RICORDIAMO IL GRANDE SCRITTORE AMOS OZ, morto a Tel Aviv il 28 dicembre 2018 all’età di 79 anni, proponendo questa conversazione radiofonica incentrata su uno dei suoi romanzi più importanti: “Giuda” (Feltrinelli, 2014 – traduzione di Elena Loewenthal). Di seguito: una nota biografica, un articolo dedicato al romanzo e approfondimenti.
Amos Oz (in ebraico: עמוס עוז?), nato Amos Klausner (in ebraico: עמוס קלוזנר?) (Gerusalemme, 4 maggio 1939 – Tel Aviv, 28 dicembre 2018) è stato uno scrittore e saggista israeliano. Oltre ad essere stato autore di romanzi e saggi, Oz è stato giornalista e docente di letteratura alla Università Ben Gurion del Negev, a Be’er Sheva. Sin dal 1967 è stato un autorevole sostenitore della “soluzione dei due Stati” del conflitto arabo-israeliano.
La minuta attenzione agli aspetti della vita quotidiana, l’esuberanza della scrittura e la volontà di indagare nei malesseri individuali e della società sono i tratti salienti dell’opera di Oz. Fin dagli esordi l’interesse dello scrittore si è rivolto al mondo interiore dei personaggi e alle loro intime contraddizioni, senza trascurare il contesto della realtà israeliana che fa sempre da sfondo alla narrazione.
Nel suo romanzo autobiografico “Una storia di amore e di tenebra”, Oz ha raccontato, attraverso la storia della sua famiglia, le vicende storiche del nascente Stato di Israele dalla fine del protettorato britannico: la guerra di indipendenza, gli attacchi terroristici dei Fedayyin, la vita nei kibbutz. Nella vita dello scrittore è stato determinante il suicidio della madre, avvenuto quando il piccolo Amos aveva appena dodici anni. L’elaborazione del dolore si sviluppa ben presto in un contrasto con il padre, un intellettuale vicino alla destra ebraica. Il contrasto padre-figlio portò alla decisione del ragazzo di entrare nel kibbutz Hulda e di cambiare il cognome originario “Klausner” in “Oz”, che in ebraico significa “forza”.
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Protagonista di questa puntata, lo scrittore di fama internazionale AMOS OZ e il suo nuovo romanzo “GIUDA” (pubblicato in Italia da Feltrinelli – traduzione di Elena Loewenthal).
Grazie all’indispensabile servizio di traduzione e interpretariato, dall’inglese, di Sonia Folin, discutiamo con l’autore di questo suo nuovo romanzo, dei personaggi e delle tematiche trattate.
Nella seconda parte della puntata Massimo Maugeri legge un estratto del suo romanzo.
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Gerusalemme, l’inverno tra la fine del 1959 e l’inizio del 1960. Shemuel Asch decide di rinunciare agli studi universitari – e in particolare alla sua ricerca intitolata Gesù visto dagli ebrei – a causa dell’improvviso dissesto economico che colpisce la sua famiglia e del contemporaneo abbandono da parte della sua ragazza, Yardena. Shemuel è sul punto di lasciare Gerusalemme quando vede un annuncio nella caffetteria dell’università. Vengono offerti alloggio gratis e un modesto stipendio a uno studente di materie umanistiche che sia disposto a tenere compagnia, il pomeriggio, a un anziano disabile di grande cultura. Quando si reca all’indirizzo riportato nell’annuncio, Shemuel trova una grande casa abitata da un colto settantenne, Gershom Wald, e da una giovane donna misteriosa e attraente, Atalia Abravanel. Si trasferisce nella mansarda e inizia a condurre una vita solitaria e ritirata, intervallata dai pomeriggi trascorsi nello studio di Gershom Wald. Amos Oz tiene mirabilmente i suoi personaggi e il lettore sul filo del mistero: chi è veramente Atalia? Cosa la lega a Gershom? Di chi è la casa dove vivono? Quali storie sono racchiuse tra quelle mura? Shemuel Asch troverà la risposta nel concetto di tradimento, non inteso in senso tradizionale, bensì ancorato all’idea che si ritrova nei Vangeli gnostici, dove emerge che il tradimento di Giuda – aver consegnato Gesù alle autorità e a Ponzio Pilato – non fu altro che l’esecuzione di un ordine di Gesù stesso per portare a termine il suo disegno.
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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri
regia: Federico Marin
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NOTA BIOGRAFICA DI AMOS OZ
Amos Oz è nato a Gerusalemme. Circa metà dei suoi scritti sono ambientati in questa città e nelle zone circostanti. I suoi genitori, Yehuda Arieh Klausner (in ebraico: יהודה אריה קלוזנר) e Fania Mussman (in ebraico: פאניה מוסמן?), erano immigrati sionisti dell’Europa orientale. Il padre di Amos aveva studiato storia e letteratura a Vilnius, Lituania, e a Gerusalemme era bibliotecario e scrittore. Il nonno materno di Amos era proprietario di un mulino a Rovno, città che a quell’epoca apparteneva alla Polonia, oggi all’Ucraina. Il nonno Klausner in seguito si trasferì con la famiglia ad Haifa. Molti membri della famiglia Klausner erano di destra, sostenitori del Partito revisionista sionista. Il prozio di Amos, Joseph Klausner, fu il candidato del partito Herut alle elezioni presidenziali vinte da Chaim Weizmann ed era docente di letteratura ebraica presso l’Università Ebraica di Gerusalemme. Amos e la sua famiglia non erano religiosi e rifiutavano tutto ciò che nella religione percepivano come irrazionale. Ciononostante Amos Oz frequentò la scuola religiosa Tachkemoni, visto che la sola alternativa era la scuola socialista affiliata al Partito Laburista Israeliano e i suoi genitori l’avevano scartata per la diversità dei loro valori politici. La famosa poetessa Zelda fu una delle insegnanti di Amos. Amos poi compì gli studi secondari presso la scuola superiore ebraica di Rehavia.
La madre Fania si suicidò, in seguito a una forte depressione, quando Amos aveva dodici anni. Amos avrebbe poi elaborato le ripercussioni di questo tragico evento scrivendo il libro di memorie “Una storia di amore e di tenebra”. Amos aderì al Partito Laburista Israeliano e a 15 anni andò a vivere nel kibbutz di Hulda. Lì fu adottato dalla famiglia Huldai (il cui figlio primogenito Ron oggi è sindaco di Tel Aviv). Amos si immerse totalmente nella vita del kibbutz e in questo periodo cambiò il suo cognome in “Oz”, che in ebraico significa “forza”. “Tel Aviv non era abbastanza radicale”, disse Amos in seguito, “solo il kibbutz era abbastanza radicale”. In ogni caso, come lui stesso racconta, Amos era “un disastro nei lavori agricoli… la barzelletta del kibbutz”. Continuò a vivere e lavorare nel kibbutz fino a quando lui e sua moglie Nily si trasferirono ad Arad, nel 1986, a causa dell’asma di suo figlio Daniel. Però anche prima del trasferimento, visto il successo che aveva come scrittore, ebbe il permesso di diminuire gradatamente il tempo da dedicare al lavoro nel kibbutz: le royalties derivanti dai suoi libri erano tali da giustificarlo. Come disse lui stesso, Amos era diventato “un ramo della fattoria”.
Come la maggior parte degli israeliani, Amos Oz ha prestato servizio nelle Forze di difesa israeliane. Alla fine degli anni cinquanta era arruolato nell’unità di fanteria Nahal e ha combattuto negli scontri al confine tra Israele e la Siria; durante la Guerra dei sei giorni (1967) era in una unità corazzata nel Sinai; durante la Guerra del Kippur (1973) ha combattuto sulle alture del Golan. Dopo aver servito nell’unità Nahal, Oz studiò filosofia e letteratura ebraica all’Università Ebraica di Gerusalemme. A parte alcuni articoli nel bollettino del kibbutz e nel giornale Davar, Amos Oz non ha pubblicato niente fino all’età di 22 anni, quando ha cominciato a pubblicare libri. La sua prima raccolta di racconti, “La terra dello sciacallo”, è stata pubblicata nel 1965. Il suo primo romanzo, “Elsewhere, Perhaps”, è stato pubblicato nel 1966. Ha cominciato a scrivere ininterrottamente, pubblicando in media un libro l’anno con la casa editrice del Partito Laburista, Am Oved. Oz ha lasciato Am Oved per l’editore Keter, nonostante la sua affiliazione politica, perché il contratto esclusivo con Keter gli garantiva uno stipendio mensile fisso indipendentemente dalla frequenza di pubblicazione.
La figlia maggiore di Amos Oz, Fania Oz-Salzberger, insegna storia all’Università di Haifa. Oz, che ha scritto 18 libri in ebraico e circa 450 articoli e saggi, e le cui opere sono state tradotte in circa 30 lingue, muore il 28 dicembre 2018 a causa di un tumore
Oltre ai suoi romanzi, Oz pubblicava regolarmente saggi di politica, di letteratura e sulla pace. Ha scritto molto per il giornale laburista israeliano Davar e (da quando Davar ha cessato di esistere, negli anni novanta) per il quotidiano Yedioth Ahronoth. In inglese, i suoi scritti sono usciti su varie pubblicazioni, tra cui il New York Review of Books. Amos Oz è uno degli scrittori la cui opera i ricercatori letterari studiano con un approccio fondamentale. Presso l’Università Ben-Gurion nel Negev è stata creata una collezione speciale su Amos Oz e le sue opere. Negli ultimi anni Oz era considerato uno dei più probabili candidati al Premio Nobel per la letteratura.
Nelle sue opere Oz tende a rappresentare i protagonisti in modo realistico e con lieve tocco ironico. Il tema del kibbutz nei suoi scritti è trattato con un tono in certo senso critico. Oz attribuisce a una traduzione dei racconti di Winesburg, Ohio dello scrittore statunitense Sherwood Anderson la sua decisione di ”scrivere quello che era intorno a me”. Nel romanzo Una storia di amore e di tenebra, in cui racconta la sua infanzia e adolescenza negli anni travagliati che videro la nascita di Israele, Oz riconosce al “modesto libro” di Anderson il merito di avergli fatto capire che “il mondo scritto… gira sempre intorno alla mano che sta scrivendo, indipendentemente da dove stia scrivendo: il posto in cui sei è il centro dell’universo”. Nel suo saggio del 2004 “Contro il fanatismo” (in seguito titolo di una collezione di saggi pubblicata nel 2006), Oz sostiene che il conflitto israelo-palestinese non è una guerra di religione o di culture, ma piuttosto un controversia possessoria – una controversia che non si risolverà con una maggiore comprensione ma con un compromesso doloroso.
Con Feltrinelli Amos Oz ha pubblicato: Conoscere una donna (2000), Lo stesso mare (2000), Michael mio (2001), La scatola nera (2002), Una storia di amore e di tenebra (2003), Fima (2004), Contro il fanatismo (2004), D’un tratto nel folto del bosco (2005), Non dire notte (2007), La vita fa rima con la morte (2008), Una pace perfetta (2009), Scene dalla vita di un villaggio (2010, premio Napoli), Una pantera in cantina (2010), Il monte del Cattivo Consiglio (2011, premio Tomasi di Lampedusa 2012), Tra amici (2012; “Audiolibri Emons-Feltrinelli”, 2013), Soumchi (2013), Giuda (2014), Gli ebrei e le parole. Alle radici dell’identità ebraica (2013; con Fania Oz-Salzberger) Altrove, forse (2015), Tocca l’acqua, tocca il vento (2017) e Cari fanatici (2017), Finché morte non sopraggiunga (2018). Nella collana digitale Zoom ha pubblicato Si aspetta (2011) e Il re di Norvegia (2012). Ha vinto i premi Catalunya e Sandro Onofri nel 2004, Principe de Asturias de Las Letras e Fondazione Carical Grinzane Cavour per la Cultura Euromediterranea nel 2007, Primo Levi e Heinrich Heine nel 2008, Salone Internazionale del libro nel 2010, il Premio Franz Kafka a Praga nel 2013. I suoi lavori sono tradotti in oltre quaranta lingue.
[Fonte: Wikipedia, Treccani, varie]
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GIUDA, di Amos Oz (Feltrinelli)
«Questo romanzo in fondo parla delle grandi e semplici cose della vita», mi spiega l’autore. «Parla dell’amore, della perdita, della solitudine, della morte, del desiderio e della desolazione». L’autore in questione si chiama Amos Oz ed è uno dei massimi scrittori viventi. Uno di quelli, per dirla tutta, che ben figurerebbero tra i vincitori del Premio Nobel per la Letteratura. Il romanzo si intitola “Giuda” ed è appena stato pubblicato in Italia da Feltrinelli (traduzione di Elena Loewenthal, pagg. 336, € 18). Una storia forte, una scrittura sapiente, temi scottanti: questi, alcuni degli ingredienti che compongono il libro che, probabilmente, a dodici anni dalla pubblicazione di “Una storia di amore e di tenebra” (un milione di copie vendute), sarà considerato come il capolavoro del grande scrittore israeliano.
Siamo in inverno, a Gerusalemme, nel periodo a cavallo tra il 1959 e il 1960. «Ho scelto di ambientare il romanzo in questo arco temporale», mi spiega Oz, «perché lo Stato d’Israele è ancora giovane e non ancora corrotto dalla Storia e dalla violenza. E anche perché Gerusalemme, in quel momento, è una città sotto assedio: claustrofobica, aggredita su tre fronti».
È in questo contesto che, iniziando la lettura, incontriamo il giovane Shemuel Asch: uno studente universitario che sta attraversando una fase molto difficile della propria esistenza. La sua ragazza, Yardena, ha deciso di lasciarlo per convolare a nozze con un ex e la sua famiglia deve fare i conti con un improvviso e devastante dissesto economico. Per queste ragioni decide di abbandonare la città, gli studi e la sua attività di ricerca intitolata “Gesù visto dagli ebrei”. Poi, però, gli capita di leggere l’annuncio di un’offerta lavorativa piuttosto singolare indirizzata a uno studente di materie umanistiche che, in cambio di un modesto stipendio e di un alloggio gratuito, dovrà tenere compagnia nelle ore pomeridiane a un anziano disabile molto colto. Shemuel decide di accettare l’offerta. Si reca nella casa indicata nell’annuncio e si imbatte nel vecchio in questione: Gershom Wald; ma anche in Atalia: un’affascinante quarantacinquenne.
Da questo incontro, nasce la storia. Una storia basata sul confronto delle idee, sul contraddittorio, sull’incrocio di più punti di vista – spesso divergenti – che l’autore è bravissimo a esporre con pari credibilità. Su tutto si erge il concetto di “tradimento”. E qui veniamo a Giuda.
«Quando, all’età di quindici anni, lessi il Nuovo Testamento”, mi racconta Amos Oz, “amai immediatamente la figura di Gesù, ma – al tempo stesso – non credetti al tradimento di Giuda, così come è comunemente inteso. Non mi ha mai convinto la storia dei trenta denari, soprattutto dopo aver scoperto che si trattava di una somma davvero esigua e che Giuda – a differenza di altri discepoli – non era un povero pescatore bisognoso di soldi. Inoltre, se anche fosse stato un uomo così avido al punto da vendere il suo Maestro per pochi denari… perché, subito dopo, si sarebbe impiccato? E poi c’è la questione del bacio: perché pagare anche una sola moneta d’argento, se tutti conoscevano Gesù – che predicava a Gerusalemme – e dunque era piuttosto facile da individuare? Del resto lo stesso Gesù non ha mai negato la sua identità, né si è opposto all’arresto. Perché, quindi, il bacio?»
Capisco che Oz è molto sensibile a questa tematica. La considera particolarmente importante. Gli chiedo di spiegarmi il perché. «Perché penso che il tradimento di Giuda, in questi duemila anni di storia, sia stata una sorta di Chernobyl dell’antisemitismo. Voglio dire: sono stati così tanti gli antisemiti che, nel tempo, hanno identificato gli ebrei con la figura di Giuda. Basti pensare a come è stato raffigurato nel famoso dipinto dell’Ultima Cena: sembra uno di quegli ebrei rappresentati nelle vignette naziste antisemitiche. Ecco. Io sono convinto che fosse necessario raccontare questa storia in una maniera diversa. E Shemuel l’ha fatto al posto mio».
[articolo pubblicato sul quotidiano “La Sicilia”]
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Approfondimenti su: la Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa, Il Sole 24Ore, Il Giornale, Il Fatto Quotidiano, Rai, Ansa
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