. Ci sono due figure alle sue spalle, due uomini che sembrano parlarsi, in ogni caso non han visto ciò che ha visto l’uomo urlante. Non c’è rapporto tra questo e quelli, non si forma gruppo, non c’è umanità. L’autore ha coscienza e memoria di come questo quadro gli è nato nella mente, e lo racconta, parlando di una visione: “Camminavo per la strada con due amici, il sole tramontava e il cielo si tinse di rosso sangue, mi fermai, mi appoggiai sfinito a un recinto, sul fiordo nerazzurro e sulla città schizzarono sangue e lingue di fuoco, i miei amici continuavano a camminare e io tremavo di paura e sentivo un grande urlo infinito nella natura”. L’uomo urlante ha appena visto la dissoluzione del mondo, la fine cosmica, la morte di tutto. Se è possibile, e io credo che sia possibile, una lettura in chiave fideistica dell’Urlo, l’Urlo è l’uomo che non ha nessuno, sta su un ponte, sotto di lui l’abisso, non vede salvezza. È possibile intendere l’urlo come un’invocazione. Un urlo per l’assenza di Dio e un’invocazione perché si presenti. Dico queste cose, e mi s’affacciano al cervello altre letture fideistiche di autori sedicenti atei: Moravia, per esempio, e Pasolini. Pasolini come cattolico che combatteva dalla parte avversa, per ragioni che Freud avrebbe potuto spiegargli. E lui ci andò, in analisi freudiana, ma quando “la cosa oscura” risaliva alla superficie ebbe paura e scappò. Per tutta la vita Moravia ha scritto di una borghesia senza-valori, quindi senza-Dio. Una vita buia, senza luce, puro istinto, sesso, denaro, e la morte come fine di tutto. Ma alla fine s’è accorto che la sua descrizione di un mondo vuoto era un’invocazione, e ha concluso dicendo (dicendomi, l’ho messo in un libretto, quando lui era ancora vivo): “Il Nulla dopo la morte non mi sta bene, mi sta bene il dubbio”. Il vuoto come richiamo, l’assenza come supplica. Forse è una mia stortura, ma ho sempre sentito questa invocazione anche nell’Urlo di Munch. L’uomo che urla è Munch stesso, urla perché ha paura della morte, urla perché è già morto, ha la testa che è un teschio, il corpo è molle e filamentoso, non è un corpo ma uno spirito, il centro pittorico del quadro è la bocca spalancata, da quella bocca escono le onde sonore dell’urlo che deformano ondularmente il paesaggio, come fanno in uno stagno le onde concentriche prodotte dal tonfo di una pietra. Si tende sempre a collegare Munch con Kirkegaard, e si fa di Kirkegaard il padre dell’Esistenzialismo. Ma nel suo pieno sviluppo l’Esistenzialismo era ateo, mentre il sistema di Kirkegaard è una sequenza di “timori e tremori” (titolo di un suo libro) che sono le onde irradiate da un Dio che dev’essere lì anche se lì non lo si vede. Munch non lo sente e urla, Kirkegaard lo sente e trema.
[articolo pubblicato su “Avvenire” del 4 giugno 2013]
LetteratitudineBlog / LetteratitudineNews / LetteratitudineRadio / LetteratitudineVideo
il quadro segna un solco profondo fra il linguaggio scritto e l’immagine, evidenziando la potenza di quest’ultima fino al punto da far zittire l’osservatore. La forma della stessa immagine riprende la curva del suono e, incapsulandola dentro se stessa, la disperazione diventa autistica, per allontanarsi infine dalla salvezza della psicoanalisi. Forse il teatro opera una catarsi più efficace.
Grazie, Rossella!
Grazie per i suoi pezzi, prof Camon. La seguo sempre!
Salve, sono un grande ammiratote dell’Urlo di Munch e vorrei condividere alcune notizie a riguardo.
Intanto, a 150 anni dalla nascita dell’artista dell’Urlo, la piu’ importate mostra mai realizzata su Edvard Munch viene trasmessa al cinema via satellite solo per una sera, il 27 giugno alle ore 20.
Ovviamente vi invito a guardarla!
Ne sono molto felice. Ci voleva. Dopo il grande successo di Leonardo Live e di Manet, anche Edvard Munch arriva su grande schermo con la piu’ importate mostra mai realizzata su di lui: ”Munch 150”.
Ne approfitto anche per dire che quest’anno si festeggia il 150° anniversario della nascita di Munch (1863 -1944), una delle figure chiave di tutta l’arte moderna. Un evento eccezionale su un artista che riscuote un interesse mondiale. E cosi’ la Norvegia, e non solo, si mobilita per investigare fino in fondo l’arte universale e senza tempo dell’autore dell’Urlo, uno dei quadri piu’ riconoscibili dal pubblico internazionale.
Due aprole sulla mostra.
“Munch 150”, l’esposizione piu’ ambiziosa mai realizzata su questo artista e curata da Nils Ohlsen, Mai Britt Guleng, Jon-Ove Steihaug e Ingebjorg Ydstie, raccoglie 220 dipinti e 50 opere su carta e sara’ ospitata nella doppia sede del Museo Nazionale e del Museo Munch di Oslo.
Molti conoscono Munch solo come l’autore dell’Urlo, ma e’ la sua intera opera a farlo entrare di diritto nel novero dei pittori piu’ famosi di sempre.
Volevo dire “due parole sulla mostra”
Ripeto: la mostra evento, verrà trasmessa via satellite nelle sale di tutto il mondo solo per una sera, giovedi’ 27 giugno alle ore 20 (elenco dei cinema italiani su http://www.nexodigital.it) e condurra’ gli spettatori dietro le quinte dell’esposizione (come mostrano i fotogrammi allegati) per svelare alcuni dei processi alla base della realizzazione della mostra oltre che i luoghi in cui Munch ha vissuto a partire dalla meta’ del XIX secolo fino all’occupazione tedesca della Norvegia durante la seconda guerra mondiale.
La mostra sara’ anche un omaggio ai temi centrali che hanno caratterizzato l’imponente attivita’ artistica di Munch perche’ gli spettatori possano ammirare capolavori famosi, ma anche tesori meno conosciuti. In particolare saranno esibite le ricostruzioni dei dipinti che compongono il Fregio della Vita e il Fregio Reinhardt oltre che numerosi e mutevoli autoritratti dell’artista.
Un’opportunita’ straordinaria per comprendere il contributo innovativo che Munch ha saputo dare all’arte figurativa moderna scatenando ai suoi tempi rabbia e ammirazione per il suo stile anticonformista.
Ciao a tutti e grazie!
una mostra da urlo, direi!
🙂
Grazie di cuore per i vostri contributi.
In verità avrei dovuto chiudere lo “spazio commenti” (in accordo con Ferdinando Camon, che per un po’ di tempo non potrà intervenire)… ma sono ben felice di essermene dimenticato.
Ne approfitto per scusarmi con i frequentatori storici di Letteratitudine (ma anche con “i nuovi arrivati”) e per ringraziarli di cuore per il loro affetto.
Sto trascurando lo “spazio dibattiti”, lo so: ma è solo per riprendere un po’ di fiato.
Riprenderemo al più presto.
Promesso!
al più tardi, riprenderemo al più presto…
ahahah 🙂
tranquillo, caro massimo.
ti seguiamo sempre con tanto piacere.
mi sono arrogato il diritto di parlare a nome di tutti.
spero che gli altri siano d’accordo. in fondo siamo in periodi di larghe intese…