Novembre 19, 2024

144 thoughts on “QUOTE ROSA IN LETTERATURA? IL CASO CAMPIELLO

  1. Il mondo della letteratura italiana necessita, forse, di “quote rosa”?
    Ritenete che le scrittrici siano state (e siano tuttora) penalizzate?
    Se sì, cosa fare per assicurare un maggiore “equilibrio”?

  2. Non credo che in molti saranno d’accordo con me.
    E lo capisco, perchè hanno un percorso logico che trovo onorevole e condivisibile.
    Io trovo questa scelta, anche se applicata a una sola edizione o forse inragione di questo, per i miei personali intendimenti, utile. Esattamente come sono favorevole alle quote rosa in politica. Ciò non perchè io ritenga vi sia una fortissima discriminazione nei confronti della letteratura al femminile – anche se spesso ho la sensazione che se tutte le donne lettrici sanno apprezzare la scritttura maschile, solo una parte di uomini lettori sanno apprezzare la letteratura al femminile – ma perchè ritengo che il problema delle donne è che la discriminazione si gioca su altri spazi: gli spazi per cui a loro viene detto: non fare questo e quest’altro, per te non c’è posto. Non c’è cielo, non c’è carriera.
    Esempio: mio marito e accademico
    Mia cognata è commessa.
    Mia cognata è una donna molto intelligente: ma se mio marito faceva sega a scuola erano botte, se non ci andava lei sti cazzi.
    Io capiso che esista una percezione per cui la letteratura possa sentirsi penalizzata, anche se, ripeto, questo può essere uno stratagemma per riconsiderare la scrittura femminile spesso squalificata perchè non sulle stesse corde della modalità maschile (cosa non ho letto su quella poveretta della Lessing!) – ma sotto il profilo politico sono solo che contenta.
    Buon Lunedi a tutti:)

  3. (Uh, e poi posso dirlo posso dirlo posso dirlo?
    ho avvicinato due cose di Orengo: un libro da lui scritto, di una piccineria imbarazzante, e una trattoria da lui indicata a Burano. Pessima.
    Non mi fiderei. )

  4. Ho apprezzato sia il pezzo breve di Orengo, che l’articolo sfottò di Zincone.
    Bravi.
    Io mi sono rotto le scatole di questa storia delle quote rosa ovunque. Ma basta. Ma poi bisogna distinguere tra libri maschi e libri femmina? Che differenza c’è tra scrittura maschile e femminile? Me lo sa spegare lei, zauberei? Io non la colgo.

  5. Questa cosa di aver tentato di scegliere una cinquina al femminile è semplicemente ridicola.
    ma per favore……….

  6. Cara Zauberei, posso dire:
    ho la percezione che le donne a cui tu ti riferisci siano proprio quelle che non si accontentino solo degli onori, ma ambiscano a molto di più: e che la letteratura al femminile, nella stragrande maggioranza, di quella presentata devo dire con grande rispetto e dedizione dal nostro ospite ospitale Massimo Maugeri: riguarda, parla, sviluppa narrazione al femminile; e allora? due sono le considerazioni che voglio fare:
    1 – la scrittura letteraria non è ne al maschile, né al femminile.
    2 – scrivere è diventata una vera e reale professione, che solo agli editori spetta,oggi più che mai, valutare la narrazione dello scrittore e la tendenza ad ampliare la quota rosa in tutti gli ambiti nella nostra società – ed apprezzare, quindi, la prevalenza di lettrici donne -, nella realtà del loro mercato editoriale e che acquistano libri non solo lettrici quindi ; e, inoltre, se si coniugasse la quota rosa per le scrittrici con quello che hanno da dirci anche al maschile? Perché No?
    Segue%

  7. Segue%
    Non per ultimo, rimane il pregiudizio a cui giustamente si riferisce la nostra amica di scrittura Zauberei della posizione dominante maschile in tutti gli ambiti: ma signore in ascolto siamo proprio sicuri che sia così? E chi lo può dire con certezza un uomo, forse? E agli uomini banalizzare, se non sono veramente dei trans -gener , diventando donne per compiacere gli editori e il mercato: potrebbe significare, anche, un atto d’insicurezza letterario?, e nel contempo rinnegare che l’uomo, in teoria, apprezza la diversità dei generi e auspica la loro integrazione; in buona sostanza, la scrittura letteraria non è ne femminile, né maschile: ma solo buona letteratura o cattiva letteratura, forse?
    Ciao Zauberei, posso dire
    Un abbraccio stimoso e affettuoso e puntiglioso semper,
    Luca Gallina

  8. P.S. Caro Massimo: personalmente, se ne avessi facoltà, il mio voto al Campiello andrebbe al nominato: Paolo Di Stefano che conosco e apprezzo come scrittore e giornalista e che ti ha ospitato nel suo blog in un’occasione, che io colsi per diventare un nuovo vostro amico in Letteratitudine – circa un anno fa.
    Ciao,
    Luca Gallina

  9. Zauberella ama le polemiche. Se non le trova se le inventa.
    🙂
    Ma stavolta non la seguo neanche un pò.
    La smania di applicare il politically correct anche alle melanzane sfocia nel mentally absurd (l’avevo già detto in altro post, dove si parla di premio Strega) se non nel deficential perfect. E qui è proprio un caso lampante.
    E non mi tocchi Orengo!!! (ho letto il “Salto dell’acciuga” e l’ “Intagliatore dei noccioli di pesca” ed erano chicche, altro che piccinerie).

  10. L’intagliatore!

    Io un’ poolemizzo sei te che polemizzi:) ero la prima Carlisso:)
    Luca sono d’accordo.
    Ma anche la politica non ha un colore, e tutte le cose possono avere tutti i colori.
    Di fatto però questo è un traguardo. Io so che ha ragione Carlo, se si decide di avere a cuore più la letteratura presente della situazione femminile.
    Io egoisticamente, ho più a cuore quella, e uso qualsiasi mezzo per migliorarla. Al momento in questo paese le quote rosa, mi paiono un tramite necessario, Che poi scomparirà, come è stato in USa, che le introdussero in politica per un momento di transizione necessario, e poi le hanno dismesse.
    Magari voterei anche io Di Stefano. Esattamente come potrei votare un uomo con le quote rosa. Ma questo è un passaggio successivo.
    Anche io abbraccio puntigliosamente LUca Gallina:)

  11. Stiamo scherzando? Già le quote rosa sono assurde nella politica, ci manca solo che ci siano ‘riserve indiane’ anche nei premi letterari!
    Buon lavoro.

  12. Massimo nzei contento?:)
    guarda quanti belli commenti riottosilli:)
    Rispondo al signor Mauro.
    Per il momento esiste una diversità tra femminile e maschile, che è cause sostanzialmente culturali, destinate forse un giorno a non esserci più. Non so cosa succederà: di fatto esperienze storiche diverse, routine diverse, stimolazioni diverse, producono soggettività diverse. Una casalinga non scriverà le stesse cose di un uomo che sta a casa. Molte intellettualesse non scriveranno nelle stesso modo di un intellettuale. Trovo per esempio Cormac McCarthy uno scrottore estremamente maschile. trovo l’eleganza del riccio un libro squisitamente femminile. L’unica scrittoressa che mi viene in mente capace di uscire dal genere – ma non ne vado pazza – è la yourcenar. Una grande scrittirece che se potessi scrivere come lei mi taglierei un braccio, è la Morrison.
    In ogni caso, queste sono esperienze storiche. Non metastoriche, potrebbero cambiare.

  13. Premetto che non ho le idee chiare ma contribuisce a ciò anche la futilità dell’argomento. Maugeri ovviamente non c’entra, parlo della polemica suscitata sul Campiello.
    A pelle avverto che ogni “iniziativa speciale” dedicata alle donne puzza comunque sempre un po’ di discriminazione. Tipo “se non vi organizziamo eventi o iniziative solo in rosa non potreste competere”. E ciò mi pare una gran cazzata.
    A corredo considero che Harry Potter è forse ciò che al mondo ha venduto di più in campo letterario e l’ha scritto una donna. E (credo) solo una donna avrebbe potuto scriverlo così. Girando la medaglia c’è pure “100 colpi di spazzola”, altro “fenomeno” che solo una donna avrebbe potuto scrivere. Una stronzata senza precedenti.
    Capirei le categorie a parte se si trattasse di gare a chi solleva più sacchi di letame, ma un “Campiello rosa” mi pare fuori luogo. A meno che non sia un omaggio al mondo femminile, e allora ben venga.

  14. 100 colpi di spazzola ha un precedente di fine Ottocento, ignoto a quasi tutti: “Amore assoluto” di Carola Prosperi, romanziera tanto quanto lo sono io. Villaggio, che ora si è fatto intellettuale, la definirebbe una ‘cagata pazzesca’.

  15. Sulle quote rosa:
    ad esser penalizzati nel campo letterario, in Italia, sono gli scrittori che hanno cervello e preparazione tecnica. Senza riguardi per nessun sesso, i direttori editoriali delle case editrici tagliano fuori chi non e’ commerciale – masculo o fimmina. Cosa c’entrano dunque le quote rosa? Se vogliamo aiutare i piu’ deboli, imponiamo un esame orale di Storia della Letteratura Italiana e un esame scritto di ortografia a tutti gli scrittori sotto contratto con un editore: vedrete che strage! I sopravvissuti saranno le nostre ”quote rosa”.

  16. Inoltre, un piccolo calambur, il nostro mondo vituperato al maschile riconosce da sempre, in tutti gli ambiti, una sorta di gens al femminile vero e puro esempio di forza della natura – ché la nuova vita e quella già esistente è femmina nella procreazione umana – allora non voglio pensare che il mondo femminile discrimini al contrario il mondo maschile: quasi a voler cercare l’approvazione della qualità del suo operato femmineo, direttamente dal creatore, forse!
    Perché l’ho detto? e che ne so, ho il sospetto che , oggi più che mai,alcuni uomini si sentano in minoranza numerica e di credibilità rispetto a una volta: alla luce dei loro occhi dolci indagatori di fimmine femminose, forse. E allora le quote rosa istituite dagli uomini,anche in letteratura, sono una sorta di riconoscimento e impegno maschile nel sanare nel tempo l’ingiustizia subita e patita dal mondo femminile tutto: mea culpa, povero me anche se sono trans-gener, forse.
    Faccetta gialla a tutti!
    Luca Gallina

  17. Se fosse per riconoscere che il pubblico dei lettori è a stragrande maggioranza femminile, allora e di proposito che si nomini il premio : Campiello Rosa! E non solo uno! Non sarebbe male, ma solo in quel senso. Un riconoscimento pubblico a chi movimenta di fatto i fatturati.
    Le quote non mi piacciono, conosco quelle della politica e francamente quando rivedo facce e nomi (che conoscevo personalmente) non posso che sorridere. E qui mi fermo.

  18. @ Zauberei
    Grazie per il tuo polemichese che rende vivace il blog.
    Su Nico Orengo sono perfettamente d’accordo con Carlo: è un autore di libri deliziosi.
    Che gli eventuali “fulmini” di Orengo, dunque, ricadano solo su di te.
    😉

  19. Io credo che alle volte le scelte riflettano anche “un’atmosfera” che si respira. E che oltre a seguire calcoli razionali “peschino” tra le onde inespresse di un bisogno. Magari non detto ma latente, sotterraneo.
    E allora, forse , una scelta al femminile sta anche a significare questo. Che serpeggia la voglia di ascoltare voci di donna. Di scoprirle. Di annusarle oltre le pagine del libro.
    Voci di madri. Di figlie. Di mogli. C’è voglia di riconoscersi (da parte del pubblico femminile). Voglia di scandagliare un mistero (da parte di quello maschile)…Perchè la donna è sempre al centro della vita. Di altre donne. Degli uomini. Delle famiglie.
    Non credo sia una rivoluzione. Forse una riscoperta.

  20. Comunque Zauberei è a favore delle quote rosa.
    Mi piacerebbe leggere i commenti di altre donne (oltre a quelli di Laura e Miriam… e Giuse, che se non sbaglio non sta per Giuseppe)

  21. Chiedo l’intervento di altre donne e… chi spunta?
    La nostra SuperSimo letteraria!!!
    Ehi, Simo… grazie per l’intervento.
    Ma dimmi: ritieni che le scrittrici in effetti siano un po’ discriminate?

  22. Sempre per Simona…
    Zauberei dice che quella della Yourcenar non è una “scrittura femminile”.
    Che ne pensi?
    Ma davvero la scrittura è maschile e femminile?

  23. @ Enrico
    A proposito di Harry Potter (va be’, forse l’abbiamo detto altre volte): lo sai che la Rowling all’inizio si firmava con la J. (J puntata) per evitare che si capisse che fosse una donna?
    Secondo l’editore – almeno all’epoca – far firmare quei libri da una donna era cosa poco conveniente da un punto di vista editoriale.

  24. No, a mio avviso oggi le scrittrici vivono una stagione più fortunata di coloro che le hanno precedute. Basti pensare alla Maraini, alla Mazzucco, a Isabella Bossi Fedrigotti o a Susanna Tamaro. Casi letterari e voci commosse. Liriche. Necessarie.
    In passato la donna scriveva sotto pseudonimo. O non scriveva affatto.
    Anche se poi io non credo a scritture al femminile e al maschile. Ma a sguardi sul mondo. A occhi per interpretarlo.
    E non credo che si possa dire con esattezza quando una scrittura è al femminile o al maschile. Al più, come dicevo prima, si può sentire di aver voglia che una storia ce la racconti una donna piuttosto che un uomo.
    A me piace pensare che la parola peschi in noi. Anche nella parte maschile del nostro essere. E che attingendo da quell’incavo segreto, in cui noi stessi ci perdiamo, ci osserviamo, ci stupiamo, sappia interpretare.
    Ecco. Credo che una donna possa interpretare un uomo e viceversa, perchè la scrittura è trasformazione e trasfigurazione.
    E perchè attinge a quel tutto che pure portiamo inciso, alla potenzialità che siamo, al sogno che ci illudiamo di essere.
    Non trovo strano che la Yourcenar abbia tono maschile nel darla a un uomo, nè che Melania Mazzucco parli come un bambino quando mette in bocca a Kevin (di Un giorno perfetto) le sue balbuzie.
    Trovo che la loro scrittura più che avere un sesso sia una voce. Adatta al personaggio che la dice.
    E anzi, credo anche qualcosa in più. Che sia lo stesso personaggio a bisbigliarla all’orecchio dello scrittore.

  25. @ Simo
    Hai scritto: “Trovo che la loro scrittura più che avere un sesso sia una voce. Adatta al personaggio che la dice.
    E anzi, credo anche qualcosa in più. Che sia lo stesso personaggio a bisbigliarla all’orecchio dello scrittore.”

    Bravissima!!!
    Sottoscrivo.

  26. ci sono valide donne scrittrici…in questo periodo ad esempio ho letto due romanzi notevoli, uno di Siri Hustvedt, la moglie di Paul Auster, e uno notevolissimo di qualche anno fa, ‘La fotografia’,di Penelopee Lively.
    Però…mi spiace ammetterlo, ma secondo mele scrittrici non reggono il paragone con gli uomini.
    Per me, i grandi scrittori sono tutti invariabilmente uomini, enon saprei dire il motivo.
    C’è uno specifico indubbio di scrittura femminile, ein generale lo trovo molto meno interessante.
    Ma è u mio parere personale.
    Io pronosticherei un futuro di successo per la Gamberale, perche’, aparte il fatto che vedo su di lei un grande ‘investimento’, trovo che il suo ‘La zona cieca’ rappresenti davvero un romanzo ‘femminile’moderno;non è il solito punto di vista della single alla ‘Sex and the city’, e neanche la saga familiare(genere femminile), ma bensi parla di difficoltà di rapporti fra uomini e donne come conseguenza di nevrosi e disagi, di amori ‘malati’ in un’ottica moderna…si’, secondo me ha un futuro.
    Però in Italia c’è una scrittrice molto brava e seria, che viene stimata, e ancora non ha ‘sfondato’, ma secondo me raccoglierà i frutti:la bravissima Letizia Muratori.
    E, a proposito del campiello…Di Stefano può essere anche bravissimo…ma se dovesse vincere, non sarebbe subito polemica, visto, che è giornalista, non solo,ma addirittura giornalista delle pagine culturali del ‘Corriere’?

  27. Non concordo con la mia omonima sul fatto che le scrittrici non reggono il paragone con gli uomini. Mi sembra il trito discorso sugli chef, che sarebbero tutti uomini sebbene le donne cucinino da sempre. Sono convinta che la scrittura non abbia sesso, almeno quanto non ha genere. Mi sembra invece molto interessante lo spunto fornito dalla sempre attenta Zauberei: le lettrici donne (che pare siano la maggioranza) leggono tutto e tutti, senza limitio pregiudizi. I lettori uomini, invece, nicchiano di fronte ad un titolo, una firma, una copertina, che rimandi a qualcosa di femminile. Perché?
    E’ questo, a mio modesto parere, che dovremmo chiederci, anche a parziale spiegazione del fatto che qualcuno possa volere un Campiello tutto femminile. Gli uomini hanno i paraocchi? Non si fidano delle donne e delle loro emozioni esasperate? Qualcuno ha detto che Cormac McCarthy è scrittore masculo per eccellenza (forse proprio Zaub). Secondo me è uno scrittore grandissimo, ma avendo letto solo La Strada (su suggerimento ed insistenza dell’ottimo Gregori) mi viene da pensare che quel rapporto padre/figlio è quanto di più materno mi sia mai capitato di leggere. E anche qui uno spuntarello ci sarebbe: perché McCarthy elimina la figura femminile della madre e lo fa in malo modo? La madre, di fronte alla disperante situazione dell’apocalisse, abbandona marito e figlio al loro destino, anzi, sarebbe quasi propensa a sopprimere il bambino vista l’impossibilità di un futuro. Ecco, questo lo poteva scrivere solo un maschio, secondo me. Però poi quel padre è assolutamente madre, nei gesti, nella sollecitutidine, nel sacrificio. Un’inversione di ruoli che andrebbe chiosata da qualcuno più addentro di me, sicuramente.
    Torno alla scrittura femminile e alla lettura femminile. Io, donna, sono una lettrice onnivora con una certa propensione per gialli, noir, fantascienza e fantasy. Generi da sempre considerati maschili. Eppure devo ancora incontrare un uomo che in generale si dica amante di romanzi sentimentali (che poi i romanzi sono tutti sentimentali, perché una storia d’amore c’è, sempre). Poi magari scopri che anime rudi e mascule fino al midollo sono capacissime di commuoversi per le vicissitudini di una giovane strega non vedente nell’Irlanda degli anni ’90 (e qui c’è chi può capire e chi no…)
    Il bello della scrittura è che non ha confini, generi, limiti. Non è genitale. Permette a tutti, maschi e femmine, di partorire delle creature proprie e di amarle incondizionatamente, difendendole dagli attacchi del mondo.
    E dopo questa massa di idee sparse e confuse, non ho pronostici sul premio Campiello. Non ho letto nessuno dei libri in finale. Mi hanno appena regalato “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano, ma lo leggerò con calma e con un minimo di dubbio ;-P

    Laura

  28. è molto interessante l’osservazione di Laura Costantini, riprendendo lo spunto di zaub, a proposito di lettori maschi e lettrici femmine.
    C’è anche dadire, che generalmente, gli uomini hanno un ‘senso minore ‘per la narrativa.
    Un mio amico scrittore ci tiene sempre aprecisare che lui legge quasi esclusivamente saggistica, e narrativa quasi esclusivamente per interesse professionale.

  29. e, in generale, quella che secondo me fa unos crittore grande, vale a dire una personale visione del mondo, l’ho vista solo negli uomini.
    Il perchè non saprei, ma io ho sempre riscontrato questo(poi ci saranno le eccezioni; come sempre, con il valore di eccezioni)

  30. Mi è piaciuto molto il commento della Laura COstantina, a prescindere dal fatto che fossimo d’accordo, o anche solo parzialmente.
    E certo che non condivido il fatto che alla scrittura femminile manchi una weltanschaung. E’ stato così per dei secoli, ma se è per quello mancavano un sacco di altre cose. Direi i mattoni esistenziali della visione del mondo – il diritto ad averla. Oggi – non sempre, non ovunque e non allo stesso modo questa possibilità c’è stata e fiorisce. Non è un fatto di eccezioni è un fatto di evoluzione di storia della letteratura, di evoluzioni nei costumi.
    Facendo una comparazione di nuove leve che mi interessano molto (nuove non tanto nuove, nuove ner senso di non nobel) non è che alla Jeanette Winterson manchi un punto filosofico rispetto a un Palahniuk. E ne avrei diverse da citare:) ma ce ne ha anche sette otto in più rispetto a certi non si capisce perchè pubblicizzati. Che ne so david Eggers.
    E’ chiaro che quando je se parte di esempi è sempre la morte della dialettica. Era per sostanziare un discorso più ampio.

  31. Laura Costantini, se posso dire:
    – allora non voglio pensare che il mondo femminile discrimini al contrario il mondo maschile: quasi a voler cercare l’approvazione della qualità del suo operato femmineo, direttamente dal creatore, forse!
    E se il premio Campiello dovesse vincerlo Paolo Di Stefano,e giustamente inserito nella quota rosa, lo dovrebbe esclusivamente al suo amore per la scrittura, ché i romanzi pubblicati sono parecchi e narrano di storie con sentimenti e visioni percorribili spontaneamente da E se il premio Campiello dovesse vincerlo Paolo Di Stefano,e giustamente inserito nella quota rosa, lo dovrebbe esclusivamente al suo amore per la scrittura, ché i romanzi pubblicati sono parecchi e narrano di storie con sentimenti e visioni percorribili spontaneamente da scrittrici qui in ascolto; certo, la visione è maschile si potrebbe dire con occhi, anche, femminili, però: il suo romanzo finalista al Campiello – Nel cuore che ti cerca – : segue%

  32. : segue%

    ” Rita ha dieci anni quando, in una mattina di marzo, a pochi passi da scuola, viene portata via su un furgone azzurro. Il dramma di Rita si riflette come in uno specchio nel dolore del padre Toni Scaglione, incapace di rassegnarsi alla sua perdita. Ma il viaggio di Scaglione si fa a mano a mano scavo interiore verso la scoperta del senso profondo della paternità. Noir psicologico, il romanzo dà voce a un’adolescenza mancata, a una società cinica ma ancora capace di generosità, a un padre d’oggi che non si arrende all’evidenza delle indagini”.
    E nel mentre nella narrazione di Cormac McCarthy – la strada – trovo perlopiù un ennesimo confronto competitivo sulla validità del sentire paterno e il discusso sentire solo d’eccellenza materno: e la mia percezione è che il senso paterno in questa fattispecie – questo è il cambiamento in atto negli States, forse – escluda il sentire materno, ché la società Amerikana porterà gli uomini ad essere misogini, non tutti per fortuna;
    segue%

  33. segue%

    immaginiamo cosa ci porterà il futuro, anche qui da Noi, con la fecondazione assistita o inseminazione artificiale se praticata all’interno di una coppia di sole donne o altrimenti un utero in affitto per un’opportunità di paternità all’interno di una coppia di soli uomini: grazie al cielo in Italia siamo ancora distanti: finché gli uomini e le donne continueranno a rinfacciarsi le competenze e l’eccellenza e vorranno fare pace, forse; a patto però, che gli uomini, in tutti i settori di confronto, non siano messi continuamente con sufficienza alla prova dalle stesse signore che invocano una giusta legittima considerazione, forse.
    Luca Gallina

  34. ahnno,’, Zaub, non mi toccare Dave Eggers.Che ha scritto un solo libro meraviglioso, ma quello è talmente meraviglioso che basta e avanza.
    Mi sento piuttosto dalla parte del torto nella mia visione della letteratura:è che, spietatamente, anche se vorrei fosse il contrario, fra scrittori e scrittrici non c’è storia.
    Estremizzando molto, è chiaro, ma io la vedo cosi’.
    La mia scrittrice preferita americana , Donna Tartt, è gigantesca:ma si sente l’eco di Easton Ellis.
    Dorothy Parker è grande , ma Fitzgerald la schiaccia.
    Le uniche che se la giocano alla pari mi paiono la Morrison e Virginia Woolf.
    E poi trovo più interessanti le donne poetesse.

  35. benedetto copia & in colla et scusatemi ancora:
    Laura Costantini, se posso dire:
    – allora non voglio pensare che il mondo femminile discrimini al contrario il mondo maschile: quasi a voler cercare l’approvazione della qualità del suo operato femmineo, direttamente dal creatore, forse!
    E se il premio Campiello dovesse vincerlo Paolo Di Stefano,e giustamente inserito nella quota rosa, lo dovrebbe esclusivamente al suo amore per la scrittura, ché i romanzi pubblicati sono parecchi e narrano di storie con sentimenti e visioni percorribili spontaneamente da scrittrici qui in ascolto; certo, la visione è maschile si potrebbe dire con occhi, anche, femminili, però: il suo romanzo finalista al Campiello – Nel cuore che ti cerca –

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  36. Il fatto LUca, è che non c’è niente che mantenga una purezza incontaminata dalla storia, dalla politica dal tempo e dalle cose che capitano nel tempo. Qui avverto il desiderio utopico che un evento, un premio letterario, che del sistema economico è per sua natura l’avamposto librario, sia avulso dalle dinamiche che riguardano le vicende storiche. Oh la letteratura non ha storia! Oh non ha sesso! Oh è pura erlebnis e gocciole di spremute di talento.
    Non la vedo così.
    Il campiello è una vicenda politica, ed economica. La guardo con gli occhi delle vicende politiche ed economiche, e per il significato che implica per chi vi accede. Quelle opportunità – letteratitudine a parte che secondo me non è affatto esemplare (per questo ci sto così bene) non sono così ben distribuite come si crede.
    Pure è una posizione che capisco, perchè scotomizza la storia ma ama la letteratura.
    Invece quando cominciano i rimporveri alle donne che discutono le posizioni degli uomini. Ahò mi amareggio. Quando ci si rattrista perchè ah incredibile! Esistono femmine che possono amare il potere! Mi amareggio. Che si non campano d’arte di amore, ma vogliono cosacce come la gloria, la stessa che amano li masculi. Eh me amareggio.

    Se dirà mi amareggio?
    M’amaro?
    Mbò.
    🙂

  37. Perchè non pensare che i cinque romanzi scelti erano semplicemente belli o meritevoli? Perchè il sesso dello scrittore deve essere sospettato essere la causa della scelta?
    Ci sarebbero state le stesse polemiche se la cinquina fosse stata tutta maschile?

  38. Datemi un romanzo da leggere senza dirmi il nome di chi l’ha scritto. Dopo qualche pagina vi dirò se si tratta di autore e autrice.
    La scrittura contiene sempre dei segni, anche quella narrativa. Tramite essi è possibile risalire al genere dell’autore.
    Quindi, sì. Esiste scrittura maschile e scrittura femminile.

  39. delly, capostipite della letteratura rosa, quello da cui tutto ebbe inizio, era un maschio.
    i più trucidi noir sono scritti da donne.
    c’è scrittura femminile per scelta, per gusto, per propensione della singola scrittrice.
    come c’è scrittura macho per gli stessi motivi.
    ma tra i due estremi c’è un mondo. un mondo in cui ognuno scrive come sa, come gli viene, com’è.
    e che sia maschio o femmina conta poco, se quello che ne esce viene espresso bene e arriva.
    se è un bel libro, insomma.
    laura costantini è quotabile in toto, e siccome sono schizofrenica capisco bene anche zaub.
    d’altra parte, si sa, è inutile pretendere razionalità e coerenza da una donna, vero?
    😛

  40. Cara Zauberei, sei troppo forte!
    Basta dire allora: viva le donne in carriera, anche se pagate meno degli uomini, più asili nido c/o i posti di lavoro, o, è meglio interrompere le gravidanze o rimandarle per gli impegni professionali sempre più fitti e intensi di tutte e due, rispettivamente masculi e fimmine femminose; se è per questo non è sufficiente, quanto sopra, per aspirare e ottenere il successo glorioso professionale; così pure per i masculi: e allora? Certo, meglio amareggiarsi a vicenda piuttosto che condividere e prodigarsi per il buon risultato di entrambi, forse?.
    Segue%

  41. Segue%
    Poi la notizia bella è che: una gravidanza desiderata e aspettata con trepidazione insieme, da lui e da lei: fa si che la fimmina femminosa in carriera lascia la sua poltrona ben volentieri!: medichessa, giudichessa o altri essa per esempio; in buona sostanza voi fimmine fimminose sapete benissimo a chi lasciar fare il lavoro sporco nella nostra società, a proposito di potere e vana gloria!: perché illudersi senno noi maschietti – poveri utopici -? E la letteratura, la cinematografia, il teatro è di questo che parla, forse.
    Cara Zauberei, arrivati a questo punto, ti devo confessare che il più puntiglioso, stimoso e affettuoso utopico sono proprio io & tu naturalmente, ciao
    Luca Gallina

  42. @ Laura Costantini:
    ciao, sottoscrivo il tuo intervento “quasi” in tot, aggiungo solo una noticina su La strada. A mio parere, Cormac Mc Carthy ha volutamente escluso ogni figura femminile, tranne la presenza “biologica” e necessaria del finale, proprio per non compremettere il suo “messaggio” con le solite discussioni sui generi, di cui non se ne può proprio più. Per evitare che la storia del padre e del figlio si potesse in qualche modo condurre ai temi famigliari, o generalmenti sociali, l’autore ha cassato le donne e non poteva fare diversamente. Il Padre è l’ Umanità (e quindi è uomo/donna/padre/madre) che ci ha portato fin qui; il Figlio è l’Umanità che verrà; piccola, con poco bagaglio ma soprattutto autonoma nelle sue riflessioni.
    Sullo scrivere maschile e femminile: io ho una bella voce femminile, Massimo ha una bella voce maschile. Può anche essere che la mia sia più bella della sua, o viceversa, ma il fatto è che le nostre voci sono diverse. Così, NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI, è per la scrittura.
    Ieri ho letto un racconto bizzarro, forte: Il letto di Ottone, l’autore è un maschio, è Gero Mannella. Nessuna donna avrebbe potuto scrivere in quel modo. Così come nessun uomo avrebbe potuto scrivere “I semi delle fave” di Simona Lo Iacono.

  43. Voglio congratularmi con Matteo per la sua esoterica capacità di individuare il sesso dello scrittore dopo “qualche pagina”. Una capacità che, come la lettura del pensiero e la preveggenza, ahimé non mi appartiene. Io quando leggo un libro, in tuttissima sincerità, me ne sbatto le scatole di come fa la pipì chi l’ha scritto. Quel che conta è COME ha scritto, se è in grado di acchiappare la mia attenzione oppure no. Diciamo che forse, con buona pace di Luca che in questo vuol vedere l’eterno conflitto maschio/femmina, io leggo qualsiasi cosa mi interessi, mi incuriosisca, mi intrighi, senza sforzare le mie capacità medianiche (posto che ne abbia) nel capire se la mente che ha partorito venga da Marte o da Venere. Magari un lettore maschio, invece, preferisce prima declinate le generalità?
    Riprendo poi la domanda che qualcuno ha fatto: ma se la cinquina fosse stata tutta di maschi, qualcuno avrebbe avuto qualcosa da ridire?
    Senza contare che, pur non amando le teorie complottiste ad oltranza, premi come lo Strega, Campiello e Bancarella ormai vanno famosi per designare il vincitore/trice in base alle alternanze editoriali: mondatori/rizzoli, rizzoli/feltrinelli, feltrinelli/mondadori. Tutto il resto direi che può sembrare, o forse è, chiacchiere per accrescere l’interesse intorno all’evento.

    @ Luca: forse non sono una fimmina fimminosa, ma non lascerei mai il mio posto di lavoro per dedicarmi al ruolo di angelo del focolare e allevare pargoli. E’ grave?

    Laura

  44. @ laura:
    condivido. quando leggo i libri scritti da te e da lory ho la netta sensazione di trovarmi al cospetto di due autori pelosi, barbuti e con un attributo simile a quello di rocco siffredi. sei felice?
    🙂

  45. Devo dire che quando sento parlare di quote rosa rabbrividisco. Credo che il riconoscimento della persona sia nel merito, nella qualità. Questa faccenda mi ricorda gli autobus di quando ero bambina: “lasciate il posto libero ai mutilati, agli anziani , alle donne”. Proprio per i miei trascorsi femministi credo che le cosidette “quote” siano un riempitivo per indorare la pillola di fronte a scelte legate ad altri poteri. Se un libro vale vale perché ha una sua potenza. Potrebbe anche accadere che a classificarsi finaliste ad un premio sia una maggioranza di donne perché più capaci dei concorrenti maschi.
    Insomma questa parità da discount la trovo veramente di una banalizzazione tremenda. La parità passa attraverso altre scelte. Tra cui le politiche culturali ed editoriali. E qui il discorso diventa un altro.
    Un saluto a Massimo
    Stefania

  46. Diverse questioni
    – Gioisco nel commento di Laura e di Gea, e tranquillizzo Laura: mia mamma, cento dipendenti, due figlie. E ancora, c’è fior fior di ricerca psicologica e antropologica che ci ha messo serene sul fatto che non semo solo mamme.
    Poi alcune osservazioni, a questo punto non tanto a beneficio di Luca, che non si rende conto di quanto siano spiacevoli certe argomentazioni a sentirsi dire, loro con i loro corollari sessisti.
    Cercando di mantenersi in questo contesto.
    – Un conto è la differenza biologica. Un conto è la differenza storicamente determinata. Esistono entrambe ed entrambe mettono al mondo esperienze culturali connotate in maniera singolare. Si può decidere di simulare è un’esperienza altra dalla propria, come di non farlo. Yourcenar ci riesce quando scrive di Adriano, per conto mio Fred Vargas mi prende per il culo. Grossmann sa scrivere benissimo da femmina. Comunque, c’è diciamo una possibilità che il genere influisca sull’esperienza narrativa. Sulle cose che si scrivono. In vari modi, in varie misure – qualche volta fino allo zero.
    Il punto però non è la scrittrice come soggetto – ma la scrittrice come oggetto. Come è percepito un libro, non nelle sue parole ma per il fatto che è scritto da una donna. E ancora, più importante, il punto è che il libro è connesso a questa cosa che è l’autore. La carriera di uno è legata alla carriera dell’altro. I premi sono un riconoscimento e lo sono agli autori, più che ai libri. Ma vale il sottotesto reazionario secondo cui, alle donne tuttalpiù interessa l’espressione ma non il riconoscimento sociale, quello sarebbe il lavoro sporco degli uomini.
    E ancora, c’è una cosa che mi sembra importante chiarire, vale per la letteratura, vale per la politica: nel momento in cui si introducono delle quote di protezione, si riconosce di fatto il fallimento di una democrazia. Sia che riguardino le donne, che i riguardino i neri, che riguardino i pallini. La quota dimostra quello che non si può più negare – ovvero che la democrazia non rispetta i valori di uguaglianza di diritto e di uguaglianza di opportunità che dichiara di avere a fondamento. Allora, si può essere maschilisti, o razzisti e contrastare il sistema delle quote. Perchè lo stato attuale dei fatti va più che bene. Ma se si ritiene che ci sono un numero sufficiente di donne in gamba, altrettanto quanto gli uomini, allora la quota – sotto il profilo logico può risultare solo due cose: o necessaria, o superflua.
    Ma sinceramente questo non mi pare nè il luogo nè il momento storico.

    Spero che Massimo mi scuserà.
    Non è polemica. Sono le cose di cui mi occupo professionalmente (la mia seconda tesi di laurea!) e politicamente. Sono le cose che sono importanti per me in questo momento.

  47. Simona
    Concordo con il tuo commento. La scrittura deve colpire l’animo, il pensiero, e stimolare a leggere di più con interesse e passione.
    Al giorno d’oggi, è possibile riscontrare queste caratteristiche sia negli uomini che nelle donne. Entrambi i sessi hanno compreso che la loro formazione genetica è sempre stata bivalente, cioè nessun essere è solo maschio o femmina .
    Si deve compiere un passo evolutivo nelle menti degli scrittori come dei lettori, del quale possiamo approfittare tutti.
    In vacanza, ho letto di Dacia Maraini: le voci, di Margaret Mazzantini: non ti muovere, ed ora sto leggendo di Canetti: die Blendung (illusione, abbagliamento).
    Trovo in queste letture sempre una voce umana alla ricerca di se stesso, uguale se donna o uomo.
    I romanzi sono un rispecchio delle diverse situazioni della vita, e la vita è fatta di uomini e donne che dovrebbero andare insieme, pur mantenendo le proprie caratteristiche naturali e quindi indispensabili.
    Ce le impongono le nuove e gravi difficoltà del nostro tempo, causate dalla nostra avidità di possedere sempre di più e di essere sempre superiore agli altri.
    Un romanzo deve assumere la funzione di educare ed istruire, affinché un nuovo essere più cosciente e capace possa sorgere ed affrontare gli impegni sempre più difficili del futuro.
    Saluti
    Lorenzo

  48. piegato con l’occhio al buco della serratura la vide che si stava spogliando con il reggicalze nero e reggiseno nero e lo slip dello stesso colore… – ecco ad una così tutte le quote rosa che cerca – pensò – questa è una vera femmina, conturbante, femminosa e lattea, chissà se sa anche leggere e scrivere! Ma che importa … adesso le canto una bella canzone

  49. Ad un tratto lei si accorse d’esser spiata. Si voltò di scatto e mi domandò: – ma che stai cercando intellettualone? All’interno della mia stanza stai cercando il reggicalze o il libro sul tavolo, come mi vuoi, distinta con la vestaglia o con sottoveste hard?

  50. Alcuni giorni fa leggo su un quotidiano di un sindaco donna di una cittadina veneta a proposito della pubblicazione di un suo libro hard core e delle relative reazioni dei cittadini.
    La polemica forse si basa sull’incompatibilità del ruolo politico con il genere di scrittura di questa signora che, peraltro, si è difesa con tutte le sue forze. Insomma una quota rosa in politica che da brava cicciolina in letteratura, ha tirato su un bel pò di voti!
    E i cicciolini politici? impossibile che un onorevole con tanto di sedia al parlamento faccia calendari nudi, ma adesso che ci penso qualcuno in passato l’ha fatto (mi ricordo di sindaci in mutande!)
    Tutto questo introduce che la serietà nello scrivere, nel governare, nel gestire qualsiasi cosa non ha connotazioni prese in prestito dal genere maschile o femminile, ma è solo questione di livelli. Bisogna comunque ammettere che le donne propense ai lavori intellettuali hanno per natura il dono della creatività e che certo uomini, dediti ai lavori pratici e organizzativi, sono maggiormente ricettivi. Chi conosce un minimo i CHING sa che il libro dei mutamenti apre proprio con il segno IL Creativo (maschile) ed il segno del Ricettivo (femminile) e chi ha stabilito che una donna deve avere meno cielo e più terra di un uomo e viceversa? Esiste la natura, ma esistono anche i doni ed è vero che l’arte è come il vento, soffia liberamente.

  51. Off topic vi dico che stasera sono stato a Siracusa, alla premiazione del premio Vittorini.
    C’erano Maria Lucia, Salvo e Simona (nomi elencati in rigoroso ordine alfabetico).
    Salvo aveva biglietti per tutti…
    Bella serata.
    Il SuperVittorini l’ha vinto Andrej Longo con “Dieci” (Adelphi).
    Tra gli altri ho incontrato Giuseppe Montesano (che era tra i premiati) e Elvira Seminara.
    Vi porto i loro saluti.

  52. @Massimo. Off topic.
    Il premio Vittorini si è rivelato un vero affare per me, biglietti acquistati un uero e rivenduti a 10,00. Massimo e signora hanno sborsato venti euro.

  53. Stefania Nardini: “Devo dire che quando sento parlare di quote rosa rabbrividisco. Credo che il riconoscimento della persona sia nel merito, nella qualità. Questa faccenda mi ricorda gli autobus di quando ero bambina: “lasciate il posto libero ai mutilati, agli anziani , alle donne”. Proprio per i miei trascorsi femministi credo che le cosidette “quote” siano un riempitivo per indorare la pillola di fronte a scelte legate ad altri poteri. Se un libro vale vale perché ha una sua potenza. Potrebbe anche accadere che a classificarsi finaliste ad un premio sia una maggioranza di donne perché più capaci dei concorrenti maschi.
    Insomma questa parità da discount la trovo veramente di una banalizzazione tremenda. La parità passa attraverso altre scelte. Tra cui le politiche culturali ed editoriali. E qui il discorso diventa un altro.”

    Non posso che essere totalmente d’accordo con Stefania.

  54. Outing quotidiano
    Certo, sono consapevole di aver prestato il fianco a questa discussione sulle diversità umane cosi complementari di Lei & Lui, del resto – sic! -: ma spiare dal buco della serratura sul mondo circostante, – delle fimmine femminose – ,mi sembra più utile e promettente, però, per il mio futuro di condivisione di buone letture e scrittura con Lei: la mia scrittora prediletta: e chi ha stabilito che una donna deve avere meno cielo e più terra di un uomo e viceversa? Esiste la natura, ma esistono anche i doni ed è vero che l’arte è come il vento, soffia liberamente.
    E chi l’ ha detto che una donna debba sentirsi esclusa comunque o non apprezzata del tutto, per motivi storici politici del passato che rivivono al presente? Come scrittrice,come artista in genere e finalista segnalata ai gran premi letterari italiani, naturalmente.
    Luca Gallina

  55. A me il colore rosa non piace. E la parola quota mi sembra insignificante.
    Viva i libri che non hanno né sesso, né età.
    Bisogna guardare lo smalto della scrittura, non quello nelle unghia di chi scrive.
    Smile

  56. Spulciando l’elenco dei vincitori del Campiello l’impressione è una. Indovinate quale?
    *****************************

    Primo Levi
    Giuseppe Berto
    Mario Pomilio
    Alberto Bevilacqua
    Luigi Santucci
    Ignazio Silone
    Giorgio Bassani
    Mario Soldati
    Gianni Manzini
    Mario Tobino
    Carlo Sgorlon
    Stefano Terra
    Stanislao Nievo
    Gaetano Tumiati
    Saverio Strati
    Gianni Granzotto
    Mario Rigoni Stern
    Giovanni Arpino
    Gesualdo Bufalino
    Primo Levi
    Carlo Sgorlon
    Pasquale Festa Campanile
    Mario Biondi
    Alberto Ongaro
    Raffaele Nigro
    Rosetta Loy
    Francesca Duranti
    Dacia Maraini
    Isabella Bossi Fedrigotti
    Sergio Maldini
    Raffaele Crovi
    Antonio Tabucchi
    Maurizio Maggiani
    Enzo Bettiza
    Marta Morazzoni
    Cesare De Marchi
    Ermanno Rea
    Sandro Veronesi
    Giuseppe Pontiggia
    Franco Scaglia
    Marco Santagata
    Paola Mastrocola
    ex aequo
    Pino Roveredo
    Antonio Scurati
    Salvatore Niffoi
    Mariolina Venezia

  57. Mi sono un pò assentato dalla discussione in questi ultimi giorni, un pò perchè non vedevo altro da aggiungere a quanto avevo scritto all’apertura di questo post. Ma vi ho letto costantemente, ed apprezzato molto particolarmente i commenti di Laura Costantini e (specie gli ultimi) di zauberei – molosso: l’una mi è parsa saggia e misurata quanto si addice ad un imperatore romano (anche se il mio preferito in quella famiglia di cui porta il cognome era Giuliano l’Apostata), l’altra acuta e puntuta quanto il collare che di solito si mette al cane col nome del quale si è firmata. Non un errore quindi, ma un vero lapsus freudiano (e le si addice).

  58. @ Elektra:
    c’è chi con il rosa (e il blu) ha fatto grandi cose! E poi :a che quota siamo in questo nostro volo?.

    Un “caldissimo” ciao (anche qui non si scherza!)
    🙂

  59. CarloS, lei mi lusinga e mi rammenta che con il cognome che porto devo tenere alta la guardia e ben stabile la diplomazia (che non è il mio forte, a dirla tutta). Diciamo che in hoc signo vinces dove il signo sia il simbolo di Venere. Alla faccia di quello del signor Marte ;-P

  60. Anche io, come Carletto, mi sono un pò assentata. Non ho letto tutto, ho saltato tra i “preferiti”, e quoto sicuramente Laura Costantini, della quale condivido in generale il commento e in particolare l’interpretazione che fa dellla Strada di Mc Charthy.
    Per il premio Campiello dico…BOH!! Non ho ancora letto nessuno dei titoli in lizza. Diciamo che c’è un buon 80% di possibilità che vinca una donna! 🙂
    guarda un po’…

  61. Sempre a Laura (la non-Costantini), dico che non ci trovo nulla di male se il Campiello lo dovesse vincere uno scrittore che fa anche il giornalista culturale e il critico: nella fattispecie Paolo Di Stefano, giornalista del Corriere.
    Gran parte degli scrittori del passato (e molti dei quelli del presente) scrivono articoli culturali.

  62. Secondo me, in definitiva, un bravo autore (così come una brava autrice) deve ascoltare le voci dei propri personaggi e trasferirle sulla carta e nella storia. Non importa se i personaggi sono maschili o femminile. E le storie sono storie, le narrazioni sono narrazioni. Le suddividiamo per genere per (forse errate) esigenze di catalogazione. Ma non credo nell’esistenza di storie/femmine e storie/maschie.

  63. @Massimo:grazie, quello che hai scritto mi ha fatto piacere.
    Per quanto riguarda i libri, non ho letto quello di DiStefano, che con osco e apprezzo come giornalista.
    Non dico che sarebbe male se vincesse, mi pare persona di valore…più che altro immagino le probabili polemiche(ieri ho letto un articolo di Massim iliano Parente sugli scrittori critici che era tutto un programma, chissà se l’hai letto?)
    Invece, vedo che anch eMariano sabatini ha apprezzato il libro della Gamberale.
    Non mi ha convinta del tutto, però ho visto qualcosa di particolare e moderno in lee, e, unitamente al fatto che la trovo molto sponsorizzata, prevedo per lei un ‘fulgido avvenire'(forse già in occasione del Premio)

  64. Ah bene sono proprio contentilla di questa reazione di Carlo S (grazie Carlo S:) anche i molossi scodinzoleno. E del padrone di casa Massimo:)
    (Ot. per Massimo:
    Gli è Massimo che ci sono polemiche e polemiche. Alcune diciamo sono di serie A e altre sono di serie B. quelle di serie A, sono quelle che riguardano qualcosa di importante. E quella cosa diventa più importante di tutto, per esempio che ne so, del fatto che si rischia di essere noiosi. Le polemiche di serie A trascendono le regole del salotto. Io la so questa cosa, e per quanto per le polemiche di serie A ritengo che i principi siano più importanti dei rischi che si corrono, alla fine mi sento come in colpa.)

  65. @ Massimo Maugeri
    Vorrei chiederti informazioni per la presentazione del libro “L’indecenza ” di Elvira Seminara a Taormina giorno 28.06.08
    Grazie per le informazioni

  66. A quando un premio riservato ai panda? Quelli, almeno, sono davvero da proteggere.

    Ci sono donne dalla scrittura femminile, donne dalla scrittura maschile, uomini dalla scrittura maschile e uomini dalla scrittura femminile. A me sembra che nella buona scrittura l’attributo di genere (femminile o maschile) si possa cogliere sostanzialmente solo laddove l’autore/autrice esplicita il proprio punto di vista – o giudizio che dir si voglia – su situazioni che coinvolgono il rapporto sentimentale o carnale tra i sessi. Qui si può manifestare direttamente la sensibilità dell’autore/autrice, sensibilità che è per lo più condizionata dal suo sesso; ma si può anche manifestare una grande capacità di penetrazione psicologica dei personaggi, ai quali può essere consegnata una personalità affatto diversa da quella dell’autore/autrice.
    Naturalmente, non parlo di pennivendoli/e: quelli si capisce subito quale arnese di scrittura tengono tra le gambe.

    Ora qualche domanda ingenua: com’è che nella rosa dei cinque candidati al Campiello ci sono i soliti editori ? E’ un caso che nessun editore sia presente con due romanzi? Forse si cerca di accontentare tutti? E’ mai stato premiato – in passato – qualche libro pubblicato da piccoli editori? Ecc. ecc…. in un crescendo di nausea.

  67. Visto che si parla di premi, vi racconto la serata di ieri a Siracusa, per il premio Vittorini, nella splendida cornice del teatro greco. C’erano circa diecimila (facciamo cinquemila, meglio non esagerare) persone. I finalisti tutti autori di grosse case editrici, manco a dirlo. Premi e onorificenze per tutti, crepi l’avarizia, tra cui anche a Vittorio Sgarbi che non ha sprecato l’occasione per una delle sue solite performance sbraitanti. Tra gli artisti invitati Luca Carboni e Ornella Vanoni, quest’ultima pare avesse scambiato la valigia con una collega bonsai e si è ritrovata quindi ad indossare un abitino succinto che la costringeva a mostrare le grazie a ogni piccolo movimento. Lei, casta e di sani princìpi, cercava di rimanere rigida come una mummia appena tirata fuori dal sarcofago. Nonostante i suoi settanta e passa anni avrebbero dovuto farle comprendere che ogni pericolo fosse ormai scongiurato. Noi eravamo un bel gruppetto. Maugeri veniva fermato e riconosciuto da tutti, forse la vera star della serata, sembrava il direttore del Corriere della Sera. Il nostro giudice, la Simo, si stagliava fra tutte per eleganza e portamento. Quando si dice che la classe non è acqua. Chissà se agli organizzatori è mai sfiorata l’idea di assegnare un premio alla cultura a un blog?
    Per concludere, una chicca, si vocifera nell’ambiente il vincitore del prossimo superpremio Vittorini: Maria Lucia Riccioli.

  68. …D’altronde Vittorini mica lavorava per Lasgurgola Editore di Vattelappesca, mi sembra…

  69. …la presenza di Sgarbi Vittorio, invece, la trovo alquanto *******. La sorella Elisabetta, perche’ non lei?

  70. Il drappello Letteratitudiniano e’ stato riconosciuto e doverosamente omaggiato. E a te, Salvo: quanti mazzi di rose ti sono arrivati? (eh! eh! eh!)… A parte gli scherzi, Salvo: su dai: prendi l’iniziativa e proponi con la tua Terzo Millennio il ”Primo Premio Nazionale di Narrativa Italiana Letteratitudine”. Premiazione in Umbria, per non scontentar nessuno, nel Cuore Verde d’Italia. Pensaci, Giacomino, come disse il tale…

  71. @ Salvo
    Infatti.
    Venivo riconosciuto e… evitato.
    No, scherzo. È stata l’occasione per salutare un bel po’ di gente.
    Piccolo appunto sulla serata: troooppo lunga.
    Il Teatro Greco di Siracusa è bellissimo, ma giunta alla Mezzanotte la circolazione sanguigna in zona fondoschiena si era arrestata da tempo.

  72. @Sergio. L’idea del premio non sarebbe male ma non sono io il titolare per un premio “Letteratitudine”.

  73. A Salvo: speriamo che la buonanima del mio concittadino Vittorini ti ascolti… Magari!
    🙂
    Serata piacevole quella del Premio perché ero in ottima compagnia, ma per il resto le solite sfilate di politici e la trombetta per i soliti editori noti… credo però che la terna dei libri sia interessante.
    Quote rosa: puah come dice Sabatini…
    Scrittura è scrittura. Femminile singolare ma solo per il vocabolario.

  74. Ciao Massimo, quote rosa per quote rosa non mi sembrano interessanti. Diverso per le riflessioni sulla considerazione esistente nei confronti delle donne che scrivono. Sarebbe interessante guardare quali generi sono maggiormente consentiti alle penne femminili e quali no. Più ancora, quali temi sì e quali no.
    Ti abbraccio
    Elisabetta

  75. Grazie per il tuo commento, cara Elisabetta.
    Ricambio l’abbraccio.

    Lanci una provocazione interessante.
    La rilancio a mia volta: Sarebbe interessante guardare quali generi sono maggiormente consentiti alle penne femminili e quali no. Più ancora, quali temi sì e quali no.

  76. So di appartenere ad una minoranza affermando che il mondo della letteratura, come della politica o del business non ha bisogno delle quote rosa. Le quote rosa sono un falso problema ( o una contraddizione con riferimento al merito, quello vero!) ma ahimè siccome le donne sono più numerose degli uomini in tutti i paesi si indulge loro, le si vuole dalla propria parte, le si vogliono corteggiare perché se ne vogliono i favori o quantomeno l’approvazione o perché le si teme…..E’ un peccato che tanto tempo vada sprecato a discuterne, a preoccuparsene, a scrivere (fiumi di parole e libri) sull’argomento…..ma così va il mondo, ora.

  77. Massimo,
    senti cosa dice Salvo, dopo che gli ho proposto di suggerirti un ”Premio Letteratitudine per la Narrativa Italiana”:
    @Sergio. L’idea del premio non sarebbe male ma non sono io il titolare per un premio “Letteratitudine”.

    Cosa ne dici, o Navigero? Non sarebbe una bella idea? Si potrebbe creare una doppia giuria: una di critici e un’altra di tutti i partecipanti al blog…

  78. @ Sergio
    Abbiamo già il “letteratitudine book award”. Che vale solo per la letteratura straniera (e peraltro è solo un gioco: la parodia di un premio letterario).

  79. Non ci dovrebbe essere un genere “consentito” alle donne… mi sa di paternalismo veterottocentesco! Si sa, ai tempi della Invernizio – ottima scrittrice di genere, mamma di famiglia alto borghese – una signora rispettabile poteva scrivere solo romanzi rosa – colore che sta bene secondo me solo alle donne under 1 (anno). Eppure rileggetela senza paraocchi: ha scritto intrecci pieni di delitti efferati, sepolti vivi, adulteri etc, con l’immancabile lieto fine e il trionfo della moralità borghese, dei principi etici e religiosi. I cattivi come nei migliori feuilletons finiscono male malissimo… Pensiamo a Liala, ammirata anche da D’Annunzio che le creò lo pseudonimo.
    Poi tante scrittrici di gialli: Agatha Christie, Dorothy Parker…
    Forse si voleva la donna confinata alla narrativa di genere. Però la Deledda fu Premio Nobel in anni ancora bui per la donna scrittrice. C’è un romanzo pirandelliano che esprime tutto il disagio della donna che scrive riflesso anche su chi le sta accanto: “Suo marito”, cioè Giustino Roncella nato Boggiolo, che da manager della moglie scrittrice (modellata sulla Deledda e colta nelle sue inquietudini di moglie, madre e scrittrice) muta in soggetto spaesato e straniato.
    Parzialmente vero quello che si dice sui premi attribuiti alle scrittrici di oggi, però chi può seriamente mettere in dubbio il valore di Dacia Maraini, di Melania Mazzucco? Di Silvana La Spina, per restare in Sicilia? Di Maria Attanasio, di studiose come Marinella Fiume?
    No quote rosa: direi meritocrazia.

  80. In che razza di guaio è andato a cacciarsi il mio fraterno amico Paolo Di Stefano. Non avendo letto nessuno dei romanzi delle signore non posso esprimere nessun giudizio. Ho letto invece Nel cuore che ti cerca di Di Stefano ed è un grande romanzo. Non so se sia il migliore tra quelli scritti da Di Stefano. Io ho un debole per Baci da non ripetere ed amo molto anche Aiutami tu e Tutti contenti. Di Stefano è uno scrittore di grande onestà intellettuale. Leggetelo attentamente e non troverete una parola in un suo romanzo che sia stata scritta per accattivarsi il lettore. Io credo che lui scriva solo per se stesso, il fatto che quelli che leggono i suoi romanzi li trovino importanti ed affascinanti è un fatto che lo interessa fino ad un certo punto. Dimenticavo di dire che Di Stefano scrive non bene, ma benissimo e che conosce l’arte di raccontare come pochi.

  81. Grazie per il tuo commento, caro Pino.
    Sono d’accordo con te sulle belle parole spese per Paolo Di Stefano. L’ho appena invitato qui a Letteratitudine per presentare questo suo nuovo romanzo.
    Spero che accetti l’invito.

  82. Che tristezza le quote rosa, in qualsiasi contesto. Questo rivendicare e implicitamente costituire gruppi, dividere, differenziare. Capisco i contesti e anche forse le necessità, ma quanto sarebbe bello smettere di accorgersi che un libro stupendo è scritto da una donna oppure da un uomo.
    Belli i romanzi di Di Stefano, sì.
    “Louise. Canzone senza pause” ha già avuto un meritato successo al premio Rapallo (opera prima).

  83. […]“Nel cuore che ti cerca” è molto più che un romanzo di amena lettura, perché l’autore, col suo stile impeccabile, profondo e nello stesso tempo semplice di chi della scrittura sa fare arte raffinata, non s’è limitato a raccontare ma s’è addentrato nel fatto di cronaca, scandagliando cause e possibili concause, insinuando dubbi, sviscerando i personaggi, la loro indole, i loro sentimenti, i loro rapporti sociali, insomma, il loro vissuto, coinvolgendo il lettore così tanto che alla fine non potrà esimersi da personali riflessioni.[…]

    Così, fra l’altro, avevo scritto del libro di Paolo di Stefano per cui sono sobbalzata di gioia quando ho letto che la giuria aveva destinato “Nel cuore che ti cerca” a concorrere all’assegnazione del SuperCampiello.

    Ma, si può essere contenti una volta? Si può gioire per qualcosa di buono senza dover leggere i soliti commenti, le solite polemiche, le solite cattiverie? E’ naturale che ognuno vorrebbe veder premiata l’opera propria o, comunque, quella in cui crede, ma il numero cinque, cinque lavori può comprendere e non uno di più.

    Quest’anno, tra i finalisti risultano quattro autrici e solo un autore e allora, giù polemiche con le “quote rosa”. Ho davanti i ritagli di riviste che trattano della selezione del 1977, dove fra Della Corte; Saverio Strati; Ferruccio Parazzoli e Eugenio Travaini, figura un’unica donna, Gina Lagorio, in lizza col suo La Spiaggia del Lupo. Nessun grido d’allarme per le quote azzurre, allora. Cos’è ‘sta differenza?

    Son tanto pochi i momenti di riconoscimento: una volta che un autore, sia uomo che donna, viene candidato ad un premio, non roviniamogli la gioia con polemiche che non portano da nessuna parte. Chi vincerà il Supercampiello? E’ per Paolo Di Stefano che incrocio le dita, senza per questo voler sminuire gli altri titoli in concorso.
    dania

  84. Perfettamente d’accordo, sig.ra Dania. Azzurro e’ il cielo e rosa la tenerezza. Gli altri scrittori: solo esseri umani – ma si direbbe anche ”uomini” per metonimia, non per sessismo. E scrittori sempre per metonimia.
    Saluti Cari
    Sozi

  85. Le donne in gamba non hanno bisogno di quote rosa. Guardate Yoani Sanchez che è molto più coraggiosa di tanti uomini ed è una grande scrittrice.

    Gordiano Lupi

  86. Non so come il discorso sia andato a finire su Paolo Di Stefano. Io sto leggendo il romanzo, mi sta prendendo molto e ho intenzione di recensirlo.

  87. Gentile Signor Zappulla,
    il discorso è caduto su Paolo Di Stefano in quanto il suo “Nel cuore che ti cerca” è candidato al super Campiello.

    Vi son state polemiche e commenti sulle quote rosa e previsioni in risposta a: A proposito, chi vincerà il superCampiello?

    Buona lettura. dania

  88. Cara Dania, ho finito di leggere “Nel cuore che ti cerca”, davvero un gran bel romanzo, lo recensirò senz’altro. Mi sono pure sentito al telefono con Paolo Di stefano, persona gentilissima.

  89. W la letteratura
    abbasso le quote.
    E poi il rosa ve bene per le donne under 1! Tenerissimo ma stucchevole…
    Concordo con Salvo: Paolo Di Stefano è una persona gentilissima e un bravissimo giornalista.
    Ai maschilisti dico solo: Silvana Grasso, Silvana La Spina, Melania Mazzucco, Tea Ranno…

  90. @M. Lucia.
    Roberto Alajmo, Roberto Mistretta, Paolo Di stefano, e l’ultimo che evito di nominare per non farmi pubblicità. Perdonami cara Maria Lucia ma il confronto non regge (a parte la Mazzucco che è di un altro pianeta)

  91. @ Salvo Zappulla

    Ho visto il tuo sito. Complimenti. Potrei suggerirti di aggiungere ai poeti del sito Elizabeth Barrett Browning e Christina Rossetti? Comunque hai fatto un magnifico lavoro che spero porterai avanti. Sono anch’io siciliano come te, Massimo e Paolo(Di Stefano). Sono fiero di voi.

  92. Caro Pino,
    ti ringrazio molto per i complimenti ma deve esserci un equivoco, io non ho alcun sito, fino all’altro ieri ero refrattario alla tecnologia e comunicavo ancora con i segnali di fumo, figurati se sono in grado di gestire un sito. Puoi dirmi di quale si tratta?

  93. Un caso di omonimia evidentemente. Se tu vai su Google e cerchi Salvo Zappulla potrai andare su testi di salvo zappulla e poetare.it. Mi spiace per l’equivoco.

  94. Salvo, per le quote rosa: non è una gara! Solo il riconoscimento del fatto che il genio non è rosa o celeste… è UMANO. Rimarcavo scherzosamente donne scrittrici a me care, alcune anche personalmente… vuoi mettere ad esempio la mia cara carissima Jane Austen, Le sorelle Bronte – qui Manzoni, ma l’Ottocento inglese venera delle donne! – , Emily Dickinson, Mariannina Coffa… Simona Lo Iacono?
    🙂

  95. D’accordissimo sulla grandezza della Lo Iacono, per le altre preferisco stendere un velo pietoso.

  96. Buongiorno a tutti! Sono andata ad assistere a una presentazione dei cinque finalisti a Milano, giorni fa. Ho comprato i loro libri, anche se, durante la presentazione, l’unica in grado di incuriosirmi era stata Chiara Gamberale, di cui però avevo già potuto apprezzare “La zona cieca” che fra tutto quello che ho letto durante l’anno ho trovato in assoluto il più meritevole in quanto a originalità stilistica e dei contenuti. A Milano ho constatato che libro e autrice si assomigliano: entrambi decisamente fuori dagli schemi.
    Poi ho letto gli altri (al momento mi manca solamente “Louise. Canzone senza pause”) e ieri sera ho terminato quello di Di Stefano che ho trovato in assoluto finora il peggiore, banale e retorico. Benedetta Cibrario e Cinzia Tani mi hanno lasciata perplessa, ma hanno scritto libri che comunque regalano momenti di piacevole evasione.
    Se il Campiello è Letteratura, però, per rispondere alla domanda, deve vincere Chiara Gamberale. E a tal proposito volevo sapere se e quando sarà previsto un incontro su questo sito con lei, come preannunciato, per porgerle i miei complimenti e un paio di domande.

  97. @ Simona:
    ma tu non sei la “nostra Simona”? Ti rispondo poi con calma. Ciao, a dopo.
    Miriam

  98. @Simona (che non è la nostra Simona). Io rispetto il giudizio di tutti. Sul libro di Paolo Di Stefano la penso diversamente. Allego la mia recensione uscita su “La Sicilia” del 12.07.08

    Nel cuore che ti cerca

    Paolo Di Stefano romanzo Rizzoli
    pagg.296 €19.00.

    Rita ha dieci anni appena quando conosce il suo calvario. Rapita da un maniaco, rinchiusa in una squallida stanzetta tra topi e avanzi di cibo, con un televisore a tenerle compagnia, e seviziata per lunghissimi interminabili anni. Paolo Di Stefano, giornalista del Corriere della Sera e scrittore, racconta la storia di un’infanzia violata prendendo spunto da un fatto di cronaca, (la storia di Natasha Kampusch, la ragazza scomparsa a Vienna nel ’98 e tenuta sequestrata per otto anni) sviluppa un noir psicologico dove i ruoli tra vittima e carnefice si intrecciano ambiguamente. Un tema che ricorre spesso nei suoi romanzi. Rita prova odio e affetto per il suo aguzzino, rabbia e speranza, più volte avrebbe la possibilità di fuggire ma rimane inerme accettando la sua condizione di schiavitù. E’ convinta di poterlo dominare, tra i due è l’uomo a sottostare, in quanto debole, in quanto morbosamente malato. La vittima pensa di aver provocato in qualche modo l’accaduto e quindi tende a difendere e a giustificare il suo carnefice. Un romanzo intenso e coinvolgente, a tratti commovente, tremendamente attuale, che contiene elementi forti. Parallelamente il romanzo procede con l’incessante ricerca del padre della ragazza, un giornalista fallito, con una situazione familiare difficile, ma tutto sommato un personaggio positivo, caparbio, non privo di slanci poetici, il quale non intende rassegnarsi alla perdita della figlia. Pagine di oscura prigionia e bagliori del mondo esterno fanno da contrasto connotando la storia di una propria impronta stilistica. La tensione emotiva della trama cresce vertiginosamente con lo scorrere degli eventi. Di Stefano compie un tragitto esplorativo nei labirinti dell’animo umano, apre voragini di dolore, percorre tragitti di profonda inquietudine, una sorta di ricamo interiore sulla complessità e la fragilità della psiche, con finezza di scrittura e acume introspettivo, a un ritmo serrato che coinvolge il lettore. Una storia che suscita orrore, fastidio, risentimento, tristezza, ma anche tanta tenerezza. Una miscela esplosiva di sentimenti contrastanti, con la sua severa morale capace di smuovere le coscienze. “Nel cuore che ti cerca” è stato finalista al premio Strega ed è attualmente in corsa per il Supercampiello.

  99. @Salvo…no, non sono io! Io sono qui a Tusa, con Luigi La Rosa e Francesco Costa! Stiamo facendo un meraviglioso stage sulla letteratura del mare….Ma tu lo sai perchè domenica ci raggiungerai!!!
    Virginia Woolf, Shelley, Esiodo, la Yourenar….Il mare declinato in tutte le forme e scrutato da un albergo “d’arte”! L’atelier di Antonio Presti, che galleggia su una spiaggia ciottolosa e azzurrissima!
    Vi mando un grande bacio e un abbracio anche a Di Stefano che stimo e al quale auguro buona fortuna!
    Simo

  100. Buongiorno Salvo, la sua recensione mi fa riflettere, grazie: sono in pochi gli articoli che riguardano i libri che ultimamente ci riescono.
    A presto, una buona estate a tutti. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate riguardo la cosiddetta scrittura femminile, se esiste o meno.

  101. @ Simona Lo Iacono:
    e smetterla, con queste evocazioni della tua bellissima esperienza fra parole e mare: ci fai morire tutti di tristezza!!!! Perché noi non siamo lì, soprattutto io, non sono con voi. Baci infiniti e abbracci a tutti.
    Bellissima, pensami un pochino!!!!
    Miriam
    🙂

  102. @Salvo
    Riferimenti della trama, tema del libro di Paolo di Stefano, con il caso Natascha Kampusch possono essere solamente casuali. Il caso Natascha Kampusch, anche lui tragico ma non della stessa portata, avvenuto in quel paesino austriaco vicinissimo alla mia cittadina di provincia Gänserndorf, non è ancora chiarito del tutto.
    Ti prego di leggerti la mia, inviata su La camera accanto 4, il 25 Giugno scorso.
    Questo non toglie comunque nessun merito sulla tua bella recensione che ho letta con piacere.
    Saluti
    Lorenzo

  103. @Lorenzo. Con tutta la mia buona volontà non sono riuscito a trovare la camera accanto 4. Comunque io ho scritto “ha preso spunto”. Mi pare che l’abbia dichiarato anche lui in un’intervista. Uno scrittore manipola sempre realtà e fantasia, se no non scriverebbe un romanzo ma un articolo di cronaca.
    @Simona. Grazie per i complimenti.

  104. @Salvo
    devi cliccare sulla colonna a destra della pagina d’apertura di letteratitudine la rubrica “camera accanto”. Sono tutte là a tua disposizione.
    Certo che uno scrittore prende spunto anche da un fatto di cronaca per creare un romanzo. Il suo merito si basa poi su come riesca a descrivere con fantasia, destrezza, sentimento e profondità situazioni e rapporti umani, anche quando vuole essere solo comico o satirico.

    Ciao, Lorenzo

  105. Sono riuscito a trovarlo. Hai fatto un quadro molto chiaro di quell’episodio e mi complimento con te. Per quanto riguarda il romanzo, torno a ripetere, allo scrittore basta uno spunto minimo per ricavarne una storia letteraria.

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