Questa nuova puntata della rubrica “Autori/Autrici da non dimenticare“ è dedicata alla scrittrice e docente Elvira Mancuso (Caltanissetta, 1867 – Caltanissetta, 1958)
* * *
Elvira Mancuso: Annuzza l’amazzone e guerriera
di Nunziatina Spatafora
Al solito, premetto che questa pagina non è di critica letteraria ma sono le considerazioni di una semplice lettrice. Il mio punto di vista è sempre quello femminile, o meglio femminista che mi induce ad una sorta di genealogia letteraria così come è stata delineata per gli uomini. Elvira Mancuso è una scrittrice nata a Caltanissetta nel 1867, dove morì nel 1958, contemporanea di Maria Messina anche se di qualche anno più grande. Entrambe vissero un complicato idillio letterario con degli illustri scrittori siciliani, rispettivamente con Luigi Capuana (la Mancuso) e con Giovanni Verga (la Messina). Queste donne lontane dalle opportunità dei salotti e degli importanti circoli letterari si aggrappano ai due più famosi scrittori per avere riconosciuti i meriti letterari, ma quanta pazienza e perseveranza erano necessarie per tessere i rapporti con i due grandi uomini che rappresentavano una finestra sul mondo letterario. Le lettere di Maria Messina, inviate al Verga, sono segnate da una tenacia ma anche da un tono quasi dimesso con cui, elogiando la sua figura, continuamente si scusa per il disturbo che possono arrecargli le lettere e lo invita a non dimenticarsi di lei. Per certi versi, Elvira avrà meno fortuna, perché il suo piccolo capolavoro lo farà stampare a sue spese nel 1906, aspettando invano un incontro promesso dal Capuana. Insomma i rapporti di poteri erano chiari ed evidenti, solo dopo decenni entrambe avranno l‘inconsapevole rivincita dei essere state pubblicate dalla casa editrice Sellerio. Il romanzo di Elvira Mancuso Vecchia Storia… inverosimile , che fa il passo con il suo scritto Sulla condizione della donna borghese in Sicilia del 1907, ha per protagonista Annuzza, che è un amazzone, una guerriera come l’ha definita Silvano Nigro nella sua nota alla fine del libro. Annuzza, pur di raggiungere il suo scopo di studiare e di fare la maestra, si fidanza con il giovane Pasquale che non ama , ma più benestante di lei tale che può permettergli di andare in collegio. Pattuiscono che le nozze dovranno avvenire a conclusione degli studi. Il giovane, per questa situazione, viene deriso da un cugino che Pasquale accoltella andando in carcere, dove Annuzza mai andrà a trovarlo, anzi costringe la madre a trasferirsi altrove. Anna consegue la patente di maestra, e con i primi salari si vuole liberare da Pasquale saldando anche le somme sostenute per la sua istruzione. Proprio questo gesto di libertà di Anna non è sopportato dal giovane, che del resto se ne era fatto una ragione tale da sposare una opaca donna. La restituzione del denaro, inviato tramite la madre, fa scattare nel giovane un ‘ira che lo porterà a lavare con il sangue l’offesa del rifiuto, ammazzando, appunto, la giovane maestra. Annuzza non muore per un una mancata verginità, ma perché desiderosa di un riscatto sociale e sentimentale, tant’è che nonostante debitrice nei confronti di Pasquale non lo sposa. La giovane, però, agisce in maniera inverosimile, vuole liberarsi da ogni debito, rimettendo la somma spesa per i suoi studi, ma il giovane non può tollerare tale affronto, non regge tanta libera mentalità femminile. Leggendo, le sue pagine sulla condizione delle donne, dell’anno successivo, si rileva che l’emancipazione delle donne a quella data riguardava soprattutto la classe borghese e in particolare quella medio-alta, come peraltro anticipato nel suo stesso titolo. Le giovani della plebe per vivere erano costrette a cercarsi un lavoro, e spesso ambivano a quello di maestra. Nonostante, dunque, potessero essere più istruite delle giovani borghesi, a cui venivano impartite solo le buone maniere in attesa del giusto marito , queste maestre del popolo erano considerate dequalificanti della scuola pubblica. Scuola , spesso sostituita dalla famiglie con quella del clero ritenuta più elitaria per la formazione dei loro figli Non a torto, scrive la Mancuso, perché la Scuola Normale dove si formavano le ragazze di basso ceto, non può surrogare, per l’educazione delle future maestre, l’ avviamento civile e morale d’una famiglia per bene, dove le suggestioni dell’ambiente , dell’esempio delle tradizioni domestiche formano, sin dall’infanzia , quel substrato semi-incosciente di virtuose abitudini mentali , che alla luna diventano una seconda natura. Alla luce di questa considerazione si giustifica l’atto estremo di Annuzza. Un atto che solo una del popolo, di una condizione pre-civile, poteva compiere sfidando un uomo con la restituzione delle somme spese per la sua istruzione. E solo una del popolo poteva incorrere in un destino di sangue, lontano da quello ovattato, seppure sempre segnato da una posizione di minorità sociale e culturale, delle donne borghesi. Il mondo borghese, il mondo di Elvira, che per essere perfetto doveva accogliere le intelligenze e le aspirazioni delle donne. Alla luce delle poche pagine del saggio della Mancuso, la figura di Anna, seppure una guerriera, sembra relegata nel mondo non ancora emancipato della sua classe sociale, dove la raggiunta libertà femminile si piega e si cancella, oggi diremo, con un femminicidio.
* * *
© Letteratitudine – www.letteratitudine.it
LetteratitudineBlog / LetteratitudineNews / LetteratitudineRadio / LetteratitudineVideo