Un altro grande della letteratura mondiale lascia questa terra. Kurt Vonnegut si è spento lo scorso 10 aprile. Rimangono le sue opere, a testimonianza dello spessore di un autore che non verrà dimenticato.
In verità un grande autore non muore mai. È questo che mi piace pensare.
Kurt Vonnegut
Della dipartita di Vonnegut ne hanno parlato tutti giornali. Mi permetto di segnalarvi gli articoli comparsi sui seguenti quotidiani (cliccate sopra per leggere): Repubblica, La Stampa, Il Corriere della Sera, Il Tempo, Il Giornale.
Segue un brano estrapolato da Wikipedia. La celebre enciclopedia online è già stata aggiornata e riporta la data della scomparsa dell’autore di Mattatoio n. 5.
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Di origini tedesche (il nonno emigrò negli USA nel 1848), nacque da Kurt Vonnegut ed Edith Lieber a Indianapolis (Indiana), città in cui sono ambientate molte delle sue storie. Dal 1941 al 1943 frequentò la facoltà di biochimica alla Cornell University di Ithaca (New York) lasciandola nel 1943 per prendere parte volontariamente all’esercito alleato (nel ruolo di fante esploratore) durante
Nel 1944 venne fatto prigioniero durante la battaglia delle Ardenne e successivamente trasferito in Germania, nella città di Dresda. Qui assistette in prima persona al terribile bombardamento alleato che nel febbraio del 1945 rase al suolo la città e causò 135000 vittime civili (V. si salvò poiché rinchiuso in una grotta ricavata sotto il mattatoio della città normalmente utilizzata per l’immagazzinamento della carne). Questo episodio traumatizzante, anni dopo, verrà ripercorso in chiave solo parzialmente fantascientifica nel suo romanzo più famoso, Mattatoio n. 5 o la crociata dei bambini.
Dopo la guerra, di ritorno negli Stati Uniti, sposò l’ex compagna universitaria Jane Marie Cox, e successivamente si trasferì a Chicago, nel ghetto nero. A Chicago riprese gli studi iscrivendosi alla facoltà di antropologia. Nel frattempo, iniziò a lavorare come cronista presso il City News Bureau of Chicago.
Dopo il rifiuto da parte del collegio docente della sua tesi (questo episodio è raccontato in un capitolo di Divina idiozia), si trasferì a Schenectady, trovando impiego come pubblicitario presso
la General Electric Company. Nel 1951 decise di abbandonare il lavoro per dedicarsi totalmente alla scrittura, trasferendosi a Cape Cod (Massachusetts) e guadagnandosi da vivere scrivendo racconti, sia di fantascienza che di altri generi (per esempio, racconti d’amore come Long Walk to Forever).
Il suo primo romanzo fu Distruggete le macchine (Player Piano), pubblicato nel 1952, un’opera fantascientifica che descrive l’anti-utopia di un’America diventata succube della tecnologia. Nel frattempo, Vonnegut trovò impiego presso una scuola per ragazzi con disturbi emozionali. Alla morte della sorella ne adottò i tre figli rimasti orfani.
Nel 1959 pubblicò un nuovo romanzo di fantascienza, Le sirene di Titano, in cui appaiono per la prima volta gli abitanti del pianeta Tralfamadore, che diverranno presenze ricorrenti delle opere successive. Le Sirene di Titano e il successivo Ghiaccio-nove (1963) sono entrambi romanzi di fantascienza, ma rispetto al romanzo d’esordio i contenuti fantascientifici hanno un ruolo minore, servendo essenzialmente come sfondo per trattare temi di altro genere. Ghiaccio-nove, in particolare, è essenzialmente un libro sulle credenze religiose, e valse a Vonnegut (nel 1971) la laurea honoris causa per il contributo al campo dell’antropologia.
Fra la metà degli anni sessanta e gli anni settanta Vonnegut pubblicò una serie di romanzi che vengono generalmente considerati il suo apice e che ebbero grandissimo successo di pubblico e di critica; il più celebre è certamente Mattatoio n. 5 (1969), opera largamente autobiografica in cui Vonnegut, forse catarticamente, affronta lo spettro del suo ricordo del terribile bombardamento di Dresda. Di questo libro venne anche realizzata una trasposizione cinematografica. Fra le altre opere di quest’epoca si possono ricordare Dio la benedica, Signor Rosewater (1965) La colazione dei campioni (1973, un altro libro in seguito trasposto sul grande schermo), e Un pezzo da galera. Con questa serie di romanzi Vonnegut abbandonò il genere fantascientifico, cui era molto legato, salvo poi tornarvi di quando in quando (per esempio con Galapagos del 1985 e Cronosisma del 1997). Il rapporto fra Vonnegut e la fantascienza è oggetto di una celebre citazione, con cui Vonnegut si rivolge agli scrittori di questo genere:
Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi, quello che cí fanno gli equivoci tremendi, gli errori, gli incidenti e le catastrofi. Voi siete i soli abbastanza stupidi per tormentarvi al pensiero del tempo e delle distanze senza limiti, dei misteri imperituri, del fatto che stiamo decidendo proprio in questa epoca se il viaggio spaziale del prossimo miliardo di anni o giù di lì sarà il Paradiso o l’Inferno.
Nel 1971, separatosi dalla prima moglie, Vonnegut si trasferì nella città di New York. Nel 1972 divenne vicepresidente del PEN (un club newyorchese di scrittori e poeti) e prese a insegnare scrittura creativa alla università di Harvard. Nel 1979 si sposò per la seconda volta con la fotografa Jill Krementz, dalla quale si separerà nel 1991. Nel 1992 venne nominato membro della American Academy and Institute of Arts and Letters; è stato inoltre nominato "artista dello stato di New York" per l’anno 2001–2002.
Muore il 10 aprile 2007 a seguito dei traumi cerebrali conseguenti un incidente domestico avvenuto nella sua casa di New York.
L’opera di Vonnegut è caratterizzata da una prosa piuttosto semplice, diretta, che proprio nella immediatezza trova i più efficaci spunti sia sentimentali che umoristici. Vonnegut è stato spesso paragonato a Mark Twain, ed egli stesso ha più volte dichiarato la propria smisurata ammirazione per lo stile e l’opera di Twain. Anche la narrazione fantascientifica di Vonnegut non ha nulla a che vedere con il sense of wonder; alieni, invenzioni e paradossi fisici servono semplicemente da pretesto per osservare l’umanità dei personaggi da angoli inconsueti, soprattutto allo scopo di aggirare ogni pregiudizio e tornare in questo modo all’essenza delle cose, con una semplicità che è al tempo stesso la più feroce delle satire. Paradigmatico in questo senso è
la Colazione
dei Campioni, in cui la voce narrante sembra rivolgersi a un alieno o a un ascoltatore del lontano futuro, a cui occorre spiegare ogni cosa, persino cosa sia un hamburger; e per l’occasione, in onore di correttezza e semplicità, i coloni americani diventano "pirati venuti dal mare" e la piramide mozza rappresentata sui dollari, di cui neppure il Presidente conosce il significato, serve a dire ai cittadini: "nel nonsense è la nostra forza".
Il critico Daniele Brolli ha scritto: «In un paese civile Madre notte di Kurt Vonnegut dovrebbe essere diffuso nelle scuole al pari di Se questo è un uomo di Primo Levi. Le osservazioni sulla vita mascherate da filosofia spicciola concentrate nei romanzi di Vonnegut sono una forma di sapienza naturale che una volta tanto nega che tutto debba risalire ad un’ancestralità sorda e bestiale […] Solo James Thurber e Salinger possono vantare la stessa leggerezza nel parlare delle cose del mondo senza emettere giudizi» (Segrete identità, p. 222 Baldini & Castoldi, 1996).
Vorrei citare due sue frasi che mi sono piaciute, tratte dall’articolo dell’Unità: “Dio la benedica signor Vonnegut”.
– ”Non so voi, ma io pratico una religione disorganizzata. Appartengo a un empio disordine.Ci chiamiamo “Nostra Signora della Perpetua Meraviglia””
– “Siamo qui sulla Terra per andare in giro a cazzeggiare. Non date retta a chi dice altrimenti”
Mi riconosco anch’io in questi suoi pensieri.
Io non conosco, nel senso che non ho mai letto, Kurt Vonnegut.
Mi devo vergognare?
Elektra: NO. Non l’ho mai letto nemmeno io, non mi piace il genere. E poi,i blog servono anche a questo: conoscere cose nuove.
Ciao, Miriam
Ringrazio Irnerio per il contributo.
Ad Elektra confermo quamto già asserito da Miriam… mica si può leggere tutto!
In ogni caso il fine di questo post (bravissima Miriam) era contribuire a far conoscere questo autore.
Per il resto, come ha scritto Goffredo Fofi sul Domenicale de Il Sole 24Ore di oggi: “Dio la benedica, Mr. Vonnegut”.
La differenza nella frase già citata da Irnerio (e ripresa da un articolo dell’Unità) sta nel “Mr.” al posto di “signor”. Ma a volte, dicono, le sfumature fanno la differenza.
kurt vonnegut è un grande autore. chi non lo conosce dovrebbe provare a leggerlo.
lunga vita a kurt vonnegut. perché come dice maugeri, un grande autore non muore mai. continua a vivere nelle sue opere.
Quando Kilgore Trout ieri è arrivato sul pianeta Tralfamadore, Eliot Rosewater ha capito in un secondo che oramai a nulla sarebbero valsi i suoi sforzi per farlo diventare presidente degli Stati Uniti. Così ha lasciato per un attimo la lettura della storia dei vigili del fuoco nello stato del Maine (cosa che gli è costata non poco) e si è precipitato con urgenza del tutto inusuale a fare gli onori di casa. Probabilmente è stato l’unico sul pianeta a non accorgersi del fatto che l’arrivo di Trout fosse coinciso con l’improvviso crescere di una copiosa peluria sul volto di tutte le donne e con il comparire di morbide mammelle sul petto degli uomini. Rosso in volto per l’emozione di accogliere finalmente il suo eroe, Rosewater ha balbettato un «benvenuto, Mr. Trout. Mi auguro che il viaggio le sia stato lieve». «Grazie Mr. Rosewater – ha risposto cortesemente quello che egli considerava senza dubbio il più grande scrittore americano- lei ha delle tette fantastiche».
E’ vero, un grande autore non muore mai. Io ho adorato soprattutto Ghiaccio 9, mi rimarrà sempre dentro..
Mattatoio n.5
Davvero molto bello, un libro sulla guerra (non “contro la guerra”, una definizione troppo retorica per questo autore geniale) divertente, struggente, mai banale. Fantascienza di serie B e ironia si mescolano con la realtà storica più cruda e spietata in un romanzo che ha in sé qualcosa di magico e riesce a condannare senza moralismo, ad andare oltre le apparenze, a dire molto di più sulla guerra e sugli uomini di quanto decine di scrittori siano riusciti a fare con opere molto più note e dichiaratamente “di denuncia”. Ora temo che, quando leggerò nuovamente qualcosa di Vonnegut, sarà difficile trovarsi di fronte un altro romanzo così deliziosamente equilibrato, pieno di sottile ed ironica intelligenza che seduce dalla prima all’ultima pagina. Se dovesse accadere sarà per me la prova di aver scoperto un vero e proprio genio. Super consigliato!
Caro “copio e incollo”,
ti ringrazio molto per il tuo contributo.
Ti sarei ulterormente grato se potessi citare la fonte.
A presto.
Vorrei avere informazioni su un testo di Tardieu che molto tempo fa ho ascoltato alla radio. se non sbaglio il titolo era : IL PAESE DEI LENTI E DEI VELOCI. Dove potrei trovarlo? Grazie, Lucia Viglianti