Osservatorio LitBlog n. 2: settimana dal 1° al 7 ottobre 2012
(Qui, l’introduzione di Massimo Maugeri)
a cura di Francesca G. Marone
La stupidità degli scrittori
(post di Giacomo Sartori da Nazione Indiana)
La stupidità può far danni o può far bene alla scrittura?
Questa settimana per voi amici di Letteratitudine il primo post è insolito e a mio avviso da leggere sorridendo, cogliendone le sfumature provocatorie ed originali. Tuttavia proseguendo la lettura anche nei post di interventi dei lettori del blog, posso capire che a qualcuno non sia gradito del tutto. Parere personalissimo: mi sono molto divertita ed ho apprezzato soprattutto la caratterizzazione umana e colorita dei grandi e meno grandi scrittori, del passato e di oggi.
Pare che l’autore del post ritenga la troppa intelligenza un freno per la buona riuscita della letteratura, intelligenza artificiosa inverosimile e soffocante di ogni afflato letterario vivo e spontaneo. In un certo senso è anche prepotente l’intelligenza che piega e tende a voler sottomettere. Arrogante nella sua baldanza esibizionistica e fin troppo entusiastica di vita, impedisce all’umana stupidità di far volare in alto le parole.
“Dante era un bigotto pedantone con il dente avvelenato, Stendhal un presuntuoso sempliciotto, Flaubert un tetro maniaco depressivo, Baudelaire un irresponsabile sotto tutela, Cervantes un mezzo deficiente, Dostoevskij uno psicopatico, …” sono solo alcuni dei ritratti dell’autore del post dipinti con originale piglio provocatorio. A me hanno fatto amare ancora di più quell’idea di imperfezione ed incompiuta risposta che dovrebbe lasciare la letteratura. Tanto tanto lontana, soprattutto nei grandi scrittori, dall’esibita consapevolezza di stare a realizzare qualcosa di perfetto.
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Le parole del tempo e la letteratura. Gualberto Alvino. La parola verticale. Pizzuto, Consolo, Bufalino, con una prefazione di Pietro Trifone, Napoli, Loffredo, 2012
(post di Giuseppe Panella da La poesia e lo spirito)
Da dove nasce la parola?
Se parliamo di scrittura parliamo senza dubbio dell’importanza della parola, ma da dove vengono le parole che gli scrittori utilizzano? Dal parlato o dal passato, dalla tradizione letteraria che li ha preceduti o s’impastano con le voci del mondo presente e s’intrecciano fra loro creandone di nuove?
Alvino in questo saggio prende in esame le voci di tre scrittori del sud Italia, Pizzuto, Consolo e Bufalino. Tutti e tre siciliani e con un linguaggio assai differente l’uno dall’altra. Proiezioni linguistiche di tre grandi autori del panorama letterario italiano che contribuiscono a creare altrettanti mondi creativi e personali estremamente interessanti. Un’interessante ricerca ci appare quella di Alvino che a partire dal titolo dell’opera “La parola verticale” mi ha spinto ad immaginare la costruzione ascendente, come un mattone sopra l’altro, della parola che magicamente ci conduce nei luoghi altri della letteratura.
Il link da seguire per saperne di più:
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Hrabal: “Manuale dell’apprendista sbruffone”
(post di Giuseppe Genna da Centraal Station)
Grazie Giuseppe Genna. Non potrei dare incipit differente all’introduzione di questo post. Lo conoscevo ma non avevo mai letto Hrabal, ed ora un po’ me ne vergogno ma sono così grata alle mie mancanze perché mi danno l’opportunità di scoprire ed emozionarmi ancora di fronte ad una lettura così.
La scrittura di Hbral è potente, onirica, surreale. Ti trascina dentro le immagini e senti il flusso del pensiero che si va vivo, parole che restano appiccicate addosso, sulla pelle.
Cosa dirvi amici miei letteratitudiniani? Sedetevi in poltrona abbandonate ogni fretta e leggete questo brano superbo. Ogni parola evocherà immagini, suoni, sensazioni, in voi e alla fine non potrete non concordare con il mio “grazie Genna”.
Per chi non lo conoscesse:
Bohmuil Hrabal (Brno, 28 marzo 1914 – Praga, 3 febbraio 1997) è stato uno scrittore ceco.
Nel 1995 ha ricevuto il Premio Grinzane Cavour. Il regista Jiří Menzel ha tratto diversi film da romanzi e soggetti da Hrabal, tra cui Treni strettamente sorvegliati, vincitore dell’Oscar al miglior film straniero. Autore di diversi racconti e romanzi, fra cui due autentici capolavori: Ho servito il re d’Inghilterra, scritto nel 1971 ma pubblicato nel 1982, e Una solitudine troppo rumorosa, 1987, scritto nel 1976 ma pubblicato nel1980. In seguito la sua produzione ha avuto una marcata impronta diaristica attraverso la stesura di brevi testi in cui domina l’elemento della quotidianità.
Una curiosità: una designer polacca di nome Małgorzata Mozolewska prova a tributare allo scrittore ceco Bohumil Hrabal il personale modo di raccontare il valore della scrittura attraverso una sua creazione.
Un mobile asimmetrico, sghembo e di scarsa funzionalità che dovrebbe riflettere “la casualità della condizione umana, la combinazione di popolare ed elitario, mettendo su un piedistallo i difetti e aggiungendo ironia e un senso di straniamento e di contrasto”. Come dice la stessa creatrice dell’opera. Insolito tributo alla letteratura e testimonianza di come, oggi, i linguaggi siano ibridati in tutte le forme artistiche.
Francesca G. Marone
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