Il nuovo appuntamento dello spazio “POESIA” di Letteratitudine lo dedichiamo a Valentino Zeichen (Fiume, 24 marzo 1938 – Roma, 5 luglio 2016) in occasione della pubblicazione del volume “Le poesie più belle” di Valentino Zeichen (Fazi editore).
Di seguito, alcune poesie estratte dal volume (per gentile concessione dell’editore).
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Estratti da Le poesie più belle, Valentino Zeichen
L’amante della poesia
Col proposito di disciplinare
la vita stampata che
assai più della vera, recalcitra
apparecchio il letto
che per gioco somiglia
alla tavola d’un banchetto
con prelibate pietanze:
ritagli di giornali con elogiative
recensioni ai miei libri.
Il piatto forte consiste
in mie foto a colori
pubblicate su riviste: profili,
mezzibusti, l’interafigura!
Giunge l’amante della poesia
evita gli approcci fisici
e s’inginocchia radendo
con le labbra i miei ritratti.
La sua foga fa ben sperare
ma nondimeno m’allarma;
osservo le carte gualcirsi
le teste spiegazzate,
sciupate dal passionale trapestio.
Ora l’amante della poesia rivolge
le sue attenzioni all’originale
ma, la vedo come interdetta
poiché non mostra di saper distinguere
fra me e le copie cartacee.
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A Evelina, mia madre
Dove saranno finiti
la veduta marina,
il secchiello e la paletta,
e i granelli di sabbia
che l’istantaneo prodigio
tramutò in attimi fuggenti,
travasandoli dal nulla
in un altro nulla?
Dove sarà finito l’ovale
di mia madre
che fu il suo volto e
che il tempo ha reso medaglia?
Perché non mi sfiora più
con le sue labbra,
dove sarà volato quel soffio
che raffreddava la
mia minestrina?
Dove le impronte di quel
lesto e disordinato
sparire delle cose?
In quale prigione di numeri
è rinchiuso il tempo?
Rispondimi! Dolore sapiente,
autorità senza voce.
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Artisti
Più che la poesia e le subdole manovre
degli addetti alle poetiche
per spartirsele, io amo
fare vita d’artista.
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Poesia
Si dice che la poesia
manchi di vero slancio,
che non sappia più volare
poiché non più sorretta
dai grandi angeli alati.
Che farci? È un mondo
di poeti atei che volano
preferibilmente in aereo.
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(Riproduzione riservata)
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Dalla “scheda del libro“
«Presso tutti gli uomini», dice Omero nell’Odissea, «i poeti godono della massima venerazione e di rispetto, perché la Musa ha insegnato loro il canto e ha cara la stirpe dei poeti».
Per quarant’anni Valentino Zeichen ha passeggiato per le vie romane consapevole che i poeti non erano più venerati come al tempo dei greci, ma che, se fosse stato vivo, Omero lo avrebbe celebrato come un grande. Moravia non a caso l’aveva riconosciuto come «un Marziale contemporaneo» e altri nel tempo hanno definito questa figura di poeta sui generis «un libertino minimale settecentesco» (Ferroni), «un Gozzano dopo la Scuola di Francoforte» (Pagliarani), un neoclassico beffardo, un dandy, un flâneur, un neo liberty, un hidalgo.
Oltre che grande poeta, Zeichen è stato un personaggio la cui vita e le cui opere sono già diventate leggenda insieme ai suoi sandali francescani e alla baracca dietro piazza del Popolo in cui, da austro-ungarico trasferitosi a Roma, ha vissuto nello «sdegnoso rifiuto di un qualsivoglia lavoro e con violenti attacchi alla civiltà dei consumi», come ha avuto modo di scrivere Valerio Magrelli. Non è vero quello che spesso hanno sostenuto i critici, e cioè che la “ragione” fosse unicamente al centro dei suoi componimenti. Al contrario, Valentino Zeichen ha messo subito a nudo il “cuore” in una delle sue prime poesie: «Presumibilmente, / sembro un poeta di alta rappresentanza / sebbene la mia insufficienza cardiaca ha per virtù medica il libro Cuore». E non è neanche vero che Zeichen fosse un antilirico. A riprova di ciò, basta leggere alcune sue poesie sulla madre, Evelina, e sulla fanciullezza passata a Fiume, per rendersi conto che nel suo caso l’etichetta di antilirico non ha alcun senso.
Il problema di Valentino Zeichen è stato quello di essere un gigante in mezzo ai nani. Nel primo anniversario della morte, che il libro intende celebrare, si ricordi che questa notevole figura di poeta, che nei suoi versi importò anche temi difficili e raramente trattati come quelli riguardanti la geopolitica, la chimica e la scienza, sue grandi passioni, è sempre stata ignorata dai maggiori premi letterari. Fuor di polemica, con questo omaggio che intende raccogliere le sue poesie più belle, si vuole ricordare il poeta, l’amico e soprattutto un uomo che, con la sua coerenza intellettuale e il suo rigore, ha lasciato un segno indelebile nel mondo culturale italiano.
La mira dell’artista
deve essere superiore
a quella dell’arciere
poiché punta all’infinito.
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Nato a Fiume ma trasferitosi a Roma subito dopo la guerra, Valentino Zeichen è stato uno dei maggiori poeti italiani del suo tempo. È presente nelle più importanti antologie di versi e negli anni ha pubblicato svariati libri esplorando i generi letterari più diversi, dal romanzo al dramma teatrale. Tra le raccolte di poesie: Area di rigore (1974), Ricreazione (1979), Pagine di gloria (1983), Museo interiore (1987), Gibilterra (1991), Metafisica tascabile (1997), Neomarziale (2006) e Casa di rieducazione (2011). Negli Oscar Mondadori è apparsa la raccolta di tutte le sue poesie, con una prefazione di Giulio Ferroni. Per la Fazi Editore, ha pubblicato Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio (2000), Passeggiate romane (2004), Aforismi d’autunno (2010), Il testamento di Anita Garibaldi (2011) e La sumera (2015).
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