Nuova puntata delle “recensioni incrociate” di Letteratitudine. Gli scrittori/ospiti coinvolti sono due autrici: Barbara Becheroni e Cinzia Pierangelini.
I libri oggetto delle recensioni sono “Pandemia” di Barbara Becheroni, e ” ‘A Jatta” di Cinzia Pierangelini (rispettivamente editi da Zonza editori e da GBM)
Questa è la scheda del libro di Barbara Becheroni (“Pandemia”): Un professore di botanica cade dall’undicesimo piano di un palazzo di San Paolo del Brasile. Un vecchio sbirro rovinato dall’alcol e dai fallimenti indaga sul presunto suicidio del professore. Un giovane ricercatore non vuole accettare quello che è successo. Poi una malattia terribile, il morbo di Chagas, senza rimedio, che uccide di nascosto, lentamente, migliaia di vittime all’anno in America latina. Infine, un’industria multinazionale farmaceutica senza scrupoli e i suoi uomini pronti ad assassinare chiunque cerchi di limitarne gli introiti. E la selva amazzonica come contorno, come tessuto vivente in cui si dipingono gli eventi. Un thriller mozzafiato, capace di tenerci avvinghiati alle sue pagine… Riusciranno i “buoni” ad impedire un disastro di proporzioni mondiali?
E questa è la scheda del libro di Cinzia Pierangelini (‘A Jatta): Alfredo, segretario scolastico in pensione, afflitto da smemoratezza e malinconico pessimismo, single impenitente, incontra Andrea, una transessuale operata che, dopo anni di lontananza, rientra in Sicilia, sua terra natale. I due intrecciano una relazione amorosa. Attorno a loro, gli amici di lui, la sua intrattabile cameriera, il fantasma di vite trascorse, altri affetti, una gatta filosofa e un violoncellista antipatico, Giorgio, che farà di tutto per spezzare l’unione dei due amanti. Sullo sfondo una realtà sociale meschina e provinciale attraverso cui l’autrice mette in luce un universo affettivo su cui l’opinione pubblica continua a dividersi, offrendo numerosi spunti di riflessione circa l’opportunità di restituire dignità e identità sociale a chi vive fuori dalla logica eterosessista.
I due libri affrontano temi diversi, ma ugualmente interessanti. Come al solito tenterò di formulare delle domande per proporre discussioni parallele a quella che verterà sui romanzi protagonisti del post.
Il libro della Becheroni affronta la problematica delle pandemie e del business ad esse legate.
Perché alcune malattie che ancora incombono su varie parti del mondo – come lebbra, dengue, malaria, (oltre alla Chagas di cui si narra nel libro) – sono state dimenticate?
Cosa pensate dell’H1N1? Lo temete? Ritenete che condizionerà le vostre vite? Vi sottoporrete al vaccino? Vaccinerete i vostri figli?
Il libro della Pierangelini affronta i temi della solitudine, della vecchiaia, dell’identità sessuale.
La solitudine è solo fonte di problemi o, in alcuni casi, offre anche opportunità? Ritenete sia vero che la categoria più esposta alla solitudine sia quella degli anziani? Oppure? In che modo è possibile andare incontro alla vecchiaia senza sprofondare nella solitudine? I pregiudizi sulla sessualità si sono effettivamente attenuati, in questi anni?
Ne parleremo insieme alle due scrittrici ospiti. Di seguito potrete leggere le loro recensioni incrociate.
Vi chiedo di interagire con Barbara e Cinzia. Come dico sempre… che ciascuno di voi faccia il giornalista culturale e ponga domande per scoprire (insieme) cosa offrono questi due libri. Chi ha già avuto modo di leggerli è pure invitato a esprimere la propria opinione.
Massimo Maugeri
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PANDEMIA di Barbara Becheroni – Zonza editore
recensione di Cinzia Pierangelini
Se dovessi descrivere questo libro con un’immagine penserei alla pioggia. Sì, perché in Pandemia piove spesso e quando dall’alto non scende acqua sono ben altre le cose che cadono: simpatici scienziati dall’undicesimo piano, scimmie stecchite dal curaro, lacrime, aerei, orribili ematofagi. Non tutto rovina al suolo ma i sogni di Antonio e Bento Felipe, di Chico, di Tahinà… ecco i loro sogni sì. E anche quelli di Joao, il vecchio poliziotto deluso dal proprio destino ma ancora così onesto e deciso a combattere. I loro sogni s’infrangono cocciando con la realtà e forse anche i nostri, per altri versi. Un thriller, un noir? Non so, di certo un invito alla riflessione sulla nostra epoca, su cospirazioni e ingiustizie, ingordigie e potere, sulla superficialità che è anche nostra, di ognuno, senza sconti. Un plot collaudato e personaggi adeguati e comparse anche, che a volte, nonostante vivano per poche pagine come Mae Terezinha, riescono a conquistare il cuore. Il libro ci porta in Brasile (ma non solo), con maestria Barbara ci fa visitare sobborghi e residenze da vip e l’orribile ditta farmaceutica Sephaco, così attuale, e poi, in un volo affettuoso, accarezza anche la Sicilia e la vecchia Europa. Tra le pagine è ben visibile, per me che ho dato una decina di materie nella stessa facoltà, lo sguardo della dott.ssa Becheroni-veterinaria e soprattutto quando ci spiega le analisi di laboratorio o l’orrendo morbo di Chagas portato dal tripanosoma attraverso le cimici che infestano i luoghi più poveri del Sud America. Pandemia, quasi un monito a essere più attenti e consapevoli, anche riguardo alla nostra iniqua felicità.
Il cuore pulsante, vivo del romanzo è la foresta amazzonica, questa madre –matrigna, indifferente alle nostre pene eppure così fragile, implacabile e generosa, indispensabile.
La foresta come un unico, composito essere vivente, che soffre e lotta per la sopravvivenza. Tra serpenti e belve, in un ambiente dove ‘ognuno è cibo-vita per altri’: L’anziano poliziotto si stupì quasi per l’improvvisa solitudine che lo avvolgeva. Ora il suo compito consisteva nel non cadere nel sonno, nel mantenere acceso il fuoco, e nel porre la massima attenzione a quanto li circondava. Non conosceva la foresta (…).
Nella selva Chico da ragazzetto che era si trasforma in uomo e cacciatore, Tahinà respira ancora l’amore, Joao sogna la vendetta, i cattivi sudano e incespicano senza percepire l’essenza della vita e della morte.
Barbara ci porta proprio tra le braccia di questa antica genitrice, come fossimo in una radura umida insieme ai nostri beniamini. Allarmati anche noi, confusi dalla natura nel suo spaventoso splendore, atterriti dalla sua terrificante sofferenza ma anche certi di essere al centro del ‘giusto’, nel posto da cui, ancora una volta, tutto può tornare retto, pulito, incorruttibile.
La selva cantava la sua canzone notturna, un coro di voci diverse, di richiami, di assolo, di fischi. Una grande platea animale commentava a modo suo i pensieri di Joao. In questo luogo fatato, al cospetto di fieri e sfortunati indigeni si compirà ogni cosa. L’ultima pagina del libro sarà ancora per lei, per la foresta pluviale: una richiesta di aiuto, un grido d’indignazione, una provocazione… Forse, però, anche una speranza. Da tenere stretta. Brava Barbara!
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‘A JATTA – di Cinzia Pierangelini – GBM editore
recensione di Barbara Becheroni
Alfredo dimentica. Nomi, persone, situazioni, cose. Come in un romanzo sudamericano, il mondo sembra destinato a svanire a causa di neuroni incapaci di ricordare. Malattia? Degenerazione dovuta a età non più giovane? Il passato si smembra, perde i confini. E Alfredo si chiede se la sua vita sia realmente esistita.
Andrea ricorda. Tutto. Dolori, umiliazioni, incomprensioni. Una vita galera, imprigionata da una X e una Y al posto di due X simmetriche. Un corpo sbagliato. Il passato che riemerge a ogni occasione. L’incomunicabilità con chi si amava e ormai se n’è andato, lasciando il rimpianto per quanto non si è riuscito a spiegare. Come scriveva De Andrè, una vertigine di anestesia, anzi, tante, tante vertigini di tante anestesie. E ormoni. E bisturi, bisturi, bisturi. Andrea ricorda, tutto.
Sembra una tragedia. Del resto siamo in Sicilia, anche se non sappiamo dove, esattamente. Ma tant’è, è sempre Magna Grecia. Il coro: gli amici di Alfredo, che sguazzano in esistenze grigiastre. Matrimoni squallidi, passatempi ordinari, figli così così. Un “murmuriari” costante e continuo. Su Andrea.
Alfredo ha offeso Afrodite, la dea dell’amore. Tanto tempo fa, in una stagione lontana in cui era belloccio e appetibile. Ha conquistato donne su donne, ci ha fatto sesso, si è divertito senza lasciare traccia. Era uno stallone, in gioventù. Ora non ricorda. Un nome, un viso. Una voce, un sorriso. Una carezza, il profumo dolce della pelle morbida. Afrodite ha punito così il maschio incapace di amare, l’egoismo sfrenato, il cacciatore ingordo. A volte capita. Afrodite sa essere crudele, con chi non cede ai suoi obblighi. Se non ami, non vivi. Se non vivi, non ricordi.
Andrea ha inseguito l’amore per tutta la vita. Lo ha cercato in ogni anfratto, in ogni angolo, in ogni luogo. L’amore è beffardo. Lo sanno tutti. Non puoi cercarlo, altrimenti fugge. Non puoi pretenderlo, se no si nasconde. Se lo sogni, si trasforma. Non lo si può raggiungere. Ti sembra di vederlo, ma era solo un’ombra, un miraggio che svanisce appena credi di averlo sfiorare.
Alfredo ha un amico coetaneo, Pippo, single come lui. La sua ancora di salvezza. Ma Pippo è destinato a tradirlo: si sposa. Alfredo resta solo. Solo, senza nulla da ricordare. Afrodite ha completato la sua vendetta. Lo sciupafemmine impenitente ormai altro non è che un uomo quasi vecchio. Totalmente solo. Solo con una gatta che apparteneva alla madre. Animale opportunista, bisbetico, un tantino snob.
Ma Afrodite è stanca. Stanca di vendette.
Qualcosa succede, in quel luogo indeterminato della Magna Grecia. Il cielo, sempre uggioso, si rasserena. Gli dei sorridono ai mortali.
Si sacrifica un’automobile. E Afrodite accetta il dono. Benedice l’amore. Lo fa volare così alto che perfino un eroe nemico, giovane e bello, di chiare doti e ingegno prontissimo viene sconfitto, perde il suo agone e fugge lontano, coperto di vergogna.
C’è tutto. Il “Deus ex machina”? La gatta.
Non era scontrosa. Aspettava il suo momento. Inno alla vita. Simbolo di maternità. La vita vince sempre. Su tutto.
Brava Cinzia, hai raccontato una storia limpida, perfetta nella sua semplicità, con uno stile preciso, essenziale, piacevolissimo da leggere. Belli i personaggi, dotati di vita propria, indipendente dal romanzo. I dialoghi sono ben costruiti, con quel tanto di vernacolo che dà un po’ di pepe al tutto. Un libro da leggere e da consigliare.
Ed eccoci a una nuova puntata delle recensioni incrociate di Letteratitudine.
Come ho già scritto sul post gli scrittori/ospiti coinvolti sono due autrici: Barbara Becheroni e Cinzia Pierangelini.
Due parole su di loro…
Barbara Becheroni nasce a Milano, ma divide la sua esistenza tra l’Italia e il Brasile, dove vivono il padre e la sorella. Ora risiede a Siracusa, città in cui svolge la professione di veterinaria e scrittrice. Ha pubblicato diversi racconti in antologie, riviste e sul web. Ha vinto importanti concorsi letterari. Ha pubblicato il romanzo giallo “Nel dolore “(Morrone ed. 2005), la raccolta di racconti “Strani amori” (Armando Siciliano ed. 2006) e il libro di ricette e storie “Che più giallo non si può” (ed. Lussografica 2008).
Cinzia Pierangelini, violinista e docente, vive a Messina. Ha cominciato a scrivere nel 2004. Ha pubblicato: Dall’ultimo leggio, raccolta di racconti, ed. traccediverse – Eraclito e il muro, romanzo ed.GBM – ‘A jatta, romanzo ed. GBM-Draghia,ed.delosbooks,2008 romanzo fantasy. Il professor Scelestus-romanzo fantasy per ragazzi ed. La penna blu, 2009. Suoi racconti e poesie si trovano nelle antologie. Noir. Quindici passi nel buio; Il mio mare; Libera uscita; Femmine, Concorso di emozioni, Corrispondenze di sensi; Siculiana.La gola. Orizzonte. Una fiaba per Gramos, antologia a scopo benefico ed. Lulu. Il racconto Il piromane vincitore del concorso Writers-Magazine 2007 e il racconto Non c’è musica sono stati pubblicati dalla rivista Writersmagazine. Tutti i colori dei bambini, antologia a scopo benefico ed.Montag
Sul post ho riportato le schede dei due libri,a cui fanno seguito le due recensioni incrociate.
Il libro della Becheroni affronta la problematica delle pandemie e del business ad esse legate.
Il libro della Pierangelini affronta i temi della solitudine, della vecchiaia, dell’identità sessuale.
Temi diversi, ma ugualmente interessanti. Ne parleremo con le due autrici, che parteciperanno alla discussione.
Vi invito a interagire con Barbara e Cinzia. Ponete domande sui libri e sui temi che trattano.
Chi ha già avuto modo di leggerli è pure invitato a esprimere la propria opinione.
A proposito dei temi trattati dai libri…
Come al solito tenterò di formulare delle domande per proporre discussioni parallele a quella che verterà sui romanzi protagonisti del post.
Il libro della Becheroni – dicevo – affronta la problematica delle pandemie e del business ad esse legate.
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Domande:
Perché alcune malattie che ancora incombono su varie parti del mondo – come lebbra, dengue, malaria, (oltre alla Chagas di cui si narra nel libro) – sono state dimenticate?
Cosa pensate dell’H1N1? Lo temete?
Ritenete che condizionerà le vostre vite? Vi sottoporrete al vaccino? Vaccinerete i vostri figli?
Il libro della Pierangelini – dicevo – affronta i temi della solitudine, della vecchiaia, dell’identità sessuale.
–
Domande:
La solitudine è solo fonte di problemi o, in alcuni casi, offre anche opportunità? Ritenete sia vero che la categoria più esposta alla solitudine sia quella degli anziani? Oppure? In che modo è possibile andare incontro alla vecchiaia senza sprofondare nella solitudine? I pregiudizi sulla sessualità si sono effettivamente attenuati, in questi anni?
Ecco. Proviamo a discutere di questi libri e degli argomenti correlati sulla scorta di queste domande.
Off topic mi permetto di ricordarvi che qui…
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/08/31/letteratitudine-book-award-2009/
… si sta svolgendo il Letteratitudine Book Award 2009.
Siete tutti invitati a partecipare.
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Vi auguro una serena notte e una buona domenica.
Bhe lo rompo io il ghiaccio, che ho avuto il piacere di leggere entrambi i libri. Quando si dice la scalogna, avevo deciso di andarmene in ritiro spirituale per qualche tempo a meditare sui miei peccati e il dolce Massimo mi scodella un post su due autrici che mi sono particolarmente care. Come si fa a defilarsi? Cinzia ha confezionato una storia delicatissima, trattando un tema ancor più delicato ( quello dell’ omosessualità) con stile e vena poetica. Lo trovo molto lirico questo romanzo, fa riflettere, invita a fermarsi e a riconsiderare molti aspetti delle vicende umane. Ne parlerò in maniera più approfondita nei prossimi interventi.
La Becheroni. Che dire della Becheroni? Basterebbe un solo termine per definirla: un genio! Una donna che si alza tutte le mattine alle cinque, iperimpegnata, capacissima di scrivere un romanzo con la mano destra mentre con la sinistra prepara la colazione. Ha tirato fuori nel giro di qualche anno 5 o 6 libri uno più interessante dell’altro: romanzi di denuncia sociale, libri di cucina, articoli su riviste, interviste a personaggi di cultura. Tutto effettuato con la massima professionalità, avvalendosi delle sue conoscenze mediche e della sua vasta cultura in generale. Anche per Barbara mi propongo di entrare nei dettagli del suo ultimo romanzo negli interventi successivi.
Post interessante. Grazie. Non conosco i libri, ma provo a rispondere alle domande.
Perché alcune malattie che ancora incombono su varie parti del mondo – come lebbra, dengue, malaria, (oltre alla Chagas di cui si narra nel libro) – sono state dimenticate?
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(Non è che forse sono state dimenticate certe parti del mondo?)
Cosa pensate dell’H1N1? Lo temete? Ritenete che condizionerà le vostre vite? Vi sottoporrete al vaccino? Vaccinerete i vostri figli?
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Sì, io lo temo. ma farò di tutto per evitare che mi condizioni. Appena sarà disponibile il vaccino farò vaccinare i miei figli.
Se possibile mi vaccinerò pure io.
Più tardi o domani risponderò alle altre domande. Sono in attese di leggere i commenti sui libri e cosa ne pensano le autrici.
Voglio ringraziare Massimo per questa ghiotta opportunità, intanto: ne sono felice. Sarò disponibile a qualunque confronto con vero piacere. E ringrazio anche il caro Salvo per le belle parole. Intanto intervengo dicendo la mia su malattie e vaccini. Il dubbio che sempre mi ‘rode’ è: ma sarà tutto vero? sarà così grave? Prima non esisteva, non moriva gente già?E la mucca pazza? e la peste pollina? Sparite d’incanto? E per ultima: ma il destino?
Mi vaccinerò? non credo, come sempre.
Non ho letto il libro della Pierangelini, ma ho letto il libro di Barbara e lo trovo avvincente come thriller, ben congeniato con dialoghi realistici sullo sfondo di una natura affascinante e misteriosa, ma violentata. La violenza serpeggia per tutto il libro. C’è la violenza degli omicidi e tentati omicidi, della distruzione della faresta amazzonica, ma anche una violenza più sottile, quella delle case farmaceutiche, del potere istituzionalizzato, potere di guarire chi sta male ma anche di farlo ammalare. Molte malattie non vengono curate perché non remunerative. La malaria ad esempio, colpisce solo in alcune parti del mondo, anzi del Terzo Mondo, il vaccino per la malaria sarebbe facile da fare, ma nessuno lo fa, “non ci sono soldi” nella fabbricazione del vaccino per la malaria, ma “ci sono soldi” nelle cure della malaria. Il discorso è complesso, non si può ridurre solo al problema economico e magari avremo tempo di discuterne più a lungo in altri interventi.
Non ho paura dell’H1N1, si tratta di un’influenza, di sicuro della gente morirà a causa dell’H1N1, ma tutti gli anni i più deboli (anziani, pazienti con problematiche diverse e già colpiti da altre patologie) muoino a causa delle complicanze del virus dell’influenza. Sono un’insegnante e sarò esposta più facilmente al virus, se potrò farò il vaccino e se non potessi, cercherò di stare bene di far sì che le mie difese immunitarie non calino e spero di non prenderlo. MA se lo dovessi prendere, beh… mi curerò. Ritengo che non si possa vivere eternamente nel terrore di qualcosa. Qui si potrebbe avere un dibattito sul potere dei media. Ma ci rendiamo conto che come si abbassa la guardia della paura di qualcosa (ad esempio del terrorismo) si comincia ad aver paura per qualcos’altro (pandemia)? Siamo sicuri che i media dicano proprio la verità? Siamo sicuri che non ingigantiscano le notizie per farci vivere costantemente nello stato di paura (non sto parafrasando Crichton), per vendere più giornali, per farci stare incollati al televisore e farci ingurgitare, parallelamente alle notizie, anche molti minuti di pubblicità? E’ una domanda che mi pongo spesso.
Comunque mi sono allontanata dal libro di Barbara, e vorrei dire che è proprio un bel libro, l’ho letto con piacere, è anche inusuale in Italia, non è facile trovare dei thriller ben scritti, ambientati in Brasile che parlino d’amore per gli uomini ma anche per la natura! Brava Barbara!
Grazie Massimo per lo spazio che ci hai concesso. E a Salvo per la consueta dolcezza che ha riservato sia a me che a Cinzia. Come ha detto Maria, ci sono alcune parti del mondo che sono dimenticate, ovviamente solo parzialmente, nel senso che vengono spogliate dalle risorse che possiedono, oro, diamanti, legname, persone. Ma è un discorso lungo. Alcune malattie colpiscono di più i ricchi, quindi di conseguenza le terapia possono far arricchire di più le case farmaceutiche. L’influenza H1N1 mi fa paura. Non tanto paura di morire, statisticamente è piuttosto improbabile, non faccio parte dei soggetti a rischio. La mia paura è causata dalla capacità del virus di essere pandemico. Significa che è un virus che non trova ostacoli. Che in brevissimo tempo ha comquistato il mondo. Ora è un virus che provoca una semplice influenza (che però è grave per i bambini e le donne in gravidanza) e i virus mutano in fretta. Insomma, non sono tranquilla. Sarà una malattia molto costosa, in termini di spese mediche, vaccinali, di ricoveri ospedalieri. Provocherà assenze dal lavoro, intasamenti negli ospedali. Sono tutte cose che si pagano. Come diceva Claudia, i media ne approfitteranno per gonfiare o sgonfiare le notizie, per l’audiens. Insomma, sono tante le cose che non mi lasciano tranquilla, anche se la sintomatologia non è grave e la mortalità bassa.
Riguardo alla solitudine… beh, forse gli anziani ne sono colpiti un po’ di più di altre fasce di età, però è un male che serpeggia ovunque. C’è troppa rabbia, troppa isteria nei rapporti umani. Poi i pregiudizi sessuali mi sembra che continuino a persistere nonostante il passare degli anni. Viviamo in un periodo strano, si fanno trapianti di cuore, si mappano i cromosomi, mentre per strada ti ammazzano per un parcheggio, aggrediscono i gay perché si baciano…
Grazie anche a Claudia per le belle parole che mi ha dedicato
Ci sono molti frequentatori di questo blog che rischiano di non superare l’inverno a causa del virus H1N1. Penso a tutte le persone anziane: Renzo montagnoli, Gaetano failla, Francesco Di Domenico. Oltre allo stesso Massimo che è sempre di salute cagionevole. A loro va tutta la nostra solidarietà.
solo una puntualizzazione, necessaria, il mio libro non parla di gay ma di transessuali. Scusate ma è giusto chiarire.
Salvo sei mitico!
Il romanzo di Cinzia.
Cinzia Pierangelini, alla sua seconda prova narrativa, è riuscita a confezionare una storia convincente. Una storia d’amore molto particolare tra due esseri umani, Andrea e Alfredo. Amore omosessuale? Amore eterosessuale? Che importa. Semplicemente due esseri di questa terra che provano attrazione l’uno per l’altro/a, legati dalla capacità di stupirsi, di emozionarsi di fronte all’agonia del loro vecchio cane, che si tengono per mano a osservare un tramonto, a contemplare la nascita di un fiore. Un candore che pervade tutto il romanzo. Giorgio, violoncellista di fama internazionale, irrompe come un temporale d’agosto a spezzare l’idillio e la storia assume una struttura corale, oscillante tra la commedia e il dramma, tra una riflessione malinconica e uno slancio vitale. Sullo sfondo una Sicilia assolata, ancorata alle tradizioni, ai perbenismi, al moralismo di facciata che non ammette trasgressioni alle regole. Cinzia assembla tutto con una raffinatezza stilistica che punta dritto al cuore, caratterizzata da una forte tensione etica, scava dentro l’animo dei suoi personaggi, porta alla luce tesori di profonda umanità. Quanta sofferenza si cela dentro un essere umano costretto a ritrovarsi in un corpo in cui non si riconosce? Le operazioni chirurgiche per mutare il suo stato fisico, i pregiudizi malevoli, le battute irriverenti, gli sguardi di compatimento. E la gelosia di Alfredo. Il tormento di vedere svanire il proprio sogno, portato via da un uomo più giovane e aitante, tronfio e superficiale, che non possiede un briciolo della sua sensibilità e tuttavia riesce a fare breccia nel cuore di Andrea. La gatta è sempre lì sorniona che si gode la scena. E’ una gatta femmina o maschio? Anche qui, cosa importa? C’è ed ha la sua influenza nell’economia della storia.
Bravissime le scrittrici nel recensirsi a vicenda con storie dentro le storie. E bellissimi i temi, incrociati e sovrapposti. La malattia. La solitudine. Una Dea che si vendica. Quasi la ribellione di ciò che perdiamo l’occasione di essere.
Fin dall’antichità le pestilenze, i morbi trasportati dai viaggi, le malattie oscure in cui pullulano untori, muri invisibili, rimedi, diavolerie, sono simbolo del dilagare dell’incomprensibile e del temuto. Del castigo di Dio.
Ogni ammorbamento grida quasi silenziosamente un terrore atavico e incoffessato. Che un materiale ombroso e nemico ci si rivolti contro. Forse l’anima di noi stessi. Forse il ricordo di ciò che siamo stati. O la traccia indelebile dei nostri errori.
E allora, forse, il passato ha memoria. Forse sia quando si rivolta in pandemia, sia quando ci risarcisce, il tempo sa restituirci il rovescio. Sa condannarci anche quando credevamo di essere stati assolti. E assolverci da condannati.
Insomma, i temi dei libri si prestano entrambi a scavare nelle paure più fonde del cuore, in certi pozzi a strapiombo in cui non vogliamo guardare.
Amore e morte. Eros e tanatos.
E, ancora, la guarigione come colpa o come redenzione. La malattia come diserzione, il sanatorio come luogo di salvaguardia e d’incantesimo.
Noi, insomma, nella dimensione più interrotta della vita, quella che non si sceglie e ci infrange.
Noi al cospetto della nostra fragilità. Sia essa morbo di cuore o di batteri.
Bravissime.
Un bacio
Alla carissima Barbara, già nostra ospite nei circoli di lettura (in un indimenticabile incontro al Biblios caffè in cui ci parlò dei suoi libri e del suo mondo stretta nell’abbraccio delle sue due bimbe – una a destra e una a sinistra) vorrei chiedere di parlarci della sua attività letteraria, tra cavalli da curare, traduzioni da completare, bimbe e marito da accudire…
Un intrico di doveri e piaceri in cui si muove con garbo e sorriso.
Cara Simona, mi metti in paranoia. Cavalli da curare e pandemie. La nuova emergenza si chiama West Nile Disease, una encefalite ormai endemica in padania che attacca anche l’uomo. Virale. Non ne posso più di malattie. Fortunatamente c’è il vaccino, ma la globalizzazione, insieme a tante cose comode, insieme alla cucina etnica, ci porta anche queste cosucce. L’attività letteraria rappresenta quell’oretta tranquilla dedicata solo a me in una giornata in cui devo pensare per tutti. Hai ragione: due bambine, gli animali (cani, gatti, cavalli, che comunque ripagano alla loro maniera, se non ci fossero!) il marito, poi la mia follia, o ossessione, che sono i bonsai (meno esigenti degli appartenenti al regno animale, ma per me sono una quasi droga). Il fatto è che avere una vita così piena a me piace. Mi piace svegliarmi alle cinque e mezzo e montare, poi preparare le bimbe, a scuola, poi ippodromo, o sala operatoria, se si opera, finito devo far da mangiare per tutti, ma lo faccio col cuore, poi di nuovo a prendere le figlie, poi le attività pomeridiane, arrivare sfinita la sera, per me è bello. In tutto questo la mia attività letteraria rappresenta forse uno sfogo, non saprei neanch’io, una ricerca, la volontà di bloccare su un pezzo di carta le idee, le storie, i personaggi. Comunque scrivere aiuta ad andare avanti, soprattutto nei momenti difficili. E’ bello creare una storia, con personaggi e luoghi, situazioni, modi di parlare. E’ appagante. No so se sarei capace di farne a meno. Come tutti noi che scriviamo, del resto. E mi piace sempre di più conoscere altri che scrivono, capire cosa li spinge a farlo, i loro percorsi intellettuali. Sono sempre più curiosa degli altri. E questi incontri su Letteratitudine sono davvero utili. Comunque, Pandemia in realtà nasce come omaggio a Charles Darwin, che è il mio mito. Sembra che sia morto proprio a causa della malattia di Chagas. La cosa mi ha spinta a conoscere la malattia, così sono andata a finire nel sito di Medici senza frontiere e mi sono scontrata con le malattie dimenticate. Il fatto di conoscere il Brasile da brasiliana seppure parziale ha compiuto il resto del percorso. Poi c’è anche il mio impegno a favore dell’ambiente, il mio desiderio di salvaguardare la foresta pluviale, un sacco di particolari. Spero di essere riuscita a far capire il mio messaggio. Almeno un poco!
Non esageriamo: la West Nile Disease contagia solo quelli della Lega, e solo nel periodo estivo e fa dire loro un mucchio di cazzate.
Sul romanzo di Barbara.
Come lo possiamo definire?
Giallo? Thriller? Sicuramente è un libro-denuncia. Se la letteratura è menzogna, qualche volta è anche vero che riesce a raccontare la peggiore realtà. Barbara utilizza la penna con maestria, con la precisione e la profondità di un bisturi, non si abbandona a fronzoli e svolazzi, la sua scrittura è decisa, essenziale, incide il cancro della malasanità estraendone le putrefazioni e dandole in pasto all’opinione pubblica con rigore morale e professionalità estrema. Personaggi senza scrupoli si avvicendano, si manifestano sulla scena come un incubo, o un dipinto di Munch. Trasmettono angoscia i loro visi contorti e bramosi di ricchezza facile Il successo, il denaro, l’arrivismo senza scrupoli come ideali di vita. E omicidi, vendette, ritorsioni per una storia che non concede al lettore il tempo di respirare.
Un acquazzone tropicale si rovescia su San Paolo, in Brasile. Sembra un giorno qualunque. Cosa c’è che non quadra? Forse il volo compiuto dal botanico professor Antonio Ferreira Santos, che dall’undicesimo piano lo porta a sfracellarsi sul marciapiede. Oppure il fatto che qualcuno di dannatamente importante cerca di farlo passare per suicidio, quando suicido non è. Un vecchio sbirro che credeva di aver chiuso i conti con la vita si trova, all’improvviso, di nuovo in prima linea. Insieme al socio del professore assassinato dovrà scoprire il mandante e, soprattutto, il movente dell’omicidio. Per indagare comincerà un viaggio affascinante nella selva amazzonica, inseguendo un criminale senza scrupoli e facendo i conti col passato. Il fiato di una grande industria multinazionale di farmaci, però, preme alle sue spalle. L’ombra oscura di un piano disumano sembra nascondere la luce della comprensione ai protagonisti. Finché tutti i nodi vengono al pettine. Una malattia terribile, il morbo di Chagas, senza rimedio, che uccide in America Latina milioni di persone soprattutto tra i meno abbienti, diventa la chiave indiscussa del romanzo. Una denuncia senza mezzi termini nei confronti di una società che divide perfino le malattie in “povere” e “ricche”, proprio come i malati che ne sono affetti. E che investe i capitali solo dove il tornaconto è facilmente e prontamente raggiungibile. Scritto in maniera agile, questo thriller di Barbara Becheroni appassiona il lettore fin dalle prime pagine. L’ambientazione magistralmente ricreata ci regala un viaggio fatto di immagini ben pennellate capaci di trasportarci dapprima in una delle più grandi metropoli del pianeta, poi nel pieno della foresta amazzonica, accompagnati da personaggi vivi e pieni di colore. Sentimenti, emozioni, tensione accompagnano il lettore durante tutto lo svolgimento del romanzo. Grandi uomini animati da nobili ideali e miseri reietti dell’umanità al servizio del dio denaro si confrontano. E su tutti troneggia la maestosa foresta pluviale, portatrice di verità ancora sconosciute, a ricordarci che siamo solo meteore nel grande disegno della vita.
Gli argomenti sono molto interessanti. Faccio tanti auguri alle due autrici per i libri.
Ed un incoraggiamento a tutti coloro che scrivono, nonostante tutto.
Grazie Salvo, mi hai emozionata di nuovo e grazie Simona. Una tua parola, Simona, mi è molto cara: fragilità. Credo sia un ‘sentimento’ che accomuna i romanzi mio e di Barbara. Più si è decisi a cercare il vero, il giusto e più si è fragili e soli. Massimo chiedeva se la solitudine appartiene agli anziani più che ad altri e in questa società che tende al rifiuto del vecchio (uomo o cosa) questo è certo vero, almeno a livello di numero. Ma se penso a un uomo ‘solo’ io penso a un giusto.
Cari amici, vi ringrazio tutti per questi vostri primi commenti.
Ne approfitto per salutarvi: Salvo, Maria, Claudia Marinelli (benvenuta!), Simona, Luisa…
E ovviamente saluto con molto affetto le protagoniste di questo post (che hanno già avuto modo di intervenire): Barbara Becheroni e Cinzia Pierangelini.
La discussione si svolgerà con calma anche nei prossimi giorni.
Credo ci sia molto da dire: sia sui libri, sia sui temi trattati.
Sono di passaggio per mandare un caro saluto a Cinzia, con la quale mi son sentito proprio di recente, ed ovviamente a Massimo e a tutti gli altri.
Ne approfitto per dire in breve la mia sull’argomento che piu’ mi interessa: la vecchiaia.
Ecco. Credo che la vecchiaia sia una fortuna umana quando significhi saggezza, riflessivita’, aspirazione alla purezza del cuore e amore per l’infanzia; ma sara’ una iattura se invece comporti il chiudersi in se’ e l’inamovibilita’ dei propri difetti. Come saro’ io da vecchio?
Boh. Sto facendo le prove per affrontarmi ed affrontare la senilita’… meglio arrivarci preparati – ed e’ benaugurale, direi.
Saluti Cari
Sergio
Interessante. Geniale questo libro di Barbara Becheroni. Ottimo lo stile, bello l’incipit.
Coinvolgente.
Nicla Morletti
Sergio, anche io mi preparo e ho sempre voglia di scriverne ma… mi tengo.
L’Alfredo del mio libro però non è ancora vecchio e in fondo la sua vera vita è appena iniziata…
p.s. ho visto che hai vissuto in Umbria. Lì le mie origini…
Nicla, che sorpresa! Fa piacere ritrovarci sul web, tre anni dopo l’edizione del “Molinello” e quella bella foto di Barbara sorridente…
Il mondo è piccolissimo.
Grazie a tutti i miei amici che stanno intervenendo a questo dibattito. Ho letto il romanzo di Cinzia con vero piacere, sia per lo stile, che è quello che a me piace, perché asciutto, essenziale, senza nessun fronzolo, sia per il plot, sia per i personaggi. Poi, confesso, mi è piaciuto perché va a finire bene. Ogni tanto qualcosa di rassicrante fa veramente bene. Questo amore, così difficile, alla fine è solo un amore come un altro. Sembra niente, ma dice tutto. Ce la si può fare, se ci si crede. Si può sconfiggere solitudine, maldicenze e apparenti diversità. Un inno all’amore. Amore che bisogna anche combattere, per avere. Sulla solitudine, in effetti, non riesco a trovare una risposta. Mi sembra che l’Italia non sia un paese per bambini, piuttosto che per vecchi. Che, in questo momento storico, sia più difficile essere piccoli che grandi, con tutto il rispetto per chi giovane non è più. Ovvio, non è facile per nessuno. Cinzia precisa che il suo Alfredo non è vecchio, è solo un maturo signore, che però annusa l’avanzare dell’età e si intimorisce. Poi si innamora, e l’amore compie il miracolo, rende tutti adolescenti. Nel cuore e nella mente. Beh, il corpo fa quello che può!
Grazie, Achille, che all’una hai ancora il coreggio di stare al computer. Non so come tu riesca.
Grazie Salvo, che dici tutte quelle cose esagerate sul mio romanzo e sul mio stile. Io provo solo a mettere sulla carta quello che penso. Spero solo che le mie parole più che affilate come bisturi, siano precise come la mano di un bravo chirurgo, perché purtroppo, in questo momento sono piuttosto litigata con i bisturi, insomma, con un certo tipo di chirurghi. Ma non fa parte della discussione e vogliatemi perdonare.
Grazie Nicla, grandissima! Da brava fantozzina che mi sento, come sei stata umana, a intervenire!!!
Saro’ breve, anche se l’argomento, anzi, gli argomenti, meriterebbero molto di piu’. Ma sono a lavoro e il tempo stringe. Quindi…
Perché alcune malattie che ancora incombono su varie parti del mondo – come lebbra, dengue, malaria, (oltre alla Chagas di cui si narra nel libro) – sono state dimenticate?
Perche’ non procurano guadagni alle case farmaceutiche come invece una bella pandemia di influenza nei paesi maggiormente sviluppati e piu’ soggetti ad una massiccia campagna di informazione decisamente allarmista.
Cosa pensate dell’H1N1? Lo temete?
Credo sia un’influenza non diversa dalle altre. Lo temo non per me, ma per le persone che mi sono care, soprattutto i miei nipoti.
Vi sottoporrete al vaccino?
Credo di si’, soprattutto per evitare di farmi untrice verso gli altri.
E veniamo al tema del romanzo di Cinzia:
La solitudine è solo fonte di problemi o, in alcuni casi, offre anche opportunità?
Sono convinta da sempre che la solitudine sia una grande opportunita’ di riflessione e creazione e consapevolezza. Tutte cose che ormai spaventano gli animali da gregge che siamo diventati.
Ritenete sia vero che la categoria più esposta alla solitudine sia quella degli anziani? Oppure? In che modo è possibile andare incontro alla vecchiaia senza sprofondare nella solitudine?
La vecchiaia ormai ci viene presentata come una malattia da curare, come uno status di cui vergognarsi. Non e’ cosi’. Io sono destinata, in quanto donna non sposata e non madre, ad una vecchiaia necessariamente autosufficiente e solitaria. Non ne ho paura, ma so che dovro’ organizzarmi al meglio per mantenere vivo e vitale il mio spirito. Il corpo… beh, quello fara’ quel che deve.
I pregiudizi sulla sessualità si sono effettivamente attenuati, in questi anni?
Vorrei che fosse cosi’, ma le vicende di omofobia che abbiamo sotto gli occhi quotidianamente mi dicono che l’evoluzione e’ stata, se c’e’ stata, solo superficiale. L’idea di avere un figlio gay o trans getta nel panico chiunque.
Rimango piacevolmente sorpreso da come questo blog riesca a coniugare l’interesse per i libri con tematiche capaci di coinvolgere tutti, anche coloro che con i libri hanno poca dimestichezza. Di riflesso, credo, che si spinga la gente alla lettura in maniera intelligente. Complimenti.
Non ho letto i libri e faccio tanti auguri alle autrici. Da quello che ho letto, e anche dai loro commenti, devono essere interessanti e ben scritti.
Alle domande invece posso rispondere.
Primo blocco di domande.
Perché alcune malattie che ancora incombono su varie parti del mondo – come lebbra, dengue, malaria, (oltre alla Chagas di cui si narra nel libro) – sono state dimenticate?
“Sono d’accordo con alcune delle opinioni già espresse: perché non rendono da un punto di vista economico. E’ questo è scandaloso.”
..
Cosa pensate dell’H1N1? Lo temete? Ritenete che condizionerà le vostre vite? Vi sottoporrete al vaccino? Vaccinerete i vostri figli?
“In verità lo temo. Temo che il virus possa cambiare e diventare più nocivo. Penso che mi vaccinerò e spero che non ci siano le corse al vaccino, nel senso che spero che il vaccino possa essere disponibile per tutti.”
Carissima Cinzia,
anche io credo che la fragilità ci rappresenti pienamente. E che lo scrittore debba amarla, sentirsene complice e testimone.
Che debba avere il coraggio della sua fragilità.
E credo che sì, il coraggio renda soli. Che la solitudine sia anche quella dei giovani quando con lucidità feroce, braccata, ululano alla luna la propria voce.
La scoperta di sè (o, in amore, dell’altro da sè), così come la scoperta della precarietà della condizione umana, rende soli. Ed è bellissimo quello che dici. Rende giusti.
Anche nella giustizia c’è molta solitudine. Ma in generale c’è solitudine quando la voce che è affiorata alle labbra e al cuore non è riconosciuta.
Quando la fragilità che ci veste, che ci abita e che ci identifica è coperta dal frastuono. Dall’esaltazione della forza. O della perfezione.
E invece, la perfezione affonda le radici nell’atto umile, semplice, del sentirsi percepiti, capiti.
Amati.
Grazie infinite per la tua bellissima riflessione e per questo libro, urgente e necessario in questi tempi onnipotenti, così poco inclini ad ascoltare le voci. Ad accogliere la nostra finitezza. Il nostro incerto passaggio.
Un grande e commosso abbraccio
Secondo blocco di domande.
La solitudine è solo fonte di problemi o, in alcuni casi, offre anche opportunità?
“Offre delle opportunità se si sanno raccogliere. Mi è piaciuta la risposta della Costantini”
..
Ritenete sia vero che la categoria più esposta alla solitudine sia quella degli anziani? Oppure?
“Credo di sì, perché la nostra è una società che dà poco spazio agli anziani”
In che modo è possibile andare incontro alla vecchiaia senza sprofondare nella solitudine?
“Tenendo la mente il più possibile attiva”
I pregiudizi sulla sessualità si sono effettivamente attenuati, in questi anni?
“Si sono attenuati, ma c’è ancora tanta strada da fare”
Intanto ammetto pubblicamente di essere rapita dalla sensibilità di Simona, la trovo affine e la leggerò con molto piacere perché sento già che mi piacerà. Avevo volontariamente evitato di parlare dei 2 tipi di solitudine da lei accennati: quella giovanile e quella della giustizia. Sulla seconda direi certo banalità da profana, la nostra storia è purtroppo ricca e generosa di orrendi esempi che parlano assai meglio di me. Sulla prima mi sento invece assai preparata, ricordo con rara efficacia la sofferenza del crescere e quella solitudine profonda, densa, senza speranza.Cosmica? Spesso guardo con grande tenerezza mia figlia che lotta con la tremenda adolescenza e vorrei aiutarla, ma non si può. Anche la mia Andrea è sola, così come le due transessuali che mi hanno aiutata a muovermi nel loro mondo sconosciuto, con grande sensibilità e sopportando le mie penose domande. La sensazione che provavo leggendo le loro mail era angosciante, avrei voluto abbracciarle. Per una di loro, per una sua richiesta, il libro ha un finale lieto.è stato un regalo che ho voluto farle, una cosa da niente… ciò che potevo attendendo tempi migliori per questa nostra società che pare camminare al contrario
Che gli interessi economici dettino legge nella società è un dato di fatto storico. Oggi il cocktail “interessi delle multinazionali farmaceutiche + interesse dei giornali a sparare titoloni allarmistici” è una mistura potente e micidiale. E il primo morto italiano (non extra comunitario, che già farebbe differenza) a Napoli fa indubbiamente più notizia di una strage di indios amazzonici per un morbo sconosciuto.
Il comunismo è morto, pace all’anima sua, ma il capitalismo mostra già da tempo pericolosamente la corda. Intanto mi consolerò andando a vedere il nuovo film di Michael Moore, ma possibile non ci sia una terza via?
Quanto ai temi sollevati dal libro della Pierangelini, e ciò che ne è seguito, sottoscrivo pienamente quanto dice Laura Costantini: “..che la solitudine sia una grande opportunita’ di riflessione e creazione e consapevolezza. Tutte cose che ormai spaventano gli animali da gregge che siamo diventati.”
Credo che la nostra fragilità possa in realtà diventare anche la nostra forza.
Da quello che ho letto posso dire di essere interessata e affascinata da entrambi i libri, che cercherò di procurarmi e leggere…..
Perché alcune malattie che ancora incombono su varie parti del mondo – come lebbra, dengue, malaria, (oltre alla Chagas di cui si narra nel libro) – sono state dimenticate?
Cosa pensate dell’H1N1? Lo temete? Ritenete che condizionerà le vostre vite? Vi sottoporrete al vaccino? Vaccinerete i vostri figli?
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SOno in linea con gli altri. Se certe malattie non “rendono” per qualcuno è oiù conveniente dimenticarle, o guardare da un’altra parte.
Il virus dell’influenza suina lo temo. Lo ammetto. Sono anche stata tentata di mettere la mascherina in un recente viaggio all’estero. E non è escluso che lo faccia se l’epidemia esploderà.
Sì, mi vaccinerò.
La solitudine è solo fonte di problemi o, in alcuni casi, offre anche opportunità? Ritenete sia vero che la categoria più esposta alla solitudine sia quella degli anziani? Oppure? In che modo è possibile andare incontro alla vecchiaia senza sprofondare nella solitudine? I pregiudizi sulla sessualità si sono effettivamente attenuati, in questi anni?
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Ci sono tante cose che si possono fare in solitudine. Per esempio scrivere. Quello della scrittura è un atto che deve svolgersi in solitudine, no? Lo chiedo a voi scrittori. In tal caso la solitudine, non solo è un’opportunità: è una necessità.
Credo che per l’anziano la solitudine diventi più pesante perché accoppiata alla malattia.
I pregiudizi sulla sessualità si sono attenuati, credo di sì. Poi, certe bestie esistono e agiscono ancora. Ma quelli sono atti criminali, non pregiudizi.
Sì Amelia, per me la solitudine è necessaria e non solo per scrivere, anche per pensare. Comunque io sono una solitaria a prescindere e non è una situazione che mi pesa, spesso la scelgo, a volte la invoco. Tornando alla scrittura, 5 sono le cose per me necessarie: solitudine, silenzio, le sigarette, il caffè e il mio cane.
La pandemia di H1N1 in realtà è già esplosa. Ci siamo in mezzo. Ora è più attiva nell’emisfero australe per via dell’inverno, ma tra poco lo sarà anche qui, dove già sta colpendo, seppur con morbilità inferiore a quella dei luoghi dove fa già freddo.
Per scrivere non ho bisogno di solitudine, anche se mi farebbe comodo un po’ di isolamento. Casa mia è un porto di mare. La concentrazione la trovo anche nella baraonda.
Siamo animali sociali, in teoria, abbiamo un comportamento che ci spinge a stare meglio in compagnia di altri appartenenti alla nostra specie. Per questo la solitudine è abbastanza temuta, almeno, a mio giudizio. Esistono persone più capaci di stare sole, per proprio equilibrio o per abitudine. Quello che mi sembra è che la socievolezza che dovrebbe esserci tipica si sta perdendo, a favore di un isolamento o di un comportamento che chiamiamo “di branco” ma è piuttosto aberrante, perché favorisce i lati meno umani a favore di quelli violenti. Non dico animaleschi, perché gli animali che vivono in branco hanno un preciso etogramma che non corrisponde a quello dei cosiddetti branchi umani.
Non è facile capire quali siano le categorie più esposte alla solitudine. L’adolescenza, la maturità, la terza età… Non c’è un’età più facile delle altre. Il fatto è che andando avanti ti rendi conto di perdere tante persone care, con cui hai percorso parte del tuo viaggio. Ti guardi indietro e vedi che prima la tua vita era più piena. Arrivi a un punto della vita in cui capisci che sei arrivato a una specie di traguardo, quello in cui chi ti circonda comincia a defilarsi per sempre. E il vuoto lo senti, eccome. Se sei fortunato, se sei capace, riesci a scovare nuove opportunità, altrimenti ti restano i ricordi. Più vai avanti, più resti solo. Se hai una famiglia decente le cose vanno meglio.
Per i giovani mi sembra che stia diventando sempre più difficile approfondire l’amicizia, che le cose restino superficiali.
Cara Barbara, capisco bene il tema delle perdite… e in fondo il tuo libro ne è pieno.
due libri molto interessanti, a leggere qui, non li ho letti, ebbene, li leggerò quanto prima!!
Premetto che non ho letto il libro della Becheroni, mentre quello della Pierangelini è stato da me recensito. Quindi, anche per par condicio, cercherò di rispondere solo ai quesiti posti da Massimo.
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Perché alcune malattie che ancora incombono su varie parti del mondo – come lebbra, dengue, malaria, (oltre alla Chagas di cui si narra nel libro) – sono state dimenticate?
Cosa pensate dell’H1N1? Lo temete?
Ritenete che condizionerà le vostre vite? Vi sottoporrete al vaccino? Vaccinerete i vostri figli?
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Sono state dimenticate da noi, nazioni più evolute che non ne soffrono, mentre purtroppo i poveracci di questo mondo ne sono colpiti, con esiti spesso letali. E’ il solito discorso dell’indifferenza, che, unità alla mancanza di pietà, sono i due più gravi difetti della nostra società.
Si dice: “Noi non ne siamo affetti e quindi non ci riguarda”. Quando invece il virus si presenta alle nostre porte, come l’influenza di cui tanto si parla, si comincia ad aver paura, questa alimentata anche dai media e dalle case farmaceutiche, perchè è evidente che un’epidemia costituisce una fonte di guadagno. Allora ci sono i professoroni che, intervistati, una volta prevedono sciagure, il giorno dopo sono più cauti e in un tire e molla di questo genere il comune cittadino resta disorientato e passa dall’incredulità alla paura, accettando ogni rimedio che gli viene offerto.
Non mi condizionerà la vita, anche perchè ci si dimentica troppo spesso che gli esiti infausti di queste pandemie, il cui virus nulla ha a che fare con quello della famigerata spagnola (ma ogni tanto qualche esperto parla di somiglianze…) , sono assai inferiori ai casi letali di malattie cardiache e di forme tumorali che affliggono la nostra società.
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La solitudine è solo fonte di problemi o, in alcuni casi, offre anche opportunità? Ritenete sia vero che la categoria più esposta alla solitudine sia quella degli anziani? Oppure? In che modo è possibile andare incontro alla vecchiaia senza sprofondare nella solitudine? I pregiudizi sulla sessualità si sono effettivamente attenuati, in questi anni?
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Ci sono solitudini e solitudini; c’è quella esistenziale del poeta che gli consente di scrivere e c’è quella di chi si sente rifiutato dal mondo, spesso con caratterizzazioni soggettive, ma assai più perniciosa, e poi ci sono tanti altri casi, tanti quanti sono gli uomini.
Secondo me, gli anziani sono più esposti alla disaffezione, nel senso che si sentono fuori dal sistema e se non trovano un mezzo per ovviarvi (passioni varie) si abbandonano, diventando facile preda di una malattia la cui diffusione è assai più ampia di un virus inflenzale: l’Alzheimer.
In pratica ho risposto in poche righe, tranne per quanto concerne la sfera sessuale dell’anziano.
Ora è evidente che per vari motivi connessi all’età la libido diminuisce, a meno che uno non ricorra a Viagra e a prodotti analoghi, ma sono dell’idea che questo battere tanto sul calo del desiderio sessuale dell’anziano sia anche il frutto delle industrie farmaceutiche che producono questi stimolanti;inoltre si viene a inquadrare in un’ottica puramente materialista che va permeando la società, cioè il predominio assoluto del sesso sull’amore, che è quanto di più sbagliato ci possa essere, perchè imbestialisce l’uomo, lo fa regredire ad epoche primitive, gli provoca una solitudine esistenziale che anche continui rapporti sessuali con schiere di fanciulle non possono lenire, quando invece una relazione affettiva, fatta di comuni modi di vedere, di vita in comune, integrata anche dall’atto sessuale, non può che soddisfare entrambi i partner.
Non ho letto il libro della Becheroni ma lo farò per tanti motivi:affinità elettive direi,per i cavalli, per la foresta amazzonica,per l’incapacità di credere più nelle multinazionali del farmaco,per la difesa dell’ambiente,perchè la mia natura mi porta alla scienza piu’ che all’umanesimo …. ecc
Quello della Pierangelini invece l’ho letto e l’ho apprezzato per motivi del tutto diversi,apparentemente opposti (sarò schizofrenica?)i,quelli per cui al liceo, mentre sognavo di frequentare una facoltà scientifica, restavo trasognata ad ascoltare la mia fantastica insegnante di lettere che trasformava,per incanto ,la letteratura in vita vera,in sentimenti veri ,in sensazioni vissute, persino quando erano lontanissime dalle mie reali esperienze.
Ecco, secondo me il dono di Cinzia,non importa di cosa parli,quale sia la trama, sta tutto in quell'”ruppo” di tristezza e ironia ,di italiano e dialetto,di farsa e di tragedia che sono tanto intrecciate tra loro da non diventare pesanti, lei non ci fa leggere, ci fa vivere altre vite.
Ho avuto la fortuna di conoscere Pandemia (prima il libro, poi Barbara) in modo approfondito, con grandi discussioni sul testo. Dovendo sintetizzare una mia opinione – sempre difficile riassumere quando si vorrebbe chiacchierare – mi sento di sottolineare un aspetto importante: Pandemia non è solo un libro di denuncia, non parla solo di malattie dimenticate e industriali senza scrupoli; Pandemia è un bel testo sugli uomini. Barbara, camminando su una strada difficile – quella, appunto, della denuncia – è stata capace di guardare il panorama che la circondava, fatto di uomini e sentimenti. Così come è stata capace di indicarcelo.
Grazie, mia dolcissima Cinzia.
Da vera gattara (ho tre gatti color della strada e delle possibilità, code storte, baffi spiegazzati) devo poi chiederti…ci parli della gatta?
Miao
Ne aveva qualcuno in più, ma è finito nella pentola, per la delizia dei suoi ospiti, in occasione dei salotti letterari.
@Salvo….
@Rennnnnzo!!! Sono felice di saperti ancora vivo.
@Salvo, che mi devo toccare i cabasisi?
Bene. Come sempre mi preme ringraziare i nuovi intervenuti: Sergio Sozi (in bocca al lupo per il tuo libro in uscita per Castelvecchi!), Nicla Morletti (benvenuta!), Achille Maccapani (ehilà), Laura Costantini…
E ancora: Emanuele, Carlo, Amelia, Ang…
@ Renzo Montagnoli
Caro Renzo, inseriscipure la tua recensione al libro di Cinzia. Non credo che a Barbara dispiacerà.
@ Cinzia Pierangelini
Cara Cinzia,
leggi il romanzo di Simona, se puoi. Sono certoche non te ne pentirai.
Mi ero dimenticato di ringraziare e dare il benvenuto a Davide e a Susy per il loro interventi.
Grazie e benvenuti su Letteratitudine!
@ Cinzia e Barbara
Vi chiedo, se è possibile, di inserire – tra i commenti – uno o più brani tratti dai vostri romanzi…
A seguito di richiesta del boss…
….
‘A JATTA
di Cinzia Pierangelini
C’è qualche cosa che assilla Alfredo, pensionato e scapolo impenitente, lungo tutto l’arco della giornata e che gli impedisce perfino di dormire, è un tarlo che lentamente rosicchia la sua vita e che gli propone di continuo il bilancio dell’esistenza. Quello che lui non vuole ammettere è che ormai è in preda alla solitudine, un sentimento di scoramento che, persi gli ardori giovanili, lo fa sentire nel deserto di una casa vuota e anche l’amico più fidato che decide di punto in bianco di sposarsi è un’ulteriore spina che si conficca profondamente nel cuore, ampliando il senso di smarrimento che si impadronisce di lui e che gli fa perdere la memoria, perché tanto di importante c’è poco da ricordare.
Andrea, invece, più giovane e determinato, corona il desiderio da tanto tempo agognato di concretizzare quella natura profondamente femminile che si porta fin dalla nascita pur nei panni di un maschio. Gli interventi chirurgici che lo trasformano in femmina, una bella femmina peraltro, gli acuiscono però quel senso di incompletezza che potrebbe essere colmato solo con l’incontro con un uomo, di modo che l’amore, quello vero, costituisca il punto di arrivo e di ripartenza della sua vita.
I due personaggi, non atipici, soprattutto Alfredo, per uno strano scherzo del destino finiranno per incrociare le loro strade e dopo alterne vicende confluiranno in unico percorso che darà un senso a tutta la loro vita.
Questo secondo romanzo di Cinzia Pierangelini, dopo il convincente Eraclito e il muro, sempre edito da GBM, conferma le buone capacità narrative dell’autrice che riesce a confezionare una storia che si snoda senza intoppi e nel complesso convincente.
L’ambientazione è ancora una volta quella della provincia siciliana, tanto che non è infrequente il ricorso a un fraseggio in dialetto, volto più che altro a dare spessore a certe situazioni o affermazioni.
La trama è anche una schermaglia amorosa, in cui si inserisce un terzo incomodo, Giorgio, un violoncellista di fama internazionale che s’innamora di Andrea, provocando la gelosia di Alfredo, con tanto di ansie e tormenti.
Troviamo così alcune tipicità dell’autrice, come appunto la figura del musicista, con delle belle descrizioni delle esecuzioni di brani classici, e anche l’amore per gli animali, tanto che Andrea nutre una vera passione per i cani, un affetto materno che riversa su di loro consapevole che la trasformazione che l’ha resa donna esteticamente non potrà mai darle la gioia di un figlio.
Ma il titolo che c’entra con la storia?
‘A jatta, cioè la gatta, è l’unica compagnia, peraltro mal sopportata da Alfredo, a cui è pervenuta in eredità; la bestia, che apre e chiude il romanzo, è di indolente natura, ma i progressivi mutamenti del padrone la porteranno a ricercare l’amore di un altro suo simile. Ci riuscirà e lei e i piccoli, frutto di una scappatella, troveranno l’affetto di Andrea e di Alfredo.
Scritto con l’italiano corretto e ormai non consueto che è proprio dell’autrice, ‘A jatta è un romanzo che corre sicuro su binari stilisticamente apprezzabili e che risulta di assai piacevole lettura, tanto che lo consiglio vivamente.
Una domanda per Barbara (che sta attraversando un momento difficile a causa della scomparsa di una persona cara):
per te la scrittura ha (anche) un potere “salvifico”?
–
Rivolgo la domanda anche a Cinzia.
Grazie, Renzo… ma non chiamarmi boss: dalle mie parti questa parola ha un significato particolare 🙂
@Massimo: meglio anfitrione, vero?
Molto meglio, Renzo, sì. 🙂
–
Auguro una serena notte a tutti.
Buona notte.
anche io ringrazio tutti, è davvero una bella occasione…anche per conoscere nuovi scrittori e amici. Un brano dite? ok ci provo.
Un po’ di gatta per Simona, dall’inizio del libro. Perdonate eventuali imprecisioni ma non so se questa è una copia corretta, sono talmente disordinata…
* * *
‘Il tondo di vetro dell’oblò gli faceva l’impressione di una faccia; con un’immaginazione quasi puerile vi scorgeva due guancione da trombettista, gonfie nello sforzo di un assolo. Seguiva compenetrato il giro del cestello che, a scadenze fisse e prevedibili, faceva apparire lo stesso calzino, restando ammaliato da tanta precisione.
Accanto a lui, al posto di sua madre, in quell’originale rinnovarsi della tradizione familiare, adesso si piazzava la micia. Pareva una divinità egizia, così alta per essere un gatto e con quel suo muso lungo e antipatico che fissava, scostante, avanti a sé.
Alfredo sentiva di detestarla e la immaginava spesso imbalsamata, come i gatti delle piramidi conservati al museo del Louvre. Questa visione, però, esauriva presto il senso di compiacimento che impagliare il felino gli dava, per assumere invece un che di inquietante…
Si prevedeva sdraiato sul catafalco, inerme come solo la morte può rendere, sorvegliato dagli occhiacci verdi della bestiola, vivi e spiritati dietro le bende. Finiva così ad avere per la povera gatta, oltre che antipatia, anche una sorta di rispetto vile, tendente allo sconfinare in un autentico, mistico timore.
L’animale mostrava spesso uguale intolleranza ma più saggezza, evitandolo la maggior parte delle volte; dopo qualche minuto di uggiosa osservazione delle sue quotidiane attività, come la contemplazione della lavatrice appunto, in genere si alzava, stiracchiava il lungo corpo argentato e, con un’occhiata sfuggente densa di felino e femmineo sdegno, scivolava via annoiata.
“Non sei di nessuna compagnia!” le strillava dietro Alfredo, sentendosi tradito. “Se fossi un cane… allora sì! Magari a caccia potrei andare… ‘Na jatta, che me ne faccio!”.
Quando con le braccia cariche di panni gocciolanti, ché di acquistare un bacile si dimenticava ogni volta, apriva la finestra del balconcino, la gatta, però, gli s’intrufolava subito tra i piedi e, precedendolo con un salto acrobatico, si avventurava tra i fili dello stendibiancheria ad attenderlo, accucciata come fosse lì da ore, casualmente, a godere dell’aria fresca.
Lo guardava stendere il bucato, con gli occhi severi quasi socchiusi e toccando a volte i panni più vicini con la punta del naso, delicatamente, su e giù, come a controllare se profumassero davvero di pulito.
“Soggera!” le ringhiava Alfredo. “Dimmi tu se uno che non si sposa per non avere cammurrie, poi deve ritrovarsi questa suocera… ‘sta strega per casa. Tu? Una strega sei! E pure pelosa! Guarda qua: tutti impelati i panni, che li lavo a fare? E hai pure nove vite…o sette? Nove o sette? Minchia, ci risiamo…”.
bella scrittura. mi piace. la “contemplazione della lavatrice” è fantastico.
e poi è assolutamente vero che le gatte sono streghe, infatti le adoro.
Dunque, non saprei come fare a inserire un pezzo di Pandemia, in quanto i miei file hanno subito qualche danno un po’ di tempo fa. Vedo se ci riesco, a recuperare qualcosa di decente.
Per me la letteratura è molto salvifica, ma davvero tanto. Mi salva dall’eccesso di pragmatismo in cui devo combattere le mie battaglie quotidiane, dalla difficoltà di comunicazione con quanti mi stanno accanto, mi fa sentire bene in generale. Pensare prima e scrivere dopo hanno il potere di darmi molta forza per continuare. Cosa che fanno anche i gatti, anch’io ne possiedo (no, la realtà è che sono loro che possiedono me) alcuni, e uno, in particolare, Tom, sembra che mi legga nel pensiero. E prima di lui, ci sono stati altri piccoli fenomeni felini, Vadinho dagli occhi azzurri, Nero, Fuffi… Chi ama i gatti secondo me è dotato di una speciale sensibilità. Non saprei come definirla, mi piacciono anche i cani, le iguana (ultima moda pet), ma l’affinità con i gatti è una cosa indescrivibile. Un altro mondo. E la gatta del romanzo di Cinzia si inserisce bene nel mondo dei piccoli felini che vive intorno a noi, complici o semplici ombre che ci spiano. La gatta, dopo una vita chiusa in appartamento, solitaria e scontrosa, infine riesce a fare quello che gli uomini non hanno potuto fare. Lo spirito buono che protegge la casa. Madre natura che perpetua la vita.
Cerco un brano di Pandemia, se ci riesco.
Forse ci sono riuscita. Il brano che segue è ambientato in un luogo in Amazzonia, dove una dei protagonisti era già stata, e ci torna, trovandolo distrutto dalla siccità. E’ prigioniera degli aguzzini della multinazionale.
I pensieri di Tahinà si facevano sempre più foschi, man mano che il cammino procedeva. Il cielo era diventato invisibile, completamente occultato dagli strati di rami e di foglie. Ciononostante, il cancro era ovunque: bastava guardare con un minimo di attenzione e la malattia era pronta a esibirsi, come un mostro fuggito da un incubo. Si era infiltrato tra gli alberi come metastasi silenziose e mortali, e aveva contaminato ogni angolo della selva, pronto a infliggere il colpo mortale. Un arbusto, una felce, a volte un albero vecchio quanto il mondo…
Completamente secchi, laddove avrebbero dovuto essere gonfi di linfa. Man mano che il cammino li portava nel cuore della foresta, i danni aumentavano. Le piante rinsecchite erano ormai a gruppi e la luce del sole violava spazi in cui era rimasta fino a poco prima sconosciuta. Il silenzio accompagnava i tratti di selva senza vita. Sembrava di entrare in un luogo fantasma, uno di quei boschi in cui si è insinuato il male, irreale, frutto della fantasia di uno scrittore di fantascienza, intento a narrare una catastrofe.
Cosa starà mai succedendo? Perché la foresta sta morendo così? le riflessioni di Tahinà erano senza pace, divise tra Antonio e la sua foresta.
«Che hai, donna? I tuoi passi sono meno sicuri… qualcosa non va?» le chiese Fernando, con astio.
«Mi sembra che ci sia qualcosa che non va, ma non riesco a capire cosa.»
«Ti avverto: non provare a prendermi in giro» l’uomo non cercava neanche di guardare quanto lo circondava.
«Non vede anche lei che le piante stanno morendo?»
«Beh, credo che sia normale che qualche pianta muoia. Non ci vedo nulla di strano! Quindi zitta e cammina» ruggì Fernando.
Tahinà aveva ubbidito. I suoi occhi, però, continuavano a indagare la selva. Ogni passo era come avanzare verso l’angoscia. Se prima Tahinà temeva solo che accadesse un inconveniente con i guerrieri di Mako e che lei non riuscisse a fuggire dopo aver fatto addentrare i suoi aguzzini nella selva, ora la sua paura era mutata. La foresta pluviale, che aveva conosciuto rigogliosa e quasi impenetrabile, sembrava arrendersi a un destino di morte e lo faceva diradandosi e ritirandosi. In quel momento poteva perdersi nell’azzurro del cielo, ben visibile tra i rami secchi.
Non piove. Non c’è una nuvola. Non un tuono, anche distante, pensò, mentre l’angoscia le mordeva l’anima.
«Sei stanca, donna? Credevo che fossi abituata a camminare… io, che sono un cittadino, non mi sento così affaticato.»
Fernando le punzecchiò la schiena con la canna della pistola.
Possibile che non si renda conto? si domandò ancora, mentre ricominciava a camminare più speditamente. Decise di non guardare più le sottili dita della morte che violavano gli alberi. Proseguì così quasi alla cieca, passo dopo passo, verso la sua destinazione. Ogni tanto chiudeva gli occhi. Allora il viso dell’uomo che l’aveva rapita alla foresta le si dipingeva in mente. E sorrideva. Quello stesso cammino lo aveva compiuto al suo fianco. Pioveva di continuo, un acquazzone dietro l’altro. L’acqua si infiltrava ovunque, rendendo fastidioso ogni capo di abbigliamento. La voce della foresta non smetteva un istante il suo chiacchierio variegato. Loro due andavano alla conquista del sogno di una vita, erano uniti, forti, felici…
Se ne rendevano conto?
Tahinà non ne era sicura. Aveva vissuto quel lungo soggiorno nella foresta in maniera strana. Con un pizzico di insofferenza per essersi spinti così lontani dalla selva che ospitava il suo villaggio. E per quel marito così fuori del comune che si era scelta, diventato sciamano tutto d’un tratto. Coinvolgendo Chico, che lei avrebbe preferito che si estraniasse di più dalla vita tra gli alberi… non per altro, ma perché un cittadino in questo mondo ha molti più vantaggi di un grande guerriero, capace di abbattere un tapiro con un solo dardo… che tristezza.
Che tristezza.
Che tristezza non essersi resa conto di quanto erano stati fantastici, unici, irripetibili quei lunghi giorni passati in quella fine del mondo.
Pensare ad Antonio le faceva bene. Le sembrava di percepire le sue dita sulla schiena che le massaggiavano la pelle.
Era passato molto tempo, da che erano in cammino. Quante ore? Il sole aveva cominciato la sua discesa verso il tramonto. Avevano fatto molta strada. Ora la siccità dominava la scena così tanto che perfino il poliziotto che sembrava uno scimmione se ne era reso conto: «Signor Fernando, non le sembra che la foresta si stia seccando?»
Fernando non aveva risposto al suo luogotenente. Il suo nervosismo, però, era evidente.
«Donna, mi sai dire perché qui intorno è tutto secco?» si era rivolto a Tahinà molto rudemente.
«Non piove» si limitò a dire lei. Sarebbe stato del tutto inutile aggiungere altro. Cosa ne poteva capire uno come Fernando o il suo scagnozzo di come funziona il mondo? Lui era abituato a dare e ricevere ordini. A dare e ricevere bustarelle. Il resto non contava. Che lassù, in quell’azzurro bellissimo e implacabile si nascondeva un grande killer, chiamato “buco nell’ozono”, che continuava a ingrandirsi di giorno in giorno, non gli importava di certo molto. E che se la pioggia non cadeva per colpa del dannato inquinamento, che aveva mutato il clima del pianeta per far guadagnare uomini come il suo aguzzino e illudere i più che era giusto così, che era il modo migliore per campare… se la pioggia non cadeva più, presto sarebbero finiti anche tutti i lauti guadagni… a cominciare da quello della multinazionale che produceva e vendeva farmaci. Che aveva condannato a morte il suo amato Antonio per carpirgli la ricetta di una medicina. E che aveva reso lei vedova e suo figlio Chico orfano. Per una stupida formula chimica. Per degli stupidi denari.
Un fiume di fuoco si riversò dal cielo, mentre il sole tramontava. Illuminò così di luce sanguigna la dolce collina dove Antonio era riuscito a scovare gli ingredienti per la sua preziosa formula. Ma non c’erano più alberi, né arbusti, né cespugli, o felci arboree, liane, palme… non c’era più nulla, a esclusione di poveri tronchi secchi i cui rami nudi gridavano al cielo limpido la propria inutilità.
Al posto della varzea, la foresta sempre giovane e in eterno ricambio, che nasce dall’inondazione periodica della terra, c’era una specie di deserto. E il colle dai fianchi morbidi come quelli di una mulatta, come lo aveva definito Antonio, sembrava un vecchio cappello sgualcito. Il fiume che mormorava poco distante ora taceva.
Tahinà rimase a osservare lo scempio abbastanza a lungo, mentre il sole abbandonava, finalmente, la scena. Poi si sentì esausta. Si lasciò cadere a terra, mentre un’onda di polvere si levava dal suolo. Una volta seduta, si strinse la testa tra le mani. Voleva nascondere le sue lacrime.
«Siamo arrivati» disse. Quindi non riuscì più a trattenersi e scoppiò in un pianto disperato.
Cinzia, Barbara: ho letto i brani tratti dai vostri libri. Belli entrambi. Siete brave.
a proposito di malattie trascurate. segnalo questo interessante articolo di repubblica: Malaria, passo decisivo… nel 2012 pronto il vaccino
http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/scienze/malaria-vaccino/malaria-vaccino/malaria-vaccino.html
cosa ne pensate?
E’ strano pensare che ci sono società quotate in borsa che investono e guadagnano sulle cure a certe malattie. Ma così è. Pensate cosa accadrebbe se non ci fossero più malattie.
La solitudine: anche questa è una malattia. Lo è per molti di noi.
Esiste una cura? Anche leggere, in fondo, può essere un buon antidoto.
Mi scuso, ma non ho letto i libri e quindi proverò a rispondere solo alle domande. L’unica vera grande pandemia dell’era moderna è stata la febbre spagnola, ma va detto che l’Europa usciva da 4 anni di guerra e che la penicillina ancora non c’era ed inoltre le condizioni igieniche e sanitarie erano quelle che erano. Adesso non credo che possa esistere questo pericolo, le influenze si ripresentano tutti gli anni ai primi freddi nulla di strano quindi…. però i farmaci vanno venduti ed allora ecco inventato il pericolo della pandemia; ma l’aviaria, la suina solo per limitarsi alle ultime due hanno fatto meno morti che le punture di insetti.
La solitudine, se il cervello funziona e ci creiamo degli interessi non si è mai soli. Anzi forse la solitudine può essere una risorsa, Negli anziani più spesso è la depressione e non la solitudine il problema, lo dico per cognizione di causa perchè ho un’anziano in casa.
Grazie Alison.
Interessante anche la notizia offerta da Walter, un vaccino contro la malaria sarebbe una cosa eccezionale, perché combattere contro il plasmodio non è semplice. E aprirebbe la strada ad altri vaccini contro le malattie protozoarie, sempre clienti difficili.
Per pandemia si intende una patologia infettiva capace di diffondersi in tutto il mondo, a prescindere dalla mortalità. Spesso il problema è che le notizie vengono gonfiate proprio per preparare il terreno alla vendita dei farmaci. Però un virus capace di diffondersi in pochi mesi in tutto il mondo, che ha un’alta morbilità, anche se la mortalità è bassa, non mi lascia tranquilla. Forse è proprio la coscienza della disinformazione, che fa paura. Nel senso: sarà vero? Ci crediamo o no? E’ una montatura dei media o corrisponde alla realtà? I danni operati da mucca pazza (che era poi un prione, bassa morbilità, difficile contagio)e dall’aviaria, che hanno rovinato molti allevatori, sono ancora freschi nella memoria. Le notizie sono state più infauste delle malattie stesse. Per l’H1N1 ci si pone lo stesso quesito: farà più danni la malattia o come viene proposta dai media? In ogni caso non sono tranquilla. Anzi.
Belli i brani e i commenti. Complimenti alle due autrici.
Ho letto i vari interventi e mi inserisco nell’interessante dibattito.
Se la scrittura ci possa salvare è una domanda incompleta secondo me. Salvare da che cosa? Dalla tristezza, dalla depressione? Sicuramente la scrittura è anche questo, ma a mio avviso è prima di tutto creazione. Quando scriviamo ci inventiamo questo mondo parallelo, e instauriamo con i nostri lettori una comunicazione a distanza. Per me scrivere è comunicare e, come dice Barbara, siamo esseri socievoli dunque è insito nella nostra natura poterci esprimere e comunicare. Perché però ad alcuni basta parlare mentre altre persone invece hanno bisogno di creare? Io non ho la risposta, non so se ci sia una risposta, ma sono contenta che esistano delle persone come BArbara e Cinzia capaci di comunicarci il loro mondo creato.
In quanto ai gatti che, secondo luoghi comuni, sono oppurtunisti, freddi, ladri ecc… Io non sono d’accordo. Come le persone ci sono gatti e gatti, ho avuto dei gatti che con me “parlavano”. Non danno l’affetto come i cani, non sono mai invadenti, ma sanno starti vicino quando hai bisogno, se sono appunto gatti sensibili. Come facciano a sapere che hai bisogno di loro, non ne ho la minima idea, ma lo sanno.
Ora vi lascio ma continuo a leggere tutti gli interventi. Un saluto.
insomma, ma di questo H1N1 ci si deve preoccupare o no?
è una bufala o è un problema serio?
non ci capisco più niente.
scusate lo sfogo.
Io amo tutti gli animali ma preferisco i cani, son così stupidelli e affettuosi che mi mettono allegria. La mia Baba si è da poco buttata dal balcone inseguendo una rivale… si può essere più sceme? o magari invidiava la jatta chissà. Comunque ora sta bene, si è rotta solo una zampa, la miracolata!
Alison, Claudia grazie, ho scelto un brano leggero che inserisce il lettore nella monotona vita di Alfredo, Barbara ha scelto invece uno dei miei preferiti, brava. Riguardo al potere salvifico dell’arte immagino sia indubbio. Chi sceglie l’arte cova ‘qualcosa che non va’, o almeno io lo penso, e cerca nel suo lavoro la salvezza. Io ne ho scelte addirittura due, di arti, figuratevi come sto!ma quando scrivo sono felice, davvero.
Un saluto a Giorgia (Lepore), che considero ormai una letteratitudiniana convinta:-)
Ringrazio e saluto ancora Alison, Walter, Letizia, Claudia Marinelli, Luca Nencioni
@ Barbara e Cinzia
Molto belli i brani che avete deciso di condividere con noi.
Grazie!
@ Cinzia
Hai scritto: “Io ne ho scelte addirittura due, di arti…”
Ci parleresti della tua seconda (o prima?) arte?
Ripropongo i due blocchi di domande per chi volesse cimentarsi nelle risposte (e non lo ha ancora fatto)…
Il libro della Becheroni affronta la problematica delle pandemie e del business ad esse legate.
–
Domande:
Perché alcune malattie che ancora incombono su varie parti del mondo – come lebbra, dengue, malaria, (oltre alla Chagas di cui si narra nel libro) – sono state dimenticate?
Cosa pensate dell’H1N1? Lo temete?
Ritenete che condizionerà le vostre vite? Vi sottoporrete al vaccino? Vaccinerete i vostri figli?
Il libro della Pierangelini affronta i temi della solitudine, della vecchiaia, dell’identità sessuale.
–
Domande:
La solitudine è solo fonte di problemi o, in alcuni casi, offre anche opportunità? Ritenete sia vero che la categoria più esposta alla solitudine sia quella degli anziani? Oppure? In che modo è possibile andare incontro alla vecchiaia senza sprofondare nella solitudine? I pregiudizi sulla sessualità si sono effettivamente attenuati, in questi anni?
Sul romanzo di Barbara Becheroni
Che non ho letto. Salvo quella pagina cupa, ambientata nella foresta amazzonica. Premetto che solo da poco vivo anch’io tra Italia e Brasile (più a Sud di San Paolo, in Santa Catarina). Abbastanza comunque per sapere che sul tema dell’Amazzonia i brasiliani sono piuttosto…permalosi e non gradiscono molto, a partire da Lula, che si gridi al lupo al lupo. Sulla pandemia si sono mossi chiudendo rapidamente scuole, cinema e chiese. Per dirne sola una: al Banco do Brasil si entrava solitari, tra varie precauzioni, dopo aver fatto la fila per strada. Adesso il pericolo si direbbe passato e tutto funziona come prima. Non sono un medico e non vedo in queste procedure molta logica: a meno che non si voglia ridurre il contagio in attesa che arrivi il vaccino.
Ma torno al romanzo di Barbara (complimenti per la foresta dantesca, orrida e avvincente) per chiederle, banalmente, se in Amazzonia c’è stata, per quanto tempo e con quali precauzioni. E ciò non a fini turistici, ma solo per sapere fino a che punto la descrizione si basa su osservazioni reali. Posso testimoniare anch’io, per quanto riguarda lo stato in cui mi trovo, di sfruttamento ampio e intenso della natura, ma non sino al punto di averne distrutto il fascino. Molto meno, in ogni caso di quanto sia accaduto o accada nella nostra penisola: con la differenza che qui siamo in un paese giovane e con tanta voglia di crescere.
Sono certo che la scrittrice conosce tutte queste cose e la tematica in oggetto meglio di me. Per questo le chiedo scusa e le sarei grato se potesse dissolvere il dubbio, sinceramente soltanto metodico, di un eccesso semplificativo.
Con stima, ma soprattutto con tanta simpatia per la vita che conduce: davvero meriterebbe il ruolo di protagonista in un modernissimo romanzo.
Ho un’ iguana anch’io. Ha fatto tana sotto la mia casa. E’ ghiotta di mortadella e c’è da ridere a vedere come mi corre incontro.
Scherzavo. Non è un’iguana. E’ un semplice lagarto, di circa mezzo metro.
Femmina
Il lagarto mi mancava… adesso vado a guardarmelo sul web!
La mia prima arte mi chiedi, Massimo? Be’ ho studiato il violino da quando avevo 11 anni e per tanto tanto tempo ho fatto solo quello. Suonare, studiare anche otto ore al giorno…fino a rovinarmi la schiena, purtroppo. Adesso suono molto meno a causa d’una vertebra del collo schiacciata (quest’estate per es. ho fatto Cavalleria a Taormina) ma insegno lo strumento alla scuola media a indirizzo strumentale con molta soddisfazione, piacere anzi. Ho un bel violino del 1845 a cui voglio molto bene e anche un bell’arco (si parla di migliaia di euro, per chi non lo sapesse). Però ho sempre saputo che la mia vera passione era scrivere, lo sentivo e non osavo. A quarant’anni ho deciso che era giunto il momento di farlo, di cedere alla tentazione ed è andata bene subito. Ma chissà,magari a settanta anni mi dedicherò ai fiori… tante vite, come nei romanzi.
ma il lagarto è questo? http://files.myopera.com/Ricardo%20Belfiglio/albums/185903/Lagarto%20rosado.jpg
com’è…primitivo, preferisco i cagnetti!
@ Antonio Bianchessi
Grazie per i tuoi simpatici commenti, Antonio.
Certo che il lagarto non è un concentrato di grazia. Meno male che il tuo è femmina.
Grazie, Cinzia. In effetti ci tenevo che ci raccontassi del tuo rapporto con il violino…
Prima di chiudere vorrei richiamare l’attenzione sulle due case editrici che hanno pubblicato i romanzi di Barbara e Cinzia…
Il romanzo di Barbara Becheroni è stato pubblicato da Zonza editori
http://www.zonzaeditori.it/
Il romanzo di Cinzia Pierangelini è stato pubblicato da GBM
http://www.gbm.me.it/
Cliccate sui due siti… date un’occhiata ai cataloghi.
(Letteratitudine è sempre a favore della piccola editoria).
E con questa, auguro a tutti voi una serena notte.
@Antonio, dunque, per raccontare la mia storia col Brasile, bisogna risalire a un po’ di anni fa. Mio padre ci lasciò per trasferirsi a SP qundo io ero una bambina di dieci anni. Si portò mia sorella con lui, che ora fa l’architetto alla Botti &Roubim a SP. Io sono rimasta in Italia per studiare, ma nel frattempo andavo a trovarlo più o meno tutti gli anni. Così ho viaggiato molto, in amazzonia non sono stata, ma nel Mato Grosso sì e nel Pantanal, poi ho fatto varie escursioni nella mata Atlantica, anche se, devo dire la verità, il mio cuore è rimasto nel Rio Grande do Sul, a Itaimbenzinho. Mio padre era artista plastico, andava spesso in Amazzonia. Andava nei luoghi dove facevano la deforestazione col fuoco, recuperava nel disastro i tronchi degli alberi, il pau brasil e altri che non ricordo, e faceva sculture enormi, con cui cercava di esprimere la sua disperazione nel vedere lo scempio. Tentava di far capire il peso di quel disastro. Come dici, i brasiliani non sono molto sensibili alla deforestazione, pensano che sia cosa che non debba interessare il resto del mondo, come pure fanno altri governi quando impiegano veleni pesticidi per inondare le colture, con la scusa che per nutrire un miliardo di persone bisogna scendere a qualche compromesso… Secondo me sono discorsi sbagliati, miopi se non ciechi. Abitiamo nello stesso pianeta, quando lo avremo esaurito non ce ne sarà un altro per i nostri figli e nipoti, e tutti dovrebbero impostare le proprie vite su questo pensiero. Oltre al fatto che noi cosiddetti Homo sapiens non siamo gli unici abitanti della Terra, ma dovremmo convivere con gli altri animali e vegetali. Mi è venuto in mente un fatto: ho dovuto tradurre per mia sorella dei pieghevoli da consegnare alla ditta italiana che si appoggiava al suo studio di architettura su un resort che dovevano costruire in non so più che spiaggia incontaminata. Una frase: si può procedere con la costruzione dato che è riportato al catasto che nell’ottocento in questo luogo c’erano coltivazioni di palma da cocco, quindi non ci sono ostacoli per il resort. Io sono rimasta di sale. Ovunque fatta la legge, ecco l’inganno.
Per l’influenza, anche a SP si sono mossi molto di più che in Italia, hanno riaperto le scuole con 15 giorni di ritardo, la televisione martella con i consigli di profilassi, ci sono punti in cui vengono dati i farmaci antivirali (su richiesta medica), insomma, mi sembrano più organizzati rispetto all’iItalia.
Il problema delle malattie contagiose, non sta tanto nella possibilità di morire, quanto nei disagi che provocano. Intasamenti di ospedali, lavoratori a letto, spese in farmaci… Poi questa particolare influenza è piuttosto pericolosa per le donne gravide e per la popolazione giovane. Per questo si fa di tutto per evitare il contagio.
Cambiando argomento, anche passare il filo di rame su un ramo o miscelare con cura l’akadama fine può avere potere salvifico… chi non ci ha provato non può capire… parola di bonsaista. Insomma, quello che importa è di avere qualcosa di personale in cui riuscire a esprimere se stessi. Sia che tu dipinga, oppure suoni uno strumento, oppure rimani in contemplazione di una piantina, non sapendo decire se sarà meglio educarla in stile moyogi o shokkan. A me piace scrivere, proprio per le motivazioni che indica Claudia così bene. Forse anche per altre che non ho ancora scoperto.
i temi proposti dalle due scrittrici, sono estremamente toccanti.Cerchero’ di essere molto concisa nell’azzardare un’ipotesi, nell’esprimere un mio pensiero. il vecchio finisce per essere solo, si fa per dire poiche’ la depressione non si allontana molto dal suo fianco, quando viene privato della sua individualita’ e liberta’ di scelta che poi si traduce nella quotidinita’ ritmata dalle proprie abitudini. Piccoli gesti da cui attinge continuita’ e conforto. quando si accorge di esistere come peso sociale piu’ che come entita’ sociale con ancora intatta una capacita’ di apportare un piccolo contributo che viene dall’eta’, dall’esperienza e dalla sua stessa esistezialita’, allora la solitudine apporta il peso dell’inutilita’ della sua esistenza. gli stimoli essenziali per la crescita di qualunque essere vivente, non possono essere negati nella vecchiaia in virtu’ del fatto che un vecchio ha gia’ vissuto, che non gli manca niente, che ha un letto per dormire etc. etc.( ricado nel personale) Mia madre, mentre la portavano all’ospedale per essersi rotta la testa cadendo dalle scale, pare che abbia commentato: finalmente e’ successo qualcosa di nuovo. La solitudine ad altre eta’, puo’ essere molto diversa, e’ un percorso di vita a cui si approda per motivi piu’ o meno voluti. alla base di alcune, c’e’ il rifiuto della banalita’ e del qualunquismo e quindi, una buona dose di orgoglio; per altre c’e’ l’autodifesa paura di soffrire e di lasciarsi coinvolgere in situazione affettive. l’emotivita’ individuale ed il percorso di crescita che risale alla lontana infanzia, giocano un ruolo fondamentale. ed e’ indispensabile la presa di coscienza della propria solitudine per non trasformarla in pietismo ma in serenita’ di spirito e grande creativita’.
Non mi vaccinero’. non credo che questo nuovo tipo di influenza possa fare piu’ vittime di altre influenze del passato. E’ stato gia’ detto che alla base c’e’ un fatto economico ed anche sociale, se vogliamo: spostare l’interesse generale sull’influenza, significa distogliere l’attenzione generale dai problemi della crisi economica che di vittima ne ha fatte e ne fara’: sarebbe interessante la messa a punto di un vaccino contro la fame. le malattie dimenticate, non hanno interesse economico.
i pregiudizi sessuali, esisteranno sempre fino a quando esistera’ l’essere umano per una forma di perbenismo e di morbosita’ da cui non sappiamo liberarci.
in quanto alla due autrici, sono le facce di una stessa medaglia: una scrive grazie alla sua solitudine, l’altra scrive grazie alla sua vita frenetica, ma… sempre in solitudine. Invidio la loro bravura e la loro capacita’ di disciplinarsi.
Ciao Massimo.
ho la sensazione che la solitudine sia considerata nella nostra società una specie di malattia… è uno schema sociale, più che una vera condizione. come la vecchiaia. se sei solo, o vecchio, o malato, o peggio tutt’e tre le cose insieme, sei fuori, sei uno sfigato. ma questo non è necessariamente vero. però ce lo fanno credere e quindi chi si trova in una di queste condizioni ne soffre, perchè l’immagine che gli rimanda indietro la società (lo specchio in cui tutti, per forza di cose, cerchiamo la nostra immagine) è quella. fa comodo, credo, in un mondo in cui tutto è tarato sulla logica del profitto.
una delle cose più tristi è che mi sembra che questa logica venga spesso applicata anche ai bambini o agli adolescenti. sono considerati solo in funzione di “bacino d’utenza” commerciale. per il resto, danno fastidio.
ci sono bambini e adolescenti molto soli, nel senso di “esclusi”.
penso che questa sia la vera condizione dolorosa, quella di una solitudine non in quanto tale, ma in quanto esclusione da qualcosa, da una società che ha delle regole ferree, e che ti impone dei requisiti imprescindibili.
Solo due righe a proposito di vaccinazione. Perché ci si vaccina? Per non essere contagiati. Per non ammalarsi. Per non soffrire. Ma non solo. Quando un virus come quello influenzale entra in un organismo ricettivo, provoca prima la viremia, cioè si diffonde nel corpo, poi comincia a moltiplicarsi nelle cellule, e abbiamo la sintomatologia più o meno grave. Poi l’organismo o reagisce e guarisce, oppure peggiora e ci può essere l’exitus. Se non c’è vaccinazione, gli individui recettivi colpiti saranno un numero molto grande, vista l’alta morbilità di questo virus. Quindi, statisticamente, a parte i danni economici, daremo al virus una altissima opportunità di mutare, in quanto le mutazioni, eventi occasionali, si verificano in maniera tanto maggiore quanto maggiore è il numero di individui colpiti. Più malati=più possibilità che le mutazioni si verifichino. Per questo c’è la corsa alla vaccinazione. se il virus muta e diventa più cattivo, allora sì che ci saranno i guai seri. In questo senso sono favorevole alla vaccinazione di massa, l’unico modo di opporre un muro alla diffusione del virus, non per paura della malattia in sé. Conoscendo i virus, so che è meglio non scherzare con loro.
scusa, io non ci capisco gran che, però allora perchè se il pericolo è così serio non si fa una vaccinazione di massa? perchè lasciare la discrezionalità? mi sembra che ancora si navighi a vista. un po’ ti dicono che la situazione è seria, poi però “consigliano” vaccinazione solo ai soggetti a rischio; poi se qualcuno ventila la chiusura delle scuole ecco che intervengono e dicono che non c’è nessun allarme.
non riesco a capire se come al solito c’è un vantaggio a fare disinformazione o se nemmeno loro hanno una idea chiara della situazione.
e non so quale delle due ipotesi sia la peggiore…
@Barbara, grazie per la risposta, così esauriente e passionale. Condivido le tue preoccupazioni. Gira anche a me, ad esempio vedere le auto o addirittura i camion su spiagge incontaminate, magari con la scusa che non ci sono altri percorsi. O come mi diceva un policial, meglio che si rompano le corna qui piuttosto che fare vittime sulla strada. Certo che c’ è un problema di cultura. Ma dai proclami alle politiche la strada purtroppo è terribilmente lunga.
@ Massimo, il mio lagarto non sarà un concetrato di grazia,e del resto lo sostiene anche mia moglie, temendo che prima o poi entri in casa per rifornirsi direttamente di mortadella. Ma sulla grazia e sulle nostre contraddizioni ci sarebbe molto da dire. Ricordo una donna che chiamò la polizia, terrorizzata da un lagarto di grandi dimensioni. I due poliziotti aiutarano il lagarto ad attraversare la strada, servendosi prudentemente di due bastoni, uno per ogni lato. Con la donna impietosita che gemeva: nao machuque (non fargli del male) coitadinho (poverino).
Grazie Nicoletta e Giorgia, che belle riflessioni! mi è tornata voglia di scrivere dell’argomento!
a proposito di virus, un ‘nanetto’ come diceva il mio conterraneo:discussione tra docente e personale ata…
docente: ‘signora, quest’anno ci vorrebbe il sapone nei bagni degli allievi, con questa influenza in giro…’
ata: ‘Il sapone? e chi lo compra? e poi sa quello che combinano se mettiamo il sapone in bagno? uhhhhhhhh’
insomma, pensatemi… altro che vaccini qua bisogna spiegare a che serve il sapone mi sa!
ciao cinzia, piacere di conoscerti.
mi interessa quello che dicevi a proposito del fatto che un giorno ti sei messa a scrivere. siccome a me è successa la stessa cosa, anche a me qualche anno prima dei 40, e siccome mi pare che a varie altre “colleghe” sia capitata più o meno la stessa cosa, mi chiedo e ti chiedo: sarà un virus (che prende il cervello)? sarà un fatto ormonale? una rottura di palle cronica in stadio avanzato della serie ora basta, mi avete rotto, mi chiudo dentro e non voglio vedere più manco un moscerino per casa? dovremmo approfondire l’argomento, un’indagine epidemiologica su queste circa-quarantenni che si mettono a scrivere di botto…
potrebbero occuparsi di cose più serie… per esempio andare in palestra… una volta una tipa mi ha detto: ma se volevi uno spazio tuo, non era più facile iscriverti ad una palestra?
@Cinzia e Giorgia: per iniziare a scrivere non c’è un’età canonica, visto che io ho iniziato a 56 anni.
caro Renzo, si sa, le donne sono sempre più precoci… 🙂
@Renzo. Sarebbe stato meglio se avessi aspettato altri 56
Grazie a tutti per i nuovi commenti…
Un saluto speciale a Nicoletta Morrico, che ci scrive da Johannesburg (Sud Africa).
Ciao, Nicoletta.
@ Antonio Bianchessi
Bello, l’aneddoto sul lagarto!
E interessante l’ipotesi di virus letterario formulata da Giorgia (mi sa che siamo tutti infetti!).
–
P.s. Giorgia, se passi sul post dedicato al “romanzo storico”… c’è una richiesta per te.:-)
Ho il piacere di conoscere Barbara e ho presentato assieme a Simona LA STREGA DEL FIUME…
Lasciamoci stregare da Pandemia, allora…
Con maggiore calma cercherò di rispondere alle domande del nostro Massi!
Vai, Mari… ti aspettiamo:-)
Ne approfitto per augurare una serena notte a tutti.
si, però era un virus tra donne, voi maschi non c’entrate niente e vi mettete sempre in mezzo…
a parte gli scherzi, mi intriga molto questa faccenda. perchè uno fa una vita e poi un giorno si mette a scrivere? voglio dire, un conto è chi pianifica la sua vita in quella direzione, che vuole fare lo scrittore e “costruisce” la sua carriera, un conto è chi fa l’impiegato, il musicista, il medico e poi improvvisamente cambia rotta. è sempre quel discorso sulla “funzione” della scrittura…
vado a vedere, Massimo…
Be’ Giorgia, andrebbero fatte tante considerazioni, in primis la passione per la scrittura in quanto tale. Io non amo per es. chi scrive autobiograficamente e se c’è una cosa che mi ha bloccato per anni è stato proprio questo sentire che se avessi messo mano alla penna avrei parlato di me. Ridicolo. Per ciò che concerne l’età, invece, credo che i circa 40 anni rappresentino una bella svolta nella vita e di una donna in particolare. Hai già fatto i figli e si suppone tu abbia una carriera, il matrimonio, insomma la vita in generale ha delle basi fisse, prevedibili, governabili anzi.Giunge quindi il momento di dedicarsi alle proprie passioni, va bene anche la palestra se ti piace quello, certo. O i fiori, il volontariato, la danza, la pittura… L’importante è esprimersi, ritrovarsi e se hai cose da dire…scrivere. Mica la vita è eterna, deve venire il momento di fare ciò che si ritiene necessario per sè. Il mio pensiero è stato esattamente questo: ho studiato, suonato, trovato un lavoro, fatto e cresciuto una figlia, adesso voglio scrivere. Adesso o mai più. E l’ho fatto, d’altronde lo sognavo dall’età dei 13 anni. Ho aspettato abbastanza no? E comunque è bello scrivere per il piacere di farlo e non a caccia di fama e soldi e per avere questa tranquillità uno stipendio ci vuole e un equilibrio.
assolutamente d’accordo. adesso o mai più, infatti. credo che sia stata questa la molla che è scattata anche a me. Però non ti viene certe volte il rimpianto di avere aspettato troppo? forse, certe volte penso, se mi fossi decisa prima… però è vero, la libertà economica ti dà un sano “distacco” dalla necessità che ti permette di assaporare meglio il piacere della scrittura.
e sono anche d’accordo sul non parlare di sè, almeno in maniera esplicitamente autobiografica. In questo, penso che anche l’età conti. Forse, finchè si è più giovani, si è un po’ troppo concentrati su se stessi, si pensa di essere il centro del mondo. Invece,per scrivere delle storie, credo che si debba uscire fuori da sè e ascoltare il mondo che scorre… Forse anche il fatto di essere madri aiuta. Ti dà l’empatia necessaria per vivere “dentro” altre persone, che sono quelli che incontri per strada, o nel mio caso nei libri di storia. E poi riportarli fuori, attraverso la scrittura.
Si può scrivere e andare in palestra, o in piscina. No, scherzo, forse chi comincia a scrivere sui 40 è perché prima aveva altro da fare. Un po’ come ha spiegato Cinzia. Secondo me, in ogni caso, prima bisogna aver letto molto, per poi passare al piacere della scrittura. Lapalissiano. Ma forse anche logico passaggio. In quanto alla scrittura autobiografica, un certo tipo la detesto e evito sempre di scirvere di me. Ultimamente ho avuto dei ripensamenti, ma difficili da esprimere. Vedremo.
A me piace scrivere anche per la disciplina che impongo così alla mia vita, come ha notato Nicoletta. Non ci avevo fatto caso. Come mi piace lo sport, anche per lo stesso motivo. Non penso che la scrittura delle quarantenni sia dovuta a un virus… Per fortuna, altrimenti qualcuno troverebbe subito un vaccino e imporrebbe la vaccinazione di massa, e sarebbe un peccato, perché noi quarantenni ogni tanto qualcosa di buono lo scriviamo… Abbiamo tante cose da dire! Ma, come diceva Cinzia, i 40 costituiscono una svolta. Abbiamo costruito tanto, pensiamo un po’ anche a noi. Io ho cominciato un po’ prima, ma che mi sto mettendo un pelino più sul serio (oddio, che parolona) è dopo gli ‘anta, quindi sono ugualmente contagiata. Però verso i cinquanta penso che cambierò e diventerò astronauta. Per variare.
Invidio molto Antonio che ha un lucertolone sotto casa (io ho cinque rane verdi). Eviterei la mortadella, nonostante la golosità, per via del sale che contiene e dei conservanti. I reni dei rettili non sono fenomenali, alla lunga potrebbe costituire un bel problema, volendo far bene si rischia il peggio. Carne cruda o cotta, senza tempero (Antonio sa cos’è), che contiene sale e glutammato, insetti e frutta. Sto parlando seriamente, adesso. Ai nostri animali va evitato il sale, a tutti, cani gatti e rettili. Non fa bene neanche a noi, ma mi occupo di pet e non posso parlare di umani.
Ciao, Maria Lucia! Ti abbraccio!
Pienamente d’accordo con Barbara: prima di essere scrittori si deve essere avidi lettori. E vi dirò di più: anche se si è scrittori si deve continuare ad essere avidi lettori. Io leggo di tutto, non c’è genere che non mi piaccia, se il libro è bello lo leggo, se non mi piace lo lascio. La trovo una bellissima conquista quella di poter dire: caro libro non mi piaci e ti lascio a metà, non ho tempo da perdere con ciò che non mi piace. Ma appena finisco un libro ne prendo in mano un altro, può anche essere teatro, non importa. Leggere molto teatro fa bene, ti insegna a costruire dei dialoghi intelligenti e poi è una scrittura affascinante. Pensate un po’: tutto viene fatto capire allo spettatore attraverso i dialoghi, non ci sono descrizioni, tutto deve passare attraverso le parole che alcuni personaggi si scambiano sulla scena per un paio d’ore. Io ho trovato questa cosa sempre misteriosamente affascinante. E quando leggi o stai in teatro, lo sai che le persone stanno lì “per finta” eppure ci credi, diventi parte del gioco… Alle volte ho poco tempo per leggere, però riesco sempre nell’arco della giornata a leggere qualcosa.
Mi sei piaciuta Barbara quando hai detto che tra un po’ di anni magari diventi astronauta. Verissimo: è bello cambiare e cambairsi, la vita è tutta da vivere e chissà che ci porterà il domani. Anche a me piace fare un mare di cose, la vita è bella perché è varia! Un saluto a tutti.
Anche io sono d’accordo sul fatto che prima di scrittori si deve essere avidi lettori, e, come diceva Claudia, una volta divenuti scrittori si deve continuare a leggere. Bellissima la conquista di dire: caro libro non mi piaci, ti lascio… a me recentemente è successo con Aldo Busi (“Casanova di se stessi”) e ha rischiato anche Niffoi (“La vedova scalza”), ma alla fine quello l’ho finito. A questo punto, mi scuso per la banalità, la domanda che vorrei porre a Barbara e Cinzia è scontata: quali sono i vostri scrittori preferiti? e c’è uno scrittore in particolare a cui vi ispirate, o cui magari vi siete ispirate per i vostri lavori qui presentati?
Infine: non ho letto i libri, ma comunque mi sento di fare i complimenti alle due scrittrici perché per affrontare determinati temi ci vuole una certa dose di coraggio nonché di “impegno”. Ciao a tutti!!
Claudia è sempre super tosta in quello che dice (anche in quello che fa, lo so perché la spio da anni).
Caro Luigi, gli scrittori preferiti… è sempre una domanda strana, perché ne dici uno e te ne vengono in mente altri mille. Amo Borges, Buzzati, Jorge Amado, i russi (preferisco restare sul vago per via di come si scrivono i nomi, comunque tutti sanno chi sono, un po’ di k, di y, di w), ho un particolare amore per Victor Hugo, per Maupassant, per i poeti maledetti, per Neruda, in generale i classici italiani, mi piace Steven King, poi ho una specie di adorazione per come usa le parole De Andrè, che vorrei riuscire a emulare, ma naturalmente è impossibile. Poi mi piace la Yourcenair, la Lessing, la Duras, mentre ho lasciato a metà l’ultimo di Corona che mi è sembrato una presa in giro. Poi amo anche i tedeschi, Grass, Boell, oltre ai classici, Goethe, Novalis, usw. Non ho però uno scrittore in particolare a cui mi ispiro, nel senso che cerco di rubare a tutti, ovviamente.
Ora però uno scoop: mi vergogno un po’, ma lo dico. Stamattina mi è arrivata la lettera che Pandemia si è classificato secondo al Premio Internazionale Il Convivio. Insomma, sono molto contenta. Concedetemelo. Insomma, avevo visto il bando su internet, ci ho provato e mi è andata bene. Non capita tutti i giorni di piazzarsi in un premio in cui non ti fanno l’antidoping. Si può respirare, coi premi letterari.
Cara Cinzia, tra soggera camurria e minchia mi hai fatto rivivere, con la simpatia di allora, la bellissima Messina, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60. Ti lascio immaginare: un adolescente milanese al liceo scientifico Seguenza. E quei tre o quattro omosessuali noti che sfidavano già da allora, quando non c’era tanta ideologia, la pubblica decenza. Sotto sotto, e lo dico a onor del vero, noi giovani sentivamo per loro una strana ammirazione. La stessa che poi esplose a Milano, allo spettacolo di Mieli e compagni, dal titolo a suo modo geniale “La Traviata Norma”.
Ma non dire per piacere dei cani, sia pure con affetto, che sono stupidelli.
Il mio riposa in giardino, vicino al lagarto, dopo aver seguito per anni i miei vagabondaggi. Senza avermi mai dato una sola leccatina. Ma capace sempre di leggermi nel cuore.
@Barbara, complimenti per il premio. Quanto alla mortadella: mannaggia era così comoda. E poi mica si fa il churrasco tutti i giorni. Mai confidarsi troppo con i dottori.
@Luigi Grisolia, la Vedova Scalza ha avuto per me lo stesso esito delle letture scolastiche: sai, quei libri che si lanciano in aria, esultando per lo sgobbo già finito. Purtroppo me l’avevano regalato e mi sentivo in obbligo di leggerlo. Per giunta poi non puoi neppure dire non mi è piaciuto.
@ Antonio, beh, ho avuto la stessa impressione anche io: una faticaccia leggerlo, proprio dal punto di vista della scrittura, nonostante in fin dei conti l’idea di fondo e la trama non erano male (anche se, forse, un po’ banali). E infatti, arrivato all’ultima pagina, ho esultato…
@ Barbara, complimenti per il premio!
Oh lettori, eccome e non ricordatemelo adesso… ho appena svuotato la vecchia orrenda libreria (comprata da sposina disoccupata con marito disoccupato) (ma che amore…) e ammucchiato centinaia di libri per terra in attesa del nuovo ‘mostro’ lungo 5 mt. Ma se mi chiedete ‘chi ti piace, chi ti ha ispirato’, boh… e chi lo sa! Tutti e nessuno, belli e brutti e chissà magari più i brutti, quelli che leggi e dici: bleah, non scriverei mai così! I siciliani sono i preferiti però, da Verga in qua, anche se soffro di smemoratezza cronica questo lo ricordo. A proposito di libri abbandonati: lo faccio di rado e poi viene il momento sempre che li riprendo, come ‘Vedi alla voce amore’ che ho lasciato nella casa al mare, sicura che il prossimo anno lo finirò. A volte è solo questione di ‘momento’ sbagliato. Caos calmo, anche, mi ha fatto penare tanto e persino L’eleganza del riccio. L’assurdo è che quelli che non mi piacciono li ricordo benissimo e invece rimuovo gli altri! Bah, stranezze del cervello.
Barbara: brava! spero ti porti tanta fortuna!
Antonio: Messina non è cambiata molto poi… sigh! Per quanto riguarda lo ‘stupidelli’ riferito ai cani sta’ tranquillo…li amo così visceralmente che a volte penso di essere uno di loro o di esserlo stato in altra vita. Se un giorno leggerai ‘A jatta lo capirai meglio.
oh dimenticavo: anche io ho una buona notizia http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=72&det=5610
@Salvo: ti mando i picciotti…
@Renzo. Era un augurio di lunga vita…ed anche a riservare alle future generazioni le tue squisitezze letterarie. Negli ultimi tempi ho dovuto sorbirmi i romanzi della Lo Iacono, La Pierangelini, la Becheroni..orca l’oca, cosa ho fatto di male per meritare un simile castigo? Vengo a scoprire di essere una schiappa di fronte a queste donne talentuose. Ed io che credevo di scrivere cose decenti. C’è sempre da imparare nella vita.
ma va’ Salvo, ho appena finito il tuo libro con molto divertimento e ora lo sta leggendo la vecchia mamma e mi pare altrettanto contenta!
L’altra sera sono stato alla presentazione di un nuovo libro di Laura &Lory, qui a Roma, edito da Historica di Francesco Giubilei.
Francesco era presente e ha presentato tutte le collane della sua casa editrice. Per una di esse c’era un titolo di Cinzia Pierangelini: “Un’altra Julia”, un romanzo breve, peraltro a onestissimo prezzo (grazie Francesco!).
Ho comprato anche questo (oltre a quello ufficialmente presentato per l’occasione) ed ho attaccato a leggerlo, incuriosito anche da questo post.
E’ un romanzo molto bello, ambientato in una Sicilia rurale del passato, con un nonno-padrone e una nipote che (oggetto di uno scambio economico) diventa un mostro, rischiando di mandare a monte le mire del primo. Consiglio di leggerlo a tutti (oltre a “‘A jatta” naturalmente, anche se questo confesso di non averlo letto).
Grazie Carlo, non sapevo fosse già in vendita! In quale libreria?
p.s. sì lo so sono buffa…
Eccomi qui. Perdonate la mia presenza a singhiozzo.
Vi ringrazio tutti per i nuovi commenti…
Mi ero dimenticato di sottolineare una cosa importante: Barbara Becheroni e Cinzia Pierangelini non si conoscevano. Si sono incontrate qui, alle recensioni incrociate di Letteratitudine.
Mi sembrava una “cosa bella” da evidenziare.
@ Carlo
Caro Carlo,
in verità mi hai preceduto. Avevo già in mente, in coda al post, di discutere degli altri libri recenti pubblicati dalle nostre due autrici (chiedendo loro di parlarcene).
@ Cinzia Pierangelini
Cominciamo da te:
Ti spiacerebbe parlarci de “Il professor Scelestus” (La Penna Blu edizioni, 2009)?
http://www.ibs.it/code/9788895974019/pierangelini-cinzia/professor-scelestus.html
È tuo, vero?
E poi c’è questo “Un’altra Julia”, appena pubblicato da Historica di Francesco Giubilei.
Vorresti parlarcene?
Anzi – se Francesco – è in “ascolto” mi piacerebbe che ce ne parlasse anche lui.
Poi, ovviamente, passeremo ai libri di Barbara…
Sì Massimo, è stata una bella occasione anche per questo, per aver conosciuto Barbara che mi pare una persona speciale e anche altri scrittori e lettori estremamente generosi. Per rispondere alla tua richiesta: come avrete capito è uscita (ma l’annuncio credo verrà dato sabato o lunedì) Un’altra Julia, una storia molto siciliana dedicata a Julia Pastrana, una donna oltremodo sfortunata. Il libro è molto breve (poco più di cento pagine) e quindi non racconterò nulla, d’altronde chi conosce la Pastrana potrà farsi un’idea (sebbene vaga) del personaggio. Sono molto legata ad alcune pagine di questo libro, allo stile, alla voce che ha e ho deciso di pubblicarlo con quel ragazzo ‘unico’ che è Francesco Giubilei, l’editore più giovane d’Italia! Nel 2010 invece uscirà il terzo romanzo per la GBM: ‘In principio fu il mare’, ancora una storia forte, poco allegra e molto sentita.Dopo? Dopo il nulla, ho pubblicato tutto ciò che ho scritto e paziente attendo che qualche personaggio bussi alla mia porta chiedendo attenzione.
Il professor Scelestus invece è una storia per ragazzi, un giallo ambientato in un collegio e risolto da tre ragazzini, una ragazzina e un cenerino. Ricordo di aver ricevuto in regalo da piccola i libri di Nancy Drew e di averli adorati, Scelestus è una sorta di omaggio a quel tipo di racconto. La casa editrice è La penna blu, una piccola casa appena nata ma molto seria che, come tutte le piccole case non a pagamento, meriterebbe di essere sostenuta. L’ho scritto per Marta, mia figlia, e mi sono divertita moltissimo, così come mi son divertita a scrivere Draghia, una tenera storia di draghi pubblicata dalla Delos (anche questa non a pagamento, mi piace ricordarlo per fugare eventuali dubbi e per rendere giustizia agli editori seri che rischiano sugli esordienti senza conoscenze, come me) nella collana Storie di draghi, maghi e guerrieri. Scrivere per ragazzi è molto rilassante per me che soffro particolarmente degli orrori quotidiani, mi permette di sognare, di tornare pura, di sperare e invitare alla speranza. E poi io amo i ragazzi, la mia vita scorre in mezzo a loro e li invito spesso a leggere, ma senza schede e domande e sunti e… come ormai, che orrore, si usa alla scuola media. A volte mi chiedo se sia questo ad allontanare i giovani dai libri!
@Cinzia
La libreria era la Odradek (Via dei Banchi vecchi) di Roma, ma il libro non credo fosse in “dotazione” della libreria (anche se l’ho regolarmente pagato a quest’ultima): Francesco (l’editore) ne aveva portato alcune copie con sè per presentare la collana, con l’occasione della presentazione dell’altro libro (quello della coppia Costantini-Falcone, e questo mercoledì, cioè l’altroieri). Potrebbe averne lasciato alcune altre copie lì (ne aveva portate più d’una), ma questo non lo posso assicurare.
Io ho colto l’occasione al volo. A questo punto forse sono stato il primo acquirente del tuo libro (e non lo sapevo neanche)!
ah, dimenticavo di dire che Draghia esce con lo pseudonimo di Kay Pendragon, scelta editoriale per ‘ingannare’ il lettore, ché se non hai un nome straniero non sei degno d’essere letto!
Carlo meriti un bacio. Smack!
Grazie, Cinzia:-)
@ Barbara Becheroni
Cara Barbara, ti invito a parlarci degli altri tuoi libri…
– “Ammazzarono alla strega del fiume” (Musso): http://www.ibs.it/code/9788895972046/becheroni-barbara/ammazzarono-alla-strega.html
– “Strani amori” (Siciliano): http://www.ibs.it/code/9788874421053/becheroni-barbara/strani-amori.html
E di eventuali altri…
Eccomi, ho avuto un po’ di lavoro extra in questi giorni, vogliate perdonarmi!
Il mio primo romanzo, edito da Morrone, si intitola Nel dolore. Si tratta di un giallo in cui do vita a una commissario donna, nativa di Milano ma che lavora in Sicilia, quindi ha un punto di vista tutto suo nei confronti della Sicilia, da nordica, vede cose che i siciliani non riescono a vedere. Morrone ha una distribuzione molto limitata, quindi è introvabile, peccato, perché tratta di malasanità, sperimentata sulla mia pelle, parla di parti e di donne, è molto attuale. Ammazzarono alla strega del fiume è il suo seguito, un altro giallo con la stessa commissaria, ambientato nella valle dell’Anapo, una delle zone che più amo della Sicilia. Una storia forte, basata sulla mancanza di amore in una famiglia bene, con la natura selvaggia della valle come palcoscenico. Strani amori è una serie di racconti di amori sbagliati, in cui ho messo alcuni che avevano vinto dei premi letterari, come Il MOlinello e Donne, eros e… altre donne. Piacevoli, soprattutto alcune storie a cui sono molto affezionata. Poi ho pubblicato per Lussografica Che più giallo non si può, ricette e piccole storie a base di zafferano, un libro particolare, uno studio sullo zafferano che avevo cominciato a coltivare, pianta piena di virtù, spezia impagabile, antiossidante naturale potentissimo, e insieme alla storia dello zafferano, alla raccolta di ricette sia tradizionali che etniche c’erano anche alcuni racconti e foto dei piatti preparati da me, un gran lavoro. Peccato che sia mal distribuito. Dovrebbe uscire prima di Natale un romanzo breve per ragazzi edito da Paco editore, una storia ambientata nel mondo dei cavalli, nel mio mondo, per insegnare ai più giovani ad amare veramente questi animali, frutto dell’esperienza di una vita. Poi ho pubblicato con Fernandel un racconto in un’antologia, Fiocco rosa, un lavoro sulla maternità e il lavoro. In genere questi editori non hanno chiesto contributi, a parte Morrone, i libri si trovano su ibs.it oppure si ordinano nelle librerie e arrivano. Quello che ho notato è che, se escludiamo Paco Editore, specializzato in libri su animali, che è serissimo e ha una bella nicchia di mercato nel suo campo, gli altri non fanno una grande promozione. Delegano il grosso del lavoro a me, che ho già la mia professione. Come se un allenatore prendesse un puledro, lo domasse, ci mettesse la sella e poi lo abbandonasse in un box, invece di farlo correre. Già l’ippica è in crisi, ma è più professionale dell’editoria. I puledri si fanno correre, scegliendo il terreno e la distanza migliore, il fantino più indicato per quel soggetto, mentre questi piccoli editori pubblicano, tra l’altro con me dei bei libri, ben fatti, con copertina lucida con risvolto, insomma, un prodotto che non sfigura, poi lo abbandonano su ibs.it. Fanno un investimento, poi non ci si dedicano, non lo portano avanti. Per me resta un mistero.
salve a tutti, sono francesco giubilei di Historica, editore del nuovo libro di Cinzia, un’altra julia.
copio il comunicato stampa del nuovo libro, se ci sono domande sono disponibilissimo a rispondere.
come sempre grazie a Massimo per lo spazio.
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E’ USCITO “UN’ALTRA GIULIA” DI CINZIA PIERANGELINI
UN’ALTRA GIULIA DI CINZIA PIERANGELINI
PAG. 116 – EURO 7,90 – ISBN 978 – 88 -903572-6-8
IL LIBRO:
Nitto è un uomo duro, legnoso, il suo sogno è possedere un grande fondo. La nascita di una nipote, Leda, lo riempie di speranza: attraverso un matrimonio combinato potrà finalmente ingrandire il suo regno. Tutto pare procedere secondo i suoi progetti e Leda a tredici anni si ritrova fidanzata con Tindaro, figlio adorato di Tino ed erede della sua terra. Ma come in un vero incubo la situazione precipita, una disgrazia inimmaginabile si abbatte sulle famiglie e la bella Leda diventa ‘un mostro’ di cui la gente sussurra con timore. Sarà un poeta, candido come un eremita, ad aiutare la ‘donna volpe’ a sopravvivere a un destino terribile.
Ignorava che dall’altra parte del mondo esseri a lei simili -uomini elefante o scheletro, donne cannone, nani e giganti – diventavano famosi e si guadagnavano, a unghiate, brani di storia. Come faceva, sorridente, l’uomo a tre gambe, fotografato in smoking tale e quale a un divo.
L’AUTORE:
Cinzia Pierangelini, violinista e docente, è nata a Messina dove vive. Scrive dal 2004 ed esordisce l’anno successivo con la raccolta di racconti Dall’ultimo leggio, cui seguono i romanzi Eraclito e il muro (2006) Draghia – romanzo fantasy per ragazzi – (2008) ‘A jatta (2008) Il professor Scelestus – romanzo per ragazzi – (2009).
Suoi lavori vincitori di premi e selezioni sono stati pubblicati su antologie e riviste letterarie.
Ordini: info@historicaweb.com
Richieste di copie saggio: ufficiostampa@historicaweb.com
Sito casa editrice: http://www.historicaweb.com
DISTRIBUZIONE:
Librerie:
Ediq (www.ediq.eu)
Codrex (www.distribuzionelibraria.it)
Biblioteche:
LS (www.lsc.it)
è stato pubblicato il mio commento precedente?
Il libro di Barbara Becheroni è un piccolo gioiello. Questo viene da pensare appena si finisce di leggere l’ultima pagina. E non lo dico dal punto di vista solo della trama, ma a partire da un presupposto ancora più significativo: la capacità di costruire brevi spezzoni di vita, di dare riconoscibilità e spessore ai personaggi in modo molto vivivo. E’ un dono scrivere in questo modo. Ed è un vero peccato che il libro sia così poco diffuso e conosciuto, o almeno così mi pare. Credo che la Becheroni sia una scrittrice di razza, appassionata, sanguignamente attaccata al “mestiere” dello scrivere, nel senso buono del termine. Capace cioè con la sua diligenza e capacità descrittiva di elaborare storie e tematiche anche ostiche ed offrirle al lettore con tutta la naturalezza con la quale si prende un caffè. Ad ogni modo credo proprio che il libro sia degno di lode, per la sua capacità di trasmettere non solo una bella trama ma anche e soprattutto per farci conoscere un’autrice di razza.
@ Francesco Giubilei
Franceschino, ti pongo una domanda “generale”… nel senso, non strettamente legata a questolibro di Cinzia a cui auguro tanta fortuna.
Come sta andando l’avventura di Historica?
Riccardo, grazie per il tuo intervento. Barbara ne sarà felice.
Barbara ha il dono di non demordere, come gli animali di cui si occupa. Fin quando avrà un prato bianco su cui correre, scriverà!
Complimenti per il premio…
Le malattie (come il morbo di Chagas di cui si narra nel libro) non sono state dimenticate, anzi… le case farmaceutiche pensano ai profitti e investono solo su ciò che può rendere… vendono agli africani i medicinali contraffatti, cosa volere di più?
Cosa pensate dell’H1N1? Lo temete? Ritenete che condizionerà le vostre vite? Vi sottoporrete al vaccino? Vaccinerete i vostri figli?
Io insegno e credo che per i contatti quotidiani con gli alunni per me sarebbe preferibile, ma non faccio mai il vaccino… chiederò al mio medico. Comunque, pur non volendo sposare le teorie del complotto o quelle degli untori di manzoniana memoria, da qualche anno a questa parte penso che molti virus nascano in laboratorio per permettere alle case farmaceutiche di arricchirsi con delle belle pandemie senza eccessivi danni… l’allarmismo fa parte del gioco.
Il libro della Pierangelini affronta i temi della solitudine, della vecchiaia, dell’identità sessuale.
La solitudine è solo fonte di problemi o, in alcuni casi, offre anche opportunità? Ritenete sia vero che la categoria più esposta alla solitudine sia quella degli anziani? Oppure? In che modo è possibile andare incontro alla vecchiaia senza sprofondare nella solitudine? I pregiudizi sulla sessualità si sono effettivamente attenuati, in questi anni
I pregiudizi sono duri a morire e gratta gratta, sotto la vernice dell’evoluzione dei costumi ecco riaffiorare le paure, l’intolleranza, la ricerca dei capri espiatori… la violenza, come nel caso dei gay e quella eterna sulle donne.
La solitudine è uno dei mali di quest’epoca paradossalmente avanzatissima nel campo della comunicazione. Gli anziani in questo sono più vulnerabili perché restano indietro in un mondo che corre veloce.
Grazie a Maria Lucia, a Riccardo. E’ bello sentire dei commenti tanto affettuosi. Speriamo di non deludervi, in futuro! Comunque non sono molto di razza, vista la mia genealogia, sono alquanto meticcia, a volte penso addirittura bastarda…
E’ un incrocio tra una squaw della tribù dei piedi neri è uno spermatozoo sfuggito al pronipote di Cristoforo Colombo. A lei la peste suina le fa un baffo.
e senza accento (che vergogna).
Barbara, hai visto che ha scritto Salvo qui sopra? Begli amici, ti scegli. E pure ignoranti!
🙂
Maugeri non t’allargare.
Eccomi Massimo! Molto, molto bene, ti (vi) invito a leggere questo post e a vedere il video relativo dove spiego tutto (o quasi) dell’avventura di Historica.
http://corpifreddi.blogspot.com/2009/09/nascita-di-una-nuova-casa-editrice.html