Conosco Gianfranco Franchi dai tempi di “Pagano” (edizioni “Il Foglio”).
Gianfranco è un intellettuale di quelli che ci crede davvero. Di quelli disposti a mettere in gioco la propria vita per seguire il sacro fuoco della letteratura.
È appena uscita, sempre per le edizioni Il Foglio, una sua silloge di poesie.
Si intitola “L’inadempienza” ed è il suo libro primo e ultimo di poesia: 12 anni di versi; un atto postumo compiuto in vita.
Ne parliamo qui con i contributi di Marco Fressura, Patrick Karlsen, Nicola Vacca e Angela Migliore.
Invito Gianfranco qui a Letteratitudine per discutere di questa sua nuova fatica letteraria.
In coda al post anche troverete i riferimenti a “Pagano”.
Massimo Maugeri
__________
Gianfranco Franchi, “L’inadempienza”, Edizioni Il Foglio, Piombino 2008. Pag. 280.
Vivere in cerca di orientamento;
altrimenti sprofondare
nel non senso.
Che non ho.
Io non è.
Niente.
(GF)
«Gianfranco Franchi nasce poeta e tuttavia qui, nell’Inadempienza, come scrittore di poesie volontariamente muore. Il lettore infatti è davanti a una raccolta che si prefigge di risultare conclusiva. Quasi un atto postumo compiuto in vita. Eppure Franchi è nato, è, e malgrado lui stesso continuerà a essere poeta, perché ha sempre inteso la letteratura come ricerca, frastagliata e coerente a un tempo, rivolta all’interiore e all’esteriore, e come luogo di massima adesione alla vita. (…) Non c’è personaggio della modernità letteraria italiana che assomigli al triestino Franchi più del triestinissimo Slataper (…) Ma Slataper non è la sola suggestione delle origini che è possibile captare nel testo, se è vero che prima o poi dovremo pur affrontare la questione dell’espressionismo della lirica franchiana — ciò che non può fare a meno di rimandare più che al “solito” Campana alla visionaria vena di Srečko Kosovel: lo sloveno del Carso che è stato uno dei grandi cantori della novecentesca autodistruzione europea, prima che la sua voce così immaginifica si spegnesse ancora giovanissima». (Marco Fressura e Patrick Karlsen)
«Gianfranco Franchi è uno scrittore guerriero che non rinuncia a impugnare la parola come un’arma e ad usarla per pugnalare il proprio tempo. (…) La morte della bellezza è il segno devastante della decadenza che avanza. Davanti a questa triste realtà il poeta chiede aiuto anche alla dimensione spirituale del silenzio. Dalla interrogazione sublime del silenzio nascono i versi migliori di Franchi. Siamo davanti a un meraviglioso alfabeto di emozioni e sensazioni che sanno catalogare il disordine nel quale l’uomo è miseramente piombato. Franchi con la sua poesia non ha la pretesa di curare le ferite sanguinanti del pianeta Terra, ma consapevolmente invoca il sentire acceso della parola poetica, necessità interiore che ci fa pensare solo per un attimo “di sfiorare la vita”. Nel tempo incolore e freddo, nei campi inariditi di questa terra desolata, la poesia è un punto di vita dal quale bisogna sporgersi per guardare l’Inferno» (Nicola Vacca).
«Come rughe. A increspare sorrisi e pianti silenti, consumatisi in dieci anni di versi. “Anni di buio, di scrittura scontrosa, disperato studio”. Anni di notti-rifugio, di ombra, e fuoco e sogni. Simbiosi di carta e pelle, di cui L’Inadempienza costituisce sigillo. Perché questa raccolta è nodo che vincola Franchi alla menzogna della poesia. È il moderno “Canzoniere” di chi si riconosce “uomo d’ideale, cavaliere d’arte e d’amore” e dolorosamente conscio, intorpidisce le chiare, fresche e dolci acque di petrarchesca memoria, per sprofondare nel gorgo della propria “miseria di carne e spirito”. (…) “Domani non esiste”, domani non è. Piuttosto prevale il desiderio di regressione, a quel prima indefinito, quando “innocenza era sgomento”, quando ancora non si era valicato il confine. Perché la “giovinezza corrompe, deruba la poesia” e “si schianta l’ideale, defraudato”. Allora la preghiera è un sonno che difenda dal domani, distolga dalla coscienza e abbandoni all’amore. Mentre l’imperativo è “resistere, resistere: nel nome di utopia”». (Angela Migliore).
«Ecco il prezzo da pagare: nel cuore del labirinto c’è un segreto per rovesciare il sole e il suo canto è Babilonia. Colui che cerca la parola prima – la droga più infame – non sa ancora pronunciare quel nome: equazione irrisolta, costellazione caduta, cigno nero, moglie, madre e dea. Amichevoli suicidi? Magari sognando in alta definizione se una radio spenta, avamposto del nulla, infiamma la notte del mondo, il tramonto della notte (misteriosa inadempienza), la notte che non torna perché nessun Dio resiste. È tempo di incantare l’Ade aspettando l’ultima battaglia dell’angelo e dell’assassino: presto tutto potrà tacere. E mentre sorrido ricordo la mia storia». (Stefano Scalich).
______________
______________
Post del 12 settembre 2007
Vi segnalo un libro che ha tutta l’aria di essere di… interesse. Un libro forte, polemico, capace di suscitare dibattiti. Si tratta di Pagano, nuova opera letteraria di Gianfranco Franchi (Il Foglio, 2007, pag. 150, euro 10).
Vi propongo, di seguito, un estratto della recensione della mia “dirimpettaia” Francesca Mazzucato e la prefazione di Gordiano Lupi .
Massimo Maugeri
__________________________________________________
“Antiromanzo, certo, ma anche summa di tutta la letteratura passata e anticipazione visionaria di quella che verrà, nel suo sotteso scoramento raccontato con uno stile superbo, Pagano ci scuote dal nostro piccolo torpore polveroso, e ci scuote con uno schiaffo. Anzi. Con una serie di schiaffi e di accerchiamenti. È bellissimo ed è anche terribile, è il nostro tempo precario appeso a un filo già mezzo tagliato rivisto attraverso il caleidoscopio non consolatorio di un letterato che ha fatto sue le considerazioni di Samuel Beckett sul fallire e sulle rovine. (…) Questo è un romanzo che solo un miope, un prevenuto, un corporativo consorte di qualche potentato d’accatto non può non riconoscere come fondamentale. A che cosa, a quale tempo (e a quale ritmo) può essere solo il lettore a dirlo, come sempre, quando si parla di letteratura, come sempre quando un libro ha iniziato il suo viaggio (o meglio il suo camminare sul filo, il suo volo obliquo, il suo arrancare, il suo pellegrinaggio, o anche messa a nudo, apoteosi, preghiera laica, esaltazione, via crucis di soste e attese, telematiche risoluzioni e presidi di amici, di estimatori silenziosi e attoniti, esattori di rimasugli incancreniti dei frantumi passati, detrattori ammutoliti, sudori, pacche sulle spalle, mani che agganciano, sudore, sangue e altra scrittura, subito, tutto in agguato). Licenziate (pre)giudizi e conformità alle scenografie del banale e tenete caro questo libro dopo, come vi ho suggerito, almeno una seconda lettura”. (Francesca Mazzucato).
__________________________________________________
Una Vita agra contemporanea
Conosco Gianfranco Franchi dai tempi in cui dirigeva le riviste universitarie Ouverture e Der Wunderwagen, ho collaborato con le sue creature e con il portale culturale Lankelot che ospita stimolanti interventi critici. Tra me e lui ci sono ben diciotto anni, ma nonostante questo gap generazionale abbiamo tante idee e progetti in comune. Sarà perché chi lotta per produrre opere letterarie che vogliono scuotere le coscienze trasmette sulla stessa lunghezza d’onda e quindi è facile entrare in sintonia. Franchi ha già pubblicato con Il Foglio l’interessante Disorder, una raccolta di racconti che denuncia l’appiattimento della vita quotidiana. Adesso è la volta di Pagano, antiromanzo esistenziale che racconta il disagio giovanile nella società contemporanea. Pagano è un testo che non può essere incasellato in un genere letterario, ma è un lavoro importante, irrinunciabile per chi ha deciso di pensare con la propria testa. Franchi guarda fuori dal vetro dei suoi giorni e trova pensieri bruciacchiati, scrive come suonerebbe un piano, è un’isola che non si lascia popolare, legge opere importanti, ascolta musica che fa ragionare e odia la televisione. Franchi ha trent’anni e nessuna certezza, scrive libri e si schiera con i deboli, fonda riviste e case editrici, lancia accuse e si sbatte per comunicare idee forti. Ha una sola certezza, quella che da un po’ di tempo a questa parte non si vuole più ammazzare. Franchi ci racconta i fatti suoi, ma lo fa con grande eleganza e con superbo stile letterario, soprattutto si comprende che i fatti suoi sono comuni a una generazione nata dalla crema dei sessantottini che ha cancellato i diritti dei lavoratori a vantaggio dei padroni. Franchi costruisce un testo politico che non è schierato con nessun partito, ma rappresenta un manifesto anarchico di grande spessore. La sua alternativa al vuoto che ci circonda è chiamarsi fuori, restare laterali e dilettanti, studiare, scrivere e combattere, anche se la sconfitta è l’unico risultato possibile. Pagano ricorda La vita agra di Luciano Bianciardi, attualizzata ai nostri giorni, in chiave antiberlusconiana, anticapitalistica e anticomunista. Franchi è uno degli ultimi samurai che pretende la rivoluzione degli intellettuali, guarda avanti e non si piega al conformismo, non si fa comprare e non scende a compromessi, cerca di sopravvivere al suo destino. Franchi è uomo di destra, ma di una destra sociale che non esiste più, si ispira a Evola più che alle costruzioni partitiche e non crede a un surrogato di democrazia capitalistica. Mi sono sempre detto uomo di sinistra, ma confesso che leggendo il testo di Franchi spesso sono stato in pieno accordo con le sue considerazioni. E anche quando non lo ero mi dicevo che si trattava di argomenti che meritavano di essere discussi. Non ho mai pensato che questo libro non andasse pubblicato per motivi ideologici perché in una democrazia culturale non può esistere una censura delle idee. Ben vengano libri forti e polemici come questo, di qualunque impostazione essi siano. E allora forse è vero che esiste una politica degli intellettuali, un modo d’intendere la realtà contemporanea tipico di chi ama la letteratura. Sarà per questo che io e Franchi ci sentiamo culturalmente vicini, nonostante le diverse esperienze, forse siamo accomunati da una medesima anarchia letteraria. Siamo due cavalieri dell’utopia, samurai in via di estinzione che lottano sino alla fine solo perché convinti di doverlo fare. E poi dicono che perdere ogni tanto c’ha il suo miele e se dicono che vinco stan mentendo, cantava qualcuno un po’ di tempo fa. E pure lui mica era di destra.
Gordiano Lupi
Sto leggendo questo libro proprio in questi giorni, dopo che me l’ha spedito l’autore.
Mi sta piacendo molto, ha ragione Lupi, è una sorta di Vita Agra però scritta da un autore di destra, farà discutere, sicuramente, lo consiglio.
Io lo inizierò a leggere in questi giorni. L’impressione iniziale, a pelle, è quella di un libro provocatorio, ma che provoca in maniera intelligente. E le provocazioni intelligenti sono quelle che determinano crescita e confronto.
Mi ha molto colpito questa frase di Francesca Mazzucato:
“Questo è un romanzo che solo un miope, un prevenuto, un corporativo consorte di qualche potentato d’accatto non può non riconoscere come fondamentale. A che cosa, a quale tempo (e a quale ritmo) può essere solo il lettore a dirlo, come sempre, quando si parla di letteratura, come sempre quando un libro ha iniziato il suo viaggio”.
Conosco bene Francesca. Non è una che scrive a vanvera. tutto l’opposto.
@ Gordiano:
Gordiano, della tua prefazione – tra le altre – mi hanno colpito le seguenti frasi: “Franchi ci racconta i fatti suoi, ma (…) si comprende che i fatti suoi sono comuni a una generazione nata dalla crema dei sessantottini che ha cancellato i diritti dei lavoratori a vantaggio dei padroni. (…) Franchi costruisce un testo politico che non è schierato con nessun partito. (…)
Pagano ricorda La vita agra di Luciano Bianciardi, attualizzata ai nostri giorni, in chiave antiberlusconiana, anticapitalistica e anticomunista”.
Rivedendo queste frasi vi è venuto in mente Beppe Grillo e ilsuo V-day. Non ho ancora letto il libro, per cui ti domando: quest’accostamento è del tutto peregrino?
Mi sembra invece fuor di dubbio che si percepisce nell’aria una stanchezza indomita frammista a voglia reale di cambiamento (e di reale cambiamento), soprattutto da parte dei giovani.
Siete d’accordo? (domanda, quest’ultima, rivolta a tutti).
Si percepisce una voglia di ribellione da parte di un giovane che si trova a fare i conti con una società che non comprende e che non lo rappresenta. Un paragone con Grillo non so se è il caso di farlo. Io sono un po’ contrario alla demagogia, di qualsiasi tipo si tratti… Franchi è un intellettuale e in questo romanzo si racconta la vita agra di un intellettuale che è in difficoltà in questa società precaria. Ma farei parlare l’autore…
Gordiano
Buonanotte a tutti, ben ritrovati. Per prima cosa, vorrei ringraziare Massimo Maugeri per la disponibilità e per lo spazio che ha voluto dedicare all’opera.
Al contempo, rinnovo la mia riconoscenza nei confronti dell’editore e prefatore Gordiano Lupi, per aver voluto credere in questo libro. Ringrazio ancora Francesca Mazzucato per la splendida postfazione.
*
Francesco: ti ringrazio per la lettura in corso. Quanto alla Destra, la mia appartenenza, come apprezzerai leggendo, è ideale e spirituale: estranea agli attuali schieramenti partitici, in ogni caso; e comunque estranea a tutto quel che è stato della Destra dopo l’avvento del forzismo.
*
Massimo: spero con tutto il cuore che la lettura si riveli fertile di confronto e di dialettica nuova.
Massimo – su Beppe Grillo:
Apprezzo molto il coraggio e la determinazione – la coscienza civile – che va dimostrando da tempo: assieme alla sua capacità di indignarsi, di infuriarsi, di analizzare, criticare, proporre alternative.
Trovo esemplare la scelta d’una data come l’8 Settembre per tenere una manifestazione polemica nei confronti della Repubblica (partitocratica, e non democratica; vassalla angloamericana, e non indipendente) per le ragioni che ho illustrato in “Pagano”.
Giudico fondamentale la sua dedizione alle nuove tecnologie e la sua instancabile opera di divulgazione delle loro reali potenzialità. Mi attendo che al momento opportuno, quando certe rivendicazioni verranno riconosciute, mantenga vivo il suo atteggiamento critico, senza – per nessuna ragione – cambiare professione.
*
Scrivi: “Mi sembra invece fuor di dubbio che si percepisce nell’aria una stanchezza indomita frammista a voglia reale di cambiamento (e di reale cambiamento)”
“Cambiamento”… è un termine neutro ed equilibrato. Quel che è necessario, in questo momento, è discutere la necessità della sopravvivenza della partitocrazia e del parlamentarismo, avviati all’obsolescenza: strumenti del mantenimento del potere di pochi, estranei ad una equa amministrazione di larga parte dei beni di ogni singolo cittadino, regolarmente e periodicamente “tassati” (direi: “depredati”).
La menzogna della statolatria è un equivoco che va risolto, e debellato. E’ fondamentale tornare a domandarsi come debba essere costituita, e da cosa sia composta una nazione (l’etimo era chiaro…): e come possa essere amministrata democraticamente, una nazione come la nostra, evitando privilegi e arbitrii, evitando Concordati, denunciando regolarmente la corruzione dei rappresentanti politici, battendosi per la sua autonomia e la sua indipendenza. Serve – in altre parole – modellare una patria nuova: “Italia” non più esiste, è nata nel 1861 e morta giovane, nel 1943. I “liberatori” angloamericani hanno occupato militarmente il territorio: l’Italia è puntinata da basi americane. Siamo una piattaforma per operazioni belliche, e un grande mercato per le loro merci. La loro permanenza non è più dovuta a nessuna minaccia, da quasi vent’anni. Crollato il pericolo sovietico, s’è evidenziata la natura di questa “liberazione” americana: di fatto, è un’occupazione. Inficia l’autonomia della nostra politica interna ed estera. Inficia la nostra autonomia culturale. Cancella la sovranità.
*
Da un secolo, con l’eccezione de “L’isola” di Huxley, i letterati hanno abbandonato l’utopia per la distopia. Serve un’inversione di rotta: serve fondazione di paradigma nuovo. Si deve partire dalla scrittura. Mi fermo e passo all’ultimo commento (pardon per eventuali refusi, è un po’ tardi:) )
Gordiano:
“Franchi è un intellettuale e in questo romanzo si racconta la vita agra di un intellettuale che è in difficoltà in questa società precaria. Ma farei parlare l’autore…”
> Uno degli assi portanti del romanzo è la denuncia delle condizioni dei cittadini lavoratori, post-riforme uliviste e forziste (una faccia, una razza: non a caso, molti parlamentari sono intercambiabili). Riforme che hanno massacrato prospettive e stabilità d’una generazione – i risultati sono sotto lo sguardo di tutti. Circa cinque milioni sono gli italiani “precari”: considerando che il 58% della popolazione è occupata, il quadro si va facendo disarmante.
Mi preme segnalare che queste riforme del lavoro vengono dagli stati egemoni, wasp: UK e USA: ricordo film come “Paul, Mick e gli altri”, di Ken Loach, che già negli anni Novanta descrivevano i disastri della fine delle tutele sindacali, dei diritti dei lavoratori, della serenità dei cittadini.
Naturalmente, il film è relativamente obliato.
Uno Stato che non ha solidarietà nei confronti delle nuove generazioni, e che nega loro diritti fondamentali – riducendo i margini di autonomia – è uno Stato che vuole disintegrarsi.
Spiega bene Massimo Fini: durante l’Ancient Regime, almeno, al cittadino venivano assicurati vitto e alloggio. E vita in un contesto comunitario: estraneo all’anomia (cfr. studi di Durkheim sul suicidio). Abbiamo studiato con passione le rivendicazioni dei lavoratori a partire dalla Prima Rivoluzione Industriale: sembra che i nostri padri abbiano voluto farci dimenticare tutto. Nell’arco di un decennio, i governi italioti hanno consegnato il futuro nelle mani delle grandi imprese. Con risultati sempre più disastrosi.
Io non riesco a disperare per la mia condizione lavorativa perché penso a quanto diffuso sia questo male: e quanto necessaria sia la ricerca di un rimedio. Penso a quei coetanei nati figli della piccola borghesia e del popolo, e non della media borghesia come me: a loro, è una priorità, dovranno andare le prime opportunità di lavoro nel tempo nuovo. Serve – Pagano vorrei servisse anche a questo, almeno in parte – una diversa coscienza generazionale.
Infine serve tornare a Max Stirner. Ma di questo magari ne parliamo domani:)
grazie ancora a tutti
gf
Non ho letto il libro, e non mi posso esprimere sul libro. Le recensioni qui sono invitanti – ma non vado pazza per i provocatori anche ad alto tasso sinaptico. Nel mio blog avevo messo insieme Grillo con certa destra, proprio due tre giorni fa – ma era solo una vicinanza nell’analisi dell’uso delle parole, ma no non ci vedo molta parentela. Lo scontento? eh regà ma semo scontenti tutti di questi tempi! E’ l’azione dello scontento a renderci diversi. In ogni caso, se mi devo fidare di Gordiano Lupi – pare affidabile! – chi struttura un pensiero in un romanzo non agisce culturalmente come chi arringa le masse dicendo che ci hanno fregato, il primo mira a far pensare il secondo mira a farci girare le scatole.
Maugeri:
Franchi nel libro scrive quella che può sembrare – ma non è certo – una citazione a Grillo:
“Secondo Freedom House, quanto a libertà d’informazione siamo all’ottantesimo posto nel mondo; precediamo Antigua, Barbuda e Burkina Faso: salutati come unica nazione europea “partly free””, X capitolo.
Da quanto ne so il primo a rendere famoso questo studio in Italia è stato proprio il comico, e non Celentano (tra l’altro viene citato lo stesso dato in Schiavi Moderni di Grillo, e Franchi ha ammesso di essere assiduo frequentatore del suo blog).
Poi alcuni temi sono condivisi: precariato, ostilità all’attuale dirigenza politica. Penso che Franchi sia andato oltre questi problemi sentiti da una larghissima fetta della popolazione, direi giovanile soprattutto, cercando di risalirne le cause prime, uno schema di deriva generale risalente a guasti storici, proponendo delle soluzioni.
Ho la convinzione che il libro a Grillo piacerebbe.
Gordiano:
Se Grillo abbia fatto suoi i modi della propaganda demagogica, è decisamente probabile.
Che però se ne sia servito perché valido, forte, necessario, strumento di scossa, con un messaggio pulito e vero, è altro fattore da valutare.
Che la demagogia dia fastidio sono pienamente d’accordo, che però poi sia sempre sbagliata non saprei. Credo sia strumento.
Come sempre quando ci si trova a commentare un libro che non si ha letto sembra ‘strano’ esprimere un’opinione. A tal proposito per dare un’idea su come scrive Gianfranco Franchi, segnalo un bel racconto inedito apparso su Books and other sorrows di F.Mazzucato in Giugno. E poi ditemi se non la sentite l’atmosfera grigia e i risucchi spazio temporali…
http://scritture.blog.kataweb.it/francescamazzucato/2007/06/03/nebbia/
Tanti complimenti all’autore, per chi volesse approfondire on line si trovano facilmente molti testi scritti da lui.
è un libro onesto e sincero. che osserva, ascolta, tocca, e si esprime. quello che colpisce è, sempre, la sua nudità. essenzialità. se voleva essere provocatore, poteva anche essere scritto in modo peggiore. invece no. sono pagine belle (non di bellezza anoressica, bulimica, ma piena, soda, levigata, e dura, uno schiaffo. penso a skopas, pure, ecco). intense. secondo me, non c’è il gusto compiaciuto di chi vuol “fare il provocatore”, qui è diverso. gf ti scrive cose che, e te, ti senti quasi un punchball, ma poi ti ripigli, eh. a me certe parti hanno fatto incavolare, di quelle che ti verrebbe voglia di, ma anche lì, quanti, oggi, sono disposti a prendersi la responsabilità di dire qualcosa che non piace?? che, ovunque, si tende a dire alle persone ciò che si vuol sentir dire (e che, quindi, mai è la realtà). si è preso delle belle responsabilità, gf. ecco.
uscito un po’ lungo sto commento, sorry;-)
ndr
Zauberei:
“chi struttura un pensiero in un romanzo non agisce culturalmente come chi arringa le masse dicendo che ci hanno fregato, il primo mira a far pensare il secondo mira a farci girare le scatole.”
> Peraltro non ho nessun interesse economico e nessuna candidatura all’orizzonte. Il libro nasce per alimentare pensiero libero e nuovo: de-ideologizzato, de-americanizzato, de-berlusconizzato, de-comunistizzato. Libero. Addirittura de-partitizzato. Nessun partito italiano potrebbe richiamarsi a quel che ho scritto, e nessun politico potrebbe cavalcare quelle idee. Perché sono idee che servono a sgretolare il sistema, a fondare qualcosa di nuovo.
Gordiano Lupi ha inteso bene: “E allora forse è vero che esiste una politica degli intellettuali, un modo d’intendere la realtà contemporanea tipico di chi ama la letteratura.” > e non importa che sia una politica sconfitta, o suicida. Importa che esista. E che stia tornando a vivere.
Barbara:
“E poi ditemi se non la sentite l’atmosfera grigia e i risucchi spazio temporali…”
> grazie infinite. Quel racconto, in particolare, è parte della trilogia; ossia del libro che, dopo “Disorder” e “Pagano”, dovrebbe chiuderla, tra un anno o due. Il dna è lo stesso, così la sperimentazione (che apparentemente è ridotta, in “Pagano”.
Grazie ancora.
Grazie ad Arpaeolia e a ndr per commenti, osservazioni e integrazioni.
Danke.
http://www.lankelot.eu:80/index.php/2007/09/13/franchi-pagano/
Commento di Marco Polverini-
La dimensione dell’isola, l’isola Fonteiana, Monteverde, un quartiere eletto e uno sguardo incantato che non ammette gabbie sintattiche. Il quartiere è storia vera, non c’è storiografia, solo da dove c’è memoria pulsante si può ripartire.
Drammaticamente politica, storia e letteratura si sovrappongono, nel quartiere degli intellettuali veraci del passato, che lì soggiornarono (Pasolini, Gadda, Caproni) e cui si fusero, i primi passi sull’isola con la ghettizzazione liceale, i luoghi del dover essere, le forze dell’ordine che dietro l’angolo di casa dell’artista ricordano come i tempi sono cambiati. Quarant’anni fa proprio Pasolini lucidamente metteva a nudo gli schieramenti degli scontri di piazza (borghesi/studenti – forze dell’ordine/proletari), oggi l’intellettuale è precario e squattrinato, il Carabiniere è stabile e incensato con fiction a ripetizione, grazie a quello strumento che ha fatto gli italiani e la lingua degli italiani con la menzogna.
Mi sono espresso male. Non volevo criticare Beppe Grillo che stimo e spesso condivido. Dico solo che qui Franchi fa letteratura non rivolta ideologica che smuove le piazze. Su questo vorrei che si parlasse, magari dopo aver letto il libro.
Gordiano Lupi
http://www.infol.it/lupi
E’ una buona intenzione, Gordiano. Assieme, voglio lasciare traccia, intanto, dei primi punti di riferimento: Knut Hamsun, Drieu La Rochelle, Guido Morselli, Stig Dagerman, Julius Evola, Samuel Beckett, Luciano Bianciardi, Max Stirner, Scipio Slataper, e naturalmente Orwell e Carroll.
@ Gianfranco:
intanto ti ringrazio per essere intervenuto. Mi fa piacere apprendere dalle tue parole che il mio riferimento a Beppe Grillo non era del tutto peregrino.
Sono contento per il dibattito. Si sta sviluppando bene, mi pare. Certo, il tuo libro è appena stato pubblicato e sono in pochissimi quelli che l’hanno già letto. I commenti dei lettori sono importanti. Vediamo se Francesco Giubilei riesce a leggere il tuo libro prima di me… io dico di sì.
Il dibattito continua!
Massimo!
Sono io che devo ringraziare te per aver deciso che si discutesse dell’opera, e per aver introdotto il confronto con tanta misura e tanta intelligenza. Per qualsiasi cosa, considerami a disposizione.
Grazie per aver creato un posto come “Letteratitudine”.
Guido Morselli è un autore che devo assolutamente leggere!
Cosa mi consigli?
Gordiano
Ah. Morselli è uno splendore. Naturalmente ti consiglio di partire da “Dissipatio Humani Generis” e dall’edizione ancora disponibile dei suoi Diari. Tutto in edizione Adelphi.
Dissipatio è un romanzo necessario e destinato a restare nel tempo. Omaggia Giamblico e Shiel, e tutta la grande narrativa egolatrica del Novecento, a partire da Hamsun. Uno dei pochi esempi di letteratura psicanalitica italiana – assieme a Svevo, al Berto de “Il male oscuro”, indirettamente a Gadda de “La cognizione del dolore” e su altro livello al Morici de “Matti slegati”.
Il resto della sua produzione è davvero eclettico. Si va da romanzi di fantastoria (“Roma senza papa”) a satire dell’aristocrazia (“Divertimento 1889”), sino a romanzi generazionali come “Uomini e amori”, che teoricamente è opera prima (tutta la sua produzione narrativa è postuma; in vita pubblicò solo un saggio).
Ho scritto diverse cose su di lui, se Massimo vuole sono pronte per il suo sito. C’è anche il raro “Una missione fortunata e altri racconti”, tra i pochi libri morselliani non Adelphi (Nuova Editrice Magenta)
Buongiorno Gianfranco, complimenti per questo nuovo libro.
Leggendo la recensione della Mazzucato ho colto questa frase riferita a te: ha fatto sue le considerazioni di Samuel Beckett sul fallire e sulle rovine.
Secondo te cosa intendeva la Mazzucato? Quali sono le considerazioni di Samuel Beckett sul fallire e sulle rovine?
Smile
Buongiorno, Elektra.
Ottima osservazione. Mi richiamo subito alle parole della Mazzucato:
“Ci sono citazioni del grande drammaturgo che riassumono, a mio parere, parte della poetica di Franchi,come questa, e dettagli del suo protagonista che io vedo così, in bilico, in equilibrio:
‘…una specie di combinazione tra l’essere respinti violentemente e l’essere gettati nel mondo da un ventre materno’ (ATTO SENZA PAROLE II).
Lui ha altri padri e altri referenti ( insieme, credo, accanto, o forse in antitesi, non sono qui per una reale esegesi, solo per plasmare emozioni che seguono alla lettura), lui forse non ritrova in Beckett quelle somiglianze che io ho trovato ma non importa. Chiunque osa e si spinge oltre quel limite piccino odoroso di similpelle, di plastica, passata di pomodoro e di tinello, arriva alle stesse conclusioni. Possono impaurire ma non ci si deve difendere, non quando la letteratura è di tale livello”.
(tratto sempre dalla sua splendida postfazione)
… e adesso cerco qualche verso dalla mia vecchia edizione di poesie di Beckett, momento…
“The Vulture”
dragging his hunger through the sky
of my skull shell of sky and earth
stooping to the prone who must
soon take up their life and walk
mocked by a tissue that may not serve
till hunger earth and sky be offal
***
“Echo’s Bones”
asylum under my tread all this day
their muffled revels as the flesh falls
breaking without fear or favour wind
the gantelope of sense and nonsense run
taken by the maggots for what they are
***
e concluderei così, con frammenti isolati:
Ah the banner
the banner of meat bleeding
on the silk of the seas and the arctic flowers
that do not exist
(“Enueg I”)
*
terrified again
of not loving
of loving and not you
of being loved and not by you
of knowing not knowing pretending
pretending
I and all the others that will love you
if they love you
unless they love you
(“Cascando”).
Salut! Quali sono i versi di Beckett che preferisci?
(fonte per i versi trascritti: Samuel Beckett, “Le poesie”, Torino 1999. A cura di G. Frasca)
intervengo su Beckett. anche se dopo le sue poesie, cof cof.
Il fallimento è necessario. Ogni fallimento è un’approssimazione, un passo in più verso (verso cosa?). Il non fallimento, se da una parte è il raggiungimento (di cosa?) dall’altro è sterile. Non ti fa proseguire. Forse, ecco. Spero di non aver confuso. se così fosse, spargo cenere sul capo.
Grazie Gianfranco, sei molto bravo e simpatico. Dai l’idea di uno che la sa lunga. Ti faccio tanti in bocca al lupo.
I versi di Beckett sono belli (credo), solo che, ecco, emm, non ci capisco granché d’inglese. Conosco pochissime cose, tra cui la traduzione della parola sorriso.
Smile
Ndr, meditavo giusto in questi giorni le parole di Tommaso Pincio a proposito dell’Afghanistan Picture Show di Vollmann.
Senti qua: “Ma se è vero quel che sosteneva George Orwell, ovvero che dietro ogni grande libro si nasconde un fallimento, è difficile immaginare libro più luminoso e straziante di Afghanistan Picture Show. Non fosse altro perché racconta l’inizio, il primo degli straordinari fallimenti di William Tanner Vollmann.”
Notevole la percezione della “straordinarietà” del fallimento. Accompagno così il tuo intervento. Con suggestione pinciana & orwelliana.
Elektra: grazie a te, e pardon per non aver pubblicato la traduzione. Avrei dovuto, ma ho preferito tenere fede al suono originale (e non ti nascondo che anch’io dovrei, in più di un frangente, sfogliare il mio dizionario di inglese per raccapezzarmi tra i versi di Beckett. Baro guardando la traduzione a fronte, mi conforta:) ).
Un sorriso,
gf
Credo, non so, che Beckett non sia stato il primo a vedere il fallimento come necessario, ma il primo a farci ruotare intorno la sua scrittura. (Per dire, molti scrittori, pur non parlando di “fallimento” parlano di “insoddisfazione”, la continua insoddisfazione che li fa continuare a scrivere, e cercare quella perfezione che solo intuiscono). Ad essere sincero, non vedo in quel che scrivi tanto quel Beckett, quanto una certa somiglianza col suo giocare coi luoghi e personaggi. Mi viene in mente la sua trilogia, per dire. Così. (Magari scrivo un po’ a vanvera, vado per impressioni, più che per conoscenze e studio, eh)
Io ricordo “Krapp’s Last Tape” come una lettura folgorante, assieme a “Endgame”. Subito dopo ho scoperto il Beckett poeta. La poesia nasconde l’essenza della scrittura di un autore, è là che s’annidano le chiavi d’accesso al suo dna, e i segni delle corruzioni e delle alterazioni del suo dna.
E il suono aiuta a decifrare…
Tornando alla prosa, qui c’è “L’ultimo nastro di Krapp” in originale:
http://www.msu.edu/~sullivan/BeckettKrapp.html
Qui “Finale di partita”:
http://samuel-beckett.net/endgame.html
ave ottimo.
Io ricordo “Krapp’s Last Tape” come una lettura folgorante, assieme a “Endgame”. Subito dopo ho scoperto il Beckett poeta. La poesia nasconde l’essenza della scrittura di un autore, è là che s’annidano le chiavi d’accesso al suo dna, e i segni delle corruzioni e delle alterazioni del suo dna.
E il suono aiuta a decifrare…
(tra qualche ora troverai questo intervento “duplicato”, per via del fatto che il precedente è andato in approvazione. Conteneva – contiene – due link, uno al testo originale di “Finale di partita”, l’altro a “L’ultimo nastro di Krapp”)
ave ottimo.
Franchi è un intellettuale vero e un letterato sopraffino. Mi astengo su Beckett perchè non è il mio campo. Non sono abbastanza preparato, anche se ho visto alcuni suoi atti unici e conosco il teatro del non senso.
Gordiano
Sono un tuo buon allievo, Gordiano, e probabilmente il tuo primo lettore. Il tuo esempio è fondamentale – nei termini dell’eclettismo, della dedizione, dello spirito di sacrificio, della ricerca dell’innovazione – per tutta la nuova generazione. Senza il tuo esempio molte cose non sarebbero mai accadute; e so di non parlare solo a titolo personale. Molte cose accadranno ancora.
Troppi italiani devono scoprire l’essenza della tua ricerca, e della tua scrittura. Io ho provato a lasciare qualche traccia. E’ stato piacere e dovere di letterato.
Cura ut valeas.
gf
Teatro in prosa. L’ultimo nastro e Finale. Il Beckett poeta non lo conosco, sorry. E vedi che quel che mi dici, a proposito della poesia, tira in ballo Faulkner, quando diceva che uno inizia con la poesia, che è la cosa più difficile, fallisce e passa al racconto, che è la seconda cosa più difficile, e dopo aver fallito anche lì, si butta sul romanzo. Da cui, riprendendo il brano riportato da te di Pincio su Vollmann, si potrebbe arrivare a dire Poesia come primo fallimento. Da qui, Poesia, quello che dici tu, che nasconde l’essenza di un autore. Chiaro che questi sono vaneggiamenti da primo pomeriggio, ahahah.
(ma sono splendidi e fertili, questi vaneggiamenti. Avanza… vai oltre… )
il fatto che un “uomo di sinistra” pubblichi un romanzo che ha tendenze “di destra”, anche se sociale, fa onore a chi lo pubblica. auguri all’autore e all’editore.
Grazie infinite, Gennaro. E indovinate davvero quelle virgolette dedicate alla “destra”, considerando che la mia Destra non esiste e non è rappresentata: è ideale, è letteraria.
Giovane Gianfranco Franchi lei dà prova di essere davvero molto preparato. Le faccio i migliori auguri per la sua scrittura presente, passata e futura. Le lascio una domanda? Secondo lei in cosa sbagliano, se sbagliano, i giovani di oggi?
Grazie infinite, Rosa, davvero.
La risposta alla domanda è un’altra domanda: cosa intendiamo per “giovane”? In un territorio così diversificato come quello italiano, puntinato da centinaia di campanili, con poche metropoli e tante provincie… in realtà geografiche, dialettali, famigliari, scolastiche e culturali, in generale, così differenti… è difficile poter dare una risposta univoca. Il problema, mettiamola così, è che sociologia, propaganda politica e marketing, per ragioni differenti, ci hanno abituato ad adottare – in questo caso come in altri – una categoria “universale” che purtroppo non esiste. Esistono, nella mia generazione – diciamo nati nella seconda metà degli anni Settanta – una grande varietà di microcosmi, che andrebbero volta per volta contestualizzati e analizzati: vagliando differenze, distinzioni, rivalità, similarità.
La sintesi vale solo per un aspetto, per la stragrande maggioranza dei cittadini nati dal 1975 in poi: non aver saputo fronteggiare politicamente e culturalmente la progressiva distruzione dei diritti dei lavoratori. Quella, naturalmente, è stata “universale” come la categoria “giovane”.
Spero di averti risposto in maniera adeguata. Sono in ascolto.
buona serata,
franco
Molto bene, vedo che qui si passa da Morselli a Beckett 🙂
–
@ Gordiano:
tra i libri di Guido Morselli mipermetto di consigliarti “Contro-passato prossimo”. È uno dei migliori (non sei d’accordo anche tu, Gianfranco?)
–
@ Gianfrano:
Ottimo. Grazie per l’offerta. Utilizzeremo la tua “competenza morselliana” anche qui a Letteratitudine. Avremo modo di concordare le modalità.
Vi scrivo una frase estrapolata dalla quarta di copertina di “Pagano”. Una frase che poi è una domanda.
“Cosa rimane d’una generazione già vecchia a trent’anni, scavalcata da cambiamenti epocali, frastornata dall’impossibilità di diventare adulta, costretta soltanto a conservare?”
Secondo voi?
E tu, Gianfranco, che risposta ti sei dato?
Massimo, Gordiano: “Contropassato prossimo” è una stilettata micidiale al Novecento. Merita lettura, ha ragione Massimo. E’ il sogno impossibile d’un Novecento vissuto in un Europa fedele a quel che restava del Sacro Romano Impero, ossia l’intelligenza, lo stile, la tolleranza e la sensibilità absburgica. Al di là degli aspetti estetici (qui l’atipico Morselli è fantastorico, altrove fantateologico…) e dell’originalità dell’idea (penso al relativamente recente sacco di “Fatherland” di Harris: romanzo naturalmente deviato, con il consueto opportunismo wasp, sulla congettura d’un futuro fondato sull’egemonia d’una Germania nazista e non, come sarebbe interessante, sull’egemonia dell’AUT-UNG) quel libro di Morselli è una interessante iniezione di intelligenza e una eloquente lezione politica. Che ricorda, tra le righe, a chi vuole almeno meditare la propaganda della “Vittoria”, che l’Italia amava – quando era ancora indipendente – cambiare fronte in guerra e sparare agli alleati: a volte poco prima che iniziasse il conflitto, a volte durante, a volte qualche giorno dopo.
Ma se vogliamo essere coerenti con gli austriacanti allora è meglio salutare quelli dichiarati, allora come oggi: Joseph Roth, Stephen Zweig (“Il mondo di ieri”), Enzo Bettiza. Non hanno filtri, scrivono grande letteratura e romanzano il dolore per il perduto stile e il perduto ordine, pura sehnsucht. Già. Ma in questo secolo ha avuto fortuna quel confuso bugiardo di Kraus…
Massimo:
“Cosa rimane d’una generazione già vecchia a trent’anni, scavalcata da cambiamenti epocali, frastornata dall’impossibilità di diventare adulta, costretta soltanto a conservare?”
> Il sogno d’un futuro diverso. Che magari appartenga ai nostri figli. In un’Europa libera e democratica, fondata come libera confederazione di tanti popoli, estranea alla statolatria, felice di riscoprire l’espressione del territorio e le autonomie di ogni gruppo etnico.
In un tempo contraddistinto da una nuova rinascenza delle arti, e da una progressiva estraneità delle arti rispetto alla produzione industriale e ai criteri seriali imposti dalle logiche del profitto.
In un tempo in cui si possa tornare a scrivere utopia e a fondare nuovi sistemi, consegnando la distopia agli studi accademici, come genere concluso. Come oggi è l’utopia.
Intanto, c’è questo presente da accompagnare alla fine quanto prima, e da consegnare alla Storia. Possibilmente con intelligenza, auspicando equidistanza. Intanto, c’è la necessità di contarsi, tra letterati, perché il medioevo dei chierici sta tornando, bussa alla porta. Bussa, bussa forte. Non lo sentite? E’ quasi ora. Siamo diventati così pochi…
Infine… e tornando al presente qui condiviso. E’ ora di studiare qualche strategia di sopravvivenza, perché altrimenti il futuro sarà pieno di redattori, promotori, distributori, librai, impaginatori, etc: tutti camperanno su chi i libri li scrive, senza averne mai scritto uno. E chi scrive i libri impazzirà, perché logica e giustizia, in questo sistema e con questi equilibri, non esiste.
Curioso, no? E in parte già succede. Chiamiamola “civiltà”, questa prepotenza dei parassiti. Molto postmoderna, tutta italiana.
Noi scriviamo. Ma quelli “fanno” i libri. Chissà Bianciardi come li chiamerebbe.
Ti ho risposto, immagino. Un caro saluto e grazie di tutto;)
quale futuro, gianfranco?? un futuro intossicato, un futuro senza acqua, un futuro da miliardi di persone senza niente, un futuro con poche centinaia di persone con tutto, e indifferenti al resto. quale futuro? sentivo che quest’anno la mortalità infantile nel mondo è diminuita, bene, c’è di che rallegrarsi. e che futuro gli diamo? un futuro in cui l’aria è privatizzata, in cui le industrie che inquinano comprano aria dai paesi che non hanno industrie, in cui l’acqua viene tolta alle persone per venderla alle aziende, in cui i dna vengono brevettati (devo ricordarmi di brevettare il mio, prima che qualcuno mi compri), un futuro in cui si dà la responsabilità di tutto ai nostri geni, vuoi se siamo violenti, se non lo siamo, se siamo pedofili o meno, se siamo grassi, se siamo intelligenti o no, se siamo… e così fuggiamo qualsiasi tipo di responsabilità, perché di fronte ai nostri geni, cosa possiamo fare? possiamo andare contro ciò che è scritto dentro di noi? ah, Destino, quale parola!
Quale futuro. Non vedo un futuro. C’è un presente per cui lottare, senza più rimandare ad altri. vabbè. ciao.
Gianfranco fa bene a scrivere un libro provocatorio e di rottura.
Ndr ha ragione a essere pessimista.
Però, va tutto davvero così male?
Trascrivo una delle prime composizioni in lingua italiana.
E’ saltata. Eccola sotto
…
Altissimu, onnipotente bon Signore,
Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi Signore, per sor’Acqua.
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fior et herba.
Laudato si’, mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
et sostengono infrmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ‘l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato s’ mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ‘l farrà male.
Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.
“Quale futuro. Non vedo un futuro. C’è un presente per cui lottare”, senza più demandare sostegno ad altri. E questa è una importante differenza rispetto agli anni Sessanta e agli anni Settanta. Senza sostegno ideologico, senza sostegno di partito, senza adeguata coscienza generazionale, le rivendicazioni vanno perdute.
NdR, qualcosa stiamo già facendo, a livello di coscienza dico. Cinquecento anni dopo l’invenzione della stampa abbiamo la possibilità di vivere, cavalcare e adattare una nuova innovazione tecnologica destinata a mutare radicalmente la circolazione, la promozione e l’accesso alle opere d’arte e alle opere letterarie – e politiche – in generale. Questo significa: cambiare l’intelligenza – in senso etimologico: la comprensione, la capacità di comprensione e condivisione – dei cittadini, non solo dei letterati. E in un arco di tempo relativamente ridotto, due generazioni: 50 anni.
Se invece commettiamo l’errore di servirci degli stessi strumenti politici del passato (i partiti di massa, e i circoli loro legati e i circuiti da loro dipendenti) non riusciremo a cambiare niente. La strategia deve necessariamente cambiare. E’ necessario distanziarsi dalle logiche che hanno trascinato la “repubblica democratica fondata sul lavoro” nella corruzione partitocratica, e nella sua demenza senile.
Per questo dico di prendere coscienza della nostra condizione, del nostro status e della radicale differenza dei nostri diritti e del nostro status rispetto al passato prossimo, riconoscendoci e cercando assieme rotta diversa, coscienza nuova, tecniche nuove di circolazione delle idee, dei principi, delle opere d’arte: la piazza, in questo momento e per qualche anno, rimarrà solo un organo di schedatura. Va aggirata, prima di essere adeguatamente popolata.
Tutto quel che hai scritto in questi messaggi, Ndr, deve animare il tuo prossimo libro. Deve vivere in quelle pagine. Con lo stile che ti riconosciamo. Deve animare pensiero nuovo. Libero, e letterario.
un abbraccio,
gf
Agnosci nequent aevi monumenta prioris:
grandia consumpsit moenia tempus edax;
sola manent interceptis vestigia muris,
ruderibus latis tecta sepulta iacent.
Non indignemur mortalia corpora solvi:
cernimus exemplis oppida posse mori
(vv. 409-414)
unum mira fides vario discrimine portum
tam prope Romanis, tam procul esse Getis
(vv. 335-336)
te, dea, te celebrat Romanus ubique recessus
pacificoque gerit libera colla iugo.
Omnia perpetuos quae servant sidera motus
nullum viderunt pulchrius imperium
(…)
iustis bellorum causis nec pace superba
nobilis ad summas gloria venit opes.
Quod regnas minus est quam quod regnare mereris;
excedis factis grandia facta tuis.
(…)
QUAE MERGI NEQUEUNT, NIXU MAIORE RESURGUNT
EXILIUNTQUE IMIS ALTIUS ACTA VADIS
(…)
ordo renascendi est crescere posse malis.
(vv. 79-140)
Rispondo con versi scritti nei giorni della caduta di Roma, perché Roma morire non poteva. Rutilio Namaziano, “De Reditu”. Edizione esaminata: a cura di Alessandro Fo, Torino 1992.
Il resto è stato, nell’Europa centrale e mediterranea, e avanti sino ai vecchi confini, la Dacia e la Spagna, romanzo: neo-latino.
Francesco – anima grande – non scriveva in “italiano”. Noi chiamiamo quella lingua “italiano”.
Salut!
Grazie per la condivisione dei versi di Francesco, Lorella.
(assieme a Namaziano, volevo portarti qualcosa di Meister Eckhart. Magari più tardi…;) )
vale,
gf
“Finché non possiede l’unità, l’anima non giunge alla pace, finché tutto divenga una cosa solo in Dio. Dio è Uno; questa è la beatitudine dell’anima, il suo ornamento e la sua pace. Un maestro dice: in tutte le sue opere, Dio ha in vista tutte le cose. L’anima è tutte le cose. Dio versa sempre nell’anima ciò che, di tutte le cose sotto di essa, è la parte più nobile, più pura, più alta. Dio è tutto ed è Uno.
‘Un Dio, Padre di tutti’, ci aiuti a diventare una sola cosa con Dio”
(Meister Eckhart, “Sermoni Tedeschi”. Adelphi, Milano, 1985. A cura di Marco Vannini. pp.44-45)
I miei complimenti. Dibattito erudito. Di altissimo livello 😉
Very good.
Lorella. appena ho un po’ di tempo, fornisco un po’ di dati. noi non ci rendiamo conto di quanto sta accadendo. privatizzazioni di acqua, parametri di inquinamento che nessuno rispetta, e non per, ma senza aria e acqua, non si vive. credo che l’umanità sopravviverà, sì. ma chi?? chi avrà i soldi per comprarsi la vita??? questo non mi andrebbe giù. inoltre, sarà brutto da dire, ma il nostro numero sta per sovraffollare il pianeta. il numero di poveri cresce in maniera esponenziale, mentre si riduce quello delle persone del primo mondo. e non si sta facendo niente. si sta creando un circolo vizioso, e non virtuoso, secondo me. stiamo dando esempi sbagliati. chi verrà dopo, avrà sempre meno possibilità di fare sbagli. si deve cominciare ad imparare dai propri errori.
siamo messi così male?
dipende cosa si intende. l’umanità sopravviverà? secondo me, sì. ma preferirei sopravvivesse meglio di come si prospetta. tutto qua.
Cerchero` di procurarmi il libro di Franchi.
Circa Beckett una informazione di servizio che vi chiedo : conoscete un modo, possibilmente legale, per riuscire a procurarsi la Trilogia dei suoi romanzi? Risulta essere stata pubblicata da Einaudi secoli fa, ma da allora non credo sia stata mai ristampata. In libreria mi guardano come un marziano………..
Ndr, quello che dici è giusto e ragionevole. E ti fa pure onore.
L’importante è non farsi sopraffare dallo scoramento, altrimenti si rischia l’immobilismo e la depressione. E altrettanto importante, credo, sia riuscire a vedere quel poco di buono che c’è.
Tutto qui.
Ave, Outworks!
Ecco tutte le informazioni sulla reperibilità di Beckett:
http://www.libreriauniversitaria.it/libri-autore_beckett+samuel-beckett+samuel.htm
Trilogia: Molloy-Malone muore-L’innominabile
Einaudi – 1996
Prezzo: € 27.89
Disponibilità: Normalmente disponibile in 3/4 giorni lavorativi
per Outworks: ti capisco: l’ho preso in prestito in biblioteca;-)
grazie Lorella. Sì, vedere il buono che c’è, sempre e comunque;-)
Nessun immobilismo, nessuna depressione.
Lo spirito è questo:
http://ejmas.com/jtc/lastsamurai/photo-14.jpg
vedrai.
X Gianfranco : grazie della dritta ho gia` proceduto all`ordine.
attendero` fiducioso.
colmero` una grave lacuna della mia biblioteca.
grazie ancora.
X Ndr : vorrei avere una copia tutta per me. e` una scommessa con me stesso. speriamo di vincerla.
Per esperienza, ti consiglio di verificare sempre notizie sulla reperibilità e sulla data esatta delle edizioni ricercate su Libreria Universitaria. La percentuale di imprecisioni e inesattezze è estremamente bassa (questo è un modo come un altro per dirti che di solito non sbagliano:) ).
E’ uno strumento importante pure per mappare le pubblicazioni di ogni autore; assieme, per monitorare le eventuali ristampe economiche o nuove edizioni presso altro editore (selezionando quindi, se ne hai l’inclinazione, quelle degli editori piccoli e medi piuttosto che dei due megagruppi; oppure, appurando chi ha curato quale edizione critica, e come)
@ Gianfranco:
Avevi accennato al progetto narrativa della trilogia.
Mi piacerebbe che lo approfondissi.
–
Domanda secca: cosa rappresenta, oggi, per te “Pagano”?
È solo un libro o è qualcosa di più?
Dimenticavo…
Domanda alla Marzullo (ma mica stupida, eh?).
La scrittura di “Pagano” è stata determinata dall’esigenza di realizzare un’idea o dall’idea di soddisfare un’esigenza?
Pensaci bene.
La risposta: “un po’ l’una un po’ l’altra”, non vale!
😉
Ave Massimo!
L’opera è strutturata in tre parti: una raccolta di 27 racconti, “Disorder”, un antiromanzo, “Pagano” e una raccolta di 47 racconti, “New Order”. Nel primo e nel terzo titolo si nasconde un omaggio diretto a Ian Curtis, a Tony Wilson e al suo vagheggiato neorinascimento delle arti, e naturalmente ai Joy Division. Nel secondo titolo, l’omaggio è rivolto a “Pagan Poetry” di Bjork e a “Imperialismo pagano” di Julius Evola.
“New Order” sarà strutturato in cinque parti + 1, intervallate da brevi interludi e frammenti.
L’ambizione della trilogia è aderire allo spirito del nostro tempo – Europa, Italia, Roma, Quartiere – e sconfiggere la menzogna ideologica del neorealismo. La prospettiva dichiarata e non mascherata è quella d’un letterato contemporaneo: la narrazione s’alterna in differenti contesti (domestico, professionale, sentimentale, amicale, editoriale, calcistico, politico), con diversi registri e diverse tecniche di narrazione (prima, terza persona; skaz, flusso di coscienza; flusso di coscienza evoluto, etc) a seconda del taglio del racconto, o del momento del romanzo. A testimonianza che la novella è una delle poche tradizioni assolutamente italiane, da secoli, con buona pace delle short stories del Novecento americano: a rivendicare qualcosa di caratteristico nella storia della letteratura italiana, per contribuire a una coscienza nuova e a un’evoluzione del genere. Perché dal perfezionamento dell’architettura dell’opera si deve partire, passando quindi alla scrittura. In “New Order” si riconosceranno tutta una fitta serie di rimandi interni al libro e all’opera completa; rinnovando la lezione strutturale di Boccaccio e di Sacchetti, non quella di Carver o di Thom Jones, per intenderci.
*
Mi domandi cosa rappresenta, oggi, per me, “Pagano”.
È un frammento della mia anima e della mia carne. È rivolto alla coscienza dei letterati della nuova generazione, è un sentiero tracciato per cambiare certi equilibri: politici, editoriali, culturali in generale. È la mia ombra. Sono come Peter Pan, adesso l’ho smarrita..
“La scrittura di “Pagano” è stata determinata dall’esigenza di realizzare un’idea o dall’idea di soddisfare un’esigenza?”
La scrittura di “Pagano” è stata, in principio, frammentata, controllata, calibrata, sofferta. Quindi l’ho integrata e macchiata nascondendo gli antefatti nel testo, in un ordine preciso, lasciando il libro principiasse dall’isola di Pag. La seconda parte del libro, quella totalmente fictionale, è nata in un lasso di tempo davvero molto breve – perché era tutto vivo in testa, e bruciava da un pezzo. Andava solo materializzato.
Nel caso di “New Order” è stato diverso. Ho scritto per molte ore ogni giorno, per mesi, a partire da un foglio pieno di titoli e di frecce che rimandavano da una parte all’altra. Senza particolari interruzioni, né sospensioni né incertezze. Era torrenziale e abnorme. Quel foglio s’è riempito di scarabocchi, di buchi e di cancellature, sin quando non ho finito di lavorare. L’ho bruciato con piacere. È rimasto appeso al muro, di fronte a me, sin quando non ho terminato. Come un impiccato. Dovevo terminare, ne parlavo proprio in “Pagano”. È andata, e tra qualche anno potrò lavorare all’altra cosa necessaria, in narrativa. Dopo che sarà uscito “New Order”, in narrativa, non muoverò un dito se non per sfogliare libri, e per un bel po’ di tempo. Finalmente esausto, e libero d’essere lettore (e critico, e talent scout), sino a quando mi sentirò di aver vissuto e letto abbastanza per scrivere il grande romanzo borghese che ho in testa. Due secoli di storie “italiane”. Tra 4-5 nazioni:).
Dovrei averti risposto. Vale, Massimo, e grazie sempre.
Sì, mi hai risposto.
Vale a te Gianfranco 😉
Un dibattito interessante e di alto livello. Grazie.
Solo una cosa. A mio parere PAGANO non è un romanzo di destra, caso mai è un romanzo nichilista, bianciardiano… in ogni caso è un romanzo (o antiromanzo fa lo stesso) utile, dice cose che tutti sentiamo e che andavano dette e pubblicate…
Gordiano
Pagano è stato presentato a Padova con buon successo di pubblico. Nuova presentazione al PISA BOOK FESTIVAL, sabato 27 ottobre ore 14 sala Shelley, insieme alle altre novità edite da IL FOGLIO.
Gordiano Lupi
http://www.infol.it/lupi
@ Gianfranco Franchi:
Scusami se scrivo solo ora. Ci tenevo a ribadirti che ho terminato la lettura del tuo “Pagano” da un pezzo. Trovo che sia davvero bello e ne consiglio la lettura a tutti.
Era un consiglio per gli acquisti?
Decisamente sì!
Grazie, Massimo. Felice che ti sia sembrato degno.
Adesso bisognerà andare oltre e creare qualcosa di nuovo, e di egualmente degno. Un abbraccio.
gf
Segnalo che Gianfranco Franchi è stato su Radio Rai Uno
Vi scrivo di seguito i riferimenti…
–
L’indirizzo da cui scaricare è questo:
http://www.radio.rai.it/radio1/argonauta/index.cfm
–
Il file è questo:
http://www.radio.rai.it/radio1/argonauta/archivio_2008/audio/argonauta2008_01_20.ram
Si apre solo con REAL PLAYER, come tutti i programmi Rai.
–
L’ARGONAUTA – RADIORAI1
Puntata 211, 20-01-2008
Grazie di cuore per la nuova segnalazione, ottimo Massimo.
Un abbraccione.
Ma di che…
🙂
In bocca al lupo a Gianfranco Franchi per questa sua… Inadempienza
Questa è una piccola sorpresa per Gianfranco Franchi… che non è ancora al corrente della pubblicazione di questo post.
Ma lo sarà presto…
🙂
@ Gianfranco
Perché un “libro primo e ultimo di poesia”?
Che significa “un atto postumo compiuto in vita”?
Non ho letto nulla di Franchi però di primo acchito posso dire che fa sempre piacere quando esce un libro di poesia… tutti lì a consumare dita e tastiere sul romanzo della nostra vita, ma la poesia è la vera letteratura, l’unica arte nata già adulta e non perfettibile.
Grazie Maria Lucia,
ora faremo in modo da farci raccontare qualcosa da parte dello stesso autore.
Però questa tua dichiarazione mi tenta da pazzi.
Va bene… non resisto… pongo la domanda…
🙂
davvero la poesia è… la vera letteratura ?
Caro Massimo,
grazie di cuore per questo tuo dono e per la nuova ospitalità. Ti sono molto riconoscente e ringrazio ancora per lo spazio.
(e crepi il lupo, ma mai il Lupi;) ).
*
Prendo una sigaretta e rispondo alle tue domande.
Grazie intanto:)
@ Massimo:
D: Perché un “libro primo e ultimo di poesia”?
R: Perché sin da quando ho cominciato a scrivere versi, quindici anni fa, ho pensato a un libro unico. Un organismo vivo che prendeva forma nel tempo, sintesi di letture, esperimenti, esperienze, sentimenti: appartenenze, e ostilità. In passato, ero un po’ più giovane, diciamo 5-6 anni fa, erano usciti due “laboratori” di poesia: uno con la Pace dell’Oleandro, l’altro con Perrone. Erano delle raccolte rappresentative di un periodo – un anno soltanto – di ricerca. Quelle raccolte sono confluite, riviste e corrette, in questo volume.
“Ultimo” perché… perché non ho più niente da dire, in versi. Succede. Rimango un avido lettore di poesia, relativamente onnivoro, ogni mese la rivista di Crocetti sulla scrivania, e spesso ritorno sui miei vecchi passi…
ma da tre anni non scrivo versi, e dubito che possa accadere qualcosa di diverso in futuro. Ho qualcosa da dire in narrativa, fondamentalmente, e in narrativa sto concentrando ricerca, sperimentazione, studio e sacrificio. È così da qualche anno e sono abbastanza…
va bene così:).
D: Che significa “un atto postumo compiuto in vita”?
R: Che l’autore di quel libro non c’è più. Mi è relativamente o del tutto estraneo. Larga parte dei versi sono stati scritti tra 1996 e 2001, il resto tra 2002 e 2006. Amico mio, il 2009 è a un passo. Sono successe tante cose, ho letto altri 300 libri l’anno e scritto cose totalmente diverse. Chi è quel tizio in copertina? I’m not here. This isn’t happening:).
@Maria Lucia:
“tutti lì a consumare dita e tastiere sul romanzo della nostra vita, ma la poesia è la vera letteratura, l’unica arte nata già adulta e non perfettibile.”
> Ti dico, credo che farà molto piacere a tutti poter leggere tuoi versi, qui. Magari adesso. Da come ne parli, so che è la cosa giusta. Si direbbe necessaria.
Dai…
(intanto, grazie per il contributo).
@ tutti
http://it.youtube.com/watch?v=Eq9t2FFh6LA
Thom Yorke insegna:
That there
That’s not me
I go
Where I please
I walk through walls
I float down the Liffey
I’m not here
This isn’t happening
I’m not here
I’m not here
In a little while
I’ll be gone
The moment’s already passed
Yeah it’s gone
And I’m not here
This isn’t happening
I’m not here
I’m not here
Strobe lights and blown speakers
Fireworks and hurricanes
I’m not here
This isn’t happening
I’m not here
I’m not here
RADIOHEAD. How To Disappear Completely.
@Massi…
alla tua domanda vorrei rispondere così:
“Nessuna descrizione non poetica della realtà potrà essere mai completa”..
John David Barrow
(non poeta…ma astrofisico e matematico)
Franchi anche qui?
Certo di leggere tutti i commenti e intervenire.
Massimo qui la situazione degenera, articolo pubblicato 3 ore fa e già 93 commenti come fa chi arriva due giorni dopo a leggere i post?
🙂
ahah:)
no no, il Max ha unito i commenti di “Pagano” a questi. I nuovi sono nella norma, tutto liscio:)
@ Francesco Giuby
Ho voluto fare una piccola sorpresa al nostro Gianfranco “riprendendo” il vecchio post con tutti i commenti allegati (ma aggiornandolo).
Però rileggersi, secondo me, non fa male.
🙂
“L’opera è strutturata in tre parti: una raccolta di 27 racconti, “Disorder”, un antiromanzo, “Pagano” e una raccolta di 47 racconti, “New Order”. ”
*
A quando l’uscita di New Order?
Sempre per Il Foglio?
Accennavi (se non sbaglio) ad un altro libro su un gruppo rock, ce ne parli ? se si può 😉
@ Simo
Un astrofisico e matematico applicato alla poesia (a sua volta applicata alla realtà)?
Che bello!
Ma sei proprio una tuttologa.
🙂
“ho letto altri 300 libri l’anno”
Poi un giorno me lo spieghi come fai…
@ Gianfranco
Occhio, che l’ispirazione è sempre dietro l’angolo. Magari tra un paio di mesi ti metterai a scrivere nuove poesie e… addio “postumo”:)
300 libri l’anno!
Be’, non dimenticarti che Gianfranco legge anche per lavoro, visto che fa il consulente editoriale.
Due domande per Gianfranco.
1) A tuo avviso, qual è il filo conduttore (se c’è) di questa raccolta di poesie?
2) Perché hai scelto questo titolo: L’inadempienza?
Magari potresti postare un paio di poesie… a tua scelta.
@ francesco:
D: “A quando l’uscita di New Order? Sempre per Il Foglio?
Accennavi (se non sbaglio) ad un altro libro su un gruppo rock, ce ne parli ? se si può”
R: New Order dovrebbe uscire con un altro nome per un altro editore. Il condizionale è scaramantico. Ne riparliamo tra aprile 2009 e maggio 2009.
Credo.
Il libro sul gruppo rock… è uno studio di tutti i testi di una band inglese. Uscirà entro ottobre 2009, per Arcana (a quanto pare, ma chissà?).
Questo è quello che posso dirti.
@ francesco: ““ho letto altri 300 libri l’anno”
Poi un giorno me lo spieghi come fai…”
Autobus, 2 ore e mezza di spostamenti al giorno. Andata e ritorno.
Qualcosa rubo ad altre faccende in mattinata, altro tra sera e notte.
E in ogni caso non passo 6 ore al giorno in internet:). Il tempo libero lo dedico ai libri. Non ai blog.
Dopo tanto esercizio, gli occhi sono mostruosamente potenziati. La rapidità è completamente diversa.
@ max:
D: “@ Gianfranco
Occhio, che l’ispirazione è sempre dietro l’angolo. Magari tra un paio di mesi ti metterai a scrivere nuove poesie e… addio “postumo”:)”
R: no, no. Niente rischi. Ispirazione morta, vena esaurita. Sto bene così, e grazie a dio che sto studiando le idee per il romanzo borghese che prima o poi scrivo. Altrimenti solo articoli e cose di lavoro:)
“Il tempo libero lo dedico ai libri. Non ai blog.”
A volte maledico internet per il tempo che mi (ci) ruba alla lettura, un gran mezzo ma ci si perde davvero tanto tempo…
Restano comunque tanti, quasi una media di un libro al giorno.
Allora aspettiamo il 2009 per le novità
Vado a leggere 🙂 a domani
Ottimo Max…
(danke ancora!)
D: 1) A tuo avviso, qual è il filo conduttore (se c’è) di questa raccolta di poesie?
Allora, se guardo il libro da estraneo, vedo tre sentieri possibili.
Uno pop-rock, perché l’autore ha omaggiato/nominato/contaminato pezzi di Lou Reed, Sex Pistols, Primal Scream, Doors, Radiohead, Nirvana, Pink Floyd, Black Rebel Motorcycle Club, etc.
L’altro letterario puro, perché nei versi s’annidano (divertissement!) Gozzano, Orazio, Catullo, Namaziano, Campana, Ottonieri, Zanzotto, Troisio, Karlsen, Keats, Baudelaire, Khayam… Rilke, e Corazzini. Per dire.
Il terzo… esoterico. Gnostico.
Ma dovrei rileggere il tutto per esserne sicuro:)
D: 2) Perché hai scelto questo titolo: L’inadempienza?
Perché non ho mantenuto fede a un’antica promessa, e forse lo sapevo già qualche anno fa. La prima poesia si chiama “Il disertore”. Pensavo di disertare la borghesia, stavo disertando la poesia. E’ andata così.
@ Francesco:
““Il tempo libero lo dedico ai libri. Non ai blog.”
A volte maledico internet per il tempo che mi (ci) ruba alla lettura, un gran mezzo ma ci si perde davvero tanto tempo…
Restano comunque tanti, quasi una media di un libro al giorno.
Allora aspettiamo il 2009 per le novità”
> In realtà puoi leggere tanto anche in Internet. Basta puntare Kjriasto, Wiki en, i dibattiti qua da Massimo, bei pezzi su Mangialibri, Nazione Indiana, Carmilla, e una volta ogni tanto anche da quei cazzoni di lankelot. L’importante è arginare le interazioni. Interiorizzare, e poi prendere e approfondire.
Quanto alla media… fossero 300 saggi sarei stupito anch’io. 300 romanzi cosa ci vuole. La narrativa italiana è tutta una ripetizione. Con poche, poche eccezioni. E’ facile. E’ roba che si manda giù in una manciat di ore, quando è più editata:). Aspettiamo narratori sperimentali consapevoli e autentici per rallentare nei ritmi di lettura…
@ Max:
D: Magari potresti postare un paio di poesie… a tua scelta.
R: Volentieri:). Sceglierò bene, giuro:).
Prima aspetto qualche domanda ancora, dai. Se i nostri consitadini (eh) sono curiosi, ecchime. 😉
Ah! Dimenticavo, Francesco.
Leggere buone recensioni: alle testate segnalate, aggiungi “Paradiso degli Orchi”. Fico.
Ave!
@ Massimo:
torno solo ora e dopo aver letto la presentazione di Gordiano, mi prendo il tempo necessario per leggere tutti i commenti con calma; a domani mattina .
@ Outworks: ma tu lo sai che nelle biblioteche c’è l’abitudine di mandare al macero i vecchi libri? Questa sera sono riuscita a recuperarne una decina (tutti dell’Enaudi); ho preso nota della trilogia, non ti prometto niente, ma se mi capita tra le mani te lo farò sapere.
🙂
Salve gente!
Arrivo in ritardo ma stavolta – almeno per il momento – non commento ma ”posto”. Posto questa:
–
”Ultima considerazione”
–
La nostalgia e’ nel pianto
d’una madre trascurata
spenta e sofferente
esule eremita
dalla terra dei ricordi.
–
Spero che Gianfranco non si offenda se ho copiato una sua lirica senza chiedergliene il permesso. Ha in se’ il valore di un frammento catulliano.
Ciao, gente, a piu’ tardi!
Sergio
P.S.
Gianfranco, visto che vuoi rallentare il ritmo di lettura della narrativa italiana: ti ho spedito il mio ”Il menu”’? Quella per me e’ gia’ prosa ad alta velocita’ di fruizione. Ma i miei racconti di Santonastasio vanno attorno ai quaranta all’ora, sull’autostrada della nostra ”scorrevolezza letteraria”.
Cura ut valeas
Sergio
Ciao Francesco Giubilei,
il tuo entusiasmo e la tua freschezza si sentono subito, quando arrivi. Non cambiare. Mai.
Grazie per le risposte, caro Gianfranco.
Continuiamo a discutere.:)
Cara Miriam, grazie…
I primi commenti (datati 2007) si riferiscono alla precedente opera di Gianfranco Franchi: “Pagano”.
Ave Sergio, e grazie.
Leggerti con avidità è una questione di buon senso.
Il piacere non è lavoro:)
@ Massimo:
sì, ho letto e ora ricordo anche di essermi segnata, come impegno importante, la lettura di Pagano; che invece ho dimenticato. Questo conferma, quanto sia importante, ai fini della Memoria, scegliere e selezionare non tanto i libri (che sono sempre un enormità) ma i pensieri dell’autore. Cagnolini da pensiero che sniffano, come per i tartufi l’Essenza profumo inconfondibile, per condire i risotti dei nostri giorni.
Oggi ritorno con una domanda per Gianfranco, ora vado di fretta, sto cucinando, ho scambiato uno spicco d’aglio per un pinolo e in bocca ho un saporaccio tremendo… povera me!
A dopo, Miriam
Allora, il sapore dell’aglio sembra dissolto, ed eccomi con la domanda per Gianfranco. Prendo spunto dalle parole di Paolo Rossi, premettendo (così si capisce che la mia non è proprio una provocazione) che un pochino apocalittica lo sono anche io.
E se si vivesse meglio in un mondo senza profeti? Inizia con questo titolino la presentazione del pamphlet ” Speranze” ed. Mulino di Paolo Rossi.
” Rossi ci propone una rassegna sistematica, ragionata, impietosa, di un certo tipo di stupidità: quella che pervade il discorso di quegli intellettuali alla moda, per lo più di sinistra, che si ammantano di profondità nel disegnare scenari catastrofici o apocalittici, spinti da un impellente, masochistico bisogno di . A essi è dedicato il capitolo Senza Speranze, cui segue l’altrettanto pungente (sarà per par condicio, ndr) Speranze smisurate, che più classicamente si concentra sui costruttori di Utopie e di fini della Storia, sui vagheggiamenti di Uomini Nuovi e Superumanesimi vari…”
Ecco, mi farebbe un enorme piacere conoscere le impressioni di Gianfranco.
Miriam 🙂
Buongiorno, Miriam, e grazie per la tua domanda.
(a me l’aglio piace molto sulle bruschette. Olio, aglio e un pizzico di sale. Pane lariano. Buono…).
*
Un mondo senza profeti è quello che già stiamo abitando. L’Occidente è oggi popolato da descrittori della decadenza, della fatiscenza, della crisi economica; nessuno riesce a guardare al di là. Manca la fantasia. Le pagine più cupe di Huxley, Orwell, Zamjatin si sono già incarnate. Infine, ora c’è buio pesto.
*
Invece avremmo un gran bisogno di profeti. Avremmo bisogno della fondazione di un’utopia nuova. Personalmente ho una gran fame di rivelazioni (apocalisse cosa significa? Ecco).
Non conosco Paolo Rossi, immagino sia un accademico. Mi piacerebbe saperne di più: chi è? Da che pulpito predica? Per chi lavora, e a chi appartiene? Dammi un nome, in cambio ti do una spiegazione.
Dammi tre informazioni, ti ricostruisco un dna.
*
Tornando al discorso… È chiaro che non sto parlando di letteratura e basta.
E che sono tra quelli che sta provando a immaginare un mondo nuovo. E non mi stanco mica. Il crepuscolo s’avvicina (ma anche il ciauscolo, volendo)
vale,
gf
errata corrige, quart’ultima riga:
“E che sono tra quelli che sta provando a immaginare”
> E che sono tra quelli che stanno…
pardon
Volevo chiedere all’autore se ha incontrato difficoltà nel pubblicare le sue poesie. Purtroppo dalla mia modesta esperienza posso ricavare l’assunto che la poesia è poco appetibile editorialmente. Ho scritto tante poesie sia in italiano che in dialetto siciliano e “piazzarle” non è semplice. Tutti gli editori richiedono romanzi, anche le raccolte di racconti sono poco “vendibili”. Lei cosa ne pensa?
Che la situazione della poesia è disperata. Semplicemente questo.
È possibile individuare ancora pochi piccoli editori – escludiamo piccolissimi e amatoriali per ovvie ragioni – capaci di credere nell’opera e di potersi permettere di stamparla e di farla circolare, magari poggiando su un circuito di lettori e giornalisti preesistente e numericamente rilevante (rilevante in termine di ufficio stampa credo sia 5 testate cartacee con tiratura under 1000).
*
Che so: penso alla collanina di poesia di Pequod. Penso alle edizioni Crocetti. Penso alle collane pulite di Passigli e Manni. A Campanotto. Penso a Book di Scrignoli (esiste ancora? Spero di sì). Mi mancano, a occhio, due o tre nomi, ma dovremmo esserci intesi.
In generale, credo che “piazzare” una propria raccolta di versi escluda la possibilità di ricevere un anticipo (a qualsiasi livello) e pretenda la disponibilità dell’autore a viaggiare, spesso senza contributo spese, per presentare live in oggiono (faccio per dire) il libro. E’ un atto d’amore sia dell’editore, sia dell’autore.
*
Taccio sugli editori a pagamento/microeditori amatoriali, perché immagino sappiate cosa ne penso.
*
La mia storia personale di autore di versi è stata semplice: quando ero giovanissimo furono o gli editori a domandarmi una raccolta (l’allora altrettanto giovane Perrone) o l’Università a scegliermi, con altri due allievi, per un volume (uscì per Oleandro). Adesso ho avuto la possibilità di proporla a un editore piccolo ma dignitoso come Il Foglio di Gordiano, che mi aveva pubblicato due libri di narrativa negli anni scorsi. In questo senso l’autostrada era già spianata. Ma è chiaro che in libreria vanno i bei volumi di poesia degli editori principe: il mio non ha uno struzzo né un oscar ai suoi piedi. Il mio attuale editore non fa il premier.
Sai, mi dicono degli amici che è meglio ricredersi anche sulla trasparenza degli accordi con Mondadori, in poesia… tira una bruttissima aria dappertutto.
Grazie Segio.
Quando commenti tu qualcosa si percepisce sempre la tua cultura 🙂
Grazie a Gianfranco per avermi confermato quello che già sapevo o avevo intuito…
Comunque ribadisco il coraggio sia da parte dell’autore che dell’editore nel proporre in questo mondo prosaico quella merce rara che è la poesia…
Grazie a te, Maria Lucia.
Hai ragione: è un atto estremo. Proprio per questo credo sia necessario. “Nun moro, io!” come diceva Enrico Toti. Beccatevi anche quest’ultima stampella, italiani. In fronte.
@ Gianfranco
Il Paolo Rossi citato da Miriam è uno storico/filosofo.
Le frasi che Miriam ha riportato sono di Armando Massarenti (uno dei co-autori de “Le Aziende In-Visibili”), e sono state prese dalla prima pag. del Domenicale del Sole24Ore di domenica scorsa.
Credo che Rossi proponga un argomento molto interessante.
Infatti pensavo di organizzare un dibattito (con un altro post) su questo suo libro.
Vedremo…
Sempre per te, Gianfranco.
Se qualcuno ti obbligasse a indicare la poesia (a tuo giudizio) più rappresentativa di questa raccolta… quale sceglieresti?
E perché?
Ovviamente, una volta scelta… faccela leggere. :))
Ave caro:).
Storico-filosofo, di orientamento e formazione? Questa sarebbe una seconda notizia interessante. L’argomento è senza dubbio potente.
Tutto sta nel vedere come viene analizzato e discusso nell’opera.
*
Ecco i versi. Salteranno le righe bianche, credo. Ma sono questi.
Grazie ancora.
*
RESISTE
*
L’umanità ridotta alla poesia,
riparo ultimo e sacra difesa
infiammata dagli sconfitti e
allora mai vinta;
l’eternità sedotta da un verso,
si consegni dio al furore del tempo:
scoppi di pietà al nostro rifiuto,
rinneghi l’origine: infelice e perduto.
Rivelare è rinunciare
al dominio assurdo.
Morte è madre e ultima porta:
regine di sbreccata
scacchiera;
non vita, simulacro.
Logorare le pedine,
in processione impietrita.
Nel cuore del labirinto c’è un segreto;
un passaggio tra le gabbie e le catene,
penombra della fantasia:
si dissangua lo spirito che sempre crede
infinito potere ricerca nella fede
dormirà domani, domani non s’esiste
dormirà domani, domani non esiste
domani non esiste.
Nessun dio resiste.
*
(2003)
Ciao Gianfranco, ieri ero troppo stanca per risponderti. Allora,
l’autore del pamphlet, Paolo Rossi, è un collaboratore (83 anni) del Domenicale, Sole 24 h, è “uno storico delle idee”. Sulla prima pagina del domenicale puoi leggere l’anticipo delle sue argomentazioni. Penso che lui consideri “profeti” proprio quelli che per te rappresentano l’assenza: inconciliabile, credo, un incontro fra voi. Il suo argomentare è pragmatico, come quello di una buona governante: perché dite che siamo alla fine, quando le democrazie crescono nel mondo e molti stati aboliscono la pena di morte? E di seguito cita l’esperienza di Erasmus, il fatto che l’81% degli abitanti europei si dichiara soddisfatto della propria vita, le battaglie civili condotte da Bakari Darra, nel Mali, contro la mutilazione sessuale hanno registrato una notevole diminuizione di quella pratica orrorifera. Il suo è un invito a cogliere in questi, e altri esempi, l’occasione di una mobilitazione culturale e abbandonare quella ginnastica sul mal di vivere, che invece, sempre, ci contraddistingue.
Ecco, ti ho fatto un riassunto corretto e “imparziale”. Ma, in questi giorni, sto rileggendo gli aforismi del Picchiatello che bacia il cavallo, e pur soffrendo con l’anima e con il corpo per certe sue considerazioni ( aforisma 62), penso che quando il “lavoro” (campo) dei filosofi viene scippato, dalle religioni o dalla politica, i danni sono sempre incalcolabili e imprevedibili.
Sull’aforisma 62, quello nefasto:
Sergio Quinzio, in Religioni e futuro, scrive e sostiene le stesse cose, e tutte condivisibili, ma lo fa all’ombra del grande “disastro” e nella luce della Ragione. Questo per dire? Che i filosofi, e fra loro metto gli artisti, quelli come noi, devono guardarsi dal furto anche quando il viaggio è organizzato nel migliore del modo possibile.
Ora leggo la tua poesia.
Ciao, Miriam
Saluto tutti i partecipanti al questa bellissima chiacchierata sui lavori di Gianfranco, e in particolare saluto con calore Gianfranco Franchi e Massimo Maugeri.
Ho letto Pagano con molto interesse, e lo considero un libro coraggioso fino ai limiti dell’autolesionismo, perché Gianfranco è, fuor da ogni dubbio, un antico cavaliere di ciclo bretone. Il suo pseudonimo la dice lunga, da questo punto di vista.
E così Lankelot si scaglia contro il sistema nel suo complesso, sia che prenda la forma di un sistema economico malato che costringe i giovani a far la parte di classe sociale proletaria, oppure di sistema editoriale oligarchizzato da pochi gruppi predatori, che divorano tutti i pesci piccoli tramite la gestione esclusiva della grossa distribuzione. Oppure di sistema politico e culturale asservito agli interessi degli Stati Uniti, e incapace di recuperare la propria specificità, la propria cultura. Incapace di riconoscere, amare, rispettare le proprie radici.
Aspetto con curiosità New Order, perché ho voglia di scoprire come la visione acuta di Gianfranco riesca ad aver ragione del nodo di pessimismo radicale che serra i primi due libri della trilogia. Forza Guido Orsini, mostraci come trasformi il mondo.
Sapere che si tratterà di racconti mi fa molto felice. Perché significa conoscenza nel senso più profondo. Non ragionamento, disquisizione, ma creazione. Empatia. Mimesi. Risonanza profonda con ciò che è intorno.
Le poesie dell’Inadempienza.
Le sto leggendo. Sono ferma a quelle giovanili (buffo… come se ora Lankelot fosse “in età”. Eppure c’è una tale precocità in esse, che vien da ragionare come di poeta con lunga carriera alle spalle…) Che sono profonde e dolenti. Lacerate da un slancio fortissimo in avanti, che trova nella realta circostante freno e ostacolo.
ALI D’AVORIO
Essere in profondità
sogno nel sogno della realtà
piuma nera che scivola nell’etere
ancora senza nave catena senza prigioniero
lacrima diafana d’un dolore immorale
poesia trascurata da un’anima anestetizzata
promesse mai mantenute & speranze derise
l’eclissi solare sembra non avere fine.
Sofferenza!
S O L I T U D I N E S O V R A N A
Risposte sussurrate da un genio maligno
Ripongo i miei dubbi in uno scrigno d’avorio
Ricordo i giorni dove sorridevo incosciente
Ritorno a morire nel giardino dimenticato
Rimarrò una parola indecifrabile.
Rimarrò una parola indecifrabile.
Eppure chi voglia decifrare Franchi, dovrà leggere la sua più monumentale opera. Vale a Dire Lankelot stesso. Lankelot il sito. Perché il sito web di Franchi è, fuori da ogni dubbio, un tutto unico e compiuto, in cui Gianfranco ha disseminato, per chi ami le sciarade e abbia volgia di seguire il filo di Arianna, indizi e tracce che guidano attraverso il labirinto. Non è solo critica letteraria. E’ vita. E opera d’arte a molte voci.
Vale, Franco. Buona vita.
Fiorenza
Un caro abbraccio anche a Francesco Giubilei e Barbara Gozzi, e anche a Gordiano Lupi, con cui non ho mai comunicato direttamente, ma che ha gentilmente ospitato un mio racconto in una antologia del Foglio.
Buon dibattito a tutti!
Ribadisco l’intenzione di organizzare un dibattito su questo libro di Rossi
Grazie per la bella poesia, caro Gianfranco.
E un abbraccio a Fiorenza che presto vedremo protagonista qui a Letteratitudine con una bella recensione che porterà la sua firma
Max: ancora grazie a te. Mi unisco alla tua attesa per il prossimo articolo di Fiorenza. Grazie ancora.
*
Miriam: grazie ancora per la risposta e per l’intervento. Diciamo che a Rossi basterebbe dire che le democrazie crescono ma la prima di loro s’è già tolta la maschera. L’America avalla la tortura (cfr. studi di McCoy, edizioni Socrates), l’America imprigiona un numero abnorme di propri cittadini, l’America condanna a morte i suoi cittadini e quelli delle nazioni che vuole colonizzare, si indebita con tutto il mondo e l’economia di tutto il mondo distrugge speculando su denaro inesistente, e via dicendo. Mi fermo perché ci siamo capiti. Quindi, perfetto: nel Mali non c’è più la mutilazione sessuale. Bravo Rossi. Ma il cuore del problema è un altro.
*
Grazie ancora
gf
“In questo migliore dei mondi possibili, tutti i fatti son connessi tra loro. Tanto è vero che se voi non foste stato scacciato a gran calci nel sedere da un bel castello, per amore di madamigella Cunegonda, se non foste capitato sotto l’Inquisizione, se non aveste corso l’America a piedi, se non aveste infilzato il Barone, se non aveste perso tutte le pecore del bel paese El Dorado, voi ora non sareste qui a mangiar cedri canditi e pistacchi”.
“Voi dite bene” – rispondeva Candido; “ma noi bisogna che lavoriamo il nostro orto”.
(Voltaire, “Candido”, capitolo XXX)
Cara Fiorenza, è una gioia e un piacere ritrovarti. Ti ringrazio per l’intervento e per tutto quel che hai scritto a proposito dei libri e di Lankelot. Sottoscrivo in toto tutte le battaglie che hai nominato, a proposito di “Pagano”. E quanto all’ormai fu “New Order” (conserva la prima stesura perché vedrai quante cose slitteranno o cambieranno forma, là dentro…), entro l’estate, a dio piacendo, andrà in stampa e vedremo che succede – soprattutto, se vedremo terrà fede alle tue aspettative. Spero di sì, con tutto il cuore.
*
Quanto all’altro Lankelot… sacrosanto quel che dici. E bellissimo.
Grazie ancora.
Per finire, un po’ di musica…
http://www.youtube.com/watch?v=TJN3PGqDRNg
oops!
due messaggi fa, errata corrige:
“se vedremo terrà fede” > “vedremo se terrà fede”.
pardon max
Grazie, caro Gianfranco :-))
A te, e a voi, grazie ancora.
Per l’ospitalità, il dialogo, l’ascolto e il confronto.
Danke. Merci rare nello Stivale dei maiali. Onore al merito.
ave cari,
gf