Aggiorno questo post inserendo un articolo sul terzo romanzo della trilogia «Millennium» di Stieg Larsson: esaltata da alcuni addetti ai lavori e criticata da altri. Il pezzo, firmato da Stefano Montefiori, è uscito sulle pagine del Corriere della Sera del 6 gennaio.
Il libro si intitola “La Regina dei castelli di carta” (Marsilio) ed è immediatamente balzato in vetta alle classifiche dei libri più venduti in Italia.
Accanto all’uscita del libro circolano, peraltro, le voci di un possibile quarto volume che potrebbe essere pubblicato postumo (sebbene incompleto). Sì, perché Larsson è morto d’infarto sul posto di lavoro mentre si trovava nella redazione del suo giornale… esattamente come il personaggio del suo romanzo. Particolare inquietante, vero?
Si dice che a volte la letteratura anticipi gli eventi, come se fosse dotata di poteri preconici.
Forse non sempre è bene che sia così.
Il nostro pensiero a Stieg Larsson, che ha lasciato questa terra senza vedere il successo mondiale della sua trilogia (e senza averci guadagnato un quattrino).
Massimo Maugeri
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da “Il Corriere della Sera” del 6 gennaio 2009 – articolo di Stefano Montefiori
Nel terzo volume della trilogia «Millennium», Stieg Larsson (nella foto) non deluderà i fan. Ne “La Regina dei castelli di carta” (Marsilio) ci sono ancora i protagonisti Mikael Blomkvist e l’ adorata Lisbeth Salander, che neanche una pallottola nel cervello è riuscita a sopraffare, e poi la consueta corte di personaggi secondari – che Larsson considerava fondamentali -, alcuni nuovi, altri già presenti nei primi due volumi: il disumano Zalachenko, l’ amico fraterno realmente esistito Kurdo Baksi e il pugile Paulo Roberto, la sorella di Mikael Annika Giannini che accetta la difesa legale di Lisbeth, oltre all’ eterna amante Erika Berger. Erika lascia tra scrupoli e rimpianti la piccola e battagliera rivista «Millennium» per l’ imperdibile posto da redattore capo nel ben più importante, ingessato e conservatore «Smp», e tre giorni dopo l’ insediamento il collega Hakan Morander, che avrebbe dovuto cederle il posto due mesi più tardi, ha un attacco di cuore in redazione. «Videro Hakan alzarsi dalla scrivania e avvicinarsi alla porta – scrive Larsson a pagina 255 -. Aveva un’ espressione stupita. Poi si piegò bruscamente in avanti afferrando lo schienale di una sedia per qualche secondo prima di cadere sul pavimento. Era morto prima ancora che l’ ambulanza avesse fatto in tempo ad arrivare. (…) Che la gente muoia sul posto di lavoro è insolito, anzi raro. Si dovrebbe avere la cortesia di mettersi in disparte, per morire. Di andare in pensione o in malattia e un bel giorno diventare oggetto di conversazione in mensa. A proposito, hai sentito che il buon vecchio Karlsson è morto venerdì scorso? Sì, il cuore. Il sindacato manderà dei fiori per i funerali». Nella continua serie di rimandi e contaminazioni tra vita reale e romanzo che costituisce la saga di «Millennium», questo è forse il più toccante: quasi avesse una premonizione, Larsson sembra descrivere – e sbeffeggiare – la propria imminente morte in redazione, avvenuta poche settimane dopo la consegna del manoscritto di questo stesso volume. Per uno che ha scritto quanto è spiacevole morire sul posto di lavoro, e che avrebbe preferito una fine in sordina, magari nella casetta sul mare dove progettava di ritirarsi con i guadagni di «Millennium», Larsson è stato davvero preso a bersaglio dal destino. Il 9 novembre 2004 l’ ascensore del palazzo di Stoccolma dove aveva sede la sua rivista, «Expo», era guasto. Il cinquantenne Stieg fece di corsa i sette piani di scale per arrivare in redazione, e appena entrato fu stroncato dalle sigarette, il superlavoro, la fatica. Infarto, nel centro del locale, sotto gli occhi dei suoi giornalisti. Anche lì l’ ambulanza non ha fatto neppure in tempo ad arrivare, e tanto meno Larsson è riuscito a dare un ultimo abbraccio a Eva Gabrielsson, la sua compagna di oltre trent’ anni, la donna alla quale era solito rivolgere un «Non indovinerai mai che cosa ha appena fatto Lisbeth Salander», seduto accanto a lei sul divano bianco dell’ appartamento di Stoccolma, mentre Stieg scriveva la serie. Non solo Larsson è morto in redazione, ma la sua fine continua a essere avvolta dal clamore, perché fa da sfondo a uno dei casi editoriali più straordinari degli ultimi anni. Finora i libri di «Millennium» hanno venduto oltre otto milioni di copie nel mondo, soprattutto in Svezia, Francia (il primo Paese straniero a cadere in preda alla Millennium-mania), Germania, Italia (il primo volume “Uomini che odiano le donne” da noi ha superato le 500 mila copie). In questi mesi la saga sta approdando nel mondo anglosassone, e i primi dati di vendita e le recensioni sembrano indicare che il successo di Mikael Blomkvist e Lisbeth Salander potrebbe venire ingigantito nel Regno Unito e in America. Larsson era certo che «Millennium» gli avrebbe assicurato la sicurezza economica della quale non aveva mai goduto in precedenza, chiamava la saga «il mio fondo pensione». Non ha fatto in tempo a intascare un centesimo dei circa dieci milioni di euro che gli sarebbero finora spettati, e se questo dà un tocco di straziante romanticismo alla lettura della sua opera, ha prodotto pure una feroce battaglia patrimoniale tra Erland e Joakim Larsson, padre e fratello di Stieg, parenti emotivamente lontani ma unici eredi legali, e la compagna Eva, che in base alla legge svedese non ha alcun diritto se non sugli effetti personali di Larsson: i mobili di casa, il divano bianco, il giubbotto di pelle, e il famigerato pc portatile con la bozza di un nuovo, inestimabile volume della serie «Millennium». Uscirà mai il quarto volume? Mentre i 25 Paesi nei quali è stata tradotta ancora cercano di mettersi in pari con la trilogia, i francesi – che grazie alla casa editrice “Actes Sud” hanno scoperto per primi il fenomeno scandinavo – si sono dedicati alla questione con grande impegno. Il giallista Guillaume Lebeau ha vissuto tre mesi a Stoccolma per calarsi nell’ atmosfera di «Millennium», incontrare Eva Gabrielsson, amici e conoscenti di Larsson, e scrivere “Le Mystère du Quatrième Manuscrit: enquête au coeur de la série Millénium” (Les Éditions Du Toucan). I parenti di Larsson ed Eva continuano le loro trattative (in un primo momento Erland e Joakim erano contrari a fare uscire un nuovo volume), e Lebeau cerca di rischiarare almeno in parte «il mistero del quarto manoscritto»: ne esisterebbe una copia digitale nel computer in mano a Eva, ma i parenti di Larsson giurano di averne visto una versione stampata sulla sua scrivania, nei giorni immediatamente successivi alla morte. I giornalisti di «Expo», la rivista di Stieg, sono dalla parte di Eva e confermano tutte le sue dichiarazioni, anche quelle più avvolte dai dubbi: le pagine già pronte sono circa 200, dice Eva, ma potrebbero essere invece il doppio. Solo che Eva ha capito che stando così le cose il ricavato delle vendite di un nuovo volume arricchirebbe solo Erland e Joakim, e quindi adesso frena sulla pubblicazione. L’ ipotetico libro, comunque, nella cronologia della storia non sarebbe il quarto volume ma il quinto: Larsson aveva progettato dieci episodi, ed era passato a scrivere direttamente il quinto, saltando il quarto, perché aveva più materiale pronto sulle reti neonaziste europee. Infine, nel «quarto manoscritto», farebbe la sua comparsa la sorella gemella di Lisbeth Salander, sulla cui esistenza Larsson fa un accenno all’ inizio della saga. Dopo le visite guidate sui luoghi larssoniani organizzate quest’ estate dal comune di Stoccolma, la Millenium-mania si nutre di nuovi elementi. Una riduzione cinematografica uscirà in Svezia a marzo, e nell’ ottobre scorso 120 cittadini svedesi – lettori e non – hanno assistito in gran segreto e tra enormi misure di sicurezza all’ anteprima nel cinema Filmhuset della capitale, affinché la società produttrice (recentemente acquisita dall’ italiana De Agostini) potesse valutare in anticipo l’ effetto del film sul pubblico. Una giornalista del Figaro si è infiltrata nel test, e ha parlato di «atmosfera bergmaniana», e al contempo di «film più violento dei libri».
Larsson non ha l’ ambizione di fare letteratura alta, come gli Abba non presero Arnold Schoenberg a modello: eppure la formula svedese di «qualità popolare» sembra vivere oggi il suo momento d’ oro.
Stefano Montefiori
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POST DEL 5 SETTEMBRE 2008
Perché, oggi, il grande successo dei romanzi-fiume?
Questa domanda la pone Giovanni Pacchiano su un suo articolo pubblicato sul Domenicale de Il Sole 24Ore del 31 agosto. Anzi, la domanda intera è: perché, oggi, il grande successo dei romanzi-fiume di qualità?
In effetti, è vero… lo precisa lo stesso Pacchiano nell’articolo (potete leggerlo qui di seguito per gentile concessione della redazione del Domenicale)… il successo dei romanzi di Larsson, di Dahlquist, l’ultimo della Fallaci, il più recente di Follet (di qualità o polpettone?) giustificano la suddetta domanda.
Per quale motivo, secondo voi?
Insomma, perché la gente è tornata a leggere i romanzi-fiume di “dimensione ottocentesca”?
L’autore dell’articolo fornisce una sua spiegazione.
Siete d’accordo?
Infine vorrei cogliere l’occasione per parlare di Stieg Larsson.
Lo conoscete? Lo avete letto? Cosa ne pensate?
Sullo stesso numero del Domenicale Cesare De Michelis con molto (e legittimo) orgoglio scrive: “dall’inizio di marzo le vendite del primo, Uomini che odiavano le donne, sono in continua crescita e La ragazza che giocava con il fuoco, il secondo uscito il 18 giugno, è già alla quarta ristampa. In tutto, a oggi, abbiamo stampato 330.000 copie, ma l’onda non si è affatto fermata…”.
Massimo Maugeri
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L’estate dei libri «pesanti». Il mattone che trionfa in libreria
di Giovanni Pacchiano
Sono un larssoniano della primissima ora. Fa fede la mia recensione al primo romanzo della sua Trilogia «Millennium», Uomini che odiano le donne (Marsilio, pagg. 676), apparsa su queste pagine il 9 dicembre 2007. Sono altresì un larssoniano fanatico: inizi a leggerlo e non te ne puoi staccare un attimo. E ti avvicini alla fine della storia, una storia-fiume, con la sensazione, per niente bella, che, chiuso il libro, non saprai cosa fare della tua vita. Almeno per un po’.
Il fatto è che non succede a me solo. Ho regalato Uomini che odiano le donne a destra e a manca. L’ho consigliato a chiunque mi capitasse a tiro. La reazione è stata unanime. «Cosa farò quando lo avrò finito?», mi ha detto un’amica. E un altro: «È come una droga». Una droga. Tant’è vero che, per non aspettare l’uscita in traduzione degli altri due romanzi, a suo tempo li ho comprati in francese (Actes Sud).
Oggi, Larsson, per via di un frenetico passaparola, rafforzato dall’uscita in italiano del secondo romanzo, La ragazza che giocava con il fuoco (Marsilio, pagg. 754), è diventato un fenomeno mediatico. Merito, certo, dell’ottima costruzione dei suoi romanzi, della continua suspense, dell’attenzione alla psicologia dei personaggi e a un inquieto versante sociale della Svezia che, in molti, non conoscevamo. Ma lo è diventato anche per le caratteristiche dei suoi libri, di immensi romanzi-fiume (sì, come quelli dell’Ottocento: Hugo, Dickens, Collins, Tolstoj). Ciò che lo inserisce in una propensione al romanzo-fiume divenuta oggi una moda. Ma qui si tratta, per buona sorte, non di grossolani polpettoni, ma di romanzi-fiume di qualità. Ce ne sono altri: ad esempio, la serie dei romanzi di Henning Mankell che vedono protagonista il commissario Wallander (Marsilio). Almeno un romanzo di Leif G.W. Persson, Tra la nostalgia dell’estate e il gelo dell’inverno (Marsilio, pagg. 588) che può stare alla pari con Stieg Larsson. E non è necessario radicarsi in Svezia. Pensiamo alla fortuna di un altro romanzo-fiume come il recente Un cappello pieno di ciliege (Rizzoli, pagg. 860) di Oriana Fallaci. O all’americano Gordon Dahlquist con La setta dei libri blu (Bompiani, pagg. 796): un mix rétro tra Wilkie Collins e Arthur Machen.
E veniamo dunque al punto che più ci importa. Perché, oggi, il grande successo dei romanzi-fiume di qualità?
Il protagonista, almeno così crediamo, è un lettore colto. Ha più di quarant’anni (ma può averne anche settanta e passa). È deluso dalla vita pubblica e dal crollo dei valori di un mondo perbene ormai scomparso. Si sente, inoltre, accerchiato dalla cattiva letteratura e prova il bisogno di abbandonarsi a una narrativa totalizzante e chilometrica. Come le grandi letture della sua giovinezza. Sostitutiva della vita? Forse sì, almeno per il non breve tempo della lettura. Paradossalmente, anestetizzante e insieme esaltante. Con una buona dose di regressione: non sono i bambini a divorare un libro, se li appassiona? Come gli antropofagi. E come noi, in questo caso.
Ma non basta: i buoni romanzi-fiume sono, sempre, avvincenti. «Avvincente», cioè qualcosa che ti lega. Sei fatalmente e strettamente legato al tuo libro sino alla conclusione della storia. Alle avventure di Mikael e di Lisbeth (magnifica ultima dei reietti di victorhughiana memoria) nella trilogia di Larsson, come alle peripezie e ai drammi degli antenati di famiglia nell’eccellente romanzo della Fallaci.
Alla fine, purtroppo, sarà il libro a slegarsi da te. Tuo malgrado. L’unica medicina: dimenticarlo; per poterlo rileggere.
E allora, cosa ne pensate?
Perché, oggi, il grande successo dei romanzi-fiume
Siete d’accordo con la tesi di Giovanni Pacchiano?
A proposito… c’è qualche lettore di romanzi-fiume tra voi?
E Stieg Larsson?
Lo conoscete? Lo avete letto? Cosa ne pensate?
ho letto il romanzo di Larsson in treno.E’ davvero avvincente e intrigante come dicono, e mi è piaciuto. Non è precisamente il mio genere, però.
Il mio genere è un romanzo fiume che ho letto,ma di genere diverso:’Lo stato delle cose’, di Richard Ford, teza parte di una trilogoa che , con ‘Il giorno dell’Indipendenza’, vinse il Prewmio Pulitzer.Un caplavoro,uno scrittore grandissimo, in Italia non abbastanzariconosciuto
Alle varie ipotesi sui motivi del successo dei romanzi fiume ne aggiungerei un altro più terra terra, il rapporto durata-prezzo. Quando vengono pubblicati nelle edizioni economiche meglio un libro corposo che due tre riviste 🙂
A me la teoria di Giovanni Pacchiano pare più che convincente
Sandra, però le edizioni non economiche dei romanzi-fiume costano parecchio. Più di venti euro, equivalenti a più di 40.000 delle vecchie lire.
Oh, so’ sordi 🙂
Sono un appassionato di Larsson. Se è un successo editoriale europeo non è un caso. Conservo una recensione di Irene Bignardi pubblicata sull’Almanacco dei libri di Repubblica. E’ di qualche mese fa. La inserisco in un nuovo blog, dopo di questo.
La trilogia noir dell’hacker buona, di Irene Bignardi
(24 nov 2007)
Dopo la lettura di questo nerissimo noir, almeno una convinzione si radica nel lettore: addio privacy. Viviamo in un mondo in cui tutti i nostri dati sono a disposizione di qualsiasi hacker di alta qualità e dei loro committenti, le indagini si fanno davanti alle schermate di un computer, dallo schermo di un computer si fanno e si disfano fortune. Ma non solo: di tutto quello che facciamo, in un mondo documentato da infinite forme di registrazione dei dati, resta una traccia. Basta che ci sia chi vuole vederle, un po’ alla maniera di Blow up.
Fortunatamente, in questo romanzo “Uomini che odiano le donne”, che è stato un caso editoriale in Svezia e che è il primo di una trilogia scritta da un autore purtroppo scomparso prematuramente, lo hacker in realtà è una hacker, molto tatuata, molto magra, molto carina, molto ribelle, e lavora per la causa dei buoni, anzi del buono: un giornalista economico momentaneamente in disgrazia che, per incarico di uno importante industriale, sta cercando la verità sul caso di sua nipote, scomparsa misteriosamente trent’anni prima.
Siamo in Svezia, e la ragazza apparteneva a una di quelle grandi cupe ricche famiglie piene di pieghe e di misteri che il cinema scandinavo ci ha così spesso raccontato. Ma qui, tra i Vanger, la grande dinastia industriale in crisi, i padroni di una intera regione, gli intrecci e i silenzi sono carichi di innominabili orrori nascosti che solo Mikael Blomkvist con l’aiuto della giovane hacker Lisbeth Salander (li ritroveremo nelle altre due puntate della trilogia, certamente in arrivo) riuscirà a scoperchiare. Fino a un certo punto: perché anche il dovere di dire la verità, ci dice Larsson, ha dei limiti in altri diritti, e nei diritti degli altri. E il suo thriller, troppo ricco ma sempre appassionante, tra una discussione sull’etica del costume giornalistico e una corsa tra le banche di Zurigo, disegnare anche un quadro interessante della società e dei costumi svedesi di oggi e di ieri.
Bello. E gli argomenti che tratta sono attuali.
Ciao
Una cosa banale banale: il romanzo fiume, molto più del racconto o del romanzo ‘compatto’ permette un’immersione integrale in un altro mondo, diversa da quella del cinema e del videogame ecc ecc. e come tale crea una nicchia ecologica dove la scrittura regna incontrastata.
In effetti è strano.
Non dicono che non si legge perché manca il tempo?
Io non amo i romanzi fiume. Tanto che da due anni un amico mi suggeriva di leggere Underworld di Don DeLillo, e io mi tiravo sempre indietro (è un mostro di 880 pagine!). Poi, complice una vacanza di puro relax a inizio maggio, ho preso il mostro e l’ho letto, affrontandolo con cattiveria (solo così ce la potevo fare).
Confesso qui (so che DeLillo non passerà perché non ha tempo) che ho saltato forse un ottanta pagine o giù di lì, ma il resto l’ho letto e apprezzato, tanto che ci ho scritto una lettura particolare e mi ha anche suggerito un racconto.
Rimango sempre del parere, comunque, che con tanto materiale si potevano realizzare tre romanzi da trecento pagine, incassare il triplo e fare più felice l’editore.
E anche i lettori che leggono a letto: avete provato a reggere un romanzone di 900 pagine mentre siete sdraiati? minimo viene il polso del lettore e la tendinite. Meditate, scrittori: la sintesi è una grande virtù.
Se amate i romanzi-fiume vi consiglio “Infinite jest” di David Foster Wallace.
Nell’edizione Einaudi è pari a 1.281 pagine fitte fitte
http://www.ibs.it/code/9788806178727/wallace-david-f/infinite-jest.html
C’è qualche coraggioso che l’ha letto?
Concordo con Pacchiano e aggiungo anche un elemento: il romanze fiume ha un inizio e una fine logica, è la narrazione di un’avventura, di una vita. E non mi si dica che è solo d’evasione, perchè ce ne sono di grandissima qualità (tanto per citarne uno di un contemporaneao: La messa dell’uomo disarmato, di Luisito Bianchi). Sono 900 pagine, ma vorresti che non finisse mai.
Io credo che la dimensione temporale della lettura coincida con l’esigenza di prolungare la permanenza in un mondo. In un universo.
E che i romanzi fiume soddisfino questa tensione. Si annodino a una necessità.
La spinta a leggere non è mai solo svago. Curiosità. Intrattenimento.
Affiora nel modo in cui ci rapportiamo alla realtà. E dalla misura in cui la accettiamo.
Non è un’alternativa. Ma il filtro, lo sguardo con cui viviamo. Con cui la trasformiamo nell’atto stesso in cui la vita ci viene incontro. E siamo costretti a viverla.
Ecco perchè i lunghi romanzi coincidono forse con quella categoria di lettori che desidera prolungare questo sguardo. Continuare a farsene accompagnare.
Perchè nelle occupazioni quotidiane la pagina scritta ci abita a dispetto dei gesti materiali. Ci sfiora con un respiro. Ci aspetta. Anzi, ci sa apettare.
E non è un caso che la letteratura -anche nella dimensione dei suoi testi – anticipi i tempi in cui il sogno sfugge all’uomo. In cui il bisogno di trasfigurare e trasformare è suggerito dall’indifferenza. Dall’accettazione di meccanismi consolidati e senza lacrime. Nè sorrisi. Nè pietà.
Quanto più a lungo il libro ci restituisce quelle lacrime, e quei sorrisi, e quella pietà, tanto maggiore è la nostra strenua resistenza all’assalto delle ombre. Della noia.
Della paura.
Non ho letto Larsson ma lo leggerò, mi piace la gente a cui piace. Secondo il mio sommesso avviso un libro bello dispiace mollarlo, anche avendolo finito, soprattutto per averlo finito. Ti affezioni ai personaggi, ti innamori delle situazioni, dell’ambientazione.
Succede anche con i seriali, penso all’87° distretto del mio adorato McBain. Quindi non credo che la prerogativa di attrazione sia la lunghezza del romanzo, quanto come al solito la bellezza dello stesso.
Quanto alla considerazione sul tempo per leggere, credo questo: ognuno di noi può dedicare alla lettura un margine della giornata. Se lo riempio con una cosa brutta, almeno io che ho la croce di non avere il coraggio di non finire il libro che comincio, mi rovino quella parte della giornata; per cui devo stare molto attento a scegliere.
In sintesi, e scusandomi per lo sproloquio: il libro-fiume è bello-fiume se è bello, se no è un guaio-fiume.
Ah: un bell’abbraccio a tutti, e bentornati dalle ferie.
ah, concordo con Maurizio. da ciò il mio timore ad affrontare Underworld. la lunghezza fiume può spaventare.
Concordo con Giovanni Pacchiano e aggiungo che:
1. la lettura è come il cibo; il buongustaio sa scegliere fra le portate i piatti e i bocconcini adatti al momento per gustarseli con grazia.
2. l’offerta di racconti e piccoli testi presente in internet, soddisfa l’esigenza della lettura “sveltina”, definendo dei ruoli nuovi, con i quali ci stiamo confrontando. Da qui la reazione (vedi qualche post di conferma sopra) a dividere il piacere della lettura di intrattenimento: un libro con una storia corposa e intrigante che mi accompagni per un po’ di giorni. Che sia con me nel tempo, umanamente più vicina del piacere fuggevole del raccontino o della storia breve, che scorriamo con il mouse, velocemente e con voracità, rendendoci ogni giorno un po’ più insensibili.
E allora “mondiamo” lo spirito con la sofferenza di un volume pesante fra le mani. Godiamo, espiando il peso di una storia lunga e delle sue parole.
😉
Bella, Miriam, la metafora alimentare: soprattutto a quest’ora.
Il problema è che con la lettura ogni volta il… pasto è a sorpresa. Si può scegliere lo stesso scrittore-chef che finora non ti ha mai deluso, gli stessi ingredienti, perfino lo stesso… piatto: e magari ti rimane alla grande sullo stomaco la stessa pietanza che, nella precedente versione, avevi digerito meravigliosamente. Penso a Faletti uno e a Faletti due, e anche al citato Follett dei Pilastri e di questo triste, patetico seguito (voto per il polpettone, per rimanere in ambito nutrizionale).
Voleco solo dire che, per uno che come me si punisce o si premia con la necessità di finire il libro che si è cominciato, bisogna stare molto attenti: una cosa è “tirare avanti” per duecento pagine, una per milleduecento.
X TUTTI
Walhalla di Clusser, L.a. Confidential di Ellroy, Stephen King (600 pagine ciascuno) . Li ho letti non perchè li amo, anzi, odio sti libroni, ma perchè all’accademia mediaset, studiando sceneggiatura, dovevamo leggerli per forza. Infatti, McKee, professore e maestro di Ron Haward, insegnava come scrivere un romanzo del genere, non basato sul flusso di emozioni (Carver, Kerouac, Bukowski, lo stesso Palahniuk che tanto freddo sembra o Hornby) ma basati su un lavoro di sceneggiatura, su un plot, su tempi particolari, fatti su misura per attrarre il pubblico e assorbirlo. In quel caso leggevamo, contemporaneamente, saggi sulla suspense e sulla metonimia per capire (detto da Francesca Marciano) “come fregare il lettore”. Oggi non ci sono più molti editori che rischiano pubblicando scrittori emotivi con scrittura emotiva che devono prima piacere come personaggi e poi come narratori, rischiando i loro soldi, ma ci si basa su una letteratura impostata, in terza persona e furba (V. Harry Potter). I piccoli editori pagano un fisso, lasciano il libro in giro per qualche mese e poi passano al nuovo. Questa dei romanzi fiume, nonostante si pensi che siano spesso troppo complicati per “il popolo” sono quello che in sceneggiatura si considera ancora “romanzo popolare”, quindi piace al popolo proprio perchè fatto appositamente per il popolo. Il romanzo fiume non ti da da pensare, non ti chiede di farlo e non si perde in pensieri, ma ti narra una storia, in modo scorrevole, alleggerendoti la testa ma portandoti in un nuovo mondo, con mestiere. Ci sono scuole che insegnano a scrivere in quel modo e lo stesso S.King in On writing, spiega come fare. Avendo studiato sceneggiatura, per forza di cose, odio questo tipo di romanzi che considero intrattenimento e non “letteratura” ma riesco a scrivere trattamenti come nulla fosse, una volta imparato il meccanismo, che si basa su un foglio word e una tabella. E’ in questo, che sono diplomato: in scrittura di trattamenti fatti ad arte. Per mestiere aggiusto quelli degli altri. Ma preferisco la letteratura, senza dubbio.
x Alessandro:
ma tu sei stato alla IULM?
Fra oggi e lunedì devo “buttar giù” un progetto, ambizioso, sul tema del cibo…che coniugherò al pensiero di Ortega Y Gassett: la disumanizzazione dell’arte. Sono in fermento, ma devo darmi una calmata per non perdere l’equilibrio e procedere con Calma e Gesso…ed è proprio il caso di dirlo!
baci, Miriam
Non credo che la letteratura vada a chili o a metraggio. Se non ricordo male, tempo fa, in questo blog facemmo una “sfida” tra “Everyman” di Roth e “La strada” di Cormac McCarthy. Al di là dell’esito, emerse che “Everyman” potesse avere qualche chance di vincere il Nobel. Un libro di circa 120 pagine. Un libro che a me non piace, ma che se vincesse il Nobel non lo troverei assurdo.
Peraltro “allungare” un romando da 150 pagine a 600 è anche tecnica. Tecnica legata all’ispirazione, ovviamente. Ed è quello che, per esempio, fa Faletti nei suoi noir.
Non riesco, pur sforzandomi, a trovare l’oggettività della questione.
Sarà sempre e comunque il gusto di chi legge a scegliere il libro, in barba alla lunghezza.
Ci sarà sempre chi preferirà un quadretto di cioccolata a due chili di peperoni, e viceversa.
“Guerra e pace” è di circa 2000 pagine, “I fratelli Karamazov” è la metà. E’ meglio il primo?
infinite jest, uno dei più bei libri di fine millennio. ma non è un romanzo fiume, perché ha veramente poco del “romanzo”. È una narrazione fiume, in caso.
Come Pynchon, narrazione fiume.
Dopo la lettura di Anna Karenina a me viene difficile affrontare un romanzo fiume e non ridere. Quello è un capolavoro, un vertice dei romanzi epopea.
Enrico,
lascia perdere i soliti ragionamenti e sforzati; non si sta parlando di letteratura in senso alto, ma semplicemente stiamo ragionando attorno alla questione: perché in questo momento i libri “tosti” (nel senso di lunghi- e non necessariamente di qualità) piacciono di più.
E’ quasi una “ricerca” di mercato, lascia dormire in pace i russi che, fra l’altro, hanno altro a cui pensare.
Sono perfettamente d’accordo con Enrico. La maggior parte delle persone che dice di amare romanzi fiume è convinta che si tratti di una questione legata al fatto che la storia, essendo più lunga, coinvolgerà di più. Invece ho amato moltissimo sia i classici romanzi fiume, che libretti snelli divorati in poche ore. Ci sono storie che hanno bisogno di ampio respiro, altre che devono per forza consumarsi in poche pagine.
Del resto c’è chi, come la casa editrice Nottetempo, ha fatto di romanzi brevi, pratici (proprio da tenere in mano), leggeri (proprio come peso) la propria “linea editoriale”.
ho letto larsson, ”uomini che odiavano le donne”, e mi è piaciuto molto. nonostante la lunghezza, direi.
perché nella fattispecie un senso ce l’ha.
non è una sbroda come molta altra roba fiume che si vede in giro.
io personalmente amo la sintesi, e molte delle cose che mi hanno segnato sono abbastanza brevi.
però.
moby dick.
la récherche.
guerra e pace.
però, appunto.
sul fatto di marketing non mi pronuncio, perché non ci credo. sospetto che, al di là di saghe come quelle del fantasy che sono tali per necessità di genere e si rivolgono a un pubblico particolare (giovanile e con gran bisogno di identificazione e proiezione), si tratti di un battage fatto ad arte per creare casi.
i libri ”grossi” ci sono sempre stati, e hanno sempre venduto.
che poi vengano letti è un altro discorso.
Buon pomerigio e grazie a tutti per i nuovi commenti.
(parto dal basso)
Gea scrive: i libri ”grossi” ci sono sempre stati, e hanno sempre venduto.
che poi vengano letti è un altro discorso.
In effetti Gea apre una “sotto-questione” in termini molto ragionevoli.
Ste ha scritto: “Non dicono che non si legge perché manca il tempo?”
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In effetti sembra un controsenso, parlando – almeno – dei libri-fiume che diventano bestseller. Non è il caso di “Infinite Jest” o “Underworld” che pur essendo considerati delle pietre miliari dagli appassionati non sono così conosciuti dal grande pubbllico dei lettori.
Peraltro, libri come “Infinite Jest” o “Underworld” sono tutt’altro che scorrevoli…
Però ci sono libri – vedi quello della Fallaci – che entrano in top ten e conquistano la vetta (anche se non sono thriller).
E certamente questi libri – per raggiungere tali risultati editoriali – vengono acquistati dal grande pubblico (non solo dallo zoccolo duro dei c.d. lettori forti)… magari anche da lettori occasionali.
E non credo si tratti solo di questioni pubblicitarie.
Secondo me la tesi di Pacchiano è condivisibile.
Stieg Larsson è davvero un grande scrittore. Grazie a lui, entri in un mondo in cui tutto ti avvolge, spazi, case, cibi, caffè, computer, strade, piazze, metropolitane. Pensieri, vicende, scelte di vita. Sei protagonista anche tu, insieme ai protagonisti del romanzo.
E quando è finito, dopo due giorni di lettura più o meno interrotta, ti chiedi davvero:E adesso cosa leggerò?
Che volete di più da un libro?
emilia b. cirillo
In effetti, Enrico, l’oggetto della discussione non è quello di “sono meglio i romanzi lunghi o quelli brevi” (pensando alla storia della letteratura: Hemingway vinse il Nobel soprattutto grazie a “Il vecchio e il mare”… un racconto lungo).
Guarda… secondo me una sorta di “dicotomia” – anche tra gli addetti ai lavori del settore editoriale – c’è… perché molti editori puntano alla “sintesi”, soprattutto quando ci sono in ballo autori italiani.
Ecco… secondo me la moda (se c’è davvero una moda) dei romanzi-fiume vale di più per la narrativa straniera. Un po’ meno per quella italiana.
Almeno, io ho questa sensazione.
La Fallaci, per me, è pur sempre un’eccezione (parliamo di un libro arrivato dritto dritto alla prima posizione in classifica).
Dimenticavo di ringraziare Stefano Salis per avermi passato il pezzo di Pacchiano.
Grazie, Stefano!
Stieg Larsson non l’ho ancora letto…
Ma vi confesso che mi avete fatto venire voglia di leggerlo.
(Gea ed Emilia le conosco come lettrici molto attente).
🙂
@ Maurizio de Giovanni
Ma mettendo assieme le quattro stragioni di Ricciardi, non otterremmo un romanzo-fiume?
🙂
(parlermo di Ricciardi molto presto… su questi schermi).
A dopo.
E grazie a tutti.
al mercato di casa mia, tra i primi in classifica, ci stanno anche
la solitudine dei numeri primi (304 pagine)
la prova del miele (102 pagine)
Firmino (179 pagine)
che gli regaliamo a x per natale?
un libro.
un libro?
massì, uno di quelli di cui si parla tanto..
ma dobbiamo fare bella figura, mica si può..
beh, gliene prendiamo uno bello grosso..
(sentita, giuro. l’anno scorso)
Appunto, Enrico…
In teoria – considerato il tempo/lettura di un libro, e lo scarso tempo che mediamente (dicono) si dedica alla lettura – dovrebbe essere normalissimo vedere tra i primi in classifica romanzi di 304, 102, 179 pagine. Un po’ meno romanzi che si avvicinano alle mille pagine… nei cui confronti – in questo momento – pare ci sia un interesse maggiore rispetto a qualche anno fa… secondo me (insisto), più nella narrativa straniera che in quella italiana.
Per questo Giovanni Pacchiano si poneva la domanda.
(Però può anche essere, come ha scritto Gea, che vengono acquistati e non letti).
–
A dopo!
Hm alcune osservazioni – ciao a tutti! Ciao MAssimo.
– Di guerra e pace ho letto solo la pace, e ho saltato le battaglie tutte. In Pastorale Americana ci sono 20 pagine de fabbrica de guanti, Dio descrittivo chetete. Le zompai. Detto questo amo il romanzo fiume, in specie se è ben scritto, perchè mi da il tempo di entrare in un mondo e di nuotarci dentro, e nei casi non così rari in cui lunghezza e ambizioni sono in proporzionalità diretta la lunghezza permette a una visione sofisticata e complessa della realtà di dipanarsi completamente – come una tovaglia che si stende.
– Dopo di che, stabilire che in Italia ora si vendano dei romanzi perchè lunghi, solo perchè ultimamente alcuni romanzi lunghi hanno venduto un po’ mi pare quanto meno frettoloso e non mi convince. Hanno venduto tanto questi autori, ma le statistiche vanno fatte con delle comparazioni. Possiamo seriamente parlare di romanzi fiume che ora tout court vendono di più di romanzi brevi? e da quanto tempo? e quali paragoni scegliamo?
Mah.
zaube – rei.
mo vedemo se l’antispam me se magna anche qui.
ciao zauberilla..
è esattamente quello che penso anch’io, solo che tu sei più brava a esprimerti.
🙂
il problema tempo non è indifferente. mi piacerebbe leggere romanzoni. altroché. ma quando? e quanto ci metterei a finirli? un megaromanzo di quelli che avete citato impiegherei mesi a leggerelo, e alla fine la storia mi stancherebbe. voi come fate?
io, comunque, preferisco la stringatezza.
In questi ultimi tempi ho letto diversi romanzi “fiume” (scusate ma questa definizione non mi piace). a partire a “Mondo senza fine” , continuando con “Kafka sulla spiaggia”, per poi continuare con “Duma Key” e terminando con il recentissimo “Grotesque”. Tra questi ho intercalato i due di Stieg Larsson (che perdita per la letteratura!). Sei romanzi completamente diversi tra di loro (a parte i due di Larsson), con tematiche che neanche si possono paragonare, ma con una sola qualità in comune: tutti splendidi e avvincenti!
Non concordo con l’analisi di Pacchiano quando sostiene che “…è deluso….dal crollo dei valori di un mondo perbene ormai scomparso…” Basta leggere l’ottimo “Grotesque” di Natsuo Kirino (910 pagine) dove non appare neanche l’ombra di un valore di un mondo per bene. Al contrario siamo confrontati con il degrado più assoluto. I romanzi lunghi piacciono perchè, se belli, li puoi godere per più tempo…anche se è un grande rischio in quanto se non dovessero essere in sintonia con i propri gusti allora diventano un vero mattone. Questo non esclude che un romanzo con poche pagine non possa essere un capolavoro come “La strada” di Cormac McCarthy.
Se ho ben capito questa discussione è partita dai romanzi di Larsson: sono orgoglioso di appartenere alla primissima schiera degli estimatori dello scomparso giornalista/scrittore svedese. (Il mio “Uomini che odiano le donne” è della I edizione!). Non so se posso postare qui le mie recensioni, l’amministratore mi illumini, altrimenti, se vi interessano, le potete trovare su IBS con lo stesso nick con cui mi firmo qui.
Scusate se mi sono dilungato.
Un saluto a tutti i lettori!
Anche nelle biblioteche, comunque, sono indiscutibilmente in aumento i prestiti per “grossi volumi”. Frequento parecchio il mio sistema bibliotecario e, soprattutto dalle donne (si sa che leggiamo di più), pensionate giovani, viene l’esplicita richiesta per il “romanzone” che duri un po’ e facile da leggere “che si possa prendere e lasciare, perché è da tanto che non leggo”. Riflettendoci , forse si tratta, anche, di una nuova categoria di lettori e lettrici: i “giovani-anziani” che riscoprono o addirittura scoprono il piacere della lettura. Inutile sottolineare che la maggior parte si orienta verso i romanzi storici. Non so da voi, ma qui, le nostre biblioteche sono frequentatissime, al punto che associazioni di volontari affiancano gli operatori, soprattutto nelle aperture serale e festive.
Un caro saluto a tutti.
@ massimo:
concordo con te sulla maggiore attenzione alla letteratura straniera, a prescindere dalla corposità del libro. non so quanto in questo pesi l’esterofilia di noi italiani. come se a volte leggere un libro scritto “dal vicino di casa” non fosse chic
XMiriam.
Sono stato alla BC Network, un network mediaset con Mario Monicelli, Francesca Marciano, Gino Capone e Daniele Costantini, ma alla IULM mai… studiavo poco lì, alla IULM avrei fatto meno. Non mi applico. Tu fai delle cose interessantissime, se fossi la mia vicina di casa sarei sempre da te.
X la ciurma
I miei perchè. E’ il perchè della domanda di Maugeri che aveva chiesto “come mai vendono di più i romanzi fiume”. La letteratura “lunga” è fatta per catturare il lettore, con tecnica, ci si studia, molto spesso è anche affidata a più mani (uno per la ricerca storica, l’altro per la narrazione etc) ma è più una tecnica cinematografica. Ne deriva che, se una cosa è fatta bene, per afferrare l’attenzione del popolo e con mestiere, finisce per afferrare il popolo. Naturale. Quindi è per questo che la gente compra quei libri. Ma li ha sempre comprati, non è una cosa nuova. E’ l’editoria che crea il mercato, spostandosi sui generi e variando opzioni. L’opzione di adesso è “lunghi, asciutti, terza persona. Privo di flash back e ward”. Non ve lo dico per fare il saputello, ma me ne hanno richiesto uno così proprio qualche settimana fa.
Sono due letterature diverse, quella dell’anima e quella che si apre alla storia, che narra i fatti. Se leggi Carver ti apri ad una visione del mondo, se leggi Grisham leggi una storia e… basta. Come vedere un film. Due cose diverse.
Scusatemi se stavolta, a proposito di ”romanzi-fiume”, evitero’ di leggere prima sia le opinioni dei recensori – entrambi dall’ottima reputazione a mio avviso – sia quelle degli altri intervenuti, scusatemi dunque di cio’, ma avrei delle opinioni personali gia’ ben radicate e mi piacerebbe esprimerle sinteticamente in questo luogo.
Ecco, secondo me il romanzo fiume oggi va per la maggiore a causa dei seguenti motivi-traino (ai quali se ne aggiungeranno dei collaterali di second’ordine):
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1) La vita moderna, fatta di instabilita’ ed eventi scollegati, e’ contraria all’istinto umano; pertanto l’uomo di oggi cerca vieppiu’ una naturale ”consecutio temporum” nelle storie ”artificiali”, ossia romanzesche, filmiche (vedansi gli sceneggiati a puntate) o giornalistiche (i ”casi nazionali” della cronaca nera che attraggono spettatori per decenni).
2) L’affabulazione e’ un fenomeno subdolo: anche su cose sciocche funziona a perfezione, soprattutto perche’ conduce il lettore fin ”dentro” all’anima dei personaggi. Anche in questo si ricrea una qualita’ della vita schiacciata dalla modernita’: l’incontro emotivo-psicologico fra i concittadini. Prima c’era la piazza o il corso, oggi chi giustamente disprezza il centro commerciale si rifugia nel romanzo-fiume.
3) La tecnica narrativa consistente nel ”diluire” le fasi della fabula concede al lettore la possibilita’ di ragionare con calma e con la dovuta lentezza sui significati del romanzo stesso, ovvero lo ”indottrina” goccia a goccia, senza la concentrata ”brutalita”’ della storia breve ma piuttosto gradualmente. Gutta cavat lapidem non vi sed sepe cadendo.
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…E questo detto da un novellista convinto…
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Saluti Cari a tutti!
Sergio
P.S.
Caro Maugger: gli ultimi due post, questo incluso, sono veramente belli, complimenti!
Miriam,
sono felice che in Italia la gente affolli le biblioteche. Qui in Slovenia e’ tradizione passare prima in biblioteca e poi in libreria e per certi libri ci sono addirittura – e letteralmente! – delle file di persone che lo chiedono in prestito!
Pensa che invece nel mio paese adottivo, Spello in provincia di Perugia, la biblioteca e’ tutt’ora un fantasma… e Spello fa ottomila abitanti!
Ciao, cara Zauberei!
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Dici che anche tu ami il romanzo corposo ”Perchè mi da il tempo di entrare in un mondo e di nuotarci dentro, e nei casi non così rari in cui lunghezza e ambizioni sono in proporzionalità diretta la lunghezza permette a una visione sofisticata e complessa della realtà di dipanarsi completamente – come una tovaglia che si stende.”
Ecco. Cadi a fagiolo per una mia piccola osservazione sulla narrativa lunga d’invenzione italiana di oggidi’: non ti sembra che la maggior parte dei romanzi italiani cospicui possa spesso rinunciare ad un quarto delle sue pagine, lasciate nel libro solo da editor superficiali o frettolosi?
Ciao, cara
Sergio
Sergio, Alessandro, Miriam, Zauberei, Simona… in fondo dicono la stessa cosa: un libro lungo permette di entrare maggiormente e forse più approfonditamente nel mondo in cui ci trasporta, ci abitua con tempi più lunghi e ci rimane più difficile staccarcene. A volte c’è un pò di diffidenza (sì, ma quando lo fininisco?) vinta la quale la soddisfazione ci appare però poi più grande. Paradossalmente il libro di maggiori dimensioni viene letto con maggiore velocità (qualcuno ha confessato di saltare a volte qualche pagina) e, come dice Pennac, è ben libero di farlo.
Io ho letto “I Pilastri della terra” di Follet (e in genere detesto Follet) in una settimana o giù di lì, facendo le tre o le quattro del mattino, “Il quinto giorno” di Shatzing (900 pagine) in una decina di giorni. Lo stesso mi è accaduto per “La Mirabolante avventura di John Lempriere, erudito nel secolo dei lumi” di Norfolk (il successivo “Un Rinoceronte per il Papa”, ancora più lungo, è invece stato abbandonato a pag.20), “La quarta verità” di Iain Pears, “L’Alienista” di Ian Carr”, con gli stessi ritmi ed anche il più recente “L’ombra del vento” di Zafòn (sono quasi tutti imparentati al thriller, o alla spy-story, al “giallo”, anche se di ambientazione storica).
Ma non ho avuto difficoltà con romanzi contemporanei più impegnativi dal punto di vista letterario ed apparentemente meno avvincenti quali “Underworld” di DeLillo, “I Detective Selvaggi” o “2666” di Bolano, la “Famiglia Winshaw” di Coe, così come a suo tempo con “Cent’anni di solitudine ” di Marquez o con “Dahlgren” di Delany (tutti fra le 500 e le 1000 pagine, all’incirca). Forse con questi non ho tiato fino alle quattro, forse verso le due la palpebra cominciava a calare, ma restano tra le mie letture più soddisfacenti in assoluto ed il gioco (di leggere) è sicuramente valso la candela (del comodino).
Libri ben più brevi sono stati letti da me più o meno negli stessi tempi.
Che dire allora? Che in libreria non si va come dal salumiere: che comparare numero delle pagine e prezzi dei libri è un’autentica fesseria, che lo spavento per la mole di un tomo è spesso ampiamente ripagato con gli interessi, ma attenzione: che esistono opere di dimensioni ben più ridotte che possono raggiungere le medesime vette: “Boule de Suif” di Maupassant vale ai miei occhi nè più ne meno dell’intera Recherche o di Guerra e Pace.
X Sergio,
non solo anche qui si fa la fila, ma molti prenotano via internet e se il libro non c’è nella tua biblioteca, puoi contare su quelle del sistema provinciale che comprende 80 comuni ed entro 3 giorni ti telefonano che il libro è arrivato. Non è poco!
x Alessandro,
se tu fossi il mio vicino di casa ti coinvolgerei all’istante nella gestione di una iniziativa, come quella che sto presentando in questi giorni. Comunque filmeremo tutto e poi… chissà, potrei anche inviarti la documentazione. In cambio ti cucinerei dei piatti particolari… peccato che non sia possibile.
😉
@Maurizio de Giovanni
E’ un vero piacere reincontrarti qui. (Offo topic): Ho letto il tuo secondo romanzo col Commissario Ricciardi e mi è piaciuto di più del primo. (On Topic): Sarà perchè è anche più lungo?
@ Carlo:
condivido e aggiungo che i “giorni” dei lettori (domanda), non sono tutti uguali e nemmeno quelli degli scrittori (offerta). Ieri ho letto il racconto di Failla, postato sulla camera accanto 5 e l’impressione è stata forte, anche se era solo un racconto. Lirico, colorato e pieno di umori. Ma mi sembra che anche a te abbia fatto la stessa impressione.
@miriam
Confermo. Ancora complimenti a Failla, ed auguri a te e alla tua gamba.
mi piacerebbe saperne di piu’ sui libri di larsson. cosa c’è di nuovo?
non sono un gran lettore. sono libri che non stancano?
@ carlo:
o sarà anche questione di periodi? tempi in cui ti va di leggere qualcosa di rapido, per voglia di una storia “svelta” e che rapidamente evolva e si concluda.
oppure periodi in cui ti va di essere accompagnato da lunghe descrizioni di immagini, personaggi e situazioni.
ti è mai capitato di iniziare un libro (corposo) e dire “no, in questo periodo non ce la faccio”, e magari tempo dopo lo hai ripreso divorato in pochi giorni?
@enrico
Tutto può capitare: anche che un libro ti attragga indipendentemente dalle sue dimensioni.
è questo il punto..
mai preso in considerazione in modo particolare la dimensione del libro in oggetto.
la considerazione sul mio amare la stringatezza era mera notazione di costume, generica e opinabile.
per quel che riguarda i non lettori, credo che tra non leggere un librino o non leggere un librone la differenza sia minima.
poi c’è il bacino di utenza dei lettori di genere, e gli amanti dello storico fanno a gara con quelli del fantasy sul peso dei tomi. quelli (quelle) del rosa (anche storico, a volte) generalmente non reggono la lunga distanza.
ma insomma, secondo me stiamo delirando, ribadisco.
un libro che prende può prendere anche a lungo.
la moda è spesso creata ad arte, oppure trainata da un nome di grido.
sfoggiare in spiaggia un grosso volume fa chic, e poi vuoi mettere.. ti dura tutte le vacanze, a due pagine all’ora.
🙁
Carlo,
io sono molto piu’ lento di te: per le milleduecento pagine del Meridiano ”Don Chisciotte” ci ho impiegato un paio di mesi! Eeeh… la gioventu’!
A me fa piacere comunque e indipendentemente dal libro considerare la scelta che lo ha preferito ai rotocalchi o roba del genere; anche se personalmente quei libri non sono i “miei”. E poi, per esempio, io alterno letture diversissime e in ospedale, riesco a leggere solo la segnaletica dei reparti mentre altri ammalati preferiscono i gialli.
Però, nessuno ha preso in considerazione l’importanza delle letture in internet, ma forse, gli editori sì.
🙂
perdersi in un lungo e bellissimo romanzo è uno dei piaceri della vita. chi non l’ha mai provato, non sa cosa si perde
@ Luisa,
e poi da cosa nasce cosa, il piacere aumenta e la ricerca della lettura giusta, adatta a noi in quel momento, diventa impegno, un altro piacere irrinunciabile, che pone il lettore al centro del “mondo” come soggetto capace di interagire fra la storia narrata e le nostre emozioni. La ricerca, a volte è difficile e il passa parola, più delle recensioni, condiziona le nostre scelte. Anche in questo senso internet e il popolo dei blog stanno scrivendo nuovi codici.
Carlo ASsai. Per la verità io un atteggiamento un po’ salumieristico ce l’avrei pure. :))
O forse diciamo, un po’ come quanno esci con uno che conosci poco: na cena si, ma un uichende Dio Bono, e se un’ si lava?
I romanzi lughi mi piacciono ma, abbisognano di alcune credenziali di partenza. Anche se certo, quando partii assieme a Perec, la vita istruzioni per l’uso eh – non sarei mai tornata.
–
Ciao Sergio:)))
Solo italiani dici?
no perchè la trentinella di pagine inutili è un problema che affligge sovente il lettore. I piccolini sono falcidiati dagli editor, ma i grandoni con la scusa che so grandoni e chi li tocca. Ciò non vuol dire che qualche volta meriterebbero eh.
MIRIAM, TI ADORO.
IO NON LEGGO I LIBRI LUNGHI PERCHE’ SE DEVO VANTARMI DI ESSERE ERUDITO, E’ MEGLIO CHE DICA DI AVER LETTO 40 LIBRI DI 100 PAGINE CHE 4 DI 1000. IO NON LEGGO LIBRI LUNGHI PERCHE’ ARRIVO ALLA FINE CHE HO GIA’ SCORDATO L’INIZIO E QUANDO “GEORGE MUORE UCCISO DA BILL” MI CHIEDO: MA CHI CA**O SONO? IO NON LEGGO LIBRI LUNGHI PERCHE’ LEGGO PER IMPARARE LA VITA, NON PER FUGGIRE DA ESSA, E DEVO AVERE PURE IL TEMPO DI VIVERLA STA VITA. IO NON LEGGO LIBRI LUNGHI PERCHE’ PARTONO DA UN TRATTAMENTO BREVE SCRITTO COL CUORE E POI VENGONO ALLUNGATI CON UNA FURBA TECNICA CONSUMISTICA CHE PARTE DALLA MENTE. E IO UNA MENTE CE L’HO, E’ IL CUORE CHE MI MANCA. IO NON LEGGO LIBRI LUNGHI PERCHE’ QUANDO FACCIO QUALCOSA, HO SEMPRE PAURA DI STARMENE PERDENDO QUALCHE ALTRA. NON LEGGO LIBRI LUNGHI PERCHE’ DI SOLITO, DI QUELLI POI NE FANNO IL FILM… E NON E’ UN CASO. NON LEGGO LIBRI LUNGHI PERCHE’ Sì CHE MI VA DI ASCOLTARE LA GENTE… MA POI MI VA ANCHE DI DIRE QUALCOSA IO, ECCHECCA**O!
Alessandro,
non capisco l’adorazione, comunque: grazie e buongiorno!
faccio la faccina 🙂
Il cuore ha la sua parte e quando non c’è le parole sono solo un rumore, per chi scrive e per chi legge.
Buona giornata e buon sabato a tutti.
(Ciao Zauberei… grazie Sergio).
@ Standbyme
Ma certo che puoi riportare qui le tue recensioni!
Fallo pure.
Io sono tra quelli che ne vorrebbero sapere di più di Larsson.
Vi ringrazio per i commenti.
Siete commoventi (come sempre) 🙂
Non ho letto niente di Stieg, né penso che lo farò nell’immediato. Da quel che so è stato un giallista. Per leggere un altro giallista, tanto vale che legga Faletti, che perlomeno mi diverte e che ha venduto di più e che sicuramente venderà ancora di più.
Ho letto Ellroy, Connelly, George Pelecanos (che consiglio vivamente, essendo a mio avviso dentro “le cose” di tutti i giorni, dentro la vitaccia)… Ho citato tre nomi, giusto per. Non vedo perché dovrei leggere un altro giallista che gli editori mi promettono essere uno che ti rivela ciò che non si potrebbe dire. Probabile che sia anche divertente, ma non vedo perché dovrei impegnarmi a leggere Stieg. Siamo invasi dai giallisti, sommersi, nel bisogno di conoscere la Verità, sperando ingenuamente che un romanzetto possa dirci la Verità. Ma quale Verità? Tutti la cercano la Verità, tutti pensano di poterla fornire la Verità. Briciole: in ogni giallo, anche il più scadente, c’è una briciola di verità – con la “v” minuscola -, ma questo ai miei occhi non fa di un giallo un capolavoro né altro.
E’ comunque specchio dei tempi: in una società globalizzata anche nel pensiero, sempre più abituata a nascondere il marcio sotto lo zerbino, le masse cercano conforto nei gialli. Un secolo fa o giù di lì si cercava conforto/verità nel romanzo vittoriano.
Sono d’accordo con Carlo! A volte leggiamo un libro lungo in minor tempo…e con ciò che dice Miriam sul fatto che l’impegno che “prendiamo” con la lettura crea un legame. Che a mio avviso è soprattutto affettivo.
E, in fin dei conti, è questo che conta in qualsiasi tipo di lettura. L’incontro. Lo scambio. Quel trasformarsi delle parole in vita e della vita in parole. E lo scavo che il suono della narrazione lascia in noi. Anche a distanza di tempo.
Poi, è come con i buoni amici. A volte vorresti che il tempo trascorso in loro compagnia non finisse mai.
Ma è anche vero che un buon lettore è un misto tra uomo di cuore e volontà. E sa che a volte la lettura merita una fatica.
Io ho faticato in libri brevi (come quelli di Consolo) in cui la lettura meritava attenzione, gusto della parola, sensi tesi. Così come ho “voluto” leggere libri lunghi che , pure, alla fine mi lasciato un’eredità (I miserabili e la Ricerca del tempo perduto).
Accostarsi a un libro è tutto: modo di vivere la vita, sguardo sul mondo, rituale, fatica.
Esige sforzo oltre che abbandono.
Direi che è un atto perfetto. Perchè è un atto d’amore.
io sono una accanita lettrice sia di corti che di fiumi a seconda del desiderio del momento
ho letto tutti e due i lbri di Larsson ed è stata una lettura piacevole, non penso siano capolavori, ma sicuramente sanno ricreare atmosfere che si gustano
trovo migliore il primo (Uomini che odiavano le donne), il secondo a volte si ripete ed è forse anche “eccessivo” e ridondante, le situazioni spesso sembrano campate per aria, ma nonostante l’ho letto volentieri
concordo molto con quanto
dice Gea “i libri ”grossi” ci sono sempre stati, e hanno sempre venduto.
che poi vengano letti è un altro discorso.”
ho visto molte librerie che si riempiono a natale o feste comandate di libri corposi, magari anche con belle e colorate copertine, che fine facciano poi…
chicca
Brava Simona: sì, leggere è anche atto d’amore. Ma è necessario che oltre alla disposizione ad amare da parte del lettore il libro corrsponda al nostro amore: si lasci amare da noi, ne contenga le premesse perchè ci doni qualcosa nel reciproco scambio. Alcuni li apri con tutte le buone intenzioni e disponibilità ma ti ricambiano con indifferenza, sprezzo, avarizia, stitichezza quasi. Amori bruciati sul nascere.
Per altri siamo noi forse ad approcciarli senza la dovuta predisposizione, con diffidenza a volte, eppure loro potrebbero donarci molto di sè.
E amore comunque è sempre anche fatica, hai perfettamente ragione, ma nella gioia il bello è che non la si avverte.
@ Enzo che vuole saperne di più su Stieg
Il caso Stieg Larsson
Stieg Larsson (1954-2004) era un giornalista esperto a livello mondiale di movimenti di estrema destra, collaboratore di diverse testate e dell’agenzia di stampa TT, corrispondente dall’Inghilterra, consulente del ministero di Giustizia, inviato per l’OSCE, ha lavorato anche come consulente di Scotland Yard. Nel 1995, dopo l’omicidio di cinque ragazzi a Stoccolma per mano di estremisti di destra, fondò la rivista EXPO, con intenti antirazzisti.
Stieg Larsson riteneva di avere una missione: sempre impegnato in prima linea contro razzismo, antisemitismo, fascismo, movimenti nazionalisti, discriminazioni, abusi sulle donne, si identificava totalmente con il proprio lavoro.
Bersaglio di gruppi neonazisti, visse per anni protetto dalla polizia, costretto a tenere segreta la propria abitazione e a modificare quotidianamente i suoi tragitti.
Un autore che la critica svedese ha acclamato come una rivelazione, una voce veramente nuova, fuori dal coro, capace di rilanciare il genere rivelandone le nuove potenzialità, per doverlo subito piangere, perché morto improvvisamente per un attacco cardiaco, nel novembre 2004, poco prima dell’uscita in libreria del primo episodio della trilogia che aveva appena concluso.
Stieg Larsson, morendo, ha portato con sé molti segreti.
Amava il poliziesco anglosassone. A un giornale confidò: «Più che fare propaganda o tentare di fare letteratura classica, un poliziesco deve in primo luogo intrattenere il lettore. La narrativa di genere è tra le forme più popolari d’intrattenimento. E solo catturando completamente l’attenzione e la fiducia del lettore posso usarla per trasmettere un messaggio, ed è quello che voglio fare, naturalmente.»
StiegLarssoncover.jpgLa televisione svedese SVT e la compagnia di produzione Yellow Bird (di cui è socio anche Henning Mankell) stanno lavorando a una serie televisiva tratta dai tre romanzi della Millennium Trilogy, oltre che a un film per il grande schermo ispirato al primo episodio della serie, Uomini che odiano le donne (in uscita italiana per i tipi Marsilio). La Millennium Trilogy di Stieg Larsson è una trilogia poliziesca dalla singolare storia editoriale: ha venduto 150.000 copie in meno di un mese dall’uscita e solo in patria ha ormai raggiunto 1.800.000 copie, facendo di Larsson l’autore di thriller attualmente più venduto in Svezia.
Clamoroso caso editoriale internazionale, tradotto in 20 paesi, Larsson ha già venduto tre milioni e mezzo di copie dei suoi romanzi in Europa: in Francia Uomini che odiano le donne, uscito in sordina, grazie a un inarrestabile passaparola ha raggiunto le 60.000 copie vendute; in Germania è stato il tascabile più venduto dell’anno; in Danimarca il terzo volume della trilogia, con 110.000 copie, è il libro con la più alta prima tiratura del paese dopo la Bibbia.
L’autointervista che segue è stata redatta poco prima della morte dell’autore.
La fondazione Expo
Expo è una fondazione per la ricerca con uno scopo molto semplice: difendere la democrazia e la libertà di parola contro i movimenti razzisti, antisemiti, di estrema destra e totalitari.
Expo è libera da legami con partiti politici. Nel lavoro della fondazione sono impegnate persone di estrazione molto diversa, dai giovani moderati agli ex comunisti.
Chi lavora a Expo deve lasciare il proprio bagaglio politico fuori dalla porta.
Il lavoro alla rivista Expo e le minacce
Abbiamo iniziato nel 1995 quando sette persone furono assassinate da un gruppo di neonazisti. All’inizio, in redazione c’erano alcuni ragazzi che per due anni hanno lavorato fino allo sfinimento. Io stavo su anche la notte cercando di mandare avanti le cose.
Non abbiamo avuto alcun sostegno e nel 1998 la rivista fu sospesa. Allora tre-cinque di noi erano ancora nel direttivo e abbiamo ricevuto l’incarico di ristrutturare l’attività e saldare i debiti. Ci siamo riorganizzati con un nuovo direttivo nel 2001.
Mi è capitato di ricevere minacce. Ma capita a tutti quelli che scrivono di questi movimenti.
Le minacce arrivano subito. Anche per i testi più “innocenti”. Se le minacce aumentano, telefoniamo alla polizia. Per esempio, qualcuno ha sparato alla finestra dell’ufficio di Kurdo Baksi, la tipografia è stata danneggiata da un gruppo di vandali e qualcuno ha assalito uno dei distributori di Expo. Ma siamo stati costretti a telefonare alla polizia soltanto in tre occasioni.
La Millennium Trilogy
Ho iniziato a scrivere nel 2001. All’inizio lo facevo per divertimento.
Era una vecchia idea degli anni Novanta. Io e Kenneth A dell’agenzia di stampa TT non avevamo molto da fare e così abbiamo iniziato a scrivere un testo sui vecchi Gemelli Detective, una serie per bambini degli anni Cinquanta. Era divertente e ci siamo detti che avremmo dovuto scrivere che ora avevano quarantacinque anni e che stavano affrontando il loro ultimo mistero. Così ebbe inizio la mia idea, ma subì dei cambiamenti. Cominciai a pensare a Pippi Calzelunghe. Come sarebbe stata oggi? Come sarebbe stata da adulta? Come l’avrebbero definita? Sociopatica? Donna-bambina? Pippi ha un’altra visione della società. La trasformai in Lisbeth Salander, venticinque anni, una ragazza completamente al di fuori della società. Non conosce nessuno, non ha alcuna capacità di socializzare.
Poi pensai che ci volesse un contrappeso per Lisbeth. E fu Mikael “Kalle” Blomkvist, un giornalista di quarantatré anni. Un “fratello in gamba” che lavora alla propria rivista, Millennium. L’azione si svolge intorno alla redazione della rivista. Ma anche intorno a Lisbeth, che non vive una vita molto attiva.
Le persone coinvolte sono molte, di tutti i tipi. Lavoro con tre gruppi distinti. Uno intorno a Millennium, che ha sei dipendenti. I personaggi secondari non entrano in scena soltanto per dire qualcosa. Agiscono e influenzano l’azione. Non è un universo chiuso.
Poi c’è il gruppo intorno alla Milton Security, una società di sicurezza diretta da un croato.
E poi c’è il corpo di polizia, attori che agiscono da soli.
Solo nel terzo romanzo tutti i pezzi del puzzle trovano il loro posto e si capisce quello che è successo. Ma si tratta anche di qualcos’altro. Nei romanzi gialli in genere non si vedono mai le conseguenze di quello che è successo in una storia precedente. Nei miei romanzi sì.
Scrivere romanzi gialli
È tutta la vita che leggo romanzi gialli. Alla TT scrivevo due colonne all’anno, una d’estate e una a Natale. Scrivevo sui cinque migliori romanzi del momento. Fra i quali Sara Paretsky, Val McDermid, Elisabeth George, Minette Walters. Strano, ma i romanzi che ho lanciato erano quasi tutti scritti da donne.
So quello che mi irritava dei romanzi gialli. Spesso i protagonisti non descrivono la società che li circonda.
Scrivo molto rapidamente. È facile scrivere romanzi gialli. È più difficile scrivere un articolo di 5000 caratteri che deve essere corretto al cento per cento. Non dobbiamo mai sbagliare a Expo, perché in quel caso possiamo essere attaccati dalla stampa avversa.
Scrivere un romanzo giallo significa scrivere qualcosa di divertente. Non è come scrivere propaganda o letteratura classica. I romanzi gialli sono fra i più popolari mezzi di intrattenimento che esistono. E se poi si cerca di inviare un messaggio… io lo faccio.
Pubblicato Ottobre 23, 2007 03:22 AM | TrackBack
com’era logico la discussione si è evoluta basandosi sui gusti personali. ma il post di massimo era partito dall’analisi di mercato in base alla quale ci sarebbe un’attenzione particolare verso i romanzi corposi. mi chiedo se sia effettivamente così. vedo in classifica, per quel che le classifiche contano, romanzi di 150 pagine e di 600. Cosa che, a occhio, è sempre accaduta.
Non era l’altro secolo, per esempio, quando Faletti era primo in “hit parade” con i suoi libri di pagine 800. O no?
“Va dove ti porta il cuore”, invece, era breve, così come “Tre metri sopra il cielo”.
Sono corposi gli “Harry Potter”, peraltro. Insomma, cosa c’è di così rivoluzionario attualmente?
@ Giuseppe
Rispetto le tue scelte ma non capisco perché si debba leggere un autore perchè ha venduto e venderà di più. Non sempre l’assioma “più alta è la tiratura più il romanzo è bello” è vero. Nulla contro Faletti di cui ho letto tre romanzi ma c’è un abisso tra lui e Stieg. Sono pochi gli autori che si possono paragonare, in quanto a bravura, a Larsson.
Con una calorosa stretta di mano.
@ Enrico
Giusto! Bisognerebbe però stabilire un metro comune per definire quando un romanzo è “corto” “normale” “lungo” “lunghissimo” fate voi:
PAGINE
– 200
– 400
– 600
– 800
– oltre 800
@…
Perchè con l’aridità culturale a cui l’induzione forzata del “pensiero unico” ci sta portando e con questo caldo…tuffarsi in un libro-fiume non solo ritempra; ma rinfresca anche la pelle!…( ho detto “p-E-lle).
–
@ Alessandro Cascio…
Intanto i tuoi post sono Fiume!…Bravo,mi compiaccio. Non solo perchè ti contraddiresti;ma soprattutto, perchè qualche tempo fa ero io il “logorroico” del blog.
Non si è mai soli…
io sono sempre un po’ restia a leggere gli ultimi casi editoriali, soprattutto se molto corposi: insomma, sui miei scaffali mi attendono ancora intonsi “Anna Karenina” e “La morte di Virgilio”…
cito da “Norwegian Wood” di Murakami (che sto leggendo ora): “non voglio dire che non mi fido della lettaratura contemporanea in assoluto. è solo che non vorei sciupare tempo prezioso leggendo opere che non hanno ricevuto il battesimo del tempo”.
poi, qualche cedimento me lo concedo anch’io: l’ultimo è stato “Una storia d’amore e di tenebra” di Oz: 600 pagine scritte fitte fitte che ho amato visceralmente una ad una.
io credo che il romanzo-fiume abbia il pregio di permettere al lettore di immergersi in un mondo “altro”, di dilatare indefinitamente il tempo. ricordo precisamente la sensazione che ho provato quando ho letto “Il tamburo di latta” o “Il rosso e il nero”, la sensazione che esistesse solo il tempo per quello. ma questo succede con tutti i grandi librei, credo.
infine, faccio mio il dubbio di Gea e di altri: il romanzo-fiume si vende, ma quanto si legge?
@ Morena Fanti…
mi fa piacere rivederla su questo blog( qualcuno mi aveva attribuito la colpa della sua assenza). Se ritorna in quel post( ( “l’arte che si scrive”),troverà in fondo un lungo mio post in cui faccio le mie scuse a lei e a Carlo(lui l’ha letto a suo tempo) e spiego anche il perchè di quella mia impulsività. Se si scoccia di andarlo a leggere, le rinnovo quà le scuse. E comunque,già d’allora, personalmente considero il ‘caso’ ormai sepolto.
La saluto, Gianni Parlato
X GIANNI PARLATO e anche un po’ per gli altri.
Una domanda, è seria. Saper scrivere a “fiume” è un complimento? Nel senso… pensate che lo scrittore che sappia scrivere romanzi di 1000 pagine sia migliore di quello che scrive romanzi di 200? Perchè forse è anche lì il punto, forse si crede che… leggere un romanzo fiume sia più “colto” che leggere un romanzo “rigagnolo”. Come dire:
“Ho letto Guerra e Pace”
Pubblico: “Ooooooooooooh!”
“Ho letto Il piccolo Principe”
Pubblico: “Ah”
Un’altra cosa: nessuno appoggia la mia teoria che il popolo legge il romanzo fiume perchè meno intellettuale e scritto come sceneggiato, terza persona, impersonale, senza troppi pensieri e che va al sodo?
Di meno impegno quindi, tranne che per il tempo.
Prego qualcuno di appoggiare la teoria perchè ho bisogno di certezze.
X MIRIAM
Il motivo per cui ti adoro è da ricercare in ciò che fai e dici e in ciò che mi prepareresti da mangiare. Ma anche in ciò che mi daresti da bere.
@ Parlato:
grazie per la puntualizzazione su quel fatto, che a me, personalmente costò moltissimo; ma dovendo scegliere fra la possibilità di affrontare temi d’arte e l’avvio di una infinita polemica, ho preferito assumermi colpe e responsabilità…mai mai mai avrei permesso lo snaturamento di quel post. Ho sofferto, assumendomi anche le tue colpe, confidando però nella sensibilità dei lettori.
@ Iannozzi Giuseppe:
“E’ comunque specchio dei tempi: in una società globalizzata anche nel pensiero, sempre più abituata a nascondere il marcio sotto lo zerbino, le masse cercano conforto nei gialli. Un secolo fa o giù di lì si cercava conforto/verità nel romanzo vittoriano”
Riporto virgolettato il tuo pensiero per aggiungere 2 considerazioni.
La prima: dai gusti di lettura (e intendo quella delle grandi vendite), sembra infatti che la maggior parte dei lettori italiani ignori completamente la letteratura della seconda metà del novecento. Proprio per questo, forse riscopre il piacere del libro proprio da quei lavori che più assomigliano ai libri di tante adolescenze fa: dal vittoriano al noir? Dal Kitsch al Crash (quasi un bel titolo)
La seconda: a proposito di ricerca della verità, penso che una novità dei tempi sia anche quella di autoprodurla e poi cercarla, nel proprio blog caverna aperto ai consenzienti. E’ una forma di new-antropomorfismo in fase d’espansione…per ora.
Ciao, è da un po’ che non passo dalle tue parti, a presto. Miriam
un saluto a tutti
un abbraccio speciale per Massimo che ho trascurato negli ultimi tempi
.
Venendo al post, pur non riuscendo ad applicare ai libri una metrica oggettiva quale la lunghezza ma solo misure relative e fotemente soggettive, la percezione è effettivamente che le persone girino negli ultimi tempi con libri con numero di pagine elevate. Tuttavia è solo una percezione e prima di trarre da essa una valutazione di mercato, mi piacerebbe conoscere su cosa si basa Pacchiano, gli indicatori ufficiali, il modello utilizzato, le fonti.
In particolare mi colpisce la descrizione del lettore naturale di romanzi lunghi: 40 anni…colto…deluso…accerchiato.
Devo disfarmi immediatamente dei libri superiori alle 200 pagine.
Non sono esperta di studi nel settore (come Alessandro), né ho letto ancora Larsson (che sicuramente troverò nel sistema bibiotecario che è sempre ben fornito delle ultime novità), però “a pelle” mi sento di condividere la tesi di Alessandro Cascio. Per quel pò (da super esordiente quale sono) che tento di scrivere, mi sono resa conto che in un libro c’è un’ispirazione di fondo, che poi si può più o meno allargare.
Ogni soggetto letterario si può espandere, e credo sia vero che ci sono le tecniche per farlo (anche se non le conosco).
La prova del nove è la riduzione cinematografica: in molti casi i film sono piuttosto buoni, segno che il libro è stato scritto in partenza con un occhio rivolto al possibile esito cinematografico del film. Invece provate a fare un film su Guerra e Pace (il kolossal dello scorso autunno mi ha lasciato delusa) o su i Miserabili: capolavori simili sono difficili da sceneggiare!
Che poi il classico romanzo-fiume (io ho letto quelli dell’ottocento) si legga per immergersi in un mondo a sè, per tagliare fuori la realtà quotidiana (a volte amara) e per volare sulle ali della fantasia per un paio d’ore, bè credo proprio che sia vero.
Infine una frecciatina al mercato editoriale: il “caso” è una parola che quasi non esiste. Un libro è spinto, pubblicizzato, montato, magari sottovalutato ma poi in corner salvato… insomma, anche nel caso del romanzo-fiume c’è il target di lettori.
Ovviamente, se non siete d’accordo ditemelo!
@ Alessandro Cascio…
Io sono pieno di contraddizioni( penso come te).
Personalmente, anche a me puzzano i “mattoni”. Però farei una distinzione tra romanzo-fiume e romanzo-pallesco( proprio nel senso…du’palle!), come lo stesso per “logorroico”.
Ci sono piatti che sono buonissimi perchè ricchi d’ingredienti, e ci sono altri buonissimi anche se ne hanno pochissimi. Poi ci sono le “pastrocchie”, che qualcuno combina per dimostrare di saper cucinare,e invece i sapori sono orribili perchè non hanno armonia tra loro. Poi ci sono le minestre riscaldate: che si rimangiano quando ti sfasteri ( scocciare) di cuucinare, o quelle ‘liquide”, quando si ha mal di pancia.
Quando andavo a scuola, ero solito fare il compito in classe in meno tempo degl’altri.Risultato? Riempivo tutte le facciate del foglio, e spesso prendevo voti buoni. Però, la prof., rileggeva solo il mio in classe, e risaltava il mio naturale “dono della sintesi”( lo sosteneva lei…).
Sei intelligente e spiritoso, avrai sicuramente capito cosa voglio dire.
Mille pagine, mille parole in un discorso…Non è il peso(forzato) che si dà al volume,ma la varietà e la ricchezza da prendere in considerazione(ovviamente, insieme all’approfondimento).
–
Sei siciliano? Bene, io sono napoletano. Mi compiaccio che anche tu stimi Miriam,però…il primo ad assaggiare la sua cucina dovrò essere Io! U’ CAPISTI, AH!…
Un caro saluto
@ Miriam…
( senza tornarci su…)
Però, addirittura attribuirmi ” colpe”, mi sembra esagerato…
Un caro saluto
@ Gianni Parlato,
senza tornarci su, tu non lanciasti Va dove ti porta il cuore ma “Uomini” che odiano le donne: la stessa volumetrica differenza fra un sassolino e una piotta (masso)
senza tornarci su, un caro saluto, ma ti avrei morsicato il naso!
🙂
@ Miriam…
libera interpretazione personale, la tua( io non odio affatto le donne).
Un “masso”? Dovrei pensare che forse lo ‘stagno’ era fintroppo appantanato? ( scherzo, mi piace provocare…).
Lascia stare il mio nasino( è un consiglio): proprio in questi giorni sono costretto a usare il vicks ( ti conviene?).
Piuttosto, mi piacerebbe mordere vorace qualche tuo piatto che prepari con tanta cura.
Un caro saluto
Cara Elisabetta, ognuno aggiunge il suo utile pezzo alla coperta, anche se abbiamo detto tanto e molto, il telo è diventato un’utile piazza. Poco fa ascoltavo Radio 24, si parlava di una nuova agenzia operante in Internet, è una specie di servizio a pagamento per enti e imprese che vogliono conoscere il “vero” grado , di rispettabilità, di consenso che una persona, un libro, un prodotto godono nel popolo di internet. Case Editrici (non le più importantissime, ma comunque ben presenti sul mercato) valutano il possibile successo del libro testandolo in rete, per un anno almeno. Così pure fanno le imprese, quando devono affidare un progetto o un importante lavoro ad un professionista: curiosano anche nella schiume delle chiacchiere. Quindi Internet conta! Altro che guardarsi attorno in spiaggia, in piazza o in ospedale.
Forse questa stessa discussione, provocata dalla pubblicazione sul Sole 24 Ore, ha proprio lo scopo di valutare le nostre osservazioni: più pagine o meno pagine? Per vedere che aria tira provocano noi. Si sa, che i sondaggi sono un po’ in crisi.
😉
@Gianni ed Elisabetta ma anche un po’ per Miriam (chi si vuole accollare lo faccia)
Sì hai ragione, forse nella spiegazione ho fatto trasparire una vena astiosa verso i “mattoni” , ma in realtà volevo dire (come puntualizza Elisabetta) che i libri-fiume sono fatti con tecnica (ma chiamiamolo anche stile), una tecnica che, se bene usata, trasforma la lettura in un piacevole intrattentimento, rendendoci parte della storia, ma non parte dei pensieri e delle tesi che l’autore ha su di essa (almeno non direttamente). I mattoni sono tutti strettamente fiction, il resto delle cose letterarie non sempre. Era questo il senso. Ovviamente a tutto c’è l’eccezione (Novecento di Baricco è diventato un film ed è un libretto). Dico che i famosi scrittori di mattoni lavorano allo stesso modo degli sceneggiatori (plot, trattamento, 4 stesure e tabella personaggi) anche se non lo ammettono sempre. Ma questo non vuol dire che siano noiosi, ma che il vero cuore è solo una parte del libro (il trattamento, la prima e la seconda stesura) il resto è stile, tecnica. Non sempre combaciano.
Elisabetta, non sono un professionista, dico solo agli sceneggiatori in erba cosa sbagliano. Potrebbero farlo loro, visto che bastano due anni di studio, ma ci facciamo un favore a vicenda. Niente di più ma se vuoi venire, al primo Oscar io e Gianni Parlato siamo a casa di Miriam a mangiare ‘a pizza ca pummarora, milinciani vugghiuti cu sucu ra tunnina e gallina ripiena per unire sicilitudine, napolitanità e… l’aggettivo per chi vive a Lecco è vietato ai minori. Li hai 18 anni? 🙂 Un abbraccio
@ STANDBYME
@ MIRIAM
>>> Ciao, è da un po’ che non passo dalle tue parti, a presto. Miriam
Molto grave il fatto che è un po’ che non passi da me. Potrei piangere. 🙂
Non penso che più alta è la tiratura di un libro più bello deve essere per ovvietà il romanzo. Se lo penso lo penso a mero titolo di provocazione. Intendo piuttosto dire che la Verità – o le Verità, perché oggi tutti cercano risposte agli accadimenti tragici che la società produce, complice la politica – spesse volte è sotto i nostro piedi, ma noi la scansiamo, la nascondiamo noi stessi sotto lo zerbino. C’è voluto, ad esempio, l’Economist per illuminarci su Berlusconi, mentre noi che ce l’abbiamo in casa manco lo conosciamo il Premier se non per buffonate pubbliche che finiscono, puntata dopo puntata come in una soap-opera studiata a tavolino, con il riempire i rotocalchi e i quotidiani. Questo per dire: gli italiani leggono Berlusconi solo per le storielle buffonesche, ma quando si tratta di guardare al Berlusconi politico, allora “Che palle e che noia!” ed allora al limite i più indicano Berlusconi vittima della magistratura. Ieri il romanzo vittoriano, non poi troppo diverso dalla moda dei “gialli” di oggi, cercava d’indagare intorno a quegli efferati crimini che insanguinavo la società; oggi i gialli avrebbero la presunzione di evidenziare il marcio della società, passando dal mostro di Firenze fino ad arrivare alla loggia P1 alla P2 alla P3, toccando Pier Paolo Pasolini (oramai diventato un cliché onomastico in ogni “giallo” italiano, perché se non si cita Pasolini allora par quasi che uno non sappia manco di che sta parlando), per arrivare a Montecitorio, finire nei sotterranei del Vaticano e riemergere a Milano in zona Leoncavallo o giù di lì; poi una volta riemersi si passa in Europa e in America con grande agilità. Ma porca la miseriaccia! Sono storie, anche divertenti alcune, ma non sono la Verità. Nutro tema che oggidì troppi credano, forse anche in buona fede, che nei gialli sia contenuta la Verità sui mali che oggi condannano la società ad essere sé stessa, ovvero marcia fino al midollo. E’ comunque la stessa presunzione che il romanzo vittoriano recava in seno un secolo e mezzo fa.
Il lettore medio ignora la narrativa e la Letteratura, quella degli ultimi cinquanta anni? Magari la falla fosse così tanto piccola. Il problema è semmai che il lettore medio ignora la Letteratura, punto e basta: siamo arrivati a un punto ridicolo, le nuove generazioni manco sanno chi è stato Emilio Salgari! Ti sanno dire tutto, minuto per minuto, sugli ultimi acquisti delle loro squadre di calcio; ti sanno spiegare tutti i trucchi per arrivare alla fine dell’ultimo videogame del momento; sanno poi tutto delle ultime tendenze, che cosa è più cool in discoteca se l’ecstasy o il supercocktail superalcolico; conoscono anche tutti i misteri per downlodare mp3 e programmi, conoscono i segreti dell’iPod e dell’iPhone…; ma non sanno altro. Sono le nuove generazioni il frutto dei tempi, di noi padri che li abbiamo abbuffati di cognizioni usa e getta alimentando il mercato del superfluo a tutto discapito della cultura. Non sorprende dunque che i pochi lettori che oggi ci sono si tuffino nei gialli, costano poco in termini di “spremersi le meningi”: un Tal dei Tali racconta una storia, dove mancano solo gli alieni di contorno (ma a volte ci sono anche gli ET), e quella storia nell’immaginario popolare finisce con l’essere la risposta a tutti i misteri della società, che intanto produce a ritmo serrato scandali e marciume in prima pagina, senza che nessuno quasi se ne accorga.
Osservazione azzeccata quella di Iannozzi e che, purtroppo, non posso che condividere. Perchè purtroppo? Perchè ha ragione.
@ Iannozzi
Sì, li abbiamo nutriti di frammentazioni. Capelli spaccati in quattro offerti all’osservazione, su circostanziati vassoi e senza l’aiuto di una lente: un buffet pedagogico privo di logica e di poesia. Nozioni disciplinate e corrette vomitate a valanga da reggimentazioni “team”, boschi di fotocopie, leasing di saperi, caleidoscopi a movimento meccanico. Questa è la tristissima scuola elementare, salvo rare e originali eccezioni. La base, su cui poi tutto frana. Ne abbiamo parlato molto quando abbiamo commentato Diario di scuola di Pennac, qui su Letteratitudine.
🙂
@ Giuseppe Iannozzi
Non posso far altro che darti ragione sull’ignoranza che dilaga e sui scarsi valori. Berlusconi non mi riguarda direttamente. Ti confesso però che se votassi in Italia voterei per lui…visto la sinistra che vi ritrovate che non è certo quella di Nenni o di Saragat. Ma non credo che questo sia un blog per fare politica quindi mi fermo qui. Tornando alla letteratura ci sono ottimi romanzi di tutti i generi e di ogni epoca. Personalmente non mi interessa se in un libro, non necessariamente “giallo” vi sia “contenuta la Verità sui mali che oggi condannano la società ad essere sé stessa, ovvero marcia fino al midollo”. Per me deve in sintesi: avere una trama avvincente, essere scritto bene e con personaggi credibili. Ho preso anch’io le mie fregature ma ti assicuro che di romanzi con i requisiti testé accennati ve ne sono molti e, scusa se sono ripetitivo, non sono solo “gialli”.
Sempre con una calorosa stretta di mano
@ Lonoisette
Complimenti! Ottima scelta “Tokyo Blues (Norwegian Wood)”. Facci sapere.
Perchè non ci riuniamo tutti a casa di Miriam a sbafare gratis? Mi invito anch’io. In questo periodo sono molto incasinato e non riesco a seguire il dibattito. Sfogliando qua e là, ho letto con piacere che il mio amico Gianni è tornato. Per il resto: boh! Romanzi-fiume, romanzi da lago e da montagna. Che importa. “Il vecchio e il mare” è un capolavoro di ottanta pagine. Voltaire diceva che tutti i generi vanno bene, tranne quelli noiosi. Io i libri li classifico in due generi: quelli che finisco subito e quelli che diventano interminabili.
@ Standbyme
Dici: “Berlusconi non mi riguarda direttamente. Ti confesso però che se votassi in Italia voterei per lui…”
Spero che la tua sia soltanto una battuta. Perchè, la lingua che si parla (e si scrive) in Italia da una ventina d’anni a questa parte, sembrerà strano, o esagerato, ma è anche opera sua, di Berlusconi, delle sue televisoni, delle sue case editrici. E il mercato editoriale è appunto un mercato, condizionato da chi nel mercato ha più potere. Libri-fiume o no, essi sono (anche), merce.
Non c’entra nulla forse, ma dentro di me risuonava questa mattina un verso, piuttosto noto… che mi è giunto fino alle labbra, e l’ho pronunciato ad alta voce, mentre la radio era accesa:
“l’amor che move il sole e l’altre stelle.”
Un abbraccio,
Gaetano
@ Alessandro Cascio UBV
Solo in parte posso condividere la tua teoria. I “mattoni” non “sono tutti strettamente fiction” Solo tre esempi: “La montagna incantata” (689 pagg.) “Creazione” di Gore Vidal (719 pagg.) e il già citato, in uno dei nei precedenti interventi, “Grotesque” (910 pagg.)
Correggo: televisioni; (e non: televisoni; buffo lapsus però: tele-visoni).
@ Subhaga Gaetano Failla
Non è una battuta. Non mi riguarda perché vivo, lavoro e soprattutto, come cittadino svizzero, voto in Svizzera. Naturalmente nel Canton Ticino si parla italiano e i libri che acquisto sono di case edittrici italiane Comunque in Italia non c’è solo la Mondadori. E non venirmi a dire che una “Feltrinelli” una “Adelphi” o una “Sellerio” sono condizionate da Berlusconi. Insomma forse, permettetemi questo suggerimento da osservatore estraneo, se la smetteste di dare tutte la colpe a Berlusconi, come una volta le davate ad Andreotti, l’Italia, che amo con tutto il cuore (datemi fiducia credetemi) sarebbe forse la prima Nazione d’Europa. Siete voi che avete potere, voi cittadini con la vostra scheda elettorale. La coalizione di destra ha vinto per i suoi meriti ma soprattutto per i demeriti di una sinistra che ha saputo in due anni solo litigare e nelle scorse legislature non ha saputo o non ha voluto fare una legge sull’incompatibilità di interessi. Date la colpa ai vari Diliberto, Prodi, Mussi, Pecoraro, Bertinotti, ecc. per questo non a Berlusconi.
Non vorrei però con questo mio intervento andare fuori tema pertanto fatemelo sapere.
Grazie 1000
Se ho fatto un minimo di politica – e l’ho fatta deliberatamente – è perché i gialli vengono presentati, soprattutto da una intellighenzia sinistra (cioè “di cattivo auspicio”), come se fossero dispense di verità, però di 400-500 pagine come minimo.
Ma c’è da spezzare una lancia: ad esempio Peter Høeg (“Il senso di Smilla per la neve”), Patrick Süskind (“Il profumo”), Orhan Pamuk (“Il mio nome è rosso”, “Neve”), pur usando alcuni cliché del romanzo di genere, del “giallo”, hanno fatto Letteratura. Il giallista di professione invece si illude che i suoi “gialli” siano intrisi di scomode, anzi di scomodissime verità: ecco così spuntare Giancarlo De Cataldo, Girolamo De Michele, Beppe Sebaste, che si ergono a Pasolini, che vengono tradotti da una spudorata subumana intelligenza nel ruolo di Pasolini a tutti i costi e che per giunta non sanno scrivere se non in maniera abborracciata. Di gran lunga superiori i classici giallisti, Arthur Conan Doyle ed Agatha Christie. O l’ottimo contemporaneo Boris Akunin (pseudonimo di Grigori Tchkhartichvili) che con i suoi romanzi prende per i fondelli in maniera arguta sapiente e divertente i generi letterari tutti, il giallo compreso attraverso i mezzi del “giallo”. Quelli di Boris Akunin sono romanzi d’evasione, senza pretese, ma scritti con piglio encomiabile.
Per tornare in tema: non solo il numero delle pagine conta.
Tutti abbiamo parlato di libri lunghi, fiume, mattone, ecc. basandoci sul numero delle pagine. Ma cari amici c’è anche il corpo della scrittura e la spaziatura da considerare. Ci sono certu libri con bei caratteri grandi, righe ben spaziate tra di loro, che contano centinaia e centinaia di pagine ma se stringiamo all’osso, questo libro si riduce ad una normale romanzo di due o tre cento pagina al massimo. C’è poi la versione opposta: libri relativamente con poche pagine, ma con scrittura “corpo 10 o 8”, righe fitte, fitte, nessuna pagina bianca tra un capitolo e l’altro.
@ Giuseppe Iannozzi
Cavolo Giuseppe! Più ti leggo e più condivido i tuoi interventi (all’inizio non sembrava vero?). Uno che apprezza Akunin (letti tutti anche quelli senza Fandorin!), che mi cita “ll senso di Smilla per la neve”, “Il profumo” (letto tanti anni fa) non può che avere la mia incondizionata stima. Dammi anche tu fiducia. Prova a leggere “Uomini che odiano le donne”. Se poi non ti piace al massimo mi mandi a quel paese…. 🙂
Con una stretta di mano ancora più calorosa delle precedente.
SALVO FOR PRESIDENT!
altro che il codice Dewey, i libri si dividono in due generi: quelli che finisco subito e quelli che diventano interminabili.
🙂
Sei invitato al convivio e con grande piacere: prima da me e poi tutti insieme supereremo l’orrido; curve e curve per raggiungere le dolomie del Resegone, alla fine del baratro in un piccolo paese di pochi abitanti, Erve (che significa “quercia”), buttando un’occhio all’immenso, a nord le pareti di roccia e a sud la grande valle del lago e fiume, faremo una scorpacciata di coniglio e polenta, volendo potremmo anche scegliere fra i “carunzei” e i “pizzoccheri”
Salvo, bentornato!
🙂
Standbyme : Senza voler cercare colpe su Berlusconi, lui è senza dubbio il classico esempio dell’anticultura, della grettezza che deve prevalere ad ogni costo sulla spiritualità. Non è che gli altri siano meglio, ma lui si mette continuamente in luce e, come ebbe a dire giustamente il compianto Mario Luzi, a essere sempre protagonisti si può incorrere in qualcuno che si stanchi.
Non amo in modo particolare i gialli, ma Akunin ne scrive di storici, li ambienta in un’epoca che descrive benissimo e per questo mi piace, come ho apprezzato Il senso di Smilla per la neve (il film però non è all’altezza del libro).
@ Standbyme
Aggiungi a Mondadori anche Einaudi, chè non è una casa editrice certamente minore. Non andiamo fuori tema spero, perchè si parla di gusti del pubblico, condizionabili dal mercato, in relazione anche a quel che viene considerata la moda dei romanzi-fiume. Oggi si ricordano i 70 anni dall’emanazione in Italia delle leggi razziste. Non c’entra? In Italia vi è un meccanismo di assuefazione (e tu purtroppo me lo confermi, di riflesso, dal Canton Ticino) e ormai se si parla di un grande condizionamento berlusconiano nella vita politica e culturale, si è scambiati per rompiscatole o sempliciotti; ed è meglio allora parlare di altre responsabilità, per meglio continuare a litigare, e non accorgersi che nel frattempo la casa brucia.
Avrei preferito parlare di ciò con te faccia a faccia; le parole, così, su schermo, sono facilmente equivocabili.
Con stima e affetto,
Gaetano
@ Standbyme e Iannozzi:
altro che condivisione, basta un nome, fra voi, perché si aprano canaloni fra le rocce: Berlusconi. Eppure, quest’uomo, così piccolo (insignificante) e così, assurdamente, determinante. Perché? E se fosse una figura salvifica (per opportunità e temporaneamente, certo)? La sinistra vagola fra i suoi dissensi da troppo tempo, e questo è un dato…e se si partisse da lì? Dalla confusione, dalle implosioni delle possibilità, dal ridicolo…vedi il tuffo del baffino con relativo disappunto8espresso a Novella 2000, sic!)…altro che VOLO, il nostro volo di Klein…il panorama è grigio di idee, entusiasmo e proposte. Forse dovremmo imparare dal presente e cercare nuove formule, ma soprattutto mandare a quel paese i Grigioni stanchi, imprigionati nei loro sistemi più dei Prigioni di Michelangelo.
Scusate il fuoritema.
@ …
Viaggio al termine della notte, ha molte pagine in più! Forti le prime che ci danno la misura del distruttivo. La guerra di trincea, afose come un clima malarico le altre 100, ma il resto è solo noia, inutile ripetizione, bastava fermarsi lì perché la confusione del novecento, della contemporaneità, era già rappresentata con tutti i dubbi, le ansie e gli “amori”.
@ salvo:
sì, il vecchio e il mare è un capolavoro di 80 pagine. per quanto mi riguarda hemingway avrebbe potuto scrivere capolavori anche di 2.000 pagine.
continuo a credere che, a volte, “allungare” un romanzo sia anche tecnica e/o mestiere.
quesito: se togliessimo di sana pianta ai promessi sposi tutta la parte che riguarda la successione del ducato di mantova, il romanzo ne perderebbe? ne guadagnerebbe? sarebbe la stessa cosa?
io l’ho letto 4 volte e ho sempre creduto che si potesse eliminare senza problemi.
Parlo per me e senza aver letto gli altri commenti. Io adoro i libri formato foratino (un tipo di mattone per costruzione) e li adoro perché un libro, quando è ben scritto, è un viaggio che vorrei non finisse mai. I libri brevi, sottili mi lasciano l’amaro in bocca quanto più sono ben scritti, perché sono come fuochi d’artificio: sparano la loro bellezza tutta e subito e per una persona che legge con voracità bulimica come me (500 pagine in un pomeriggio) sono un assaggino buono solo per stimolare l’appetito.
Laura C.
O.T. il concorso Letteriadi 2008 è online. Aspettiamo i racconti dei letteratitudiniani 🙂
@ Iannozzi: ma allora non abbiamo proprio gusti antitetici! Io adoro Il senso di Smilla per la neve e credo che Il Profumo sia un libro fondamentale! 🙂
@ STANDBYME
WoW! Ma davvero ti piace Boris Akunin? Incredibile. Ho trovato un altro a cui piace Akunin. Io l’adoro. E’ divertentissimo. Qui scado nel fanatismo, ma per me è superiore al miglior Conan Doyle. Akunin è uno di quei rarissimi autori contemporanei, non militanti né falsamente impegnati, che scrivono e scrivono bene con il solo intento di far divertire: Akunin ci riesce alla perfezione. Ho adorato le avventure di Fandorin, e non solo. E’ appena uscito il primo delle avventure di Nikolas Fandorin, nipote di Erast. Domani me l’accatto. ^__^ So già che lo divorerò letteralmente. E poi spassosissime le avventure di Pelagija, avventure tra il gotico e l’horror.
Vabbe’, proverò anche Stieg. 🙂 Ma se poi non mi dovesse piacere ti picchio. 😀
@ LAURA
Visto. Non abbiamo poi gusti troppo antitetici. E’ solo che io sono più raffinato. 😉 Leggi anche Orhan Pamuk: non è solo un leggere ludico, ma merita. Poi, ovvio, il lettore puo’ leggere la storia e basta. Almeno “Il mio nome è rosso” e “Neve” possono essere letti come dei gialli, sulla falsariga de “Il nome della rosa”: tutto godimento.
grazie mille standbyme
davvero bella l’atmosfera che si respira in questo blog. complimenti a tutti
@Enrico
Si. la successione nel Ducato di Mantova è una vera palla. Ma se Manzoni ce l’ha messa avrà avuto le sue ragioni. Io sono per rispettare la libertà dell’autore nel mettercela, e di quella del lettore nel saltarla a piè pari (Pennac docet). Poi a qualcuno magari interessa.
@Standbyme
I politici italiani (sia a destra che a sinistra) hanno mostrato negli ultimi anni di essere tutti dei dilettanti, degli incompetenti, la rovina del Paese.
Anche oggi (Alitalia, ICI, Scuola…) assistiamo a un teatrino semplicemente disgustoso. Ma Berlusconi incarna in una persona sola tutto ciò che è detestabile, nella vita, nella cultura, in economia, nella politica, nell’etica. Forse è per questo che il solo vederlo o nominarlo mi fa venire il voltastomaco. Con questo non è che gli altri siano meglio, ma lasciami dire che alla fine sono contento che tu non sia un elettore italiano.
Con tutti i miei auguri che nel tuo paese non vi ritroviate un tycoon tra i politici da votare (ma forse la Svizzera è più civile di noi, e un personaggio del genere non arriverebbe neanche alla candidatura).
@ Giuseppe I.
nel curiosare su Akunin (che non conoscevo ma rimedierò e poi … ) ho incrociato la recensione di una simpatica giapponesina; uso “ina” perché giovanissima. Si concludeva così: è curioso ma viene proprio da dire che ad attirate l’attenzione sono sempre i birbanti! (Akunin= birbante o brigante in giapponese. lo ripeto per il post)
…e non ho risposto solo a te
🙂
@ MIRIAM
Il nickname Akunin significa appunto “malfattore, poco di buono”, nickname che rimanda anche al famoso Michail Alexandrovič Bakunin. Tu forse non lo sai, cara Miriam, ma Boris Akunin (Grigori Tchkhartichvili) è uno dei più grandi conoscitori di letteratura giapponese. Ha tradotto tra l’altro Mishima, ed è tra i massimi esperti di letteratura giapponese, filologo e critico di fama, curatore di enciclopedie, ecc. ecc. In Russia è una vera e propria istituzione. Questo per dire: non è un dilettante allo sbaraglio, ma una testa come poche. Un pezzo da novanta. Noi calvi siamo sempre i migliori, non ce n’è per nessuno. 🙂
I romanzi-fiume permettono di approfondire la costruzione del personaggio al punto tale che il lettore ha l’impressione di conoscerli davvero e di immedesimarsi nel destino. Nei romanzi meno lunghi ciò non accade.
Può sembrare banale, ma per me non lo è.
@ carlo:
va bene, cercavo un parere sul fatto che quella parte potesse essere “estrapolata”. che manzoni avesse le sue ragioni è chiaro, e chi le discute? tra l’altro per me non è manco una palla eccessiva, diciamo che è un po’ troppo lunga rispetto alla storia principale
@ Giuseppe: pure a me piace Akunin e questo grazie a mia moglie che, come forse sai, è una sua connazionale. Ti dirò che la prima recensione che ho pubblicato su Arteinsieme è quella del suo romanzo La regina d’inverno.
@Carlo S.: mi fa piacere constatare che abbiamo la stessa opinione dei nostri politici e in particolare di uno…
@ Carlo
Mi fa piacere di trovarmi d’accordo con i tuoi stessi disgusti politici e culturali, e anche con i tuoi stessi gusti, siccome citavi in un commento d’un paio di giorni fa Bolano, Delany, Maupassant, autori che anch’io amo.
Per quanto riguarda il tema, la domanda che pone Pacchiano: “Perchè, oggi, il grande successo dei romanzi-fiume di qualità?”, mi sembra priva di valore, in quanto, come già diceva qualcuno/a nei precedenti commenti, non vi sono dati comparativi, offerti al lettore, che documentano questo presunto successo dei romanzi-fiume.
E comunque, per i miei gusti, l’arte non va a peso.
Un abbraccio,
Gaetano
X IANNOZZI, RENZO E MIRIAM
Non sono d’accordo con Miriam e Renzo quando dicono che Iannozzi ha ragione… che è come dire che non sono d’accordo con Ianozzi, ma così coinvolgo più persone.
In una situazione capovolta, in un incontro tra giovani, il discorso di Iannozzi sarebbe così…
“Siamo arrivati a un punto ridicolo. Le vecchie generazioni conoscono quel che pensavano questi scrittori o quegli altri, ma manco sanno chi è stato Steve Jobs e come Gates arrivò a Windows. Per Dio, non consocono Woz! Capisci? Il mitico Woz! E’ grazie a lui che stiamo scrivendoci in questo blog. Ti sanno dire tutto, minuto per minuto su come i Wu Ming hanno esaltato il faceless in Italia, ma se parli delle prodezze di Ronaldinho durante Brasile – Argentina del ’97 non sanno risponderti. Non conoscono la partita che ha ispirato una generazione di morti di fame sudamericani, il perchè dei campi di calcio come unico rapporto tra le favelas e il mondo. Ti sanno spiegare l’anima in mille salse, ma se chiedi quale evoluzione Prince of Persia ha portato nella grafica dei videogame dall’89 ad oggi, non te lo sanno dire; scambiano l’FBX per una bicicletta e … il Wii? Scrivono sulla realtà virtuale e cose futuristiche e poi ti rispondono “Wii che”?
Sanno tutto della generazione dei Manzoni, ma non conoscono i segreti dell’iPod e dell’iPhone. Ti parlano di vinile, 47 pollici e polaroid. Non conoscono il Quad, come possiamo guardare al futuro con queste palle al piede?”
La loro conoscenza musicale con il domwloand, l’mp3, l’ipode e l’iphone è aumentata del 500% dai tempi del vinile. Prova a fare una conversazione con un 18enne mettendoti dalla parte dello scolaro e facendolo sentire importante. Ti farà conoscere il presente… il punto di partenza per il futuro. Loro ascoltano i Finley, ma scaricano anche John Legend e i Sud Sound System. Io a 30 anni ho una comitiva (un po’ 68ina) che va dai 18 ai 46. Sanno anche tutto dell’arte del Tattoo e di chi è Tin Tin.
X STAND
Stand, hai precisato e hai fatto bene, anch’io mi sono corretto con un “non tutti”. Ma è vero che da La lettera Scarlatta a Il socio, sono sceneggiature belle e buone. Lo stesso codice da vinci è stato scritto a più mani. Insomma, il mestiere c’è… ma ci sono le eccezioni. Poi non conosco tutta la letteratura mattone del mondo, quindi chiedo venia se dico il falso.
@ Iannozzi:
lo so, lo so, mi sono documentata (i blog servono anche a questo: conoscere ed imparare) e in più da vecchia ex-anarchica “conosco” bene anche Bakunin.
Poi, a proposito di letture fiume e di giappone, mi sono ricordata di aver letto La storia di Genij, il principe splendente! Un diario medievale di due volumi; taaaantissime pagine per storie di corte e cortigiani. Un libro pazzesco letto in una circostanza strambissima, ero in ferie da sola in un paese straniero ed ero l’unica italiana dell’albergo e non capivo una mazza di quello che si dicevano gli altri. Quel principe, le sue dame, i bigliettini (che storia incredibile quella della piegatura dei biglietti!!!!) furono i miei compagni di viaggio. Per anni con la letteratura giapponese chiusi ogni rapporto.
🙂
Buona domenica sera a tutti. E grazie mille per i nuovi, numerosi commenti.
(Un saluto speciale a Eventounico)
@ Standbyme
Grazie per i tuoi contributi su Larsson. Li ho trovati convincenti. Domani acquisterò il primo libro della trilogia.
Se non mi dovesse piacere ti impacchetto Giuseppe Iannozzi e te lo spedisco in Svizzera, a casa tua… dove rimarrà tuo ospite per un mese.
🙂
Ovviamente scherzo
(grazie davvero, Stand)
@ Alessandro:
in effetti i Ming, con il secondo livello hanno esagerato un po’. Tanto. Sono diventati più barocchi di uno stucco dorato. Manituana mi era piaciuto, e anche molto. Mi sembrava interessante anche questa idea del dibattito aperto ai lettori con il gioco della parola d’ordine…ma poi tutto si è trasformato in una patacca. La vivisezione di ogni immortale attimo: dall’idea ai caffè sorgeggiati nel corso degli anni. Spoetizzante oltre ogni limite.
Ciao, concordo sulle tue osservazioni e imparo.
@ Zauberei e a Gaetano (e credo a qualche altro)
Non credo che Pacchiano abbia scritto quell’articolo facendo riferimento a dati editoriali o a comparazioni di sorta. Credo che l’abbia scritto facendo riferimento a una sensazione personale.
Sensazione (forse sbagliata) che peraltro condividevo (e condivido).
Poi, Gaetano, l’abbiamo detto. Mica l’arte (ma nemmeno il buon artigianato) si misura a peso. E infatti il post non era incentrato su una domanda – che sarebbe stata banalissima – del tipo “Sono migliori i romanzi lunghi o i romanzi brevi”?
Io stesso ho citato “Il vecchio e il mare” (poi l’ha fatto anche Salvo Zappulla).
Dice Iannozzi: “Akunin significa appunto “malfattore, poco di buono”, e poi: “Boris Akunin (Grigori Tchkhartichvili) ….”.
NB: quindi GRIGORI Tchkhartichvili = Akunin, e per la proprietà transitiva (se tanto mi dà tanto) forse anche GRIGORI= malfattore, poco di buono.
Lo sospettavo.
Ciao Greg,
🙂
Carlo
@ Alessandro
Tempo fa, da qualche parte, dissi che l’arte senza artigianato equivale – a mio avviso – allo champagne senza calice.
Ci vuole mestiere sia a scrivere romanzi lunghi, che a scrivere romanzi brevi. L’arte c’è o non c’è. Come abbiamo detto… non si misura a peso, né a metraggio.
In definitiva…
1. mi pare che molti di voi non sono d’accordo con la “sensazione” di Pacchiano (come Enrico, per esempio). Dunque non ci sarebbe alcuna moda, giacché i romanzi-fiume si sono sempre venduti e sono riusciti a entrare in top ten anche in passato.
2. qualcuno (Gea, in particolare) ha osservato che, anche se i romanzi-fiume vengono acquistati… non è detto che vengano letti
3. in molti ne hanno approfittato per descrivere il piacere derivante dalla lettura di romanzi lunghi.
Comunque anche io sono rimasto incuriosito. Credo leggerò Larsson prima o poi (un altro Larsson, ma americano e che di nome fa Gary, autore di una serie di vignette di un umorismo stratosferico denominata “The Far Side”, era già tra i miei idoli), e credo cercherò anche Akunin (avendo già letto Gregori).
Thanks for suggestions, come dicono gli anglofoni.
Be’, grazie mille
😀
Anche per gli spunti ulteriori che sono nati dalla discussione
Bene, Carlo… magari torneremo qui per confrontare le nostre reciproche impressioni.:)
Tornando al commento di Enrico sui “Promessi sposi”, devo dire che anche me – in generale – capita di pensare che il romanzo X sarebbe stato meglio con qualche pagina in meno (e che, viceversa, al romanzo Y avrebbe fatto bene qualche pagina in più).
Caro Massimo,
dicevo che, per i miei gusti, l’arte non va a peso, perchè il dibatttito si era sviluppato anche su questo aspetto. Per quanto riguarda invece la domanda di Pacchiano, certamente non sarà il suo caso, ma troppo spesso un certo tipo di giornalismo presuppone “verità” non documentate (non specificando invece il suo carattere di opinabilità) per poi porre domande che dunque, proprio perchè senza basi fondanti, sono prive di valore. E’ un vecchio artificio delle scuole di retorica; e, inoltre, il giornalismo purtroppo si nutre spesso di mediocre letteratura, e da questo tipo di letteratura esso storicamente nasce, come faceva notare, ad esempio, Gurdjieff (e i risultati oggi ben si vedono; e in televisione è germogliata una forma ancora peggiore di giornalismo).
Tutte queste mie considerazione, è forse bene sottolinearlo, non si riferiscono alle tue intenzioni espresse in questo post: per tale argomento e per la tua sempre accorta conduzione e consueta gentilezza, non posso far altro che ringraziarti di nuovo tantissimo. Un abbraccio,
Gaetano
Oh, Gaetano… ma anche se le tue considerazioni si riferissero alle mie intenzioni espresse in questo post non ci sarebbe nulla di male, eh.
E non mi offenderei mica.
😀
Ricambio l’abbraccio e i ringraziamenti.
@ ALESSANDRO
O io sono tonto o il tuo discorso è… non so che cosa sia! Si è solo capito che non sei d’accordo. Se scrivessi in italiano, forse riuscirei a comprenderti, ma a quet’ora non ho nessuna voglia d’improvvisarmi filologo per il tuo slang. Mi perdoni? 😀
@ RENZO
Lo so bene che tua moglie è connazionale di Boris Akunin. Beata lei che puo’ goderselo in lingua originale. Comunque le traduzioni italiane, sino ad ora, mi sembrano buone, per cui non trovo motivo di lamentarmi.
Oltre al primo capitolo delle avventure di Erast Fandorin, caro Renzo, hai letto anche gli altri?
@ MIRIAM
Mi stai forse dicendo che non riesci più ad amare la grande Letteratura giapponese? quella dei grandi autori classici?
No, dài! Non posso crederci. Non mi dire che adesso ti fai di Banana. 🙂
@ CARLO S
Si è scelto quel nick non a caso, per il suo significato ambiguo che rimanda a “malfattore” ma anche a Bakunin. Lo adoro anche per l’intelligenza nel scegliere il proprio nickname.
‘Notte
Auguro buonanotte a tutti.
E buon inizio settimana.
E ricordatevi.
Leggere un romanzo-fiume, anche il peggiore… è sempre meglio che lavorare.
🙂
Gutta cavat lapidem, non vi sed saepe cadendo. Questa la regola di molti romanzi che si basano sul modulo, o meglio su una PARTICOLARE struttura modulare realizzata sulle variazioni di stile applicate furbamente per ripetere ad libitum sempre la stessa cosa come se sempre fosse diversa – vedasi Raymond Queneau e il suo eccellente ”Esercizi di stile”, il quale ci gioca sopra, lasciando sottintendere che molti lo fanno sul serio.
In altre parole una Colossale Furbata grazie alla quale alcuni fanno molta grana senza dire una min**** di niente, o meglio dicendo una cosa sola ripetuta per mille pagine. Pubblicita’ sottoforma di romanzo-fiume. Che rende bene, in tempi televisivi e idioteggianti come questi, no?
P.S.
I ”Promessi sposi” vanno ottimamente cosi’: una parola in meno stonerebbe e una di piu’ sarebbe ingrassante. Forma perfetta, gente!
X IANNOZZI
Ah, ma certo iannozzi. Avevo subito cApito che sei un tipo simpatico. Te lo ripeto con traduzione a fronte.
1) Non sono d’accordo con Miriam e Renzo quando dicono che Iannozzi ha ragione… che è come dire che non sono d’accordo con Ianozzi, ma così coinvolgo più persone.
-Dire di essere d’accordo con chi è in disaccordo è un modo (che scimmiotta la politica) di disapprovare rimanendo in seconda linea.
2) In una situazione capovolta, in un incontro tra giovani, il discorso di Iannozzi sarebbe così…
– Vuol dire che, capovolgendo la situazione creata dal dibattito e dal tuo intervento (mettendo al posto di un “letterato” che parla di nuove generazioni, un gruppo di appartenenti alle “ridicole” nuove generazioni che dibattono sui “letterati” e la vecchia guardia) il discorso che hai fatto verrebbe affrontato in questo modo:
3)Attenzione: il discorso è affrontato da un 18enne. (Seguire le parentesi).
“Siamo arrivati a un punto ridicolo. Le vecchie generazioni conoscono quel che pensavano questi scrittori o quegli altri, ma manco sanno chi è stato Steve Jobs e come Gates arrivò a Windows (il giovane che parla in slang Iannozziano si lamenta di come molti vecchi sconoscano Jobs e la storia di Windows che rappresentano il primo passo dell’era del web di cui tutti, anche Maugeri e noi, usufruiamo). Per Dio, non consocono Woz! Capisci? Il mitico Woz! E’ grazie a lui che stiamo scrivendoci in questo blog. (Woz è lo sconosciuto vero creatore di ms-dos a cui fu rubata l’idea e idolo dei giovani hacker indiani). Ti sanno dire tutto, minuto per minuto su come i Wu Ming hanno esaltato il faceless in Italia, ma se parli delle prodezze di Ronaldinho durante Brasile – Argentina del ‘97 non sanno risponderti. Non conoscono la partita che ha ispirato una generazione di morti di fame sudamericani, il perchè dei campi di calcio come unico rapporto tra le favelas e il mondo (il calcio e la conoscenza di quello, a Capo Verde è un primo passo per l’approdo alle squadre di successo e alla fuga dalla povertà. Il calcio è il sogno di diventare qualcuno, anche per i nostri giovanissimi). Ti sanno spiegare l’anima in mille salse (riferito al precedente post), ma se chiedi quale evoluzione Prince of Persia ha portato nella grafica dei videogame dall’89 ad oggi, non te lo sanno dire; scambiano l’FBX per una bicicletta e … il Wii? Scrivono sulla realtà virtuale e cose futuristiche e poi ti rispondono “Wii che”?
(McHanna portò il movimento fluido nel videogame con Prince of Persia. Prima di lui, solo Dangerous and Dragons era riuscito a portarlo, ma attraverso il cartoon applicato al videogame. La nuova generazione di videogame in FBX e Wii derivano da quella intuizione).
Sanno tutto della generazione dei Manzoni, ma non conoscono i segreti dell’iPod e dell’iPhone. Ti parlano di vinile, 47 pollici e polaroid. Non conoscono il Quad, come possiamo guardare al futuro con queste palle al piede?” (Chi si lamenta, è obsoleto)
– Spiegazione per Iannozzi: questo è il discorso che hai fatto tu, copiaincollato ma modificato secondo il linguaggio che userebbero i giovani che “ridicolizzi” per parlare di te che parli di loro. Loro non sapranno chi è Emilio Salgari e neanche io lo so (e modestamente non me ne frega nulla), ma sanno come i tempi si sono evoluti e cresciuti e cosa più bella, ti sanno anche dire perchè e i nomi dei protagonisti dell’era della tecnologia.
4) La loro conoscenza musicale con il dowload, l’mp3, l’ipode e l’iphone è aumentata del 500% dai tempi del vinile. Prova a fare una conversazione con un 18enne mettendoti dalla parte dello scolaro e facendolo sentire importante. Ti farà conoscere il presente… il punto di partenza per il futuro. Loro ascoltano i Finley, ma scaricano anche John Legend e i Sud Sound System. Io a 30 anni ho una comitiva (un po’ 68ina) che va dai 18 ai 46. Sanno anche tutto dell’arte del Tattoo e di chi è Tin Tin (è il Re dei tatuaggi per intenderci).
– Spiegazione per Iannozzi: Vuol dire che la generazione “che conosce di droghe e cocktail” (citandoti) attraverso la modernità ha, per esempio, conoscenze musicali più ampie. Il download permette loro di scaricare dal punk al Blues, all’R&B più sofisticato al pop commerciale. Il giovane ha una cultura che non riguarda la letteratura, ma ha una smisurata cultura cinematografica (galleotto il download dvx e le piattaforme Hi-Rom). Chiedi a un vecchio quanti film ha visto nella sua vita: non supereranno quelli che un giovaane figlio dell’iPhone ha visto in 3 anni. I loro miti sono Woz (inventore dell’ms-dos), Hatcher McHanna (inventore del primo Prince of Persia che cambiò il mondo del videogioco, fino alla virtualità). Con le ultime parole ti esorto a non invecchiare in fretta colpevolizzando presente e passato, ma di partire da quello che hai per guardare al futuro con ottimismo.
FINALE
A 18 anni avrei usato parole più dure per chi generalizza e crede che una generazione sia da buttare perchè non conosce Salgari e non legge le porcate che scriviamo noi, ma proprio ieri, per esempio, ho conosciuto una ragazza che a 22 anni ha girato il mondo: suo padre alla sua età aveva solo visto Reggio Calabria. Spero di essere stato chiaro e italiano, stavolta.
P.P.s.
Ho appena ridato uno sguardo alle ”vecchie” pubblicazioni di Massimone Maugger in questo luogo incantevole, e ho visto che sono quasi due anni che vi conosco – non tutti ma quasi tutti… insomma almeno gli assidui, che sono almeno una trentina – e che dialoghiamo insieme con affetto e rispettose divergenze, precisazioni, eccetera. E cio’ e’ bello, molto bello. Mi commuovo. Commozione di fine estate, amici miei!
Vorrei dunque salutare e chiedere a Gaetano, Luca Gallina, Eventopasquale, Carlo Speranza, Miriam, Gea, Gianmario, Enrico Greg, Silvia Leonardi, Sig.ra Scibona, Simona, Elektra, Maria Lucia (Marilu’, la chiamo io), M.G., Laura C. e l’altra Laura, e tutti gli altri con i quali mi sono legato d’affetto tenace e vero, come sono stati in questo tempo – che a me par lunghissimo – in cui non ci siamo sentiti, seppur tramite questo mezzo elettronico e sgradevole di per se’, nonostante la bellezza dei personaggi. Anzi, delle persone!
Sergio
Ah, dimenticavo Salvo, perdindirindina! Ciao, Salvuzzo!
…e tutte le BELLEDONNE dell’omonima via. Certo.
Uff… agli altri chiedo scusa ma ora e’ tardi e la memoria e’ tarlata, almeno questa mia…
@ ALESSANDRO
Complimenti. Sai tante cose, tutte molto utili. C’è solo un piccolo problema: stai parlando con un uno che ha visto nascere il Commodore, che ha visto nascere i CCCP e ha visto Ferretti abbracciare Ratzinger passando dagli sputi alle preghiere più ipocrite, che ha visto Vito Catozzo e Giorgio Faletti da un milione di copie a libro, ecc. ecc. ecc. Ho visto persino Blade Runner, ma tu pensa! E prima ancora ho visto la primissima messa in onda in Italia, sulla tv di stato, di Goldrake.
Pensavo ce l’avessi su con me per ben altro, tipo: “Guarda che lo so chi è Salgari, ho visto tutti i film intepretati da Tomas Milian nelle vesti di Er Monnezza. Quindi lo so chi li ha scritti”. 🙂 Ed invece sei solo un simpatico ragazzone che scrive “Spero di essere stato chiaro e italiano”. Per me potevi essere anche un cubano, non avrebbe fatto differenza.
Ciao
Ma com’è che io ricevo i link di Massimo ben dopo di voi ? Mah, misteri dell’informatica.
I romanzi fiume forse sono tornati di moda perchè abbiamo più tempo libero per leggerli. Si dividono in 2 categorie: quelli che ti prendono, e se anche fossero lunghi il doppio avresti l’impressione che mancano troppe poche pagine alla fine, e gli altri, dove ogni pagina ti costa fatica e arrivi alla fine con la vaga sensazione di doverti chiedere ma chi me l’ha fatto fare.
Di Stieg Larsson ho preso giusto la settimana scorsa “la ragazza che scherzava col fuoco”, ma poi ho capito che si tratta del secondo della trilogia, e non so se vanno letti nell’esatto ordine cronologico. Ne sento parlare bene da tutti indistintamente… non vorrei che poi… sai com’è…
Come sta la zampetta di Miriam ?
Saluti e baci da un’accaldata Milano
ALESSANDRO, SGRIDACI SEMPRE! NOI SAPIENTINI MATURI.
Sgrida anche me, sempre! Vedi, nonostante le migliori intenzioni, noi maturi, grandicelli ex-prepotenti organizzati, cadiamo sempre nello stesso vizio: dicotomia assoluta fra il dire e il fare. I giovani???? Dobbiamo parlare dei giovani? Noi lo siamo stati e quindi sappiamo, e poi siamo giovani, non come i nostri vecchi che appunto, alla nostra età erano vecchi, ci siamo fatti le canne, e le nottate di musica e sesso, le bevute poi; abbiamo uno spirito giovanissimo, sappiamo tutto del rock e poi , io mi sento più giovane io dei miei figli!
Scusa se ho riassunto così il ragionamento, ma è più o meno quello che si verifica in ogni dove. Invece, servirebbe un dogma-pop: niente senza di loro, i veri giovani e passo indietro per noi, almeno a turno. Anche perché tutti insieme sarebbe un disastro; non tanto per quel senso di libertà un po’ rivoluzionario che disorienterebbe (forse), ma soprattutto pensando a quello che potrebbe succedere nelle retrovie, con noi impegnati in mille ciompesche strategie!
Bacioni, Miriam
@ Gluck.
la zampetta va! Non ho dolore, solo un gran fastidio per l’ingombro e le forzate acrobazie. Ma la mia qualità ossea è buona, quasi ottima! Mi hanno appena riportato il referto: è tutta opera di un caso bizzarro e anch’esso cieco, come la fortuna, che avanzando a tentoni percorre solo le vie conosciute.
Qui, ai piedi del monte c’è un sole tiepido e aria frescolina.
Alle mie mostre, ti aspetto!!!
🙂
@ Miriam,
ci credo che la tua zampetta vada… con tutto l’allenamento di fratture e fratturine varie che hai fatto, ormai sei una professionista !
Per le mostre, preavvisami all’indirizzo gluckenval@yahoo.it.
Buona giornata
“Essere” abbastanza “italiano” per tutti è cosa difficile, così come essere chiaro, cara Miriam, specie quando non scrivi in colonna (slang delle nuove generazioni per indicare la scrittura erudita), ma penso che ogni generazione abbia dei pro e dei contro e che entrambi servano a creare equilibrio. C’è chi continua a scoprire e a lavorare con i giovani o per i giovani (tu, per esempio, Miriam) e chi li colpevolizza per cose che a mio parere sono del tutto positive (Iannozzi). Le droghe cambiano e anche il modo in cui si approccia alla vita, ma la sostanza rimane la stessa, come le emozioni, come il falò di ferragosto sotto le stelle e una chitarra in mano. Iannozzi, l’hai presa come un fatto personale, io volevo solo mostrare, attraverso un tuo discorso elaborato alla rovescia che i giovani possono anche non sapere chi sia Salgari, ma hanno una loro cultura e vivono la loro conoscenza ugualmente, ma nell’era moderna.
Forse non guardano alla storia come a qualcosa che può aiutarli a capire il futuro, ma non c’è da biasimarli, visto che l’uomo dalla storia non ha mai imparato un c**o. Era ora che qualcuno cambiasse le cose.
Se tu rispondi dicendo che il mio discorso “non sai cosa sia, che non scrivo in italiano e che per capirlo dovresti improvvisarti filologo”, sei abbastanza ineducato da farmi pensare che a te, il sapere fa male e che forse tu dai giovani hai da imparare. Te lo dico solo perchè questa è casa di Maugeri, non mia e io le cose le dico con educazione. Ti ho fatto capire di essere italiano riscrivendo esattamente ciò che avevo scritto in precedenza. A volte per leggere qualcosa ci vuole un po’ di perspicacia e bisogna essere svegli, altrimenti (specie in casa d’altri) è meglio non rispondere che offendere. Non ti pare? Poi possiamo far finta di essere amiconi, bravi e belli, ma “live” ti sarebbee arrivato un calcio negli stinchi. Ci tengo alla buona educazione. Un abbraccio a tutti. Vado qualche giorno in Egitto a vedere le mie piramidi.
@Sergio
Quasi quasi mi commuovo. In effetti la tua assenza, quando non ci sei, la si avverte. Un saluto e ben tornato anche a te.
Tornando al commento di Enrico sui “Promessi sposi”. Commento ripreso da Massimo. Sono d’accordo. A volte una sfoltitina non sarebbe male per certi romanzi. Io attualmente sto leggendo “Identità distorte” di Maugeri. Un gran bel romanzo che mi sta prendendo molto, ma sono convinto che se si eliminassero i protagonisti, la trama, l’incipit, l’intreccio…potrebbe risultare addirittura un capolavoro
(faccina).
@Sergio. Un abbraccio.
@Miriam. Un bacione.
@ Salvo:
ci proponiamo per un post sulle sforbiciate?
Tu che pagine taglieresti? Zaub da Guerra e pace ha tagliato tutta la guerra; io dai Mandarini della De Beauvoir, taglierei tutto dopo il titolo… (forse sto esagerando, va be’)
grazie per il bacione, ricambio con una fraternissima stratta di mano.
🙂
Caro Sergio,
sì, si è sentita la tua mancanza, davvero!
E’ per me una nuova esperienza quella dei blog, ed è iniziata un paio di stagioni fa proprio qui con Letteratitudine; spesso cerco di capirla, questa nuova esperienza, provo a rifletterci su… mumble mumble… (sto riflettendo…).
Su “I promessi sposi” d’accordo con te, non si toccano, come non si toccano gli enormi romanzi-capolavoro di Tolstoj o di Dostoevskij, per esempio. Le pagine possono (devono) avere diversi respiri, come succede anche nella vita (e la frequenza del respiro può essere anche quella che abbiamo nel sonno… nulla di male).
Bacioni e abbraccioni,
Gaetano
Salvo,
io accorcerei anche il nome: perche’ ”Massimo Maugeri”? Basta ”M. M.”, no? Tanto chi lo conosce lo sa che e’ lui l’autore di ”I. D.” (invece del prolisso ”Identita’ distorte”).
Proponiamoglielo, al boss, ne sara’ felice!
@ Salvo (e, di riflesso, a Sergio)
Su “Identità distorte” avevo già provato a mettere in atto le indicazioni fornite da Salvo (niente protagonisti, trama, incipit, intreccio). Purtroppo ne è venuto fuori un libro troppo simile ai vostri.
(faccina a voi).
@ Alessandro Cascio e Giuseppe Iannozzi
Io credo che vi siate già chiariti abbastanza.
Se continuerete vi spedirò entrambi su un’isola deserta con l’opera omnia di Salgari tradotta in esperanto.
😉
—
dal punto di vista etimologica “esperanto” deriva dallo pseudonimo (Esperanto ‘colui che spera’) adottato dal suo inventore, il medico polacco L.L. Zamenhof (1859-1917).
lasciatemi sperare, via
—
Però se volete continuare non ho nessuna difficoltà a mettervi in contatto via mail.
Il solo romanzo fiume (contemporaneo) che ho letto con passione è stato IT di Stephen King. Ho provato con Desperation (sempre di King) e l’ho buttato a pagina 300. Preferisco leggere 3 romanzi da 200 pagine che uno da 600, ma sono controtendenza.
Gordiano Lupi
@ Salvo…
bentornato anche a te,amico…
Perdi il pelo ma non il vizio,però…
Appena ti arriva da lontano un incicucio che da qualche parte si mangia…ti butti subito a pesce! Va bene,va bene…E poi,la padrona di casa e arte culinaria, ti ha fatto invito riservato…Bene,bene…sopportiamo tutto,anche questo( capito,Alessandro Cascio!?…).
Però,nostro caro Salvo, non dimenticare di portare i cannoli( e dopo ti aspetteranno sempre i piatti!…)
Un caro saluto
Copione d’un Maugger!
Salvo e compagnia magnona: me state a fa veni’ er languore de panza! Basta, vi prego, coi piatti e i dolci siciliani, senno’ svengo qui davanti al computatore…
@….(politica…)
Berlusconi incarna il sogno meschino dei ” pesci piccolini”…
Straricchissmo,strapotente,che scopazza a destra e manca e comanda su tutto( sullo scopazzare, però,tendo a credere che sia soprattutto montatura…). Ce l’ha fatta non soltanto in maniera personale; ma avrebbe abbattuto un “sistema”,secondo i suoi fans.
E chi sono i suoi fans,chi lo vota? Guardiamoci in torno,sono parecchi(dalle mie parti in tanti hanno ricevuto anche 60 eur”i”.Qualcuno fu pure beccato, ma non se n’è fatto niente…).
Più che con Berlusconi, iniziamo a guardarci dentro…
@ Alessandro Cascio…
Mi va bene che scrivi in dialetto( adoro i dialetti e soprattutto il siciliano,che detta così, è generalizzato; però ti prego, traduci). Mi va bene pure che assaggi un po’ di cucina siciliana,però…tranne la pizza( che fatta in lombardia,nonostante l’arte di Miriam,insomma…)dobbiamo mangiare solo piatti siculi? E i piatti di Miriam?
Sei prepotente…
@ Salvo…
Mancava il tuo modo semplicistico,simpatico e intelligente di assottigliare i concetti( anzi di renderli leggeri).
Un romanzo,che sia lungo o breve,oltre al talento, penso che chi lo scriva debba attenersi soprattutto a qualche regola:
1 – NON ANNOIARE
2 – NON CEDERE A INSULSI E CONTROPRODUCENTI TENDENZE VENESIE E NARCISISTICHE
3- NON PENSARE DI SCRIVERE DI AVER SCOPERTO “L’ACQUA CALDA”
4- SCRIVERLO, COME DOVESSE LEGGERELO SOPARATTUTTO QUALCUNO CHE NON HA MAI APERTO UN ROMANZO( O MAGARI UN SEMIANALFABETA)
Ce ne sarebbe anche qualcun’altra,ma penso che quelle importanti siano queste. Oltre al fatto di comunicare Emozione(che comunque,capisco, è sempre personale).
Ciao caro
@ Miriam…
Controlla la post@
Gordiano,
“It” è un ottimo romanzo (peccato per quel finale un po’ insulso, però!).
Se ti interessa leggere un libro di Stephen King over mille (pagine) potresti cimentarti con “L’ombra dello scorpione” (versione integrale).
Ma che accoglienza!!! Sono onorato.
@Gianni. “…sullo scopazzare, però, tendo a credere che sia soprattutto MONTATURA…)” sei un dio. Sulle regole: so bene che stai parlando dei miei romanzi, ma non esageriamo.
@ Salvo…
Ho letto quì qualche tuo racconto( per i romanzi provvederò,prometto) e mi piace la tua scrittura.
– Ringrazio anche te, ma sono soltanto un “io”…E non cercare di arruffianarmi e distrarmi…TOGLI LE MANI DAL MIO PIATTO!!!
I romanzi lunghi, è stato già detto tutto,vale la pena leggerli?:certo,quando vale la pena!pur tuttavia, è troppo tardi se li apri e li richiudi subito per alcuni che risultano incomprensibili; quindi, romanzi lunghi se c’è il passa parola o la critica letteraria seria; invece, io preferisco un film che trovo più completo e fruibile subito e, quando, in DVD si può riprendere fare il ferma immagine e quant’altro per goderselo comodi a casa, con la morosa o assieme agli amici :certo, de gustibus, ma i contenuti accettabili trovati in un romanzo lungo equivalgono, secondo me, alla durata di un film dello stesso genere e d’autore per entrambi.
Segue%
Voglio sostenere che la lettura di un autore eccellente debba contenersi nel numero di pagine: ché così risulterà più comprensibile il contenuto e il rapporto stile di scrittura e lo sviluppo della storia ci renderà più compartecipi a livello immaginifico ed emotivo, oltre ad arricchire la nostra pur personale scrittura;invece, se aumentiamo le pagine, come la fattispecie da 600 in su, allora abbiamo bisogno di un lavoro creativo collettivo e non basta solo la buona scrittura: dobbiamo suonarla e cantarla la musica…..e un modo di dire che rende l’idea di una sceneggiatura,di una colonna sonora e della fotografia in un buon film.
Allora si!: Che i personaggi vengano liberati definitivamente e resi autonomi pubblicamente per meravigliarci,emozionarci, farci riflettere, anche con effetti speciali, e condividere con gli altri il tutto, da subito: così è per me quando vado al cinema o a teatro.
Luca
Caro Sergio,
pensa quanto mi sei caro!; quando non c’eri a Luglio, nella stanza di Miriam – che saluto e adoro e sottoscrivo sul gesso ginocchiera di Lei, per l’appunto – un intervento firmato con uno pseudonimo e che affermava Lui o Lei, non è dato di sapere, di amare, per lo più, la città di Trieste e Joyce e con il suo racconto surreale e sostanzioso che ho attribuito a te, forse, celato dal nickname ; ma tu eri in vacanza con la tua famiglia e senza internet. A dire il vero, poi, scoprire l’autore coperto dallo pseudonimo è diventato il mio tormentone, si fa per dire, estivo; ne sa qualcosa Miriam.
Allora caro Sergio: ci vuoi raccontare del tuo nuovo romanzo, ti va?
Un abbraccio affettuoso,
Luca
@ Parlato G:
Grazie! Poi ti rispondo con calma.
bacione
😉
@Miriam. Come, a lui mandi un bacione e a me “una fraternissima stretta di mano” Te possino…
Noooo, per favore togli il te possino…. sono già abbastanza sistemata!E’ che dopo cena le difese si abbassano.
🙂
bacioni, bacioni
@Miriam. Allora rinnovo il mio autoinvito a cena. Porto una grappetta dalla Sicilia che farebbe risuscitare anche i morti
Anche Salvo è siculo. Tutti da Maugeri allora, brindiamo alla memoria di Salgari. Traduco: Milinciane ammuttunate cu sucu ra tunnina (melenzane cotte in salsa di neonata). Gianni, una delizia. 😉
Ci si becca, parto tra 4 ore. Un abbraccio a tutti.
@ SIMONA
Help! spiegami cos’è la salsa di neonata?
@ Alessandro d’Egitto:
buon viaggio e godi…
🙂
@Gianni Parlato: grazie! Non ti avevo letto! Bentrovato a te!
@Miriam: Il “neonato” è un pesciolino minuscolo! Da noi si cucina fritto, ma c’è chi lo riduce in purea…e ne fa una salsa con capperi e pomodoro secco!
E’ buonissima!
Baciotti
@ Massimo
Ottimo consiglio hai dato a Gordiano!
@ Simona:
non te la cavi così! Quando verrò a trovarvi, voglio gustare la “neonata”.
Bacioni, bacioni…
la tua miriam
🙂
Perdonate l’intromissione nell’interessante discussione: essendo stato tirato in ballo (non ho capito il perché, ma non importa) come “giallista”, tengo a precisare che non ho mai scritto “gialli”: ho scritto due “noir”, e altri due romanzi né gialli né noir. Quale sia la differenza tra “giallo” e “noir” l’ho scritto più volte, ultimamente qui: http://www.carmillaonline.com/archives/2008/05/002649.html#002649
Questo non vuol dire che i miei libri siano buoni, o migliori, perché non sono “gialli”: semplicemente non sono “gialli”, se lo fossero sarei un narratore che si contraddice quando fa critica letteraria 🙂 .
Non ricordo di essermi mai “eretto a Pasolini”: ma davanti a una mia frase in tal senso (anche di un solo rigo) che mi venisse mostrata potrei ammettere di sbagliarmi. Prima però devo vederla, questa frase (mia: non di altri che parlano di me).
Motivi:
– se sei in viaggio o in spiaggia o in treno meglio un mattonazzo di questo che due tre riviste (concordo con chi l’ha scritto);
– per molti grosso libro vuol dire libro di qualità, come se si scrivesse al chilo tipo i macellai, del maiale non si butta via niente, nulla togliendo alla nobile categoria (dei macellai e dei maiali);
– voler restare avvinti ad una storia il più a lungo possibile, evadere… litri di inchiostro sono stati spesi sulla Triviallitteratur, la letteratura di consumo, che risponde a precisi bisogni del lettore.
Io come romanzi fiume ho letto solo King, che considero comunque un ottimo narratore che sa il suo mestiere. Anche “Via col vento” è un romanzo fiume che ho amato molto, documentato benissimo – la Mitchell consultava storici e leggeva due tre versioni dello stesso evento prima di scrivere – e ben scritto.
Per il resto diffido. Anche se amo sorprendermi e sbagliarmi.
Bentornato Sergioooooooooooooooooooooooo!
@ Girolamo De Michele
Benvenuto a Letteratitudine!
🙂
Ti ringrazio per la precisazione. Hai fatto bene.
E grazie anche per il link.
In effetti eri stato citato insieme ad altri in un commento qui sopra che mi era sfuggito (e che, per la verità, non era direttamente collegato con il dibattito).
Ti porgo le mie scuse.
@ Standbyme
In effetti “L’ombra dello scorpione” più che un romanzo-fiume è un romanzo-mare.
🙂
Ti è piaciuto?
Per me il migliore di King rimane comunque “Misery”.
Alcuni dei vostri commenti qui sopra mi hanno fatto venire molta (ma molta) fame.
Siete pericolosi!:)
Anch’io sono d’accordo con l’articolista.
@ Simona…
Ancora Ciao…ma di questa “neonata”,invece di darci soltanto la spiegazione scritta, perchè non ti proponi di farcela assaggiare?( visto che l’Alessandro prima sfrocolea(provoca) e poi si dilegua…).
@ Massimo…
abbiamo scoperto il tuo punto debole, ora sapremo come minacciarti…
E se aggiungessimo un bel piatto di spaghetti alle vongole (con brandy e peperoncino) con del buon Fiano di Avellino…e magari due salscicce con friairielli? E poi per dolce,babà,sciù,sfogliatella…( la sciù accompaganata con il Barolo chinato?…)
Non rispondi? Mica sarai già in rianimazione…o a tavola?
@ Gianni:
che cos’è il Barolo chinato?
@Miriam…
è un tipo di vino-liquore da dessert, che va consumato soprattutto col gianduiotto, oppure, con crema di cacao non molto dolce( se conosci la sciù,per esempio…)comunque, la sua “morte” è col gianduiotto,ovviamente( Barolo, Piemonte…). A me piace molto,assaggialo.
Massimo, apprezzo la tua cortesia, ma non sei tu che devi scusarti.
Ne approfitto per dire che: Stephen King sostiene che i suoi lettori si dividono in due schiere: che ritiene il suo apice la serie della Torre Nera (uno accanto all’altro, siamo a un romanzo-fiume di dimensioni Mississipi-Missouri), l’altra che parteggia per “L’ombra dello scorpione”. Due capolavori, ma la cosa mi spiazza: il mio King preferito è “It”, senza se e senza ma.
Prendo nota del Barolo chinato, che prima o poi… 🙂
@…
chiederò giuste provvigioni al consorzio piemontese,per il Barolo Chinato…
Ma ….il Maugeri dov’è?… Mi preoccupa,quast’assenza….
Caro Girolamo,
invece mi scuso… perché sono il responsabile e il creatore di questo piccolo luogo d’incontro virtuale.
–
A proposito della serie della “Torre Nera”, mi ricordo che King pensò a quei libri come i capitoli di un unico grande romanzo. Be’, in tal caso saremmo proprio di fronte a un romanzo-oceano. 🙂
“L’ombra dello scorpione” inizialmente uscì in versione ridotta, ti ricordi?
Persino Stephen King dovette cedere alle pressioni dell’editore, che giudicò troppo lungo il testo originario. Però poi si rifece (e la pubblicazione integrale vendette pure parecchio)!
La grandiosità di “It” sta nella costruzione dei personaggi. Nella loro caratterizzazione. Nella loro crescita.
Non trovi?
Davvero ottimo.
Gianni, sono qui… ma se dobbiamo parlare di cibo bevande conviene trasferirsi ne “La camera accanto”:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/07/17/la-camera-accanto-5%c2%b0-appuntamento/
Lì c’è pure bella gente che serve ai tavoli. Ed è tutto gratis.:)
Luca Gallina e Marilu’, ciao belli!
D’accordo: beccatevi l’incipit, intitolato ”Prosit!”, del mio romanzo inedito ”Adesso a Roma piove”… e ditemi se si attacca per bene agli occhi o vi strazia le retine…
Baci e abbracci
Sergio
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/07/17/la-camera-accanto-5%c2%b0-appuntamento/#comment-38630
Sergio,
ho spostato l’incipit del tuo romanzo inedito ne “La camera accanto”.
In tal modo chi vorrà, potrà interagire con te e discutere di questo tuo nuovo… inizio.
Giusto, Maugger! (Appena tornato ai computatori e affini, non so ben regolarmi sugli spazi ”ad hoc” per le varie cose).
In bocca al lupo per il tuo nuovo romanzo, Sergio.
E buonanotte a tutti.
Ricordo, Massimo. Infatti l’ho letto due volte, in versione ridotta e non. La versione integrale è senza alcun dubbio migliore, e la lunghezza maggiore non si sente nella lettura. Probabilmente il segreto dei romanzi-fiume sta in questo: che non ti accorgi della loro lunghezza finché ci sei dentro. Però King è spesso grande anche nella media, o breve, durata. Per lui, come per tutti, ci sono storie che “esigono” una narrazione distesa, e storie che “chiedono” una narrazione breve: credo ci insegni che quello della lunghezza è un falso problema, no?
@ Massimo
A proposito di romanzo “oceano” visto che è stato citato desidero lasciarvi la mia recensione su “LA TORRE NERA”
Sette volumi, 4’419 pagine, 34 anni di tempo per quest’opera (15 per i lettori italiani) che termina con la stessa frase con cui è iniziata “L’uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì”. Proprio questo particolare mi spinge a paragonare questo ciclopico lavoro ad un lungo, lunghissimo spettacolo di fuochi d’artificio che di solito inizia con tre colpi forti, gli stessi tre colpi che pongono fine alla rappresentazione pirotecnica. Nelle prime quattro fasi dello spettacolo i fuochi sono stati stupendi: colori sfavillanti, rossi, verdi, gialli, bianchi che si alternano nel cielo nero della notte con armonia, grazie alla bravura del Mastro artificiere. Colori, rumori, fruscii (le cascate di fuoco) che rapiscono gli spettatori e donano loro emozioni forti, li fanno sognare e, anche ai più intrepidi, fanno battere il cuore. Ma poi viene la quinta parte: le luci si affievolisco, i colori perdono lucentezza, il ritmo è più lento, sembra quasi che abbiano preso umidità. Ma è alla sesta parte dello spettacolo che molti spettatori, delusi e ingrati, cominciano ad andar via: la maggior parte dei missili non partono proprio e quelli che a fatica raggiungono il cielo fanno un timido e insulso “Puuuffff”. Sembra che il Mastro artificiere abbia perso tutta la sua abilità, il grande artista non c’è più e viene abbandonato dai più… ma eccoci alla fine: i fuochi timidamente riprendono forza, cominciano ad andare sempre più in alto, sempre più luminosi, più belli; tornano ad essere fantastici e a riempire di gioia i (pochi?) spettatori rimasti che, piangendo, applaudono e “dicono grazie e lunghi giorni e piacevoli notti.” al Mastro artificiere mentre la Torre nera è illuminata a giorno. Il finale identico all’inizio lo voglio interpretare come un monito ad ognuno di noi: qualunque sia la tua missione, quando pensi di averla compiuta non puoi sederti in poltrona e riposarti: ne hai altre da portare a termine. Triste? Forse, ma la realtà è questa.
Standbyme, grazie per la tua recensione sulla “Torre nera”.
Sei un lettore oceanico!
😉
Caro Girolamo, ma certo che quello della lunghezza dei romanzi è un falso problema (anzi, non è affatto un problema). Io stesso qui sopra ho citato, come es., “Il vecchio e il mare” di Hemingway.
L’obiettivo del post, però, era discutere (partendo da quell’articolo di Pacchiano) se è vero o no che, oggi, i romanzi-fiume riscuotono più interesse rispetto agli anni scorsi e, eventualmente, stabilirne le ragioni.
Da un argomento futile ne è venuta fuori una discussione – a mio avviso – interessante.
Scrive Iannozzi:
“Non posso far altro che darti ragione sull’ignoranza che dilaga e sui scarsi valori”
Appunto.
Caro Luca,
mi scrivi ”quando non c’eri a Luglio, nella stanza di Miriam – che saluto e adoro e sottoscrivo sul gesso ginocchiera di Lei, per l’appunto – un intervento firmato con uno pseudonimo e che affermava Lui o Lei, non è dato di sapere, di amare, per lo più, la città di Trieste e Joyce e con il suo racconto surreale e sostanzioso che ho attribuito a te, forse, celato dal nickname ; ma tu eri in vacanza con la tua famiglia e senza internet. A dire il vero, poi, scoprire l’autore coperto dallo pseudonimo è diventato il mio tormentone, si fa per dire, estivo”.
Ohibo’: non era il mio, quel racconto… ma adesso dovro’ leggerlo, eh!
Abbraccioni
Tuo
Sergio
Ciao Massimo, ciao a tutti. Secondo me quella del “passaparola” è un’invenzione dei grandi editori. Sto leggendo “Uomini che odiano le donne”, non perché me l’abbia detto qualche amico direttamente, ma perché tutti i giornali dicono che un passaparola dice che è un bel libro (ammetto che con L’eleganza del riccio, la cosa è servita ugualmente per farmi conoscere un bel libro, ma già con Il cacciatore di aquiloni avevo avuto le mie perplessità).
Così, per dire. Saluti,
Paolo
Ciao, Paolo.
Ti faccio tanti in bocca al lupo per il tuo nuovo romanzo: “Dopo le nuvole”
http://www.dazebao.org/news/index.php?option=com_content&view=article&id=1372:dopo-le-nuvole-di-paolo-izzo&catid=71:letteratura&Itemid=167
LA REGINA DEI CASTELLI DI CARTA di Stieg Larsson (Marsilio, 2009)
E’ appena uscito ed è già primo in classifica…
Giovanni Pacchiano, sulle pagine del Domenicale del Sole24Ore lo esalta… Carlo Fruttero, invece, ne parla male.
Credo che i lettori si siano tuffati in libreria a prescindere…
Aspettavano il terzo volume della saga “Millennium”.
Peccato che la saga “Millennium” non abbia aspettato Larsson (leggete il pezzo di Montefiori).
Trovo che sia una cosa tristissima.
Gia’, triste destino, ohibo’. Pero’, al di la’ dell’uomo Larsson, che piango, devo dire di non fidarmi di Pacchiano e di non considerare Fruttero un grande autore. Voci poco autorevoli, a mio avviso, queste – e nemmeno io lo sono, autorevole, infatti non scrivo sui grandi giornali.
Pero’ mi sembra che l’esterofilia italiana stia ora raggiungendo un obiettivo controproducente: la sterilita’ dei nostri autori – o perche’ bravi come gli stranieri ma ignorati dai nostri editori o perche’ imitatori degli stranieri e dunque non italiani. Sara’ il caso di tornare ad essere se stessi, di continuare ad essere diversi dagli stereotipi di ogni tipo insomma. Autori tosti.
Poi chiedo su questo autore: scriveva romanzi di tipo vagamente New age o era diverso? Sarei curioso di conoscerne l’opera.
Con partecipazione
Sergio
Caro Sergio, temo che lo Stieg Larsson romanziere nasca e muoia (è proprio il caso di dirlo) con la saga “Millennium”.
Pacchiano – che piaccia o no – è una delle voci più autorevoli del “Domenicale” del Sole (e della carta stampata italiana, direi).
Carlo Fruttero ha una grandissima storia di autore alle spalle (soprattutto in coppia con Lucentini… ne abbiamo parlato altre volte).
Sergio, il “caso Larsson” non è un problema di esterofilia italiana. È un vero e proprio boom planetario (leggi l’articolo di Montefiori).
E considera che l’autore non è (anzi, non era) né americano, né anglosassone. È (anzi era) svedese.
D’accordo, Massimo. Io pero’ la penso comunque cosi’: posso dirlo senza offendere nessuno, no? La fama non mi impressiona: contano i contenuti.
E infatti ho chiesto nel precedente intervento una cosa che ripeto: sarei curioso di conoscerne l’opera… intendo: puoi parlarmene tu, visto che l’hai letta ed io no? Me la presenti, quest’opera tanto apprezzata nel mondo?
Grazie
Sergio
P.S. Per Massimo,
intendo dire che gli articoli riportati non mi bastano, sarei contento di avere un colloquio con te o con altri conoscitori di Larsson per averne uno spaccato critico piu’ personale e completo. Ecco adesso ho detto tutto.
Ciao
Sono una appassionata di libri e soprattutto di gialli. Il primo volume della saga mi è stato regalato da un’amica che a sua volta lo aveva ricevuto in regalo e mi ha fatto promettere che se mi fosse piaciuto, non avrei interrotto questa catena che andava avanti da almeno dici persone. L’ho letto in tre giorni, nelle situazioni più assurde per quanto mi ha catturato. E più ne parlo più sento intorno a me quanti fan di Larsson ci sono….
sarei molto curiosa di leggere larsson,una cara amica di cui spesso condivido i gusti letterari me lo ha consigliato.Il mio problema è che sono una simenoniana convinta e cronica malata,perciò per me giallo,nel senso più ampio del termine e non riduttivo come per molta parte della critica letteraria è stato,è solo e sempre il George Simenon amatissimo.Purtroppo come molti sanno iniziare a leggere Simenon significa sperare di avere molte altre vite a disposizione per conoscerne l’opera omnia,siamo così incapaci che non basta una vita nostra a leggere ciò che lui ha scritto in una parte della sua.Questa passione mi limita un pò nella considerazione da dare agli altri scrittori del genere.
cari saluti
…D’altronde neanche Napoleone e’ fuori dai dubbi sulla sua statura effettiva di uomo politico, militare e statista: ”Fu vera gloria? / Ai posteri l’ardua sentenza…”’
Siamo proprio sicuri che oggi abbiano successo i romanzi fiume? A mio parere oggi (forse come ieri) hanno successo le cose peggiori, quelle molto pubblicizzate. Vale per la letteratura come per il cinema, ma pure per la televisione. Il brutto reclamizzato scaccia il bello che nessuno sa che esiste. Mi pare che l’ha detto pure Corrado Augias…
Gordiano Lupi
Quando uno scrittore se ne va, è come se si spegnesse una lucina nel buio di questo mondo… speriamo che si accenda nel mondo di là, nel quale il dono delle lingue cesserà – e quello della parola? Una cosa che “temo”, avendo dedicato buona parte della mia vita ad essa. Beatrice legge nella mente di Dante senza che egli parli. E i suoi versi che fine hanno fatto nel mondo di là? Scusate la divagazione…
Non so niente di questo scrittore ma la cosa mi incuriosisce…
I romanzi-fiume hanno successo – a mio parere – perché impegnano (o costringono) il lettore a trattenersi sulle pagine a lungo, aiutandolo in un certo qual modo a fargli trascorrere il tempo assaporando l’abbandono lieve, la calma, la rilassatezza. Sono adatti, a volte indispensabili, nei lunghi tragitti, in treno o in aereo, oppure durante le degenze nelle stanze d’ospedale o delle case di riposo, oppure in vacanza, accomodati sulla sdraia lungo la spiaggia, all’ombra di un ombrellone, o sul pianoro di un colle o di una montagna, sotto qualche pianta frondosa o a tu per tu col cielo, oppure – semplicemente – chiusi in casa, prima di andare a dormire, sostituendo la lettura al programma televisivo di una noia micidiale, oppure – ancora – per abituarsi alle meditazioni o alle riflessioni esistenziali, piano piano, fingendo a volte di leggere o trascurando capitoli interi …
I romanzi-fiume non li sopporto nel senso che non riesco a leggerli fino in fondo per un nervosismo, un’irrequietezza insopprimibile che mi prende non solo quando li afferro, ma anche quando li vedo esposti in vetrina. Chiaro che se fossi costretto a leggerli, diventerebbero un vero supplizio e reagirei di brutto. Sarà perché non sono abituato, o perché amo andare subito al sodo, ovvero arrivare il più presto possibile alla fine per capire quale messaggio l’autore intenda trasmettermi o dove voglia parare. E questo vale anche per i film, le cerimonie, i convegni …
Un esempio? Mesi fa, durante il ricovero in ospedale insieme a un frate appassionato di thriller e noir americani corposissimi (i familiari gli avevano portato solo il breviario e la corona del rosario), mi rifiutai categoricamente di leggerli, i suoi thriller e noir, nonostante le insistenze. Avrebbero accentuato le mie sofferenze. Non sto scherzando.
Del resto, ciascuno di noi ha un proprio abito mentale, una sua inclinazione, un proprio tratto caratteriale, un vissuto unico. E una propria esperienza incisiva, avuta magari in gioventù.
Difatti, ho ancora impresso nella mente l’ammonimento, peraltro cordiale, contenuto nella risposta che Natalia Ginzburg mi diede dopo che proposi a Einaudi un mio romanzo corposo. “Hai scritto – riporto a spanne – trecento pagine quando ne avresti potuto scrivere cento, centocinquanta al massimo. La coincisione è una dote preziosissima nella scrittura ed è una capacità rara”. Dello stesso avviso era anche Mario Rigoni Stern, che lesse benevolmente alcuni miei lavori letterari per darmi dei suggerimenti.
Un saluto, Ausilio Bertoli
Non credo sia lunghezza a stabilire se un romanzo è buono oppure no. Una cosa è certa: è più semplice scrivere una porcheria di 100 pagine, che una porcheria di 1000 pagine. Quantomeno ci si mette meno tempo e meno fatica.
Ho letto il primo romanzo di Larsson e non me ne sono pentita. Ora sono al secondo. Poi passerò al terzo.
Erri De Luca è bravissimo e scrive cose molto brevi. Altri sono prolissi e pallosi. Non ci sono regole.
Lupi
Appunto, non ci sono regole. Per me i libri di Larsson sono belli anche se lunghi.
In bocca al lupo a Gordiano per il suo futuro di traduttore Rizzoli.
Il libro in questione è quello della cubana YOANI SÁNCHEZ.
@ Sergio
Sto iniziando a leggere il primo volume della trilogia e al momento non sono in grado di effettuare mie personali valutazioni critiche.
In questo post mi interessava analizzare il caso “editoriale” Larsson legandolo a quello dei c.d. “romanzi fiume”.