Sicuramente molti di voi avranno letto 1984 di George Orwell.
E altrettanto sicuramente molti di voi non saranno riusciti a fare a meno di collegare il suddetto romanzo con quanto sta accadendo in questi giorni. Mi riferisco naturalmente allo scandalo Telecom che ci sta rivelando i retroscena di una raccapricciante Organizzazione di spionaggio illegale. Ma non solo.
Ritengo che le caratteristiche preconiche del libro di Orwell siano impressionanti. Certo, Orwell mirava soprattutto a denunciare i possibili risvolti degli abusi di potere e i pericoli connessi alla crescita di certe ideologie. Ma denunciava anche i rischi derivanti dallo sviluppo del processo di massificazione, dall’uso propagandistico dei mass media (e conseguente appiattimento delle coscienze), nonché i pericoli correlati all’uso strumentale e improprio delle nuove tecnologie (soprattutto quelle di comunicazione e di telecomunicazione).
È impressionante come, oggi, quel libro (pubblicato nel 1949) sia così fortemente attuale.
Peraltro, dicevo, non mi riferisco solo allo scandalo Telecom (a proposito del quale vi consiglio di leggere qui, e qui).
C’è dell’altro. E quest’altro riguarda la vita di tutti i giorni.
La nostra vita.
Vi segnalo, a tal proposito, un articolo di Arianna Dagnino pubblicato su Specchio del 23/9/2006 (pagg. 46-51). L’oggetto è la rete delle reti: Internet.
Ve ne riporto uno stralcio.
“Ormai Internet può guardarti e sorvegliarti da ovunque, anche dall’alto, 24 ore su 24, e seguire ogni tua mossa. Sa dove vai e cosa cerchi quando navighi on-line, quali film ti piacciono, che tipo di acquisti prediligi, quali parole usi più assiduamente nelle tue mail, a chi indirizzi i tuoi messaggi, dove si trova la tua casa, com’è fatto il tuo quartiere e quali perversioni sessuali si nascondono dietro quella tua aria da professionista serio e indefesso.
L’incubo di un Grande Fratello inquisitore, onnisciente e onnipresente, sta uscendo dalle pagine della fantascienza di stampo orwelliano per entrare nelle nostre vite domestiche. Questo è quello che teme un numero crescente di persone di fronte all’inesorabile avanzata di motori di ricerca – Google in primis – sempre più sofisticati e ramificati nel modo in cui captano, intrecciano ed elaborano le informazioni che ognuno di noi lascia inesorabilmente in rete ogni giorno al suo passaggio. E queste informazioni, privatissime, che rivelano molto di ciò che siamo e facciamo, potenzialmente possono finire in mano di chiunque: funzionari governativi, agenzie di spionaggio, compagnie di assicurazione, ricattatori senza scrupoli, comuni cittadini.
A proposito di Google. Forse non sapete che “Google raccoglie dati personali quando vi registrate per accedere ad un (suo) servizio o quando fornite altrimenti tali informazioni volontariamente”. Forse non sapete che è possibile “combinare le informazioni fornite con informazioni provenienti da altri servizi di Google o fornite da terzi allo scopo di acquisire una maggiore conoscenza dell’utente, ivi inclusi i contenuti personalizzati apposta per voi”. Forse non sapete che “Google si serve di cookie ed altre tecnologie per ampliare la sua esperienza online e per capire come utilizzate i servizi di Google”. O che “quando visitate il sito web, i server di Google registrano automaticamente informazioni quali l’URL, gli indirizzi IP, il tipo di browser, il linguaggio del browser, la data e l’ora della vostra richiesta”. Ma la cosa più importante è che forse non sapete che a Google possono “usare i dati personali per fornire i servizi che avete chiesto, ivi inclusa la visualizzazione di contenuti personalizzati e della pubblicità”, che possono “usare i dati personali ai fini di controllo, ricerca ed analisi” e che, ancora, possono “condividere dati aggregati non personali con terze parti esterne a Google”.
Credete che stia esagerando?
Cliccate qui.
Lo sapevate già?
Provate a parlarne in giro. Qualcuno vi dirà che è il prezzo da pagare per il progresso. Altri faranno spallucce. Altri ancora si accontenteranno della ragionevole considerazione che al mondo esistono problemi ben più gravi. E poi è un processo inarrestabile, giusto?
Sì, sì…
Sapete come si chiama questo processo? Mitridatismo (o mitridatizzazione) delle coscienze. Della serie: un sopruso al giorno leva il dubbio di torno… e piano piano ci si abitua a tutto. È un po’ come essere immuni dal veleno. Solo che il veleno ce lo propinano, non lo ingurgitiamo per scelta. O no?
Che fare? Intanto sforziamoci di comprendere… per ciò che ci è dato sapere. L’alternativa, del resto, sarebbe quella di affondare nella quotidianità rabbonendo i nostri pensieri con la visione di una partita di calcio in pay tv o dell’ultimo reality show.
E a proposito di reality show. Rifletteteci. Non costituiscono, in un certo senso, una sorta di paradosso? Non dànno l’illusoria sensazione, a chi li guarda, di essere dall’altra parte dell’occhio?
“Dall’età del livellamento, dall’età della solitudine, dall’età del Grande Fratello, dall’età del Bispensiero… tanti saluti!”
Think about it, people!
Think about it.
che dire.
inquietante.
sentirsi spiati è come venire piano piano spogliati dei nostri indumenti davanti ad una platea di dermatologi!
I tuoi post sono sempre interessanti e intelligenti. Però da frequentatore dei blog, ti suggerirei di renderli un pò più brevi (o almeno di alternarli con qualcuno più corto): molti bloggers si turbano quando vedono scritti troppo lunghi.
Orwell era una grandissimo intellettuale, non solo 1984 o la FATTORIA DEGLI ANIMALI ma pure i saggi e gli altri romanzi.
D’accordo sull’indifferenza della gente rispetto a questa situazione diventata ormai “ambientale”, nel senso che è talmente enorme che c’è , ma non si vede. Ti lascio questa mia riflessione di ieri http://gcanc.blog.kataweb.it/what_a_wonderful_world/2006/09/diritto_dautore.html
Come al solito grazie per i contributi. E un grazie particolare a Luciano (mi impegno ufficialmente a inviare post più brevi… naturalmente con le dovute eccezioni).
Non c’è legge che garantisca l’uomo dal cadere nell’eccesso: è una specialità della natura umana (non sto a discuterne le ragioni: ognuno trovi le proprie risposte, se vuole e se ne ha. Sto esponendo un dato di fatto). Per questo grido con Seneca: “recede in te ipsum” e “vindica te tibi”. Piuttosto che spiare i bellimbusti o le ochette dei vari “reality”, i quali non hanno da mostrare che il loro fisico prorompente, perchè non entriamo in una biblioteca a spiare le vite degli spiriti magni d’ogni tempo e luogo e cosi facendo aggiungiamo senecanamente al nostro tempo il loro?
Orwell aveva in qualche modo anticipato il presente, mi chiedo, cosa sarà del dopo? O meglio, in un mondo sempre più inquinato alla radice (osservazione di Sveviana memoria) c’è spazio per la disapplicazione dell’eccesso?
Oggi più che mai l’uomo ha bisogno di staccare la spina, di stare in silenzio, di non inquinare la purezza del silenzio con il rumore assordante che ci circonda. Oggi alle nuove generazioni MANCA L’ESPERIENZAdel silenzio e dell’ascolto. Come possono apprezzare la poesia che è in fondo all’essere umano in questo modo?
Ehi Max,
forte questo post.
E capisco anche che le atmosfere orwelliane percepite nel tuo romanzo non le ho colte per caso.
Scusa Vlad, cosa intendi per disapplicazione dell’eccesso? Mi sembra una specie di ossimoro (nel senso che i termini “disapplicazione dell’eccesso” mi sembrano un eccesso tutt’altro che disapplicato).
Baci a tutti.
Trovo molto calzantisia l’intervento di Elio che quello di Vladi. Ne approfitto per salutare Elektra (pungente al punto giusto… come sempre). Io, devo dirti, capisco perfettamente cosa intende Vladi per “disapplicazione dell’eccesso”… è l’esatto contrario di “applicazione del sufficiente”. O no? Ciao a tutti. 🙂
Comincio da una considerazione, magari lontana, forse esplicativa se non esemplificativa: disapplicare l’utile, quindi non applicarlo, potrebbe significare indirizzarsi verso l’inutile. Se sostituiamo l’aggettivo col sostantivo in questione, eccesso, potremmo dare alla locuzione il significato che Massimo ha afferrato, ancora meglio potremmo dire che la disapplicazione dell’eccesso – mi perdoni Elektra per la retorica non certo abusiva- equivale all’applicazione del giusto medio. Insomma, un ritorno a una migliore e auspicabile, discreta, vivibilità.
Non conoscevo parte di questi dati che tu fornisci.
Io , nonostante tutto, non riesco a sentirmi osservata.
Forse perchè non credo di danneggiare il “sistema”.
Boh!
Questo post mi fa tornare in mente “Echelon”, ricordi Massimo?
http://www.cli.di.unipi.it/~guidi/echelon/tesi.html#per
Non che la cosa non sia possibile, certo. Un dubbio , tuttavia, avanza imperterrito:
se Echelon fosse questa certezza adamantina come mai che gli Usa, così tecnologicamente avanzati, non hanno “sentito” i piani che , sebbene in arabo, si stavano elaborando?
Forse è una domanda che hai già sentito ma mi piacerebbe sapere come la pensi.
Grazie!
Cara Marzia, grazie anche per il link. Forse “Echelon” meriterebbe un post a parte. Per quanto concerne il discorso “Usa, così tecnologicamente avanzati” in effetti c’è da restare piuttosto perplessi. In questi mesi si accavallano pubblicazioni (c’è n’è anche una di Giulietto Chiesa) e ricostruzioni filmate che fanno venire la classica pelle d’oca. Sono tanti, forse troppi, i dubbi e le contraddizioni. Tuttavia non posso (o forse non voglio) nemmeno pensare all’ipotesi di una strage “gestita” dagli stessi Usa per motivi arcani più o meno spiegati. Restiamo nel tema, o Mito, a me caro: quello del “controllo del potere”. Che poi è, credo, la colonna portante del mio “Identità distorte” (romanzo nel quale viene “incrociata” pure la tragedia del crollo delle torri). Credoche quest’argomento sia però da riprendere. Grazie Marzia (e a presto).
Da Repubblica.it
TECNOLOGIA & SCIENZA: “Il futuro è raccogliere sempre più dati sui visitatori per poter loro dire anche che lavoro devono cercare”
“E’ l’informazione globale”, ma crescono le preoccupazioni per la tutela della privacy di chi naviga in Rete
Google sempre più Grande Fratello – Schmidt: “Organizzeremo la vita degli utenti”
LONDRA – Grande fratello Google: il gigante di Mountain View non mira più solo a raccogliere e fornire più informazioni possibili a chi naviga in rete, ma anche ad organizzare l’esistenza dei suoi utenti. L’obiettivo è stato dichiarato dall’amministratore delegato della società, Eric Schmidt, parlando con i giornalisti, secondo quanto riferisce il quotidiano finanziario britannico Financial Times. Una prospettiva destinata a suscitare nuovi timori per la tutela della privacy per il colosso dell’online, che in Italia si è appena aggiudicato il Big Brother Award come tecnologia più invasiva, premio in negativo in materia di privacy.
Per Schmidt è di fondamentale importanza raccogliere quante più informazioni sugli utenti così che un giorno Google potrà “influire” direttamente sulla nostra vita, dicendo non solo cosa danno al cinema dietro casa, ma anche come passare un weekend libero, o addirittura indirizzare le nostre scelte professionali, grazie al fatto che conosce le nostre capacità e i nostri gusti. Una conseguenza logica, dice senza giri di parole l’ad, dell’ambizione del motore di ricerca di organizzare l’informazione globale.
Lo scenario globale è stato prospettato dopo le domande dei giornalisti sul futuro di Google nei prossimi cinque anni: “Siamo in una fase iniziale rispetto all’informazione contenuta su Google. Gli algoritmi miglioreranno molto e noi miglioreremo nella personalizzazione dei contenuti. Obiettivo è consentire agli utenti di Google di chiedere cose come ‘Che faccio domani?’, oppure, ‘Che lavoro dovrei cercare?'” ha spiegato.
Lo scontro tra i motori di ricerca è ora focalizzato sulla corsa a creare la più ampia banca dati di informazioni individuali, così da permettere all’industria di offrire pubblicità sempre più personalizzata, da cui siti come Google traggono profitti ingenti, sottolinea il Financial Times.
“Non possiamo a volte rispondere a domande di fondo, perché non sappiamo abbastanza di te. Questo è l’aspetto più importante dell’espansione di Google”, dice Schmidt, ricordando che il rilancio del servizio iGoogle, che consente all’utente di personalizzare la propria pagina di ricerca e pubblicare suoi testi o immagini, sarà un aspetto chiave di questo progetto.
Un altro servizio, Google personalised search, introdotto due anni fa, dà a Google il permesso di memorizzare la storia delle nostre navigazioni su internet, consentendo così di focalizzare meglio e personalizzare i risultati delle ricerche. Attualmente è in fase di sviluppo Google Recommendations, dove il motore suggerisce all’utente quali prodotti e servizi usare sulla base di sue preferenze consolidate. Al momento non accade ancora, ma in futuro la società potrebbe vendere spazi di pubblicità personalizzata per questi beni e servizi ‘suggeriti’ all’utente.
Di recente, Google ha dovuto piegarsi alle proteste dei gruppi per la difesa della privacy in Usa ed Europa, acconsentendo a limitare a due anni il tempo massimo per il quale conservare le informazioni sulle ricerche internet fatte dai suoi utenti. E anche la proposta acquisizione di DoubleClick ha fatto storcere il naso: DoubleClick è infatti il servizio che lascia ‘cookies’ sui computer quando si visita un certa pagina, memorizzando la stessa ‘visita’.
(23 maggio 2007)
Fonte: http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/scienza_e_tecnologia/google5/google-futuro/google-futuro.html