(Qui, l’introduzione di Massimo Maugeri)
a cura di Francesca G. Marone
Padri e libri
(da Doppiozero)
Il tema qui trattato mi è particolarmente caro, non è un argomento nuovo a noi di Letteratitudine che ne abbiamo discusso ampiamente in un post dedicato, anni fa. Ultimamente si è molto discusso della figura del padre, della sua assenza, del suo cambiamento profondo, c’è stato un proliferare di libri, saggi e romanzi, incentrati sulla figura del padre. Anche Letteratitudine ha avuto occasione di presentare uno di questi romanzi nell’ultima puntata in radio; ma di cosa esattamente parliamo quando affrontiamo il tema della figura paterna? Leggendo il pezzo che vi propongo rifletterete con me sul fatto che la nuova modalità di espressione della paternità emersa negli ultimi anni, non ha rappresentato uno squarcio illuminante sulla questione dell’assenza della figura paterna in quel processo chiamato da qualche studioso “rarefazione” della paternità.
Essere padre è un dato storico, dipende da fattori culturali, l’autorità paterna ha subito negli anni una forte deprivazione di forza. Un processo che lentamente ha allontano anche l’immagine negativa costruita nella storia della paternità- il padre terribile ad esempio- accostandola sempre più ad un’immagine del padre come surrogato materno. Due romanzi, due cifre stilistiche differenti per lo stesso toccante tema sono usciti da poco. Se siete curiosi di saperne di più potete approfondire qui…
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Musica e parole
(da L’Indice dei libri del mese online)
Parlare di musica è sempre qualcosa di emozionante, rappresenta un’iniziativa lodevole e coraggiosa. La musica accompagna i momenti della nostra vita, sottolinea ogni ricordo, ci fa gioire e commuovere. Non ci sono molte iniziative di questo genere e sicuramente ce n’è un bisogno maggiore, tale è il bene che fa la musica alle nostre vite. Purtroppo però l’autore di questo pezzo ritiene il tentativo di “parlar di musica” del libro di Stefano Bollani non riuscito in pieno. Qualche volta l’ho visto in trasmissioni televisive, l’ho apprezzato per la spontaneità, per il calore trasmesso con la semplicità delle parole e per l’immediatezza della musica meravigliosa che sa donarci ma, pare, che Bollani nella veste didattica di maestro del mondo della musica non sia all’altezza delle aspettative. Intanto sarei curiosa di leggere il libro in questione. Se avete voglia di approfondire, leggete l’articolo di un esperto qui…
Mi permetto inoltre di ricordare agli appassionati della materia che su Letteratitudine abbiamo uno spazio fisso su cui poter discutere di musica e letteratura.
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Chi ricorda i figli dei fiori, Joan Baez e Bob Dylan?
(da Facci un salto)
Ci sono epoche che restano per sempre nella memoria collettiva, con i propri sogni e le proprie speranze tradite, il ricordo del profumo dei fiori fra i capelli, i piedi scalzi, le gonne a fiori ma soprattutto la musica che queste epoche hanno portato con sé. Gettarsi dentro l’atmosfera di quegli anni, i Sixties, e del fermento che hanno saputo generare in campo ideologico, culturale, musicale, è fare un viaggio a ritroso nel tempo, scoprire che dal dissenso giovanile di quell’epoca nacque un fiume di stimoli, non sempre chiaro a coloro che ne hanno poi colto l’eredità. I germi della controcultura americana possono ritrovarsi molto prima di quanto noi immaginiamo, antecedenti agli anni Sessanta in cui prenderà forma la grande protesta giovanile in una voce collettiva che s’alzerà in tutto il mondo occidentale. Ci sembra quasi di vederli radunati in gruppi, stretti l’uno accanto all’altra, questi ragazzi con i baffi e le ragazze dai capelli lunghi attorno ad un fuoco dove sono nate ballate e melodie. Nostalgici di una certa musica, curiosi di un’era che ci ha segnato profondamente, possiamo goderci la lettura della storia degli Hippie, dei punti fermi della evoluzione del movimento, dei musicisti che se ne sono fatti voce immortale, e del suo decadere. Superfluo ricordare i doni della letteratura scaturiti da quegli anni, come Jack Kerouak, William S. Burroughs, Henry Miller. Ricordo ancora con una punta di nostalgia, per la capacità di provare quel tipo di forti emozioni, quando da ragazzina presi in prestito da mia sorella maggiore “Sulla strada” e “La scimmia sulla schiena”. Quest’ultimo, spietato e cinico sguardo sulla dipendenza dalle droghe, mi fece conoscere il buio della disperazione descritto dalla forza semplice delle parole, come uno scienziato che narra, con la lucidità di un vivisezionatore, una vita distrutta dalla droga e poi la sua rinascita. Il pezzo che vi suggerisco di leggere, un approfondimento sul tema Hippie, è parte di un neonato magazine il quale si propone come un insieme di voci eterogenee, una forma di giornalismo partecipativo fondato principalmente sulle emozioni, lo potete leggere qui…
Francesca G. Marone
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