Dedichiamo la nuova puntata della rubrica Graphic Novel e Fumetti di Letteratitudine al nuovo numero di LINUS dedicato alla figura di Pier Paolo Pasolini (il 5 marzo ricorrerà il centenario della nascita)
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PIER PAOLO PASOLINI
Io so. Ma non ho le prove.
Illustrazione di copertina di Francesco Ripoli, pp. 120, 6 euro
Con un’intervista di Alessandro Gnocchi a Walter Siti in occasione della nuova edizione di Petrolio, l’ultima intervista rilasciata a Furio Colombo, un poema di Sandro Veronesi, un racconto di Elisabetta Sgarbi su un recupero salvifico di alcuni disegni di Tullio Pericoli a PPP, la storia del rapporto tra Totò e Pasolini a cura di Goffredo Fofi, una favola di Ascanio Celestini, il suo cinema raccontato da Giuseppe Sansonna; illustrazioni e storie disegnate di Davide Toffolo, Sara Fabbri, Alice Iuri, Sebastiano Vilella, Giuseppe Palumbo, Sergio Algozzino, Danilo Maramotti, Massimo Giacon.
Strisce e fumetti di: Paolo Bacilieri, Walter Leoni, Tom Gauld, Kerr/Boisserie/Warzala, Leila Marzocchi, Stephan Pastis, Charles M. Schulz, Bill Watterson.
Un racconto sull’ora illegale di Antonio Rezza.
Rubriche di: Loredana Lipperini, Andrea Fornasiero, Stefano Salis, Alberto Piccinini, Vanni Santoni.
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di Igort
“Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”.
Le parole di Pier Paolo Pasolini, scritte in un editoriale del Corriere della Sera, pubblicato nel 1974, un anno prima della sua morte violenta, suonano come un lascito. Un’eredità importante, che dovrebbe farci riflettere sul ruolo di un intellettuale oggi. Pasolini è stato tante cose. Un poeta, un narratore, un regista, un intellettuale tormentato, che non ha esitato a percorrere sentieri anche impervi per mettersi a nudo. Come il suo contemporaneo Mishima, Pasolini era un uomo pieno di sfaccettature, divorato da una insaziabile curiosità e da un altrettanto smisurato talento. “Tu dappertutto, con la tua passione di tutto”, scrisse di lui il raffinato Andrea Zanzotto, come lui poeta, di lui amico sin da ragazzo.
Ma non è per la versatilità che parliamo di Pasolini oggi, quanto probabilmente perché quella strana e feconda alchimia faceva sì che nel ventre delle idee e delle invenzioni queste contraddizioni potessero convivere in maniera non lineare, fare frizione, provocare lo scoccare di scintille creative che rimbalzavano in percorsi mai scontati e spesso stupefacenti. Contraddizioni di una vita personale e di una vita intellettuale in ebollizione.
Il suo non essere rassicurante, come si è scritto, è una cifra. Pasolini sottrae certezze, le sue domande, asserzioni polemiche, prese di posizione irregolari aprono fessure, feriscono, sfregiano quadri prestabiliti. Perfino nell’ossessiva ricerca di una bellezza autentica e non superficiale, Pasolini sembra indicare una strada, perché la bellezza per PPP è nella polvere, va cercata altrove, non nei luoghi deputati. Pasolini è un essere onnivoro disposto a restituire alla vita, attraverso le sue opere, quel che alla vita ruba.
Oggi, a cento anni dalla sua nascita, Pasolini l’irregolare crea dei problemi di catalogazione.
Per lui neppure il tempo che passa concede, a leggerlo attentamente, una visione piana, pacificata.
E dopotutto questo è un bene, poiché non abbiamo bisogno di santini per capire i poeti, non abbiamo bisogno di essere consolati, non abbiamo bisogno di prove, abbiamo bisogno di stare sulla strada per respirare il vento che la tempesta del vivere porta con sé.
[ dall’editoriale di Igort ]
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