Vi è mai capitato di leggere una recensione e pensare: “e se il critico è un amico dell’autore recensito”?
Vi è mai capitato di pensare: “va be’, magari si sono messi d’accordo”?
Potrebbe accadere.
Non sarebbe molto corretto, vero? Bene. Letteratitudine, va oltre.
Inauguro, oggi, una nuova rubrica che si intitolerà, per l’appunto, Recensioni incrociate. Di volta in volta chiederò a due autori di recensirsi reciprocamente. Nella maggior parte dei casi l’oggetto delle recensioni saranno i loro libri, in altri casi potrebbero essere “le loro rispettive… figure“.
Saranno credibili, queste recensioni?
Lo giudicherete voi!
Intanto, dopo quelle di Enrico Gregori e Vito Ferro, ho il piacere di presentarvi le recensioni incrociate di Sabrina Campolongo e Laura et Lory (Laura Costantini e Loredana Falcone).
Naturalmente siete tutti invitati a interagire con le “autrici/critiche”. Ponete domande sulle loro opere e sulle loro recensioni incrociate.Ovvero… tartassatele.
Massimo Maugeri
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Sabrina Campolongo, “Il cerchio imperfetto“, Edizioni Creativa, 2008, pagg. 182, euro 12
recensione di Laura et Lory
Un libro sulle donne, scritto da una donna e scelto da un’altra donna per una collana che si dichiara Declinata al Femminile. Sono caratteristiche, queste, salienti per analizzare Il cerchio imperfetto, eppure vorremmo evitare la catalogazione nella cosiddetta letteratura femminile perché il romanzo di Sabrina Campolongo è soprattutto un viaggio all’interno di un universo che ci riguarda tutti, uomini e donne. Si parla di paura di vivere, dei sensi di colpa, del sentirsi inadeguati. Di più, imperfetti.
Sabrina usa i suoi personaggi per tratteggiare la difficoltà di relazione che caratterizza il nostro mondo. Tra Marga, Francesca, Viola, Massimo, nessuno ha la capacità di gestire serenamente un rapporto con l’altro, sia esso d’amicizia o d’amore. Nessuno riesce a trovare il coraggio di accettare l’altro come un dono, perché troppo forte è la paura di doversi dare fino in fondo, fino al confine tra il donarsi e il perdersi. Eppure tutti, indistintamente, hanno un disperato bisogno di amore.
Ha bisogno d’amore Margherita, Marga per le amiche. Lei che colleziona scopate come alcune donne fanno con le scarpe, o con le borsette. E’ spinta verso il sesso da una fame compulsava, non molto diversa da quella che da ragazzina la trascinava in ginocchio, davanti al frigorifero aperto, nel cuore della notte, a ingollare tutto ciò che le capitava sotto tiro.
Marga che ha gli occhi come pozzi verde cupo quando nella sua bulimia erotica incappa in un uomo violento. Un uomo che non ha capito.
Di uomini che non hanno capito ce ne sono molti nelle pagine di Sabrina.
C’è il marito di Francesca, Carlo, che non riesce a capire il bisogno di una madre di macerarsi nel senso di colpa per un figlio imperfetto. Un figlio che l’ha abbandonata alla solitudine, come tutti coloro che sono stati importanti nella sua vita. Francesca è un’artista, ma il linguaggio dei colori non basta a dissipare il buio che si porta dentro quando la giornata si svuota di colpo. Davanti solo un deserto spaventoso, incolmabile. Poter tornare a letto… E’ impossibile dipingere, è impossibile uscire di casa, lavarmi i capelli. Impossibile sollevare il ricevitore del telefono, impossibile sostenere una qualunque conversazione.
E’ la depressione il demone di Francesca. Un’ombra scura che la insegue e la precede schiacciandola in devastanti crisi di panico. Eppure a sconfiggere il mostro basta poco.
– Ciao, ti ho svegliata?
La sua voce, la voce di Massimo.
Vuoto nello stomaco, cuore che sbatte contro le sbarre della sua gabbia d’ossa, cercando di schizzarne fuori. E quel nodo implacabile che si scioglie, restituendomi lo spazio per gonfiare i polmoni.
Le donne amano così.
Eppure Massimo, il ragazzo che ha aperto uno spiraglio nella vita sentimentalmente irrisolta di Francesca, non capisce. O meglio, non vuole capire. Perché anche qui il rischio è il passaggio tra ciò che si ha e ciò che si potrebbe avere.
Lo sa bene Viola, che è nata con il corpo di un uomo, si è venduta per rendere visibile al mondo la femminilità della sua anima, ma non può accettare un amore vero. Un amore da donna. Perché lui non capisce. Pensa solo di fare un grande gesto romantico, non capisce e non gli interessa nemmeno di capire. Non sa cosa ci succederà. Non può capire, come te. Te lo ripeto Francesca: non posso andare a vivere nelle case popolari. I poveri non hanno pietà per quelle come me.
La pietà, la capacità di accettarsi per ciò che si è, manca a tutti i protagonisti di questo cerchio imperfetto.
Il libro di Sabrina Campolongo ha il pregio di descrivere, con la naturalezza del vissuto, stati d’animo che difficilmente vengono raccontati da chi ha la sfortuna di provarli. E’ un libro che scava in zone buie e forse, proprio per questo, il quadro che ne esce racconta di un’umanità fragile e dolente. Un’umanità che non riesce a trovare una rivincita, che non lotta fino in fondo, che si accontenta di un non detto.
Ti amo. Potrei dirti.
Potrei dire ti amo e non cambierebbe nulla.
Non aggiungerebbe nulla.
Posso dirtelo, non credo che lo farò mai.
E’ la sanzione di una sconfitta. Accettata con la strana gioia di una saggezza che, ancora una volta, parla della nostra profonda incapacità.
Laura et Lory
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Laura Costantini e Loredana Falcone, “Roma 1944 – lo sposo di guerra“, Maprosti & Lisanti editore, 2007, pagg. 480, euro 15
recensione di Sabrina Campolongo
Due donne, al centro di questo romanzo, due sponde dello stesso fiume. Da una parte Camilla, ruspante ragazza del popolo, impegnata a tempo pieno a “risolversi la giornata” (vedi mettere assieme un pasto almeno al giorno), dall’altra Ottavia, la contessa Visconti-Parini, assediata nel suo stesso palazzo dalle truppe americane che ne hanno preso possesso, con suo malcelato fastidio.
Due binari, due destini, quello della popolana rimasta sola al mondo, e quello della nobildonna abbandonata da un marito fascista e puttaniere, che in un altro momento storico non si sarebbero mai incrociati, limitandosi a guardarsi dalle due opposte, seppur vicine, tribune: quella dei servi e quella dei padroni.
Ma, in questo particolare dove e quando, tutto, forse, può accadere: Roma, giugno 1944.
Siamo nel cuore di una “città eterna” ferita e umiliata, che deve piegare la testa e accogliere nella sua carne truppe straniere che la proteggano da se stessa, una città costretta ad accettare di farsi salvare a colpi di coprifuoco e restrizioni, siamo in una Roma alla fame, che piange i suoi morti e i suoi palazzi distrutti, e si interroga su un futuro ancora incerto.
In questo sbando totale, non sorprende che i ruoli diventino elastici. Attraverso le pareti sbrecciate, le cuciture che cedono, che si sfilacciano, ecco che Camilla e Ottavia si trovano a essere prima di tutto due donne sole, e poi, solo sullo sfondo, una serva e una padrona.
Pur nella paura del futuro, pur nelle difficoltà, queste due donne, fino ad allora chiuse dentro due vite cucite loro addosso, rigide come gabbie da cui non si può scappare, si trovano tra le mani, quasi loro malgrado, l’occasione unica e irripetibile di essere se stesse.
Non ci sono madri, mariti, o fratelli a controllarle da vicino, nella lotta per la quotidiana sopravvivenza come nelle notte solitarie nella roccaforte del palazzo, non ci sono uomini a imporre, a vietare, a proteggere, a salvare.
Sono sole, sole come si può esserlo quando si è sopravvissuto a una guerra, sole come dopo l’abbandono di tutti, sole come chi non ha più nulla, a parte se stesso, da perdere.
Sole, all’apparenza, finché si innamorano (eh già) di due uomini, due dei “salvatori” americani. Ma sole, mi sembra di poter dire, anche, e dolorosamente, dopo.
Perché, se Camilla e Ottavia sono cresciute, nella consapevolezza di sé, durante questi mesi di solitudine e lotta per la sopravvivenza (materiale e/o spirituale), lo stesso non si può dire degli uomini di questa storia, il giovane Michael che ama Camilla in buona fede, ma, alla fine come un bell’oggetto da possedere e riportarsi in patria intatto, e il colonnello Samuel Kilpatrick, che si concede il diritto di vivere con Ottavia quell’amore totale che il rispetto delle convenzioni gli ha fino ad allora negato, ma senza mai dubitare nel profondo che sarà di nuovo in quella direzione, in quella degli obblighi familiari, che i suoi piedi volgeranno, alla fine della guerra.
Nemmeno il finale (che non svelerò) se pur con un avvicinamento, riesce a sanare la frattura, tra queste donne che lottano per la propria integrità e il proprio diritto a essere se stesse, e questi uomini che non riescono ad amare alla pari, uomini mossi da onesto desiderio, ma anche da ansia di “salvare”, di controllare, di imporre le proprie decisioni.
Il che è indubbiamente coerente con il momento storico. Difficile credere nella possibilità di un vero rivolgimento, è corretto quanto inevitabile il finale “convenzionale” di queste storie. Alla fine, la libertà selvaggia e pericolosa sperimentata in quei giorni lascerà segni profondi, nelle vite dei protagonisti, ma non stravolgerà il paradigma.
Gli uomini continueranno a prendersi la libertà come un diritto sacrosanto, e le donne continueranno ad accettare gli addii, e ad accogliere, e a perdonare.
Eppure, si intuisce che la consapevolezza è diversa: le donne, le sopravvissute, quelle che hanno lavorato nelle fabbriche, quelle che hanno dato da mangiare ai figli quando i mariti erano al fronte, quelle che hanno preservato la propria anima sottraendola alle violenze del corpo, cominciano a mostrare insofferenza, verso quelle figure maschili che vorrebbero tornare a decidere delle loro vite. Ma i tempi, nel 1944, non sono ancora maturi. Forse di questo Laura Costantini e Loredana Falcone ci racconteranno in un prossimo romanzo.
Intanto, quello che resta, dopo la lettura di questo “Roma 1944”, al di là delle vicende individuali e sentimentali dei protagonisti, è l’affresco dolente ma anche vitale (a tratti decisamente divertente) di una città e dei suoi abitanti, sanguigni e beffardi, violenti e disarmanti, acciaccati, ma mai disposti a chinare la testa, ironici anche mentre si svendono, capaci, li si direbbe, di prendere in giro persino la morte.
Acconciarle i capelli in morbidi riccioli era sempre stato il compito di sua madre, fin dalla prima volta, il giorno della Prima Comunione. Sentì le lacrime pungerle gli occhi mentre la nostalgia per Assunta le scavava un dolore sordo nello stomaco, le sembrò quasi di vederla alle sue spalle, riflessa nello specchio della toeletta, con i suoi capelli grigi annodati in una crocchia sulla nuca, la sopravveste bianca quando andava a servizio da donna Matilde, la madre della contessa Ottavia. Le sembrò di sentire la carezza delle sue dita sui capelli e la sua voce che le sussurrava: “Sta’bbona fija mia, nun piagne…ce n’avrai de tempo pe’ disperatte nella vita…”
Sabrina Campolongo
Allora… intanto ditemi, in tutta sincerità, vi piace quest’idea delle “recensioni incrociate” (che, peraltro, diventa anche rubrica)?
Vi sembra un po’ troppo “dissacrante”?
Vi pare che stravolga in maniera un po’ eccessiva i cosiddetti canoni delle “classiche recensioni”?
Ditemi…
E siate sinceri, eh?
Poi vi invito a leggere le recensioni e a provare a “calarvi” nelle storie.
Dopodiché rivolgetevi pure alle tre autrici.
Interrogatele (si fa per dire) sulle loro opere e sulle recensioni proposte.
@ Sabrina, Laura et Lory
Perché non postate, tra i commenti, qualche brano dei vostri libri?
In questo modo ci aiutereste a “intuire” un po’ meglio le vostre storie. E potremmo assaggiare la vostra scrittura.
Prima, però, non dimenticate di chiedere l’autorizzazione ai vostri editori.
@ Sabrina, Laura et Lory (again)
Vi “investo” del triplice ruolo di recensori, ospiti e animatori del dibattito. (Animatrici, nel vostro caso).
Scusate se è poco!
🙂
Nel primo commento ho usato il termine “dissacrante”. In realtà la mia è solo un’idea nuova (almeno, così la intendo) per parlare di libri in maniera simpatica e lievemente “provocatoria”.
Che ne dite?
A me sembra un’idea molto carina e innovativa. Nell’ottica di un blog che tratta soprattutto letteratura farlo tra persone che si conoscono, seppure virtualmente, aggiunge valore, crea una sorta di confronto incrociato dal quale trarre spunto anche per un’autocritica.
Molto belle entrambe le recensioni. Donne al centro delle storie. Dolori, vite incompiute, saggezza.
Non ho letto i due romanzi, ma so come scrivono Laura e Lory per aver letto altro. Sabrina la seguo sul blog e so che il libro la rispecchierà in pieno.
Naturalmente entrambi faranno parte della mia “collezione 2008”.
Poi, scusatemi, sarò di parte, ma le storie di donne scritte da donne mi emozionano in modo particolare.
E le tre scrittrici in questione hanno tutta la mia stima.
Io trovo che sia un’idea bellissima. Mi sembrano due voci che si rimandano e si incrociano. Il risultato è quasi creativo, nel senso che è come se saltasse fuori un terzo testo.
Innovazione nell’innovazione.
Bravo, Massi.
Bella sorpresa Massimo, non ce l’aspettavamo, oggi. Noi comunque, pur oberate di lavoro, siamo qui. pronte a rispondere a chiunque vorrà porci domande. Ringraziamo intanto Sabrina che ha colto in pieno l’essenza più intima del romanzo. Speriamo di essere riuscite a fare altrettanto con il suo “Cerchio imperfetto”. E grazie anche a Silvia per aver esordito nei commenti.
Laura e Lory
Vorrei attendere i brani e il cellulare di Marga per potermi esprimere in qualche modo. Fate presto.
ps: soprattutto col cellulare di Marga
Ma che ce farai co’ tutti ‘sti cellulari? C’hai n’età, caro Greg :->
oh che bello..di nuovo un post su libri, finalmente..
e che libri!
le recensioni sono ghiotte. io di laura e lory ho appena letto new york 1920, che da quello che mi pare di aver capito è il prologo di roma 1944. o per lo meno l’antefatto.
so che le ragazze scrivono bene, so che hanno un talento per l’affabulazione e per atmosfere e personaggi.
so anche che sanno leggere, oltre che scrivere, e che se loro parlano di un libro come hanno parlato di quello di sabrina, l’unica cosa sensata da fare è procurarselo in fretta.
cosa che ho intenzione di fare. a stretto giro.
per intanto mi preparo ad interloquire su quel che c’è.
massimo, le recensioni incrociate sono un’ottima idea, e sono felice che tu la porti avanti.
chi meglio di un autore può parlare di libri?
@ loredana:
ma che hai capito???? io coi numeri dei cellulari tento le combinazioni del Superenalotto!
Per tentare tenti…
ti tento?
A me le mele non piacciono.
Ma Sabrina che fine ha fatto?
Laura
Tutte protagoniste femminili. Che nel “Cerchio imperfetto” convivono col dimezzamento, coll’impossibilità di percepirsi intere – o meglio sane (di quella salubrità dell’anima che , sola, è capace di colmare e accettare) e in “Roma 1944” raddoppiano invece la voce, sovrapponendola tono su tono.
Colgo in entrambe le recensioni un affondo pietoso nella perdita (dolorosamente incisa nel destino di tutte le donne e di quelle a ridosso del dopoguerra soprattutto) e una ventata assorta di contemplazione sul proprio destino.
Non le ho lette come recensioni. Ma già come storie.
Belle.
–
A Laura e Loredana vorrei chiedere come organizzano la scrittura a quattro mani e come conciliano la solitudine dello scrivere con la necessità di armonizzare la propria narrazione a quella dell’altra.
Grazie e un affettuoso abbraccio a tutte.
@ Simona: non ti nascondiamo che quella che ci hai posto è la domanda più gettonata ad ogni nostra presentazione. Purtroppo spiegare come sia possibile scrivere a quattro mani è difficile almeno quanto capirlo. Per noi la scrittura non ha mai avuto la connotazione della solitudine. Abbiamo iniziato a scrivere insieme, sullo stesso foglio, poi sulla stessa macchina da scrivere e oggi sulla stessa tastiera. Le idee alle volte possono venire all’una o all’altra, poi ci ritroviamo insieme (ognuna ha la propria vita, il proprio lavoro) e ne discutiamo fino a quando trame e personaggi non si delineano da soli. O almeno così sembra a noi.
Laura e Lory
p.s. in questo momento digitiamo da casa di Loredana, per questo il nome che esce è il suo.
io che un pochino (pocopoco, ma la percezione non è acqua) ho la sensazione che alla fine laura sia quella più romantica e pessimista, e lory invece quella più birichina e avventurosa.
poi probabilmente assieme i confini si fluidificano e niente è più com’era, e questo a me a pelle sembra perfettamente naturale. non ci vedo niente di strano, insomma, in una sinergia di affetti ed effetti.
uffa, ci manca un ”le conosco” dopo la parentesi.
forse kataweb ha voluto punire la mia presunzione..
🙁
Eccomi, scusate, è che non ero preparata. Massimo, così all’improvviso, ho anche i capelli in disordine. Insomma, abbiate fede, ora leggo tutto, sono ancora un po’ emozionata per la recensione di Laura e Lory (non ce le siamo scambiate in privato, sennò che gusto c’era?)
Ora arrivo con risposte, numeri di cellulare (numeri di cellulare?:-O) brani e quant altro.
Il tempo di un caffè (e di rileggermi la recensione di Laura e Lory) e torno. Grazie Massimo, intanto, e grazie a tutti quelli che sono intervenuti fin qui. Vado e torno. Caffè?
sabrina
Noi lo stiamo prendendo Sabrina, anzi. Lo sta prendendo Lory perché io ne consumo anche troppi durante la giornata e quindi mi esimo dopo cena. Intanto, visto che ci siamo, ribadisco il grazie per una recensione che ha veramente colto nel segno. E’ bellissimo leggere cosa gli altri provano nello scorrere ciò che abbiamo scritto. E’ la conferma che il messaggio è arrivato.
Laura (e Lory che sorseggia caffè e si accende pure una sigaretta)
@ Gea: io romantica e pessimista? Direi di si, abbastanza. Lory birichina e avventurosa? Birichina si, avventurosa col paracadute.
Leggo ora:
“Sabrina, Laura et Lory (again)
Vi “investo” del triplice ruolo di recensori, ospiti e animatori del dibattito. (Animatrici, nel vostro caso).”
Massimo, nient’altro? Sicuro? Non so, due pasticcini? Un massaggino rilassante? :-))
Scherzi a parte. Questo è il mio passaggio preferito della recensione di Laura e Lory:
“Nessuno riesce a trovare il coraggio di accettare l’altro come un dono, perché troppo forte è la paura di doversi dare fino in fondo, fino al confine tra il donarsi e il perdersi.”
E’ verissimo. La negazione di sè è lo snodo cruciale, e quel confine, tra il donarsi e il perdersi è il baratro che terrorizza e attrae. La voglia di perdersi totalmente e l’incapacità profonda di farlo, a questo pensavo, scrivevo, questo sentivo.
Invece non sono totalmente d’accordo con il finale.
“E’ la sanzione di una sconfitta. Accettata con la strana gioia di una saggezza che, ancora una volta, parla della nostra profonda incapacità.”
Non è una sconfitta, per come la vedo io. Che poi, il fatto che l’abbia scritta io, questa storia, non mi dà la chiave definitiva per capirla. Ora è del lettore, e quello che dico io vale esattamente quanto dicono Laura e Lory. Però, per quel che vale appunto, per me non è una sconfitta, ma una piena accettazione. La strana gioia è quella di scoprirsi intere, piene, ancora innamorate della vita, indipendentemente dall’amore degli altri. Senza rabbia, perchè io non penso e non ho mai pensato che “l’inferno siano gli altri”. L’amore arricchisce, che sia corrisposto o meno non importa, l’amore ci dà senso, a prescindere. Scoprire di amare nonostante tutto, malgrado tutto, è una vittoria. Per come la vedo io, appunto.
In ogni caso, la recensione di Laura e Lory è bellissima, perchè sento che sono entrate nella mia storia, e non è sempre così. Alcune recensione, per quanto positive, mantengono una distanza, che mi dice che la storia è stata apprezzata ma non fatta propria, non ha vibrato nelle corde di chi ha letto.
Questa di Laura e Lory invece suona vicina, e mi tocca davvero.
ebbè, mica è scema..
🙂
posso dire qualcosa sulla vostra recensione del libro di sabrina (del libro in sé non posso parlare, non l’ho ancora letto):
dite dell’inadeguatezza, della non comprensione, della paura.
tutto vero, tutto sacrosanto. ma io credo che, abituati come siamo alla superficie, il problema sia venire a patti con l’intensità.
è l’intensità che spaventa.
quella che leggi negli occhi dell’altro, quella che sa di assoluto, pieno, completo.
e quella dentro di te, che ti costringe a guardare l’abisso, ad entrarvi senza alcuna garanzia di ritorno.
senza freni, senza pesi, se non quello, insostenibile, di se stessa.
e fa paura, cazzo, fa tanta paura.
forse alle donne (un pochino..) di meno, ma non è detto.
perchè scombina certezze, destabilizza equilibri faticosamente raggiunti, e sai che nulla potrà essere come prima.
almeno, credo.
il ”mica è scema” era ovviamente riferito a lory.
con sabrina ci siamo incrociate, e a questo punto ritengo il mio commento superfluo.
Rispondo a Massimo sulle “recensioni incrociate”. Confesso di essere stata un po’ perplessa, dalla sua proposta.
Tanto che ho messo le mani avanti, con Laura e Lory, prima che mi arrivassero i loro libri, dicendo: ragazze, voglio onestà e offro onestà.
Non solo perchè non so mentire, (posso sorvolare sulle cose che non mi piacciono, ma a un occhio attento si capisce eccome, cosa penso sul serio) ma soprattutto perchè un balletto tra autori, con tanto di inchino non serve a nulla, e si smaschera facilmente.
Io credo che, se gestita in quest’ottica, di serietà e onestà, il discorso “recensioni incrociate” possa metterci un qualcosa in più, parlando di un libro. Anche perchè, diciamocelo, non sono pochi quelli che osannano i libri degli amici, atteggiandosi a grandi critici imparziali.
Qui invece lo si mette nero su bianco. Siamo amici, e la lettura delle reciproche fatiche letterarie non prescinde da questo fatto. Nel bene e nel male, nel lodare con affetto come nel tirare le orecchie, sempre con affetto.
E (parlo per me) io non faccio critica letteraria. Io leggo, moltissimo, e cerco sempre di entrare nelle storie che leggo, e mi piace parlarne, mi piace svelare ciò che io vi ho trovato. Tutto qua.
Gea, per niente superfluo il tuo commento invece.
Quell’intensità che, cazzo, fa paura. 🙂 E’ così. Accettarla anche se sbanda, se slabbra i contorni e confonde. Farsi sopraffare dalla vita e cercare di non soccombere, come dice benissimo Rosella Postorino nella prefazione. Ma non scansarsi, farsi prendere in pieno e restare in piedi. E’ questa la vittoria di cui ho cercato di dire.
Brano scelto per Enrico de Gregori, specialmente. 😉
“Margherita ha paura di non sapere amare. O, almeno, questo mormora, stesa sul mio divano, quando è troppo ubriaca per rialzarsi e andarsene a casa, e quando nessun uomo si è offerto di riaccompagnarla e aiutarla a togliersi i vestiti.
Non che questo accada di frequente.
Marga colleziona scopate come alcune donne fanno con le scarpe, o con le borsette. É spinta verso il sesso da una fame compulsiva, non molto diversa da quella che da ragazzina la trascinava, in ginocchio, davanti al frigorifero aperto, nel cuore della notte, a ingollare tutto ciò che le capitava sotto tiro.
Rigetta le sue conquiste, poi, proprio come rigettava il suo folle pasto, infilandosi due dita sul fondo della gola.
La similitudine è così plateale che non offendo la sua intelligenza, parlandogliene.
Quando scruta i miei dipinti, gli innumerevoli ritratti che le ho fatto, storce il naso, cercando di apparire offesa, ma sinceramente divertita.
─ Perché ho sempre l’aria arrapata, nei tuoi quadri?
Ovviamente non si aspetta una risposta. Quando è su di giri, quando non giace sul mio divano sporcando di rimmel i miei cuscini, sembra andare fiera della sua sensualità, del desiderio che sa di essere capace di scatenare. Felice di essere Salomè, di essere Medusa, Gorgone e sirena.
Quando non sta rannicchiata, con la testa sul mio grembo, macchiando di rimmel la mia gonna di seta, e non dice con voce rotta che io le resto accanto solo perché non le voglio bene. Che non la scaccio soltanto perché a me non importa, se lei mi ama o no.”
Massimo,
a me l’idea delle recensioni incrociate piace molto, a patto pero’ che i recensori non si conoscano bene, ma leggano solamente i libri dell’altro.
@ Sabrina: Enrico DE Gregori? Gli piacerebbe al Greg essere un cantautore. invece è solo un canta… decidi tu
662 pagine che non potremo perdere.
Donne che parlano di donne, che recensiscono donne, che difendono donne, che vogliono diventare donne, che si bastano come donne.
Credo sia la legge del contrappasso per chi, come me, ritiene effettivamente indispensabile e salvifica la lezione delle donne, la guarigione da tutti i più reiterati vizi, da tutti i più noiosi difetti maschili.
Sono intelligenti le donne. Difficilmente si rivolgono una critica, si fanno un appunto. Sulla scrittura, soprattutto, si tengono in gioco.
Non può essere così come sembra.
Laura e Lory le conosco personalmente, Sabrina l’ho letta spesso sul blog. La mia stima è incondizionata e le recensioni sono bellissime
Tuttavia mi aspettavo un contributo reciproco diverso, uno spunto di miglioramento, una discreta minuta osservazione critica.
Altrimenti siete perfette ! Come sospettavo.
Quale uomo, dunque, sarà degno di essere per voi compagno, amico o semplicemente un degno lettore ?
Ci avete donato delle belle storie ora dateci anche una speranza.
@eventounico: non crediamo di essere perfette, però il non esserlo non imnplica per forza il ricercare una critica nei confronti dell’altra. Spunti di miglioramento ce ne sono moltissimi e credo da ambo le parti. Leggere il libro di Sabrina ci ha messo in contatto con una scrittura completamente diversa dalla nostra, più intima e introversa. E’ stato un affacciarsi su un universo che in parte ci appartiene ma al quale non abbiamo dato voce, ancora. In fondo non è stato diverso questo impatto da quello che abbiamo ricavato dalla lettura del tuo libro. E tu non sei una donna.
Ragazzi, mi dispiace, ma devo lasciarvi. Da casa di Lory alla mia ci sono venti chilometri e domani mattina la sveglia suona alle sei e venti. Vi leggerò tutti domani e con attenzione.
Laura
@ Gea…bellissimo il tuo commento. E vero. L’intensità spaventa. Spaventa gli uomini se la osservano nelle donne e le donne se non la trovano negli uomini.E quand’anche fosse reciproca, un equilibrio che si comunica all’altro e sa , al tempo stesso, trasformarsi, spaventa che possa non durare.
Forse più di tutto spaventa non trovarsi. Nè in se stessi nè nell’altro.
Raccogliamo l’invito a postare un brano del romanzo.
“Bongiorno don Pa’… che ce l’avete ’n mozzico de tempo pe’ me?”
“Veramente stavo facendo i miei esercizi spirituali ma se si tratta di una cosa urgente…”
”Ve devo chiede ‘n consijo.”
La faccia del prete si rabbuiò.
“Se si tratta di altri guai ti invito a cambiar parrocchia, figlia mia. Sono troppo vecchio per stare dietro a una con una vita come la tua.”
Camilla sorrise.
“Stavorta nun se tratta de me, so’ venuta da voi pe’ parlavve de n’amica mia…”
Don Paolo le indicò la sedia davanti alla vecchia scrivania di legno d’acero che era appartenuta al suo predecessore e al predecessore di quello e poi ancora fino a risalire molto indietro nel tempo.
Camilla sedé.
“Sète sicuro che qui nun ce sente nessuno? Nun sarebbe mejo anna’ ner confessionale?”
“I miei parrocchiani non hanno l’abitudine di entrare in canonica se non sono stati invitati. Tutti, tranne una.”
“Me dovete perdona’ padre, ma me so’ svejata stamattina co’ l’assillo de’ chiedeve consijo, nun c’ho pensato proprio a fa’ la richiesta ar Vaticano!”
Gli occhi del parroco, piccoli e neri, dalla motilità di quelli di un uccello, la fissarono pieni di riprovazione.
“Mettiamo subito le cose in chiaro Camilla: sono vecchio, sono il tuo parroco ed esigo il massimo rispetto da parte tua!”
“Ve sète dimenticato de di’ che stamattina ve sète arzato cor piede sbajato. Ma nun c’è problema, io so’ piena de umana comprenzione, d’artra parte, co’ ’n maestro come voi… scherzo!”
Don Paolo stava per sbottare ma il sorriso che si dipinse sul volto della più disobbediente delle sue parrocchiane lo ammansì.
“Non ho tutto il giorno a disposizione, tra poco meno di mezz’ora devo essere di là a dire messa. Allora, che ha fatto questa tua amica?”
“E’ incinta.”
Il prete si alzò e schiacciò la berretta sul tavolo.
“Lo sapevo! Lo sapevo che sarebbe successo! Ma la colpa è mia, mia! Avrei dovuto sposarti quando era il momento!”
“Metteteve seduto e ripijate fiato. Nun sto mica a parla’ de me.”
“Lo dici solo perché mi vedi arrabbiato. E siccome so anche qual è il consiglio che mi chiederai ti do subito la risposta: venite qui, tu e il tuo fidanzato e sposatevi stasera stessa!”
“Perché nun me state a senti’? V’ho detto che io nun aspetto nessun bambino.”
“Stai dicendo la verità?”
“C’ho la faccia de una che dice le bucie?”
Don Paolo tornò a sedersi.
“Lasciamo stare…”
“Sarà mejo. Allora, ’sta amica mia ha deciso de non di’ gnente ar padre der bambino perché lui è sposato. Seconno voi, dato che io lo conosco, glielo dovrei di’?”
“Madre santissima e lo vieni a chiedere a me?!”
Camilla apparve delusa.
“E da chi dovrei anna’? Nun siete ‘n prete voi?”
“Certo che sono un prete, ma un quesito come questo è impossibile da risolvere anche per uno come me.”
“Spiegateve mejo.”
“Benedetta figliola, se quest’uomo è sposato ma ama la tua amica, mettendolo al corrente tu rischi di rompere il vincolo sacro di un matrimonio, e questo è peccato mortale. Se mantieni il segreto questa donna metterà al mondo un figlio di nessuno e rischierà di perdersi…”
“Me state a di’ che la soluzione mijore sarebbe stata che se fosse liberata der bambino?”
“Non bestemmiare!”
“Io nun vojo bestemmia’, ma nun ve capisco! Potreste esse’ più chiaro, che diavolo!”
“Questa tua amica non avrebbe dovuto avere rapporti carnali con un uomo sposato.”
“Don Pa’ voi sète ’n prete e certe cose nun le potete capi’… ma quanno ’n omo e ‘na donna se amano certe cose so’ naturali, come la pioggia e er vento, come le staggioni…”
Lo sguardo che Don Paolo le rivolgeva la convinse a tacere.
“Ti ricordo che un prete è prima di tutto un uomo.”
“Beh, ormai er guaio è fatto e siccome io so che lei lo ama da mori’ e che pure lui je vole bene davero, io vorrei poteje di’ che sta pe’ diventa’ padre, perché st’omo a casa sua nun è felice e invece co’ lei…”
“Tu non devi dire proprio niente. Il tuo dovere è quello di rispettare la decisione della tua amica che in questo modo tenta di rimediare al male che ha fatto. Ricorda il comandamento: non desiderare la donna d’altri.”
“Ma quale male don Pa’? Cor marito che se ritrova quella ha cercato solo ’n po’ de felicità. Come ce po’ esse’ der male ner volesse bene?”
“Marito? Mi stai dicendo che anche lei è sposata?! O Vergine Santa!”
Camilla si alzò
“Avrei fatto mejo a famme ‘na passeggiata fori porta ’nvece de veni’ da voi… Nun sapete fa artro che tira’ ’n ballo li santi e le madonne, ma quanno se tratta de fa’ er dovere vostro… fate come quello, quello de quei fidanzati de Milano… don Abbate.”
“Don Abbondio.”
“Beh, l’importante è che m’avete capita! ‘n prete ce dovrebbe ave’ le soluzioni ai problemi de la pora gente, artrimenti che ce sta a fa?!”
“Camilla… conto fino a tre, poi voglio che tu sparisca dalla mia vista altrimenti… scoprirai che anche le mani di un prete possono essere pesanti…”
Camilla si alzò.
“Me ne vado, state tranquillo. Nun vojo turba’ la vostra coscienza de cristiano coi problemi de noi peccatori… però tenete pronti li paramenti perché Michael sta mejo e ’n giorno de questi veremo a regolarizza’ le cose, co’ bona pace vostra e de quell’anima santa de mi madre.”
“Prima sarà e meglio sarà! Camilla…”
La ragazza si voltò.
“Pregherò per la tua amica e per il bambino che porta in grembo e se decidesse di venire a parlare con me… proverò ad aiutarla, ma tu fatti gli affari tuoi. Siamo intesi?”
“Come comandate don Pa’.”
@ sabrina:
grazie per l’estratto “personalizzato”. Anche se parlare di un libro dalle poche righe lette qui è davvero arduo.
I colori mi piacciono molto così come mi piace molto l’espressione del dolore e del disagio che non avvengono in modo sguaiato. Le macchie di rimmel, per esempio, danno l’idea di un personaggio stravolto senza aggiunte e orpelli.
Quel poco che ho letto consolida una mia idea sulle donne:
i maschi le amano di più, le femmine le amano meglio.
Eccomi qui.
Come sempre vi ringrazio per i vostri commenti.
@ laura & lory:
non ho letto 1944, ma ho letto 1920 e sapete quanto mi sia piaciuto. di voi ho letto anche eibhlin quindi posso dire che vi conosco abbastanza come scrittrici e anche un po’ come persone visto che ogni tanto ci si vede e ci si sente.
di voi ammro innanzitutto la disciplina del documentarvi e la versatilità.
non mi pare, inoltre, di ricordare nei vostri libri una sola parola che necessiti il ricorso al dizionario.
Parole semplici, di uso comune. Funzionano per come sono assemblate e non per la loro ricercatezza.
Togliendo qualche pompino, o forse aggiungendone qualcuno non so, 1920 potrebbe essere un bel testo da far leggere ai ragazzi delle Medie. Un primo, facile ma realistico approccio alla mafia e alle sue propagini.
1920 mi piacque proprio perché prendeva elementi arcinoti e arciscritti, ma riusciva a presentarli con sensibilità ed emozioni molto personali.
se il sequel è figlio legittimo del predecessore, non ho dubbi sulla sua qualità.
Ringrazio Laura, Loredana e Sabrina per essere intervenute prontamente e senza preavviso da parte mia.
Mi piaceva l’idea di sorprendervi spettinate!
😉
Scherzi a parte, care autrici, prendetevela comoda. Il dibattito sui vostri libri si svolgerà con molta calma (pubblicherò il prossimo post non prima di mercoledì sera).
@ simo
io non credo che la distinzione sia così netta tra uomini e donne, e che l’intensità sia prerogativa femminile.
forse, e sottolineo forse, alle volte le donne superano con meno difficoltà la paura di abbandonarsi. ma credo che più che innata questa cosa risenta di un retaggio culturale pesante.
e ribadisco, non sono affatto certa che quello che sto dicendo abbia un senso in assoluto.
@ massimo:
non mi vorrei attribuire primati, anche perché sarebbe comunque un primato deciso e voluto da te, ma credo di essere stato (insieme a Vito Ferro) l’apripista delle recensioni incrociate.
Io e quel “Germano cresciuto” di Vito ci divertimmo come pazzi e, a giudicare dai commenti, la cosa piacque a parecchi. Poi Ferro è scomparso perché, appunto come Germano, è infastidito dagli argomenti che oltrepassano la misura del suo cazzo. Quindi un post che se ne discosti di cinque centimetri, per loro è già remoto.
Non so se tra i due autori-recensori ci debba essere o meno molta confidenza. Credo sia fondamentale la sincerità e questa non so quanto sia legata alla confidenza. Anzi, magari se tra i due non c’è grande familiarità, si eccede semmai in lodi.
Credo sia inevitabile che i due libri “si piacciano” a vicenda. Tanto poi è il dibattito che prende la piega che prende usando le recensioni soltanto come spunto.
@ Sabrina e a tutti
L’obiettivo fondamentale delle “recensioni incrociate” è approcciarsi ai libri che si presentano (e si recensiscono) con allegria e brio. E in maniera nuova (se non “innovativa”). Senza tralasciare la serietà, si capisce.
Anzi, credo proprio che – dal momento che gli autori si “mettono in piazza” a recensirsi reciprocamente, e in maniera del tutto trasparente – possa scattare ancora di più quel senso di responsabilità che bisognerebbe sempre avere quando si parla di un libro.
Credo che dalle vostre recensioni questo senso di responsabilità si evinca in maniera chiara.
L’importante è che non scatti il meccanismo opposto. Essere cioè “troppo critici”(in maniera eccessiva, intendo) per dare l’idea di massima serietà.
Insomma: allegria, brio e serietà.
Mi fa piacere che l’idea vi aggradi.
Le “recensioni incrociate” continueranno… su questo schermo (o meglio, sul vostro monitor).
@massimo, volevo ringraziarti personalmente per la splendida opportunità che ci ha regalato, con o senza preavviso.
@tutti, vi do la buonanotte e a risentirci domani.
Lory
@ Sì, cara Gea. Anch’io non credo nelle distinzioni nette. Forse solo ad alcune tendenze più femminili che maschili. E anch’io non so se sia vero che le donne si abbandonano con più facilità. Ma mi pare che sia nell’uomo che nella donna ci sia la paura di non trovare nell’altro ciò che si aspettano….
Bacio e notte Gea cara. Notte a tutti.
Enrico Gregori, chiedo scusa! E’ che il De Gregori lo ascolto così spesso ultimamente, che ormai mi viene in automatico. ^_^
@eventounico, il rischio c’è, evidentemente, di dare l’idea che ce la si canti e ce la si soni tra di noi. Per quanto mi riguarda, non credo che nel mio libro le donne appaiano migliori degli uomini, anzi. Credo che l’imperfezione sia equamente distribuita da entrambe le parti.
Poi, fare degli appunti a Laura e Lory. Un po’ le ho già punzecchiate sulla “prevedibilità” di certe situazioni, parlando di New York 1920 qui:
http://balenebianche.splinder.com/post/16085430/New+York+1920+%28e+il+corpo+dell
però, sinceramente, non so se una mia eventuale critica in tal senso sarebbe sensata. Perchè i romanzi di Laura e Lory (quelli che ho letto finora, almeno) si iscrivono in una letteratura diciamo “di genere” (magari a loro due la definizione non piace, ma per me non è affatto dispregiativo) che ha dei suoi canoni, e la mia eventuale critica andrebbe semmai verso quei canoni, e non verso il modo in cui Laura e Lory li applicano, personalizzandoli.
Proprio per mio gusto individuale, gusto che so benissimo non essere condiviso dai più, dal momento che quei libri hanno un ampio consenso di lettori e lettrici affezionati.
Per cui il mio plauso va senz’altro a Laura e Lory, che riescono, pur mantenendosi in quel binario, a interpretarlo in modo originale, incastonando la trama sentimentale in un gioiello di ricerca storica, e facendolo con grande perizia, con ottimo ritmo e bella scrittura.
Mi piacerebbe, questo sì, avendo letto da loro varie cose, anche non squisitamente narrative, che affondassero un po’ più la loro penna in profondità, tra scheletri e fantasmi. Ecco, in questo credo (ma anche qui, opinione mia personale) che la scrittura a quattro mani poco si presti, perchè di fronte alle nostre ossessioni siamo soli.
Però, non è detto invece che, dopo anni di conoscenza, le due signore non riescano anche in questo. Un esperimento in tal senso mi sarebbe davvero gradito.
@ Enrico
Certo! Tu e Vito siete state le prime vittime della mente bacata di Massimo Maugeri.
🙂
E infatti (a parte che il vostro post è linkato qui), se tu vai sulla colonna di destra, e clicchi sul link della rubrica “recensioni incrociate”… indovina cosa appare dopo questo post?
Azz.. non ho ancora incominciati NY 1920, ancora giacente sulla pila del comodino, già intenzionato a comprarmi Eibhlin su istigazione di quel pazzo di Gregori, e qui già siamo a Roma nel 44; e ci si mette ora anche Sabrina Campolongo ad allungare la lista di libri da leggere.
Ho bisogno di un nuovo comodino!
Ciao Lory… ma che grazie! Va’ a dormire
😉
Buonanotte anche a te, Simo.
@ Simo e Gea
Il vostro duetto sul tema “uomini/donne” è molto interessante.
Spero che continuiate domani.
(Un dibattito nel dibattito).
@ Sergio
Secondo me se proponessi pubblicamente una “recensione incrociata” ad autori che si conoscono (e che tutti sanno che si conoscono) scatterebbe a maggior ragione quel senso di responsabilità di cui sopra. Forse il rischio sarebbe l’esatto contrario. L’eccesso, appunto, di “critica”.
Credo che sarebbe una bella sfida.
@ Sergio e Enrico
Due prossime possibili “vittime” delle mie recensioni incrociate siete proprio voi due. Vi aspetto al varco (mi riferisco a vostri nuovi libri… che spero escano presto).
Sarebbe molto divertente (dico davvero), visto che è da un po’ che non vi rivolgete la parola.
Smettetela, su…
🙂
… e tenetevi pronti!
Dico sul serio.
Ultima nota sul libro di Laura e Lory, ora che ho visto che hanno postato un estratto.
Uno degli effetti collaterali della lettura è che mentre vi ero immersa (e per alcuni giorni a seguire) io, nata a Milano da genitori lombardo-veneti, mi scoprivo a pensare in dialetto romanesco! Come un virus mi si è “attaccato” addosso. A proposito di questo, ho immaginato molto difficile la scelta di mantere tutti i dialoghi (o quasi) in romanesco dall’inizio alla fine. Grande fatica di trasposizione del parlato immagino. Soprattutto perchè, come chi ha il vostro libro sul comodino avrà già notato, non si tratta proprio di un opuscoletto!
E ora mi associo ai buonanotte e torno a rileggervi domattina. 🙂
sabrina
Buonanotte a te, cara Sabrina. E buonanotte a tutti.
Sto per chiudere anch’io.
Sabrina, ti ringrazio per averci dimostrato come è possibile segnalare degli spazi di miglioramento senza scadere in un becero contrappunto da stadio.
Al tuo cantus firmus Loredana ha risposto con un’altra melodia, per ora solo accennata, della quale sono comunque riconoscente.
Sarebbe, in effetti, auspicabile una interazione melodica tra le vostre fonti autoriali piuttosto che un effetto armonico.
In ogni caso, finora, una ottima voce solista mi è sembrata quella di Gea.
Come scrivevi tu, Sabrina, “di fronte alle nostre ossessioni siamo soli”.
grazie, evento. lo sapevo che su questa cosa (e non è la sola) ci saremmo capiti.
la volete una goccia di lucidità mattutina? oddio, più o meno..
secondo me è trovarsi la cosa che spaventa di più, non il contrario.
trovare e accettare nuove dimensioni del sé, abbassare difese, rimestare il calderone e scoprire ciò che viene a galla.
l’altro è solo un agente, uno specchio piazzato davanti che ti costringe a guardarti. e qui invoco silvietta, che di specchi è esperta.
🙂
stremata da cotanto pensiero, me ne vado a lavorare.
buona giornata.
@ Evento e @ Sabrina:
Intanto buongiorno ragazzi, sono gia’ in redazione e ho letto rapidamente i commenti pervenuti. Allora, convengo con Sabrina che definirci di genere non ci piace neanche un po’. Diciamo che Roma 1944 e’ soprattutto un romanzo storico, che riempie una lacuna visto che sull’occupazione alleata di Roma non e’ mai stato scritto nulla, al di la’ di pochi saggi. E veniamo all’affondare la penna tra scheletri e dolori. Sabrina dice che “di fronte alle ossessioni” siamo soli e forse e’ vero, ma io sono convinta che, a cercare tra le righe dei nostri romanzi, di ossessioni se ne trovano parecchie. E’ difficile parlare dei propri lavori, bisognerebbe averne acquisita sufficiente distanza e non e’ questo il caso. Nei protagonisti dei nostri romanzi, quelli finora pubblicati, io trovo espresse delle esigenze e delle paure che forse appartengono a me e a Lory, forse appartengono a quell’ibrido che insieme formiamo, Lauraetlory, oppure appartengono esclusivamente ai personaggi. Dice Yehoshua che un personaggio, se lo hai creato bene, prende una vita autonoma e non ti consente piu’ di pilotarlo dove vorresti. A noi succede sempre. Partiamo con un’idea e si finisce altrove, verso altri destini, verso altre scelte che appartengono a Camilla oppure a Samuel. Camilla e’ una donna in lotta contro la solitudine e contro la paura che tale solitudine le ispira. Vuole farcela da sola, senza chiedere niente a nessuno e questo perche’, sostanzialmente, ha il terrore di chiedere e ricevere un NO in risposta. Non vuole essere ferita e umiliata nel suo bisogno piu’ grande, quello di essere amata. Ricordo una frase che mio padre amava ripetere: a me nun me servbe gnente da nessuno. Non era vero, non e’ mai vero, ma quanti di noi hanno cercato di far propria questa filosofia? Camilla vive in un contesto e in un tempo diversi da Margherita, Francesca, Viola, le protagoniste di Sabrina. Ma se si guarda bene, la sua paura non e’ diversa da quella di Viola, la donna nata uomo che non ha il coraggio di essere donna fino in fondo. Per Camilla sarebbe coraggio accettare di diventare una sposa di guerra? O forse il coraggio piu’ grande lo trova nel finale che a Sabrina appare convenzionale ma che a me, come lettrice, non piu’ come autrice, appare semplicemente giusto? Ecco, io per indole non accetto mai le cose lasciate in sospeso, il non detto. Questa e’ la mia piccola ossessione (una delle mie ossessioni) e quindi quelle parole nel romanzo di Sabrina sul ti amo lasciato nel silenzio delle cose impossibili mi fa male. I protagonisti di Roma 1944 si dicono tutto, anche le cose che tagliano piu’ in profondita’. Quelle che allontanano. Lo fanno in un contesto storico, in una cornice anche allegorica, con punte di comicita’, ma lo fanno.
Ho letto di Sabrina questo romanzo e qualche racconto. So che anche la sua penna puo’ spaziare e uscire dall’ambito dell’introspezione per spaziare in territori piu’ colorati e trasgressivi. Ma so anche che se Sabrina scrivesse un romanzo di genere cio’ che lei e’, le sue ossessioni, si trasferirebbero in quel contesto e lo arricchirebbero, cosi’ come credo il nostro essere persone con un bagaglio di sofferenze e riflessioni alle spalle arricchisca un romanzo dove abbondano occhi verdi, azzurri e color miele.
Laura
p.s. un piccolo scherzo per Sabrina, visto che ci aveva fatto un appunto sui colori degli occhi, mi sono appuntata, mentre leggevo, tutte le volte che gli occhi delle sue protagoniste erano pozzi verde cupo, liquidi, spigolosi, lucenti, chiari come acqua ecc. Perche’ gli occhi sono importantissimi per uno scrittore, cosi’ come le descrizioni. Non amo chi non mi dice niente del protagonista perche’ l’aspetto di un personaggio conta, per me, quanto le sue caratteristiche. E dire se e’ alto, basso, biondo, bello, brutto non toglie a me lettrice il piacere di immaginarmelo.
Eccomi Gea! Eh già, l’intensità di un incontro vero, profondo, autentico, risveglia in noi nuove consapevolezze, ci costringe a un duro confronto con la parte di noi che teniamo sopita. Perchè ci fa paura, perchè abbiamo timore di soffrire e perchè a volte è meglio così. Ma alla faccia delle buone intenzioni, lo specchio ci chiama e prima o poi ci piazziamo davanti e ci scopriamo per quello che siamo. Magari negli occhi di un’altra persona che, nostro malgrado, abbiamo cercato e voluto.
@ Silvia: io ho sempre cercato incontri con persone vere cui regalare tutto quello che posso dare come donna e come essere umano. Ma non ho mai trovato qualcuno disposto ad accettare questo dono. La frase cult? Io non ti merito. Traduzione: io non ti voglio perche’ sei troppo impegnativa. Io non ti merito e’ una menzogna, perche’ nessuno di noi e’ convinto, nel profondo, di non meritarsi il meglio. Certo, poi bisogna vedere che concetto abbiamo di meglio. Io un concetto ce l’ho, ma dopo varii tentativi mi rimane solo quello. Da cui il motivo per cui non ho una grande stima degli esseri umani di sesso maschili, veri e trasposti su carta.
laura
@ Carlo S.: non ci hai ancora lette, ma puoi comunque esprimerti sulle recensioni, comodino a parte. 🙂
@ Evento: mi viene in mente adesso che esiste un nostro romanzo che parla quasi esclusivamente di ossessioni, anche quello inserito nel genere serial killer. E’ uno dei piu’ difficili, duri e indigesti che abbiamo scritto. Farebbe la gioia di Enrico perche’ parla di perversioni sessuali e abbondano le scene forti, ma soprattutto parla della sconfitta di chi vuole cercare salvezza e riscatto mentre la sua stessa natura lo attira verso il baratro. Forse un giorno…
@ Tutti: e adesso vado a lavorare. Oggi mi tocca sviscerare la triste vicenda di Lady D all’indomani della chiusura (definitiva?) dell’inchiesta che stabilisce che non c’e’ stato complotto. Solo una grandissima sfiga e un pilone di troppo sotto il tunnel dell’Alma.
Un abbraccio a tutti e un bacio a Massimo.
Caro Massimo, bella l’idea delle recensioni incrociate, ciao, Italo
@ Enrico : “Parole semplici, di uso comune. Funzionano per come sono assemblate e non per la loro ricercatezza.” E’ sul tuo “funzionano” che si regge la nostra scelta stilistica. La necessità è quella di raccontare delle storie, la volontà è fare in modo che queste storie possano essere fruibili dai più. E i riscontri ci sono perchè dopo la pubblicazione di N.Y. 1920 a chiederci il seguito sono stati adolescenti, ragazzi, adulti come me e te e anche persone di una certa età. Questa peculiarità può anche essere interpretata come un limite ma sicuramente io e Laura non la viviamo così.
@sabrina: parlare in dialetto è una cosa, scriverlo tutt’altra, si fa una fatica enorme. All’inizio Camilla parlava un buon italiano, ma era poco credibile. Perchè è nella lingua nella quale ci siamo formati che impariamo ad esprimere i nostri sentimenti.
Davvero interessante l’idea delle due- recensioni incrociate-, entrambe esaurienti e che si gustano con diletto e partecipazione.
Nell’articolo di Laura e Lory emerge a pelle, la squisita sensibilità femminile che permette loro di esprimere e di valutare l’estesa gamma dei sentimenti, ottimamente delineati.
Due lati intimi in particolare mi hanno coinvolto:- il diffuso concetto di
” sentirsi inadeguate”, così tipico dell’animo femminile ed è proprio tale “senso di colpa” invasivo e permanente, che ci impedisce di essere naturali con gli altri e che complica e distorce un eventuale rapporto amoroso. Molto vera e tangibile, l’ancestrale ” paura di lasciarsi andare” di doversi dare fino in fondo”, infatti un dono totale di sè significherebbe per molte di noi, l’espropriazione e la perdita della propria personalità e della propria anima. Mi congratulo per l ‘approfondimento psicologico dei personaggi e naturalmente per la validità della scrittura.
Molto toccante, la bella recensione di Sabrina, che è riuscita a sintetizzare armonicamente un periodo così complesso,crudele e burrascoso per la nostra patria, offesa, mutilata e distrutta nei valori più genuini, nelle persone care e nelle mirabili costruzioni.
Dall’ efficace, dinamica penna della Campolongo, emerge nitido, un affresco dolente e ricco di spunti umanissimi che ci fa ancora una volta constatare – il nostro essere nulla -di fronte agli eventi bellici. Altro non oso evidenziare, purtroppo non avendo letto i libri ,mi mancano tutti gli elementi necessarii per scrivere una valutazione più attendibile e approfondita.Ringrazio però le tre scrittrici per intensità del loro impegno
Tessy
@ massimo:
non rivolgere la parola a qualcuno non vuol dire che non se ne apprezzi la coerenza e l’integrità. anzi, magari il silenzio e l’incomunicabilità evitano gli equivoci.
sulle eventuali recensioni incrociate gregori-sozi mi sorpendi. ma io non credo che pubblicherò il secondo libro prima di Natale, ergo sarebbe meglio che tu scegliessi un’altra vittima. ma a parte ciò potresti organizzare dei “confronti-scontri” con i racconti inediti. Lo dico in generale, non che la cosa debba riguardarmi.
Nel merito ti anticipo che Laura&Lory e io stiamo organizzando una cosa del genere ma “privatamente” nei nostri blog.
@laura e evento,
ci tengo a precisare che il desiderio che ho espresso non lo intendo necessariamente come un segnalare “spazi di miglioramento”, . Ripeto che “di genere” per me non è dispregiativo, assolutamente, e che anzi ha una connotazione neutra.
Un giallo, o un noir, o un romanzo sentimentale può essere patetico, scontato, retorico, noioso, come può essere sublime, eccezionale, originale e assolutamente necessario. Resta il fatto che i generi in questione hanno delle proprie liturgie interne, che di solito tutti gli autori che vogliono arrivare al grande pubblico rispettano. (ci sono delle eccezioni, di chi sconfina e ribalta, però sono rari i casi in cui questi esperimenti approdano a qualcosa di valido)
In questo senso dico che Laura e Lory rispettano i canoni di un genere (più sentimentale che storico, se mi consentono di dirlo). Non si può negare che la trama sia incentrata su una duplice storia d’amore, e sulle vicissitudini che occorrono ai protagonisti nel tentativo di raggiungere l’oggetto amato.
Però.
Mentre il contesto storico poteva essere un semplice sfondo dipinto, messo lì giusto per dare un po’ di patina dorata alla storia, Laura e Lory lo ricostruiscono sul serio, con grande serietà, lo rendono vivo, pulsante, ne trasmettono l’odore, la polvere, i rumori, le paure collettive, ne fanno davvero una sottotrama importante, che non domina sulla prima ma la completa in modo necessario e originale.
Il finale, come dicevo, è convenzionale, nel senso che le due protagoniste rientrano in due ruoli “convenzionali”: la donna che accetta e perdona, e la donna sedotta e abbandonata, ma è anche, come dicevo nella recensione, l’unico possibile. E la necessità è data dalla sottotrama storica che, appunto, non è stata messa là giusto per fare colore, anzi!
Un finale diverso e più moderno sarebbe stato a mio avviso una forzatura.
Allo stesso modo, mentre la psicologia dei personaggi poteva essere bidimensionale e stereotipata (la bella-e-buona, l’angelo-salvatore, la-perfida-rivale ecc…), Laura e Lory costruiscono personaggi a tutto tondo, con contraddizioni e sbavature anche.
Per cui, torno a dire che non c’è nulla che cambierei nel romanzo di Laura e Lory, che interpreta con originalità (e profondità psicologica) i canoni di una narrativa che vuole prima di tutto raccontare una storia, e raccontarla bene, e ci riesce.
Personalmente sarei curiosa, e interessata a vederle cimentarsi in qualcosa di diverso, che non si fermi lì dove le esigenze pressanti di trama e ritmo impongono di staccare la penna.
Non so se è chiaro, questo.
Io ho scritto un paio di gialli (ancora inediti, ma uno ancora per poco) e scrivendoli le ho sentite, queste esigenze di trama. Pur mettendoci me stessa, come dice Laura, a un certo punto, come dire, la storia deve andare avanti, e il cammino psicologico deve seguire un percorso narrativo, altrimenti si rischia il pasticcio, e la noia.
Sarei curiosa di sentire l’opinione di Gregori su questo.
solo per laura: la mia battuta sugli occhi, giusto per chiarire, non era mirata sulla vostra attenzione per gli occhi (che condivido assolutamente) ma proprio sull’espressione “occhi del colore del mare…”, a cui mi è sembrato che, in NY1920 vi siate un po’ affezionate (specialmente all’inizio). Ma era, sul serio, solo una battuta (non me le sono nemmeno segnate) . E ho notato comunque, come in Roma 1944 siate uscite dalla fascinazione. 🙂
Vorrei quotare Lory, perchè trovo che in questa frase si riassuma quello che io ho cercato di dire in venti righe.
“E’ sul tuo “funzionano” che si regge la nostra scelta stilistica. La necessità è quella di raccontare delle storie, la volontà è fare in modo che queste storie possano essere fruibili dai più. E i riscontri ci sono perchè dopo la pubblicazione di N.Y. 1920 a chiederci il seguito sono stati adolescenti, ragazzi, adulti come me e te e anche persone di una certa età. Questa peculiarità può anche essere interpretata come un limite ma sicuramente io e Laura non la viviamo così.”
E’ questo che volevo dire. E per me non è assolutamente un limite. I libri di Laura e Lory funzionano, e sono sicurissima che se li pubblicasse Mondadori sarebbero best sellers.
Lory, non so se si è capito, ma il mio era un attestato di stima per il vostro lavoro (che immagino immenso) di trascrizione del romanesco. Assolutamente, Camilla non avrebbe potuto che esprimersi così.
Mi sembra carina questa idea delle recensioni incrociate, a patto che si analizzino i testi degli autori in questione seriamente, con obiettività, senza lasciarsi condizionare dall’amicizia- come mi pare stia avvenendo- Non ho letto i libri delle scrittrice presentate, quindi preferisco non esprimermi e mi limito a fare gli auguri. Per me la scrittura rimane una cosa intima, da non condividere con nessuno. Sicuramente per scrivere un romanzo a quattro mani occorre una certa intesa tra le due persone, non solo professionale ma anche a livello umano. Cosa non facile da ottenere. C’è l’esempio dei Kai zen, che sono in quattro e riescono ad ottenere grande successo. Chissà, magari più avanti mi piacerebbe fare un esperimento del genere, solo che io scrivo con i piedi, dove lo trovo un altro che usa gli stessi arti per poter realizzare un romanzo a quattro piedi? Forse Didò.
@scrittrici
@sabrina, io ti ho capita e, se posso permettermi un paragone cinematografico, direi che tra due splendidi film come Schindler List (Spielberg) e La vita è bella (Benigni) noi avremmo raccontato la storia dei campi di sterminio alla seconda maniera. Entrambi rievocano la tragica realtà del genocidio ma in Benigni c’è più poesia.
@zappulla, “Mi sembra carina questa idea delle recensioni incrociate, a patto che si analizzino i testi degli autori in questione seriamente, con obiettività, senza lasciarsi condizionare dall’amicizia- come mi pare stia avvenendo-…” posso dissentire?
In quanto alla scrittura come una faccenda intima il discorso meriterebbe un approfondimento a parte. Qualcuno dice che è impossibile scrivere a quattro mani, qualcun altro un giorno ha detto che dove si scrive in due c’è sempre uno che soccombe alle idee dell’altro. Molto più spesso di quanto vorremmo ci viene chiesto: “chi è delle due che scrive veramente?”, “chi detta e chi scrive?” e solo da quando ci hanno coniosciute in coppia qualcun altro si è tolto dalla testa che dietro il duo lauraetlory ci sia stata in realtà una sola persona (ma non del tutto ovviamente). Come fugare i dubbi di tutti costoro? Comincio a credere che esista un modo soltanto: venite a trovarci il lunedì pomeriggio a casa mia e vi farete un’idea.
@Loredana.
Forse mi sono espresso in maniera poco chiara. “Come mi pare stia avvenendo” si intende che, a mio parere, si sta discutendo con obiettività, senza lasciarsi condizionare dall’amicizia. La scrittura: io ritengo che scrivere a quattro mani pressupponga delle regole che ambedue dovete rispettare. A chi appartine l’idea originaria? come sviluppate la trama? Ne discutete prima? Gli spazi li dividete più o meno in parti uguali? Un’opera letteraria appartiene all’immaginario del singolo individuo, ci vuole una bella forza a far sì che possa entrare in simbiosi con quello di un altro. Se voi ci riuscite, non posso che congratularmi.
@salvo: chiedo scusa per aver frainteso le tue parole. In quanto alla riuscita della nostra scrittura a quattro… credo che non spetti a noi decidere se funziona ma ai nostri lettori tra i quali, mi auguro, potremo includere anche te un giorno. In quanto alla formula usata che te ne pare di: due cervelli e una tastiera? 😉
@ lory:
che voi due abbiate una tastiera non ho dubbi
🙂
@ lory
tu e d io, nei nostri esili nicotinici, abbiamo parlato un pochino, e sono giunta alla conclusione che sei una gran persona. e profondamente vera.
quindi se tu dovessi dirmi che davanti alla tastiera avviene una fusione fisica tra voi due per cui la mano destra sei tu e quella sinistra è laura, non faticherei a crederti. ma sul serio.
e lo trovo plausibile.
quando da tanto tempo si è abituati a pensare come uno e bino, non credo sia difficile metterlo in pratica.
@ massimo, simo e il resto del mondo se gli frega:
credo che il punto sia che io non intendevo parlare di uomini e donne, ma di persone.
persone che davanti all’intensità di un rapporto (anche fraterno, amicale o genitore-figlio) vanno in crisi per la difficoltà di accettare il profondo.
e qui secondo me il genere c’entra solo in parte. è molto una questione caratteriale e parzialmente culturale, nel senso di contesti oltre che di letture.
e con questo chiuderei, perchè il post è delle ragazze, e devono goderselo appieno.
@ Loredana.
Sicuramente, mi sta incuriosendo molto questo dibattito, e quanto prima mi procurerò un vostro libro, (magari per recensirlo). Ho recensito Gregori, quindi il peggio è superato.
Le recensioni incrociate sono simpatiche, e ancora di più spontanee e dirette se fatte su racconti, editi o inediti: la partecipazione sarebbe più estesa.
Donne e uomini in letteratura: le donne scrivono di sé, di quello che “conoscono” gli uomini sono più architettonici, portati a costruire. Non è un mio pensiero, ma il sunto tratto da un’intervista a Vittorio Sgarbi, pensiero, che a grandi linee condivido.
I libri non li ho letti e quindi non entro nel merito, solo due domande:
@ Laura et Lory: il 1944 e periodo della guerra sono temi ampiamente trattati e riconosciuti. C’è un altro momento storico, importante e fondamentale, quello della scomparsa delle lucciole (tanto per citare anch’io, ogni tanto, Pasolini), gli anni del BOOM, dell’abbandono delle campagne e dell’arrivo in città. Le donne, furono protagoniste ASSOLUTE e determinanti nel processo di industrializzazione che coinvolse il paese. Lo spaesamento e le nuove condizioni e abitudini di vita, mi sembrano, anche, rispetto all’attualità, un tema forte e forse non abbastanza considerato, ma fondamentale nei confronti della condizione femminile. Cosa ne pensate?
@ Sabrina, invece vorrei chiedere chi sono le scrittrici italiane che più ama e , che in un modo o nell’altro, hanno influenzato il suo lavoro.
@miriam, confesso che la domanda mi ha messo in crisi. Mentre su “scrittrici che amo” (e che sicuramente mi hanno influenzata) l’elenco sarebbe lunghissimo, da Marguerite Duras a Virginia Woolf, a Sylvia Plath, a Alice Munro (sto spaziando alla grande, mi rendo conto) Anais Nin, e Isabel Allende anche (per anni è stata una passione, ora un po’ in calo) e tante altre… sulle italiane faccio un po’ fatica a fare dei nomi.
Il primo sicuramente è quello di Alda Merini, estendendo il discorso anche alla poesia, poi Oriana Fallaci, per quanto molto poco io abbia condiviso il suo pensiero degli ultimi anni, ma la forza della sua scrittura credo sia sempre stata prodigiosa, che si ami o no la donna. Lidia Ravera è un altra scrittrice che mi piace davvero molto.
Ecco, tengo volontariamente fuori le scrittrici che conosco personalmente, per non offrirmi bersaglio a facile (e comprensibile) ironia. 🙂
@Sabrina:
ti confesserò che i tuoi gusti li avevo intuiti, eppure in Italia abbiamo delle grandissime scrittrici: Elsa Morante, Alba de Cèspedes, Maria Bellonci, Maria Corti, Gina Lagorio, Susanna Tamaro, Dacia Maraini, e altre, altre ancora. “Il pozzo segreto” ne ha contate (fra le affermate) più di 50. Quelle citate, non ci sono più, oppure, rispetto a te sono in età; eppure, se tu leggessi La Bambolona della Cèspedes, resteresti basita, per la freschezza, la genialità e lo stile. Lidia Ravera è una brava giornalista, ed è molto simpatica anche a me.
Solo una cosa: il rimmel sui cuscini richiama tanto il pagliaccio “che di notte piange piange e si dispera…” così cantava Neil Sedaka, negli anni sessanta. E’ un’immagine consunta dall’uso improprio e facilone.
Un abbraccio, Miriam
@ miariam:
sinceramente, col rimmel spiaccicato, ho pensato anche io a un pagliaccio. ma non a quello cantato da Neil Sedaka bensì a quello cantato da Peppino Di Capri in “Addio mondo crudele”. Che ci vuoi fare? A me se non ci sono di mezzo i morti ammazzati non mi diverto!
🙂
Io per il momento non ho nuovi libri in uscita e del mio ”Maniaco” gia’ si e’ parlato abbondantemente, qui. La stima che ho per Enrico resta la stessa, ma il fatto e’ che abbiamo caratteri spinosi e… insomma ha detto lui quel che c’era da dire. Non mi sembrerebbe beneducato mettersi a litigare a Letteratitudine, dando pessimi esempi agli altri, dunque forse e’ meglio continuare nella soluzione congiuntamente e civilmente adottata. Inoltre abbiamo gia’ commentato il libro dell’altro, perche’ ripetersi?
In un precedente commento mi è partito un “colpo” quando, sulle donne, ho affermato che “i maschi le amano di più, le femmine le amano meglio”.
Non che non lo pensi, ma poi ho considerato che sarebbe stato meglio tacere.
Come dice Gea, il mondo è fatto di persone. Se ci vanno o meno a genio credo che il genere sessuale c’entri poco. Ovviamente tralasciando l’aspetto pratico. Di Pasquale (eventounico) mi piace molto il suo libro, ma non mi troverei a mio agio in una performance erotica. Se di Sabrina, Laura e Lory i libri non mi piacessero, esse comunque potrebbero suscitarmi qualche interesse. Almeno più che non Pasquale.
La scrittura, insomma, puà rivelare in toto il sesso di chi scrive. Ma è cosa diversa da dare un sesso alla scrittura.
Iperbolicamente, leggendo qualche brano di 1920 di laura e lory, mi chiesi “ma da quale maiale hanno copiato”?.
Scherzavo tra me, ovviamente. Il linguaggio può essere tenue o crudo a prescidere dal sesso di chi scrive. Il bello, semmai, è vedere come maschi e femmine possono descrivere le stesse sensazioni di fronte al medesimo evento.
@ massimo:
paradossalmente la situazione che intercorre tra me e sergio dovrebbe essere ottimale in un gioco di recensioni incrociate. Entrambi decisamente intransigenti (più che spinosi), ma onesti a tal punto da parlare (bene o male) del libro dell’altro qualora se ne presentasse l’occasione. ma l’occasione non ci riguarda perché potremmo avere pubblicazioni non contestuali.
a me continua a convincere (per gioco e sporadicamente) un qualcosa del genere su racconti inediti creati appositamente per Letteratitudine.
Anzi, a dire il vero, sarebbe il caso di stanare alcuni personaggi di questo blog che la sanno lunga, ma hanno scelto di fare i “lettori professionisti”. Si trincerano dietro questa loro intangibilità, ma prima o poi li voglio scovare.
Stanno per caso fischiando le orecchie a una signora di Trieste oppure a un elegante gentiluomo che gira per roma in Vespa?
🙂
Mi sa che il rischio delle recensioni incrociate é che vengono fuori recensioni un po’ troppo positive. E quindi poco attendibili per un ipotetico lettore.
Sarà che io ci litigo spesso, con il rimmel che cola, se immagine consunta o no non saprei dire. Di certo cola. Tranne quello waterproof, che però ci si mette una mezz’ora a toglierlo poi, per cui lo uso solo in momenti critici, quando il pianto è quasi certo. 🙂
Per le autrici, ammetto serenamente di non avere ancora letto alcune che tu citi. La Tamaro non mi piace per niente, per quel poco che ho letto di suo (il va’ dove ti porta… mi ha tolto la voglia di leggere i successivi) della Maraini riconosco il valore ma non riesco a innamorarmene, la Morante sì invece, mi spiace di averla dimenticata, è una di quelle che ho letto e amato.
Prometto di mettere in nota la Cèspedes. Sono sempre desiderosa di incontrare scritture che mi lascino a bocca aperta.
Il mio non è preguidizio verso le italiane (o gli italiani), anzi, è che il tempo per la lettura è sempre meno di quanto vorrei, e le scritture straniere spesso mi attraggono di più, per tematiche e stile.
@ Miriam: grazie della segnalazione. Scrivere un romanzo storico e’ sempre una grandissima fatica, perche’ la maggior parte del lavoro riguarda la documentazione, la ricerca a tappeto, anche di cose che sui libri e nei saggi non ci sono. Il periodo della Seconda Guerra Mondiale ci affascina da sempre, forse perche’ e’ stato materia di studio universitario, e non credo sia poi totalmente sviscerato. Come ho detto su Roma occupata dagli americani ci sono forse film, ma romanzi non ce ne erano prima del nostro. Ci e’ sembrato un segno del destino per un libro che e’ dedicato alla nonna di Lory e a mio padre. Entrambi, con eta’ ed esperienze diverse, ci hanno lasciato ricordi preziosi che non troverai in nessun saggio. Atmosfere che ci e’ piaciuto riversare nel nostro lavoro. Ma ogni periodo storico ha un suo fascino, soprattutto se esaminato al femminile. Perche’ l’ottica e’ sempre quella, per noi.
Laura
@ Sabrina: il mio unico e grandissimo amore aveva gli occhi color del mare in una giornata di nuvole e vento. Sara’ per questo? 🙂
e chi cazzo era, sandokan?
Greg ma che hai la palla di vetro?
no, 2 normalissime
🙂
@gea, definendomi una gran persona mi investi di una responsabile enorme. Facciamo che sono una persona normale così non avrò il timore di deluderti. Comunque anche tu vai forte, sarà mica che la tanto vituperata nicotina in realtà contribuisce a rendere migliori le persone?
Un abbraccio
Lory
p.s. ti ho inviato una mail qualche giorno fa, spero di non aver sbagliato l’indirizzo.
Lory
@ lory, tesoro
guarda la mail 🙁
@ enrico
ho subito un fastidioso sibilo per tutto il pomeriggio.
l’ho attribuito prima alla sinusite, poi ai troppi anni spesi ad ascoltare musica a volumi spropositati, poi ad un possibile ictus.
sono lieta di accertare che invece è colpa tua.
come spesso, del resto. su tutto.
🙂
@lory&laura
Al di là dei miei problemi di comodino le recensioni le ho apprezzate molto: se così non fosse non avrei problemi di comodino. Anche di più il dibattito che se ne è aperto: e al di là della lucidità di gea e dell’acume di miriam (ho un debole per loro, e questo l’ho sempre detto) mi sono piaciuti ancora i vostri interventi successivi, con quelli di Sabrina, e soprattutto il dialogo che si è aperto fra voi (due?)/tre scrittrici recens..(come diavolo è il femminile di recensori?) in merito ad alcuni aspetti di lettura delle vostre storie, come ad esempio la lettura diversa del finale del libro di Sabrina. Ma anche la connotazione storica funzionale (e non contorno – ed è ciò che mi aspetto dai romanzi”storici”) alla credibilità dei vostri personaggi ed ai loro comportamenti. Insomma ci sono in tutti i vostri commenti preziosi strumenti per capire il senso delle vostre storie, e spesso proprio per un impulso proveniente “dall’altra parte”. E questo è quello che fa di questo incrocio di recensioni un esperimento secondo me ben riuscito e quindi da ripetere.
@enrico
Si, giravo per Roma in vespa anche oggi, sotto l’acqua. Per questo forse i fischi alle orecchie non li ho sentiti….
Mi chiedo perchè invece Nannimoretti quando gira in vespa è sempre sotto il sole.
@ boh, la cosa l’ha tirata fuori enrico, ma insomma.
su più o meglio non so. più invecchio e più mi rendo conto di non sapere.
so che amare profondamente si può, e so che ognuno lo fa come sa. e il modo è quello giusto se l’amore arriva, se dentro c’è tutto quello che si può dare, senza dita incrociate dietro la schiena, mettendo in gioco e chiarendo anche i propri limiti.
in fin dei conti sono attimi.
attimi nei quali dare e avere sono un tutt’uno; attimi in cui le domande non hanno senso, e le risposte non interessano; attimi di infinito, di vuoto assoluto, di pieno che più pieno non si può.
attimi.
che possono durare un attimo, e anche una vita.
e una vita, comunque, la valgono.
@enrico e gea, credo anch’io che siamo molto più diversi, nel sentire, tra persona e persona che tra “gli uomini” e “le donne”. Una piccola differenza che mi sembra di avere riscontrato, è che le donne hanno forse una maggiore propensione a giocare con il fuoco. Si scottano più spesso, di conseguenza.
Gli uomini mi sembra possiedano un po’ di istinto di autoconservazione in più, riescono a mantenere una distanza di sicurezza dall’intensità (non solo amorosa). Però, forse per questo, quando (e se) si buttano, si bruciano.
Per il resto quoto in pieno l’ultimo intervento di gea. Anche nel confermare che anche per me vale il discorso che più divento grande e meno certezze ho sull’amore.
Perdonate la mia assenza, ma è stata una giornata piuttosto pesante.
Intanto ringrazio tutti per i nuovi commenti…
@ Laura e Lory
@ Sabrina
Vi ringrazio per la vostra presenza e disponibilità. Mi fa molto piacere.
E mi sento onorato.
🙂
Sono in genere piu’ portato alla ”stroncatura analitica” che all’ ”analisi distaccata”; anche con quel che scrivo io stesso; dunque proporrei semmai una coppia di ”stroncature incrociate” e mi offrirei come membro della coppia. L’altro, pero’, chi vorrebbe esserlo?
Si accettano volontari – previo beneplacito del Maugger, beninteso.
Dimenticavo di ringraziarvi per aver inserito brani estrapolati dalle vostre opere.
Grazie!
L’altro potrei essere io stesso, Sergio.
Non vedo l’ora di stroncarti.
Ma se ti stronco io, non ti riprendi più.
🙂
P.S.
Chiedo scusa se non ho ancora letto attentamente le recensioni delle nostre tre colleghe, ma sto leggendo un libro che dovra’ esser tradotto prossimamente in sloveno e dunque ”Il freddo infuria, il tempo manca, sul ponte sventola band…” vabbe’. Ciao gente! Complimenti comunque, che’ ho intravisto la vostra ”stoffa” e mi sembra piu’ che ”resistente”. Stoffa d’altri tempi? Lo spero.
Sergio
@ Laura et Lory
Una curiosità. Nella copertina del vostro libro leggiamo la dicitura “romanzo storico”.
Chi ha sentito di più l’esigenza di aggiungere la parola “storico” a quella di “romanzo”? Voi, o l’editore?
@ Sabrina
Stai già lavorando a un nuovo libro?
Come si fa a essere scrittrice e, al tempo stesso, mamma di bimbi piccoli?
@ Enrico
Prima o poi “lancerò” un gioco competitivo sui racconti.
Ne ho già in mente uno. Tienti pronto!
Ahaiahi! Maugger, tu vuoi svegliare il Cinghiale Calidonio che sonnecchia in me! Va bene, Alcide: pronto e sull’attenti. Quando vuoi tu, ci confrontiamo sulle tue ”Identita”’ e sul mio ”Maniaco”. Senza mezzo pelo sulla lingua.
Vi ringrazio ancora per i vostri commenti.
Non so se staserà potrò intervenire ancora (nel caso, vi anticipo la buonanotte). Ma domani, sì. Statene certi.
Tra “Identità distorte” e “Maniaco” temo che verrebbero fuori cose da pazzi.
A tutti:
e’ vero che le ”stroncature incrociate” sarebbero piu’ interessanti? Ditecelo!
Aho’! Prima d’anna’ a ninna ricordate de risponneme all’imeil!
peana o stroncature saranno affar vostro. io ho letto:
eventounico
laura&lory (due libri)
sozi
zappulla
leonardi
maugeri
ferro (2 libri)
bove
me fate aripiija’?
🙂
@ Enrico:
a proposito di Addio mondo crudele, ho appena visto su Youtube un video, 1998, di Andrea Semerano: bello! L’aspirante suicida arriva, scamiciato e ciondolante al Ponte della Morte, si organizza per il salto, si toglie le scarpe e sistema ben bene il suo cartello: Addio mondo crudele. Poi però arrivano , uno dopo l’altro, altri aspiranti suicidi e tutti hanno un cartello: addio mondo violento, traditore, maschilista, addio e basta. Per mancanza di privacy, gli intenti rientrano. Carino…
@ miriam:
infatti, dovendo scegliere, è meglio asfissiarsi col gas. di solito sei a casa e senza nessuno che rompe i coglioni.
il problema è che il metano non avvelena, ma scoppia. quindi, paradossalmente, potrebbe farla franca l’aspirante suicida e crepare l’inquilino del piano di sopra perché gli arriva il forno esploso su per il culo.
che problema! possiamo proporre a massimo un altro gioco: i suicidi incrociati. ognuno descrive come commetterebbe il suo e gli altri commentano.
un gioco splatter? Sarebbe simpatico …però per te si dovrebbe trovare un ruolo a parte …vinceresti su tutti, non sarebbe valido.
🙂
…anche le confessioni in punto mortem incrociate sarebbero interessanti…
…poi ognuno stronca le confessioni altrui – perche’ tutti si conoscono ed esce fuori:
Signor A): ”Confesso di aver peccato di superbia quando feci le scarpe al mio collega d’ufficio…”
Signor B (commenta A): – Chi meglio di me lo sa, vecchio furfante? Venni licenziato per colpa tua!
Signor B): ”Io confesso di aver desiderato la moglie d’altri…”
Signor A (commenta B): – Adesso capisco perche’ m’e’ uscito fuori un secondogenito mulatto.”
–
Eccetera.
@Massimo, io scrivo sempre, ma per il momento non ho un progetto ben saldo sulle sue gambe, su cui lavorare. Tante tracce, tanti spunti ecc.
Il giallo di cui parlavo qualche commento più su è una cosa vecchia, rimasta “impigliata” in una strana (e un po’ patetica) vicenda editoriale, e che ora vedrà la luce, in un contesto piccolissimo.
Quanto alla tua domanda sul “come si fa a scrivere con due bambini piccoli”: dormendo pochissimo. :-/
@ Sergio: personalmente non condivido mai il gusto della stroncatura e se mi capita un libro che non mi piace, lo esamino attentamente e cerco di capire se l’impressione e’ giusta oppure sono io che non ho interpretato bene, perche’ parlarne male e’ una sofferenza per me prima ancora che per l’autore. Chi gode nello stroncare, ma e’ una mia opinione, ha quel pizzico di perfidia che non mi appartiene. E ne sono contenta.
Laura
@ Massimo: siamo state noi a volere la dicitura Romanzo Storico sulla copertina perche’, quando pubblicammo New York 1920 sia noi che l’editore demmo per scontato che si capisse che di un romanzo si trattava. Invece parecchia gente ci fece notare che dalla copertina si poteva pensare che si trattasse di un saggio, un testo universitario. Sulla quarta di copertina che si trattasse di un’opera di fantasia era scritto a chiare lettere, ma pare che i lettori siano estremamente pigri e che si lascino guidare solo dalle fascette e dalle scritte cubitali con lampeggiamento stile Las Vegas. Quindi su Roma 1944 abbiamo voluto la scritta: romanzo e pure storico, tie’! (riferito al lettore impigrito, che poi se e’ cosi’ pigro mai e poi mai affrontera’ un libro che supera le 400 pagine).
E adesso un quesito vorrei lanciarlo io: come vi ponete davanti ad un libro massiccio? Preferite quelli piccoli o quelli grandi? (di libri, Gregori, di libri…)
@Costantini.
Condivido in pieno. Perchè stroncare? Il rischio di prendere una cantonata è sempre presente, ci sono esempi illustri in tal senso. A volte un libro può non piacere perchè in quel momento il nostro stato d’animo non è predisposto a quella determinata lettura o il genere non ci entusiasma. Meglio chiuderlo e non parlarne.
Se un libro non mi piace preferisco che sia piccolo, tipo opuscoletto. Se invece mi prende vorrei che fosse qualcosa sullo stile Guerra e Pace. Mi pare si tratti di un criterio abbastanza stupido per essere preso a modello.
Per me non ha importanza la lunghezza. Mi interessa l’intensità e ciò che mi comunica. Anche un libro piccolissimo, a volte, procura un piacere e un memoria prolungata, che ancora mi abita. Penso ad esempio a “Una bambina e basta” di Lia Levi, scrittrice scampata all’olocausto, ed. e/o.
Solo cento pagine lette più di un anno fa , che ancora ricordo.
E ci sono libri lunghissimi dei quali non riuscirei a ripetere una parola…
Così come ce ne sono altri che rileggo di continuo. Tra gli ultimi Jena Blum “Quelli che ci salvarono”. Ed. Neri Pozza.
“Preferite quelli piccoli o quelli grandi? (di libri, Gregori, di libri…)” (Laura Costantini)
“Per me non ha importanza la lunghezza. Mi interessa l’intensità” (Simona)
E poi, so’ io, eh?
Vabbè. La domanda di Laura assomiglia un po’ al gioco della torre ma non credo che sia possibile una risposta categorica.
Posso dire di essere più facilmente orientato verso libri che si mantengono entro le 250 pagine, ma questa è solo statistica.
Ci sono in realtà libri di 600 pagine ai quali sembra difficile togliere qualcosa, e altri che potrebbero essere tranquillamente la metà. Anzi, a volte sembra che il surplus sia stato scritto a bella posta per aumentare il volume, ergo l’imponenza, di un libro.
Credo anche che a volte il numero delle pagine sia in qualche modo legato alla natura del libro. In un romanzo in cui, per esempio, hanno grande importanza la natura, l’ambiente, il clima e quant’altro, questi elementi vanno senza dubbio descritti.
A margine esprimo l’opinione che, mentre un autore abituato a scrivere libri lunghi può arrivare a scriverne uno di maggiori dimensioni, il contrario lo vedo meno probabile.
Ovviamente la naturale premessa di tutto questo è che i libri non si valutano a metraggio.
Insomma, lungo o corto purché faccia piacere. Giusto Laura?
🙂
Un saluto velocissimo.
Non ho partecipato alle rencesioni incrociate come non ho fatto prima ne penso di fare dopo perchè a me di commentare un libro di una persona che conosco su un blog me imbarassa. L’unica volta che l’ho fatto ci sono state reazioni troppo vivide, amplificate dal blog e amplificate nella mia percezione perchè lette su un blog. anche in altri recensori, si creano atteggiamenti che boh non lo so.
E non è un caso che non abbia mai chiesto a Massimo di pubblicare qui alcunchè di mio. Avrei dovuto farlo prima – quando non conoscevo nessuno. Su questi temi ho un bel po’ di pensierini. Spero che Massimo mi perdonerà se ne volessi fare un post.
Ciao Massimo!
Sui libri. I libri corti in genere hammo nel mio sguardo un punto in meno. Non è per la qualità che insomma sta per categorie proprie, è che quando entro in un mondo mi ci voglio mettere comoda, accomodarmici chiacchierare con i personaggi. Odio le vacanze brevi, almeno coi libri fatemele fare lunghe.
ah poi leggo ir commento di sozi
le stroncature incrociate!
ommarò
e quoto quello che dice Laura.
Libri corti e libri lunghi: io amo i corti perchè posso portarli addosso, possono seguirmi in borsetta (senza farmi venire la sciatica) in tasca del cappotto, li posso leggere in piedi sull’autobus ecc.
E amo i lunghi perchè ti danno il tempo di affezionarti ai personaggi, di fare un bel tratto di vita assieme, di portarti un ricordo di loro più ricco di dettagli.
Insomma, non c’è una regola. I libri troppo corti (e scritti in grande) mi sembrano disonesti, per un discorso di prezzo di copertina. Se è un racconto lungo (annacquato di spazi bianchi) non me lo puoi fare pagare 10 o 12 euro, secondo me. (qui vien fuori la massaia)
Piuttosto, una volta non leggevo raccolte di racconti (per quel bisogno mio di affezionarmi ai personaggi e godermi una “vacanza lunga”) ma l’incontro con la Munro mi ha segnato, perchè lei riesce a creare la magia con poche frasi, pochi dettagli. Per riprendere la metafora della vacanza, lei riesce ad annullare il periodo di “acclimatamento” e ti porta in un luogo mai visto come se ci vivessi da sempre. Magia, appunto.
Scherzavo, suvvia. Chi mi conosce bene sa che non sono un patito della stroncatura. Infatti io di solito redigo delle opinioni recensorie molto articolate, dove quasi sempre pregi e fifetti si compensano. Non c’e’ difetto senza pregio e non c’e’ pregio senza difetto. Cosi’ le persone e i loro libri. Laura e Loredana questo lo sapranno bene perche’ uno stralcio di una mia recensione lo hanno anche messo nel loro blog.
Ciao a tutti
Sergio
Erratum: difetti, non ”fifetti” (Pardon). La fifetta viene allo stroncato, meschineddu!
Quanto alle stroncature: sono anch’io con Laura. C’è un accanimento pervicace che non capisco, nelle persone che stroncano, per esempio, dieci libri di un autore.
Io posso capire la prima. Compri il libro per curiosità, non ti piace e vuoi condividere le tue critiche. Ma poi, appurato che lo scrittore A non ti piace, non capisco proprio l’esigenza di leggere i suoi successivi 9 figli di carta, per ribadire che ti fanno schifo tutti e dieci.
Posso capirlo per quelli che fanno i critici per professione (cioè sono pagati per farlo), ma mi sembra che sia piena la rete di gente che lo fa gratis, e allora proprio mi chiedo se siano più sadici o masochisti (nell’imporsi tutte quelle letture poco gradite). O forse hanno solo moltissimo tempo da buttare via, non so.
@ laura:
rispondo al quesito in neretto, prima di leggere i commenti, cito Coco Chanel.
LA CLASSE NON E’ ACQUA !
e ora leggo ….
preferisco i libri belli.
chissenefrega se lunghi o corti. tanto quando leggi e ti appassioni mica te ne accorgi. e quando l’hai finito ti sembra sempre troppo presto.
ho letto librini smilzi troppo lunghi e volumoni extralarge che per quel che mi riguarda avrebbero potuto andare avanti all’infinito.
i piccoli sono maneggevoli e sono ideali da tasca o borsa, quelli grandi stanno aperti meglio e a letto vanno benone. è uno dei motivi per cui ne ho sempre tre o quattro in lettura. uno per stanza e uno per asporto.
Libri corti o libri lunghi?
Fatto salvo che è l’intensità …. ecc. ecc. (come dice giustamente Simona) e le altrettanto validissime considerazioni di Sabrina (noi maschietti abbiamo le tasche al posto delle borsette, e sono ancor più piccole di quelle che a volte sono veri pozzi senza fondo), debbo dire che sono libri lunghi, a volte molto lunghi, quelli che ricordo maggiormente, quelli sui quali ho fatto ore piccole (forse anche per arrivare prima alla fine in tempi ragionevoli). Senza parlare di un Guerra e pace ricordo ad esempio di aver letto in tempi da record I Pilastri della terra di Follet (più di 900 pagine)e più recentemente Il Quinto giorno di Shazing (un altro migliaio) e 2666 di Bolano (500 pagine recentemente pubblicate da Adelphi per le prime tre parti, in attesa della pubblicazione delle due conclusive). Non che per questo non consideri ugualmente, o talvolta ancor più memorabili libri piccini come Boule de Suif di Maupassant, o altri Bolano pubblicati da Sellerio (specialista del “vero” tascabile). La trilogia di Calvino, presa per singolo romanzo, è anch’essa tascabilissima. O Doppio Sogno di Shnitzler, Il Santo bevitore di J. Roth… e chi più ne ha più ne metta.
e “preferisco i libri belli” di gea è da sottoscrivere ad occhi chiusi !!!!
Ho letto! Prendo in considerazione due testi: Moby Dick di Melville e Un uomo di Oriana Fallaci.
Moby Dick: un testo pazzesco, addirittura fuori di testa se pensiamo alle prime 20 pagine, intense e promettenti, e alle altre… lunghissime (a parte qualche considerazione filosofica) dedicate ai tessuti adiposi delle balene. Le ho lette tutte, per testardaggine e curiosità, ma francamente di 400 pagine ne avrei fatto a meno.
Un uomo: belle e intense le prime cento pagine (ma forse meno) dove esplode la personalità di Panagulis , piuttosto deprimenti le altre, troppo intime e, consentitemi il termine milanese, menone e logorroiche.
E allora? Il pensiero, prima della lingua, fa la differenza fra libri che si possono amare e altri, che per infinite circostanze, omaggiamo prostati.
Ciao.
..a me moby dick è piaciuto..
🙁
..e l’adiposità dei tessuti delle balene è fondamentale!!
🙂
@enrico
lunghezza, grossezza, intensità…. tu ironizzi, ma gli strumenti del piacere forse ubbidiscono alle stesse leggi di natura! (ci si potrebbe ragionar su).
Leggevo da qualche parte per esempio (era, molti anni fa, e non ricordo bene) che la forma piuccheperfetta in natura è il culo: si apparenta alla sfera (che è forma perfetta per antonomasia) ma con in più il dono della simmetria, che la sfera in effetti non ha …..
Ah, che sublimi pensieri partono da considerazioni apparentemente scherzose !!!
potremmo citare desmond morris per il culo.
o carlo porta per l’altra questione.
tanto per ricondurre la conversazione alla letteratura..
ma non è necessario essere ipocriti. tanto che siamo una banda di cazzari (ancorché acculturati) ormai lo sanno tutti..
🙂
@ Gea:
il Moby Dick fu oggetto di dibattiti a Radio Popolare di Milano, non ricordo bene l’occasione o a proposito di cosa furono roganizzati, ma in molti cavillarono sul fatto, tanto per fare un esempio, che nelle prime pagine c’è l’incontro con il marinaio tatuato, che poi in tutte le altre seicento NONRITRiVIPIU’. Questo fu il motivo di una osservazione bizzarra: Melville ha una scrittura femminile! (praticamente illogica!)
@ Carlo:
lascia perdere i glutei! se sapessi quanto impegno e determinazione ci vogliono per mantenere una semisfericità quasi perfetta, risparmieresti le battute. Concentrati sui formati 80×80!
baci, Miriam
chissà se il marinaio era tatuato anche sui glutei..
🙂
@miriam
Io ho inteso ciò cui alludi, ma chi non lo sa potrebbe fraintendere (chiappe da 80 cm. l’una: francamente un pò eccessive).
Io personalmente amo i libri dalle 400 pagine in su, ovviamente a patto che sappiano entusiasmarmi, altrimenti anche 100 sono troppe. Ho adorato I pilastri della terra, di Ken Follet e sto meditando la lettura del sequel (1400 pagine) Mondo senza fine. Mi sono beata dei tomi di Harry Potter (l’ultimo lo avrei voluto ancora piu’ voluminoso) per non parlare de Il signore degli anelli. Ma la tendenza editoriale attuale predilige il risparmio della carta (a meno che non ci si chiami Faletti, la cui densita’ di pagine mi risulta gradita, o Andrea Vitali, che potrebbe dire le stesse cose con il trenta per cento delle pagine utilizzate, salvando la vita di parecchi alberi e di parecchi euro). Ci siamo sentite dire, non dal nostro editore ma da altri, che un libro che supera le duecento pagine non l’avrebbero pubblicato perche’ la gente si spaventa di fronte allo spessore. Eppure io in libreria vedo tomi non indifferenti e spesso, come dice giustamente Sabrina, lo spessore e’ ottenuto con corpo 16 e ampie interruzioni di pagina. Ci vorrebbe un editore o un editor per spiegarci le logiche poste dietro questo tipo di scelte.
Vorrei poi rispondere ad Alessandra che ritiene le recensioni incrociate viziate a monte dal desiderio di omaggiarsi a vicenda. Vuoi la verita’? Della recensione di Sabrina io avevo una paura fottuta, perche’ sapevo per certo che se il libro non le fosse piaciuto, come si dice a Roma, non ce le avrebbe mandate a di’.
Laura
Quoto in pieno Gea e Laura (scusami Laura, ho letto solo adesso il commento che hai fatto ieri…che dire? ci sarebbero tante parole e in quello che scrivi mi sento molto simile a te. Ne parleremo. baci)
@ Alessandra
Il precedente commento di Laura mi pare molto indicativo: “Della recensione di Sabrina io avevo una paura fottuta, perche’ sapevo per certo che se il libro non le fosse piaciuto, come si dice a Roma, non ce le avrebbe mandate a di’,”
Il che conferma indirettamente la mia impressione già espressa in un precedente commento:
“Credo proprio che – dal momento che gli autori si “mettono in piazza” a recensirsi reciprocamente, e in maniera del tutto trasparente – possa scattare ancora di più quel senso di responsabilità che bisognerebbe sempre avere quando si parla di un libro.
L’importante è che non scatti il meccanismo opposto. Essere cioè “troppo critici”(in maniera eccessiva, intendo) per dare l’idea di massima serietà”.
Insomma, da questo punto di vista, accettare di prender parte alle “recensioni incrociate” di Letteratitudine è già una piccola sfida. Ringrazio Sabrina e Laura&Lory per averla accettata e (credo) vinta.
In precedente commento Miriam ha scritto:
“Questo fu il motivo di una osservazione bizzarra: Melville ha una scrittura femminile! (praticamente illogica!)”
–
@ Tutti
Ma la scrittura ha sesso?
È possibile distinguere, mi riferisco alla narrativa, la scrittura maschile da quella femminile?
E la scrittura femminile è illogica?
La scrittura di Sabrina, Laura&Lory è femminile… dunque illogica?
–
Grazie per lo spunto, Miriam.
😉
Aneddoto su Moby Dick, letto su un libro delizioso (La pazza di casa, di Rosa Montero): pare che Melville avesse iniziato a scrivere con l’idea di raccontare la storia di un tale (non ricordo il nome, ma non escludo che sia il marinaio tatuato) ma che poi avesse “incontrato” Achab e la sua balena bianca, e avesse accantonato il suo protagonista, non prendendosi nemmeno il disturbo di rimuovere e rimaneggiare le parti in cui si parlava di lui. Altri tempi, e altri ritmi immagino (e niente editor aggiungo)
@Laura, mi hai fatto ridere. No, in realtà non avrei probabilmente affossato, per una questione di rispetto per il vostro lavoro e di umiltà, ma di certo si sarebbe capito, tra le righe, se il libro non mi fosse piaciuto.
@Massimo, tu lanci queste bombe proprio mentre sto uscendo?!Vi leggerò dopo, l’argomento mi interessa moltissimo! 🙂
SULLA STRONCATURA
Il mio pensiero l’ho espresso nel precedente post. Lo ribadisco qui.
–
Oriana Fallaci non era una buonista.
Oriana Fallaci non era una timorosa.
Oriana Fallaci era una che non le mandava a dire.
Sono molte le cose che disapprovo sul pensiero di Oriana Fallaci. Ma c’è n’è una con la quale concordo così tanto al punto di averla fatta mia. Ed è la seguente dichiarazione, peraltro già da me citata altre volte: (cfr. “La Stampa” del 16/9/06, pag. 2): “Non insulto mai i libri degli altri. Se sono brutti, non dico mai che sono brutti. Non dico nemmeno: non mi piace. Non lo dico perché conosco la fatica tremenda che ogni libro, bello o brutto che sia, costa. E mi riconosco in quella fatica, rispetto quella fatica.”
Questo è il motivo per cui, per il momento, non ho ancora stroncato libri (ovviamente mi riservo di cambiare idea… perché, credetemi, mi prudono le mani… ma molto, molto).
Non è questione di essere buonisti, o timorosi. È questione di sensibilità.
Ovviamente si può essere d’accordo con me, oppure no.
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Dunque, niente “stroncature incrociate”. State tranquilli.
@ Sabrina
A dopo, cara! Devo andare anch’io. Ci ritroveremo in tarda serata.
mah.
ci sono donne mooolto donne, e uomini mooolto uomini.
e in mezzo ci stanno un sacco di sfumature.
e per i libri è lo stesso.
libri femmina e libri maschio.
e poi tutti gli altri.
che la sensibilità sia declinabile soltanto al femminile e la logica fattuale solo al maschile è uno stereotipo, secondo me.
ho letto in vita ma sacchi di libri in cui sarebbe stato difficile dedurre il sesso dell’autore. maschi profondi e femmine splatter, e i temi alla fine sono sempre quelli.
altri invece erano talmente forzatamente maschi o femmine da rasentare la parodia.
ogni opera narrativa che non sia costruita a tavolino rispecchia necessariamente la personalità di chi l’ha scritta. e questo è tutto, secondo me.
Non credo che la scrittura abbia sesso. Semmai anima. E che il gioco dei personaggi consenta benissimo a una donna di scrivere (e verosimilmente) di un uomo (per esempio Margaret Mazzantini in “Non ti muovere”) e a un uomo di scrivere altrettanto intensamente di una donna (Flaubert con Madame Bovary).
Nè la scrittura femminile è necessariamente “emotiva” e quindi illogica (se emotività può dirsi sinonimo di illogicità…). Ci sono esempi meravigliosi di scritture maschili con un fortissimo impatto emozionale (Giovanni Verga: Storia di una capinera) e scritture femminili molto secche e “dure” tanto da far pensare a una mano di uomo (Oriana Fallaci in Inshalla)…
Insomma ciò che importa è sentire. E far sentire. Trasfondere sulla pagina un mondo e renderlo abitabile. Popolarlo come si farebbe se fossimo gli unici a viverlo. Renderlo, alla fine, così indispensabile da bastarci.
A me non interessa se uno scrittore è maschi o femmina, mi interessa che sappia scrivere e sappia trasmettere emozioni. Di getto non saprei mai distinguere un libro in base al sesso di chi l’ha scritto. Non mi pongo neanche il problema anche se la maggior parte dei libri che ho letto nella mia vita sono scritti da uomini. Lo sapevate che la Rowling si firmava inizialmente J.R. (iniziali analoghe a quelle di Tolkien) per evitare che si capisse che era una donna? Temeva che i lettori la discriminassero e questo la dice lunghissima. Quindi aggiungerei il quesito: esiste una discriminazione nei confronti delle scrittrici da parte dei lettori? E da parte degli editori? Le donne devono per forza essere relegate nella letteratura rosa
Laura
@ Massimo: mi sono permessa di citarti sul nostro blog riguardo la stroncatura e Oriana Fallaci. Quella citazione credo sia fondamentale per capire quello che io, anche io, intendo per critica.
Laura
La scrittura non ha sesso, forse. O forse non l’ha più, come scrive Simona, la scrittura ha anima. Però le donne e gli uomini sono diversi, possiamo fare le stesse cose, ma la nostra fisicità non può non riconoscersi nell’anima, e soprattutto quando si scrive di sesso. Noi scopriamo la trasformazione attraverso il sangue, che esce dal nostro corpo; quindi dentro di noi cosa c’è? I maschi, invece, per qualcosa che si mette in movimento; dove mi sta portando? In comune, per entrambi c’è lo stupore, che anche un’accurata educazione sessuale , non smorza. Riformulandosi in infiniti modi, queste domande ci accompagnano per tutta la vita; quando il corpo muta, reclama, non risponde. Il pensiero crea astrazioni complesse in cui apparentemente tutto è piano e le campiture piatte, ma è appunto un’astrazione della mente, in realtà la fisicità esplode anche quando fa propri elementi che non sono suoi.
io non sono certissima di aver capito cosa intendi, miriam.
se quello che dici è che se si scrive di sesso non si può prescindere dal proprio genere, onestamente non sono del tutto d’accordo. secondo me dipende dall’interesse e la capacità che uno ha di identificarsi con l’altro da sé. e ovviamente dalla conoscenza dei meccanismi altrui.
ma questo vale non solo per il sesso, secondo me. c’è un detto americano che fa
”before you judge me, walk a mile in my shoes”
io lo tradurrei, modificandolo un po’.
”prima di scrivere su di me, mettiti nei miei panni”
ma davvero.
il ”tu” ovviamente non eri ”tu”.
è narrativo.
🙂
mi pare che sul sesso della scrittura avessi espresso qualcosa in mattinanata. ma non mi va di scorrere in su il post, ho un attacco di pigrizia. quindi rimango col dubbio: l’ho scritto davvero oppure l’ho recitato allo specchio dimenticandomi poi di scrivere? comunque non è un gran danno. vedo che il tasso di stronzate è comunque elevato anche senza il mio apporto. bravi!
🙂
@gea
ho scritto una cosa molto diversa da quella che hai capito. Rileggi.
ho riletto, e non ho capito ancora.
mi dispiace, sono particolarmente tonta stasera.
comunque se era una cazzata quello che ho scritto ritiro tutto e mi scuso.
be’, di cazzate ne dici spesso…scuse accettate.
Allora, io scrivo come se fossi un uomo, libri addirittura di successo che firmo con uno pseudonimo maschile. Tutti, critica compresa concordano che quella scrittura è la miglior “scrittura maschile” di questi ultimi anni, e che solo un uomo può esprimere quelle emozioni. Nessuno scopre o si chiede chi sono veramente; ma il frutto di quella scrittura è mio, di una donna, e proprio per la mia diversa natura ho dato corpo ad emozioni nuove, diverse. Perché, appunto, mi sono “messa” in panni non miei.
Può essere una cosa vera.
eccomi miriam.
io pensavo anche molto semplicemente alle psicologie e ai comportamenti dei personaggi. alcuni tra i personaggi femminili più intensi e azzeccati sono frutto di penne maschili (bovary, karenina).
e penso a scrittrici freddamente descrittive ed analitiche, tipo compton burnett o ruth rendell, ove freddamente sta per non emotivamente.
ribadisco che secondo me il carattere e la capacità contano più del sesso, generalmente.
ma dio, è una mia opinione, e vale come tale.
@ giulio.
grazie.
le tue le stiamo ancora aspettando.
Sesso e Letteratura. Cercando di capire i legami fra questi sostantivi, dico che il primo e’ un particolare secondario, invece il secondo e’ un fondamentale argomento. In ogni caso e’ naturale sapere se un bel libro e’ stato scritto da un maschio o da una femmina, ma cio’ non toglie ne’ aggiunge niente alla pagina. Perche’ la bella narrazione ci porta dentro di lei fino a farci dimenticare (giustamente) il sesso dell’autore. Siamo seri, che gli angeli non hanno sesso ma, per chi ci crede, servono a molte cose.
Nella vita reale, invece, il discorso cambia, ma forse sarebbe meglio affrontarlo appunto nella vita reale, non in un blog letterario.
Su scrittura femminile e maschile. Io credo che esista di fondo una differenza di percezione della realtà, tra uomini e donne. Entriamo nel mondo con corpi diversi, un modello culturale diverso, diverse frustrazioni anche.
Credo però che la sfida di un bravo scrittore sia quello di arrivare a una letteratura androgina. Non “neutra” dal momento che nella natura umana non esiste neutralità, non siamo mai veramente “neutri” verso nulla, la neutralità è un artificio. Ma androgina, che fonda le componenti maschili e femminili della percezione della realtà dello scrittore, usando la sensibilità dell’artista per spingersi oltre il suo sesso biologico. In caso contrario, lo sbilanciamento di queste componenti può sconfinare, come diceva gea, nella parodia della differenza.
(così ho aggiunto la mia cazzata al mucchio :-))
@ Sabrina
Non si tratta della parodia della differenza! E non stiamo nemmeno discutendo di letteratura femminile o maschile. Ma appunto, come hai sottolineato tu, che nessuno è avulso dalla sua fisicità; possiamo eluderla ma è parte di noi.
@Sergio
Certo che in un blog letterario si può discutere di questo: il tema della sessualità è parte di uno dei libri proposti. La letteratura non è mai androgina, può solo sembrarlo. Come in pittura e in ogni espressione d’arte. A me non interessa sapere se un libro “femminile” sia stato scritto da un uomo o da una donna: leggo il libro e se è un buon libro mi lascio prendere.
@Massimo
Certo che la letteratura ha sesso. Le emozioni, le seduzioni che la lettura provoca nascono dall’insieme spirituale e tecnico dell’autore, dalle sue esperienze, dalla sua vita intellettuale ed emotiva. Che poi si riconosca o no, questo è un fatto secondario o addirittura insignificante: è un problema dell’autore/autrice e del suo rapporto con i lettori.
@ Laura Costantini
Non mi sembra che esista discriminazione nei confronti delle scrittrici, oggi il problema è quello della qualità; è la qualità ad essere discriminata, ma di questo abbiamo già discusso a lungo.
Felice notte a tutti.
Be’… io mi sento ”neutro” verso cio’ che non so giudicare. Per esempio un trattato di fisica atomica: cosa dire? non ne so niente e dunque resto neutro. La neutralita’ dunque esiste. Poi… boh… l’arte e’ arte, asessuata, interiore, spirituale. La parola ”sensibilita”’, infatti, appartiene solo agli esseri che la percepiscano. Maschi e femmine di ogni razza animale, compresa la nostra.
Miriam, ognuno parla di quel che vuole decidendo per se su cosa e dove intervenire. Libera di farlo tu, libero di non farlo io.
P.S.
Ovviamente parlavo in generale, non dell’argomento dei libri proposti, visto che a questo punto del dibattito si stava, appunto, parlando in generale.
Ringrazio tutti voi per i nuovi commenti.
Ho pubblicato un nuovo post, ma il dibattito qui rimane aperto.
Ma Massimo! Queste domande in coda di post? Ma meriterebbero un post a parte.
Alcune osservazioni.
1) La differenza tra uomini e donne sotto il profilo strettamente biologico è accertata per quanto concerne l’apparato riproduttivo, mentre per quanto riguarda le differenze al livello di sistema nervoso e cervello scientificamente stamo alle api e i fiori. C’è un dato certo, ovvero due modi di pensare e percepire la realtà diversi – ma non si sa bene se questa diversità sia biologicamente o storicamente determinata. Senza dimenticare il fatto che la storia modifica la biologia (perchè impariamo a suonare il violino? Perchè si creano delle sinpasi che prima non c’erano.) In ogni caso, al momento questa diversità c’è. Si sfuma e si modifica in virtù delle esperienze e delle sollecitazioni a cui il cervello è sottoposto.
Ne derivano possibili scrittrici molto maschili (la Yourcenar) e possibili scrittori molto femminili (er teribbile De Carlo).
2) La scrittura è una elaborazione dell’esperienza nella quale contano tutte le determinazioni che ci connotano. Questo non riguarda naturalmente la qualità in termini di bello o brutto ciò che si legge, ma in termini della composizione di ciò che si narra. Lo stile, la sensibilità, i codici. Poi si può decidere cosa farne. De Lillo tutto è tranne che un amorevole scrittore italo americano. l’italo, lui lo butta orgogliosamente al cesso (qualche anno fa è stato fatto in Italia un convegno sulla produzione letteraria degli italo americani. E’ stato invitato De Lillo, blandito da un’offerta quattrinica che levate. n’antro po’ je sputa) altri magari no. Altri scelgono di elaborare la matrice e l’esperienza che ha prodotto in un discorso letterario. Saul Bellow è uno scrittore che lavora e rivendica la matrice ebraica.
3)Per mio, la grande scrittrice dello stile femminile, e dell’elaborazione sull’esperienza di genere è Toni Morrison.
idea curiosa! Cmq concordo con la recensione di Laura e Lory sul libro di Sabrina che mi è molto piaciuto e soprattutto per lo stile. A breve, è già sul comodino, leggerò Lo sposo di guerra. Mi spiace di non saper fare, e non avere il tempo di fare, essenzialmente, recensioni e mi sento sempre in colpa ché loro, per es., a me le hanno fatte e bellissime anche. Ma un commentino tornerò a lasciarlo non appena avrò letto anche il secondo libro.
Ebbrava Zaube. “La scrittura è una elaborazione dell’esperienza nella quale contano tutte le determinazioni che ci connotano…….Poi si può decidere cosa farne”. Condivido in pieno: e ciò che dici taglia la testa al topo (toro?).
al topo CarloS al topo.
Io so der toro, ce tengo:)
al topos – anche meglio
PPP
Su gentile richiesta… scherzo ovviamente.Sono felicissima di intervenire(in ritardo per motivi indipendenti dalla mia volonta’),al post in cui si annuncia l’avvento della nuovo lavoro di laura&lory,in attesa dell’arrivo dello stesso al mio indirizzo,dico che non sto nella pelle,ricordando le sensazioni magiche regalatemi dal primo ”tomo”,(absit iniuria verbis).
e visto che ci cade a pennello vi dico la mia opinione sulla lunghezza dei libri.Io mi sgomento all’approcciarmi a grossi volumi,non perche’ temo di annoiarmi,ma perche’ so che se il libro poi mi prende,mi gettero’ in una lettura ininterrotta fino all’ultima pagina,trascurando ogni cosa,quando ho finito, come fossi tornata da un lungo viaggio,mi accorgo che la mia casa e’ un casotto.
Ma visto che loredana è una perfetta donna di casa non si dispiacerà di darmi una mano nelle pulizie.Me lo deve in questo caso!
Per sabrina e il fantastico duo tanti complimenti e auguri.
per Carlo ed Enrico,conta eccome la lunghezza…quella del cervello pero’.
in natura gli strumenti del piacere obbediscono agli stessi canoni:obbediscono alla mente.com’e’ vero che il nostro vero organo sessuale è nella testa.
Oh, non parliamo di quote rosa in letteratura, please!
Certo siamo state discriminate in passato ma la questione oggi è di qualità. Oggi non diciamo che Camilleri sia più valido della Maraini perché uomo o si possa parlare di discriminazione delle scrittrici. Silvana Grasso, Silvana La Spina, scrittrici siciliane che rispetto… la Tamaro, i vari premi Nobel donna di cui non si deve stupire nessuno…
La scrittura non ha sesso, come la pittura o la musica. L’arte vera è asessuata perché è frutto di un mix inscindibile di anima, cuore e mente. Certo anche la biografia e quindi la sessualità dell’autore entrano nella sua opera, ma quando leggiamo dobbiamo scordarcene, altrimenti apprezzeremo il quadro X solo perché l’ha dipinto un pittore maledetto o leggeremo la poesia Y perché l’ha scritta la velina di turno.
Io e Simona abbiamo pubblicato un racconto su “Scrivere Donna 2006”, antologia del corso di scrittura legato all’annuale convegno organizzato dal Ministero delle Pari opportunità. Date alle donne una penna e scriveranno, come gli uomini. Né meglio né peggio. Da rappresentanti del genere Homo sapiens Sapiens.