Molti di voi avranno letto il pezzo di Alfonso Berardinelli pubblicato in prima pagina su Domenica de Il Sole24Ore del 27 novembre 2011 intitolato “Tutti i pericoli della lettura”. Si tratta di uno stralcio della relazione che Berardinelli ha predisposto per il convegno “Dal progetto di lettura di Carlo Bo alla lettura nell’era digitale”, svoltosi a Urbino nei giorni scorsi.
Altre volte, su questo blog, ci siamo concentrati (e interrogati) sulla lettura. Ricordo, per esempio, il post “Come sono belli i libri che non si leggono. Perché leggere?” (con interventi di Ferdinando Camon); oppure i post “Perché le donne leggono più degli uomini?” e “Le donne che leggono sono pericolose”.
Vorrei dedicare questo ulteriore spazio alla riflessione sulla “lettura” prendendo spunto proprio dal citato testo di Berardinelli. Ne riporto alcuni passaggi… (chi volesse, può leggerlo integralmente da qui).
“L’atto della lettura è a rischio. Leggere, voler leggere e saper leggere, sono sempre meno comportamenti garantiti. Leggere libri non è naturale e necessario come camminare, respirare, mangiare, parlare o esercitare i cinque sensi. Non è un’attività primaria, né fisiologicamente né socialmente. Viene dopo. È una forma di arricchimento, implica una razionale e volontaria cura di sé. (…)
La società occidentale moderna ha trasformato e reinventato, in una certa misura, le ragioni e le modalità del leggere. Ma recentemente, negli ultimi decenni, l’atto di leggere, il suo valore riconosciuto, la sua qualità, le sue stesse condizioni ambientali e tecniche sembrano minacciate. (…)
Il primo rischio per il lettore, il più originario e fra i più gravi, è il rischio di diventare, di voler diventare, scrittore; oppure, anche peggio, critico. (…)
Un rischio della lettura, il rischio in realtà più frequente, è leggere quel tipo di libri che sarebbe stato meglio non leggere, o che sarebbe stato meglio che non fossero stati pubblicati e scritti. Il libro in sé non è un valore. Lo è solo se vale. E nel caso presente di sovrapproduzione libraria i peggiori nemici dei libri che vale leggere sono i troppi libri che li sommergono e da cui cerchiamo a fatica di difenderci”.
Partendo dal concetto di “lettura nell’era digitale” mi viene in mente la seguente riflessione, che condivido con voi. In un’epoca (quella digitale) in cui la mole di informazioni di cui possiamo disporre è enorme e la facilità di accesso alle informazioni medesime è notevolmente accresciuta, anche (e soprattutto) grazie a Internet… in un’epoca in cui la funzione stessa della nostra “memoria” (intesa nel senso di “capacità di immagazzinare dati”) potrebbe risultare in parte sostituita proprio dalla facilità di accesso alle informazioni… una delle opportunità che la lettura e la buona letteratura potrebbero offrire è lo sviluppo “del senso critico”, oggi più che mai necessario per districarsi nel marasma di notizie e testi che si accavallano, per distinguere ciò che vero da ciò che è spacciato per tale, per poter meglio “interpretare” noi stessi e il mondo che ci circonda.
Del resto, come scrive il Premio Nobel per la Letteratura Gao Xingjian su “La Lettura” (inserto domenicale de “Il Corriere della Sera”) del 27 novembre, “la letteratura, è una sorta di sprone, che risveglia la coscienza degli uomini, li spinge a riflettere in profondità e li incita a esaminare l’oscurità che hanno in fondo a se stessi. Sebbene la letteratura sia basata sull’esperienza acquisita dagli uomini, la forza di discernimento che essa raggiunge supera ogni aspettativa”.
Partendo dai suddetti presupposti, provo a porre qualche domanda…
1. L’atto della lettura è, oggi, davvero a rischio? Leggere, voler leggere e saper leggere, sono sempre meno comportamenti garantiti? Negli ultimi decenni, l’atto di leggere, il suo valore riconosciuto, la sua qualità, le sue stesse condizioni ambientali e tecniche sono davvero minacciate?
2. Se così fosse, cosa bisognerebbe fare per rendere l’atto del “leggere, voler leggere e saper leggere” come un comportamento garantito? E cosa bisognerebbe fare per ridurre il peso di tali “minacce”?
3. “Il libro in sé non è un valore. Lo è solo se vale”. Siete d’accordo?
4. Siete d’accordo con la considerazione che “i peggiori nemici dei libri che vale leggere sono i troppi libri che li sommergono e da cui cerchiamo a fatica di difenderci”? Se sì, quali “rimedi” proporreste?
5. Siete d’accordo con l’idea che una delle opportunità che la lettura e la buona letteratura potrebbero offrire è lo sviluppo “del senso critico”?
6. Quali sono, a vostro avviso, i libri (saggi e romanzi) che – più di altri – consentono lo sviluppo di “un senso critico”? Quali consigliereste (pensando soprattutto ai classici della letteratura)?
Come sempre, confido nella vostra (necessaria) partecipazione e ne approfitto per ringraziarvi in anticipo.
Massimo Maugeri
Cari amici, ecco un nuovo post che spero possa suscitare il vostro interesse.
Il tema è… la lettura. E questo post è da considerarsi come approfondimento e integrazione di discussioni sul tema già avviate in precedenza.
Lo spunto per questa discussione mi è stato fornito dal citato articolo di Alfonso Berardinelli (pubblicato in prima pagina su Domenica de Il Sole24Ore del 27 novembre 2011) intitolato “Tutti i pericoli della lettura”. Si tratta di uno stralcio della relazione che Berardinelli ha predisposto per il convegno “Dal progetto di lettura di Carlo Bo alla lettura nell’era digitale”, svoltosi a Urbino nei giorni scorsi.
Il tema, dicevo, è quello della lettura. Lo abbiamo già trattato altre volte. Vi segnalo alcuni post:
– “Come sono belli i libri che non si leggono. Perché leggere?” (con interventi di Ferdinando Camon);
– “Perché le donne leggono più degli uomini?”
– “Le donne che leggono sono pericolose”.
(Trovate i link qui sopra, sul post oggetto di questa nuova discussione).
Vi invito a leggere i “passaggi” estrapolati dall’articolo di Berardinelli (potete leggerlo per intero cliccando sul link segnalato sul post).
Ribadisco questa riflessione sul concetto di “lettura nell’era digitale”…
In un’epoca (quella digitale) in cui la mole di informazioni di cui possiamo disporre è enorme e la facilità di accesso alle informazioni medesime è notevolmente accresciuta, anche (e soprattutto) grazie a Internet… in un’epoca in cui la funzione stessa della nostra “memoria” (intesa nel senso di “capacità di immagazzinare dati”) potrebbe risultare in parte sostituita proprio dalla facilità di accesso alle informazioni… una delle opportunità che la lettura e la buona letteratura potrebbero offrire è lo sviluppo “del senso critico”, oggi più che mai necessario per districarsi nel marasma di notizie e testi che si accavallano, per distinguere ciò che vero da ciò che è spacciato per tale, per poter meglio “interpretare” noi stessi e il mondo che ci circonda.
Come scrive il Premio Nobel per la Letteratura Gao Xingjian su “La Lettura” (inserto domenicale de “Il Corriere della Sera”) del 27 novembre (anche in questo caso potete leggere il pezzo per intero cliccando sul link segnalato), “la letteratura, è una sorta di sprone, che risveglia la coscienza degli uomini, li spinge a riflettere in profondità e li incita a esaminare l’oscurità che hanno in fondo a se stessi. Sebbene la letteratura sia basata sull’esperienza acquisita dagli uomini, la forza di discernimento che essa raggiunge supera ogni aspettativa”.
Partendo dai suddetti presupposti, provo a porre qualche domanda…
1. L’atto della lettura è, oggi, davvero a rischio? Leggere, voler leggere e saper leggere, sono sempre meno comportamenti garantiti? Negli ultimi decenni, l’atto di leggere, il suo valore riconosciuto, la sua qualità, le sue stesse condizioni ambientali e tecniche sono davvero minacciate?
2. Se così fosse, cosa bisognerebbe fare per rendere l’atto del “leggere, voler leggere e saper leggere” come un comportamento garantito? E cosa bisognerebbe fare per ridurre il peso di tali “minacce”?
3. “Il libro in sé non è un valore. Lo è solo se vale”. Siete d’accordo?
4. Siete d’accordo con la considerazione che “i peggiori nemici dei libri che vale leggere sono i troppi libri che li sommergono e da cui cerchiamo a fatica di difenderci”? Se sì, quali “rimedi” proporreste?
5. Siete d’accordo con l’idea che una delle opportunità che la lettura e la buona letteratura potrebbero offrire è lo sviluppo “del senso critico”?
6. Quali sono, a vostro avviso, i libri (saggi e romanzi) che – più di altri – consentono lo sviluppo di “un senso critico”? Quali consigliereste (pensando soprattutto ai classici della letteratura)?
Come sempre, confido nella vostra (necessaria) partecipazione e ne approfitto per ringraziarvi in anticipo.
Ne approfitto per augurare una serena notte a tutti.
post molto impegnativo. più di quel che sembra in apparenza. intervengo domani. ciao.
Ciao Massimo, non risponderò alle domande. Troppo complicate per me. In compenso, come ho fatto altre volte, ti lascerò qualche citazione sul tema del post. Dato che si parla di “lettura” e di “leggere”…………
beh, stammi a seguire.
Leggere, come io l’intendo, vuol dire profondamente pensare.
(Vittorio Alfieri, Del principe e delle lettere, 1778/86)
Leggere fa bene, ma può fare anche male, diciamo la verità. I libri sono come le medicine o come qualunque altro medium: vanno presi con cautela.
(Corrado Augias, Leggere, 2007)
Non leggete per contraddire e confutare, né per credere e accettar per concesso, non per trovar argomenti di ciarle e di conversazione, ma per pesare e valutare.
(Francis Bacon, Saggi, 1597/1625)
Una notte d’amore è un libro letto in meno.
Honoré de Balzac (Fonte sconosciuta)
Un uomo che legge ne vale due.
(Valentino Bompiani – Fonte sconosciuta)
Le letture non si consigliano, se non ai principianti del leggere. Ognuno deve trovare le proprie letture con l’istinto, che − nel lettore abituato − diventa quasi sempre infallibile.
(Massimo Bontempelli, Il Bianco e il Nero, 1987)
Non serve rimpiangere quel che non si è letto, o inseguirlo insensatamente e con immane fatica: quello che non si è letto non era stato scritto per noi.
(Antonio Castronuovo, Se mi guardo fuori, 2008)
Leggere è lasciare che un altro fatichi per voi. La forma più delicata di sfruttamento.
(Emil Cioran, Confessioni e anatemi, 1987)
Si deve leggere solo per scoprire ciò che va eternamente riletto.
(Nicolás Gómez Dávila, In margine a un testo implicito, 1977/92)
Tali leggendo solo credono di studiare. Senza meditazione, la lettura non è che un perditempo.
(Carlo Dossi, Note azzurre, 1870/1907 – postumo 1912/64)
Un libro indegno di essere letto una seconda volta è indegno pure di essere letto una prima.
(Carlo Dossi, Note azzurre, 1870/1907 – postumo 1912/64)
Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi, o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere.
(Gustave Flaubert, Lettera a Mille de Chantepie, 1857)
Coloro che leggono molti libri sono come i masticatori d’hashish: vivono in un sogno, e il veleno sottile che penetra nei loro cervelli li rende insensibili al mondo reale. Verrà il giorno che saremo tutti bibliotecari, e allora sarà finita per noi.
(Anatole France, La vita letteraria, 1888/92)
La fatica di leggere non può competere con la facilità di guardare, e allora, rispetto al libro, la televisione sarà il medium più amichevole perché è quello che “dà meno da fare”.
(Umberto Galimberti, I miti del nostro tempo, 2009)
Qualche libro lo si legge col sentimento di fare un’elemosina all’autore.
(Christian Friedrich Hebbel, Diario, 1835/63)
Non esiste programma di vacanza più bello che proporsi di non leggere neppure un rigo, e dopo, niente di più piacevole che, al momento opportuno e con un libro veramente attraente, tradire il bel programma.
(Hermann Hesse, Scritti letterari I, 1972 – postumo)
Non dobbiamo leggere per dimenticare noi stessi e la nostra vita quotidiana, ma al contrario, per impossessarci nuovamente, con mano ferma, con maggiore consapevolezza e maturità, della nostra vita.
(Hermann Hesse, Scritti letterari I, 1972 – postumo)
Vivere senza leggere è pericoloso, ci si deve accontentare della vita, e questo comporta notevoli rischi.
(Michel Houellebecq, Piattaforma nel centro del mondo, 2001)
Ci sono effettivamente molti che leggono per non dover pensare.
(Georg Lichtenberg, Aforismi, 1766/99 – (postumo 1902/08)
“Dimmi ciò che leggi e ti dirò chi sei” è vero; ma ti conoscerei meglio se mi dicessi quello che rileggi.
(François Mauriac, Memorie interiori, 1959)
Il tempo è tanto prezioso che andrebbe impiegato soltanto per leggere il meglio. Ma poiché per individuarlo occorrerebbe leggere tutto, è meglio non leggere.
( Alessandro Morandotti, Minime, 1979/80)
Non voglio leggere più nessun autore di cui si noti che volle fare un libro: ma solo quelli i cui pensieri divennero improvvisamente un libro.
(Friedrich Nietzsche,Umano troppo umano II, 1879/80)
Non leggere più nessun libro che sia nato e sia stato battezzato (con inchiostro) nello stesso tempo.
(Friedrich Nietzsche,Umano troppo umano II, 1879/80)
Chi crede che leggere sia una fuga è all’opposto della verità: leggere è trovarsi di fronte il reale nella sua massima concentrazione.
(Amélie Nothomb, Antichrista, 2003)
Il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (Come il tempo per scrivere, d’altronde, o il tempo per amare.) Rubato a cosa? Diciamo, al dovere di vivere.
(Daniel Pennac, Come un romanzo, 1992)
Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.
(Daniel Pennac, Come un romanzo, 1992)
Le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere. E nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa intimità.
(Daniel Pennac, Come un romanzo, 1992)
Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma.
Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, 1935/50 (postumo 1952)
Il pubblico è così stupido, che preferisce leggere le cose nuove che non le buone.
Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena, 1851
La gente dice che ciò che conta è vivere, ma io preferisco leggere.
Logan Pearsall Smith, Afterthoughts, 1931
Di rado è solo chi ama leggere.
Giovanni Soriano, Maldetti. Pensieri in soluzione acida, 2007
Leggere è un modo particolarmente elegante di tenersi lontano dagli altri.
Giovanni Soriano, Finché c’è vita non c’è speranza, 2010
Leggere è vedere per procura.
Herbert Spencer, Studi di sociologia, 1896
Un classico è qualcosa che tutti vorrebbero aver letto e nessuno vuol leggere.
(Mark Twain, The disappearance of literature, 1900)
Bastano? 🙂
Ciao Massimo. Spero sia utile. Magari gli altri commentatori potrebbero scegliere la loro citazione preferita.
Ehm. Nel mio penultimo post ho compresso un po’ di citazioni. Spero che si possano leggere ugualmente in maniera agevole.
in effetti, margherita, mi chiedevo quand’è che sarebbe finito il tuo elenco.
a proposito di “leggere”, tu ci vuoi impegnare non poco con le tue citazioni.
Scusamiiiiii. Forse ho esagerato!
ma no. hai fatto bene. e poi ti capisco. le domande di maugeri sono impegnative. per aggirarle a volte bisogna trovare percorsi alternativi. 🙂
Non sia mai. Domani proverò a rispondere. E’ un auspicio però. Non una promessa.
al tuo auspicio aggiungo il mio. notte.
Se mi togliessero la libertà di leggere, mi toglierebbero l’aria. Questo e’ quanto.
Mio caro ragazzo,
solo lei poteva avere l’intelligenza di dedicare alla lettura sì grande spazio e considerazione!
E dunque. Sì. Leggere è attività simile alla contemplazione, e dunque esige: tempo, respiro, desiderio di ricerca.
Tutte caratteristiche, mi pare, in netto contrasto coi tempi.
Eppure.
Leggere rimane l’unico modo non solo per formarsi una coscienza critica, come giustamente dice lei, dottor Maugeri, e -in ultima analisi – un’anima che sappia dirigersi, scegliere, discernere.
Ma soprattutto per trovarsi, per riconoscersi, per rivelarsi ai propri occhi.
Le riporto passi che il buon Calvino (oggi troppo e ingiustamente sottovalutato) dedicava alla lettura dei classici (discorso estensibile alla lettura in generale):
” I classici sono libri che esercitano un’influenza particolare
sia quando s’impongono come indimenticabili, sia quando
si nascondono nelle pieghe della memoria
mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale”.
Dunque il libro (il buon libro) ha siffatta caratteristica:
nascondersi tra le pieghe della memoria. Di più! Formare, silenziosamente, il nostro subconscio individuale.
Di più ancora! Inserire tale subconscio individuale in quello collettivo.
Dal che si comprenderà quanta parte della storia universale e singolare sia addebitabile ai libri e quale sia il loro stravagante e insinuoso potere.
Qual rimedio al rischio, però, ….non saprei.
Selezione, certo. Qualità. Educazione ancor più che alla lettura , al tempo di essa. E cioè educazione a concedersi un rallentamento.
Mi abbia suo affezionato seguace di questa discussione,
Professor Emilio
Caro dottor Maugeri,
le riporto di seguito tutte le definizioni che Calvino offre del libro classico, perchè, come sopra detto, le trovo adattissime a dipingere in generale la funzione di ogni buon libro, e dunque, della insostituibile forza formativa della lettura.
Quando insegnavo al liceo scrivevo tali frasi in pezzettini di carta che i miei alunni pescavano dal cappello.
Borsalino, per inciso, un buon cappello di marca a falde medie, di lana verde con banda nera, senza occhielli, e calcato in testa con molta disinvoltura.
E’ elemento insostituibile di ogni buon professore di lettere.
Dal cappello saltavano fuori frasi, aforismi,merendine, pezzi di gesso.
Una volta persino un calzino.
Tutto serve ad educare e io ho usato ogni mezzo.
Dal mio cappello, dunque, ecco qualche piccolo gesto da buon prestigiatore.
Mi abbia suo
Professor Emilio
È classico ciò che tende a relegare l’attualità
al rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo
di questo rumore di fondo non può fare a meno.
È classico ciò che persiste come rumore di fondo
anche là dove l’attualità più incompatibile fa da padrona.
ITALO CALVINO
Il «tuo» classico è quello
che non può esserti indifferente e che ti serve
per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui.
ITALO CALVINO
Chiamasi classico un libro che si configura
come equivalente dell’universo, al pari degli antichi talismani.
ITALO CALVINO
I classici sono libri
che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire,
tanto più quando si leggono davvero
si trovano nuovi, inaspettati, inediti.
ITALO CALVINO
Un classico è un’opera che provoca incessantemente
un pulviscolo di discorsi critici su di sé,
ma continuamente se li scrolla di dosso.
ITALO CALVINO
I classici sono quei libri che ci arrivano portando
su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra
e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura
o nelle culture che hanno attraversato
ITALO CALVINO
D’un classico ogni rilettura
è una lettura di scoperta come la prima.
D’un classico ogni prima lettura
è in realtà una rilettura.
ITALO CALVINO
È solo nelle letture disinteressate che può accadere d’imbatterti nel libro che diventa il «tuo» libro.
ITALO CALVINO
…..I classici non vanno letti perché «servono» a qualcosa.
E se qualcuno obietta che non val la pena di far tanta fatica, citerò Cioran che racconta:
….” Mentre veniva preparata la cicuta, Socrate stava imparando un’aria sul flauto. “A cosa ti servirà?” gli fu chiesto. “A sapere quest’aria prima di morire”….
E quest’ultima frase, se permette, non è di Italo Calvino ma del suo
PROFESSOR EMILIO
Buona giornata a tutti. Rispondo alle domandine del boss. 🙂
1. L’atto della lettura è, oggi, davvero a rischio? Leggere, voler leggere e saper leggere, sono sempre meno comportamenti garantiti? Negli ultimi decenni, l’atto di leggere, il suo valore riconosciuto, la sua qualità, le sue stesse condizioni ambientali e tecniche sono davvero minacciate?
In generale, caro Massimo, penso che l’atto del leggere abbia perso oggi importanza rispetto al passato, soprattutto se consideriamo la problematica in termini relativi. Voglio dire: in passato l’indice di alfabetizzazione era molto più basso e solo in pochi erano in grado di leggere. Ma chi leggeva, leggeva tanto. Oggi l’indice di alfabetizzazione è molto più alto, ma a questo incremento non è stato accompagnato da un incremento della lettura. E questo deve far riflettere.
2. Se così fosse, cosa bisognerebbe fare per rendere l’atto del “leggere, voler leggere e saper leggere” come un comportamento garantito? E cosa bisognerebbe fare per ridurre il peso di tali “minacce”?
Difficile rispondere. Bisognerebbe ripartire dalle famiglie e dalle scuole, come forse è stato detto in altre circostanze. E magari agire anche a livello istituzionale. Tempo fa è stato creato il “Centro del libro”. Quali risultati ha dato? Forse un po’ meno delle aspettative. Ma questo lo dico a naso, non avendo dati a disposizione.
3. “Il libro in sé non è un valore. Lo è solo se vale”. Siete d’accordo?
Difficile non essere d’accordo. Forse si potrebbe arrivare a dire che un cattivo libro è persino dannoso, in quanto diseducativo
4. Siete d’accordo con la considerazione che “i peggiori nemici dei libri che vale leggere sono i troppi libri che li sommergono e da cui cerchiamo a fatica di difenderci”? Se sì, quali “rimedi” proporreste?
Questo è un altro punto dolente. Probabilmente si pubblica troppo, a discapito della qualità e con il rischio che i libri che valgono vengano oscurati dalle cianfrusaglie editoriali.
5. Siete d’accordo con l’idea che una delle opportunità che la lettura e la buona letteratura potrebbero offrire è lo sviluppo “del senso critico”?
Assolutamente sì. La buona lettura e la buona letteratura ammaestrano. Non c’è dubbio.
6. Quali sono, a vostro avviso, i libri (saggi e romanzi) che – più di altri – consentono lo sviluppo di “un senso critico”? Quali consigliereste (pensando soprattutto ai classici della letteratura)?
In generale qualunque classico risponde a queste esigenze, perché un classico è un libro che rimane nel tempo. E se rimane significa che ha in sé dei valori “universali”. In questi giorni sto rileggendo “I promessi sposi” di Manzoni. Era da tempo che non lo facevo.
Riporto di seguito un articolo sull’effetto della lettura nel nostro cervello.
Sarebbe la prova scientifica della sua “utilità” per lo sviluppo della personalità e del senso critico.
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I benefici della lettura non si limitano all’arricchimento del nostro immaginario e delle nostre conoscenze: a trarne vantaggio è anche il nostro cervello e, in particolare, le aree deputate alla lingua parlata. Un gruppo internazionale di ricercatori, coordinati da Stanislas Dehaene, neuroscienziato dell’Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale (INSERM) di Gif-sur-Yvette, in Francia, ha indagato i meccanismi neurofisiologici che stanno alla base della lettura.
In un esperimento, i cui risultati sono stati resi noti su «Science», sono state misurate con la risonanza magnetica funzionale le risposte cerebrali di 63 soggetti alla lingua scritta e parlata. Dieci volontari erano analfabeti, 22 erano stati alfabetizzati in età adulta e 31 avevano imparato a leggere durante l’infanzia.
Misurando le variazioni del flusso sanguigno a livello cerebrale, i risultati hanno mostrato che tutti i soggetti, manifestavano reazioni più incisive alla parola scritta in diverse regioni del cervello preposte al controllo della visione oculare. Ma nei soggetti alfabetizzati, indipendentemente da quando avevano imparato a leggere, è stata riscontrata una maggiore attività anche a livello del lobo temporale sinistro, area deputata al controllo del linguaggio. Secondo gli autori, questa è la prova che per leggere, un’acquisizione relativamente recente nella storia evolutiva dell’uomo, si sfruttano aree del cervello dedicate anche ad altre funzioni, come quelle molto più «antiche» riservate all’articolazione del linguaggio verbale.
«L’alfabetizzazione, che sia acquisita durante l’infanzia o in età adulta, migliora le risposte cerebrali almeno in tre modi diversi», spiegano gli autori. In primo luogo, essa «promuove l’organizzazione delle cortecce visive», la porzione del cervello che riceve ed elabora gli impulsi dei nervi ottici. In secondo luogo, «l’alfabetizzazione fa sì che praticamente tutta la rete della lingua parlata nell’emisfero sinistro sia attivata dalle frasi scritte. In questo modo, la lettura, una “scoperta” culturale tardiva, influenza l’efficienza di uno dei più evoluti canali di comunicazione umani: la parola». Infine, «l’alfabetizzazione affina l’elaborazione della lingua parlata migliorando una regione fonologica, il planum temporale».
acc. non ci si può distrarre un attimo che qui fioccano i commenti. e tutti di livello.
L’atto della lettura è profondamente cambiato. Basti pensare solo alle stesse modalità di fruizione corporea della lettura, dal Medioevo quando si leggeva in piedi con il volume su un leggio e i libri letti erano pochi ma letti e riletti fino a che non diventavano “sangue e midolla” come diceva il Petrarca, passando per la lettura al caffé, ai consigli di Calvino in Se una notte d’inverno un viaggiatore… (“Stai per cominciare a leggere…
Rilassati. Raccogliti… Prendi la posizione più comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato) ad oggi in cui leggiamo molti libri ma in maniera più frammentaria, saltando pagine, dando un “colpo d’occhio alla pagina” per coglierne sommariamnete il contenuto e il senso… Siamo sommersi da tantissimi libri sul cui valore letterario è meglio tacere. Tornare al canone come propose Bloom? Forse almeno sarebbe il caso di averlo presente in mente e in libreria quando si sceglie un libro. Grazie Massimo per aver proposto l’argomento… è estremamente interessante e ci sarebbe tantissimo da dire.
Dopo le meravigliose citazioni della signora Margherita e del caro professor Emilio, con quale coraggio potrei scrivere le mie frivole osservazioni?
Posso dire che per me, leggere un buon libro equivale a gustare un ottimo pranzo. Anzi quando leggo un autore che amo, mi immergo nel suo fantastico mondo e la cruda realtà svanisce.
Così la mia smorta vita diviene pura essenza dell’intelletto.
Intanto Vi ringrazio, poiché anche le citazioni sono un arricchimento della mente. Grazie anche al Super Massi che coltiva e stimola i nostri spiriti.
Un caro saluto a tutti.
Tessy
Nei rapporti sociali c’è sempre il rischio di essere usati in qualche modo; la manipolazione è frutto della nostra cultura post- industriale dove tutto viene ridotto a merce e c’è più spazio per questo tipo di condizionamenti. Tuttavia una persona che tiene presente più fonti di notizie, che sviluppa il senso critico, è più difficilmente condizionabile, e la lettura e lo studio sono il primo vaccino contro la manipolazione.
Benvengano, dunque, la lettura e la buona letteratura.
Grazie anche da parte mia per gli stimoli ricevuti.
Ciao, vorrei dare il mio contributo al tema attraverso una citazione di Marco Caratozzolo, ricercatore presso l’Università degli Studi di Bari, dove insegna Lingua e Letteratura Russa.
E’ un’opinione che lessi tempo fa e che conservai perché la condivido molto.
La metto a seguire.
[ di Marco Caratozzolo ]
Il problema è che manca la pazienza e la ‘lentezza’ (uso la metafora di Milan Kundera) per approcciarci alla lettura. Tutti vogliono sempre un risultato immediato dai loro investimenti nel tempo libero: ‘perché leggere se l’industria culturale odierna mi dà quello che trovo in un libro in molto meno tempo?’, potrebbero pensare i più. Il problema è che soprattutto la lettura, in quanto fase impegnata, contemplativa, ‘lenta’ dell’approccio al testo, sviluppa il senso critico, permette di porre dei problemi, di mettere in dubbio la realtà e non accettarla così come ci viene trasmessa. Credo che viviamo in un’epoca in cui si ha fretta di arrivare a una conclusione, a un risultato, mentre si è perso il gusto del processo. Tutti vogliamo arrivare alla meta e non ci rendiamo conto che magari il viaggio per raggiungerla è anche più bello della meta stessa. Credo che un’inversione di tendenza sia possibile con una nuova educazione alla lettura, alla lentezza. Cosa fare in pratica? Promuovere i libri e la lettura sempre e ovunque, organizzare ancora più spesso letture e presentazioni di libri, valorizzare le biblioteche, spargere i libri dappertutto, nei negozi, nelle case, dal parrucchiere, nelle spiagge, in televisione, nei locali. E trasmettere, in queste occasioni, il messaggio della lentezza, del piacere della lettura.
Comunque grazie. Questo blog si fa portatore di messaggi e di stimoli importanti. Credo che ce ne sia bisogno. Ciao.
Mi pare che l’opinione di Berardinelli sia condivisibile. Ho letto l’articolo e penso che le sue perplessità siano fondate.
L’incremento della lettura non credo sia direttamente proporzionale al numero dei libri pubblicato. Faccio l’esempio delle automobili. Troppe vetture in giro congestionano il traffico e creano smog.
1 domanda : non credo
2 domanda : Ss invece così fosse bisognerebbe parlarne e scriverne molto di più.
3 domanda: d’accordo
4 domanda: d’accordo, ma difficile proporre qualcosa, Sarebbe necessario cambiare certe leggi di marketing terra terra
5 domanda: senz’ altro e magari servire ad aprire un po’ qualche cervello
6 domanda: classici? Tutti i russi, i francesi, gli inglesi e magari se le traduzioni sono decenti anche molto d’ altro. Poi gli italiani cominciando da Dante…
Cari amici, grazie mille per i numerosissimi commenti pervenuti.
Un grazie specialissimo a Margherita e al prof. Emilio per le loro belle citazioni.
Ne approfitto per ringraziare e salutare anche Giacomo Tessani, Anna, Amelia Corsi, Renata Mangiagli, Camilla, M.Teresa Santalucia Scibona (in arte “Tessy”)…
E ancora grazie a Tiziano, Mimmo Rolla e Patrizia Debicke.
Grazie mille per i vostri interventi.
Sono sicuro che tante altre considerazioni verranno fuori da questa discussione…
Vi ripropongo, dunque, le domande del post… sperando che qualche altro/a benemerito/a voglia cimentarsi con le risposte.
1. L’atto della lettura è, oggi, davvero a rischio? Leggere, voler leggere e saper leggere, sono sempre meno comportamenti garantiti? Negli ultimi decenni, l’atto di leggere, il suo valore riconosciuto, la sua qualità, le sue stesse condizioni ambientali e tecniche sono davvero minacciate?
–
2. Se così fosse, cosa bisognerebbe fare per rendere l’atto del “leggere, voler leggere e saper leggere” come un comportamento garantito? E cosa bisognerebbe fare per ridurre il peso di tali “minacce”?
–
3. “Il libro in sé non è un valore. Lo è solo se vale”. Siete d’accordo?
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4. Siete d’accordo con la considerazione che “i peggiori nemici dei libri che vale leggere sono i troppi libri che li sommergono e da cui cerchiamo a fatica di difenderci”? Se sì, quali “rimedi” proporreste?
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5. Siete d’accordo con l’idea che una delle opportunità che la lettura e la buona letteratura potrebbero offrire è lo sviluppo “del senso critico”?
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6. Quali sono, a vostro avviso, i libri (saggi e romanzi) che – più di altri – consentono lo sviluppo di “un senso critico”? Quali consigliereste (pensando soprattutto ai classici della letteratura)?
A tutti voi, una serena notte.
Caro Massi,
che discussione magnifica. Grazie.
Non riesco mai a pensare alla lettura se non come a un atto quotidiano e vitale, e dunque come al lungo respiro di chi prenda fiato.
Però è vero. I nostri giorni mettono a rischio la lettura. Non tanto, credo, per la quantità di stimoli, quanto per la perdita del senso della diversità che leggere imprime su un’anima.
E cioè. Leggere, come scrivere, vuol dire trovare connessioni sorprendenti tra cose in apparenza molto diverse tra loro. Il nesso è a volte anche illogico, irrazionale, pazzo, direbbero i più.
Eppure, questa pazzia che tutto rende possibile nel mondo dei libri è la fantasia.
E sì. E’ cosa che ai più parrà vaneggiamento, allucinazione, anormalità. Ma è per mezzo della fantasia dei libri che scopriamo la complessità del mondo, il suo mistero palpitante, il nostro vivere in esso come lucciole mai veramente addomesticate alla luce.
Quella pazzia così incompresa, dunque, è una chiave per accedere a molte porte, la prima delle quali si apre sul nostro cuore.
Non ci conosceremo mai del tutto, dunque, senza questa alleata che ha l’abitudine di vivere tra le pagine….
avevo promesso che avrei risposto, ma sono così stanco che non riesco nemmeno a leggere, figuriamoci a rispondere alle domandone.
però il bel commento lirico di simona son riuscito a gustarmelo.
domani provo a rispondere, ma non è una promessa.
notte.
Le parole più vibranti sulla necessità di leggere credo siano state scritte da Rosa Montero.
Racconta Rosa Montero ne “La Pazza di casa” (Frassinelli) che la vita di un lettore è molto più lunga di quella di altre persone perchè lui non muore finchè non ha finito il libro che sta leggendo.
E narra che suo padre aveva impiegato moltissimo tempo a morire. Infatti il medico andava a visitarlo e, scuotendo tristemente la testa assicurava: “Non passerà la notte”.
Ma lui rispondeva: “Ma va là, non si preoccupi. Non posso morire perchè devo finire “L’autunno del patriarca.”
E non appena il medico usciva diceva alla figlia: “Portami un libro più grosso”
Rosa Montero racconta questo aneddoto per dire che anche la morte è una lettrice. Perciò consiglia sempre di andare in giro con un libro in mano, così quando arriva la morte allunga il collo per vedere che cosa leggiamo, e si distrae.
In effetti, non solo si scrive, ma si legge contro la morte.
I racconti più belli sul senso della narrativa racchiudono sempre la dimensione del faccia a faccia con la morte, e quindi ci mettono di fronte a noi stessi, a quei noi più autentici, quelli che dovranno finire.
Ne è un esempio meraviglioso le mille e una notte, dove Sherazade narra storie per prolungare la sua vita.
Ma ogni libro contiene la metafora di noi, il nostro anelito a sfiorare la bellezza sconfinata del mondo, i suoi dilaganti paesaggi…abbiamo bisogno della vita monumentale che ci sovrasta. Abbiamo bisogno di raccontarla e di leggerla, perchè senza saperlo cerchiamo una risposta al nostro desiderio di non finire.
Felice notte, Massi! E grazie anche a Giacomo Tessani che mi ha letta!
Buona serata a tutti!
Massimo, come sempre, ci pone domande interessanti, sulle quali occorre avere un’opinione. Perchè non avere un’opinione in merito alla necessità del libro e della lettura è già aver rinunciato a immaginare il nostro futuro.
Secondo me i libri non sono troppi. I libri che valgono si fanno darwinianamente spazio tra le montagne di parole inutili. Trovo le opinioni dell’articolista piuttosto retoriche e compiacenti verso un certo mondo di opinionisti da salotto che disincentiva la lettura stessa dicendo che sono pochi i libri che valgono.
Solo nella quantità può essere nascosta la qualità.
Che poi molti libri siano solo operazioni commerciali o di puro narcisismo intellettuale non sposta la questione. La presenza di spazzatura sul mercato non impedisce di trovare le perle.
E’ difficile dire quando e per chi valga un libro, come è ancora più pericoloso a lasciare che a farlo siano ‘gli esperti’. Vi raccconto un nanetto. Pochi giorni fa ero per lavoro in Svezia, in una scuola per ragazzi difficili, border line, per cui la lettura rientra spesso tra le azioni difficili e superflue.
I professori – entusiasti – mi hanno detto che decine di ragazzi quest’anno hanno letto un libro, il loro primo libro, e questo non è altro che la biografia del calciatore Ibrahimovic. Tomo che io non avrei messo mai tra i libri che ‘valgono’. Dopo questo libro, per molti d iloro è venuto il secondo, e verrà il terzo e così via. Lo stesso può valere per chi ha iniziato con Moccia o col maghetto Potter.
Non è neanche vero che la situazione stia peggiorando. A non leggere sono gli adulti, non i giovani o i bambini. In non lettori sono prevalentemente adulti, sia perchè statisticamente con minore dimistichezza con i libri, sia perchè forse maggiormente rintronati dalle sirene televisive o perchè, autoritenutisi inadatti ai libri che ‘valgono’, hanno smesso di interrogarsi su cosa può emozionarli o interessarli
. Piuttosto c’è da chiedersi perchè si inizi a leggere meno dalle superiori in poi. In questo la scuola e la famiglia non possono tirarsi fuori. I programmi sono quelli della scuola anni ’60, con Manzoni, Pirandello e Svevo a fare da giganti. Autori che per molti non sono adeguati come punto di partenza. Ma forse, mi sto spingendo troppo oltre..
Buongiorno. Ecco le mie risposte (copio e incollo le domande).
1. L’atto della lettura è, oggi, davvero a rischio? Leggere, voler leggere e saper leggere, sono sempre meno comportamenti garantiti? Negli ultimi decenni, l’atto di leggere, il suo valore riconosciuto, la sua qualità, le sue stesse condizioni ambientali e tecniche sono davvero minacciate?
Personalmente non credo. Anzi secondo me oggi si legge molto di più di quanto si leggeva, per esempio, 50 anni fa.
2. Se così fosse, cosa bisognerebbe fare per rendere l’atto del “leggere, voler leggere e saper leggere” come un comportamento garantito? E cosa bisognerebbe fare per ridurre il peso di tali “minacce”?
Più che ridurre il peso di tali “minacce” bisognerebbe favorire e incoraggiare la lettura, questo sì. Butto lì un’idea. Perché non dotare tutti i ragazzi di una certa fasci di età (per es., dai 12 ai 18 anni) di un buono acquisto da spendere in libreria? Potrebbe crearsi un accordo tra Ministero della Cultura ed editori. Sarebbe un bell’incentivo.
3. “Il libro in sé non è un valore. Lo è solo se vale”. Siete d’accordo?
Sono d’accordo. Non tutti i libri meritano di essere letti. E comunque alcuni libri meritano di essere letti più di altri.
4. Siete d’accordo con la considerazione che “i peggiori nemici dei libri che vale leggere sono i troppi libri che li sommergono e da cui cerchiamo a fatica di difenderci”? Se sì, quali “rimedi” proporreste?
Sono d’accordo. Però mi viene da dire, meglio troppi libri che troppo pochi libri.
5. Siete d’accordo con l’idea che una delle opportunità che la lettura e la buona letteratura potrebbero offrire è lo sviluppo “del senso critico”?
Sì, chi legge di più sa di più e riesce a interpretare il mondo con maggiori strumenti.
6. Quali sono, a vostro avviso, i libri (saggi e romanzi) che – più di altri – consentono lo sviluppo di “un senso critico”? Quali consigliereste (pensando soprattutto ai classici della letteratura)?
Consiglierei “Delitto e castigo” di Dostojevski.
Ciao, visto che si accettano anche citazioni contribuisco al dibattito con tre citazioni sul ‘senso critico’, uno dei temi contemplati.
Eccoli.
Chi crea deve essere critico però il senso critico deve venire dopo.
(Isaac Bashevis Singer)
La scuola aiuta i giovani se riesce a insegnare loro il senso critico.
(Evandro Agazzi)
Una società globalizzata si governa meglio se è fatta di persone con poco senso critico, quindi irrazionali.
(Danilo Mainardi)
Per quanto riguarda la questione del leggere penso che si dovrebbe leggere un po’ di piu’ e un po’ meglio.
Ovviamente questa considerazione devo applicarla soprattutto per me. Ma se la faccio vuol dire che ho sviluppato un sufficiente senso critico.
Quindi va bene così.
Leggere è un atto a rischio
Secondo me.Leggere non vuol dire mettere le parole una dietro l’altra. Leggere significa concettualizzare. Leggere è un’attività indispensabile per l’uomo moderno sottoposto continuamente alle dinamiche della complessità e del cambiamento. E’ una forma di educazione permanente,perchè leggere è un’occasione per ricostruire processualmente le nostre strutture cognitive.Ma leggere significa anche capire , attività mentale che è facile per la comprensione sic et nunc di un messaggino che l’amico mi ha inviato, ma difficile quando si affronta anche la lettura di una favola perchè capire significa, come tutti sanno, saper cogliere tutti gli elementi rilevanti che il narratore introduce, i rapporti tra loro esistenti per realizzare la struttura d’insieme la quale soltanto è portatrice del significato che quasi sempre è molto complesso.Per capire ci sono però delle difficoltà obiettive. Tra esse c’è la capacità di simbolizzazione che molti non hanno, fermi come sono a livello percettivo- sensoriale.Un’altra difficoltà è costituita dalla complessità della struttura.( vorrei ricordare il racconto dove Kafka descrive la visita di undici persone alla miniera di carbone che a sua volta mi fa ricordare il Cenacolo di Leonardo ma sarebbe troppo lungo).
Voglio dire in sostanza che il fascino della lettura dipende sia dall’organizzazione creativa-letteraria che lo scrittore ha scelto, sia dall’organizzazione mentale, più o meno flessibile, del lettore.
Una terza difficoltà è costituita dall’atteggiamento con cui ci si pone davanti alla lettura di un libro ossia se si vuole colloquiare con lo scrittore o si vuole soltanto ascoltare. Si tratta di scegliere tra atteggiamento attivo ed atteggiamento passivo.
Il primo ti chiama in causa con le tue ipotesi, il secondo aspetta sempre la conferenza indetta.
Ma al di fuori di tutto questo mi chiedo quanto un certo tipo di letteratura oggi abbia danneggiato le menti e se oggi ha valore leggere tanti libri se non si ha una leggera capacità di trasfert,ma quel che danneggia sopratutto è il credere di saper leggere , quel tipo di saper leggere che non solleva di un centimetro l’ essere umano dalla terra.
Buona lettura a tutti.
Alle altre domande risponderò dopo. L’argomento come sempre è troppo interessante per non tornarci.
Imparare a saper leggere, come scrive Mela Mondi, e’ fondamentale. Ciò implica il fatto che anche il saper leggere può essere insegnato. Da questo punto di vista credo che molto debba essere fatto. Le scuole, secondo me, sono un ottimo luogo dove insegnare a saper leggere.
Mi pare che nessuno tra le innumerevoli citazioni riportate abbia citato Gao Xingjian, che pure è contemplato nel post di Maugericon una sua importante dichiarazione.
Come mai?
Eppure stiamo parlando dell’unico scrittore di origini cinesi ad aver vinto il Premio Nobel per la letteratura, nel 2000.
Non sarebbe male conoscerlo -o farlo conoscere- un po’ meglio.
Propongo a Maugeri un post su Xingjian. Sarebbe un’importante opera divulgativa, secondo me.
Lascio una sua citazione.
La cultura non è un lusso, è una necessità.
(Gao Xingjian, La montagna dell’anima, 1989)
Questa è la biografia di Gao Xingjian (conoscerla, male non fa).
Gao Xingjian (cinese tradizionale: Gāo Xíngjiàn) (Ganzhou, 4 gennaio 1940) è uno scrittore e pittore cinese naturalizzato francese, l’unico scrittore di origini cinesi ad aver vinto il Premio Nobel per la letteratura, nel 2000.
È anche drammaturgo e critico letterario, oltre che traduttore di grande fama e regista teatrale e cinematografico. Nato a Ganzhou, nella provincia cinese del Jiangxi ed espatriato in Occidente, risiede in Francia dal 1987 e ha ottenuto la cittadinanza francese nel 1997. Nel 1992 è stato insignito dal governo francese del titolo di cavaliere dell’Ordre des Arts et des Lettres.
Gao Xingjian nasce all’indomani dell’invasione giapponese della Cina, il padre era un funzionario di banca e la madre un’attrice dilettante che lo spinse a interessarsi al teatro e alla scrittura. Dopo aver frequentato le scuole di base, nel 1962 ottenne la laurea in francese presso l’Istituto di lingue straniere di Pechino. Dopo l’inizio della Rivoluzione culturale venne mandato in un campo di rieducazione; in quel periodo fu costretto a bruciare un’intera valigia di propri manoscritti non ancora pubblicati.
Le sue prime pubblicazioni risalgono al 1979, quando gli venne anche permesso di viaggiare in Francia e in Italia. Tra il 1980 e il 1987 pubblicò numerosi racconti e romanzi di successo, e grande scalpore suscitarono alcune sue opere teatrali. Nel 1986 la sua opera L’altra riva venne vietata e da allora nessun suo testo teatrale è mai più stato rappresentato in Cina. Per evitare le persecuzioni si dedicò a un viaggio di dieci mesi attraverso le montagne della provincia del Sichuan, seguendo il corso dello Chang Jiang o Fiume Azzurro. Nel 1987 ottenne asilo politico in Francia e si stabilì a Parigi. Dopo la protesta di piazza Tien’anmen del 1989 rassegnò le dimissioni da membro del Partito comunista cinese.
In seguito alla pubblicazione de La fuga, pièce teatrale ispirata dagli avvenimenti di piazza Tian’anmen, tutte le sue opere vennero vietate in Cina e Gao Xingjian fu costretto all’esilio e dichiarato persona non grata sul territorio cinese.
Gao Xingjian è anche pittore di fama. Nel 1978, dopo la sua prima visita a un museo europeo, decide di abbandonare l’uso della pittura ad olio, ritenendo impossibile eguagliare i maestri occidentali e proseguire sulla loro strada. Si dedica dunque alla pittura con l’inchiostro, e in particolare a sviluppare la tecnica del monocromo nero, resa immortale per l’opera del grande poeta e pittore dell’VIII secolo Wang Wei. Alcune suo opere sono utilizzate per illustrare le copertine di molti suoi volumi, ha inoltre tenuto in tutto il mondo oltre trenta mostre (a Trieste nel 2003). Dopo il premio Nobel è diventato anche regista.
Antonio Villafranca, mi hai fatto ricordare “La montagna dell’anima”, ossia la ricerca del sè perduto. Ricerca che ciascuno di noi intraprende nella propria vita quando si interroga sul dove andiamo e da dove veniamo. Ognuno ha la sua Montagna. Herman Hesse la trova con ” Siddarta” e con” Il gioco delle perle di vetro , nell’acqua ecc ecc….. ma leggere questi libri senza un minimo di capacità simbolica si corre il rischio di perdere tempo.Ci sono infatti libri che sono una metafora (come il Viaggio del nostro Maugeri) e ci sono libri che sono cronaca. Non scegliere mai al di sopra o al di sotto della nostra capacità di alzarci da terra.
Tuttavia voglio dire che fattori condizionanti sono: il titolo, l’autore, le nostre preferenze. Io personalmente non leggo nouar(?), mi bastano i gialli
delle vicene umane.
Dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei, Un giorno sono andata a casa di un mio cugino, farfallone vanitoso, e che ti trovo?Tre metri di libreria, dove oltre ai libri professionali, trovo due metri di farfalle come pensierini per fare gli auguri per Pasqua e Natale, però mi sono detta meglio la casa di questo cugino che quella dell’altro cugino dove uno straccio di libro o di giornale non lo trovi manco a cercarlo con il lanternino.
Grazie per il riscontro gentile Mela Mondi. Diciamo che ne ho approfittato per fare un po’ di promo a Gao Xingjian. Secondo me qua in Italia lo si dovrebbe leggere un po’ di piu’.
Cari amici, ancora una volta grazie per i vostri commenti, per le citazioni lasciate e per le opinioni espresse.
Ne approfitto per salutare e ringraziare ancora una volta Simona Lo Iacono (ciao, Simo!)…
E grazie anche ad Andrea Pugliese, che tempo fa ho avuto il piacere di presentare alla Feltrinelli di Catania (Ciao, Andrea!).
Grazie mille anche a Marco Vinci, Edoardo Migliore, Mela Mondì (ciao, Mela!), Cinzia, Antonio Villafranca
@ Antonio Villafranca
Hai fatto bene a promuovere la figura di Gao Xingjian. Io ebbi modo di organizzare un dibattito su di lui e sulla sua figura nel 2007…
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/09/28/la-scrittura-tra-solitudine-e-liberta-gao-xingjian-2/
😉
A tutti voi, una serena notte (e, spero, buona prosecuzione di dibattito).
Mi piace pensare che il Borsalino del Prof. Emilio sia stato per i suoi allievi come il pozzo delle meraviglie.
Anche quel calzino tirato fuori da lì non credo valga meno di un aforisma di Cioran (meraviglioso quello su Socrate, anche se non ho capito se sia di Cioran o dello stesso Prof. Emilio) o una frase di Calvino.
Forse il nostro mondo ha ancora più bisogno di maestri prima che di libri.
I libri vengono dopo (e verranno naturalmente, da sè, se il maestro era un buon maestro: e saranno certamente buoni libri).
Il Prof. Emilio è stato certamente un buon maestro, e certamente lo è ancora tra queste pagine del web.
Così come penso lo sia anche quel Marco Caratozzolo citato da Valeria quando dice “Credo che viviamo in un’epoca in cui si ha fretta di arrivare a una conclusione, a un risultato, mentre si è perso il gusto del processo. Tutti vogliamo arrivare alla meta e non ci rendiamo conto che magari il viaggio per raggiungerla è anche più bello della meta stessa”.
Sì: il gusto del processo.
E non ce ne è uno migliore della lettura.
contenta di essere stata citata. ciao carlo 🙂
dal commento di Carlo mi viene una domanda.
chi sono i maestri di oggi?
Valeria,Maestro è uno solo. Molti oggi si fanno chiamare maestri ma non ne ho trovato uno che abbia saputo insegnarmi “come” ampliare lo spettro creativo.Il Maestro usa la bottega come luogo d’incontro e di dialogo e non per il proprio rendiconto. Il vero Maestro ti toglie sempre qualcosa , ma in cambio ti dà tanto. Conosci qualcuno? Ciao
Mah, cara Valeria, io non mi riferivo tanto a “grandi maestri”, quanto a buoni insegnanti, a buoni genitori, a persone qualunque in grado di fornire buoni esempi con i quali stimolare la crescita e il senso critico.
Dei “Professor Emilio” con i Borsalino delle meraviglie.
E’ attraverso di essi che ognuno potrà trovare da sè i “grandi maestri”, tra persone viventi o sepolte da secoli, tra i libri del passato come quelli presenti.
Non capisco perchè le donne che leggono possono diventare pericolose, ma forse siamo al solito fantasma del pregiudizio che nonostante le lotte , la dichiarazione dei diritti, striscia e serpeggia nelle menti. La cultura è come una barca che naviga su un fiume. In quel fiume limaccioso, formatosi dalle lacrime versate da tante donne prima di noi, c’eri tu, donna ignorante. Sei riuscita ad aggrapparti ad una corda e sei salita sulla barca , da sola, disperatamente da sola,ma stai andando verso un posto nuovo, dove c’è qualcuno che può rispondere alle tue domande. Ti ostacolano perchè su quella barca la donna è creativamente fiorita. Il suo mondo relazionale ha acquistato significato, il suo mondo mentale è diventato un universo. Si è riappropriata della sua natura. Capisce che fino a quel momento è stata antropologicamente animista e sta diventando realista per cui non crede più che l’asino vola. Questo fa pericolose le donne che sanno “leggere e scrivere”.
Vorrei discutere sul senso critico, ma è tardi e rimando a domani . buonanotte a tutti
Caro Massimo,
le tue domande sul valore della lettura hanno avuto risposte che condivido e riflessioni che mi hanno fatto spalancare la mente su orizzonti diversi.
Vorrei riprendere, modificandola leggermente, appunto una riflessione di R. Escarpit, contenuta nel saggio “Sociologia della letteratura”, proprio sulla lettura, giudicata atto sociale e asociale nello stesso tempo, giacché sopprime provvisoriamente le relazioni dell’individuo con il suo universo per poi ricostruirlo – nuovamente – con l’universo dell’opera.
Ne deriva, sul piano anche psicologico, che la motivazione alla lettura è quasi sempre legata a un’insoddisfazione, uno squilibrio tra il lettore e il suo ambiente dovuto a cause inerenti alla natura umana (brevità e fragilità dell’esistenza in primis), allo scontro tra individui (amore, odio, pietà) o alle strutture sociali (oppressione, miseria, noia, paura del futuro).
In una parola, la lettura non è che un ricorso contro l’assurdità della condizione umana (non della vita, si badi!).
E’ una riflessione, questa, che mi ha sempre convinto, ma che vorrei eventualmente sottoporre alla valutazione degli acuti lettori.
Un saluto cordiale.
Condivido l’opinione di Ausilio Bertoli sulla lettura. In fondo chi legge mette in pratica una sana fuga dalla realtà.
@ M. Maugeri
Mi fa piacere che già in passato si è dato spazio a Gao Xingjian. Ulteriore conferma della serietà e competenza di questo blog
Ausilio Bertolla. Secondo me la motivazione alla lettura contempla tutte le cause da te elencate ma senza un quid più profondo si esaurisce non appena muta la causa che l’ha prodotto, a meno che essa non si evolva in un riflesso condizionato per cui la stimolazione dell’ambiente (che pure è importante e ne fa parte integrante) sollecita la risposta dell’organismo. In quanto tale però la lettura riguarda l’arco nervoso e nulla di più.Comunque sempre secondo me, le cause elencate nel tuo post riguardano più la scrittura che la lettura e spiegano anche il perchè oggi ci improvvisiamo tutti scrittori. La lettura come scelta invece può nascere soltanto se il seme della conoscenza che c’è in ciascuno di noi si agita e ci conduce verso il desiderio di realizzarlo per cui siamo disposti ad attraversare le colonne d’Ercole, non dormire notti intere per finire di leggere quel libro, portare in tasca o nella borsa il libro che avevamo iniziato a leggere approfittando dei 15 minuti di attesa e di viaggio sull’autobus……ecc ecc. e dopo aver letto centinaia di libri cerchiamo ancora in questo mezzo, a portata di tutti, la risposta alle nostre domande una risposta che avremmo potuto trovare anche curiosando nella vita dei “personaggi” veri che si muovono attorno a noi. Abbiamo preferito cercarla nei libri perchè con essi possiamo entrare in una dinamica relazionale in perpetua contestazione. Con una parola si può distruggere l’autore del libro o innalzarlo alle stelle, assimilare le sue tesi, ristrutturare le nostre strutture cognitive, senza dire grazie a nessuno. Quando la lettura diventa passione per conoscere il mondo allora possiamo dire che là esiste un lettore, uno cioè che ha fatto esperienza e contribuisce a modificare l’ambiente in cui vive. Ma non è sempre così perchè a questo punto mi sovviene di quel Tizio che nel romanzo “L’ultima spiaggia” !(?) mentre il mondo gli crollava addosso lui , catapultato su una mntagna di libri, leggeva ed era felice: due cose erano importanti per lui i libri e gli occhiali, ma ad un certo punto gli occhiali si rompono e lui annaspa tra le macerie che forse quegli stessi libri avevano prodotto.
pure io ho pensato le stesse cose che ha scritto Mela Mondi. Una risposta a una specie di “malessere” risiede piu’ nella scrittura che nella lettura.
Berardinelli sostiene che uno dei rischi piu’ grossi che corre un lettore e’ provare a diventare scrittore (senza avere il talento, aggiungo).
Io mi trovo d’accordo. Voi?
non sempre e’ così, sonia. io, per esempio, sono un lettore forte, come si dice, ma non proverei a scrivere un romanzo nemmeno se mi costringessero a farlo con una pistola puntata alla tempia.
@ Mela Mondi
@ Sonia Genovese
Giuste le vostre osservazioni.
Ma quando siamo afflitti da varie cause o cerchiamo d’evadere o sollevarci l’animo ricorriamo alla lettura.
Gentile Mela (e Sonia), già che hai parlato della scrittura, concedimi di riportare le riflessioni contenute in un testo che ho pubblicato nel 2004, dandoti effettivamente ragione.
Scrivo: “Un popolo felice… non avrebbe scrittori, giacché costoro, nella gran parte dei casi, non fanno che recuperare, esplicitamente o velatamente i momenti essenziali del proprio vissuto, esponendoli magari ironicamente, o esorcizzandoli, o sublimandoli, o cercando di comprenderli mediante un’implacabile ricognizione interiore. Oppure, nel caso di nevrosi o di altri disturbi psichici (disagi) purtroppo frequenti nell’umano essere, rimuovendoli”.
Spero siate d’accordo.
Cordialmente, A. B.
Ausilio Bertoli
Sono d’accordo soprattutto quando dici che si può scrivere per comprendere meglio la propria storia.Quando si scrive, la storia può anche non essere quella personale ma sicuramente in essa c’è un punto chiave attorno a cui ruota la tua storia altra.Ciascuno di noi vive e produce storia, l’unica cosa che sappiamo fare e che purtroppo non riusciamo a condividere pienamente neanche con i familiari. Scrivere è cedere al lettore un pezzetto del dolore e della gioia che c’è nella nostra storia altra.Si perchè la vita è dolore ma è soprattutto gioia di esserci esistenzialmente che , a volte, con la forza della parola disperata trasformiamo in notte profonda. La maggior parte dei lettori cerca la dinamica nascosta in questo processo. Lo scrittore Maestro sa svelargliela.
Ringrazio ancora una volta Carlo, Valeria, Mela Mondì, Antonio Villafranca, Giacomo Tessani per i loro nuovi interventi.
E ringrazio, ovviamente, anche Ausilio Bertoli e Sonia Genovese per la loro partecipazione.
Sul post (con riferimento al “perché leggere”) ho citato Ferdinando Camon.
Lo chiamo in causa anche nel corso di questa discussione, proponendovi un suo articolo (in tema) pubblicato su “Avvenire” del 6 dicembre 2011.
Si intitola “Crisi, si comprano meno libri”.
(Commento a seguire…)
Crisi, si comprano meno libri
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di Ferdinando Camon
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“Avvenire” 6 dicembre 2011
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L’opinione pubblica non ci dà grande peso, ma chi lavora nel settore, come l’autore di questo articolo, ne soffre. Non perché senta di subirne un danno, ma perché avverte un danno per tutti. Eppure, c’era da aspettarselo: la crisi comincia a erodere il mercato dei libri, e in Italia si comprano meno libri. A ottobre si registrava un calo dello 0,7%, riferito al settore dell’editoria “varia per adulti e ragazzi”. È un dato doloroso: vuol dire che la gente rinuncia al “sapere”, e cioè abbassa la “qualità” della vita. Quando si fa fatica a vivere, ci si accontenta di sopravvivere. Ma è una sconfitta e un errore. C’è un proverbio cinese che mi piace molto, può darsi che l’abbia citato altre volte, e dice: “Se hai solo 6 denari, spéndine 3 per il pane e 3 per i gigli”. Cosa sono i gigli? I libri. Se nel corso della giornata nutri il corpo e lo spirito, tu sei vivo, se nutri solo il corpo una parte di te muore. Lo dicono anche i Vangeli: “Non di solo pane vive l’uomo”. L’uomo che si nutre di solo pane, non si nutre.
Eppure, è automatico: nei periodi di crisi l’uomo, inteso come consumatore, come acquirente, rinuncia per prima cosa all’arte. Gli artisti se ne lamentano: i pittori dicono che c’è meno gente nelle gallerie, gli attori nei teatri, i gestori di cinema nelle sale, e adesso i librai nelle librerie. L’arte e la cultura in genere non sono sentite come un nutrimento necessario della vita, ma come un abbellimento. Non è così, naturalmente. La sequenza non è che i popoli vanno in crisi e al loro interno vanno in crisi l’arte e la cultura, ma l’inverso: si trascura la cultura, si trascura l’arte, e la vita del popolo precipita. Il nostro modo di gestire la crisi ha puntato anzitutto a risparmiare sulla cultura, l’arte, l’istruzione, la scuola, la ricerca, in attesa di una risalita economica. Ma la risalita economica non è su una strada aperta e visibile, è su una strada da cercare e scoprire, quindi per trovarla bisognerebbe incrementare la ricerca. Abbassare i consumi di arte e cultura non vuol dire abbassare il tenore della vita, ma la qualità della vita: con il calo nell’acquisto di libri noi entriamo in una fase in cui si deteriora la vita globalmente intesa. Anche la sua qualità morale. Siamo malmessi in Europa per quel che riguarda la capacità economica, ma siamo ancor più malmessi nel mondo per quel che riguarda la qualità morale: siamo tra i paesi meno trasparenti e più corrotti. Mi permetto di tracciare un rapporto tra corruzione e crisi: la mia impressione è che non battiamo la crisi se non battiamo la corruzione. Dobbiamo risolvere concretamente, qui e adesso, quel tormentoso problema che ci faceva scoppiare il cervello ai tempi della scuola media: in quanto tempo riusciamo a riempire una vasca da bagno che ha un buco? L’impressione è che tentiamo oggi di risolvere questo problema esattamente come facevamo da studenti: cercando di versare nella vasca più acqua di quanta ne esce di sotto. Ma la risposta dovrebb’essere: non sarebbe meglio prima chiudere il buco? Tappare l’evasione? L’esportazione? Il nero? La corruzione? L’ignoranza? Che significa: creare cittadini migliori, meno incolti e più onesti. Se adesso si comincia a comprare meno libri, i cittadini di domani saranno peggiori di quelli di oggi. La reazione a una crisi economico-finanziaria, e quindi produttiva e occupazionale, dovrebb’essere un aumento di studio, scuola, diplomi e lauree. E libri, soprattutto libri. Comprati e letti. Non il contrario. Immagino che quel cinese che ha solo 6 denari al giorno stia male. Ma finché riserva 3 denari per i gigli, si tiene attaccato alla cultura, all’arte, alla vita. Appena smette, crolla. La vita è una guerra. Ridurre i libri quando si affronta la crisi è come ridurre le munizioni quando si va in battaglia.
–
Fonte: http://www.ferdinandocamon.it
Vi invito a commentare il suddetto articolo di Ferdinando Camon (se vi va, naturalmente).
Una serena notte a tutti.
Caro Massimo,
ritorno a te, stavolta col timore di apparire invadente, per condividere il pensiero di un Maestro qual è Ferdinando Camon, ma anche per rilevare come il libro andrà via via perdendo acquirenti specie per il moltiplicarsi delle testate giornalistiche online, degli eBook, dei blog letterari o culturali e via dicendo.
Ne è prova esemplare Letteratitudine, per esempio, da te condotto con grande acutezza e impegno, dal momento che consente ai lettori di leggere, intervenire, dialogare e confrontarsi apertamente, acquisendo idee e conoscenze nuove, che arricchiscono lo spirito.
Naturalmente i lettori di libri cartacei risparmieranno parecchio danaro, mentre le librerie il danaro lo perderanno alla pari degli addetti ai lavori. La realtà è questa, ma non si tornerà indietro. Io aggiungo purtroppo.
Guai, però, se la passione e la promozione della lettura, della conoscenza, della cultura attraverso i nuovi media dovessero affievolirsi: l’uomo non vive – appunto – di solo pane.
Buona giornata.
mi pare che il ragionamento di Camon non faccia una grinza. buona giornata a tutti.
A proposito di letture, vi consiglio questo libro.
“L’arte di leggere” (Einaudi)
Questa antologia, necessariamente parziale, ha lo scopo di rendere espliciti alcuni punti di vista sulla lettura pronunciati nel corso dei secoli. È come guardare se stessi mentre si legge: una forma di spionaggio o se si vuole di introspezione. La penso anch’io cosí? La pensiamo ancora cosí oggi? La nostra epoca ha già nostalgia dei libri. Non li ha ancora eliminati, non è ancora riuscita a sostituirli con lo schermo dei computer.
E se l’umanità che legge smettesse di leggere? Interromperemmo una catena virtuosa, che ci consente di collegarci, anche senza internet, con il mondo del passato e del presente lontano da noi. La lettura è esplorazione, esposizione di sé all’esperienza altrui. Poi, si sa, c’è anche l’arte , l’emozione di incontrare l’opera d’arte sotto forma di poesia, di romanzo o racconto. In breve, diventeremmo molto piú poveri.
Chi legge sa che, se smette, qualcosa finisce, un mondo scompare. Impossibile? È già accaduto un’infinità di volte.
http://www.einaudi.it/libro/scheda/%28isbn%29/978880618670/
Naturalmente sono anch’io d’accordo con Camon, per rimanere sulla parte finale del dibattito.
La lettura per me è naturale come respirare, come mangiare. Una necessità, un bisogno.
E lo è anche per l’umanità.
Se pensiamo che si è letto e scritto anche nei lager e nei gulag, nelle trincee e nei deserti, allora bisogna essere fiduciosi.
Come dice Pennac, leggere amare e sognare non contemplano l’imperativo. Leggi! Ama! Sogna!
Io aggiungerei che non contemplano neanche l’imperativo negativo. Non amare, non sognare, non leggere… l’uomo non potrebbe obbedire mai a un comando del genere. Neanche se lo volesse.
Professor Emilio caro,
che fortuna essere stati suoi allievi!
Un caro saluto… riesco a vederlo, quel borsalino… eleganza e semplicità. Pedagogia magicamente mascherata da gioco.
Bello il post. Ottimi i commenti. Condivisibile l’articolo di Ferdinando Camon.
Ma che fare per incentivare la lettura?
Potrebbe essere utile ripartire da questa domanda.
Altra domanda. Perché il numero dei lettori continua ad essere prevalentemente di sesso femminile (stando ai dati disponibili)?
in un tempo in cui i vari media sembrano aver preso il sopravvento, chi riesce ancora a trovare il tempo per leggere e’ davvero eroico.
Buongiorno.
Vorrei approfittare di questo spazio e del tema “lettura” per sottolinerare l’importanza della lettura in età prescolare. Si tratta di un intervento lungo che dividerò in più parti.
Il libro, non è solo uno strumento cui ci si avvicina in età scolastica per acquisire contenuti e conoscenze, o un supporto alle attività scolastiche. Il libro è prima di tutto un contenitore di immagini, di suoni e pensieri.
Immagini che ogni lettore crea nella sua mente, perciò personali e uniche, individuali nelle loro motivazioni profonde e che rappresentano o contengono elementi emotivi importantissimi.
Una buona abitudine alla lettura non inizia e viene coltivata solo in ambito scolastico, ma ha bisogno di un lungo esercizio, di una lunga pratica che viene da una fruttuosa continuità tra l’ambiente familiare e quello scolastico.
Sembra sempre più forte, negli ultimi anni, l’esigenza delle famiglie di trovare un linguaggio e una comunicazione con i figli che fronteggino e arginino l’invadenza dei principali mass media e favoriscano la valorizzazione del tempo passato insieme.
Si è individuato allora nell’oggetto libro un mezzo molto interessante e di ampia applicazione per variare e approfondire le attività scolastiche e extrascolastiche; nella quotidianità, infatti, pochissimo tempo può essere dedicato alla lettura che per lo più viene associata a un compito, o peggio a una punizione.
Questa esigenza si può rilevare anche dai Media stessi; sempre più cartoni animati e storie per bambini hanno per oggetto o sfondo un libro da cui vengono animati i personaggi principali (il grande successo del conosciutissimo Winnie the Pooh ne è un esempio).
Ecco che il libro può diventare un oggetto interessante, un gioco vero e proprio, momento di condivisione, momento di scoperta e relazione e, perché no, può costituire un ottimo e divertente strumento di supporto all’attività didattica stessa.
Leggere CON i bambini e non leggere AI bambini potrebbe essere l’attività che rappresenti il punto di comunicazione tra scuola e famiglia, la continuità di un linguaggio e la trasmissione coerente per la passione e l’interesse verso la lettura.
Ma ora proviamo a immaginare gli effetti di un percorso di avvicinamento alla lettura sui bambini da 0 a 5 anni; un percorso che deve necessariamente essere strutturato in tutte le sue tappe e le sue variabili, per non lasciare spazio alla noia o peggio al disinteresse. Un cattivo accostamento al libro in età così precoce potrebbe lasciare un segno indelebile nella memoria del bambino, ostacolando invece che favorire lo sviluppo di schemi mentali utili anche in età scolastica.
È dunque opportuno valutare prima di tutto perché si ritiene importante leggere INSIEME ai bambini, quali sono le aree evolutive che intendiamo coinvolgere e di quali abilità si cerca di favorire lo sviluppo.
Risulta intuitivo che uno dei principali vantaggi offerti da un accostamento precoce ai libri concerne il campo del linguaggio.
Non è tuttavia altrettanto immediata la consapevolezza che il linguaggio, soprattutto nelle prime fasi del suo sviluppo, è fortemente legato alla sfera emotiva del bambino.
Il linguaggio usato nelle filastrocche e nelle fiabe, con la sua ritmicità e il suo senso del movimento offre al bambino un contesto di sicurezza, nel quale lasciarsi andare e aprirsi alla nuova esperienza cognitiva che sta vivendo con una maggiore serenità e ricettività.
Ovviamente, anche l’ampliamento di un proprio vocabolario personale sarà uno degli scopi principali da perseguire nella programmazione del percorso.
Da non dimenticare è che ad attirare primariamente l’attenzione del bambino sarà “l’oggetto” libro, quindi è fondamentale includere tra le finalità il favorire la costruzione di una relazione quasi affettiva con questo, stimolando la curiosità verso le sue componenti, verso i suoi contenuti e verso le forme in cui si presenta.
Il libro favorisce di per sé varie forme di comunicazione, coniugando felicemente, in particolare nella letteratura per bambini molto piccoli, tre diversi “codici”: scritto, iconico e verbale.
Tra gli scopi principali di un percorso di avvicinamento alla lettura c’è anche l’incoraggiare il raggiungimento di una progressiva e graduale autonomia nella fruizione dei libri come oggetto fonte di conoscenza.
Autonomia che deve essere sostenuta anche nella creazione di immagini mentali stimolate dalla lettura, inizialmente con il supporto delle illustrazioni, in seguito sempre più personali e incoraggiate solo dalla musicalità del linguaggio verbale.
Attraverso l’approccio alla lettura il bambino acquisisce anche un primario “senso della storia”, cioè delle strutture narrative fondamentali del racconto: inizio, centro e fine del racconto, inserendo, magari con il tempo, la possibilità di fare previsioni, procurando maggiore elasticità, sotto forma ludica, nell’acquisizione delle categorie temporali.
Tra le linee principali, anche la possibilità di insegnare ad “ascoltare”, tenendo presente che le modalità di ascolto sono diverse da bambino a bambino e tutte legittime. In genere però tutti i bambini “ascoltano” con il corpo, attraverso il movimento, il contatto fisico, l’azione.
Quello che veramente non deve essere dimenticato è che anche la lettura è un gioco, un gioco che prevede iterazioni, momenti di suspance, risate e azioni, che coinvolge totalmente il bambino in tutte le aree cognitive e che aiuta a esprimere i suoi stati d’animo e le emozioni.
Spero di non aver esagerato con il numero dei post.
Grazie per lo spazio e per l’opportunità.
grazie per i post, invece. credo sia importante sottolineare come il libro e la lettura possano avere un ruolo anche rispetto ai piccolissimi
Grazie Laura!!!
La questione “lettura” è una cosa seria e discussioni come questa sono molto utili.
Faccio presete che una recente indagine ha messo in evidenza che il 71% della popolazione si troverebbe al di sotto del livello minimo di lettura e comprensione di un testo di media difficolta’. Insomma, saremmo di fronte ad una specie di nuova forma di “analfabetismo di ritorno”.
parlare di analfabetismo di ritorno mi pare eccessivo. non esageriamo.
Esagerato? Non direi proprio, caro signore.
Le copio l’articolo del gironalista del Corriere della Sera, Paolo Di Stefano, pubblicato meno di un mese fa.
Paolo Di Stefano
Titolo: Se sette italiani su dieci non capiscono la lingua
De Mauro: cresce l’analfabetismo di ritorno.
«Voi sapete che, quando un popolo ha perduto patria e libertà e va disperso pel mondo, la lingua gli tiene luogo di patria e di tutto…». Così Luigi Settembrini ricordava quanto conti la lingua nell’identità e nella coesione di un popolo. Purtroppo, se oggi si dovesse giudicare dal livello di padronanza dell’italiano il grado di attaccamento alla nazione, saremmo davvero messi molto male.
La salute della nostra lingua, infatti, sembra piuttosto allarmante, almeno a giudicare dai dati che Tullio De Mauro ha illustrato ieri a Firenze, durante un convegno del Consiglio regionale toscano intitolato «Leggere e sapere: la scuola degli Italiani».
Tra i numeri evocati da De Mauro e fondati su ricerche internazionali, ce ne sono alcuni particolarmente impressionanti: per esempio, quel 71 per cento della popolazione italiana che si trova al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo di media difficoltà. Al che corrisponde un misero 20 per cento che possiede le competenze minime «per orientarsi e risolvere, attraverso l’uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana». Basterebbero queste due percentuali per far scattare l’emergenza sociale. Perché di vera emergenza sociale si tratta, visto che il dominio della propria (sottolineato propria) lingua è un presupposto indispensabile per lo sviluppo culturale ed economico dell’individuo e della collettività.
Tullio De Mauro, 79 anni, tra i massimi linguisti italiani è stato anche ministro dell’Istruzione
E’ saltata una parte dell’articolo. Rimedio copiandola in un nuovo post. Mi scuso.
Fu lo stesso Tullio De Mauro quasi cinquant’anni fa, in un libro diventato un classico, Storia linguistica dell’Italia unita, a segnalare il contributo non solo della scuola ma anche della televisione nell’apprendimento di una lingua media che superasse la frammentazione dialettale. Si assisteva in quegli anni al declino del dialetto e contemporaneamente al trionfo di quell’italiano popolare unitario che avrebbe portato, secondo le previsioni dei linguisti, a un innalzamento delle conoscenze linguistiche in parallelo con il progresso economico, culturale e civile. Nel 1973, Pier Paolo Pasolini aprì una discussione: il tramonto del dialetto equivaleva per lui all’abbandono dell’età dell’innocenza e all’entrata nella civiltà dei consumi e nell’età della corruzione. Gli fu risposto che la conquista dell’italiano da parte delle classi subalterne, come si diceva allora, era piuttosto la premessa e la promessa della loro promozione sociale.
Alberto Manzi, maestro elementare, condusse dal 1959 al 1968 la trasmissione televisiva «Non è mai troppo tardi». Il programma fu un formidabile strumento di aiuto alla lotta contro l’analfabetismo
Oggi, a quarant’anni da quelle accesissime polemiche tra apocalittici e integrati, tra nostalgici delle parlate locali e fautori delle magnifiche sorti e progressive, sembrano tutti sconfitti di fronte al pauroso ristagno economico, culturale e linguistico. L’allarme lanciato da De Mauro chiama in causa anche il nuovo governo, che finora, ha detto lo studioso, «sembra aver dimenticato l’istruzione». Istruzione e scuola sono i due concetti chiave. Se nel dopoguerra, fino agli anni Novanta, il livello di scolarità è cresciuto fino a una media di dodici anni di frequenza scolastica per ogni cittadino (nel ’51 eravamo a tre anni a testa), oggi si registra, con il record di abbandoni scolastici, un incremento pauroso del cosiddetto analfabetismo di ritorno, favorito anche dalla dipendenza televisiva e tecnologica. Non deve dunque stupire che il 33 per cento degli italiani, pur sapendo leggere, riesca a decifrare soltanto testi elementari, e che persista un 5 per cento incapace di decodificare qualsivoglia lettera e cifra. Del resto, pare che la conoscenza delle strutture grammaticali e sintattiche sia pressoché assente persino presso i nostri studenti universitari, che per quanto riguarda le competenze linguistiche si collocano ai gradini più bassi delle classifiche europee (come avviene per le nozioni matematiche).
Non bisognerebbe mai dimenticare che la conoscenza della lingua madre è il fondamento per lo studio delle altre discipline scolastiche e delle altre lingue (inglese compreso), così come è alla base della capacità di orientarsi nella società e di farsi valere nel mondo del lavoro. Sembrano constatazione banali, ma non lo sono affatto in un contesto in cui l’insegnamento dell’italiano nelle scuole soccombe all’anglofilia diffusa e la lettura, sul piano sociale, è nettamente sacrificata rispetto all’approccio visivo, comportando vere mutazioni psichico-cognitive. Se ciò risulta vero, non è eccessivo affermare che l’emergenza culturale, nel nostro Paese, dovrebbe preoccupare almeno quanto quella economica.
(Fonte: Corriere della sera, 28 novembre 2011)
L’articolo di Camon: lucido, essenziale. Condivido in pieno.
I post sui piccolissimi: bene, il virus della lettura va inoculato in tenera età, anzi addirittura durante la gravidanza. I bimbi che ascoltano la voce della mamma leggere familiarizzeranno non solo con il suono inconfondibile che è la loro mamma, ma anche con i suoni della lingua e domani con le parole delle storie.
Maria Luisa Riccioli hai dato l’nput ai miei ricordi professionali.
Sono d’accordo con te (che seguo nei tuoi interventi). L’interesse per la lettura ha infatti il suo movente nell’avere strutturato , fin dalla prima infanzia, l’interesse e la disponibilità all’ascolto attraverso “il cuntu di lu cuntu” come diceva Basile, ossia attraverso il modello di racconto che le nonne facevano attorno al focolare. Alcuni anni fa l’Università di Palermo ha fatto una esperimentazionenelle scuole elementari ed è risultato che i bambini i quali sapevano leggere meglio erano coloro che da piccoli erano stati affascinati dalle favole raccontate dalla mamma e dalla nonna. In più erano gli stessi che avevano una piccola bibblioteca di favole, racconti e fumetti. Una volta si passava dal “Cuntu” familiare al “cunta cuntu”,. Si trattava di un Tizio che con di un cartellone, raccontava a puntate le storie che lui stesso inventava.Costui svolgeva un ruolo diverso dal canta storie ( Pitrè). Fra costoro che raccontavano c’era un certo Celano,”un cunta cunti” che aveva la sua aula magna a Ballarò.Celano che personalmente ho conosciuto e su cui ho scritto un articolo su una rivista, esprimeva una saggezza oggi scomparsa.
pur condividendo le preoccupazioni di alberto, “convalidate” dalle parole di tullio de mauro, insisto nel dire che parlare, oggi, di analfabetismo di ritorno mi sembra un po’ esagerato.
Eppure i dati parlano chiaro. Ad ogni modo, mi pare che tutti concordiamo sull’importanza della lettura.
Cari amici, grazie ancora per i nuovi commenti.
Grazie, in particolare a: Ausilio Bertoli, Giacomo Tessani, Mattia, Maria Lucia Riccioli, Alberto, Mela Mondì, Angelica, Sergio, Andreina Valastro e Laura.
I comemnti di Andreina Valastro sul tema “lettura e piccolissimi” sono molto apprezzati (grazie, Andreina), così come l’articolo di Di Stefano inserito da Alberto.
La letteratura è in qualche modo “aggredita” dai nuovi media e da Internet in particolare?
Be’, forse sì.
Non c’è dubbio che una giornata rimane composta da 24 ore e che il tempo a disposizione non è “contraibile”.
L’effetto è quello classico della coperta “troppo corta”: se la tiri per coprirti meglio da una parte, ti scopri dall’altra.
Passare troppe ore su Internet, rischia di ridurre il tempo da destinare alla lettura “classica”… quella dei cari vecchi buoni libri.
Questo è il motivo principale per cui ho deciso di ridurre il numero dei dibattiti on line che propongo ogni mese… di modo che possa restare (a voi e a me) il tempo per leggere.
A proposito del tema “libri e piccolissimi”… ho invitato a partecipare al dibattito la mia amica Olimpia Bartolucci la quale – nell’ambito del dipartimento Beni Culturali della Regione Umbria – ha realizzato il progetto “Nati per leggere“.
Di che si tratta?
Ce lo spiegherà Olimpia nei prossimi giorni… intanto qui, tra i commenti… ma presto la inviterò a parlarne anche in radio.
A tutti voi, come sempre, una buona lettura e una serena notte.
Grazie a te Massimo
ciao, max. ho trovato questo articolo di donna moderna publlicato da poco .
è sul tema della lettura.
spero possa essere utile.
Leggere fa bene, ad ogni età. Leggere insieme ai bambini poi, fa bene, a loro e a noi: è un’abitudine da acquisire sin da piccoli e da continuare nel tempo.
Leggendo i bambini sviluppano la fantasia, la capacità di comprensione e di ascolto, imparano vocaboli nuovi che possono memorizzare ed utilizzare poi in altri contesti, sviluppano una relazione più intensa e profonda con chi legge per loro. Non solo, i bambini si identificano nei personaggi che incontrano, nelle storie lette, e questo li aiuta ad elaborare quel che hanno vissuto e stanno vivendo, soprattutto in alcuni momenti di passaggio della loro vita e particolarmente delicati, come l’ambientamento all’asilo, la nascita di un fratellino o la scomparsa dei nonni. Imparano anche a scoprire che in qualche forma ci sono anche nella vita quotidiana i personaggi malefici delle storie e delle favole.
Leggere con i bambini va bene sempre, quando sono piccolissimi ma anche quando crescono un po’ e imparano a leggere da soli.
Quando i bambini sono molto piccoli, saranno felici di ascoltare una voce, calda e rassicurante, che cambia di tono e di intensità a seconda del personaggio interpretato e vedere il volto del papà o della mamma che mima quel che accade, seguire col ditino le scritte e associare le figure disegnate. Anche quando sono in culla e nel passeggino, i bambini provano un gran piacere ad ascoltare la voce di mamma o papà, che raccontano una storia, e a vedere i genitori che maneggiano grandi libri, pieni di colori e figure.
Quando poi i bimbi impareranno a leggere da soli, intorno ai sei anni – anno più, anno meno – sarà comunque bello continuare a farlo insieme a loro. Leggere per loro, ed ascoltarli leggere, in questa fase è molto importante.
Gli esperti ricordano che i genitori sono sempre il primo e il più importante insegnante dei bambini e devono quindi restare pazienti quando i bambini imparano a leggere. Inevitabilmente salteranno qualche lettera, o pronunceranno male le parole ma non vanno mai fermati o interpretati, casomai incoraggiati a ripetere, dicendo che non si è capito bene. Ascoltando i genitori invece, i bambini potranno cimentarsi in letture più impegnative a cui ancora non sono in grado di accedere da soli.
ciao a tutti e auguri di buone feste!
Sono stata referente per la mia scuola del progetto “Nati per leggere” e ho organizzato attività in collaborazione con la biblioteca comunale: non c’è alcun dubbio che la lettura vada proposta anche ai piccolissimi, è nutrimento che non deve mancare, anche se poi si allontaneranno dai libri in certi periodi (a volte durante la preadolescenza). Da adulti torneranno.
E’ importante il bambino capisca che la lettura non è fine a se stessa, ma è uno degli strumenti fondamentali per appagare le proprie curiosità, soddisfare il desiderio di conoscenza, conoscere gli altri ed il mondo,anche perchè ” è importante leggere qualcosa ma è più importante cercare qualcosa da leggere per capire”
In questa mia ottica ho regalato , al bambino di 14 mesi della mia colf, dei piccoli libretti, di carta cartone, su alberi, frutta ed animali(disegno e nome), così sarà letteratitudine anche per lui.
Buon Natale a tutti, a Massimo e famiglia.
Ottima cosa i progetti di lettura per l’infanzia.
I lettori vanno “conquistati” ancora in fasce.
Lancio una provocazione.
Va bene pensare ai bimbi ed educarli alla lettura. Ma i lettori di “mezza età”? Non vanno recuperati?
Idea a seguito della provocazione.
E si pensasse a una fascia giornaliera retribuita (per es. di mezzora) per i lavoratori dipendenti?
Si potrebbero dotare gli uffici di una minibiblioteca dove attingere e leggere per la mezzora quotidiana.
Vi sembra un’idea folle? Sul serio, cosa ne pensate?
(AGENPARL) -Ancona, 21 dic – Promuovere la lettura nelle carceri attraverso la donazione di libri e altri materiali nuovi e usati è l’obiettivo dell’iniziativa “Un libro per un’ora d’aria, dona un libro al carcere” promossa dall’AIB/Marche (Associazione Italiana Biblioteche), in collaborazione con Rotaract, con l’assessorato alla Cultura della Regione Marche e gli editori marchigiani.
“Il progetto – spiega l’assessore regionale alla Cultura, Pietro Marcolini – nasce dalla volontà di far crescere le biblioteche degli istituti di pena delle Marche e sarà realizzabile grazie alla donazione di libri e altri materiali documentari, nuovi e usati, agli otto Istituti penitenziari presenti sul territorio. Si tratta di una piccola azione che cerca però di farsi carico della difficile situazione carceraria, al centro tra l’altro del dibattito nazionale in questi giorni, rispetto alla quale vogliamo dare un nostro contributo perché il carcere possa assolvere alla funzione costituzionale di recupero di chi si trova a viverlo”.
“L’iniziativa – afferma Tommaso Paiano, presidente della sezione marchigiana dell’AIB – si inserisce nel piano delle attività previste dall’associazione per il 2012 e fa seguito a convegni e corsi di aggiornamento professionale per bibliotecari organizzati nel 2011 a sostegno del più ampio progetto sperimentale di sviluppo di una ‘Rete delle biblioteche carcerarie marchigiane’, promosso dal Dipartimento per la Salute e Servizi sociali della Regione Marche ed accolto positivamente anche dall’assessore Marcolini”.
Nel Programma operativo 2011 per i Beni e le attività culturali è prevista l’attivazione di azioni di promozione alla lettura, in collaborazione con gli editori marchigiani, le biblioteche, le associazioni varie, gli enti locali, le scuole, in sinergia con alcuni assessorati regionali quali Sanità, Servizi Sociali, Pubblica Istruzione, per incoraggiare e promuovere la lettura sul territorio, con particolare attenzione alle fasce sociali deboli. Uno degli obiettivi prioritari è quello che riguarda la “Qualificazione del sistema degli Istituti e luoghi della cultura” attraverso cui si intende valorizzare il servizio bibliotecario con azioni dirette a favorire la funzione educativa e formativa delle biblioteche, nonché l’inclusione e la coesione sociale, anche in riferimento alla popolazione detenuta.
I promotori di questa iniziativa hanno previsto una prima fase dedicata alla raccolta del materiale per almeno 4 mesi (da metà dicembre 2011 ad aprile 2012) in tutte le biblioteche e le librerie della regione aderenti all’iniziativa. Dei materiali recuperati verrà fatta un’adeguata selezione e saranno destinati ai vari istituti seguendo logiche non solo di risposta alle esigenze di lettura delle popolazioni detenute presenti ma anche nell’ottica di avviare fondi di specializzazione su tipologie di materiale o argomenti specifici.
La seconda fase, invece, denominata “1 € per un’ora di libertà”, consentirà di sfruttare fino in fondo i documenti che saranno recuperati attraverso la vendita dei doppioni e del materiale ritenuto non idoneo. In alcuni luoghi prestabiliti, saranno allestiti banchetti o semplici scaffali, e ogni pezzo sarà venduto alla cifra simbolica di 1 €. I fondi che verranno raccolti in questa occasione verranno poi utilizzati per acquistare documenti nuovi e mirati, per arricchire ulteriormente il patrimonio delle varie biblioteche d’istituto.
L’AIB/Marche curerà il coordinamento dei vari soggetti coinvolti, i contatti con le istituzioni e la promozione dell’iniziativa, nonché il coordinamento con le biblioteche sul territorio, la realizzazione del mercatino “vendita libri” e la selezione dei materiali.
Ottima, l’iniziativa di lettura nelle carceri.
Ma nessuno ha risposto alla mia domanda di prima. Devo presumere che è una assurdità?
@ Gianni F.
la tua idea mi sembra geniale e la sottoscrivo.
dopo il progetto “nati per leggere” potrebbe nascere il progetto “pagati per leggere” 🙂
scherzi a parte, mi sembra davvero una bella idea.
Grazie. “Pagati per leggere” non è male.
Cari amici, ancora una volta grazie per i nuovi interventi.
Ringrazio Antonella per aver inserito l’articolo pubblicato su Donna Moderna.
Molto interessante anche l’articolo relativo alla iniziativa di lettura nelle carceri.
@ Gianni e Giacomo
L’idea de “Pagati per leggere” ha un che di suggestivo, direi…:)
Ringrazio anche Gabriella, Mela e Loretta.
A tutti voi, una serena notte.
Con po’ di ritardo rispetto all’invito di Massimo, mi inserisco con molto piacere nella discussione aggiungendo qualche informazione in più su “Nati per leggere” (NPL) e raccontandovi brevemente le attività messe in campo dalla Regione Umbria per porre rimedio ai nostri ahimè bassi indici di lettura.
NPL è un progetto nazionale promosso dall’Associazione Italiana Biblioteche, l’Associazione Culturale Pediatri (ACP) e il Centro della Salute per il Bambino (CSB), con l’obiettivo di promuovere la lettura ad alta voce ai bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni. Numerose ricerche scientifiche dimostrano che tale azione, se svolta fin dai primi mesi di vita da parte dei genitori, ha una influenza positiva sullo sviluppo cognitivo e nella relazione genitore-bambino, favorendo precocemente la comprensione del linguaggio, la capacità di lettura, le capacità attentive, le competenze metafonologiche e la ricchezza del vocabolario.
Il progetto regionale umbro “Leggere fa bene alla salute” (2011-2013), alla cui base vi è NPL, si colloca nell’ambito delle azioni previste dal “Piano regionale di Prevenzione sanitaria 2010-2012” della “Direzione Salute e coesione sociale “e vede coinvolti, sinergicamente, per la prima volta, i servizi regionali “Prevenzione sanitaria, Beni Culturali e Istruzione”, in stretta collaborazione con l’ACP Umbria, l’AIB Umbria e l’Ufficio Scolastico Regionale.
Il progetto si fonda su tre assi fondamentali:
1. Promuovere la “lettura ad alta voce” ai bambini attraverso l’informazione e il consiglio dato dai pediatri, ai genitori, in occasione del 2° bilancio di salute (al compimento del 6° mese); favorire lo sviluppo cognitivo e razionale dei bambini attraverso il dono di un libro in occasione del 3° bilancio di salute (al compimento di un anno);
2. Raggiungere, attraverso le biblioteche che aderiscono a “Nati per leggere” (la quasi totalità delle biblioteche pubbliche umbre) il maggior numero possibile di bambini per offrire loro un bagaglio più ricco di competenze cognitive, linguistiche e relazionali; favorire la familiarizzazione dei genitori con la biblioteca quale luogo di integrazione sociale, di contrasto alle disuguaglianze e di libero accesso alle conoscenze;
3. Sviluppare negli adolescenti, attraverso le scuole e le biblioteche, un approccio positivo con la lettura, competenza necessaria per favorire uno sviluppo autonomo e consapevole dell’individuo
Per mettere in pratica tutto questo abbiamo formato i pediatri di libera scelta (circa 120) e i bibliotecari delle biblioteche pubbliche, creato la rete regionale NPL che promuove scambi continui e proficui tra pediatri, bibliotecari e referenti delle 4 ASL dell’Umbria, realizzato l’APP gratuita “Nati per leggere Umbria”, per smartphone e tablet che permette ai genitori di vedere quali libri posseggono le biblioteche umbre e quali spazi hanno allestito per i piccolissimi.
A gennaio avvieremo la formazione di 200 studenti di età compresa tra i 15 e i 17 anni che, in qualità di volontari, leggeranno libri ai bambini presso gli studi pediatrici, le biblioteche, gli asili nido e le scuole materne.
Voi vi chiederete, vista la crisi in corso, con quali risorse sia stato possibile realizzare questo percorso: il progetto è stato promosso dalla Regione Umbria supportata da diversi sponsor privati locali e da un nutrito gruppo di volontari.
Grazie per l’attenzione.
Olimpia Bartolucci
Complimenti a Olimpia Bartolucci. Mi sembra una bellissima iniziativa. Le auguro ogni fortuna.
mi associo ai complimenti di amelia. il coinvolgimento dei pediatri mi pare geniale.
Buonasera! Esisto ancora, ho solo fatto un pò di chilometri per venire a lavorare a Pavia, per l’esattezza alla biblioteca di lettere e filosofia. Qui cataloghiamo libri con avanzati sistemi informatici, carrelli infiniti di testi da scaricare, catalogare, etichettare, organizzare sugli scaffali, volumi impolverati con antiche e nuove date, dalla tavola assira a……. non sono solo titoli in lingua italiana, bensì francese, tedesco, inglese, donazioni, fondi, acquisti, amici ma quanto si è scritto nel corso della storia!!!!!!!!!
Un contrasto stridente con l’era dell’e book, i volumetrici tomi ci accompagneranno ancora con l’elegante suono del farsi sfogliare, mentre imponenti nella loro verticalità riempiono spazio delle nostre case, nella funzione di accompagnatori nelle nostre stagioni esistenziali, spesso in ausilio dell’anima e di nuove aperture.
Quando non è frutto di arido scriba. Quando non è nozionismo. Quando il sapere non sculetta al posto del culo.
BUON NATALE
Rossella
Ringrazio di cuore l’amica Olimpia Bartolucci per gli ottimi contributi. Come fa notare Giacomo il coinvolgimento dei pediatri è partcolarmente importante.
Speriamo che “Nati per leggere” possa crescere e svilupparsi su tutto il territorio nazionale.
Un caro saluto ad Amelia e un abbraccio specialissimo a Rossella che ci scrive da Pavia.
(Vedo che il tuo contatto con i libri è ancora più stretto, cara Rossella 🙂 )
“Prendete un libro. Non ci riuscirete, non potete davvero prendere un libro: nessun abbraccio umano è tanto grande. Però potete provarci, sussurrando a voi stessi che è una cosa che vale la pena di fare, che è qualcosa che fa bene. Potete, anzi dovete provare a prendere un libro. Perché in fondo, tentandoci, potreste ritrovarvi in mano il mondo”.
Geraldine Brooks
Ogni bambino ha diritto ad essere protetto non solo dalla malattia e dalla violenza ma anche dalla mancanza di adeguate occasioni di sviluppo affettivo e cognitivo. Questo è il cuore di “Nati per Leggere”. Dal 1999, il progetto ha l’obiettivo di promuovere la lettura ad alta voce ai bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni.
Recenti ricerche scientifiche dimostrano come il leggere ad alta voce, con una certa continuità, ai bambini in età prescolare abbia una positiva influenza sia dal punto di vista relazionale (è una opportunità di relazione tra bambino e genitori), che cognitivo (si sviluppano meglio e più precocemente la comprensione del linguaggio e la capacità di lettura). Inoltre si consolida nel bambino l’abitudine a leggere che si protrae nelle età successive grazie all’approccio precoce legato alla relazione.
“Nati per leggere”, è promosso dall’alleanza tra bibliotecari e pediatri attraverso le seguenti associazioni: l’Associazione Culturale Pediatri – ACP che riunisce tremila pediatri italiani con fini esclusivamente culturali, l’Associazione Italiana Biblioteche – AIB che associa oltre quattromila tra bibliotecari, biblioteche, centri di documentazione, servizi di informazione operanti nei diversi ambiti della professione e il Centro per la Salute del Bambino – ONLUS – CSB, che ha come fini statutari attività di formazione, ricerca e solidarietà per l’infanzia.
Il progetto è attivo su tutto il territorio nazionale con circa 400 progetti locali che coinvolgono 1195 comuni italiani. I progetti locali sono promossi da bibliotecari, pediatri, educatori, enti pubblici, associazioni culturali e di volontariato.
Per saperne di più: http://www.natiperleggere.it/
Cara Antonietta, grazie mille per i tuoi interventi.
Un saluto a Gabriella, che è intervenuta prima.
Salve a tutti,
condivido l’opinione di Berardinelli laddove dice che:
– il libro di per se’ non e’ un valore, ma lo diviene quando e’ un libro di qualita’;
– la lettura e’ a rischio perche’ non rappresenta un ”senso” o un comportamento immediato, una reazione impulsiva come lo e’, per esempio, il guardare un’immagine in movimento, eccetera.
–
Non lo condivido laddove il famoso critico dice che il lettore ”rischia” di volere divenire un autore o un critico. Perche’ non dovrebbe volerlo, mi chiedo.
–
Inoltre Berardinelli, come fanno tutti, non propone rimedi. Lo faro’ modestamente io:
Soluzione a tali problemi da parte di uno Stato avvertito: spot pubblicitari televisivi di invito alla lettura, finanziamento delle biblioteche e degli editori di qualita’, incremento delle ore di italiano nella scuola dell’obbligo e alle superiori, programmi televisivi di critica letteraria in orari di alto ascolto.
Eccetera. Peccato che i primi non-lettori sovente siano proprio i politici, loro si’ che pubblicano e manco leggono…
Ciao Massimo e Buona Befana a te e a tutti.
Grazie per il tuo intervento, caro Sergio.
Grazie a te, carissimo Massimo. E ad Antonietta per l’ottimo progetto ”Nati per Leggere”. Lo Stato dovrebbe gestire direttamente progetti di questo tipo anche per i troppi adulti non-lettori…
Hai ragione, Sergio. Del resto qualunque progetto pro-lettura è sempre benaccetto da queste parti.