Dicembre 24, 2024

684 thoughts on “SANREMO TRA I LIBRI

  1. Questo post ci terrà compagnia per tutta la durata del Festival (dal 17 al 21 febbraio) e sarà strutturato in due parti (in due tronconi collegati, potremmo dire).
    La prima parte sarà dedicata a questo nuovo romanzo di Alessandro Zaccuri (“Infinita notte”), perfettamente in tema.
    La seconda parte sarà interamente dedicata a questa edizione del Festival di Sanremo.
    Ma le due parti si incroceranno e si mischieranno…

  2. Alessandro Zaccuri (ne approfitto per salutarlo) sarà a disponibile (salvo imprevisti) a rispondere a vostre eventuali domande almeno per i primi due giorni di questo post.
    Nei giorni successivi, invece, ci trasmetterà i pezzi che – nel corso di questa settimana sanremese – scriverà per “Avvenire”.

  3. Qualche domande per Alessandro Zaccuri da parte mia:
    1. Quand’è che ti è venuto in mente di ambientare un romanzo a Sanremo? Come è nata l’idea?
    2. Quanto tempo hai impiegato per scrivere questo libro?
    3. In risposta a Ranieri Polese hai confermato che certi personaggi del romanzo si rifanno a persone realmente esistenti (che tu hai inteso “omaggiare”). Come hanno reagito, costoro, una volta appresa la loro “presenza” nel libro?

  4. In generale, a vostro avviso, contribuisce di più il Festival di Sanremo allo sviluppo della canzone italiana o i Festival letterari (vedi Mantova) alla crescita della nostra letteratura?

  5. Sanremo è stato un sospiro di sollievo dopo la guerra. Pochi sanno, forse, che nacque nel 1948 e che poi fu annullato, nel 1950 perchè non c’erano fondi. Fu un insperato moto di leggerezza in un’Italia semplice, disastrata, che voleva tornare a vivere.
    A cantare.
    Da allora è cambiato con noi.
    Io l’ho sempre seguito. Da bambina, quando in famiglia votavamo fino a sera tardi per vedere chi la spuntasse. E adesso che alle stroncature di mio padre (che dava numeri negativi ai cantanti) si sovrappongono sistemi mediatici per esprimere le preferenze…
    Mi riporta sempre e comunque indietro nel tempo.
    A quell’iniziale sospiro di sollievo.

  6. sinceramente della gara non me ne frega nulla. rimane il fatto che da quel palco è esploso Modugno.
    E che in Italia, il grande pubblico, ha visto per la prima volta (per esempio) wilson picket, gli yarbdirds e gli hollies. se questi ultimi due vi sfufggono andate su youtube a cercare “FOR YOUR LOVE” e “BUS STOP”. Capolavori assoluti

  7. Sono d’accordo con Enrico:)
    Anche se non lo seguo molto, mi sembra importante che resti.
    Con Pippo Baudo a me dava una sensazione di “sicurezza” un pò perché, come scrive Simona, “mi riporta sempre e comunque indietro nel tempo”.

  8. Ne ho sempre scritto pure troppo…l’ho sempre seguito fin da quando ebbi in regalo una radio e si aspettavano i risultati fino al mattino…le canzoni che arrivavano prime erano sempre quelle che mi piacevano di meno. Solo nell’anno che io chiamo di D’Alema…vinse “Fiumi di parole”che avevo scelto anch’io.Di Sanremo mi piace vedere la scenografia, gli addobbi floreali che in alcuni festival del passato sono anche mancati, degli ospiti me ne importa sempre poco. A peggiorare dal punto di vista musicale cominciò Lorenzo Jovanotti che mescolò la politica con il canto italiano: la cosa non mi piacque, come pure le cantanti prime donne troppo esagerate, ma fa parte del sistema. Non mi ha colpito sapere del compenso di Bonolis bensì che la Hutzinger abbia preso anche di più….Se rinasco faccio ginnastica fin da piccola e non vado a scuola ma inforco le cuffie e vorrò imparare almeno quattro lingue.La musica leggera italiana dovrebbe essere la vera protagonista, nella speranza che accada, ho letto i titoli delle canzoni in gara e mi sembrano interessanti ed originali..vedremo. Spero in questa 59^ edizione festivaliera di non dover vedere ne comici che fuoriescono da sotto le sottane di qualcuno, ne baci e bacetti tra conduttori e spalle comiche che tanto comiche poi non sembreranno e tantomeno intervalli di pubblicità ogni esibizione…giuro che tutti i prodotti pubblicizzati non saranno presi in considerazione se appariranno per più di due minuti l’uno…Alla fine, si dice sempre che ci siamo stancati e poi il festival lo vediamo, anzi vorrei che le mie amiche fossero meno pigre per fare dei gruppi di ascolto e giudicare in real time sentendo il parere delle donne in diretta…ma lo so che nessuna di loro ce la farà a stare sveglia come me fino all’ultima nota. Come ricompensa per l’uso del mio canone spero di potermi divertire un po’. Domanda difficile: chi ci sarà seduto vicino a Del Noce? Oddio, farà l’en plein per tutta la settimana sempre lei…Vi assicuro non è invidia la mia, figurarsi, io me ne starò bella sdraiata sul divano con una bibita in mano col caldo pigiamino, mentre le donne di primafila, con le tempie piene di molle ricucite, con tacchi da venti centimetri e i piedi doloranti faranno la parte di chi capisce tutto e sa tutto e merita tutto…Niente di più falso. Buon divertimento se ci sarà consentito…tra una polemica e l’altra…e forza che arriva Mina col suo Puccini. Forse è solo l’inizio di un miglioramento insperato…la 60^ edizione del Festival avrà delle sorprese ancora più grandiose…guarderanno tutti ancora più verso l’alto!

  9. Contribuisce più Sanremo alla musica che Mantova alla letteratura e anzi pemmè sanremo contribuisce pure di più alla letteratura.
    Non solo Modugno, ma ci sono passati molti cantanti e anche interessanti. E’ il luogo dove si è cristallizzata una tradizione italiana, un tipo di gusto e io non nascondo di averci trovato anche in tempi non troppo remoti dei brani interessanti. E’ la canzone melodica e ha dei suoi canoni. Poi c’è tutto un contorno, che alle volte è stato efficace altre ai limiti dell’inverecondo, spesso specchio fedele di governi e temperature nazionali. Non è detto che sopravviva perchè la nazional popolaritudo va assumendo altre forme, i giovani guardano molta meno televisione e sanremo è meno stereotipico e paradigmatico di un tempo. Tuttavia quest’anno c’è Bonolis, ed è solo perchè Massimo ama nei suoi commentatori gentilezza e grazia che non esternerò completamente quanto poco stimi Bonolis. Pure Bonolis è sintomo dei tempi, che in effetti fanno schifo – e dunque potrebbe farcela.
    Ma fosse per me, mi farei un sanremo a suon di fiorello.
    Allora si.
    te so piaciuta Massimo
    PPPP
    😉

  10. Sanremo non è musica.
    Bene ha detto Simona Lo Iacono, serviva alla nazione costruirsi una consuetudine di leggerezza dopo l’orrore e Sanremo lo ha fatto.
    Serviva far nascere un “Oscar” de’ noantri, con polpettoni e capolavori scoperti per caso.
    La musica italiana era rinata col grande Mimmo Modugno, insieme ad autorevoli suppellettili come Tajoli, Pizzi e il buon reuccio Villa e vivificata ogni tanto da qualche brano napoletano ( è stata probabilmente quella la vera e riconosciuta musica italiana nel mondo) dopo la fine del melodramma (parlo di fine creativa, perchè il melodramma è più che vivo).
    Negli anni è diventato un fenomeno Barnum con polemiche costruite ad arte e con qualche botta di fortuna nel far apparire qualche erede della grande melodia (Ranieri, Ramazzotti, Pausini), per il resto sembra “l’isola degli scordati”, ogni anno riappare qualche dimenticato della storia.
    E’ lo specchio falso di quello che siamo, di come ci vuole vedere il mondo, “spaghetti & mandolino.
    E’ l’angolo dove le nazioni ci vorrebbero relegare insieme con Camorra, Monnezza & Mafia (vedi l’applaudita presenza di Tony Renis qualche anno fa), mentre noi siamo altro; siamo quei quatro/cinque ragazzi ricercatori di Torino (credo) che fanno muovere una sedia a rotelle col pensiero, usando attrezzature comprate da loro e reggendo i microchip’s con nastro adesivo da imbianchino; siamo quelli che in provincia di Napoli costruiscono parti dello Shuttle (poi sappiamo che l’elenco sarebbe lungo).
    Sanremo non siamo noi, non ci rappresenta.

  11. Meno male che qualcuno che ancora non si allinea coi misfatti di costume nazionalculturali esiste ancora. Non sapete quanto io mi senta dalla parte dei ricercatori…infatti alcuni di loro mi hanno detto le stesse cose che scrive Francesco Di Domenico Didò….
    Appena finiranno anche questi cinque giorni dirò una talcosa che riguarda proprio qualcuno che mi sta molto a cuore, sono certa che il “grande Bonolis” non avrà dedicato a costoro neanche un minuto…Prima però di affondare il dito nella piaga fateci sentire almeno questi brani…criticare per affossare a tavolino non mi garba.
    E’ vero che le risorse di certi ambienti di grande scienza lasci molto a desiderare e non mi posso dimenticare di un mio amico che malato grave doveva portare da casa garza e ovatta per sottoporsi a terapie di chemioterapia…Sappiate che se amo la musica è proprio per evitare di diventare l’ennesima cavia di un sistema che fa acqua nei luoghi meno impensabili…e che in questi giorni sono finalmente sotto inchiesta.
    La distribuzione equa dei beni di questa società avviene con molta difficoltà.
    Ora in questo momento, Bonolis sta dicendo che Benigni è in grado di affrontare cose forti con la leggiadria di un acquarello….Vedremo!
    La cosa più bella che accade intorno a Bonolis è avere Laurenti…con il quale si attua il vero senso della vita che è quello di aiutarsi a vicenda….almeno questo.

  12. A me Sanremo piace molto, è un po’ come il Natale: ci si sente un po’ più uniti!… Penso che mi mancherebbe, se non ci fosse più!
    Una delle immagini che mi torna più spesso alla mente è una timidissima Laura Pausini tenuta “a battesimo” da Pippo Baudo. E ora è una star internazionale che, come ha raccontato una volta a Fabio Fazio, non ha tre giorni consecutivi per sé.
    La precedente edizione condotta da Paolo Bonolis mi era piaciuta proprio tanto: l’avevo trovata molto innovativa, e lui, Bonolis, aveva superato parecchi imprevisti, uno dei quali proprio tragico, con grande arguzia e professionalità.
    Sono curioso di vedere Luca Laurenti, che seguo con piacere dagli inizi – quando lavorava con Gianni Ippoliti -, ma che non riesco ad immaginare in un contesto simile!

  13. Mio Dio, @Gabry,
    non vorrei passare per “benealtrista”, il “c’è ben altro da fare non mi appartiene, la questione è che abbiamo uno strumento-fenomeno di portata mondiale, paragonabile agli Oscar e lo usiamo malissimo.
    Bonolis & Laurenti sono una coppia formidabile, hanno trasformato una banale reclame di caffé in un divertentissimo avanspettacolo, spero facciano bene, almeno questo.

    Mi scuso con l’amico @Zaccuri, di cui non ho letto ancora niente, di non averlo citato, ne salutato e rimedio subito. Anzi, vorrei leggere qualche commento di qualcuno che lo ha già letto: chi sa’ parli.
    Benvenuto Alessandro Zaccuri.

  14. non mi toccate bonolis. la sua edizione del festival è stata una delle migliori. spero che questa superi la precedente.

  15. ah……….. oggi vado a comprare il libro di zaccuri. di pomeriggio leggerò il romanzo,di sera vedrò il festival. che bello

  16. Ad Alessandro Zaccuri.
    Raccolgo l’invito di Massimo e le faccio alcune domande:
    Che rapporto ha con il festival di sanremo? Il suo libro,che non ho letto ma leggerò con piacere, contiene anche metafore? sanremo può esser visto come metafora della società?

  17. Comunque,io sono molto legata a sanremo. per me è stato un appuntamento periodico che ha scandito la mia crescita. Dal palcoscenico dell’Ariston sono apparsi nomi destinati alla celebrità. Modugno, ma in tempi più recenti Vasco Rossi, Zucchero, Ramazzotti, Pausini, Bocelli.Vi pare poco?

  18. Mon Dieu, @Francesco Di Domenico Didò,
    lancia il sasso lei e poi scarica la rabbia sugli altri…
    Se c’è una che ha sempre difeso Sanremo, quella sono io. Sono almeno dieci anni che scrivo a tal proposito nel web.
    Ho solo risposto a dovere al suo post…e quindi chi è causa del suo mal pianga se stesso.
    Arrivederci e buona scapigliatura vi lascio nella vostra impresa di tiro al bersaglio….Il libro lo leggerò solo se me lo regalano…del resto se non comprano i miei di libri dove su Sanremo parlai prima io…non vedo cosa poter fare di diverso…A me il merito di aver scritto una ballata su un Sanremo che mi piacque molto, peccato che Wiki….parli di tutto tranne delle cose utili a qualcosa…Quindi non lo dico io, ma altri: forse Sanremo non è tutto nella vita? (c’è il punto interrogativo, notate.)Bye

  19. ho iniziato la lettura del libro di zaccuri da qualche giorno e mi sento già catturato dalla storia e dai personaggi. vi dirò meglio a lettura completata.

  20. Martina ha ragione. Sanremo ha scandito anche molti attimi della mia vita.
    Oltretutto, quest’anno, la “giuria di qualità” è composta da professori d’orchestra, quindi dovrebbe essere veramente “di qualità”.
    Concordo pienamente con Didò sull’efficacia dell’accoppiata Bonolis-Laurenti.
    Speriamo in bene!

    Mi unisco al Benvenuto per Alessandro Zaccuri.

  21. Sanremo è la facciata godereccia di un’Italia che economicamente sta andando alla deriva. Luci fosforescenti, nastrini colorati e gambe scoperte. Opulenza e lusso sfrenato. Cifre da capogiro ai presentatori e bella vita. Negli ultimi anni la televisione ha incrementato i programmi demenziali tipo Grande Fratello, Isola dei famosi, quiz e ruote della fortuna a discapito di quelli impegnati. L’audience prima di tutto. I poveri albanesi sognano l’Eden e sbarcano a frotte. Bonolis mi è antipatico da quando in una sua trasmissione lo vidi invitare maghi e imbonitori che parlavano con l’aldilà. E lui li intervistava a bocca aperta, falsamente interessato e affascinato dalle sciocchezze che dicevano. In questo modo alimentava il loro giro di affari, sulla pelle di tanti poveri creduloni. Ma perchè non l’hanno fatto presentare a Fiorello? Genuino rappresentante dell’arte sicula? Ogni anno si inventano polemiche per creare un clima di attesa che innalzi l’audience. Sempre l’audience. Quest’anno hanno scelto il brano di Povia e la sua storia dell’omosessuale pentito. Come se essere omosessuali fosse una colpa di cui pentirsi. Libero amore in libero Stato. E libera espressione artistica. Io sono un eterosessuale pentito da quando ho conosciuto Didò, omaccione dal fascino perverso a cui non si può resistere. Il libro di Zaccuri non l’ho letto e quindi non sono in grado di dibatterne.

  22. Martina, si. Secondo me il festival può rsppresentare una metafora dell’Italia.
    Ti segnalo questa recensione di Copes
    http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2009/02/10/infinita-notte-di-alessandro-zaccuri/
    ***********
    Infinita notte – di Alessandro Zaccuri

    Posted by lapoesiaelospirito on February 10, 2009

    di Guido Copes
    *
    Ci sono due modi di raccontare il mondo al tempo del Grande fratello e di Facebook. Si può rappresentare il funzionamento dei mezzi di comunicazione e delle reti sociali e la loro influenza sulle persone; oppure mostrare la realtà con la consapevolezza che si tratta, da sempre, di un sistema complesso, fortemente interconnesso e con migliaia di variabili.

    Infinita notte è il racconto di un’ipotetica sessantesima edizione del Festival di Sanremo, dunque riguarda i vecchi e nuovi media, la «sfida dei linguaggi, tradizione e contaminazione», ma l’intento dell’autore è innanzitutto quello di mostrarci un distillato della società italiana, di cui il Festival può essere considerato «la grande metafora», ovvero «il racconto collettivo di una società affaticata ma non arresa» (p. 46).

    Tra gli individui calati a Sanremo per la gara canora, infatti, si trovano significativi rappresentanti dell’Italia ignorante, arrivista, fragile, corrotta e multirazziale di oggi. Come Miles De Michele, il manager di mezza età colto e sensibile che si innamora di una fatale mauriziana, Jeanne, finendo complice della mafia russa, ovvero dell’anziana Babushka. Oppure Francy e Vanessa, studentesse desiderose di mettere in pratica ciò che della vita hanno imparato dalla televisione. O Gabriele Ricasoli, in arte Gabo, figlio di un dirigente Rai che contesta il sistema dello spettacolo come mezzo per entrarci. O Raffaele Maria Ferri, l’autore di un best-seller cooptato come autore del Festival. Ciascuno porta a Sanremo i suoi piccoli drammi, le delusioni, i conflitti irrisolti, ma su tutto aleggia l’atmosfera leggera e festaiola della kermesse televisiva, tipica ormai di una certa autorappresentazione dell’Occidente, a cui si riferisce la frase di Solženicyn in epigrafe, tratta dal suo celebre discorso di Harvard del 1978: «Tanta allegria, e perché poi?».

    Zaccuri passa con disinvoltura da un personaggio all’altro, modulando mimeticamente un raffinato plurilinguismo, anche se in sottofondo permane la sua voce di narratore coltissimo, che non perde occasione per accennare, alludere, citare, in un complesso gioco di rimandi che a mio parere serve anche per intimidire, a scopo dissuasivo, volenterosi ma superficiali recensori. Stando al gioco, suggerisco di leggere, come introduzione al testo, i romanzi Adesso viene la notte di Ferruccio Parazzoli e A che punto è la notte di Fruttero e Lucentini.

    La trama scorre fluida, ma ogni tanto appare forzata o poco probabile, risultando così, nel complesso, più che verosimile. Il tema principale è forse quello del rapporto tra padri e figli, come nel precedente romanzo Il signor figlio, basato sulla tormentata relazione tra un immaginario Giacomo Leopardi fuggito in incognito a Londra e suo padre Monaldo. Anche qui ci sono dei figli colpevoli di aver superato il padre, o di credersi migliori di lui, ovvero Miles (Michele), Gabo (Gabriele) e Raffaele, che però in vari modi risolvono il problematico rapporto col genitore, lasciato invece in sospeso nella storia precedente, dove a mio avviso simboleggia la relazione degli uomini col Padre nella modernità (in generale Il signor figlio può essere letto come una metafora della parabola della modernità, dalla ribellione nei confronti del Padre ai tentativi più o meno inconsci di riconciliarsi con Lui).

    In Infinita notte, ovvero agli inizi della post-postmodernità, i tre personaggi fanno pace col genitore (o con la sua rappresentazione), con modalità tipiche degli arcangeli da cui prendono il nome. Miles, dopo aver combattuto e vinto a caro prezzo la tentazione di abbandonarsi a un’insana passione con Jeanne, umilmente si riconosce simile al padre, semplice emigrato negli Stati Uniti che col suo lavoro gli ha permesso di studiare e farsi una posizione. Gabriele manda un messaggio dal palco dell’Ariston al genitore in platea, ma tra loro c’è l’implicita mediazione della televisione che rende la comunicazione falsa e un po’ stucchevole. Raffaele, infine, “guarisce” il padre accorrendo al suo capezzale e permettendogli di lasciargli un’ultima raccomandazione.

    Il libro si apre e si chiude con due sequenze di immagini crepuscolari. La prima, dai toni apocalittici, riguarda il «popolo senza guida» che giunge nella cittadina ligure per assistere al Festival. La seconda, sobria e intimista, rappresenta Gabriele a Roma accanto al padre morente. In entrambi i casi, il testo in corsivo sembra la sceneggiatura di un film. Sono due scene molto simili, dal forte impatto iconico, che però vengono percepite in modo diverso.

    La prima scena, esposta senza mediazioni con lo scopo di suggerire un’atmosfera, ovvero il mondo in cui si svolge la storia, viene colta per quello che è, cioè una sequenza cinematografica o televisiva simile a tante altre a cui siamo abituati. In seguito, però, il nostro modo di guardare lentamente cambia, perché l’autore, mostrandoci il reality show del Festival, ovvero facendoci immergere nel male del mondo e della nostra società, ci guida in un percorso di svelamento, decostruzione e presa di coscienza dei meccanismi che regolano lo show business e la realizzazione dei prodotti televisivi.

    Negli ultimi capitoli siamo così in grado di apprezzare la canzone cabalistica presentata al Festival da Britney Spears, Zohar (prima di questo libro Zaccuri ha pubblicato un significativo saggio intitolato In terra sconsacrata, sulla persistenza del sacro nella cultura contemporanea). Si tratta di uno dei passaggi più significati della storia, nella quale, come nella vita reale, si notano soprattutto le azioni degli uomini, ma le autentiche svolte dipendono dalle donne, la cui importanza risalta in modo particolare in relazione al campo semantico della vista. Infatti, i personaggi femminili si vedono principalmente attraverso lo sguardo degli uomini, ma col loro corpo veicolano dei messaggi capaci di smuovere passioni sopite e provocare cambiamenti decisivi, nel senso della perdizione o in quello della salvezza.

    La bella Jeanne seduce Miles con l’intenzione di ricattarlo, ma la vittima designata vede in lei qualcosa di speciale e la rispetta, dando inizio a una trasformazione che la porta ad assomigliare sempre più alla sua eroina Giovanna d’Arco. Invece, l’immagine “sacra” di Britney Spears sul palco dell’Ariston diventa, suo malgrado, strumento della Grazia che illumina Francy, suscitandole la nostalgia di Dio. Alla fine, però, la vera luce viene dalla Madonna, ovvero dall’icona della Madre della Tenerezza regalata a Miles da Babushka. Nel suo sguardo carico d’amore Miles trova la pace, mentre noi concludiamo il nostro percorso iniziatico, essendo pronti per capire l’ultima scena.

    Quasi senza accorgercene, infatti, nel corso della storia abbiamo imparato a “leggere” le immagini, mentre lo sguardo amorevole della Madonna ci apre le porte di un’altra dimensione, rendendoci capaci anche di “sentire” l’ultima sequenza. A differenza di quella iniziale, qui non domina l’impressione della decadenza, perché nei gesti di Raffaele percepiamo l’amore per il padre, che, anche se non può guarirlo dalla malattia, lo accompagna in alto, oltre la notte del mondo, nell’infinito amore di Dio.

    Verso quella meta dobbiamo rivolgerci anche noi, sembra suggerire l’autore, se vogliamo portare un po’ di luce nella nostra vita. Come disse Solženicyn a conclusione del suo discorso, infatti, «nessuno, sulla Terra, ha altra via d’uscita che questa: andare più in alto».

  23. Sanremo non è mai del tutto autonomo. Altrimenti non si giustificano certe presenze e certe esclusioni. E non rappresenta la musica italiana. (Claudia Mori)

  24. Cosa ne pensate del Festival di Sanremo?
    “Rimane un importante appuntamento nazionale. Offre ancora buona musica e svago”

    Fino a che punto ha contribuito, nel tempo, alla crescita e alla diffusione della canzone italiana?
    “Ieri un po’ di più. Ma anche oggi. Infatti gli addetti ai lavori considerano il palco dell’Ariston una vetrina importantissima per il lancio delle nuove canzoni”

    Ritenete che abbia contribuito anche alla internazionalizzazione della cultura italiana e dell’immagine dell’Italia nel mondo?
    “Credo di si”

    In generale, a vostro avviso, contribuisce di più il Festival di Sanremo allo sviluppo della canzone italiana o i Festival letterari (vedi Mantova) alla crescita della nostra letteratura?

    “Contribuisce di più il festival letterario di Mantova allo sviluppo della canzone italiana (una risposta scherzosa che si affiancha a quella di zauberei)”

    E questo Festival? Vi sembra all’altezza dei precedenti? Meglio? Peggio?
    Su quale canzone puntereste?
    “vedrò e risponderò. ammé bonolis…. me piace”

    Anzi, domanda secca: chi vincerà?
    “spero Francesco Renga”

  25. Mi ricollego all’intervento delle ore 12.06 di Salvo Zappulla.
    Secondo me non è giusto paragonare Sanremo al Grande Fratello (e ai vari fratellini e sorelline che sono venuti dopo).
    Soprattutto per i cantanti emergenti.
    Sì, è vero, a Sanremo traspare l’opulenza, ma i giovani che vi partecipano non lo fanno semplicemente per assaporare il brivido della notorietà, ma perché hanno un sogno preciso: affermarsi come cantanti.
    Il palco del Festival della Canzone Italiana, in tutta la sua imponenza e fastosità, dà questa opportunità.
    Noi non vediamo persone disposte a comportarsi come animali allo zoo, disputandosi sentimenti propri e altrui come fossero banane, per attirare l’attenzione del pubblico; ma assistiamo ad una nobile gara canora in cui ogni cantante a trasmette il proprio impegno, la propria passione, e la propria emozione.
    Un’emozione che ogni anno mi piace riprovare!

  26. ROSE ROSSE PER VOI…
    🙂
    Sono sanremese oggi!
    Mah… quando ascolto una batteria di canzoni nuove non capisco granché, preferisco invece gustarle alla radio a poco a poco.
    Sanremo nel bene e nel male è lo specchio deformante del paese: è ciò che siamo, è il modo in cui veniamo percepiti – gli anni Sessanta diventati eterni – , il modo in cui vorremmo essere.
    Gli anni di crisi per il paese coincidono con Sanremi sfarzosi e narcotizzanti.
    Credo che comunque per la lingua italiana e la letteratura Sanremo faccia più Mantova, sicuramente. Non sapevate che il padre dell’italiano non è Dante ma Mike Bongiorno? Senza la rivoluzione televisiva, che portò spettacolo, cultura, notizie, IN ITALIANO, l’unificazione linguistica del nostro paese sarebbe stata più lenta e sicuramente diversa. La tesi non è mia ma di fior di linguisti.
    Sanremo ti dà la canzonetta ma anche la canzone impegnata, il personaggio che puzza di naftalina e quello che olezza di latte o cannabis, la velina campionessa di salto del letto e la cantautrice…
    Posso dire i miei preferiti? Giuni Russo commovente, che partecipò con dignità e la solita grandezza prima di lasciarci. Elisa, grande star. più della Pausini, grade a prescindere da Sanremo, Modugno – un mito assoluto…
    Per quest’anno non ne ho idea.

  27. Caro Sergio, non ho paragonato Sanremo al grande fratello, ho solo puntualizzato che in Italia c’è un proliferare di trasmissioni demenziali. Che comportano costi abnormi. Tutto questo mentre agli italiani si chiede di stringere la cinghia. E mancano i soldi per la benzina delle auto della polizia. E si riducono i fondi per gli ospedali. Non voglio recitare la parte del comunista conservatore, ma credo si sia superato il limite alla decenza. Dare tutti quei soldi a Bonolis lo trovo di pessimo gusto. Non dimentichiamo che la televisione è ancora il principale mezzo di informazione e sarebbe opportuno che puntasse soprattutto su un’informazione di qualtà e di educazione alle masse. Sanremo è varietà, divertimento, gioco, ma non lo annovero certo tra i programmi educativi. In quanto ai giovani talenti, mi auguro per loro che non abbiano dovuto fare la fila dietro la porta dei politici per superare la selezione ( Ho visto la tua foto nel blog. Tu sì che sei un grande esempio da seguire. Un abbraccio).

  28. Be’, mi pare che questa edizione del Festival di Sanremo sia partita proprio bene.
    Ho appena visto il video di apertura di Mina, l’interpretazione di Dolcenera e quella di Fausto Leali… nonché il duetto Bonolis-Laurenti.
    Per il momento – tutto sommato – pollice in su…

  29. Vi porto i saluti di Alessandro Zaccuri. L’ho beccato mentre era in viaggio e mi ha detto di dirvi che avrebbe fatto il possibile per intervenire.
    Ehm… vi confesso una cosa.
    In verità questo post avrei dovuto pubblicarlo qualche giorno fa. Alessandro mi aveva detto che con l’inizio della settimana sanremese sarebbe stato impegnatissimo. Se non dovesse intervenire, dunque… mea culpa.
    Ma sono ottimista…

  30. premessa:mi diverte molto san remo, visto in famiglia con i piedi all’aria e sanguinaccio al cioccolato e savoiardi,però…non prendiamoci troppo sul serio,inolttre dove c’è musica c’è sempre un linguaggio universale, anche se a vari livelli,magari preferisco il jazz o altro,però adoro tutto il cosmo musica!
    bonolis, è ok, solo gli ingaggi veramente troppo alti, cacchio e la Montalcini quanto dovrebbe prendere?
    comunque,dolcenera mi è simpatic,leali mi sa di plagio, il ritornello l’ho già sentito…da chi? amico che voli di eduardo de crescenzo con un accordo leggermente cambiato, le note sono sette, vabbè, tricarico è troppo drepesso, w i giovani….però ragazzi del blog non trovate i testi più o meno molto banali?che ne dite di mandare qualcosa scritto da noi???:-)))
    MINA mitica per sempre,la voce mi da i brividi ma sarebbe bello vedere lei dal vivo.
    vi lascio, mi sento sanremo e poi ne parliamo.
    la patti pravo la adoro e la consiglio dal vivo,l’ultimo testo era stupendo.
    baci

  31. però che tristezza la patti senza voce….il tempo che passa inesorabile e i danni del cioccolato con i savoiardi, mi sa che quest’anno non mi vedrò tutte le serate. salutissimi

  32. Mi aspettavo un po’ di più dal video di apertura della sempre splendida e mitica Mina.
    Dolcenera mi ha convinto.
    Fausto Leali mi è parso un po’ incerto in certi passaggi (considerati i suoi standard).

    A dopo…

  33. vi prego non fate vincere renga,lo trovo banalotto e con una voce “monotono”,nonchè monotona.

  34. Sai cos’è la Mina è sempre grande ma per l’apertura poteva concedersi di più o magari con una coreografia diversa,più ricca, lo sapete che la Bellucci aveva chiesto 300mila euro per gettone presenza??? e non sa neppure cantare, forse nemmeno recitare, in questo noi italiani diventiamo proprio deficienti,eh?
    a dopo

  35. massimo, non saprei se fosse emozionata la patti ,ma non era in forma come voce,o causa raffredore o età,mi aspettavo di più ma il testo è bello,solo che faccio comparazioni con E dimmi che non vuoi morire, che per me era fantastica.

  36. Il Maugeri lo vedrei benissmo a presentare Sanremo. Bello, figo e anche intelligente. Altro che Bonolis!!!

  37. La Patti aveva qualche problemuccio con la dentiera, pare le si sia impigliata nelle tonsille (voci di corridoio).

  38. Tornando seri…
    Francesco Renga mi piace. E lo preferisco senza dubbio come cantante che come autore di racconti (Feltrinelli).
    Questa nuova è una canzone “classica” con un bella melodia… e con un passaggio che ricorda (un po’ troppo?) qualche nota del “Nessun dorma”

  39. bravo massimo,ci cantavo su proprio alcuni brani del nessun dorma,diciamo che non lo preferisco in questa veste.

    salvo, forse la patti se l’era ingoiata la dentiera e le era rimasta sullo stomaco risalendo con un rigurgito. Secondo me maugeri andrebbe benissimo a sanremo e poi forse suda meno di bonolis….vero?
    ma massimo tu li avresti dati 300mila euro alla bellucci??
    continuiamo…

  40. benigni vale da solo il festival,mi piace sempre, carnale e bravo.
    vi saluto anch’io….
    a domani
    buonanotte

  41. @francesca. Massimo è come il prezzemolo, lo puoi mettere dappertutto. E non suda. O se suda, dispensa stille dorate. A Catania è in corso la sua beatificazione.

  42. @salvo permettimi di organizzare un pulman da napoli con i fedeli,dopo il sangue di san gennaro le stille dorate saranno un delirio per noi partenopei….

  43. Abboh.
    Io so radicale se vede, e il festival però mi interessa sempre.
    Confermo però che Bonolis per me è tremendo.
    E per quanto adori Benigni non ci doveva andare. Le discriminazioni non si coprono. Le canzoni non sono mai solo storie – ma sempre opinioni. L’umorismo di Bonolis è triviale e sessista. Insomma io lo trovo rivoltante.
    E rimango sempre un po’ perplessa davanti alle femmine che lo elogiano.
    Mah.
    Vedrai un successone.

  44. GABRIELE FERRARIS – LA STAMPA del 18/2/09
    INVIATO A SANREMO

    Lo ammetto, è frustrante. Mentre scrivo, va in onda la prima serata del Festival di Sanremo, e quindi ignoro l’unica notizia che conta per il Festival di Sanremo: quanti spettatori hanno visto la prima serata del Festival di Sanremo. Voi, se vi interessa, stamattina lo vedrete su televideo. O su internet. E’ la pena della carta stampata: i nuovi media soffocano i vecchi media.

    Ho però sensati motivi per supporre che gli ascolti della prima serata non saranno tali da esaudire appieno le speranze di Fabrizio Del Noce. Egli ha riportato Bonolis al timone del Festival convinto che Bonolis possa ridare al Festival la platea dei bei tempi andati. Temo invece che neppure Bonolis ce la farà. Vale, anche per Sanremo, il suesposto principio: i nuovi media (pay tv, web tv, internet) soffocano i vecchi media – nel caso, la tivù generalista.

    Capisco di prendere un rischio forte, con una simile profezia al buio: e in fondo vorrei sbagliarmi, per la simpatia che m’ispirano il sor Bonolis e il suo Circo Barnum, nonché Fabrizio Del Noce che sulla resurrezione del Festival «ci gioca la faccia».

    L’appello di Noisette alla nazione è struggente: «Il Festival è un evento a cui tutti sono affezionati e se non ci fosse più ci mancherebbe. Aiutateci a tenerlo in piedi, guardate il Festival». Purtroppo la Storia, maestra di vita – e di audience, che fa parte della vita – dà indicazioni diverse da quelle del direttore di Raiuno.

    Poiché ogni articolo di giornale dovrebbe offrire ai lettori o notizie (e la Notizia, quella degli ascolti, non posso fornirla) o quantomeno decenti spunti di riflessione, tenterò di offrire ai lettori un decente spunto di riflessione sull’improba difficoltà della missione bonolisiana.

    La prendo larga. Nel 1346, durante la Guerra dei Cent’anni, a Crécy si fronteggiarono gli arceri inglesi armati dei loro long bow, e la possente cavalleria feudale francese fino ad allora regina delle battaglie medioevali. I cavalieri francesi caricarono senza paura, e gli arceri inglesi li infilzarono come tordi. Fu una sconfitta inaudita, e non prevedibile.

    Una sessantina d’anni dopo, nel 1415, arceri inglesi e cavalieri francesi si ritrovarono di fronte, sui campi di Azincourt: i cavalieri francesi caricarono senza paura, e gli arceri inglesi li infilzarono come tordi. Di nuovo la sconfitta fu inaudita, ma stavolta potevano prevederla: erano definitivamente mutati i tempi, le armi, le tattiche. Avessero caricato altre cento volte, con cento generali diversi, i cavalieri francesi sarebbero comunque finiti infilzati come tordi.

    Mettiamola così: la cavalleria feudale è il Festival, la tivù generalista, l’Evento che raccoglieva l’ecumene televisiva vincendo le battaglie degli ascolti; gli arceri inglesi sono i nuovi media, agili ed essenziali, espressione di un mondo cambiato. Sanremo 2008 è stato Crécy: Baudo. infilzato dal pubblico distratto dai nuovi media, perse d’un colpo tre milioni di spettatori rispetto al 2007, scendendo da 12 a 9 (Sanremo aveva impiegato 18 anni per perderne altrettanti, dai 15 milioni del ’92 ai 12 del 2007). E se Sanremo 2008 fu Crécy, cosa pensate che potrebbe essere Azincourt?

    Bonolis è in gamba, e la curiosità per il suo Sanremo lo aiuta: ma non ha più dalla sua né l’unicità del mezzo, né l’unicità del messaggio. Esistono centinaia di schermi (mezzi) alternativi a quello generalista. E il Festival (il messaggio) non può più offrire nulla di esclusivo, tutto è visto e visibile ad ogni ora del giorno e della notte: cantanti, presentatori, comici, trans, baci, insulti, polemiche, donne nude, fenomeni da baraccone, saltimbanchi, star del cinema, incantatori di serpenti; e se pure, per mostro o miracolo, accadesse a Sanremo qualcosa di imperdibile, il non-spettatore se lo vedrà, quando gli garba, sul web. Non è certo che Bonolis fallisca; ma se pure quest’anno risollevasse gli ascolti del Festival, non ne cambirebbe il destino ultimo. La crisi sarebbe soltanto rimandata, come certe battaglie fortunate o eroiche possono rinviare, ma non scongiurare, il crollo degli imperi.

    Dopo Crécy, per quella certa idea di Sanremo che Del Noce vorrebbe salvare il collasso è ineluttabile. I bookmaker danno a 1.80 l’ipotesi che il Festival chiuda definitivamente entro il 2011. E forse, per quel che ne so mentre scrivo, già ieri sera è andata in onda la battaglia di Azincourt, in diretta dall’Ariston. Il che, tutto sommato, era un buon motivo per guardare il Festival.

  45. (AGI) – Sanremo, 18 feb. – L’Auditel premia subito il Festival di Sanremo 2009, condotto da Paolo Bonolis: ieri, prima serata della rassegna, sono stati 14 milioni e 173mila i telespettatori, con share del 47,10 per cento. Un anno fa i telespettatori erano stati 9 milioni e mezzo, con share del 35,01 per cento. Un incremento dunque rispettivamente di circa 4 milioni e 655mila telespettatori e del 12,09 per cento. Se si prende invece a riferimento l’edizione del 2005 condotta dallo stesso Bonolis, i telespettatori nella prima serata erano stati 16 milioni e 599mila, con share al 54,69 per cento.

  46. I necrologi sui Festival di Sanremo che verranno non mi convincono più di tanto. E questo festival, dopo aver visto la prima puntata, mi pare ben riuscito e in ottima salute.

  47. Sinceramente tanti anni fa lo seguivo di piu’, il Festival, ero piu’ ragazzina e registravo tante canzoni con il Geloso….e cosi’ ce ne avevo tante subito…come si fa forse ora con internet….che si scarica tutto…… – negli ultimi anni mi ha annoiato e piano piano non l’ho piu’ seguito, anche perhe’ lo portano troppo a lungo nell’orario ed io…non mi vergognio a dirlo – non ce la faccio e mi addormento……
    ieri sera ho voluto vedere l’inizio, la tanta attesa mina…ma subito dopo abbiamo messo un film per rilassarci di piu’……… – Forse mi sono persa Benigni…che a me piace molto….ma chi ce la fa’ ad arrivare a ore tarde….io non piu’………. mi devo alzare troppo presto il giorno dopo –
    mi dispiace di questo…..mi perdo un sacco di belle cose che fanno sempre troppo tardi…..per pochi eletti…….alle ore 21 solo scempiaggini……ma sanremo non lo e’ – e’ una trasmissione importante per molti – saluti a tutti anna di mauro

  48. @tutti: ci sono!
    solo che, come diceva troisi, io sono solo e voi siete tanti
    ancora un attimo di pazienza e nel pomerigggio inizio a rispondervi
    scusatemi, arrivo: promesso!
    aless. zaccuri

  49. Approfitto della presenza di Alessandro Zaccuri per chiedergli cosa pensa di questa edizione del Festival.

  50. anna di mauro sei certa di scrivere il nome nella casella dove dice nome?
    secondo me firmi solo sotto nello spazio del commento.
    cari saluti

  51. Allora, cominciamo con le domande di Massimo, poi mi metto in pari con il resto.
    Ho iniziato a pensare a un romanzo sul Sanremo nel 2005, qunado sono capitato lì come inviato del mio giornale, “Avvenire” e ai margini del Festival vero e proprio (quindi in sala stampa, fuori dal teatro Ariston, nelle hall degli alberghi, semplicemente per strada) ho trovato un’umanità brulicante e imprevedibile, che mi pareva, di suo, davvero romanzesca. All’epoca però stavo lavorando al mio romanzo precedente, “Il signor figlio”, che aveva tutt’altra ambientazione (Londra, l’Ottocento, un Leopardi redivivo). Per me, però, i temi dei due libri sono profondamente legati: la riflessione sugli affetti, e la necessità/difficoltà del rapporto fra le generazioni.
    Già nel 2005 avevo scritto un racconto sanremese, poi ho accantonato il progetto e ho iniziato a lavorarci davvero alla fine del 2007, alternando i primi momenti di scrittura con la revisione del saggio “In terra sconsacrata” che, a sua volta, ha legami stretti con “Infinita notte”, che è anche un romanzo (almeno nelle intenzioni) dichiaratamente cristiano. Tutti i personaggi, infatti, si trovano a un punto di svolta spirituale, sta a loro accettarne le implicazioni oppure no. E non importa se questo avviene in un contesto apparentemente (e mediaticamente) degradato: le cose vere avvengono anche nelle situazioni più finte.
    La fase di scrittura più intensa, in ogni caso, è durata dal febbraio all’ottobre 2008, mentre cercavo di tallonare gli sviluppi dell’attuale edizione del Festival, che quanto a colpi di scena romanzeschi non scherza…
    Sarà per questo che (per rispondere a chi mi chiede del Festival di quest’anno) nelal diretta di ieri sera dall’Ariston ho ritrovato una certa aria di famiglia: quel conduttore che vuole essere anche narratore, la mescolanza di toni alti e bassi, gli scandali annunciati, le polemiche a orologeria.. Mi verrebbe da dire che è il Festival, bellezza. E che oggi, forse, il Festival non può essere altro.
    Come l’hanno presa i personaggi “reali” trascinati nella mia finzione? Mario Luzzato Fegiz (che appare come lo Stregatto) e Marinella Venegoni (la Regina di cuori della sala stampa) si sono divertiti molto. Mi hanno perfino ringraziato perché, al di là dell’inevitabile caricatura, hanno ritrovato nelle mie descrizioni molto della loro umanità. Mi sembra un bel complimento, che ne dite?
    Per il resto, ci aggiorniamo più avanti. E se qualcuno mi segnala le domande inevase mi fa un piacere, sul serio…

  52. … se Sanremo vale più di qualunque festival di cultura, tipo Mantova, Modena per la filosofia? Categoricamente rispondo di sì. Solo che non dobbiamo mescolare il serio con il leggero, il profondo con l’a-portata-di- mano. Non che il leggero sia meno importante. Anzi. Scioglie le membra dai lacci che la vita impone e permette al pensiero di rilassarsi e cede spazio e tempo al cuore. E Sanremo é una boccata di ossigeno, é un frizzo di aria che sventaglia le ciglia, una carezza inaspettata, un ricordo che svela alcune immagini depennate. E’ quanto necessita per sentirsi vivi.E contamina tutti.Mantova, Modena e altri momenti culturali si rivolgono a pochi, impegnano molto la mente, ma guai se non ci fossero…senza conoscenza torneremmo alla primitiva barbarie. Lucia Arsì

  53. @…
    Sanremo è talvolta lo “specchio-benda” di un’italietta che si vuole continuare a proporre per nascondere altro. Coprire ciò che “scomoda”. Come si fa coi cartelloni pubblicitari di lamiera : servono per affiggerci il manifesto pubblictario -ma anche- per coprire l’edificio fatiscente che c’è dietro.
    Non rappresenta nemmeno l’intera espressione musicale italiana : inchiodato ancora alla nostalgia di “papaveri e papere”( che, nel frattempo, sono trasfigurati in cocaina e “vallette scosciate”: buon per noi maschietti le seconde; le donne, si arrangino con Bonolis e Laurenti).
    Personalmente, preferisco quelli di “Superpippo nazionale” : almeno dà un’impronta un po’ eterogenea, musicalmente parlando e, scavando nel mucchio, qualcosa di buono lo si trova sempre.
    Sinceramente, Sanremo è soltanto un bluff, anche gli ascolti : il picco lo raggiungono gli ospiti, sia musicali che non; i cantanti in gara devono cercare di catturare l’attenzione degli spettatori, almeno per trenta secondi, distraendoli dai loro incuiuci.
    Il sontuoso budget, viene in larga parte ingoiato dal presentatore nonchè “direttore artistico” e collaboratori, oltre gli ospiti importanti. Insomma, la musica centra poco. E molto spesso la “proposta” è molto scadente.
    Il pubblico in sala, in larga parte, è da “estirpazione”( nel senso della carie) di un ceto quanto mai nascosto e in evidenza, i “pezzenti sagliuti” : accattoni e ignoranti, che appena fatto un po’ di soldi, comprano auto e pellicce e corrono a Sanremo per sfoggiarli insieme ai gioielli; applaudendo poi in egual modo sia Benigni che Povia, che manifestano in maniera contrapposta sullo stesso argomento.
    Non so se ce ne siamo accorti, ma sembra di essere ancorati all’italietta di don Camillo e Peppone.
    Don Camillo c’è sempre stato, soprattutto nella vita reale. Peppone, invece, è stato solo un personaggio cinematografico.
    Purtropppo.

    Un saluto a tutti

  54. @ “s” proposito…

    Il 36enne chierichetto Povia, ha “finalmente” risolto il dibattitto sull’omosessualità. Il mondo gliene sarà grato, per questo suo dogma scientifico :
    -” …io credo in Dio.
    …la mamma di Luca lo amava in maniera ossessiva…
    …suo padre, beveva e andava con gli uomini per “non” tradire la moglie…
    …alla fine, Luca ha trovato l’ “amore eterno”, con una ragazza incontata così per caso…”-

    No comment.

    Io, personalmente ho capito bene cos’è Povia : POV-ero, I-mbecille, A-utoctono.

  55. Caro Salvo, innanzitutto ti ringrazio per il complimento, e, in effetti, sono d’accordo con quello che hai detto.
    E, a proposito di sprechi, siamo proprio sicuri che i soldi per Mina siano stati spesi bene? Già trovavo incomprensibile che si suscitasse tanto clamore per una semplice apparizione in video, ma poi, oltretutto, si è vista per pochissimi secondi. Senza contare che ha cantato NESSUN DORMA come fosse una NINNA NANNA: una contraddizione in termini!

    L’entrata di Luca Laurenti è stata strepitosa, degna d’una star di Broadway, scendendo le scale cantando “That’s life”. Accolto giustamente da un’ovazione e da una salva di applausi, si è poi dimostrato sempre simpaticamente all’altezza della situazione.
    Confermo la mia simpatia per Bonolis e Laurenti, e per la loro super-accoppiata vincente.

    Roberto Benigni è stato eccelso: è passato da Berlusconi a Oscar Wilde, passando per l’Olocausto, in maniera sublime.
    Ha preso spunto dalle polemiche sulla canzone di Povia, ma poi si è innalzato a vette altissime, ricordandoci che Oscar Wilde – incarcerato, torturato, e condannato ai lavori forzato a causa della sua omosessualità – scrisse al suo giovane amante di abbandonare l’Inghilterra e di andare in Italia, inneggiando, quindi, al nostro intelletto e alla nostra sensibilità.

    Quello di Povia non è un caso, è un casino.
    Questa volta Povia ha fatto un autentico pastrocchio. Ha voluto raccontare la storia di uno scombussolamento, di un forte disagio interiore; e, ascoltando bene la canzone, si può arguire che Luca NON era gay. Ma allora se Luca NON era gay, perché Povia, che è l’autore della canzone, non se n’è accorto? Perché mettere quel titolo, “Luca era gay”, ripetendolo in continuazione durante la canzone, quando il brano in sé sostiene tutt’altro?
    D’altro canto, è proprio il caso di dirlo, Gramellini avrebbe fatto meglio a zittirsi qualche attimo prima, senza attaccare Povia. Una volta scoperto che la canzone non c’entra affatto con l’omosessualità, che senso ha continuare a polemizzare al riguardo?
    Ogni artista ha diritto di dire quello che vuole, purché non inganni il pubblico con un titolo fuorviante che non c’entra nulla con il testo, all’unico scopo di catalizzare l’attenzione su di sé!

    Le canzoni, a parte quella degli Afterhours, mi sono piaciute tutte; i giovani sono stati tutti bravissimi.
    Insopportabile, invece, la prosopopea con cui si è presentato Al Bano.
    In ogni caso, complimenti a Paolo Bonolis anche come Direttore artistico.

  56. @ Maugeri…
    Qualcuno qui ti ama fino al punto da volere il tuo sangue. Mi preoccupo per te.
    Mi viene un dubbio : hai passato i 33 anni?

    un caro saluto

  57. Intervengo brevemente soltanto per dire che io a vedere Sanremo mi diverto. Per me sono solo canzonette: servono a questo, a divertire superficialmente. E a volte ci riescono. Le cose serie infatti le trovo nei libri – e non in tutti, perche’ a volte, e questo si’ che e’ scandaloso, anche i libri sono solo canzonette (ma ce li vendono per opere liriche).
    Salutoni
    Sergio Sozi
    P.S.
    Ringrazio Edoardo Bennato per avermi dato il ”la” per questa opinioncella.

  58. …salve! però Niki Nicolai ha portato il jazz! mi pare una bella cosa anche se non sarà apprezzata come si deve,ma forse sanremo non è platea da jazz.

    Gianni Parlato ma noi non parlavamo del sangue di Maugeri, ma del sudore dorato…almeno a quanto ne dice Salvo Zappulla!
    ora mi sento le canzonette.
    saluti :-))))

  59. Alessandro, inoltre, mi ha passato i suoi “pezzi sanremesi”, a metà strada tra Festival della canzone e letteratura (intitolati “E se Sanremo…”), pubblicati su Avvenire. Credo che possano aiutarci a favorire il dibattito. Li potete leggere sul post… che ho aggiornato.
    Andate su a vedere!

  60. @ Gianni
    I 33 sono superati. Tranquillo:-)))
    Mi sto adoperando per vendere il mio sudore in bottigliette (ricavato da una efficace “strizzatura” dalla camicia celeste).

  61. Un saluto e un ringraziamento a tutti gli altri. Ma consentitemi un saluto speciale all’ottimo Sergio Rilletti che nomino sul campo (ma solo se ti va, Sergio) moderatore di questo post sanremese.

  62. @ Alessandro Zaccuri
    Caro Alessandro, Martina ti aveva posto le seguenti domande:
    “Il suo libro,che non ho letto ma leggerò con piacere, contiene anche metafore? sanremo può esser visto come metafora della società?”

  63. Sanremo è concime per i fiori e per i conduttori.
    Produce merce dozzinale e ripetitiva, in cui la parola amore si vende a chili e le nuove proposte cercano di propinare i soliti peperoncini acidi, pur di non ammettere di non saper cucinare.
    Sanremo, però, mi ha aiutato molto nella vita. Mi ha fatto passare bellissime serate a casa, da solo, a leggere o scrivere, con la tv spenta.
    Ero orgoglioso che settimane dopo il suo termine ancora non sapessi chi aveva vinto. Ero orgoglioso che di saperlo non me ne fregasse una mazza.
    Spero che continui ancora per tanto tempo a esistere, contaminandosi col grande fratello (che è figlio unico) e la fattoria degli animali (ia-ia-ooooh), distribuendo nel mondo le tracce della nostra idiozia.
    Non è forse grazie a Sanremo che, ancora oggi, se chiedi a un ugandese di canticchiare l’inno nazionale italiano intona con entusiasmo “Volare oh oh…”?
    Mi dicono che quest’anno concorre anche un sardo, già toccato dal successo in altro programma. Ho avuto modo di conoscerlo per la sua ignoranza crassa e l’eterea e sicuramente sostenibilissima leggerezza del suo essere: sicuramente ha ottime chance di vittoria.

  64. cari amici, questo festival di sanremo io lo vedo così: è tutto discreto, Bonolis è gradevole e molto a suo agio, bella la scenografia, sempre eccezionale Benigni, interessante l’idea della doppia orchestra con relativo piccolo duello musicale, Mina non lo so ( ci devo riflettere un pò su e magari risentirla), Luca Laurentis gradevole, insomma sarebbe un bello spettacolo se non ci fossero le canzoni!!!! Io le trovo terribili!!! Forse sono un pò con la puzza sotto il naso dal punto di vista musicale, ma proprio non me ne riesco a fare piacere nessuna! Dolcenera era una forza della natura, mi sembra ora trasfigurata e senza la sua bella energia, anche la mitica Patti Pravo, a parte la voce che non c’era, ma la canzone è una sorta di clone della bellissima “Dimmi che non vuoi morire” che ,se non mi sbaglio era di Vasco Rossi, Renga:altro fenomeno di clonazione, insomma quasi quasi la migliore è Iva zanicchi, che non so perchè mi è sempre simpatica, e poi mi ricorda la mia infanzia con quella “zingara” che mi è rimasta nel cuore!!! In definitiva, se bisogna proprio vedere uno spettacolo musicale televisivo, meglio x factor dove per lo meno c’è Morgan che è un vulcano!!! E poi vorrei lanciare il mio “grido di dolore” BASTA CON ALBANO PER PIETA’!!!! Saluti e a buona musica a tutti.Rosalia Catapano

  65. @roberta: la mia è una cauta, non crassa, ignoranza. Quando non so qualcosa faccio come a facevo a scuola: tiro fuori uno sguardo da furbetto e l’aria di chi la sa lunga. Se poi mi fanno domande dirette e incalzanti, come a scuola un tempo, fingo un malore e svengo.
    I miei professori mi davano la sufficienza, perchè pensavano che tanto non sarei campato molto.

  66. Caro Massimo, ti ringrazio molto per la stima e la fiducia.
    Io non ho mai fatto il moderatore, ma, essendo sempre affamato di nuove esperienze, accetterò… sperando ovviamente di non fare troppi pasticci!
    Intanto posso dire che la cosa più strabiliante di questo Festival è il pubblico. Non ricordo di aver mai un pubblico così spontaneamente coinvolto!
    Mai!
    E questo, secondo me, depone a favore del clima di serenità e divertimento che deve respirarsi dietro le quinte!

  67. @Sergio Riletti: anche per me il vero spettacolo è il pubblico! Un immenso animale con emozioni spontanee.
    Un vero personaggio.
    Il momento di commemorazione di De Andrè. Le voci fuori campo su Patty Pravo. Bis venuti su da una necessità: allungare l’attimo.
    Viene da chiedersi se non sia forse per il gusto – semplice, immediato – di far parte di qualcosa. Di dare sfogo, al di là delle polemiche sanremesi, a un senso di comunanza. Di appartenenza.

    @Alessandro Zaccuri:
    Trovo suggestiva e molto vera l’idea che un’evoluzione spirituale avvenga tra maglie di realtà “leggere”, farcite di apparenza.
    Credo che la ricerca del bene si avvantaggi del male e la vacuità interroghi comunque l’uomo e il suo cuore.
    Il contrasto anzi è una metafora dei nostri tempi, di noi tutti.
    Oltre le tende che chiudono il palco, oltre i belletti, i lustrini, gli scenari, gli uomini sono alle prese con le solite domande, sia che lo spettacolo inizi, sia che stia per terminare.
    Vincere, perdere…ma la vera sfida è: che senso ha farlo. Dove porta.
    Il fatto che dietro la “maschera” si agitino ricerche, credo sia provato anche, come dicevo più su, dalla vitalità del pubblico, dal suo sfuggire a imposizioni e suggerimenti.
    Nessun cartello con scritto “appalusi”. Nessun segnale dalla regia.
    Il pubblico ha mostrato di avere vita propria.
    Che ne pensa?

  68. Il senso…
    “Siamo nella stessa lacrima / come un sole e una stella / siamo luce che cade dagli occhi” (Luce, di Elisa…).
    Anche Sanremo può essere poesia. Anche Sanremo può darci dei brividi… vi ricordate “Signor tenente”?

  69. sanremo è cultura pop, ma sempre cultura. secondo me sbaglia chi lo dispregia dall’alto di posizioni alto-intellettuali

  70. @Gianfranco
    Ma io scherzavo..figurati se non mi spaventano questi tempi.. solo che purtroppo non si identificano con la provenienza regionale.. mi era sembrato che tu lo scrivessi, ma mi sbagliavo. Le tue foto sono molto belle.
    @Alex
    sì, hai ragione: chi si erge a giudice del “buon gusto” è un pò pedante, in effetti. E’ giusto che ognuno guardi ciò che gli piace e molte volte nelle canzoni orecchiabili( come diceva la protagonista di un famoso film di Truffaut) ci sono verità. Io sono “affezionata” alle edizioni con Pippo Baudo, anche se non guardo spesso il festival e comunque certi bravi cantanti si conoscono lì (ricordo quella bella canzone di Elisa anni fa) e ogni tanto uno si ritrova a canticchiarle durante lunghi viaggi in macchina, così..per canticchiarle.
    Riconosco, però, come ha scritto qualcuno, che la nostra è una televisione quasi esclusivamente di “evasione” e invece, visto il potere di condizionamento del mezzo, le evasioni dovrebbero essere affiancate a più informazione e in fasce orarie diurne.

  71. Concordo perfetamente con Simona Lo Iacono sul fatto che Sanremo è cultura, come è cultura tutto ciò che è arte!
    Canzoni come “Signor Tenente” di Giorgio Faletti, “Sulla porta” di Federico Salvatore, “L’amore rubato” di Luca Barbarossa, e “La fotografia” di Enzo Jannacci, non si possono certo definire “canzonette”, ma rappresentano drammatiche realtà che, purtroppo, sono ancora attuali.
    Sanremo è l’aspetto più ludico della realtà, ma comunque ne fa parte.
    E quest’anno il pubblico in sala sembra mosso dall’irrefrenabile sano desiderio di partecipare attivamente anche a questa giocosa realtà.
    E, lasciatemelo dire, ERA ORA!

  72. bravo sergio rilletti. applauso a te.
    d’accordo anche con roberta sul fatto che la tv dovrebbe offrire più approfondimento. per fortuna oggi ci sono siti come questo.

  73. Salve,
    il festival di Sanremo non lo guardo più da quando avevo quindici anni e ne ho trentatre. Ci passo con lo zapping una o due volte per serata.
    Ho visto e apprezzato Benigni per tutto il tempo della sua esibizione nel corso della prima serata.
    Ma Il festival mi annoia, forse quest’anno mi ha incuriosito un po’, ma il mio interesse è gia scemato.
    Mi secca il gran clamore che in Italia accompagna ogni cosa. I media decidono l’argomento e ti martellano per settimane, a volte per mesi, fino a quando tirano gli ascolti, si va avanti come un carro armato.
    Viene meno l’indivialismo, la possibilità di scelta, di orientamento dei propri gusti. Questo passa il convento e questo si mangia! Troppe parole. Sanremo è Sanremo, è indubbio che abbia rappresentato qualcosa di importante nella storia della muisca italiana e per la sua diffusione nel mondo, ma adesso, negli ultimi anni, si guarda meno alla canzone e molto più all’evento mediatico. Meno serate per favore.
    Forse, anzi sicuramente, la mia soglia di soppportazione è andata calando nei confronti degli eventi mediatici e magari ingiustamente ne fa le spese nel mio discorso Sanremo, perchè ormai tra un’edizione e l’altra sono stufa di vedere le stesse facce in televisone di gente che dibatte di diversi argomenti dei quali non ha titolo per farlo, perchè altrimenti se questi personaggi vengono chiamati a parlare di qualsivoglia tematica, saltando da una trasmissione all’altra, debbo pensare che sono dei geni mai visti, ma siccome spesso si scivola nel frivolo penso che non sia così.
    A chi di competenza: fate una televisione migliore e i presenzialisti di professione mandateli a fare qualcosa di più utile per l’umanità, altrimenti questa televisione la spengo.
    Ritornando a Sanremo e per dare a Cesare, quel che è di Cesare, penso che sia comunque da apprezzare l’impegno di Bonolis, ma con un compenso un pochino inferiore non si poteva fare lo stesso? Per un discorso di equità e giustizia sociale se non altro. dal momento che oltre alla crisi noi altri comuni mortali, ci dobbiamo anche ammorbare con gli interventi di un qualche grillo parlante che quando poco poco ti senti megli, esce fuori e ti butta di nuovo giù. Dei media facciamone un uso più intelligente. Sanremo, al di là del gran parlare, resta qualcosa di importante, soltanto che quando mi accingo a vederlo, le chiacchiere mi hanno tolto il gusto di farlo, è come andare al cinema a vedere un film, che ti hanno raccontato nel particolare e del quale ti hanno svelato il finale. La troppa tv spazzatura, toglie il gusto della televisione, anche quando ci sono appunatmenti che invece meritano un interesse diverso.
    Se si parla in silenzio e poi si alza la voce un pochino si nota questa differenza, ma se si grida sempre è più difficile cogliere se una voce si alza di più?

  74. Su Repubblica ho trovato un articolo interessante di Alessandra Vitali.
    ………..
    ..
    .
    In un articolo del quotidiano della Santa Sede, un attacco pesante al Festival
    La risposta: “Liberi di esprimersi sulla vita o sulla canzone, ma rispettino la decisione altrui”
    Bonolis replica all’Osservatore
    “Rispetti il pensiero degli altri”
    dal nostro inviato ALESSANDRA VITALI

    Paolo Bonolis
    e Luca Laurenti
    SANREMO – “Ognuno è libero di esprimere il proprio pensiero, è libero di esprimerlo a favore della vita o della canzone. L’importante è che, sia che si tratti della vita, sia che si tratti della canzone, si rispetti la decisione degli altri”. E’ la replica secca di Paolo Bonolis alla stroncatura al Festival che gli è arrivata ieri dalle pagine dell’Osservatore Romano. Un giudizio, quello del quotidiano della Santa Sede, che il conduttore della rassegna di Sanremo ha definito “dal tenore abbastanza censorio”.

    L’articolo dell’Osservatore, a firma di Marcello Filotei, curiosamente non prende in considerazione il contenuto dei testi delle canzoni, ma concentra le critiche proprio su musica e spettacolo, stroncando il video di Mina e anche la gran parte dei cantanti. E al Festival consiglia di “tentare di recuperare una sana dimensione di promotore di musica popolare”.

    In particolare, il giornale vaticano definisce “surreale” la scelta di “scomodare il gregoriano per poi presentare sul palco personaggi che, complice la diretta, sembrano a disagio proprio con il canto”. “Qualcuno – si legge – pretenderà che per esibirsi occorrano doti vocali e tecnica, ma si tratta di critici musicali ormai superati e senza speranza. Con buona pace degli ottimi professori dell’orchestra chiamati anche a tamponare improvvise falle canore”.

    Poi, tocca a Mina: “Puccini lo eseguono già in tutti i teatri del mondo, in continuazione, non c’è bisogno che un’artista straordinaria come Mina, nascosta dietro i riverberi dei mixer digitali, renda insapore una delle arie più note della lirica. Largo alla musica popolare, in tutti i suoi risvolti – si legge ancora – ma scritta da chi sa ancora tracciare sul pentagramma un motivetto di facile presa, o un ritmo irresistibile. Rap, pop, rock, melodico, jazz, etno, va bene tutto, ma il microfono sia offerto solo a quanti ne garantiscano l’incolumità, ma non sembra che siano poi molti, e la bacchetta del direttore solo a chi assicuri di avere frequentato non le polverose aule dei conservatori, ma almeno le peripezie bandistiche del maestro Antonio Scannagatti, il cigno di Caianello reso immortale da Totò”.

    Perplesso anche il direttore di RaiUno, Fabrizio Del Noce: “I pezzi sono stati scritti il giorno prima del debutto, nessuno si aspettava un successo così alto, forse si pensava a un esito più deludente in cui inserire un pezzo critico. Bisogna vedere come coniugheranno un risultato così positivo con una critica così negativa”, chiosa Del Noce.
    (19 febbraio 2009)

  75. @ Simona,condivido il tuo pensiero. Gli applausi significano la partecipazione al di là del giudizio. Giudica chi difende la sua verità,e non sa che quella non é verità( aletheia ama nascondersi e ri-velarsi); il giudice ha il dovere di penalizzare il colpevole (di che colpa si macchiano i cantanti?…loro offrono il miele alla nostra anima), perché poi si riabiliti.Noi, non giudici, dobbiamo accompagnare gli eventi. Se non sono di nostro gradimento( e rimandiamo la causa alla storia personale del ciascuno), spegniamo, come giustamente dice Gianfranco Bussalai.E a proposito della Zanicchi: é stata depennata perché ha avuto il coraggio di essere sincera, asserendo ciò che era prerogativa dei maschietti: il piacere del sesso in primis, che in effetti non é altro che una forma di amore. Ciao Lucia

  76. @Gentile Lucia,
    il sesso non è sempre una “forma di amore”, secondo me. Lo è quando c’è l’amore. Altrimenti può essere sesso “tout court” oppure anche violenza.
    Sul fatto che sia una prerogativa del genere maschile, sì certo, questo è vero.
    Inoltre Lei ha ragione su un altro punto: se non ci piace qualcosa alla televisione, possiamo spegnerla, anche questo è vero. Infatti negli ultimi tempi io la spengo quasi sempre, perché il numero delle trasmissioni insopportabili, pur salvandone molte belle, mi è diventato, appunto, insopportabile.
    Cari saluti. Roberta.

  77. @Patrizia S.:
    Capisco il tuo sconcerto, ma, in realtà, Sanremo non può essere concentrato in meno giorni perché per il Comune è una manna!
    Pensa che gli altri anni, pur durando sempre cinque giorni, cominciava il lunedì e aveva una pausa il mercoledì.
    Io all’inizio pensavo fosse colpa del calcio. Ma poi ho capito.
    Motivi di business!

  78. @Luca Arsì + Roberta

    Il sesso è comunicazione tattile-olfattiva. Due corpi che si fondono in uno, nel vortice estasiante dei sensi, trasmettono emozione, gioia, desiderio, oblio. E non è prerogativa degli uomini ma di tutti gli esseri viventi. Troppe volte frenato dall’educazione rigida ricevuta dai genitori, i falsi moralismi che imbrigliano i sensi, i tabù, le regole imposte da altri, il clericalismo bigotto. E’ anche esercizio ginnico che fa bene alla salute, basta lasciar correre la fantasia: posizioni da triplo salto mortale, lanci dal settimo piano, da un aereo in volo, dalla navicella spaziale. Cosa non si farebbe per raggiungere l’altra metà del cielo? Si sfiderebbe la forza di gravità, l’oceano in tempesta, il tsunami, tutto ciò allo scopo di raggiungere il fine supremo a cui l’essere umano è stato destinato: l’orgasmo.

  79. Riporto da Simona:
    Viene da chiedersi se non sia forse per il gusto – semplice, immediato – di far parte di qualcosa. Di dare sfogo, al di là delle polemiche sanremesi, a un senso di comunanza. Di appartenenza.

    Grazie Simona, un attimo di spasimo nel convivere un sogno che non si riscontra più nella realtà d’oggi.
    Che cosa contano gli ingaggi esagerati, il grande tram tram per fare soldi, la politica degli interessi dei gruppi al potere a scapito del popolo disorientato e disilluso. Per un attimo sognare di essere di nuovo semplici e umili, così come allora agli inizi, quando la voglia di cantare senza guadagnare un granché spingeva a essere aperti, allegri e fiduciosi.
    È vero, San Remo è cambiato con noi, perché in esso abbiamo trasportato le nostre mutate condizioni di vita, le nostre speranze ormai svanite, da non rimanere che il ricordo di sollievo di un tempo migliore.
    Cari saluti.
    Lorenzo

  80. @Salvo
    sì, penso che Massimo ti scriverà qualcosina…anche se scherzavi..
    Sì, sì, è prerogativa di tutti gli esseri viventi..però gli uomini “enfatizzano” un tantino..
    Ah, quindi tu, affermando ciò che affermi, vorresti contraddire Dante ( il tuo sommo..) quando dice: “Fatti non fummo per viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”… e “la navicella” di cui parlava era quella di Ulisse che doveva superare le Colonne d’ Ercole…
    Mah, meglio proseguire, eventualmente, sulla camera accanto:)

  81. Avevo già avuto qualche sospetto durante la prima serata, ma ora posso proprio dirlo: questo 59° Festival della Canzone Italiana è dedicato alla musica!
    Quando, nelle settimane precedenti, sentivo Bonolis fare affermazioni di questo tipo rimanevo un po’ perplesso, perché, per quanto mi stia simpatico, lo consideravo comunque un po’ “di parte”!
    Invece ora ho appurato che è la musica la vera protagonista del Festival

    La seconda serata si è aperta con uno strepitoso omaggio all’atto della composizione; un tributo a Mozart in cui il geniale compositore, attraverso le immagini del film “Amadeus”, sembrava interagire con l’orchestra del Teatro Ariston “dicendole”, in diretta, come eseguire il suo celebre “Requiem”. Una felice commistione di fiction e realtà a cui, poi, si è unito il celebre brano “The Wall” dei Pink Floyd, unendosi in una alchimia musicale di grande suggestione.

    Luca Laurenti suscita un clamore incredibile; ben meritato, ma che non mi sarei mai aspettato.

    La perfomance della P.F.M. con Stefano Accorsi e Claudio Santamaria, dedicata a Fabrizio De Andrè, è stata molto coinvolgente. Peccato, però, che “Il pescatore” sia stata solo accennata!

    La gara rimane il punto nodale della manifestazione, e tutti i concorrenti, quest’anno, hanno comunque la possibilità di presentare le proprie canzoni diverse volte.
    Al Bano dovrebbe piantarla di entrare come una star. Era a rischio di eliminazione come tutti. E lo è ancora.
    La canzone introduttiva di Francesco Renga, “Angelo”, invece viene sempre continuata spontaneamente dal pubblico. E infatti lui, stasera, NON E’ a rischio di eliminazione!

  82. @Salvo, la tua pindarica fantasia mi ha veramente commosso.Ma la reazione chimica avviene solo se consente Psiche, quella divina farfalla che si agita solo se la mente fa battere il cuore ed altro.Ecco che parliamo d’amore, ossia di un corpo animato, vibrante, totalmente partecipe dell’altro, privo di morte, a-mor. Sesso come immagine dell’amore, una forma(eidos cioé idea, immagine)d’amore. Il resto é elucubrazione mentale, neanche sesso. Il restoé bestialità. Ciao.
    Ti invito a leggere su poesia e spirito un mio racconto sul Labirinto. Parliamone. Lucia

  83. @Sergio, é vero. La musica attrae. C’è qualcosa in più quest’anno nel festival: la leggerezza.E’ come se ogni parola, ogni sguardo, ogni canzone, ogni performance, ogni ironia cadessero al momento opportuno, con grazia.C’é quella mica salis, quel pizzico di sale in più che armonizza il tutto e rende gradevole e bella la serata.L’artifex di tutto ciò é Bonolis, é Laurenzi?. Difficile rispondere. Quando la bellezza visita, bisogna consentire e accettarla. Perché si muove raramente. Ciao. Lucia

  84. @…

    – ” Sanremo è culura pop, ma sempre cultura..”-

    -” …chi non lavora, non fa l’amore”- Celentano, 1970, contro gli scioperi degli operai che manifestavano avere -sacrosanti e umani- diritti.

    -” …che confusione/sarà perchè ti amo….ma dimmi, dove siamo? Che te ne frega, sarà perchè ti amo” – Ricchi e Poveri, 1983 : l’amore rende imbecilli?

    – (in sintesi)” …dell’omosessualità psicologi, psichiatri, scienzaiati e Freud, non hanno capito una mazza!…”- Povia, questi giorni.
    Questo è il brand sanremese da sempre, poi, come ho già detto, soprattutto nelle edizioni di “Pipponazionale” si può trovare un po’ di varietà. Ma se questa è “cultura pop”, io non mi sento rappresentato( chiederò a Emanuele Filiberto di accogliermi tra i suoi ranghi, almeno impararò a ballare…).

    Non ci si può limitare a spegnere il televisore o cambiare conale, quando i programmi sono trasmessi dalla tv di Stato.

    Qualche anno fa, ho partecipato a due puntate di un talk-show che andava su Raidue. Ero uno dei partecipanti e non tra il pubblico. In televisione nulla è “spontaneo”, nemmeno i reality, e il pubblico è pilotato, la spontaneità è al 20%.
    Riconosco che quello di Sanremo è “acquirente” e quindi libero, però, tra il pubblico spontaneo, ci sono addetti che fanno partire gli applausi( notare certi “standing ovation” che partono a comando).

  85. @. Ciao Lucia. Dai che stavo solo scherzando. Stavo recensendo per “La Sicilia” un libro molto erotico di un’autrice catanese, ne ho estrapolato una piccola parte e l’ho postata. Il tuo racconto l’ho letto giorni fa e mi è sembrato molto profondo. Ho letto anche il commento di Simona.

  86. @@@…

    – “il sesso non è sempre una “forma di amore”, secondo me. Lo è quando c’è l’amore. Altrimenti può essere sesso “tout court” oppure anche violenza.
    Sul fatto che sia una prerogativa del genere maschile, sì certo, questo è vero.”-

    -” …che confusione/ sarà perchè ti amo!…”- Sanremo, tempio cultural-pop.

  87. @ Salvo-Lucia Arsì
    mi permetto d’intervenire
    Salvo, tutto giusto quello che hai citato con immenso impeto umano, ma dove ci troveremo dopo? Amarezza e delusione, sarebbe il risultato, se l’assalto non fosse accompagnato dall’amore e rispetto per l’altra metà, finalmente conquistata e poi di nuovo persa.
    Seguo quindi l’esposizione più completa di Lucia.
    Saluti
    Lorenzo

  88. A Roberta, che conosce già il mio rapporto con Dante, non posso che mandare un bacione e apprezzare il suo senso dell’ironia.

  89. @Parlato non mi provocare. Però, vedo che su Sanremo la pensiamo allo stesso modo. Bene, mi stai cominciando a diventare intelligente, si capisce che la mia influenza ti fa bene.

  90. @ Sergio Rilletti
    il lasciar giocare è sempre stato il gioco dei governanti.
    Il gioco distrae dai pensieri seri di riflessone sul loro operato.
    Dai la caramella ai popolani che noi ci mangiamo la torta, pensano, e poi ci ripresenteremo ancora con le promesse alle quali i più ancora ci credono.
    Infine li abbiamo lasciati giocare e ne saranno sempre riconoscenti.
    Saluti
    lorenzo

  91. Mi associo a Rosalia Catapano quando dice BASTA CON AL BANO. Da una vita ci ammorba con canzoni banali e insulse cantate con sfacciata sguaiataggine che troppo spesso viene scambiata per una bella voce possente. Poi il personaggio è di un’antipatia (come rimarca anche Sergio Rilletti) unica: presuntuoso e pieno di sè oltre ogni dire.
    Vi prego: eliminatelo al più presto.
    Per il resto nulla mi entusiasma (salvo Benigni). Delle canzoni spero vinca NiKi Niccolai, soprattutto perchè la canzone è ben costruita, con frequenti variazioni di ritmo e di toni, e ben eseguita dal marito (grande strumentista)e dal suo gruppo. Tutto il resto mi pare un po’ come al solito: nulla di notevole. E mollta banalità come Povia o il trio con Youssun’dur (ma chi glie lo fa fare di finire insieme a Pupo!) e tante domande del tipo “ma chi è seleziona sta roba?” come tutti gli anni.

  92. Sul caso Povia. Non vedo alcuno scandalo. L’autore ha fatto un distinguo tra iniziazione al maschile( che non c’entra con l’omosessualità) e la vera omosessualità.L’adulto inizia(educa) il giovane, come avveniva presso i greci. E ciò avviene quando nel giovane c’é un disorientamento causato da una crescita abnorme(madre oppressiva etc)Poi si forma l’identità e Luca scopre che il precedente rapporto con la persona dello stesso sesso ha un valore relativo, di esperienza, che non lo coinvolge nel profondolo. E Povia lo dice, cantando.In ciò consiste lo scandalo:l’aver cantato a tutti, quasi fosse una condizione felice, il dramma di essere uomini. Un sauto. Lucia

  93. @ dimenticavo…( a proposito di cultura ‘popo’)
    ho ascoltato attentamente la lettera scritta da Paolo Giordano.
    In fondo, l’angosciato rappresentante vicino di casa, ha vinto l’ansia della crisi acquistando una stimolante(per lui) lingerie per la moglie.
    La sera, davanti al televisore guardando Sanremo(forse perchè annoiato?), “distrattamente” ha “insinuato” una mano per cercare il tatto di qull’indumento e…(ovviamente, “rassicurandosi” che i bambini dormissero)…
    Così non solo ha trovato rimedio contro la crisi, ma ha riscoperto il gusto di trombare sua moglie( cultura pop : consumistica- inana- maschilistica, sessualità da frustrato piccolo-borghese : guardi altre ma tocchi tua moglie, perchè le altre ti fanno paura).
    Chissà perchè, di berlusconiana memoria.
    Perchè non suggerire lo stesso, alle tante persone che stanno perdendo il lavoro e alle migliaia che lo perderanno in questi mesi?
    (Forse, è la fantasia che ci manca?…)

  94. @Bravo Lorenzo, hai proprio messo, come si suol dire, il dito sulla piaga. Fermo restando che questo post nasce per parlare di un libro ambientato a Sanremo e stiamo divagando forse troppo. Sta proprio qui l’inghippo: siamo tormentati dalla poca voce della Patti, dalla presunzione di Albano, mentre si dimette il capo dell’opposizione, mentre la sinistria si avvia verso uno sfacelo senza precedenti. L’Italia in questo momento rischia la dittatura bella e buona e noi veniamo distratti da cose più frivole.

  95. @Parlato….che confusione/sarà perché ti amo….scrivi; immagino che tu sia d’accordo con la reazione chimica, con quella farfalla che rimescola tutto. Ciao. lucia

  96. @Lucia Arsì…
    su Povia mi deludi, se ti può interessare la mia opinione su te.
    Ho sempre apprezzato il tuo coraggio, la profondità e un modo di approcciare gli argomenti brandendoli a 360 gradi.
    Forse, quella di Povia, la interpreti con troppa bontà d’animo. A me non sembra come dici tu.
    Povia è un mediocre menestrello a servizio dei cattolici.
    Dopo -” i bambini fanno oooh”-, ci si poteva aspettare da lui una canzone sulla pedofilia; ma come si faceva a eludere certe questioni clericali?
    Dunque, meglio spararla sull’omosessualità; così il resto si dimentica!

    n.b
    non sono omosessuale(lo ripeto per la cronaca; e per il Salvo, visto che mi propose una sua cugina). T’invito ad ascoltarlo meglio, o forse, a farmi capire che sto sbagliando.

    Un caro saluto

  97. @Lucia Arsì…
    No, quella vuole essere un’ironia inerente al sesso e com’è stato descritto da qualcuno.
    Io credo nel “tutto”, reazione chimica compresa, ma il sesso è parte dell’amore e talvolta è anche ‘sdoganato’ da esso, e non c’è nulla di male. Anzi, l’amore è mosso dai sentimenti, il sesso dall’istinto; questa è l’origine delle cose. Però il discorso è lungo e qui poi mi accusano di essere logorroico.
    Mi fa sempre piacere discutere con te.
    Un caro saluto

  98. Più che una farfalla vedo ronzare un calabrone. Gianni, ma quando mai ti ho proposto mia cugina? L’unica cugina che ho, la conservo come una reliquia, la davo a te?

  99. @Salvo…
    in riguardo al tuo intervento… 8:28 pm da Salvo zappulla .
    Che dire… ” si gruoss’!”.
    Adeso però vado, sennò, Massimo me vatt’!…

  100. @-@-@-
    Signor Parlato, perché mi cita senza commentare?
    Mah.
    Crede che mi piaccia la canzone che cita dopo le mie parole? Proprio no.

  101. @ Gianni:
    “quando i bambini fanno oh” è bellissima, è pop è veramente pop.
    mettiti di fronte ad uno specchio, guardati, e ripeti a voce POP, POP di seguito per tutte le volte che ti riesce di distinguere il suono. Dopo 8 o nove volte il viso cambia e il suono si confonde…sei diventato un Gianni Animato, un Gianni Pop ( consiglio la stessa cosa a Zappulla, ciao Salvo).
    Pop è una sintesi, un suono, un cenno d’intesa, un verso, un contatto, una scossa; Pop Pop sono perline per una collana, goccioline, saluti con la mano, colori, vernici spruzzate, patatine, scarpe da ginnastica…
    Sanremo non è POP, Sanremo è lungo.
    Guardati ancora allo specchio e ripeti ( io intanto ti penso): lungo, lungo lungo…dopo un po’ la lingua impazzisce, non ci sta più. Lungo non è Pop!
    Ciao belééééé! (bello in milanese, ma dov’è Luca Gallina?)
    🙂
    quando i bambini fanno oh, che meravigliaaaaaaaaa

  102. Scusate, non ho letto i precedenti commenti (spero di avere la possibilità di farlo dopo). Però ci tenevo a segnalarvi il terzo pezzo che ci ha inviato Alessandro Zaccuri direttamente da Sanremo.
    Lo trovate sul post, in alto.
    A dopo (spero).

  103. che al bano sia stato eliminato mi fa felice: lo detesto con quella prosopopea volgare non mi è mai piaciuto,però volevo dire che ho molto apprezzato,e seguo ancora,questa serata in cui vari big- e sono quelli veri come Cocciante, Daniele e Zucchero!- siano sul palco disdegnato per anni ad affiancare i giovani cantanti e a proporre anche pezzi “storici”. Questa è una forma di “tutoraggio” che è stimabile,qualunque sia la somma che hanno preso gli artisti ha ridato lustro ad un palco dove la canzone d’autore non è tanto presente, ne sono felice,non so se è merito di Bonolis,ma vedere i grandi che accompagnano i piccoli è una cosa bella.Volevo dire solo questo e buona serata a tutti! :-)))

  104. Miriam , sì, i bambini fanno oh era bellina. Questa di adesso, qui, al di là di scandali che mi rifiuto di vedere (ma perchè ostinarsi a vedere striscianti ideologie nelle canzoni – vedi anche il “caso Paoli”- quando solo di canzoni si tratta, mica di manifesti programmatici) è semplicemente brutta. Ma proprio brutta. E racconta una storia cretina. Però sanremo “ha bisogno” anche del suo teatrino degli scandali. E’ questo che fondamentalmente detesto.
    Stasera però Burt Bacharach mi ha fatto riconciliare con sanremo.

  105. E ti diranno parole
    rosse come il sangue, nere come la notte;
    ma non è vero, ragazzo,
    che la ragione sta sempre col più forte; io conosco poeti
    che spostano i fiumi con il pensiero,
    e naviganti infiniti
    che sanno parlare con il cielo.

    ….Sogna, ragazzo sogna
    quando sale il vento
    nelle vie del cuore,
    quando un uomo vive
    per le sue parole
    o non vive più;
    (Roberto Vecchioni)

    Vi auguro una buona notte sanremese con le ultime note appena cantate da Roberto Vecchioni:
    quando un uomo vive
    per le sue parole
    o non vive più.

  106. CaraFrancesca Giulia, Al Bano per ora è solo in lizza per essere eliminato. Speriamo che la possibilità si realizzi. E che venga salvata Niccolai (che lei sia in questa stessa lista QUESTO è il solo unico scandalo). Se lui si salvasse e lei uscisse il mio festival si conclude qui.
    Ah, no, …. l’altro scandalo è che canti la figlia dei pooh, quella Canzian che proprio non sa cantare (bela come una capra e stona pure, quando si sa che il belare serve a nascondre il non sapere sostenere le note. Lei non sostiene neppure i belati) una canzone peraltro orribile (e mi dispiace per Vecchioni,che mi è simpatico). Come è arrivata qui? (domanda sciocca…: oh popolo di santi, di poeti, di navigatori e dei loro nipoti).

  107. Carlo,
    io non so niente di sanremo, ascolterò le canzoni nel corso dell’anno alle radio, come sempre. E’ stato Gianni a ricordarmi il motivetto e francamente mi sembra proprio pop, il resto ( e intendo il raraccone) è solo noia. Ho appena visto un film di cartoni animati, prodotto dalla Rai, ma mai programmato ( mi sembra) Il cane e il suo generale, voce di Tonino Guerra e dialoghi di Elisabetta Bucciarelli, lo consiglio a tutti i papà. Bello veramente, colori, storia e musica.
    🙂

  108. @ Martina: sì, nel mio libro la categoria della metafora è presente, anche se penso che, oggi come oggi, più chje la metafora stessa dovrebbe interessarci la realtà a cui si riferisce. Se Sanremo è Sanremo, di che cosa è rappresentazione?
    E qui si passa alle osservazioni di Simona, su quanto è vero ciò che accade sotto il manto della finzione, Mi pare che stia accadendo anche in questa catena di commenti, spesso di tono molto discordante tra loro, ma pieni di osservazioni, di sensibilità, a volte di rudezza. Dietro a quello che si scrive, c’è sempre qualcosa di vero (anche quando quello che si scrive suona un po’ forzato).
    @ Massimo e tutti: a dire la verità, quest’anno non sono in sala stampa, ma è come se ci fossi, ho i miei informatori e nel frattempo salto da una parte all’altra per parlare dei due festival, quello che va in onda in tv e quello che ho immaginato nel mio libro
    a domani, con un paio di nuovi post di “E se Sanremo”

  109. Grazie per essere intervenuto ancora, caro Alessandro.
    Aspetto i tuoi nuovi “E se Sanremo”.
    Ne approfitto per chiederti una cosa (solo se è possibile a livello di diritti ecc.)… potresti inserire – qui tra i commenti – qualche brano estrapolato dal tuo libro?
    Qualche assaggino…

  110. Purtroppo (lo so, qualcuno dirà per fortuna) per una seriee di ragioni sto riuscendo a seguire il Festival solo a sprazzi… meno male che mi aiuta a moderare il buon Sergio Rilletti.:-)

  111. Devo comunque ringraziarvi tutti per i nuovi commenti. E dare un caldo benvenuto ai nuovi intervenuti. Come Gianfranco Bussalai, per esempio.
    Benvenuto, Gianfranco… ma fatti una pesca (è più salutare):-)

  112. “Quando i bambini fanno oh”, piace anche a me. Me la canto allo specchio ogni mattina, appena sveglio. È un buon modo per cominciare la giornata. E fa sentire giovani. Che meraviglia!:-)

  113. Intanto è pure cominciato il carnevale… mi sa che domattina riciclerò il post dell’anno scorso.
    Ma qui si continua.
    A proposito: secondo voi… Sanremo è una maschera?
    (Chi riesce a capire il senso di questa domanda vincerà, come premio, le fotocopie della fiaba appena pubblicata da Salvo Zappulla).

  114. @Lorenzerrimo:
    Giocare per cinque giorni l’anno fa bene: tiene alto l’umore… e pure il “senso critico” (se si gioca bene!).

    @Massimo Maugeri:
    Grazie!… Ho fatto del mio meglio!

  115. @ Massimo;
    se intendi la maschera con valore religioso, dico proprio che il festival non ricopre questo ruolo. Perché “maschera” in latino significava “persona” ed era usata nelle rappresentazioni teatrali, intendendo il carattere, la personalità di ciascuno.Inoltre l’uso della maschera relazionava con il mondo degli “spiriti”, “fantasmi”. Oggi, in alcuni dialetti dell’Italia settentrionale sono chiamate “masche” le strege, i fantasmi, gli spiriti ostili all’uomo. Che il festival dunque abbia questo significato religioso cioé trainarci nel mondo del sottosuolo, che abbia una profonda funzione drammatica cioé dirci chi siamo relazionandoci alla morte(fantasmi) e quindi legandosi al vero significato del carnevale come manipolazione di ruoli,mutamento di persona(solo per poco e poi bruciare tutto per tornare alla parziale identità) non credo proprio. Ma potrebbe essere.Sarebbe altamente educativo ed esplicativo. Lucia Arsì

  116. Secondo me siamo stati condizionati sin dalla nascita (leggere a tal proposito ” Il mondo nuovo” di A. Huxley) altrimenti non si spiega perché quando arriva febbraio, tutti, almeno una volta, un’occhiata a sanremo, gliela diamo. Gliela da chi dalla musica cerca ben altro, gliela da anche chi alla musica non da alcun particolare valore. Conosco persone che per 360 giorni all’anno si disinteressano completamente delle sette note ma che nella settimana della kermesse sono lì a esprimere il loro giudizio con profonda partecipazione. Sarà che come al solito vogliamo in qualche modo esserci, partecipare al dibattito.
    Lo sto facendo anch’io in questo momento.
    Sarà che ci piacciono le dispute soprattutto quelle che non contano niente.
    Sarà che ci piacciono i pronostici e poter dire alla fine ” te lo avevo detto che vinceva lei/lui/loro… da anni deleghiamo ad altri le nostre battaglie
    Sarà che ci piace essere intrattenuti per non pensare troppo e in questi giorni le teste fumano, e non solo le teste.
    Sanremo è spettacolo, la musica spesso è un optional ( un cantante che stona può definirsi tale, almeno quello cavolo visto che spesso i testi sono penosi)
    E’ vero che negli anni qualche buona cosa è venuta fuori ma pensiamo a quanti sono finiti nel dimenticatoio… la maggior parte, siamo sinceri.
    Quest’anno, a me sembra, che lo spettacolo sia per lo meno dignitoso, bonolis è scaltro, forse furbetto ma nessuno può negare le sue capacità professionali; possiede una buona verve e sa mantenere il ritmo giusto, crea aspettative e curiosità anche se spesso usa parole eccessivamente ridondanti.
    Questa idea dei big accompagnatori non è stata male anche se, tranne per la figlia di zucchero, i giovani sono stati spesso annichiliti dai “veterani” ( ho visto il programma solamente fino a vecchioni)
    E’ stato un vero piacere ascoltare Pino Daniele che con la sua esibizione ha dimostrato che per cantare ed emozionare non occorre per forza spaccare i timpani, ma questa è un’ altra storia, qua siamo a sanremo.
    Vogliamo parlare di musica, allora facciamolo.
    Sanremo agli inizi proponeva il meglio della canzone italiana. Ora non più.
    Sanremo ora è una cosa diversa ma non per questo peggiore.
    Può servire da trampolino di lancio per chi è ancora poco conosciuto ed ha qualcosa da dire( pochissimi ad essere sinceri), serve a rispolverare artisti oramai finiti nel dimenticatoio, serve a quei cantanti che sanno che se non propongono un nuovo brano durante questo evento canoro nessuno poi se li fila… certo se vuoi scoprire un vinicio capossela, un nuovo paolo conte, un altro de andré, beh! allora bisogna andare da un’altra parte… non a caso esiste il premio tenco.
    Insomma la mia sensazione è che sanremo serva per veicolare cantanti, canzoni che altrimenti non avrebbero commercializzazione con la speranza che qualcosa di buono salti fuori. Ci sono cantanti che non venderanno un solo disco al di fuori della compilation, questo è il punto, perché sanremo da anni non si rivolge agli acquirenti di musica ( questo per me rimane un mistero) ma ad un pubblico stanco e pigro che raramente spende una lira per un CD ma che non si perderebbe per nessuna ragione una sola puntata di sanremo.
    Sanremo come molte cose italiane è solo un motivo di discussione senza soluzione ; chi ne parla male sarà considerato uno snob e chi ne parla bene un coglione… e chi non ne parla? forse è straniero.

    ciao
    stefano

  117. @ Sergio Rilletti:
    Lo penso anch’io che sia motivo di business e non solo per il Comune di Sanremo! Per questo dico che si dà troppa attenzione all’evento mediatico, lasciando spazio alle polemiche se non cercandole e c’è meno attenzione per la Canzone.
    E aggiungo un’altra considerazione, una volta Sanremo rilanciava la tradizione musicale italiana, poiché poche erano le occasioni di rilanciare la canzone all’esterno e di portarla al grande pubblico, ma adesso non è così…
    Credo che il festival, sia un qualcosa di più importante che per noi italiani resisenti in patria, per i nostri connazionali all’estero, ma di questo se qualcuno può, datemi conferma.

  118. Condivido molto, forse tutto, di ciò che ha scritto Stefano poco sopra. Il piacere di vedere e sentire come si fa ad usare la voce con grazia, con intelligenza, con sensibilità per saper suscitare emozioni datoci da Pino Daniele l’ho provato anche io. Il confronto con quel tronfio trombone sguaiato di un Al Bano mi viene spontaneo. Ma è particolarmente acuta la sua osservazione finale:” Ci sono cantanti che non venderanno un solo disco al di fuori della compilation, questo è il punto, perché sanremo da anni non si rivolge agli acquirenti di musica ( questo per me rimane un mistero) ma ad un pubblico stanco e pigro che raramente spende una lira per un CD ma che non si perderebbe per nessuna ragione una sola puntata di sanremo.” Questo avvalora la tesi che indipendentemente dalla musica proposta il successo di un’edizione si misura dalla qualità dello spettacolo, e principalmente per quella verrà ricordata. Delle canzoni ricorderemo forse la vincitrice (a volte neanche quella – vedi i Jalisse) e una o due di quelle poche che avranno poi successo (che verranno poi tardivamente riconosciute come “vincitrici morali”).

  119. @Patrizia S. e Stefano:
    Sì. Concordo pienamente con le vostre analisi.
    Molte persone hanno con Sanremo lo stesso rapporto che io ho con il calcio (di cui salverei solo le tifose): seguo solo i Campionati Mondiali ed Eurpei. E lo faccio per quel senso di appartenenza che, secondo me, ci caratterizza in queste occasioni.
    Sanremo è li Campionato Mondiale della Canzone (se non altro perché è visto anche all’estero).
    Sì, è vero, molti cantanti sono spariti, come Federico Salvatore, che ormai sembrava essere arrivato al vertice del successo, o i Future, un interessante complesso di giovani che ha partecipato per tre anni consecutivi nella categoria Nuove Proposte, ma, per quanto possa sembrarci ingiusto, questo è il gioco.
    Un gioco al quale possiamo anche non partecipare, tacendo, accettando silenziosamente tutto. Ma se vi partecipiamo, come stiamo facendo, può essere una fonte di arricchimento per chiunque.

  120. ma figurati amelia, i gusti sono così’ soggettivi,talvolta incomprensibili e non condivisibili ma sempre personali,anche pacciani aveva una donna che lo amava… e chi può dire che avrebbe dovuto preoccuparsi?

  121. @ Gianfranco: sai perché i ragazzi si fanno le pere?
    Perché nessuno ha detto loro quanto sia bello sognare. Immaginare il futuro. Creare qualcosa di bello per sé e per gli altri.
    E perché genitori ed educatori ci hanno rinunciato.

    Ascoltare a Sanremo Pino Daniele – “Napul’è” a fil di voce, senza urlare come gli pseudocantanti di X-factor, bravissimo, anche se certa spocchia brasileira in lui non è che mi piaccia tanto – , Vecchioni, Cocciante, è stato molto bello.

    E Giovanni Allevi, che sembra un folletto con quelle dita volanti a martellare il pianoforte?

  122. @Gianni…su Povia; non sono né buona d’animo né pretendo consensi. Preciso:quel cantante non mi é mai piaciuto nell’aspetto,non mi intrigano le sue canzoni,non condivido intellettualismi verbali nécartelloni( questi facciamoli erigere ai manifestanti perché le canzoni devono essere autentiche espressioni d’animo), non mi piace il tema ” luca non era gay”. E tanto meno ipotizzo su suoi legami clericali o altro.Dalla filastrocca che ha snocciolato e che ha creato un inutile vespaio(ma gli intendimenti vanno pescati altrove ossia più se ne parla meglio é)emerge:Luca non era gay ed é divenuto ciò che non era, ossia A=A.Ergo nessun avvenimento, nessun cambiamento, non é accaduto nulla.Il dissidio con i gay era immotivato e fortemente voluto( ho detto perché).Se dico …io non ero cattolica e continuo a non esserlo, bé…forse che non lo posso dire? Il capo dei chierici forse che si disturba?Nominare non significa condividere o non condividere, il nomen é un semeion del nostro essere qui.
    @Gianni…il caso Zanicchi…perché una donna non può dire che evita il coinvolgimento emotivo nel rapporto sessuale? E’ un salire lo scalino della conoscenza per evitare crolli psicologici, un banale (non troppobanale)scudo contro gli esagerati battiti…cardia. Del resto sono i maschi i migliori magistri vitae, che per secoli hanno agito così. Eppure la Zanicchi, in quel manifestare la sensualità del rapporto, urla che ama le mani, le carezze e in quello c’é tanto amore.Canzone di protesta e non mi piace. Mi piace Vecchioni che suggerisce ai giovani di usare “parole alate”, di investire nel cuore, perché la ragione ci fa sentire superiori agli dei e perciò punibili. Ciao, Lucia

  123. @ Lorenzo…apprezzo moltissimo il tuo “medén agan” ossia il nulla di troppo di ascendenza socratea. Ogni tua espressione si colloca al posto giusto e questo si chiama “saggezza”, un valore non indifferente.Ho apprezzato quello che hai scritto su Teseo , sul labirinto, che condivido al massimo e ti ho risposto. Grazie, Lucia

  124. @Lucia Arsi:
    Leggendo il tuo intervento sulla canzone della Zanicchi mi ero fatto un’idea, ma poi mi sono perso.
    Perché la definisci una canzone di protesta? E perché non ti piace?

  125. @Lucia Arsì…
    ho letto la tua risposta, ma ne sono uscito…confuso.
    Non cerco nè che tu la pensi come me nè consensi(anche io), volevo solo che tu mi facessi riflettere sui miei pensieri, visto che sembravamo discordanti. Tutto qui.
    Su Povia(ancora? ultimo, promesso)…Ha semplicemente provato ad affermare che l’onosessualità non esiste. L a negazione della realtà è pericolosa, porta a disturbi schizoidi della personalità.
    Sulla Zanicchi anche io non capisco( come Sergio, che approfitto per salutarlo, visto che non ci ‘conosciamo’)…approvi o no, che una donna possa rivendicare il diritto e la libertà di fare sesso senza amore? Forse approvi ma non sei d’accordo?
    Ciao, Gianni

  126. @sergio azzardo un’ipotesi per lucia, forse perchè è una forma di desiderio urlata? un amore sfacciatamente preteso?certo che la musica di vecchioni è un altro livello,più dolce e raffinata con testi più curati.
    Però non ho capito nenach’io bene:lucia ti piace il messaggio sottinteso nella canzone della zanicchi, ma non ti piace il modo in cui comunica?

  127. magari andava pure bene il messaggio della richiesta di sesso senza amore, ma il “fallo presto”… e che diamine si và sempre di fretta!trasmettiamo il messaggio di indugiare almeno negli incontri che siano con o senza amore,ma senza scappare … :-)))

  128. @Maugeri…
    guarda, che il cartellino giallo lo devi dare solo al Salvo : mi propose sua cugina nel lontano post “l’arte che si scrive”…al mio rifiuto(per il bene della santa donna), finge di non ricordare per orgoglio.
    E’ un “farenèlla”.
    Un caro saluto

  129. @Salvo…
    “FARENELLA” : uomo dal carattere leggero e facilone, simpatico, ilare, ma quello che dice non sempre è vero, e le promesse che fa, solitamente non vengono mantenute…
    u’ capisti!?…

  130. @Sanremo…
    Bonolis sta facendo un grande Show, dove la centralità non è la musica, intesa come nuove proposte sia di idee e soprattutto di cantanti. Anzi, ho l’impressione che i cantanti partecipanti passino in terzo piano. Quindi non rispecchia quello che dovrebbe essere il Festival.
    Certo, lodevole il fatto di aver portato dul palco artisti italiani che lo hanno sempre snobbato(vedi P. Daniele, Vecchioni, e canzoni di De Andrè). E’ apprezzabilissimo, e il pubblico salta spontaneamente quando sente la musica “vera”(comprese certe canzoni che introducono l’artista, vedi P.Pravo, Renga…). Ma, allora, perchè non trasformare Sanremo in questo? Anche con le giovani leve?
    Tanto…è o’ popolo ca o vvò!…

  131. @a Sergio Rilletti…della Zanicchi mi piace l’ibrido ossia il tono tra il macho e il commovente.In questo é splendida perché NUOVA. Se vogliamo spiluccare sulle parole, analizzando i tempi del rapporto o protestando sul sesso con o senza amore, tutto questo mi lascia indifferente. Ciao, lucia

  132. La canzone di Povia è una bella canzone. Le manifestazioni contro mi sono parse assurde e surreali. Eccessive. Capisco tutto quello che c’è dietro, ma non bisogna esagerare.altrimenti si incorre nell’errore opposto

  133. Per me, la chiave di lettura della canzone della Zanicchi sta nella parola “Amore” pronunciata alla fine (proprio per come è pronunciata): ne ribalta completamente il significato!

  134. @Gianni… tento di farti riflettere, vana speranza!. Povia non ha detto che non esiste l’omosessualità. Ha canticchiato che Luca non era omosessuale né lo é nel presente. Stop. I miei fantasmi epistemologici mandiamoli a quel paese.
    @Gianni e Francesca…sulla Zanicchi….la canzone si completa con la parola carica di sentimento AMORE.Il sexus imbecillus(femminile) non può non provare sentimento, ma é quella carica esageratamente emotiva che distrugge e la cantante lo rammenta, lo chiosa, lo urla ed io approvo approvo condivido( un sesso meno coinvolgente e perciò meno distruttivo, un eros che squarcia come vento che si abbatte sulle cime sradicandole …un eros dolce-amaro consuma), anche se non riesco ad immaginare una carezza al partner che non sia caldamente animata.un ammiccamento. Lucia

  135. La terza serata del Festival della Canzone Italiana è stato dedicato alla gara dei giovani, tutti di ottimo livello, che si sono esibiti con alcuni “big” della musica (com’erano definiti quando ero bambino).

    L’apertura col film di Giuseppe Tornatore seguita, subito dopo, dalle “mani volanti” di Giovanni Allevi, è stata molto suggestiva.

    La gara dei giovani è stata proprio bella; anche se alcune esibizioni “fuori concorso”, riservate solo ad alcuni di loro, le avrei evitate.

    Oltre a Bonolis e Laurenti mi è piaciuta in modo particolare Gabriella Pression, che, contrariamente ai ruoli che interpreta nei film, si è dimostrata spiritosa e autoironica.

    Ottima anche l’intervista a Kevin Spacey e la “lettera al Festival” di Niccolò Ammaniti letta da Giorgio Pasotti.

    Mi dispiace per Tricarico, che è stato eliminato.
    E mi dispiace pure per Al Bano, che, nonostante la sua spocchia, è stato riammesso. Ora mi aspetto di vederlo entrare cantando “All’alba vincerò!!!!!!!!!!!”.

    Applausi, come sempre, al pubblico non-mummificato di questa edizione.

  136. Salve, un rientro il mio al 90°, quasi a fine partita. Vedo che avete fatto un’autopsia di sanremo che neanche “Ducky” Mallard, il medico dell’Ncis, sarebbe stato in grado di fare. Un po’ come la nazionale, tutti commissari tecnici.
    Mi devo ricredere, sembra un ottimo spettacolo, a parte il tritacarne dei concorrenti, quello è un discorso a parte, nessuna canzone piace al primo impatto e poi, alla fine, non credo interessi a molti la vittoria.
    Il premio è stato il “palco” e gli eventuali pettegolezzi che terranno gli esclusi sulle copertine e nelle radio libere.

    Benigni. Bhe, affermare che amo Roberto e per dire, “da che pulpito sta’ per venire la predica”. Lo conosco dal ’75, quando spaurito pennuto era alla festa de “L’Unità” a Napoli e fece una piccola performance veloce mentre i tecnici degli “Area” del mitico Demetrio Stratos, montavano una strumentazione monstre. Lo rincuorammo: “Dai fringuello, diventerai famoso”, non era preveggenza, quasi lo sfottevamo.
    Benigni all’inizio ha incespicato molto e “durante” ha fatto battutine da Zelig, con tutto il rispetto per l’ottima trasmissione di Bisio, da lui ci si aspetta altro, poi con il crescendo finale è stato strepitoso, l’affabulatore di sempre, però chiedo: diciamolo quando a volte il re è nudo!

    Off Topic:
    @Sergiotto Rilletti, fattelo dire, sono contento di averti conosciuto, sei fantastico. Peccato non averti sentito a “Tutti i colori del giallo”, è una trasmissione che cerco sempre di ascoltare, con calma andrò a leggere il tuo racconto.
    Ti invidio, non riesco a scrivere gialli, non riesco a far comparire morti nelle mie storie. Si ho scritto un racconto giallo/humour, ma il morto non l’aveva ucciso nessuno, s’era infartuato da solo.

    @Zap Zappulla, lo vuoi fare il morto in qualche storia?
    Sono diventato ambidestro da quando t’ho conosciuto.

  137. @sergio rilletti per favore fammi un fischio quando rientra albano sennò mi resta il panino “annozzato in canna”,ho bisogno di un calice di pinot nero blauburgunder, per reggerlo quando farà all’alba vinceròòòò.
    @salvo zappulla resto sempre preoccupata per patti,che faccia la terapia sostitutiva per la menopausa e ciò si rifletta sulle performances vocali?peccato perchè il pezzo è bello e poi con quel popò di musicisti ,il bassista è di eric clapton-mitoooo-.
    salve
    ora non vi distraggo perchè ci sono le playmate italiane….:-)))

  138. Grazie mille, ragazzi!… Non mi aspettavo tutto questo successo!
    Si vede che “cantarle” a Sanremo… premia! 🙂

    @Francesca Giulia Marone:
    Ho visto il tuo “appello” solo ora: come ogni sera mi sono visto Sanremo in sala, senza più avvicinarmi al computer fino alla fine. Comunque non preoccuparti: Al Bano, stranamente, è entrato in silenzio. Che fosse un muto ringraziamento?

    @Didò:
    Piacere del piacere!…
    Non so se sia proprio corretto, ma, già che parliamo di thriller umoristici, ne approfitto per segnalarti “Mors Ridens”, con protagonista il mio Mister Noir, che molti usano come antidepressivo (http://www.zaffoni.it/PDF/riletti_mors.pdf ).
    “Tutti i colori del giallo” è stata una magnifica esperienza, per me, che non mi sarei mai aspettato di poter fare. Dovrei tornare tra poco, prima dell’estate, per parlare dell’antologia di raacconti “Crimini di regime” (Editrice Laurum).

    Per quanto riguarda la vincitrice dei giovani, sono contento!… Non ho ben capito quanto sia “vera” e quanto sia “personaggio”… ma mi piace!
    Erano tutti bravissimi, ma lei, sicuramente, si è distinta!

  139. @ Francesca Giulia Marone (minchia, hai un nome che viene il fiatone a scriverlo) “Il panino annozzato in canna”. Roba da premio Oscar. Neanche il grande Didò arriverebbe a tanto. Spero non vi siate messi d’accordo contro di me. Già mi vuole morto. La Patti è un po’ arrugginita perchè è scomodo dormire nel sarcofago.

  140. @s.rilletti grazie di aver risposto, sei gentilissimo,per tornare alla gara canoro,devo dirti che la giovane che ha vinto mi piaceva dal primo momento,come personaggio e come canzone che ho canticchiato dopo averla sentita solo una volta,poi accompagnata dal vecchietto mitico super ottantenne Luttazzi è stata deliziosa,anch’io mi chiedo se fosse tutta vera o costruita,perchè è molto sui generis!

    @salvo, mi fai morire dalle risate,non ho il piacere di conoscere Didò anche se siamo terroni entrambi.
    saluti

  141. @s.rilletti grazie di aver risposto, sei gentilissimo,per tornare alla gara canoro,devo dirti che la giovane che ha vinto mi piaceva dal primo momento,come personaggio e come canzone che ho canticchiato dopo averla sentita solo una volta,poi accompagnata dal vecchietto mitico super ottantenne Luttazzi è stata deliziosa,anch’io mi chiedo se fosse tutta vera o costruita,perchè è molto sui generis!

    @salvo, mi fai morire dalle risate,non ho il piacere di conoscere Didò anche se siamo terroni entrambi.
    saluti

  142. Tette in abbondanza iersera a Sanremo.
    @Zap, vecchio mandrillo, hai gli occhi lucidi: sei commosso?
    Tu, vecchio leone che dopo aver visto Paprika avesti gli incubi; ti sono passati ma dovesti comprarti un ciucciotto per ovviare alla crisi d’astinenza di allattamento.

    @Francesca Giulia (ometto il Marone per pudore), lieto di conoscerla, ma stia lontana da Zappulla, lo chiamano il “Trapano di Siracusa”.
    E’ una qualità cresciutagli nell’ambiente un po’ ostile della nobile Trinacria, dove il pudore e la morigeratezza sono stili di vita, pensi che mise incinta sua moglie per telefono.

  143. @Didò grazie, ma non si preoccupi per me,ho un potente firewall antitrapanature internazionale montato sul pc e applicabile come schermo portatile ad ogni tipo di abbigliamento da signora!
    felice di fare la sua conoscenza(fra l’altro siamo “schedati” fra gli autori della gloriosa centoautori uno dopo l’altro).
    saluti

  144. @…
    GRANDE Michele Serra!
    Certo, è strano, c’è ancora chi “osa dire” quel che pensa in Italia?

    Giù le mani e la lingua da Patty Pravo. L’unico vero mito femminile della canzone italiana(libera da ogni forma di conformismo).

    @francesca giulia…
    ho capito che anche tu sei napoletana….bene, stai attenta al Salvo : dietro la sua sottile farenellaggine, si nasconde soltanto un desiderio di gioventù castrato verso la Patty( non ci cascare, i suoi sono soltanto deliri misogino-maschilistici…nutre una certa violenza repressa verso la suocera).

    Un caro saluto

  145. @Didò…
    Salvo, “Trapano di Siracusa”? Certo, quello prima del progresso. Il trapano che si usava “a mano” girando la “manovella”.

    Un caro saluto

  146. @ Francesca Giulia!!!
    Gulp!
    Centoautori?
    Mi vergogno di me!
    Mi perdoni, anzi, collega (sono genuflesso sui ceci nel pronunciarlo, ceci cotti) perdonami, non sapevo di aver una cosi squisita collega.

    Comunque, tutta Centoautori sarà precettata, tra non molto, per un post che a suo tempo il Grande Maugeri farà su un nostro autore.
    La sorpresa è d’obbligo, ma state in campana, voglio “Letteratitudine” piena come il San Paolo quando giocava “El Pibe”.

  147. @didò ho già capito su chi il post:vado a prendere le scarpette da calcio di mio figlio così sarò in tema!

    @gianni parlato anche a me è piaciuta la lettera di serra,non ho sentito quella di paolo giordani, qualcuno mi dice com’era??
    per tua, vostra tranquillità,ho già risposto sui miei mezzi di difesa antitrapano,grazie per gli striscioni anti-salvo,ma mi sembra così simpaticone che una battuta ogni tanto non sarà pericolosa…
    @tutti qualcuno mi dice delle altre lettere di penne autorevoli e di cosa parlassero?
    grazie abbracci

  148. @Massimo maugeri,
    mi perdonerai di questi continui off-topic, ma il tuo (nostro?) è un sito letterario e vi si nascondono scrittrici/ori sotto spoglie malandrine, consentimi di fare gli onori di casa a:
    Francesca Giulia Marone – presente con un pregevole racconto nell’antologia: Bellissime ossessioni – Centoautori Editore

  149. @Didò,no la prego,io sono una piccolissima autrice,perciò parliamone con discrezione,fra l’altro quel raccontino faceva parte del periodo “pulp-noir” di tre anni fà,oggi non ammezzerei nessuno,forse… :-))

  150. Devo dire che la vincitrice dei giovani in fondo è piaciuta anche a me. Che possa essere un personaggio costruito chissà. Ma forse l’impaccio è genuino (quel cantare quasi immobile, con le mani chiuse a pugno dietro la schiena) e credo sia stato determinante a decretare la vittoria, insieme al motivetto indubbiamente simpatico e all’appoggio di Lelio Luttazzi (un’altra persona di indubbia simpatica onestà) la sera prima. Nell’insieme la gara dei giovani mi è questa volta parsa più interessante di quella degli affermati (un’altra bella sorpresa mi è parsa quella Molinari che cantava Egocentrica, anche con la vanoni), dove invece l’uscita di Niki Niccolai, di Dolcenera e dei Gemelli (il rap mi ha proprio stufato, ma questa volta e nella versione con marching band non mi era poi dispiaciuto) e di fronte alla persistenza di AlBano poi, mi pare proprio sia molto più scandalosa dell’opera omnia di Povia (che in versione unplugged mi è parso più a suo agio che con tutte le fanfare, quasi a farmi ricredere sulla bruttezza – che prima mi parea certa- della canzone).

  151. …sinceritààà un elemento imprenscindibileeee…
    è molto orecchiabile,il tema centrale si ripete e si ricorda subito,effettivamente lei aveva le movenze poco mobili di chi ha difficoltà a comunicare,perciò mi incuriosiva perchè pareva sciogliersi solo quando cantava e dopo qualche fraseggio, nemmeno subito,qualche altra voce interessante c’era ,ma le canzoni erano noiose,senza brio nè troppa interpretazione,tranne casi rari.
    allora qualcuno mi dice com’erano le lettere di ammaniti e giordano??
    grazie

  152. e poi secondo voi, questa novità-perchè credo che lo sia o no?- di invitare scrittori e/o giornalisti a scrivere un pensiero e leggerlo al festival come la considerate?positiva perchè allarga le prospettive dello spettacolo alla cultura letteraria e di pensiero o negativa perchè fuorviante rispetto allo spazio musica?

    @massimo scusa oggi ho una camicina azzurra,sarà l’effetto dell’abbigliamento a scaturire la curiosità espressa.

  153. Il fatto che Lelio Luttazzi, uno dei più bravi professionisti dello spettacolo italiano sponsorizzasse quella ragazza faceva ben sperare, io credo che tutto il linguaggio, sia musicale che estetico di Arisa, sia stato oltre che voluto, una scommessa di modernità.
    Ma vorrei che tributassimo tutti un omaggio a quest’uomo formidabile e umile che, fonte Wikipedia:
    “Nel giugno del 1970, proprio mentre era all’apice del successo, la vita di Luttazzi fu travolta: venne infatti arrestato con Walter Chiari con l’accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti…Dopo ventisette giorni passati in carcere, venne liberato e completamente scagionato…preferisce ritirarsi a vita privata, amareggiato dalla lapidazione mediatica cui era stato sottoposto nonché dalla scarsa considerazione che la RAI aveva avuto per lui.

  154. @Lucia Arsi:
    Scusa se non ti ho risposto subito, ieri, ma dovevo catapultarmi a cena.
    Ora però l’ho letta bene, e la tua analisi della canzone della Zanicchi la trovo perfetta!

  155. @francesca giulia…
    se ti può interessare, sulla lettera di Paolo Giordano ho lasciato un mio personale commento, che puoi trovare più su – rif. : “Giovedì, 19 Febbraio 2009 alle 8:27 pm ” -.
    Quella di Ammaniti lo ascoltata un po’ distratto, però mi ha lasciato alquanto positivo( anche se ammetto, per non troppa attenzione, ho qualche dubbio sull’averla compresa bene)

  156. @Sergio, grazie.Sai, sono convinta che la mente e il corpo sono due facce dello stesso oggetto e accadono nel tempo. Oggi, Zanicchi é espressione di ciò che accade: la donna, oggi, ama con il corpo,(prima le era concesso o vagare col sentimento o prostituirsi)e ti pare niente? Ma fa paura e quindi….depenniamola!!!!!!!! Ciao Lucia

  157. Il “depennamento” della Zanicchi non sarà dovuto di più al fatto che francamente che francamente potesse essere una brutta canzone (al di là del messaggio che volesse trasmettere) e forse neanche cantata tanto bene?
    A me, pur maschio, l’idea alla base del testo non fa alcuna paura. Ciò non toglie che la trovo una canzone brutta.

  158. @Francesca Giulia:
    L’iniziativa mi pare buona (come scrittore non potrei dire divnersamente). D’altronde, in questa edizione, sotto il tetto dell’Ariston hanno convivsuto quatro forme d’arte: Cinema, Teatro, Musica, e Letteratura.
    La lettera di Niccolò Ammaniti è quella che mi è piaciuta di più, perché è la più fantasiosa e letteraria; anche se, dal suo testo, sembrerebbe che il Teatro Ariston lavori solo cinque giorni l’anno.
    Michele Serra, in modo molto ironico e verace, ha declamato che Sanremo è Cultura.
    La lettera di Paolo Giordano, invece, anche se bella, mi è sembrata un po’ fuori tema.

  159. Oggi alle 15 corteo a Roma di gay e lesbiche contro Povia: siamo alla farsa. Tutto mi posso aspettare ormai (ne ho viste tante…) ma arrivare a questo ha del ridicolo quasi divino. A questo punto (eliminati i pochi che non mi dispiacevano) quasi quasi spero vinca lui. Meglio di AlBano lo è sicuramente (chiunque è meglio di uno che canta “l’amore è sempre amore anche quando non è corrisposto” credendo di avere fatto la scoperta del secolo. Non conosco uno che sia convinto del contrario. Forse il tronfio e sguaiato cantante di Cellino se ne è accorto solo adesso). Bah.

  160. La canzone di Povia, ormai lo sappiamo, non c’entra affatto con l’omosessualità; ma se i gay ci tengono proprio così tanto a farle pubblicità… che manifestino pure!

  161. @ Carlo….assolutamente d’accordo con te a proposito del corteo dei……ridicolo prendersela con uno che canta e forse forse non sa nemmeno cosa intende dire…..e poi….l’amore non corrisposto… quel di Cellino non sa che é l’impossibile a fomentare la pulsione, ingigantire l’immagine dell’altro? Ciao Lucia

  162. @Sergio…..se Michele Serra ha inteso il termine cultura nel senso di spaziare circolarmente, con lo sguardo volto in profondità(oc-cultus),é vero…sanremo con la sinestesia di voci ha dimostrato di essere una buona palestra, i cui contenuti possono essere condivisi o meno. Ma ci ha lasciati riflettere e questa é cultura.

  163. La quarta serata del Festival si è conclusa con a vittoria di Azira. Motivo e look (dimesso) Anni Cinquanta l’hanno fatta spiccare su tutti.

    Spettacolare l’inizio, con il film “E la nave va” di Federico Fellini seguito, sul palco, dalla rappresentazione de “La donna è mobile” di Giuseppe Verdi trasformandosi, sul finire, in un ballo moderno sulle note di “We are the champions” dei Queen.

    La nota più folcloristica della serata è stata l’incursione non-autorizzata di una pornostar italiana che, durante l’intervista a Hugh Hefner, fondatore di “Playboy”, si è presentata sul palco tutta dipinta da tigre. All’inizio pensavo fosse uno sketch, una parodia di quello che era accaduto sul palco di “Chiambretti Night” con la moglie di Milingo; invece, a quanto pare, non era preparato.

    Non è mia abitudine “notare” gli uomini, ma il giovane modello che ha affiancato Bonolis (ho una certa idiosincrasia per ricordare i nomi maschili) ha tutti i numeri per diventare un buon presentatore.

  164. Bene!… La 59^ edizione del Festival della Canzone Italiana l’ha vinto Marco Carta.
    Tra i tre finalisti (ovvero lui, Povia, e Sal Davinci) è quello che mi ha convinto di più.
    E’ un personaggio umile, che mi piace!

    Forse è proprio questo il segreto dei due vincitori di questa edizione del Festival di Sanremo, oltre ad aver avuto lo stesso direttore d’orchestra: l’umiltà!

  165. @Sergio Riletti:
    Sei stato bravissimo!
    Ti ho letto sempre volentieri!
    Anche a me piace Marco Carta. Fresco, semplice, per niente divo e con tanto entusiasmo.
    Mi sembrano caratteristiche anche della vincitrice della sezione giovani.
    Una bella inversione di tendenza e una speranza: i giovani sanno essere se stessi.
    E sanno sognare.
    Buona domenica a tutti!

  166. Una buona domenica a tutti:)
    Anche io faccio i miei complimenti a Rilletti per la moderazione nella sua conduzione del dibattito – anche se mi sa non siamo d’accordo su niente:) ma non è un dramma:)
    L’umiltà non è un valore che mi interessi in un festival della canzone, a cui chiederei della buona qualità nelle canzoni, e magari messaggi non discriminatori. Carta non è discriminatorio affatto povero ciccino, ma non mi sa di niente. Non ha certo una voce e una tecnica brillante ed è vero che è tanto fresco – ovvero sia acerbo. Non è stato un festival che brillasse, per i miei gusti, ma ho sentito delle cose che mi piacevano ben di più e se erano arroganti, pazienza. E’ un loro problema privato.
    In genere non condivido neanche il buonismo dell’ossissi che fico erano tutti bravi uguale:)) ma no – non esiste il tutti bravi uguale. La natura è crudele, e ammesso e non concesso che tutti si impegnino alla stessa misura voci talenti e profondità varieranno da caso a caso.
    Povia per me non doveva partecipare. E’ curiosa la considerazione per cui la sua canzone non è sugli omosessuali. Curiosa perchè è una cosa che potrebbe essere anche sottoscrivibile. Salvo il fatto che la canzone si chiama Luca era Gay, Luca a un certo punto della canzone dice di essere gay, e la sua omosessualità è messa in relazione a tutta una serie di stereotipi tradizionali della discriminazione omofoba – il cui modo di esprimersi non è “brutti frociacci culattoni” ma tante volte nel veicolare come patologica una scelta che non lo è. Mi colpisce sempre questa cosa per cui molti si attendono che la discriminazione – anche raziale, sessuale e antisemita – arrivi in modo plateale, mentre i modi della discriminazione arrivano spesso per le vie subdole e anche per storie esemplari. Che se vanno a San Remo, non sono più una storia, ma sono storie che indicano un’opinione. E dunque, Carlo S. l’unico modo per cui posso essere d’accordo con te, e che gli omosessuali non divevano fare affatto una manifestazione “gioiosa” per la canzone di Povia, ma considerando che la Binetti e Ratzinger agiscono nella nostra cultura da ben prima di Povia, e Povia è solo il sintomo della pervasione di una incultura che si allarga – e che motivo ulteriore di mio incazzo, si serve della psicologia spicciola, del tutti dicono tutto – In ogni caso, gli omosessi dovevano incazzasse e di brutto – e prima.
    Apprezzo molto anche se sono convinta che in privato continui a fare cospiquo ribrezzo, la serie di tentativi che ha fatto – con successo – Bonolis per dissimulare la sua ribrezzosità – che si è in passato espressa a pieni polmoni in graziosi programmini quali “Ciao Darwin” (che puaretto, è er suo compleanno se rivorta naa tomba) per cui ha bilanciato le conigliette con i coniglietti, le battute sessiste, con le battute coi maschietti, e in genere ha cercato di contenersi. Mi rimane il fatto che non capisco perchè si debba chiedere ad Annie Lennox che vor di per lei essere madre, o battere le mani a una perchè è incinta al sesto mese e fa ricerca. Ora, è bene battere le mai a una che in questo paese fa ricerca. Ma il fatto che sia incinta deve riguardare la nazione?
    però voglio chiudere pensando a delle cose belle di questo festival. Mi è piaciuta moltissimo, davvero moltissimo, per la recitazione e per il testo, la lettera di Paolo Giordano letta da Haber. Un grandissimo racconto. Sono stata molto contenta della giovane proposta Azira che ho trovato molto elegante e con personalità. Ho anche ascoltato alcuni duetti molto belli. Per me che ci ho la fissa jazzistica, quando la Vanoni ha cantato con la Molinari è stata una cosa davvero interessante.
    Buona domenica:)

  167. Zauberei, quella di Povia era la canzone della storia di uno. Il testo dice ‘non c’è malattia, non c’è guarigione’. Comw ha scritto qualcuno qua sopra, NON ESAGERIAMO. altrimenti finirà che tra un po’ chi parla di certi argomenti finirà con l’essere linciato.
    A me è piaciuta la canzone di Bovia, così come è piacuto il bellissimo monologo di Benigni.
    Il peccato più grande è la stupidità, da qualunque parte venga.

  168. @sergio rilletti sono d’accordo con te,mi ha fatto piacere che abbia vinto marco carta,sicuramente è ancora un pò immaturo sotto vari punti di vista ,ma è pulito,la voce è bella e con testi più di qualità questo ragazzo andrà avanti-mi ricorda un pò il ramazzotti giovane di terra promessa-.Inoltre mia figlia di 13 anni e mezzo- e sono loro che fanno molto il mercato- ha detto sentendolo la prima volta:per me deve vincere lui,perchè io se cammino per strada e voglio cantare mi piace ripetere una canzone che mi dia gioia e che sia facile da ricordare!. Lo so che a qualcuno potrà sembrare semplicistico ,ma in fondo la musica deve per prima cosa trasmettere emozioni,forse a noi adulti uno come carta non farà tremare i polsi con significati di messaggi sotterranei, ma la gioia la stramette. Povia per me non andava attaccato come è stato fatto,esprime un pensiero soggettivo per lo più lo fa male e con una vocina che non mi convince,io giudico musicalmente e non mi piace come cantante e come autore,ma dargli tutta questa importanza…non sarei scesa in piazza per uno che per giunta canta malino! :-))non sono queste le “offese” da cui gli omosessuali sensibili si devono difendere e credo che quelli intelligenti e sensibili che conosco io se ne fregano di ciò che canta Povia, magari ci ridono su.
    Nel complesso io ho trovato il festival piacevole e vario,non avrei invitato cassel che proprio non capisco come presenza, fra l’altro in italia non è molto conosciuto se non come principe consorte, nè particolarmente amato come attore- e poi che schifo quanto sudava…-musicalmente non erano grandi pezzi, mi sono piaciute le nuove proposte alcune più originali dei big.
    saluti passo e chiudo e buona domenica a tutti

  169. Purtroppo gli ultimi giorni del Festival non li ho potuti seguire. Le canzoni del giovane Carta e di Sal Da Vinci non ho ancora avuto modo di ascoltarle (nemmeno quella della vincitrice di Sanremo giovani, per la verità). Mi rifarò cercandole sul web, appena potrò.

  170. @ Lucia Arsì
    A dire il vero avevo scritto “Sanremo in maschera” solo per introdurre il post sul Carnevale. Ma sei riuscita a trovare collegamenti interessanti.
    Splendida!!!:-)

  171. @Zeubrerei:
    Innanzitutto, grazie per i complimenti… e sono contento che almeno su Azira siamo d’accordo! 🙂

    Per quanto riguarda Povia, ribadisco che lui ha teso una bella rete, nella quale, prima del Festival, siamo caduti tutti come pesci: il titolo volutamente fuorviante, LUCA ERA GAY, ha scatenato un mare (in burrasca) di polemiche, catalizzando l’attenzione su di sé.
    Poi però, ascoltando la canzone, si capisce che è il percorso di un forte disagio interiore che Povia ha voluto raccontare “in soggettiva”, seguendo passo passo tutte le sue emozioni, le emozioni d’un uomo insicuro di sé.
    Certo, Povia ha scelto una tecnica ostica, che, se compressa in una canzone di meno di quattro minuti, può generare fraintendimenti; ma ritengo che questa sia la chiave giusta per interpretarla.
    Grillini ha fatto malissimo ad attaccare Povia dopo la sua esecuzione, perché ha rasentato la demenzialità. E credo che, d’ora in poi, tutte le polemiche relative questa canzone possano giovare esclusivamente a Povia stesso.

  172. Sono sicura che le polemiche giovino a Povia e gli abbiano giovato. Certo abbiamo pareri diversi, ma non è un dramma. Però la storia era esemplarissima, capisci Rilletti, era una storia tipica tipica dei luoghi comuni in tema, sentita fino alla nausea. Storia amata dalla psicoanalisi selvaggia e dai preti di provincia. Un grande classico, niente di molto soggettivo. Già sentita persino su questo blog – se non ricordo male. Per questo per altro la trovavo anche da un punto di vista strettamente estetico – na cagata de canzone. Pareri naturalmente.
    ma non amo la retorica del tipo Amy la lamentazio adolescienziale sul politicamente corretto: che mo’ uno si deve sentire coartato perchè uimmèi non si pole raccontare na barzelletta contro i negracci.
    Tanto è una storia. Parla de un negraccio solo – perchè dovrebbe far ridere?
    Ma con questo chiudo qui, voglio dire su questo tema. Perchè ho la sensazione che le opinioni in merito siano stabili, e ognuno si tiene gioiosamente la sua.

  173. @Francesca Giulia:
    Ok!… Condivido il tuo pensiero in toto..

    Al di là di tutte le polemiche sullle presunte “intercessioni” di Maria De Filippi, Marco Carta è comunque un cantante che sa emozionare dotato di grande grinta.
    E se l’avessero votato anche in base alla sua vita personale, come sostengono alcuni, lo considerei un valore aggiunto.

  174. Cara Zau, sai quanto io ti stimi e ti voglia bene, ma stavolta non condivido per nulla quello che dici su Povia. Perchè di luoghi comuni è piena la canzone in genere, quella italiana anche, e quella italiana destinata a sanremo in modo particolare.
    Se si dovessero fare crociate contro i luoghi comuni, e magari pure manifestazioni, le piazze sarebbero sempre piene e il traffico ne soffrirebbe vieppiù. I luoghi comuni contro una minoranza che ha subito (e ancora subisce) forti discriminazioni sono antipatici, ma non vedo così grande pericolo (almeno ascrivibile alla canzone). Una canzone non è un manifesto ideologico, anche se spesso è uno specchio di brutti sentimenti sfocianti nel luogo comune, e se povia non se ne rende conto è un problema che riguarda lui e la sua sensibilità.
    Ma la censura preventiva (in fondo cosa sarebbe stata la sua da te auspicata esclusione preventiva dal festival?) è ancora più pericolosa, come tutte le censure. E ancora peggio le crociate morali, che sono la cosa che più detesto e che più mi fa paura.
    E’ recente il caso di Gino Paoli, anche lui attaccato con vemenza e direi quasi ferocia (anche su alcuni blog di persone che ritenevo più misurate), per una canzone solo poche settimane fa, e la cosa mi ha fatto imbufalire. Gino Paoli (accusato di difendere i pedofili) non è Povia, ma qualcuno che ha lasciato qualche traccia nella storia della canzone italiana.
    Le canzoni sono canzoni, possono essere belle o brutte (e potrà essere brutta anche quella di Paoli, che peraltro non ho ancora mai sentito, e sarà quindi legittimo dire che è brutta) ma lasciamo che sia il metro estetico a decretare il loro successo o insuccesso. Senza farne casi morali, sociali, ideologici. Senza che nessuno debba sentirsi “offeso” pretendendo che quella sia un’offesa generale contro un categoria tutta di persone (nel caso Paoli c’era chi pretendeva che chiunque violentato da bambino “dovesse” ritenersi offeso da lui). Io pur sforzandomi non vedo offesa alcuna. Forse stupidità, come sempre quando si tratta di luoghi comuni. Ma ribattere alla stupidità con altra stupidità di segno opposto mi pare la via più sbagliata.

  175. E concludo con ancora alcune considerazioni più prettamente musicali (chè di musica si dovrebbe parlare essenzialmente parlando di festival), parlando ancora di Povia.
    Mi sono stupito di una cosa: la canzone l’ho sentita la prima sera e mi è parsa brutta. L’ho risentita la sera delle versioni “alternative”, quella dei duetti, e mi è parsa meno brutta. L’ho risentita nella finale e mi è parsa di nuovo veramente brutta (ma poi neanche meno brutta delle altre due finaliste, eh?).
    Mi sono chiesto il perché. E forse l’ho scoperto.
    La sera che mi è spiaciuta meno è stata eseguita in versione “unplugged”, con sola chitarra acustica, senza cori, senza orchestra, senza alcuna enfasi. Quella era la sua dimensione. Solo in quel modo si poteva capire che era una canzone intimistica e che poteva raccontare una storia, forse una brutta storia, forse raccontata anche male, ma forse la sua storia. Che lui (o comunque sia il suo io narrante), fosse o non fosse gay, si ritenesse o non si ritenesse gay, giustamente o erroneamente, è (o è stato) un suo problema e solo suo (piaccia o non piaccia a chi gay è veramente e magari fiero di esserlo). E che non vuole dire altro.
    E’ nella versione “ufficiale”, elettrificata, orchestrata e fanfarata con tanto di cori e giovane corista scosciata a gambe larghe con mutanda in bellavista che questo non si riesce a cogliere più. E Povia è costretto a cercare di dircelo alzando pure un cartello (scelta di gusto discutibilissimo, ma che ci fa capire che chiede di essere capito, perché in realtà la sua verità, così, con quell’arrangiamento non arriva: in verità è l’ammissione di un palese errore).
    Insomma, quello che volevo sottolineare è quanto sia importante un arrangiamento in una canzone. E quanto fuorviante possa essere un arrangiamento sbagliato.
    E che a Sanremo molti sono gli arrangiamenti sbagliati: perché una canzone veramente intimista nella gara di uno show babilonico del genere non potrebbe trovare spazio, se non in quello riservato agli ospiti (fuori gara), alle star (vedi le bellissime “performance” di Annie Lennox, di Pino Daniele, di Cocciante).
    E buon sanremo 2010 a tutti.

  176. Mah carlo S capita che possiamo essere in disaccordo credo:)
    E ci rimaniamo. mi identifico nell’omosesso preoccupato per ragioni che manco ti sto a spiegare e che so tu immagini. Per quanto mi riguarda la costituzione credo mi protegga da canzoncine antisemite, per tanto il metro dell’estetica non è l’unico da mettere in ballo. Possiamo discutere, forse su dove mettere un certo limite, che per quel che ti conosco anche tu riconosci, solo che per certe parti della popolazione, o in assoluto lo metti più in alto di dove lo metta io. Ecco, in genere io so di mettere piuttosto in basso questo limite. Per altro trovo ottimista l’idea di un cartello che garantisca delle buone intenzioni in extremis. non mi fido mai di queste correzioni in corner. Mi ricordano certi film – devo averla già detta questa cosa – dove per due terzi si dicono stronzate di tutti i tipi, poi alla fine per rendere vendibile il prodotto c’è il riscatto dei buoni sentimenti. Ma la parte figa era prendere per il culo obesi, o handicappati, o fare dello humour sessista – come il caso di Tutti pazzi per Mary. Ora mi viene in mente. Non ascrivo buona fede a Povia. manco un po’.
    Ma forse possiamo ritrovare la pace e la concordia, a parte sapendo che nutriamo un accordo di fondo su alcune cose importanti, pensando che la canzone era bruttarella anzichenò:)
    besos:)

  177. La serata finale del 59° Festival della Canzone Italiana, Sanremo 2009, si è aperta con un omaggio alla danza, attraverso le immagini del film “Billy Elliot” proseguite, sul palco, dal balletto del Lago dei Cigni tramutatosi, poi, nello scatenato “I love boogie” in una sorta di mini-musical.

    Intensa l’interpretazione che Luca Laurenti, vera star del Festival, ha fatto della propria canzone “Sogni d’oro”, rendendo ancora più affascinante e misterioso il proprio personaggio.

    La “lettera al Festival” di Dacia Maraini, mi dispiace dirlo, l’ho trovata confusa e fuori tema.
    Niccolò Ammaniti e Michele Serra sono quelli che mi hanno convinto di più.
    Lodevole comunque l’iniziativa di rendere omaggio al Festival attraverso la Letteratura.

    Toccante anche il momento che Bonolis ha dedicato all’Associazione CeRS – Centro Ricerche Studi – e al mondo del precariato.

    Il collegamento da New York ha mostrato come alcuni nostri connazionali seguono il Festival di Sanremo, riunendosi in un locale munito di tre maxischermi, disposti a ferro di cavallo, in un unico ambiente.

    Un’edizione che non solo ha decretato il vincitore ufficiale, Marco Carta, e la vincitrice della categoria Nuove Proposte, Asira, ma anche la vincitrice di Sanremo Web, Anya, un nuovo concorso canoro svoltosi esclusivamente in Internet.

    Un’edizione ricca e innovativa, che ha ricevuto molti consensi, tra cui, udite udite!, quello di Pippo Baudo!

  178. Avrei voluto ringraziare Massimo Maugeri, per avermi dato l’opportunità di fare questa nuova esperienza.
    Avrei voluto scusarmi con Lucia Arsì, per essermi accorto di un suo intervento a tempo ormai scaduto.
    Avrei voluto ringraziare tutti quelli che mi hanno apprezzato.
    E avrei voluto persino scrivere un riepilogo finale dell’intera manifestazione.
    Purtroppo non ho potuto fare nulla di tutto ciò, fagocitato da mille altri impegni.
    Permettetemi, però, di concludere degnamente questa mia esperienza.
    Dovete sapere, infatti, che circa una settimana prima dell’inizio del Festival, volendo celebrare anch’io – a modo mio – il Festival di Sanremo, e ignaro di ciò che aveva in serbo per me il Destino nella persona di Massimo Maugeri, inviai a Graziano Braschi e Mauro Smocovich – curatori della rubrica “Giallo Comico” sul sito ThrillerMagazine – un piccolo raccontino “sanremese”; un piccolo sardonico omaggio in salsa noir, da parte d’un soggetto un po’ burlone che, come ben sapete, segue il Festival da quando era bambino!
    Ora, ad un mese di distanza dalla fine della sontuosa gara canora, finalmente l’hanno pubblicato!
    Se volete leggerlo, come spero, il link diretto è: http://www.thrillermagazine.it/rubriche/7666 .

    Grazie ancora a tutti!

  179. Che piaccia o no, il Festival di Sanremo ha scandito il nostro tempo… a partire dal lontano 1951, anno del suo inizio, fino a oggi.
    Per questo vorrei dedicare una pagina di Letteratitudine al Festival della canzone italiana e a qualcuno dei libri da esso ispirati.

  180. Come ha scritto Giovanni De Luna su Tuttolibri del 5 febbraio 2011, “Sanremo cominciò nel 1951, con una «tre giorni musicale» (29-30-31 gennaio) trasmessa alla radio. L’orchestra la dirigeva il maestro Angelini e i cantanti erano solo due (Nilla Pizzi e Achille Togliani), con il supporto del Duo Fasano. Tutto qui. Pure, un Festival nato in sordina, senza «lanci» e «promozioni», riuscì a far diventare famose in una sola sera (e con un solo «passaggio» radiofonico!) molte canzoni, non solo quella vincitrice. La serata conclusiva fu seguita da circa 25 milioni di ascoltatori. Oggi quella data è diventata storica tanto da dare l’impressione che raccontare le vicende del festival sia un po’ come scrivere pagine importanti del nostro passato, quasi che anno dopo anno le sue canzoni abbiano composto la colonna sonora della nostra quotidianità”.

  181. Il riferimento è al volume pubblicato da Carocci e scritto da Serena Facci e Paolo Soddu, intitolato: “Il festival di Sanremo. Parole e suoni raccontano la nazione”.

    Ecco la scheda del libro: “Il 30 gennaio 1964 Gigliola Cinquetti, accollata in un abitino acqua e sapone e lanciando occhiate maliziosamente candide, debuttò a Sanremo: “Non ho l’età”, ideata da professionisti di lungo corso come Nisa, Panzeri e Colonnello, non era solo l’efficace confezione melodica di un testo esile con un buon attacco. Era il frammento di un più complessivo discorso sulla nazione e in questo caso una delle risposte alla sfida dell’autodeterminazione femminile e della libertà sessuale. Quella serata non è che un tassello di una foto di famiglia lunga 60 anni nella quale riconosciamo volti e voci diventati monumenti nazionali incontestati (da Nilla Pizzi a Domenico Modugno, da Mina a Vasco Rossi) discussi (da Claudio Villa a Orietta Berti fino a Toto Cutugno), alcuni dimenticati, altri ancora freschissimi. La tradizione era iniziata nel 1951: l’Italia non riusciva a rielaborare le ferite del recente passato e preferiva alludere a sé stessa ricomponendo come poteva, con leggerezza quasi frivola, reminiscenze da melodramma o realismo da chansonnier, pezzi di una nazione che aspirava alla democrazia e alla modernità. Il Festival è arrivato indenne, sorvolando mille traversie, fino a questi giorni: non è solo audience, kermesse, dietrologie e pettegolezzi, noia o passione; è anche uno dei momenti in cui una fibrillante democrazia occidentale si racconta e si interroga”.

  182. Gli amici della redazione di Fahrenheit, che hanno invitato in trasmissione uno dei due autori del libro citato, Paolo Soddu (docente di storia contemporanea alla facoltà di Musicologia dell’Università di Pavia),
    qui il link: http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_evento.cfm?Q_EV_ID=323507
    … e si domandano…

    1. Quali sono le ragioni della lunga durata e dell’eco che ha avuto e continua ad avere la gara che dal 1951 si svolge annualmente a Sanremo?

    2. Ragionare su Sanremo può aiutare a decifrare l’evoluzione della cultura nazionale-popolare nell’Italia repubblicana?

    3. Esiste un nesso tra l’appuntamento annuale e l’evoluzione storica del paese?

  183. Aggiungo altre domande, per favorire una possibile discussione sull’argomento e sul Festival della canzone italiana in corso quest’anno:

    4. Più in generale: cosa ne pensate del Festival di Sanremo?

    5. Fino a che punto ha contribuito, nel tempo, alla crescita e alla diffusione della canzone italiana?

    6. Ritenete che abbia contribuito anche alla internazionalizzazione della cultura italiana e dell’immagine dell’Italia nel mondo?

    7. A vostro avviso, contribuisce di più il Festival di Sanremo allo sviluppo della canzone italiana o i Festival letterari (vedi Mantova) alla crescita della nostra letteratura?

    8. E questo Festival? Vi sembra all’altezza dei precedenti? Meglio? Peggio?
    Su quale canzone puntereste?

    9. Anzi, domanda secca: chi vincerà?

  184. lo stavo guardando, perché adoro Gianni Morandi e avevo voglia di leggerezza.
    Poi è uscito fuori di nuovo Berlusconi, con la canzone dei due comici.
    Anche lì.
    Ho spento la tele.
    non se ne può più.

  185. Buongiorno a tutti. Rispondo alle domande.
    1. Quali sono le ragioni della lunga durata e dell’eco che ha avuto e continua ad avere la gara che dal 1951 si svolge annualmente a Sanremo?

    Voglia di leggerezza. Necessità di rilassarsi ascoltando un po’ di musica, spettegolandoci intorno.

  186. 2. Ragionare su Sanremo può aiutare a decifrare l’evoluzione della cultura nazionale-popolare nell’Italia repubblicana?

    Mi pare cosa difficile

  187. 3. Esiste un nesso tra l’appuntamento annuale e l’evoluzione storica del paese?

    Non sempre. Anche se quest’anno il “terribile duo” ha messo in campo un’intelligente satira su quello che sta accadendo nel mondo politico di oggi.

  188. 4. Più in generale: cosa ne pensate del Festival di Sanremo?

    Lo guardo, se posso. Se però non riesco a vederlo per una serie di motivi, non ci perdo il sonno.

  189. 5. Fino a che punto ha contribuito, nel tempo, alla crescita e alla diffusione della canzone italiana?

    Ha contribuito parecchio. Tutti i grandi della canzone italiana, da Modugno in poi, sono passati da lì.

  190. 6. Ritenete che abbia contribuito anche alla internazionalizzazione della cultura italiana e dell’immagine dell’Italia nel mondo?

    Immagino di sì, ma non ho dati a supporto di questa tesi.

  191. 7. A vostro avviso, contribuisce di più il Festival di Sanremo allo sviluppo della canzone italiana o i Festival letterari (vedi Mantova) alla crescita della nostra letteratura?

    Forse Sanremo fa vendere più cd, rispetto a quanto può far vendere libri il festival letterario di Mantova.
    Ammesso che ci sia ancora qualcuno che compri musica.

  192. 8. E questo Festival? Vi sembra all’altezza dei precedenti? Meglio? Peggio?
    Su quale canzone puntereste?

    E’ ancora presto per dirlo.

  193. Saremo 2011
    16/02/2011 – FESTIVAL DI SANREMO

    Il duetto di Luca e Paolo dà la scossa all’Ariston

    —-

    Il Festival parte in sottotono, poi le Iene cantano «Ti sputtanerò» sullo sfondo le foto di Berlusconi e Fini, e la platea rabbrividisce

    di ALESSANDRA COMAZZI

    SANREMO
    Un crescendo. Che culmina così: «Ti sputtanerò, al Giornale andrò con in mano foto dove tu sei con un trans, e consegnerò le intercettazioni e alle prossime elezioni: sputtanato sei. Ti sputtanerò con certi filmini che darò alla Boccassini dove ci sei tu: e le mostrerò donne sopra i cubi e ci metto pure Ruby e ti fotterò. Ti sputtanerò, sarà un po’ il mio tarlo con la casa a Montecarlo dei parenti tuoi. Ti sputtanerò, non mi butti giù, ma il 6 aprile in aula ci vai solo tu».

    Come Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu avrebbero riscritto l’innocente «In amore» che Gianni Morandi cantava con Barbara Cola, era uno dei misteri di inizio Festival. I due non hanno deluso. Dicendo di voler «omaggiare» le grandi coppie comiche italiane, hanno alluso ad una postura in stile Fratelli De Rege, e poi: sorpresa! Dietro di loro, sono arrivate le foto gigantesche di Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, con il simpatico canto del reciproco «Ti sputtanerò».

    Molto efficace, l’elemento trasgressivo («la linea di Morandi è: “Giovinezza bella, ciao!”») in un Festival di stile complessivamente compassato, quietamente soporifero, soprattutto nella parte iniziale. Adesso la domanda è: sapevano Gianni Morandi, il direttore di Raiuno Mazza e tutti gli alti comandi che cosa avrebbero cantato le due Iene, ex Cavalli Marci? E che cosa avrebbero detto anche dopo, nel corrosivo monologo della mezzanotte? Ovviamente lo sapevano, non è che, per dirne una, la gigantografia di Berlusconi e Fini si materializzi da sola per partenogenesi. Sapevano e hanno approvato.

    Nel programma più seguito della tv italiana. Vuol dire qualcosa di sicuro. L’inizio era stato decisamente moscio. Avevano fatto sospirare l’ingresso delle ragazze Elisabetta Canalis e Belen Rodriguez, ordine alfabetico. Esse sono arrivate sul palcoscenico dell’Ariston, scendendo la famigerata scala tenendosi per mano, vestite una di rosso e una di blu, esattamente alle 22,15. E non è che dovessero entrare in scena Julia Roberts e Angelina Jolie, anche se a loro sono state dedicate 1264 copertine di riviste, e su internet tutti le inseguono. Dice Morandi: «Non vi ho scelto io, siete state imposte».

    Ohilà. Sèguito: «Dalla volontà di tutti gli italiani». Ah, beh. Comunque, l’apertura del Festival di Sanremo numero 61 era stata riservata ad Antonella Clerici, conduttrice 2010. E meno male che Gianni Morandi non può restare incinto, così non racconterà mai la favola della sua maternità, «la storia di una mamma normale che fa un lavoro straordinario» a una figlietta allibita, giustamente imbronciata.

    Clerici non ha dunque portato con sé gli annunciati spartiti che avrebbero richiamato la rivolta orchestrale dell’anno scorso. Luccicante lei, luccicante lui, suggestiva scenografia di Gaetano Castelli e poetica coreografia di Daniel Ezralov con le campionesse italiane di ginnastica ritmica. Morandi ricorda i suoi Festival vissuti nell’ormai mitologica Monghidoro, appare ingessato nel suo smoking di lamé, sarà legittima emozione, essendo stata la preparazione lunga e meticolosa.

    Il ritmo blando dell’inizio non era stato aiutato dal piccolo inghippo con il regista Duccio Forzano dietro le sue dieci telecamere e con le sue quindici persone sul pullman di regia: andiamo in pubblicità, sì, no, forse. Decidetevi, su. Il gruppo d’ascolto Festival si chiedeva in quanti, ormai, avrebbero cambiato canale per vedere Milan-Tottenham, oppure «Ballarò».

    Poi le ragazze arrivano, cominciano a presentare e a tutto il gruppo degli annunciatori, a tutta la «squadra», come Morandi ripete a mo’ di mantra, «restiamo uniti», va riconosciuto il merito di scandire molto bene i nomi degli interpreti, dei direttori d’orchestra e delle canzoni. In una televisione dove le parole vengono ossessivamente urlate o tirate via, questo è un ottimo segno distintivo.

    I brani? Come sempre a un primo ascolto sembrano tutti meno belli di come saranno domani, e dopodomani. Davide Van de Sfroos è il più convincente, Anna Tatangelo ha sbagliato brano, pettinatura, acconciatura, Max Pezzali si è vestito da nonno e Anna Oxa da Avatar. E le due Anne, Tatangelo e Oxa, sono state le due cantanti eliminate ieri sera, tra i «Big».

  194. Morandi mi è sempre stato simpatico, ma il festival è lento, compassato e con dei tempi televisivi sbagliati, quelle due poi sembrano due stupide- a parte l’avvenenza fisica mi sembrano ingessate con quelle manine giunte…-unico momento divertente le due iene che cantano. Le canzoni per ora non mi entusiasmano tranne forse Battiato. Le due Anne le ho trovate con look bruttissimi e canzoni una incomprensibile perchè parla con la voce impastata e l’altra tremenda- bastardo-.
    Forse vinceranno Emma e i Modà. Perchè?Sono due anni di seguito che vincono i personaggi venuti fuori da Amici!
    Per dirla con le iene” chi comanda?”
    un saluto carissimo a Massimo, agli altri amici anche.

  195. Secondo me nessun festival contribuisce alla sviluppo della canzone o della letteratura. Molti che hanno cantano a Sanremo poi sono completamente spariti per un anno e forse più. Non sono convinta che i festival aiutino a sviluppare e diffondere la letteratura, anzi, alle volte credo che ci sia una eccessiva vetrinizzazione del prodotto libro, dimenticando che un libro senza buone parole e buone storie è un vuoto contenitore, merce semplice.Ma questo sarebbe un discorso lungo e interessante da fare con tutti voi e che credo investa molti aspetti della nostra società.
    saluti

  196. Mah! A me pare un Festival come gli altri. Anzi sono d’accordo con Giulia Marone: questo Festival mi pare un po’ più lento di altri. Come dire, molto compassato.
    Vedremo stasera e nelle altre serate.

  197. Le canzoni mi sembrano decisamente scadenti. Un po’ peggio rispetto alle altre edizioni.
    Peccato, perché comunque Sanremo ha sfornato anche tante belle canzoni.

  198. non amo particolarmente Sanremo. Pero’ faccio io tifo per Vecchioni.
    Oltre a essere cantante e’ anche romanziere. Tutto il blog dovrebbe tifare per lui.

  199. Premessa: abito a Sanremo
    1. Quali sono le ragioni della lunga durata e dell’eco che ha avuto e continua ad avere la gara che dal 1951 si svolge annualmente a Sanremo?
    Per un insieme di fattori distinti, è diventato un vero e proprio evento fisso nazionale. Potrebbe svolgersi anche altrove, chi guarda la tele si perde tutti gli eventi di contorno, belli o brutti a seconda dell’anno, ma anche la cornice fa pare del rito

    2. Ragionare su Sanremo può aiutare a decifrare l’evoluzione della cultura nazionale-popolare nell’Italia repubblicana?
    Sì, proprio per la durata che può vantare
    3. Esiste un nesso tra l’appuntamento annuale e l’evoluzione storica del paese?
    Certo, tra l’altro è curioso che la manifestazione abbia periodi di decadenza e poi si riprenda.
    4. Più in generale: cosa ne pensate del Festival di Sanremo?
    E’ economicamente vitale per la città e se tanti la guardano perchè non trasmetterla?
    5. Fino a che punto ha contribuito, nel tempo, alla crescita e alla diffusione della canzone italiana?
    Fino a un certo punto. Si ricorda che a Sanremo esiste anche la rassegna Tenco
    6. Ritenete che abbia contribuito anche alla internazionalizzazione della cultura italiana e dell’immagine dell’Italia nel mondo?
    Sì, anche se con un’immagine un po’ distorta in certi casi ( pensate all’Italiano vero di Cutugno
    7. A vostro avviso, contribuisce di più il Festival di Sanremo allo sviluppo della canzone italiana o i Festival letterari (vedi Mantova) alla crescita della nostra letteratura?
    Beh, Sanremo senza dubbio per la canzone. I Festival letterari, se la gente poi non legge di più, non servono
    8. E questo Festival? Vi sembra all’altezza dei precedenti? Meglio? Peggio?
    Su quale canzone puntereste?
    A me sembrano tutti un po’ ingessati, però ci sono ancora serate da vedere.
    9. Anzi, domanda secca: chi vincerà?
    Dicono che vincerà Emma. E’ già buono che non ci sia il principe. Spero non ripeschino la Tatangelo

  200. Non vedo più Sanremo da parecchi anni e trovo sia una manifestazione inutile per la canzone italiana e come tutte le cose inutili è dura a morire, quindi esiste dagli anni 50 col solito presentatore (rigorosamente maschio per rispetto alla cultura maschilista del nostro paese) e due farfalle variopinte e mute che lo attorniano cambiandosi d’abito col sorriso di plastica e dosi abbondanti di cerone sparse sulla faccia. Tutto perfetto.
    Certo che esiste un nesso tra il Festival di Sanremo e l’evoluzione storica dell’Italia. Il Festival purtroppo è lo specchio di un Paese in cui i protagonisti sono gli uomini, le donne vengono ammirate soltanto per la loro bellezza. Se queste fatalone riescono a dire due parole in croce senza sbagliarsi, si grida al miracolo, perchè la falena riesce pure a parlare oltre che a sculettare in abiti firmati.
    Una canzone che parla di uno stupro è immorale in una società ultracattolica e ultraipocrita in cui di certe cose non si parla assolutamente, le donne oggetto paludate in sete e chiffon, sono consentite.
    Il Festival è una non-cultura di ipocrito bigottismo, una vetrina di autentiche banalità che esporta all’estero un’idea superficiale e artefatta della realtà italiana.
    Chi vincerà?
    Francamente me ne infischio.

    Maria Antonietta Pinna

  201. Ho visto un pò di Sanremo ieri sera (finchè ho retto, spesso cambiavo canale), stasera sto lavorando, ma sento (o risento) alcune canzoni dalla camera a fianco, dove lo sta guardando mia moglie (non escludo che dorma con la tv accesa). Beh, a me sembra che le canzoni siano molto ma molto peggio della pur mediocre media di ogni anno. Talvolta qualche canzone in passato svettava sul ciarpame diffuso (Cammeriere, Malika, ..per fare un paio di nomi). Finora non ne ho sentita una che sia una da considerare almeno sufficiente. Musiche e parole banali e scontate profuse a iosa.
    Non che abbia mai creduto nella validità del festival (e forse neanche in quelli dei libri). Men che mai ora.
    Neanche Vecchioni mi ha entusiasmato (ripetitivo da oltre vent’anni, mi pare canti sempre la stessa canzone). Patty Pravo si ripresenta ogni 4 o 5 anni (che farà nei restanti, oltre i lifting che la fanno sembrare Tutankamon ?). In passato si poteva apprezzarne ancora la classe. Quest’anno è penosa oltre ogni dire: non riesce più a sostenere le note, spesso neanche le azzecca. Penso a cantanti che a una certa età hanno perso l’estensione vocale della giovinezza, talvolta la voce (da Billy Holiday a Marian Faithfull, fino a Joni Mitchell), ma affinando la loro sensibilità vocale fino a superare le qualità di quando possedevano voci limpide e cristalline. Ma il paragone qui è improponibile. Patty proprio nun je la fà.

  202. Io sarei un po’ meno catastrofico delle persone che mi hanno preceduto. Certo, il festival non sempre esprime il meglio della canzone italiana. Tuttavia e’ un pezzo del nostro costume e della nostra storia musicale. Come ogni evento di grande portata attira critiche e invidie. E allora dico che la salute del festival si misura con le critiche ricevute. Il giorno in cui verranno meno gli amanti di Sanremo dovranno cominciare a preoccuparsi

  203. Secondo i quotisti la sfida per la vittoria finale della 61° edizione del festival di Sanremo è un affare fra Emma, i Modà e Roberto Vecchioni, i quali svettano sul tabellone dei quotisti. Per Emma e i Modà la loro quota viene offerta a 2.30, mentre Roberto Vecchioni trova spazio in lavagna a 3.30. Perde terreno invece Giusy Ferreri, offerta a 7.00, con Nathalie stabile in terza posizione a 5.00. Leggero rialzo invece per Luca Barbarossa e Raquel Del Rosario che passano da 8.00 a 9.00, e stesso discorso anche per Max Pezzali passato da 10.00 a 12.00. In attesa del ripescaggio la Tatangelo si conferma lontana dalle quote vittoria e viene bancata a 25.00, con gli outsider Tricarico e La Crus a 16.00. Rimangono a 33.00 infine le chance di Franco Battiato e Luca Madonia.

  204. Patty Pravo. C’erano anche Ornella Vanoni e Orietta Berti? Finalmente abbiamo scoperto dove sono andate a finire le mummie trafugate in Egitto.

  205. Credo che la grandiosità di Patto Pravo sia indiscutibile. So che quella di Salvo Zappulla è solo una battuta buttata lì per sorridere, quindi non polemizzo con lui. Però prendo lo spunto per porre una domanda: è scritto da qualche parte che i cantanti che partecipano a Sanremo devono essere per forza giovani?

  206. (AGI) – Sanremo, 17 feb. – “Sono rimasto malissimo per l’eliminazione di Al Bano e Patty Pravo”. Questo il commento a caldo di Gianni Morandi in collegamento telefonico su Radio1 Rai con il programma ‘Attenti a Sanremo: il dopofestival” condotto da Pupo. E poi ha aggiunto: “sembrava avessero fatto due buone performance, e non e’ vero che ad essere eliminata e’ la vecchia guardia dei cantanti, basti vedere che sono rimasti in gara Vecchioni e Battiato. Comunque non e’ ancora tutto deciso, durante la serata dedicata ai 150 anni dell’Unita’ d’Italia il ripescaggio sara’ importante”. Quanto all’ottimo risultato della prima serata, Morandi ha commentato: “Non mi aspettavo questi ascolti, certi numeri non si facevano piu’ da molto tempo. Sanremo fa sempre grande richiamo ed ha una forte attenzione mediatica. Ieri (martedi’, ndr) c’era la curiosita’, nelle prossime serate bisognera’ riconfermare questi numeri”.
    Prima di salutare il conduttore della 61esima edizione del Festival di Sanremo, Pupo ha letto in diretta a Morandi un sms di un ascoltatore: “Elisabetta e Belen sono le badanti di Morandi”, e il conduttore del Festival ha replicato con una risata. Ad intervenire ai microfoni del programma di Pupo anche l’eclettico pianista e compositore di Urbino, Raphael Gualazzi, in gara tra i giovani, che ha commentato cosi’ il passaggio del turno: “E’ stato molto emozionante, sicuramente il palco dell’Ariston rappresenta la storia dell’italianita’ musicale e insegna sempre qualcosa”.

  207. Secondo me se ne parla troppo… Ci sono argomenti più importanti e interessanti di cui parlare… La mamma, il mandolino, il Festival. Potevamo vincere la guerra?
    I media finiscono sempre col monopolizzarci, facendo in modo che l’attenzione si concentri sul banale che fa cadere nell’oblio i problemi veri.
    Facevano così anche gli antichi romani che organizzavano gli spettacoli del circo per distrarre il popolo e aiutarlo a non pensare.

    Maria Antonietta Pinna

  208. Non sono d’accordo con Maria Antonietta Pinna. Il Festival di Sanremo è nato nel 1951. Vogliami dire che è stato creato per aiutarci a non pensare? Non credo. Così come non credo ci sia qualcosa di male ad organizzare eventi di svago. Del resto non è competenza del Festival risolvere i problemi veri.

  209. Del resto mi pare che in questo momento i media siano concentrati su ben altro. Sono pronta a scommettere che stasera gli indici di ascolto di Annozero supereranno quelli di Sanremo.

  210. E comunque ( a proposito di eventi che aiutano a non pensare ) io preferisco Sanremo alle odiose partite di calcio che vengono propinate ogni giorno della settimana, da lunedì a domenica, tra campionato coppe e coppette.

  211. @Nicoletta. Sì, era una battutaccia da osteria. Patty Pravo è una grande artista, indipendentemente dagli anni che passano (per tutti). Penso che l’Italia stia attraversando uno dei momenti più drammatici della sua storia repubblicana e manifestazioni come Sanremo appaiono fuorvianti. In questo momento c’è molto da riflettere e poco da cantare. Candiderei la Pinna a prossimo presidente del Consiglio. E’ tosta al punto giusto. Determinata. Arrabbiata. Preparata. E poi fisicamente somiglia molto a Rosy Bindi.

  212. Ne ero certa Salvo.
    A me Rosy Bindi sta molto simpatica e capisco cosa intendeva dire Maria Antonietta Pinna.
    Io però la penso diversamente. Credo che nei momenti drammatici anche un po’ di relax serva per andare avanti.
    Senza per questo dover mettere il cervello sotto sale.

  213. non sto seguendo Sanremo, ma stasera non mi perderò Benigni: uno di quelli che aiuta a pensare. Dovrebbe essere intorno alle 22,15. Poi magari ne parliamo. Ciao.

  214. @ Salvo Zapp & Company,
    non solo sono d’accordo con Nicoletta ma mi schiero a favore di Nicoletta Strambelli, in arte Patty Pravo ( le “presentatrici/ori continuano a sbagliare scambiando la P con la B).
    Artista eclettica e di grandissima classe, Patty Pravo irrompe sul palcoscenico con padronanza, catalizzando l’attenzione del pubblico per la sua abile interpretazione e per la profondità del testo della sua canzone. Il Vento e le Rose appartiene alle donne che inconsciamente hanno mischiato l’amore con il vento, nell’interpretazione affidata ad una donna che, nonostante l’età, piace ancora agli uomini. Uomini che bussano alla sua porta ed ai quali lei risponde con distacco ed onestà intellettuale, offrendo loro un altro caffè; insomma Patty Pravo piace ma incute timore, è ammirata dai suoi coaetanei maschietti ma, al contempo, invidiata in quanto esempio di autonomia. Estrema. Realizzando in pieno l’ideale al femminile della rivoluzione degli anni del beat, in chiave sociologica 40 anni dopo quest’artista è il termometro dei tempi, come ogni grande artista che si rispetti.
    Viene esclusa da un loggione che non capisce un tubo e teme la “trasgressione” che NON fa scandalo, in quanto Patty Pravo è una persona onesta e coerente. All’opposto c’è una cellula sociale (famiglia, stato, governo) che non solo vuole coprire le proprie nefandezze scandalistiche di porcelloni e porcellone, ma ha l’ardire di giustificare il libertinismo da farisei.
    Sagacemente, per l’unità d’Italia, Patty Pravo presenterà “Se potessi avere 1000 lire al mese”, buttando in faccia agli italiani la verità del nostro Stato e di chi lo governa, e lo fa apoliticamente con la classe di chi guarda in faccia il problema e non lo schieramento di partito.
    La penso così.
    Rossella

  215. Se dovessimo buttare cose italiane da una torre, io il Festival di Sanremo lo salverei perchè buttarlo giù sarebbe come eliminare il blues da New Orleans. La ricerca caso mai dovrebbe essere all’ interno dei canoni melodici italiani. Uno degli errori che ha danneggiato il Festival è stato quello di voler fare di Sanremo un istituto di sociologia per cui è diventato una cosa come un’altra. Una canzone non cambia la realtà sociale ameno che non parliamo di Fabrizio De Andrè (per citarne uno) la cui tessitura poetica, anche se apparentemente sembra rivolta al sociale intrisicamente la sua trama è fatta dell’umano. Abbiamo avuto canzoni e cantanti che restano nella storia del festival ma abbiamo anche avuto false ispirazioni poetico-melodiche perchè l’aspetto economico ha prevalso sull’arte.
    Dovendo scegliere quest’anno sceglierei Vecchioni, ossia la sua ode all’Amore. Vecchioni l’ha scritta con il cuore ed io l’ho percepito.

  216. Benigni: “L’Italia? Una bimba. In pratica minorenne”

    di ALESSANDRA COMAZZI

    SANREMO
    Erano le 22,30 del 17 febbraio 2011, terza serata del Festival di Sanremo numero 61, e Roberto Benigni è arrivato a cavallo sul palcoscenico dell’Ariston. L’epifania di Benigni è sempre straordinaria, e dunque l’hanno fatta sospirare ai telespettatori, attendendo forse un momento di santoriana pausa. E’ arrivato per dare alla patria tutta una lezione di patriottismo. Inteso come l’amore per il posto in cui si abita. Inteso come l’orgoglio per questo nostro Bel Paese, il posto più bello del mondo, a lungo «posseduto, violentato, saccheggiato». Ma prima ancora ha dato una lezione di politica nel senso etimologico del termine, la politica come l’amore per la propria città, e dunque, appunto, per il paese in cui si vive. Ha dato una lezione di storia, ha divulgato.

    Ha fatto il monologo con la sua consueta passione, senza aver paura della retorica e delle battute, Ruby, le nipoti, ma davvero nell’impianto narrativo della sua mezzora (abbondante), del suo fiume di parole, le frecciate a Berlusconi erano il contorno. «Mameli, quando scrisse l’inno aveva 20 anni. A quell’epoca la maggiore età si raggiungeva a 21. E Mameli era minorenne. Anche l’Italia è minorenne. Che cosa sono 150 anni? L’Italia è una bimba. La storia delle minorenni, d’altronde, è nata con Gigliola Cinquetti che si spacciava per la nipote di Claudio Villa e a Sanremo cantava “Non ho l’età”. Mentre Cavour se la intendeva con la nipote di Metternich». Oppure: «Le procure stanno perdendo tempo. Silvio, se non ti piace cambia canale, vai sul due, ah no, c’è Santoro, allora vai a dormire. Dunque le procure perdono tempo. Bastava andare all’anagrafe egiziana per vedere se Mubarak di cognome si chiama Rubacuori, Mubarak Rubacuori». E ancora: «Sono felice di essere accanto a Gianni Morandi, persona straordinaria, uno stile memorabile (Benigni la ripete molto, la parola «memorabile», n.d.r.). Non se la prende mai, non reagisce ai soprusi: questo stile mi piace molto, il prossimo festival lo facciamo presentare a Bersani. D’altronde Morandi ha dedicato la canzone a Garibaldi, uno su mille ce la fa. E qui parliamo di Risorgimento, che è stato fatto da uomini memorabili: Mazzini, Garibaldi, Cavour, Andreotti… Andreotti era piccino».

    Battute, sì, ma erano il contorno. Gli antipasti che dovevano condurre al piatto forte, l’esegesi dell’Inno d’Italia. Esegesi, secondo le più scaltre tecniche oratorie, a lungo invocata come un mantra, e che è poi esplosa in tutta l’immaginifica capacità affabulatoria di Benigni. Che ha posto il suo intelletto al servizio dell’analisi delle parole e delle musiche di Mameli e Novaro, due genovesi. Ha commentato verso per verso, invocando con aria di bonario rimprovero Bossi sempre malmostoso su «schiava di Roma» («Umberto, è la vittoria che è schiava di Roma, non l’Italia! Il soggetto è la vittoria!), spaziando dalle Guerre Puniche all’Impero Romano, dagli Orazi e Curiazi alle coorti, quelle alle quali ci si deve stringere, ha parlato di Francesco Ferrucci e Maramaldo.

    «Il nostro inno è talmente bello che consente anche di non festeggiarlo». Ha parlato del mito di Garibaldi, di Churchill che, dopo aver vinto la guerra, perse le elezioni, e disse: «Proprio per questo abbiamo combattuto». Ha parlato di Dante cui appare Beatrice (in quel punto gli è pure mancata la parola «verde», soffocata forse dall’impeto): Dante perché da lui derivano i colori della nostra bandiera. E la nostra importantissima lingua. Ha parlato di Gioberti, insistendo sulla necessità dell’unione (ovvio richiamo a Morandi). Ha parlato delle donne del Risorgimento, citando anche la Contessa di Castiglione: «Non potete sapere che cosa hanno fatto le donne»: beh, la contessa di Castiglione ha combattuto per Cavour nel letto di Napoleone III, ma insomma. Parlava di diritti, dei voti alle donne, prima donna ministro fu Tina Anselmi, nel ‘76. Benigni ha chiosato anche le strofe del nostro inno che nessuno più conosce e canta. «Storia di un’Italia sventrata dagli stranieri», di Umberto da Giussano: «Legnano. Il carroccio. Ma loro ci sono morti. Si misero tutti insieme e fecero la Lega Lombarda. Distrussero Federico Barbarossa. E’ dentro l’inno di Mameli: ogni volta che dite Legnano, potete sventolare tranquillamente la bandiera». Ha esortato a celebrare la festa nazionale, ha ricordato tutti coloro che sono morti perché noi potessimo vivere. Ha detto che il Risorgimento l’ha fatto il popolo, e questa fa il paio con l’impegno della Contessa di Castiglione: l’arte retorica ha le sue esigenze.

    Ha terminato cantando «Fratelli d’Italia», quietamente, senza musica. Sarebbe stato meglio che il pubblico non avesse applaudito a metà. Benigni è un autore, è attore, regista, premio Nobel, è un uomo di spettacolo. Sa fare spettacolo. L’emozione che dà un grande uomo di spettacolo è qualcosa di insostituibile. Sipario. Tutti in piedi ad applaudire. E poi la commozione di Morandi, e la Canalis, ancorché con il suo acquisito birignao, che dice una cosa saggia, alla fine: «Ora è molto difficile andare avanti». Ma poi si avanti. Anche con Bizzarri e Kessisoglu, che hanno letto un brano sui mali dell’indifferenza, il peso morto della storia: «Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perchè la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare». Il brano era di Gramsci, scritto nel 1917. E la foto di Gramsci campeggiò sul palcoscenico dell’Ariston.

    da LA STAMPA del 18.2.2011

  217. Bravissimo Benigni, la storia raccontata così è una magia. Lui poi non si risparmia mai, si dona con tutto se stesso. Come poche persone sanno fare. E non mi venissero a parlare di compensi, se penso a quelle due belle statuine di Belen e la Canalis, praticamente due soprammobili! Fategli fare solo i calendari così almeno non parlano e non tengono le mani come due deficienti. Benigni sa parlare alle menti e al cuore.

  218. Cari amici, scusate l’assenza.
    Per il momento ne approfitto per ringraziarvi e salutare i nuovi intervenuti: Annalisa, Giorgio, Luca, Amelia Corsi, Francesca Giulia, Fabiola, Elio, Ersilia Ferrante, Gina, Maria Antonietta Pinna
    , Carlo S., Antonio Mellia, Ciccio, Salvo Zappulla, Nicoletta, Rossella, Mela Mondì, Leo, Giacomo Tessani.
    (Scusate se ho dimenticato qualcuno).

  219. Le Iene cantano: “Per compattar le opposizioni, c’è solo Berlusconi”. L’intervista a Bellucci e a De Niro il momento meno riuscito della serata

    di ALESSANDRA COMAZZI

    «Per compattar le opposizioni, c’è solo Berlusconi. E allora diamogli il mandato, dal 6 aprile è sul mercato. Chissà che per ritornare in pista, lui non diventi comunista». Ancora Luca e Paolo, Bizzarri e Kessisoglu, parodici sul palcoscenico dell’Ariston. Colbacco in testa con stella rossa, fanno la parodia di un’altra canzone di Gianni Morandi, Uno su mille ci sarà , e la applicano al tormentato tema del leader della sinistra, approdando alla conclusione di cui sopra, e passando per Veltroni e il suo patema, «lo pugnala già D’Alema», e Franceschini, e Matteo Renzi, e «Nichi Vendola io non saprei, c’è questa cosa che è un po’ gay», «ci serve un uomo vero e quindi avrei pensato a Rosi Bindi». E insomma «troppe correnti, serve un capo che unisca le diversità», e via berlusconeggiando, con foto eponima troneggiante all’Ariston. Ma è nell’ultimo monologo, in onda ben oltre la mezzanotte, che i due hanno fatto gli attori veri, interpretando la scena di due italiani al tavolino, fiasco di vino e scacchi che, senza pronunciarne il nome, analizzano le vicende ultime di Berlusconi, arrivando alla conclusione che «non ha sbagliato, gli è solo andata un po’ di sfiga». Così fan tutti. All’inizio della quarta, nonché penultima, serata del Festival, la coreografia di Daniel Ezralov aveva portato il pubblico a ballare fuori dal teatro Ariston, i ballerini veri a ballare dentro, e le due Belle Rodri-Canal a ballare insieme, legnosette anzichenò. Pazienza, ieri si è appalesata la Diva dell’Empire, con un abito nero generosissssimo, e tutte quelle esse non sono casuali.

    Avete notato che Morandi parla sempre della moglie che tanto si compiace per il marito che incontra le star? Sembra il tenente Colombo quando scopre i suoi assassini potenti. Questa star qui naturalmente dice: «Sono una donna come tutte», per fortuna Morandi la smentisce. Lei continua. «Voglio diventare vecchia vecchia». «In Italia non ci sono regine o principesse ma solo cortigiane». Per carità, lei risponde a tono, ma essere facondi è un’altra cosa. L’arte della retorica, l’oratoria, l’affabulazione che abbiamo ammirato ieri; quel mirabile insieme di magia circenses, il Tony e il clown bianco incarnato nella stessa persona, Roberto Benigni; ebbene, tutto ciò è stato molto lontano, ieri sera, dal palco dell’Ariston. Nonostante ci fosse pure Robert De Niro a parlare d’Italia. Che vocino ha de Niro. E che barba, che pena, sarebbe bello se il Festival la smettesse di ospitare queste star straniere o para-straniere come Bellucci, che davvero non c’entrano niente con la manifestazione. La tassa del superospite. Anche se. Non si può non dar conto di commenti maschili, giunti nel frattempo: i fianchi della Bellucci. Sono fianchi italiani. Sono i fianchi dell’unità d’Italia. Non ci sono Canalis e Rodriguez che tengano. C’è ormone nell’aria. Tocca riferire. E insomma, se non era per ‘sti fianchi, tutto si poteva inscrivere nella categoria «promozione», per dirla con una parola non corriva, nella fattispecie del film «Manuale d’amore 3». A proposito di ospiti stranieri: pare proprio che non vedremo, stasera come si paventava, Sylvester Stallone. Non è stato raggiunto l’accordo economico. E meno male. Pure i Take That: che ci stavano a fare? pare che abbiano pure litigato con Morandi, il pomeriggio, perché errano arrivati in ritardo alle prove. All’inizio, Luca e Paolo erano entrati scambiandosi mazzi di fiori. I fiori della Riviera, bouquet che hanno sostituito le composizioni incoerenti con la scenografia di Gaetano Castelli.

    Ma ieri è arrivata una letterina nientemeno che dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Giancarlo Galan: «Mi rivolgo sommessamente agli organizzatori del Festival di Sanremo, per ricordare loro che nei più importanti eventi musicali del mondo la bellezza dei fiori sanremesi fa da splendida cornice, così come richiesto da ciò che è bene fare nel caso di circostanze per davvero significative. Mi ha sorpreso non poco infatti notare il fascino delle avanzate tecnologie messe in atto per realizzare favolose scenografie, ma i fiori di Sanremo dove sono finiti?». Mettete dei fiori nei vostri tromboni. A tarda sera è stato proclamato il vincitore tra i giovani: Raphael Gualazzi. Eliminati definitivamente due «Artisti»: Tricarico e Max Pezzali. Peccato.

  220. In attesa dei vincitori di stasera ci sono già i verdetti di iTunes, dei negozi e delle trasmissioni

    di LUCA DONDONI

    Negoziante di dischi sanremese, ore 17, venerdì 18 febbraio: «Ho venduto parecchi dischi dei Modà e di Emma ma sta succedendo una cosa che non capisco e nonmi èmai capitata. La gente vuole solo la compilation della Universal che contiene Arriverà e non quella della Warner dove la canzone non c’è. I clienti pensano che quest’ultima non sia l’originale e non è così. Valli a capire». Ebbene, se il commerciante nel primo pomeriggio avesse dato un’occhiata alla classifica di I-Tunes, il più importante store on line dove viene venduto il 95% degli MP3, avrebbe trovato sollievo al suo cruccio. Il brano Arriverà, in odore di vittoria festivaliera, sta vincendo con grande soddisfazione di Checco Silvestre ed EmmaMarrone. Sempre su I – Tunes funzionano molto bene le canzoni di Max Pezzali, Nathalie, Davide Van De Sfroos, Roberto Vecchioni, Giusi Ferreri e Luca Barbarossa.

    I negozi
    Sono questi, in attesa della vittoria di stasera, i primi verdetti del Festival di Sanremo, i più importanti in realtà per gli artisti che devono «vendere» la loro musica. Interrogando i responsabili degli uffici commerciali di importanti megastore come Mediaworld, gli store on line Nokia Ovi Store, MSN, IBS, o siti di streaming comeDaDa si scopre che anche gli altri attori di questa recita fanno la loro parte mentre è stupefacente la performance della compilation con le canzoni storiche dei 150 anni che viene venduta «fisicamente » nelle edicole e ha già raggiunto le 75mila copie. A sorpresa Max Pezzali con Ilmio secondo tempo ha intercettato i gusti dei quarantenni e dei teen che lo considerano, evidentemente, un fratello maggiore affidabile. Immaginabile l’ascesa verticale di Nathalie con Vivo sospesa, che dall’inizio della settimana gli scommettitori non hanno mai abbandonato assicurando quote bassissime. Questo, in vista del piazzamento finale e di una «coda» di popolarità x factoriana. La rossa romana è piaciuta al punto da far aprire i portafogli e lo stesso accade per chi ha deciso di acquistare Il mare immenso della rediviva Giusy Ferreri o Bastardo della ripescata Anna Tatangelo. Felicitazioni anche al risorto Luca Barbarossa che con Raquel Del Rosario ha proposto una canzone lieve come Fino in fondo.

    Le radio
    Ora naturalmente vanno fatti distinguo e riflessioni su ciò che accadrà nelle prossime settimane. Il mantenimento dei buoni exploit di vendita e la popolarità delle canzoni potrà avvenire solo se le radio decideranno di programmarle e i discjockey di annunciarle. Intanto, oggi, scorrendo fra le programmazioni dei maggiori network radiofonici Rtl 102.5, Deejay (a sorpresa), Radio 105, Radio Dimensione Suono, ovviamente Radio Italia Solo Musica Italiana e via sino alla più piccola emittente locale, i risultati delle ondemedie confermano quelli dei negozi: Modà, Pezzali,Nathalie e gli altri a seguire, anche a seconda del target della radio. Vecchioni va fortissimo a Radio Italia,Dee Jay preferisce i giovani.

    I giovani
    Già, perché anche i giovani partecipanti al festival stanno andando alla grande. Raphael Gualazzi (vincitore del Premio della Critica dedicato a Mia Martini) così come Serena Abrami, hanno fatto innamorare i manager FM che nelle ultime ore hanno abbracciato anche il reggaeggiante Anansi. Serena ha interpretato al meglio Lontano da tutto, un pezzo di Niccolò Fabi contenuto nell’Ep d’esordio al quale ha collaborato anche Ivano Fossati. Il giovane rasta trentino con Il sole dentro è tra i più suonati dalle radio e c’era da immaginarlo. Raphael Gualazzi, come prevedeva la sua scopritrice Caterina Caselli, sta ottenendo buoni risultati di vendita: un pubblicomolto vario, dal ragazzo al padre di famiglia chiede notizie, vuole preascoltare e poi compra il cd Reality and Fantasy. Insomma, in attesa che il ciclone Sanremo rivoluzioni la hit parade ufficiale e trascini nel gorgo Jovanotti, Gianna Nannini, Biagio Antonacci e Ligabue in vetta ancora per poche ore, attendiamo il verdetto che questa notte uscirà dalla porta del teatro Ariston. Un luogo che da qualche anno è tornato cruciale per la sopravvivenza della musica.

  221. Morandi: fare il bis l’anno prossimo? Magari. Nel toto vittoria Vecchioni insidia i Modà

    di GABRIELE FERRARIS

    Stasera si chiude in gloria. Dopo il Magico Giovedì, nulla potrebbe più arrestare la marcia trionfale del Festival di Gianni Morandi, che Roberto Benigni fa volare oltre la soglia psicologica del 50 per cento di share. Per la precisione il 50,90 di media, con un picco del 65,66 mentre il Giullare d’Italia sussurrava l’Inno Nazionale. Cifre che non si vedevano da tempo, rimandano agli anni d’oro del Festival, quando il paese si fermava per i cantanti. L’altra sera il paese – che intanto è mutato assai – s’è fermato per ascoltare una lezione d’educazione civica. Mentre Benigni parlava, lo ascoltavano 19 milioni 737 mila italiani: uno su tre, neonati e sordi inclusi. Chiaro che con questi risultati si proceda d’urgenza alla santificazione di Benigni (promosso sul campo da guitto comunista a Orgoglio della Nazione) e di Morandi, talmente commosso ed emozionato da confessarsi pronto a replicare l’anno prossimo: «Se Mazza mette lì il contratto, lo firmo subito», scherza ma non troppo. Semmai è Mazza a fare il ritrosetto: «Ne parliamo la prossima settimana», risponde ridacchiando.
    Visto così, non dà l’impressione di tenerci un granché. E’ tuttavia probabile che la prudenza mazziana non sia determinata dall’appartenenza di Morandi a pericolosi ambienti marxisti, come adombrato nei giorni scorsi da autorevoli esponenti del centrodestra; bensì dall’esigenza di contenere i costi. E difatti si rammarica dell’italica ritrosia a pagare il canone: «Se avessimo più soldi, potremmo mettere Benigni sotto contratto», rimpiange il direttore di Raiuno, i cui gusti sono ormai ben più a sinistra di quelli di Raitre. La situazione è quella che è, i risparmi s’impongono, e per fortuna la Rai ha abbandonato l’insano progetto di buttare una barca di soldi per portare un altro americano inutile, Sylvester Stallone, stasera a fare flanella all’Ariston. Dettagli. Nel giorno dell’apoteosi Auditel, l’intera squadra sale agli onori degli altari. E Mazza opina, una volta tanto in pieno accordo con il presidente Rai Paolo Garimberti, che l’allocuzione di Benigni dovrebbe essere mostrata in tutte le scuole d’Italia. Magari tagliando le iniziali facezie sulle minorenni, che «non hanno un valore didattico», precisa Garimberti. Il Festival gronda Alto Sentire Nazionale. Per ventiquattr’ore l’Ariston brulica di patrioti che si stringono a coorte, pronti alla morte o quantomeno ad avvolgersi nel tricolore. Poi si torna alle bassure della gara, con il totovincitori. Eh sì: stasera Sanremo avrà un nuovo re, o una nuova regina. Per quel che conta: è notorio quanto sia facile influenzare il televoto con varie gherminelle, le stesse gherminelle contro le quali punta un innocuo indice Morandi con i suoi fervorini notturni, e ai cui avevano tentato di opporsi alcune associazioni di consumatori con un ricorso al Tar ovviamente e puntualmente respinto. In realtà, la Rai qualcosa di concreto ha fatto, escogitando un meccanismo che depotenzia il televoto a favore del suffragio dell’orchestra: si farà infatti la media tra le due classifiche determinate dagli sms e dai musicisti (insidiosi, ora che hanno ottenuto il voto segreto). Ciò toglie forza ai signori del messaggino, tipo le ragazze da talent show Emma e Nathalie, o i soliti nazionalpopolari. Poi c’è l’incognita della «golden share» dei giornalisti: l’artista più votato dalla sala stampa salirà di tre posizioni in classifica.
    Di conseguenza ieri i bookmakers avevano ulteriormente abbassato la quota di Roberto Vecchioni, pagato a 3 (a inizio Festival era a 13) e vicinissimo alla «vincitrice annunciata» Emma, che con i Modà è a 2,25. L’«allieva di Maria» è stata abilmente affiancata a una band che proprio in questa stagione ha inopinatamente raccolto i maggiori consensi live, con un’infilata di sold out nei palazzetti che i cinque milanesi non s’erano mai sognati in tanti anni di onorata carriera. Tra loro e Vecchioni si profila uno scontro epocale tra due concezioni del mestiere di musicista: da una parte un cantautore storico, forte di una storia immensa, e dall’altra una pop band esperta ma rafforzata dalla brava giovine cresciuta alla scuola di «Amici», figlia della tivù ma smaniosa di riconoscimenti live. In terza posizione un’altra Talent-girl, Nathalie, mentre Giusy Ferreri è precipitata a 9 dopo le ultime imbarazzanti esibizioni. Completamente fuori gara gli altri. Vedremo, tanto manca poco: stasera tutto sarà deciso. E dopodomani, dimenticato.

  222. Credo che questa sia stata l’edizione più imbarazante del festival di questi ultimi anni. Salvo Benigni naturalmente, unico momento di luce, di intelligenza, di pathos, in una kermesse musicalmente insulsa (un improponibile mix di Xfactor- Amicidelladefilippi + vecchie cariatidi come Albano e Pattypravo) condotta da un presentatore assolutamente dilettante in questa veste (nell’intervista a DeNiro mi sono vergognato per Morandi).
    Vallette tornate a fare il ruolo di vallette (bene la pure splendida Belen, bisogna ammetterlo, pur se a malincuore uscendo lei da un giro tanto detestabile quanto quello dei corona & lelemora; meno bene la più goffa lady-Clooney) …e che bella l’edizione dell’anno scorso, sì, quella della Clerici, nella quale si era dimostrato che si può pure farne a meno!
    Abbastanza brillanti (ma non quanto in altri contesti, a loro ben più adatti) le due iene Luca e Paolo.
    No, mi spiace dirlo, ma canzoni memorabili non ne ho sentita neanche una. E non posso condividere minimamente l’opinione di chi scambia per “classe” le penose stecche di Tutankamon-Pattypravo, che di classe ne avrà pure avuta, fino ancora a pochi anni fa, ma che ora è tristemente tramontata (e la sua canzone, sicuramente non fra le peggiori, anzi, sicuramente al di sopra della media, naufraga proprio grazie a lei: ragazzi miei, ma ci avete orecchio?).
    Se questo festival verrà ricordato lo sarà solo per quel magico momento di Benigni.
    Bis di morandi il prossimo anno?
    Francamente mi auguro proprio di no.

  223. Sono stati 12 milioni 136 mila, pari a uno share del 52.12%, gli spettatori della finale del festival di Sanremo vinto da Roberto Vecchioni con ’Chiamami ancora amore’. La media ponderata dell’ultima serata risulta di poco inferiore a quella del festival 2010 di Antonella Clerici (53.21%) e di quella dell’edizione 2009 di Paolo Bonolis (54.24%).

    «Lo rifarei subito, lo rifarei eccome». Roberto Vecchioni, rispondendo alle domande dei giornalisti subito dopo la vittoria, dice di sperare che lo spirito di questo festival, che ha dimostrato che si può fare satira politica un pò su tutti e che può vincere un brano cantauriale ’impegnatoì, «non sia solo un momento». «Credo che un grande esempio sia Gianni Morandi: un italiano sincero, onesto, che ha sofferto e gioito nella sua carriera», dice Vecchioni rendendo omaggio al conduttore del festival. Quanto alla maledetta notte che dovrà pur finire, citata nel suo brano, spiega: «È riferito a due notti diverse. Una notte italiana politicamente orribile perchè non ci vogliamo bene e l’altra è una notte esistenziale in cui bisogna combattere e mettersi d’accordo con una fede o con una speranza perchè sennò non si va avanti. Spero, politicamente, che qualcuno si tolga la maschera. Il problema non è la destra o la sinistra, a volte il problema sono gli uomini».

    Quanto all’attualità del suo brano che parla delle proteste studentesche, aggiunge: «Ho pensato ai ragazzi che sono scesi in piazza, che avevano in mano libri». Infine una battuta ai colleghi cantautori che hanno avuto meno coraggio di lui non accettando di partecipare in gara al festival: «Magari si aprirà una breccia ma arriveranno secondi», ha detto tra gli applausi, lodando anche il coraggio del collega Franco Battiato.

  224. di ALESSANDRA COMAZZI

    INVIATA A SANREMO
    Roberto Vecchioni ha vinto il Festival di Sanremo, secondi i Modà con Emma. Terzo Al Bano. Meccanismo di voto farraginoso, escluse tante belle realtà, come i La Crus e Van De Sfroos, ma premiato un vero cantautore.

    Per stare unitissimo con i suoi ragazzi, nell’ultima sera del Festival (troppe cinque sere, troppe), Morandi li chiama sul palcoscenico tutti insieme, Belen vestita da paralume rosa. Luca e Paolo cantano la loro versione di Grazie perché : «Grazie Belen per la tua grinta, che tu sia incinta oppure no, dillo a Corona, non sei solo bona, ma una scienziata in confronto a lui. Grazie anche a te, Elisabetti, ma certi balletti no, non farli più. E se potrai, al prossimo giro, con Robert De Niro non ci parlare. Grazie anche a voi, cari orchestrali, da circa un mese seduti lì: ma come si fa a trovare l’estro con un maestro brutto così. Grazie Morandi, che ci hai voluto, cocciuto, al Festival». E poi, via, bacino sulla bocca di Luca al «capitano», «dài Gianni, cerca di essere moderno!». Era stato un vecchio leit motiv di Fiorello. Come la fleppata sugli attributi di Baudo.

    Un buon festival. Impeccabili la regia di Duccio Forzano e la direzione d’orchestra di Marco Sabiu, scenografia di Gaetano Castelli suggestiva, Daniel Ezralow che, come dice Morandi, ha avuto delle aperture straordinarie».

    Il cielo in una scarpa. Un comune denominatore storpiava le ragazze: le scarpe. Vorrei che camminassero su quei tacchi e quelle zeppe Luca, Paolo, Gianni, e gli altri, chissà se avrebbero ancora voglia di fare gli spiritosi. Perché questo feticismo da geisha, che costringe tutte a muoversi male, in modo innaturale e sgraziato? Anche la Cortellesi a caracolla con pena. La liberazione delle donna passi attraverso la liberazione dalla scarpa.

    Pier Gianni. Bizzarri e Kessisoglu rivelazioni proprio no. Conferme, piuttosto. Di stile interpretativo prima di tutto. «Se Berlusconi non ha telefonato, vuol dire che il Festival gli è piaciuto. Dove abbiamo sbagliato?» Ieri hanno fatto un nuovo parallelismo con Arcore: «Come ad Arcore c’è un uomo che nonostante l’età, nonostante questo non sia il suo lavoro, nonostante dica delle cagate, è seguito da oltre il 50 per cento degli italiani: Pier Gianni, credevi di presentare il Festival di Sanremo, hai presentato il Festival di Arcore». La scelta più a effetto? Il faccione di Gramsci campito sul palcoscenico dell’Ariston. Ieri erano rilassati, e sparavano battute alla Chiambretti, scherzavano con Morandi, lo prendevano in giro, lo trattavano da vecchio rimbambito. E Morandi se la rideva. Hanno anche satireggiato sui «valori della sinistra», siamo contro la fame nel mondo e siamo tutti fratelli, ma da una parola in su, ecco la ruvidezza delle contraddizioni, «vieni che ti porto ad Arcore». La manifestazione sembrava ancor di più un programma che un Festival.

    Bella gente. Rodriguez ha cantato con il papà, ed ha ha annunciato tra il serio e il faceto che cambierà fidanzato. In assenza dei tanto acclamati Clooney & Corona, è giunto invece Fernando Alonso, marito di Raquel del Rosario. Gli farete fare qualcosa, avevo chiesto a Simona Ercolani, uno degli autori del Festival? E lei, sdegnosa: «Al massimo lo sediamo in platea, mica facciamo il Festival dei mariti». Brava. Sarebbe ancora più brava se facesse scendere le ragazze dalle scarpe, poverette. Comunque Morandi è andato a salutarlo. Ha detto Alonso: «Abbiamo la bandiera italiana sull’alettone per i 150 anni, abbiamo l’obbligo di vincere, estamos unidos».

    Massimo Ranieri. Una delle ipotesi pre-festival è che lui conducesse con Morandi. Il quale non avrebbe accettato. Ieri il grande animale da palcoscenico ha trieggiato con Luca e Paolo. Loro hanno cantato in napoletano e lui in genovese «Ma se ghe pensu». Lo voleva Strehler, e aveva i suoi motivi. Poi i due ex ragazzi hanno duettato sul tempo che fu, intonando financo «Volare». Meglio Ranieri, comunque, che De Niro e Garcia.

  225. Carlo S., un po’ la ragione è dalla tua.
    Durante questo festival , che ho guardato per pigrizia, sono rimasta particolarmente colpita dal fenomeno estetico-cosmetico.
    Ma non si rendono conto dell’imbruttimento che ha causato loro l’ insensata corsa contro il tempo, ovvero la mania dell’ immortale divismo, volti gonfi e tirati che hanno stravolto la naturalezza di rughe affascinanti (mi riferisco alle donne sul palcoscenico come in platea), capelli tinti persino sul cuoio capelluto (Massimo Ranieri ha esibito un coiffeur marrone compatto che non ce l’aveva neppure quando aveva 20 anni ….), tubini strizzati su culetti da ricoprire, pantacollant e tacchi vertiginosi di estrema volgarità anche per le giovanissime, Vecchioni che ci implora di chiamarlo ancora amore – quindi levatevi dalla testa di chiamarlo nonno e zio – , Patty Pravo che apre la porta ai suoi spasimanti come quando aveva di anni ne aveva 20 – , Albano che anela all’ingenuità di una ragazza adolescente facendola volare fra i putti – abbandonato da tutte le sue ex mogli , sto Davide Van de Froos chi lo conosce? – eppure era fra i big – che canta in dialetto romagnolo forse un inno alla giovinezza, Max Spezzali che ha finalmente preso consapevolezza (a 46 anni) che è finito il tempo di passare a prendere la sua ragazza – ve la ricordate “sei un mitoooo” e si prepara al suo secondo tempo , i Take That nooooo per carità, patetici, tumefatti, fanno persino un tour ma chi ci va?, e per finire Franco Battiato che si aggira spaesato in questo quadro come fosse un alieno – ve lo ricordate E.T. telefono- casa, casa- telefono …

  226. ..ah ah, mi hai fatto sorridere ma hai ragione Rossella, purtroppo è la tristezza di questi corpi vetrinizzati nel tentativo ridicolo e disperato di immortalarli nell’eternità…ma l’eternità non è di questo mondo così come la perfezione, per fortuna per noi.
    un abbraccio

  227. D’accordo su tutto Rossella, ma per quanto riguarda la canzone di Vecchioni no…io ho ascoltato un’intervista a lui fatta prima del festival in cui ha spiegato i temi della sua canzone, e direi proprio che non si può banalizzare dal ritornello…neanche d’accordo su Van De Sfroos, che secondo me è un artista innovativo e interessante che è stato solo poco considerato da pubblico e critica (ma fa musica da più di 15 anni). Poi i gusti non si discutono…per il resto è chiaro che ormai il festival, al di là della musica, è diventato un fenomeno di spettacolo e quindi si dà parecchio spazio anche ad altre cose (anche se, devo dire, quest’anno lo spazio dato alla musica è stato maggiore, forse perché era un cantante a guidarlo, un “addetto ai lavori”)…ma a me solitamente interessa solo la musica quindi le altre cose non le guardo e non mi pongo il problema (a parte Benigni che secondo me è stato straordinario, perché ha riportato alla luce temi che ormai nel nostro Paese sembrano un po’ andati nel dimenticatoio). Poi è vero, ormai le donne “artificiali” appaiono un po’ dappertutto, non è solo il caso di Sanremo purtroppo ma di tutta la televisione…e poi senza nulla togliere alla bravura di Luca e Paolo che stimo e apprezzo come attori, mi sono un po’ stancata di ascoltare sempre di satira politica (forse perché mi sono anche stancata di ascoltare notizie relative alla politica, chi lo sa?)…ad ogni modo, la musica bella secondo me ha trionfato, dopo tanto tempo.E soprattutto non la dimenticheremo così facilmente.E questo festival ha avuto come merito più grande quello di farci un po’ riflettere sulla nostra identità di italiani, anche se solo per un momento.

  228. Roberto Vecchioni – Chiamami ancora amore

    ***

    E per la barca che è volata in cielo
    che i bimbi ancora stavano a giocare
    che gli avrei regalato il mare intero
    pur di vedermeli arrivare

    per il poeta che non può cantare
    per l’operaio che non ha più il suo lavoro
    per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
    in un deserto come in un porcile
    e per tutti i ragazzi e le ragazze
    che difendono un libro, un libro vero
    così belli a gridare nelle piazze
    perché stanno uccidendo il pensiero

    per il bastardo che sta sempre al sole
    per il vigliacco che nasconde il cuore
    per la nostra memoria gettata al vento
    da questi signori del dolore

    chiamami ancora amore
    chiamami sempre amore
    che questa maledetta notte
    dovrà pur finire
    perché la riempiremo noi da qui
    di musica e di parole

    chiamami ancora amore
    chiamami sempre amore
    in questo disperato sogno
    tra il silenzio e il tuono
    difendi questa umanità
    anche restasse un solo uomo

    chiamami ancora amore
    chiamami ancora amore
    chiamami sempre amore

    perché le idee sono come farfalle
    che non puoi togliergli le ali
    perché le idee sono come le stelle
    che non le spengono i temporali
    perché le idee sono voci di madre
    che credevano di avere perso
    e sono come il sorriso di dio
    in questo sputo di universo

    chiamami ancora amore
    chiamami sempre amore
    che questa maledetta notte
    dovrà pur finire
    perché la riempiremo noi da qui
    di musica e parole

    chiamami ancora amore
    chiamami sempre amore
    continua a scrivere la vita
    tra il silenzio e il tuono
    difendi questa umanità
    che è così vera in ogni uomo

    chiamami ancora amore
    chiamami ancora amore
    chiamami sempre amore
    chiamami ancora amore
    chiamami sempre amore

    che questa maledetta notte
    dovrà pur finire
    perché la riempiremo noi da qui
    di musica e parole

    chiamami ancora amore
    chiamami sempre amore
    in questo disperato sogno
    tra il silenzio e il tuono
    difendi questa umanità
    anche restasse un solo uomo

    chiamami ancora amore

  229. Roberto Vecchioni (Carate Brianza, 25 giugno 1943) è un cantautore, paroliere, scrittore e insegnante italiano.

    È considerato fra i cantautori italiani più importanti, influenti e stilisticamente eterogenei, tanto che «può permettersi di vincere il Festivalbar e di far coppia con i più bei nomi della nostra canzone sul palco del Club Tenco, di scrivere canzoni raffinate e suadenti, di riscrivere la storia di Orfeo ed Euridice, di citare Oscar Wilde ed al tempo stesso di scherzare, cadere di tono, frequentare la canzonetta senza perdere lo spirito e la faccia» come ha scritto Ernesto Assante su la Repubblica.

    Ha vinto i tre premi più importanti della musica italiana: il premio Tenco nel 1983, il Festivalbar nel 1992 ed il festival di Sanremo nel 2011

  230. Ha genitori partenopei. Il padre Aldo è commerciante, la madre Eva casalinga, ed il fratello Sergio, secondogenito, notaio. Roberto si laurea nel 1968 in lettere antiche presso l’Università Cattolica di Milano, nella quale resterà come assistente a Storia delle religioni; successivamente insegna in licei classici, come docente di greco e latino: tra i suoi allievi, la futura cantante Paola Iezzi del duo Paola & Chiara.

    Comincia la carriera nel mondo musicale come autore di testi di canzoni, in collaborazione con l’amico musicista Andrea Lo Vecchio: il primo brano pubblicato è una traduzione in italiano di “Barbara Ann” dei Beach Boys, incisa nel 1966 dai Pop Seven, e la particolarità di questo 45 giri è che lo stesso Vecchioni partecipa all’incisione (sua è la voce che comincia la canzone cantando “Bar bar bar, bar Barbara Ann”).

    Nella seconda metà degli anni sessanta e nei ’70 continua la carriera di autore di testi (a partire dal 1970 anche su musiche di Renato Pareti, oltre che di Lo Vecchio) e scrive canzoni per cantanti affermati come Ornella Vanoni, Iva Zanicchi, Gigliola Cinquetti, i Nuovi Angeli, gli Homo Sapiens ecc.

    In alcuni di questi testi sono già evidenti le tematiche presenti nella sua produzione da cantautore: la nostalgia per il passato, il tema del doppio, l’uso della storia come metafora del presente (emblematica è, a questo proposito, La battaglia di Maratona incisa nel 1968 da Lo Vecchio), con evidenti influenze del lavoro letterario di Jorge Luis Borges.

    Lavora spesso, in questo periodo, con la CGD e la CBS, ed è in queste case discografiche che ha modo di conoscere Francesco Guccini

    « In quel periodo conobbi Guccini: la CGD gli mise vicino due parolieri veterani come Daniele Pace e Mario Panzeri per provare a modificare il testo di una sua canzone da mandare a Sanremo, ma Francesco se ne andò quasi subito, anche perché aveva le idee molto più chiare, era molto meno invischiato di me »

    Nel 1968 partecipa al Festival di Sanremo come autore della canzone “Sera”, interpretata da Giuliana Valci e Gigliola Cinquetti, e questo fatto contribuisce a rendere Lo Vecchio e Vecchioni autori molto richiesti:

    « A parte ogni ovvia considerazione sul merito del Festival, c’era il gusto, l’orgoglio anzi, di avere scritto una cosa che era piaciuta più delle altre. più di quelle dei professionisti, dei veterani….e in parte questo mi gratificava, rispondeva al mio bisogno di affermazione, anche se non desideravo il successo indiscriminato… »

  231. Dopo i primi successi come autore di testi, Vecchioni riesce nel 1968 ad incidere per la Durium un 45 giri, contenente sul lato A La pioggia e il parco e sul retro Un disco scelto a caso entrambi brani su musica di Lo Vecchio, ma il disco passa inosservato, e Vecchioni deve pazientare tre anni prima di ottenere la fiducia di una nuova casa discografica, la Ducale, fondata da Davide Matalon, ex padrone della Italdisc e storico scopritore di Mina.

    Nel 1971 scrive il testo dell’inno dell’Inter, su musica di Renato Pareti, intitolato “Inter spaziale” e cantato dal calciatore Mario Bertini.

    Per la Ducale Vecchioni incide, sempre nel 1971, il suo primo album Parabola, album che contiene una delle sue canzoni più famose, “Luci a San Siro”, seguito l’anno dopo da “Saldi di fine stagione”; sempre nel 1972 collabora con Donatella Moretti, per cui scrive tre canzoni dell’album Conto terzi (Antonio e Giuseppe, Orlando e Ragazza che parti).

    Nel 1973 riceve il premio della critica discografica italiana per il disco “Il re non si diverte”. Nello stesso anno partecipa al Festival di Sanremo sia come compositore ed interprete di “L’uomo che si gioca il cielo a dadi”, brano intimista dedicato al padre, che si classifica all’ottavo posto, sia come autore pur se non accreditato, delle parole di Sugli sugli bane bane, canzone del filone demenziale presentata dal gruppo Le Figlie del Vento e non ammessa alla serata finale.

    Nel 1974 partecipa ad Un disco per l’estate con la canzone La farfalla giapponese, che passa però inosservata, e che è anche la sua ultima incisione per la Ducale; passa infatti alla Philips, con cui otterrà i primi successi di vendita, grazie a Ipertensione e soprattutto ad Elisir, i cui brani Velasquez e Figlia sono trasmessi spesso dalle prime radio libere.

    Nel 1975 ha una buona notorietà grazie alle canzoni della serie a cartoni animati Barbapapà, i cui brani sono stati cantati anche da Orietta Berti e Claudio Lippi.

  232. Nel 1977 ottenne il successo del grande pubblico con il suo maggiore successo, “Samarcanda”, contenuto nell’album omonimo, ispirato a una leggenda di un soldato che fuggiva dalla morte. Gli archi della celebre introduzione furono incisi e composti da Angelo Branduardi, che cantò una versione della stessa canzone nell’album live Camper, realizzando anche un videoclip con i due artisti nei panni di Stanlio & Ollio.
    Il successo fu confermato dai lavori successivi, negli anni di passaggio dalla Philips alla CGD, fino al Il Grande Sogno del 1984 dove, assieme al fidato Michelangelo Romano, arrangiò nuovamente alcuni successi affiancandoli ad alcuni nuovi brani, tra cui la title-track dove Francesco De Gregori vi suonò l’armonica. È questo forse il primo album italiano di canzoni incise in una nuova veste, abitudine che divenne poi una costante degli artisti con un cospicuo repertorio.

    Nel 1979 fu accusato di spaccio sostanze stupefacenti dal giudice istruttore di Marsala: l’accusa si riferì ad un episodio avvenuto due anni prima durante una serata alla Festa dell’Unità della stessa località siciliana, quando il cantautore avrebbe offerto uno spinello ad un quattordicenne. Vecchioni venne arrestato in attesa del processo e rilasciato dopo alcuni giorni dopo avere ottenuto l’assoluzione; da questa vicenda personale, esacerbata dall’attesa in prigione poiché il giudice doveva rientrare dalle ferie, trasse poi l’ispirazione per scrivere le canzoni “Lettera da Marsala” e “Signor giudice (un signore così così)” (appartenenti all’album Robinson, come salvarsi la vita).

  233. Tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta, Vecchioni fu conduttore, su Antenna 3 Lombardia della rubrica Telebigino, in onda di pomeriggio per 3 ore durante la quale aiutava a tradurre in diretta brani di latino e greco che i giovani telespettatori dovevano fare come compito per l’indomani. Molto spesso, come lo stesso Vecchioni ha confermato, dopo aver dato verbo e costruzione, alla seconda o terza telefonata di un ragazzo era lui stesso a dare la traduzione intera.

    Nel 1980 fu la volta del disco “Montecristo”, l’unico a non essere mai stato ristampato, a causa di una disputa tra le due case discografiche di passaggio: poco dopo la sua uscita fu ritirato dal commercio e tutte le copie distrutte, inclusi i master. Per questo ne esistono solo poche copie che costituiscono dei veri e propri pezzi da collezione, arricchiti inoltre dai disegni di Andrea Pazienza, che firmò anche le copertine di molti album seguenti.

    Nel 1981 sposa l’attuale moglie, la scrittrice Daria Colombo.

    Nel 1983 viene insignito del Premio Tenco.

    Nel 1992 vince il Festivalbar con la canzone “Voglio una donna”, unico inedito del disco dal vivo Camper.

    Si stima che i suoi album abbiano venduto oltre sei milioni e mezzo di copie.

  234. La sua attività di cantautore si intreccia con quella di scrittore. Nel 1983 esce, come allegato ad un’edizione limitata dell’album “Il grande sogno”, un volume omonimo edito da Milano Libri, che contiene poesie, racconti e testi per canzoni. Il suo secondo libro è del 1996, una raccolta di racconti intitolata “Viaggi del tempo immobile” (Einaudi).

    Nel periodo 1984/1985 scrive interamente l’album OXA della cantante pugliese Anna Oxa, che presenta al Festival di Sanremo 1985 uno dei brani composti da Vecchioni insieme a Mauro Paoluzzi, “A lei”, classificatosi poi settimo.

    Roberto Vecchioni al Salone del Libro di TorinoNel 1998 cura la voce “Canzone d’autore” nell’enciclopedia Treccani. Nel frattempo non abbandona la musica e compone, per Patty Pravo, “Treno di Panna” inserita nel fortunato album “Notti guai e libertà” che porta la firma di altri prestigiosi cantautori. Ancora per Einaudi esce, nel 2000, il suo primo romanzo “Le parole non le portano le cicogne” ed è sempre l’editore torinese a pubblicare nel 2004 il volume “Il libraio di Selinunte”. Nel 2006 pubblica il libro “Diario di un gatto con gli stivali”, seguito nel 2008 dalla raccolta di poesie “Volevo. Ed erano voli”.
    Infine nel 2009 esce la raccolta di racconti “Scacco a Dio”.

  235. Ha ricevuto il premio per la pace “Giorgio la Pira” nel 1998.

    Il suo lavoro s’intreccia con la musica nel 1999 quando, sostenuto dal Ministero della Pubblica Istruzione, organizza un giro presso Università e licei d’Italia per un ciclo di conferenze sulla Storia letteraria della canzone italiana.

    Roberto Vecchioni, inoltre, è stato insignito di numerosissimi premi e riconoscimenti ricevuti, tra i quali spiccano la recente nomina a “Cavaliere Ufficiale della Repubblica” conferitagli, motu proprio, dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi, l’Ambrogino d’oro del Comune di Milano, il premio “Scanno” per la narrativa, due premi “Tenco” alla carriera e il premio “Angelo dell’anno” per le sue attività di impegno nel sociale.

    Dal 2001 al 2003 ha insegnato alla facoltà di Scienze della Comunicazione all’Università di Torino col titolo “Forme di poesia per musica”.

    Nel 2004-2005 è stato docente del corso di “Forme di poesia per musica” presso l’Università di Teramo.

    Nel 2006 torna al Festival di Sanremo nella serata dei duetti ospite dei Nomadi cantando insieme il brano “Dove si va”.

    Tiene dal 2006 un corso di lezioni dal tema: “Testi letterari in musica” all’ Università di Pavia ed un corso di lezioni: “Laboratorio di Scrittura e Cultura della Comunicazione” presso l’Università “La Sapienza” di Roma.

    Nelle sua opera, è ricorrente l’intrecciarsi del proprio essere con i più svariati miti della storia, della letteratura o dell’arte, quest’ultimi presi in prestito, non tanto per descriverne le gesta, piuttosto come espediente per rappresentare una parte di sé.

    Ha partecipato alla realizzazione della canzone Domani 21/04.09, dedicata alle persone rimaste coinvolte nel terremoto dell’Aquila del 2009.

    Il 30 ottobre 2010 ha partecipato ad un incontro dei giovani dell’Azione Cattolica Italiana svoltosi la mattina in Piazza San Pietro a Roma, di fronte al Papa.

    Il 19 febbraio 2011 vince il 61º Festival di Sanremo con la canzone Chiamami ancora amore (tra i tre finalisti: 48% dei televoti per Vecchioni, 40% per i Modà con Emma e 12% per Albano). Gli viene inoltre conferito il premio Golden Share della Sala Stampa Radio e Tv ed il Premio della Critica del Festival della canzone italiana “Mia Martini” nella sezione “Artisti”. A convincerlo a partecipare al festival dopo 38 anni dall’ultima volta era stato proprio Gianni Morandi, conduttore dell’evento

  236. Giusto per chiarire il mio pensiero, scherzavo con l’ironia intelligente di rossella su certi aspetti troppo estetizzanti dei personaggi televisivi ma sono felice che abbia vinto Vecchioni, mi è sempre piaciuto. Mi ricorda periodi della mia adolescenza, canzoni stupende, ricche di sentimento e poesia.Secondo me è stato un premio alla canzone ma ancora di più alla carriera del personaggio. Sinceramente quasi tutte le altre canzoni non mi sono piaciute molto.Salverei i due giovani Modà e Emma per la grinta e la bella presenza scenica, Battiato perchè sempre raffinato.Gli altri pezzi proprio bruttini.
    Domandina provocatoria :perchè gli altri anni quando cantavano canzoni in dialetto napoletano mettevano i sottotitoli- considerato che la canzone napoletana ha una tradizione nettamente superiore alle altre in dialetto ed ha lasciato un’eredità mondiale alla musica- e a questo Van De Sfroos lo lasciano cantare in dialetto comasco che non si capisce un accidenti- senza sottotitoli- e poi dobbiamo dire tutti”Ah che fenomeno!”?
    Considerate che le più belle canzoni napoletane le cantano anche i giapponesi!

  237. Sai dalle mie parti (Acireale) per Carnevale sfilano i carri d’autore. Ce oncorrono al primo premio. Ti devo dire che gli artigiani qui al sud riescono a realizzare cose pazzesche con la cartapesta, con la messa in scena di temi anche importanti e che spaziano dalla satira politica nazionale a questioni internazionali ai recenti fatti di cronaca, ovviamente i personaggi più noti non stenti a riconoscerli . Il Carnevale finisce quasi sempre dal gaudio sfrenato alla tristezza più assoluta: ripenso ai bimbi mascherati portati in braccio dai genitori fra la pressante confusione ed il frastuono, ai suoni ed ai colori sgargianti di giovedì grassi, di martedì grassi, sempre più assordanti di fischi e trombette, e poi le ceneri sparse su strade desolate sotto mentite spoglie di coriandoli e stelle filanti, qualche cane lecca i resti di frittelle agli angoli delle strade ed un cielo plumbeo che incombe sul passante, come a voler cacciare via ogni buffonata e riportare il viandante alla vita reale.
    Trovo una grossa similitudine fra questa descrizione di gelidi febbrai arlecchini e Sanremo, la verisimiglianza con quell’onda emozionale fatta di applausi, fiori sgargianti, palcoscenici pirotecnici, un vecchio detto recita “the show must go on”, e lo sanno molto bene gli artisti che cavalcano l’onda. Finchè possono.
    Vedi le canzoni sono molto importanti, segnano il passo delle stagioni della nostra esistenza, forse non mi crederai quando ti scrivo che provo la stessa allegria all’ ascolto di alcuni tormentoni anni 80 che mi facevano sculettare alle feste come in discoteca, la mia adolescenza è ancora lì con i cantautori ed i loro testi suonati cantati ai falò, figurati che mi ricordo persino di quel vecchio mangiadischi arancione che mi regalarono da bambina dove ci infilavo i 45 giri, salto di palo in frasca, anche i miei viaggi più maturi in altri continenti, sono accompagnati nel ricordo da cd acquistati nei megastore … ora che ci penso alle mie storie d’amore non mi lega alcun brano musicale, anche perché alcune meriterebbero canzoni come il ballo del qua qua, furia cavallo del west, disco inferno , qualcuno voleva persino una donna- donna con la gonna . . . scherzo, è acqua passata.
    Ciao ragazze.

  238. Che alla fine abbia vinto Vecchioni son contento anche io. In fondo è una canzone d’autore, e mi pare la prima volta che capita una cosa così a Sanremo. Emma & Modà credo avrebbero fatto la fine dei Jalisse….
    Un bel segnale.

  239. Sono contento anch’io che abbia vinto Vecchioni, il cantautore-scrittore.
    Non sono d’accordo con le critiche eccessive a questo Sanremo, che mi sembra peggio degli altri. Mi è piaciuto perfino Morandi presentatore.
    Per quanto riguarda le due co-conduttrici, certo sono molto belle. Ma al Festival di Sanremo sono andate sempre belle ragazze. O no? Qual è la novità?

  240. @Rossella ..anch’io da piccola avevo il mangiadischi arancione…ci mettevo dentro i dischi blu di favole e poi un giorno io e mia sorella scoprimmo Modugno!!..la lontananza sai è come il vento… 🙂
    Ideuzza: Massi facciamo un post sui ricordi musicali legati all’infanzia e all’adolescenza, naturalmente anche ai primi libri letti e all’emozione legata a quei momenti? Potrebbe venirne fuori anche una bella ricostruzione storica di incrocio fra memoria individuale e collettiva.

  241. Scusate il rallentamento della pubblicazione di nuovi post, ma è un periodo zeppo di impegni.
    Ci rifaremo. Promesso!
    (Ed entro la settimana, un nuovo stimolante post).
    Intanto – se volete – questo e gli altri sono ancora aperti per nuovi contributi.
    Grazie sempre per la vostra partecipazione.

  242. Sanremo ha avviato al successo internazionale tanti artisti tra cui Eros Ramazzotti, Laura Pausini, Andrea Bocelli. Sono forse i nostri tre cantanti più noti all’estero. Motivo in più per essere grati a Sanremo.

  243. Perciò alla domanda ‘Ritenete che abbia contribuito anche alla internazionalizzazione della cultura italiana e dell’immagine dell’Italia nel mondo?’, la risposta non può che essere positiva.

  244. Considerando gli indici di ascolto (altissimi) e il fatto che la televisione di oggi deve confrontarsi con il web, mi pare che il Festival di Sanremo sia più vivo che mai e non ha bisogno di essere resuscitato.

  245. LE MIE CANZONI SANREMESI PREFERITE
    Con indicazione dell’anno di vittoria
    *
    – 1958, Domenico Modugno, Nel blu dipinto di blu
    – 1987, Gianni Morandi/Enrico Ruggeri/ Umberto Tozzi, Si può dare di più
    – 1990, Pooh, Uomini soli
    – 1995, Giorgia, Come saprei

  246. Buona la prima, Gianni Morandi batte se stesso e Celentano fa volare gli ascolti. Il debutto del festival di Sanremo ha registrato nella prima parte 14 milioni 378mila spettatori con il 48,5% di share, nella seconda parte 8 milioni 430 mila spettatori e il 55,06% di share. Nella seconda parte ha avuto 8 milioni 451 mila spettatori e il 55.24%. La media ponderata della serata è pari a 12 milioni 762 mila spettatori con il 49.59% (11 milioni 992 mila con il 46.39% nel 2011).

    Risultato più che lusinghiero per una serata che ha puntato tutto sulla presenza di Adriano Celentano, cinquanta minuti di performance, “spettacolo nello spettacolo” come più volte avevano annunciato dall’organizzazione del festival, sermone-kolossal con strascico di polemiche. Famiglia Cristiana e l’Avvenire che ”andrebbero chiusi”, che peccano di ipocrisia, attacchi a preti e frati che fanno politica piuttosto che parlare del Paradiso, critiche alla Consulta che ha bocciato il referendum sulla legge elettorale violando il principio costituzionale della sovranità popolare, accuse alla Francia e alla Germania di aver imposto alla Grecia l’acquisto di armamenti in cambio degli aiuti europei, il governo Monti definito “materiale di ottima resistenza apparentemente indipendente facile all’ossido dei partiti”, qualche strale verso il direttore generale della Rai Lorenza Lei, colpevole di aver allontanato Santoro. Tra un capitolo e l’altro, canzoni e musica che non hanno rischiarato un’atmosfera pesante.

    Com’era prevedibile, è stato Rocco Papaleo il personaggio della serata, un interprete fuori dal coro, destinato a diventare uno dei protagonisti di questa edizione. Ad aprire il festival sono stati Luca e Paolo, in omaggio alla consuetudine del “passaggio di consegne” con i protagnisti dell’edizione precedente, che sfruttando il successo ottenuto l’anno scorso con il centone Ti sputtanerò hanno rivisitato Uomini soli dei Pooh per ironizzare sui comici orfani di Berlusconi. Un lungo intervento che non ha risparmiato la satira sul governo Monti, su Benigni, sul canone Rai e anche su Celentano.

    A funestare la serata un blackout al sistema di voto dei giurati, che ha costretto la direzione artistica a far ripetere questa sera tutte le canzoni dei big (il telespettatore si prepari a una nuova maratona), oltre al forfait di Ivana Mrazova, costretta all’immobilità da un violento torcicollo. A sostituirla, Belen ed Elisabetta Canalis, le due primedonne dell’edizione precedente, che se la sono cavata con un centone in playback, qualche presentazione e le ironiche “voglie” di Rocco Papaleo, rivelazione della serata.

    Morandi è una garanzia: non regala sorprese ma dà al pubblico sicurezza, anche se, nonostante l’esperienza, rimane un conduttore sui generis. In tutto questo ci sono state anche le canzoni, pur accompagnate dai malumori degli artisti per lo slittamento in avanti – causa Celentano – delle loro esibizioni. Sul palco sono passati tutti i big e in molti hanno pagato il pegno dell’emozione: la competizione nella seconda serata diventerà ancora più dura perché saranno quattro i cantanti eliminati. Se tutto tornerà a posto, a fine serata sapremo chi tra Francesco Renga, Arisa, Nina Zilli, Emma, Eugenio Finardi, Matia Bazar, Gigi D’Alessio e Loredana Berte’, Pierdavide Carone e Lucio Dalla, Marlene Kuntz, Chiara Civello, Samuele Bersani, Dolcenera e Noemi passerà il turno.

  247. Flessione negli ascolti della seconda serata del festival di Sanremo, a conclusione di una giornata di tensione e polemiche seguìte all’esibizione del Mollegiato. La prima parte è stata seguita da 11.055.000 telespettatori con il 37,29% di share, la seconda da 6.024.000 con il 47,07%% di share. Rispetto al 2011 si registra un calo di un milione di spettatori nella prima parte (erano stati 12 milioni 56mila, 39,28% di share) e di due milioni di spettatori nella seconda (erano stati 8 milioni 65 mila con il 49,64% di share). La media ponderata di ieri è pari a 9 milioni 200 mila spettatori e al 39.27% di share; nel 2011 era stata di 10 milioni 144 mila con il 42.67%. A dare filo da torcere alla serata del dopo-Celentano è stata in particolare la Champions League: il match Milan-Arsenal ha incollato a RaiDue quasi 4 milioni di appassionati (3 milioni 919 mila) con il 12.26% di share.

    E mentre nella sala stampa dell’Ariston appare Antonio Marano, inviato dal dg Rai Lorenza Lei per commissariare, di fatto, il festival, su Sanremo è pronto ad abbattersi un altro ciclone: domani Celentano parteciperà all’incontro con la stampa in tarda mattinata all’Ariston.


    La gara e gli eliminati. L’eliminazione di Gigi D’Alessio e Loredana Bertè, Pierdavide Carone e Lucio Dalla, Marlene Kuntz e Irene Fornaciari è la notizia della seconda serata che ha visto la partenza della gara dopo i problemi registrati dal meccanismo di voto nella prima. Un’eliminazione provvisoria, in realtà, visto che il regolamento prevede il ripescaggio di due dei quattro eliminati già questa sera, tramite televoto. Meno incertezze nelle esibizioni dei Big rispetto alla serata d’esordio. Nina Zilli e Noemi, Francesco Renga, Arisa, i Matia Bazar, Dolcenera, Eugenio Finardi, Emma, Samuele Bersani, Chiara Civello si giocheranno, insieme ai due ripescati, le loro carte nelle prossime serate.

    I Giovani, promossi e bocciati. Ma la serata ha segnato anche il debutto degli otto Giovani, anch’essi sottoposti al voto della giuria popolare che ne doveva promuovere solo quattro: alla fine i consensi sono andati a Alessandro Casillo, gli Iohosemprevoglia, Erica Mou e Marco Guazzone. Casillo ha 15 anni, è molto amato dalle ragazzine che lo hanno consociuto al talent show di Canale 5 Io canto, gli IIohosemprevoglia hanno un pezzo orecchiabile, Erica Mou è già avviata verso una carriera professionale, Marco Guazzone è un ragazzo che ha stile e un pezzo interessante.

    La farfalla di Belen. Sul piano della cronaca, dopo gli sconquassi di Celentano, ci si è accontentati della farfalla di Belen. Tornata sul palco, insieme a Elisabetta Canalis, la showgirl ha indossato un vestito con uno spacco vertiginoso che lasciava scoperto l’inguine con una farfalla tatuata. Un’immagine che ha fatto impazzire il web, dove si è aperto il dibattito: aveva o no le mutandine? Presto la voce è arrivata sul palco, tant’è che la stessa Belen ha detto “ce li ho, ce li ho”, sottinteso: gli slip.

    Gli ospiti. Gli ospiti comici di questa serata sono stati I soliti idioti, cioè Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio. Con qualche timore, viste le polemiche seguìte al linguaggio troppo scurrile di Luca e Paolo, ospiti della prima serata. Il lessico dei Soliti idioti non è propriamente in linea con il galateo e a parte qualche conferma (un paio di parolace e alcuni ammiccamenti volgari) i due si sono prodotti in una serie di gag strapaesane su razzismo e omosessualità, oltre a uno sketch in cui si ironizzava sul salvataggio dell’aspirante suicida compiuto da Pippo Baudo nel festival del 1995.

    E Ivana c’è. La seconda serata ha visto anche il debutto di Ivana Mrazova, bloccata nella prima puntata da un torcicollo monstre. Ha fatto il suo compitino, producendosi in un balletto che sicuramente non è la sua specialità. Rocco Papaleo si sta guadagnando meritatamente uno spazio importante in questa edizione: ieri sera è stato lui a dare un tono diverso e originale alla lunga sequenza di canzoni in gara (fra big e giovani erano in tutto ventidue) dimostrando che la sua è stata una scelta felice.

  248. ma insomma…qui c’è qualcuno che vede sanremo stasera o no? e poi…negli scorsi anni non c’era un post su sanremo?

    Postato martedì, 14 febbraio 2012 alle 5:53 pm da terzo anno di lettere moderne

  249. Cara terzo anno,
    io lo vedo sempre Sanremo! Fa parte della nostra storia, e lo seguo con affetto. In effetti negli scorsi anni Massimo ha sempre organizzato un post! Non so quest’anno riuscirà, visto che è a Lucca! Però, dato che Sanremo ha una lunga tradizione di canzoni d’amore alle spalle…penso si presti ad essere commentato anche qui!
    Vedremo!
    Un bacio e in bocca al lupo per i tuoi esami!

    Postato martedì, 14 febbraio 2012 alle 6:37 pm da simona lo iacono

  250. Personalmente mi piace molto anche il dr. Zivago, Puskin se non sbaglio, libro e film. Ma siamo molto lontani da Sanremo.
    Ciao
    Rossella

    Postato mercoledì, 15 febbraio 2012 alle 10:24 am da Rossella G.

  251. San Valentino 2012: rimanere a casa, leggendo Pasternak, con Sanremo in sottofondo.

    Postato mercoledì, 15 febbraio 2012 alle 11:42 am da Alba

  252. Caro Massimo, ricordo bene il post su Sanremo ed i libri sanremesi. Perché non lo riproponi. Così ci dai la possibilità di dire la nostra.
    Ciao!

    Postato mercoledì, 15 febbraio 2012 alle 3:05 pm da Amelia Corsi

  253. no, dai Alba, Pasternak ha scritto una bella storia d’amore ma la televisione ci ripropone questo film almeno due volte l’anno, a san valentino proprio, non si può! Omar Shariff (ripreso ai suoi tempi ormai trascorsi) rimane comunque più fresco di quei quattro rincoglioniti settantenni che continuano a propinarci livelli di bassezza inaudita con i loro clamori che rimbombano sui media: brutti, vecchi, malvestiti, grigi, un sottoprodotto alla Catelan che vuole sbalordire in filmati, canzoni, messaggi alla massa che pretendono bottini da capogiro (anche se vengono sottratte le cifre delle “beneficenze”).
    Ci si sente come assufatti da questa pateticità, inondati, molto meglio un ora di sonno in più nel proprio letto, oppure un bel tipo giovane che s’interessa ai lupi. Decisamente.
    ciao

    Postato mercoledì, 15 febbraio 2012 alle 3:12 pm da Rossella G.

  254. La notizia del tuo incontro a Lucca mi rende felice caro Massimo e non posso che aggiungermi ai complimenti dei tanti amici e farti ancora auguri per le tue attività.
    In quanto a riesumare il post sanremese va benissimo, il dubbio è che nemmeno la tua intelligenza e la tua grazia umana potranno riesumare le sorti del festival dallo squallore in cui è caduto quest’anno.
    Ma perché la donna dello spettacolo deve essere sempre rappresentata da bellezze incapaci, offensive della dignità femminile, dell’intelligenza del pubblico- una parte- e messe in mostra come cavalli da vendere?? L’audience si affida alla farfalla di Belen- quella tatuata amici…- eclissando ogni possibilità di un buon ascolto della vecchia cara musica italiana. ..delusione su tutti i fronti…

    Postato giovedì, 16 febbraio 2012 alle 1:24 pm da Francesca Giulia Marone

  255. @ Francesca Giulia
    Cara Francesca, la riesumazione di quel post ci consentirebbe di esprimere le nostre critiche a questo Sanremo, che potrebbe essere – a conti fatti – peggiore delle precedenti edizioni.
    Potremmo anche divertirci.
    Che ne dici?

    Postato giovedì, 16 febbraio 2012 alle 1:59 pm da Amelia Corsi

  256. @Amelia ..ma certo, probabilmente non sono così sola nei miei pensieri delusi da questo festival fino ad ora…Non riesco a trovarci un aspetto positivo.

    Postato giovedì, 16 febbraio 2012 alle 7:10 pm da Francesca Giulia Marone

  257. Primo gossip: secondo voi la Bertè è stata eliminata per timore che gli scoppiasse la faccia in diretta??….che tristezza..era così brava..

    Postato giovedì, 16 febbraio 2012 alle 7:11 pm da Francesca Giulia Marone

  258. Riconciliarsi con Sanremo. l’esibizione di altissimo livello dei Matia Bazar e il mitico enorme unico Al Jarreau… ora il festival sta svolgendo il suo mestiere.


    Postato giovedì, 16 febbraio 2012 alle 9:51 pm da Francesca Giulia Marone

  259. Ecco fatto. Ho ricopiato i vostri commenti.
    Finora non ho visto un solo fotogramma di questo Sanremo. Però, accendo la Tv adesso e… chi trovo?
    Brian May dei Queen!!!
    Un grande!

  260. Fortunato Massi!!!hai beccato uno dei momenti più cool del festival!!!Un grande davvero, devo dire che questa sera hanno tirato fuori qualche chicca dal cappello…mi fa piacere perché il festival dovrebbe essere questo: una festa della musica.

  261. Concordo pienamente: adoro con tutta me stessa i Queen e li ascolto spesso a casa con volume a palla!!!P.s.Piacciono a tutta la famiglia per fortuna 🙂

  262. Grazie sempre a te…ogni tanto ritorno anche io qui e lo faccio con grande gioia…un abbraccio carissimo!

  263. in genere detesto sanremo, ma devo dire che la serata di ieri ha offerto degli interessanti connubi musicali. pollice in alto.

  264. Non c’è dubbio che mischiare cantanti italiani con stranieri di successo, rende Sanremo piu’ godibile.

  265. Quasi 5 punti percentuali di share in meno rispetto alla scorsa edizione, ma c’è una giustificazione. Nel 2011 Roberto Benigni catalizzò tutta l’attenzione del pubblico televisivo in una terza serata tutta dedicata al 150° anniversario dell’Unità d’Italia e che ottenne 15.398.000 spettatori con il 50,23% di share, nella prima parte, e 7.529.000 spettatori con il 53,21% di share, nella seconda.

  266. Nella serata tributo “Viva l’Italia”, con i brani che hanno reso famoso il Belpaese interpretati dai big in gara  insieme ad artisti internazionali, il trend degli ascolti torna  positivo. La prima parte del festival è stata vista da 12.770.000 spettatori con il 45,62 % di share. La seconda, da 6.552.000 spettatori con il 57.08%: nel confronto con la seconda serata, che, nella prima parte, fece registrare il 37,29 % di share (11 milioni e 55 mila spettatore) la serata dei duetti esce dunque vincitrice.  

  267. Sul palco le grandi canzoni italiane diventate famose anche all’estero, interpretate insieme dai concorrenti e stelle straniere. Dopo le polemiche dell’esordio, e la serata di eliminazioni di mercoledì, la terza puntata del Festival di Sanremo ha raggiunto forse il clou con l’esibizione di Brian May, il chitarrista fondatore dei Queen, che ha suonato la sua “We will rock you” e con Patti Smith, che ha duettato con Marlene Kunz in “Impressioni di settembre”: un altro dei picchi d’intensità della serata, col pubblico del teatro sanremese tutto in piedi per l’ovazione alla leggendaria Patti Smith, che ha interpretato “Because the night”, pietra miliare del rock. La coppia Marlene Kuntz e Patti Smith hanno vinto il premio della Sala stampa,attribuito dalla votazione dei giornalisti accreditati al Festival.

  268. Lo spettacolo si è aperto con il ritorno del conduttore Gianni Morandi nei panni del cantante. Nella serata dei tributi ai “grandi”, è stato suo il primo duetto seppur virtuale, con Frank Sinatra in “More”. Morandi ha poi intonato “Dio come ti amo” di Domenico Modugno e “Gli uomini non cambiano”, scritta da Giancarlo Bigazzi, scomparso di recente, e portata al successo da Mia Martini.

  269. Tra gli ingressi ironici e le battute di Rocco Papaleo, e il ritorno a tempo pieno della valletta del Festival Ivanka Mrazova, in uno sfavillante vestito rosso, la serata è stata un crescendo. Morandi ha introdotto gli ospiti inciampando in qualche piccola gaffe: quando ha presentato la coppia Samuele Bersani e Goran Bregovic, con un paio di incertezze nella pronuncia del cognome del compositore serbo. Morandi si è poi concesso un valzer e un pezzo da discoteca (I got a feeling) con l’unica ospite al di fuori del mondo della musica della serata, la campionessa di nuoto Federica Pellegrini. E l’ha invitata a spiegare la sua rinuncia a fare da portabandiera alle prossime olimpiadi. «La cerimonia – ha replicato Federica Pellegrini – è molto stancante e sinceramente preferisco cercare di fare quello che ho fatto quattro anni fa a Pechino: cantare l’inno d’Italia nello stadio del nuoto piuttosto che fare un giro di campo con la bandiera». In ogni caso, ha aggiunto, si sente «altamente patriottica» e «che io non volessi essere la portabandiera è assolutamente da escludere». «Ogni volta che scendo in acqua – ha rimarcato – cerco di fare il meglio possibile per il mio Paese».

  270. Da Shaggy a Jose Feliciano, a Sarah J. Morris, da Noa a Al Jareeau, gli artisti sono sfilati sul palco per sostenere i concorrenti in gara con duetti sulle canzoni della tradizione italiana. Tra i brani: “Che sarà-Que serà”; “Grande grande grande-Never never never”; “Romagna mia – My Sweet Romagna”; “Vita spericolata – My life is mine”; “Anema e Core-With all my heart and soul”; “Parla piu piano-Speak softly love”. E “Almeno tu nell’universo-The flame”; cantata dalla coppia Gigi D’Alessio-Loredana Berté con Macy Gray, con la cantante calabrese che ha interpretato la sorella Mia Martini. Due le coppie “ripescate” al termine della serata. Potranno tornare in concorso, dopo la momentanea “eliminazione” di mercoledì, Dalla-Carone, con “Nanì” e D’Alessio-Berté con “Respirare”.

  271. Ho seguito Sanremo a tratti, come molti. Sono d’accordo sul fatto che la seconda serata sia stata migliore della prima. Ascoltare due big mondiali della musica (Brian May e Patti Smith) è molto meglio che ascoltare Celentano e le sue farneticazioni.

  272. Visto che questo è un blog letterario, mi viene in mente questo rapporto. Il Festival di Sanremo sta alla musica italiana, come il Premio Strega sta alla letteratura italiana.
    Entrambi gli eventi sono criticatissimi, ma quasi tutti i cantanti e gli scrittori farebbero carte false per esserci.

  273. COnsidero il festival come una specie di doppio programma, come una scatola in cui stanno due oggetti non sempre in perfetta comunicazione.
    Un oggetto è la canzone e la sua storia, i cantanti italiani e stranieri, le melodie gli arrangiamenti e in genere la musica. Soprattutto nazionale. L’altro è la direzione artistica, la regia della conduzione le scelte in termini di comici e di dialoghi, il gradiente di satira politica e comunicazione sociale. Da un punto di vista intellettuale trovo molto interessanti entrambi gli oggetti, ma se penso alla reazione emotiva amo molto il primo oggetto, mi incazzo come una biscia quasi a tutte le edizioni quando considero il secondo.
    Dal punto di vista musicale secondo me esce sempre qualcosa di buono e di interessante, e io sono affascinata dalla leggerezza ben confezionata, la trovo un gesto nobile. Un po’ come la commedia americana leggera che ti funziona come un orologio: quando un prodotto leggero è ben fatto è una cosa bella ed etica per il pubblico. Patti Smth è stata grandiosa, per carità ma a me il Festival piace per altro, per che ne so Renga un anno, Arisa un altro i duetti con la storia della canzone. Mi piacciono le grandi canzoni che rimangono.
    La direzione artistica varia, ma il più delle volte fa schifo. Quest’anno ha toccato vertici di basso livello incredibili. Papaleo e o comici sono di incompetenza imbarazzante, uno se intristisce per loro, poi la ragazzetta strafica di anni 2 con il babbione che gli mette le mani addosso e lei che fa la gara di zinne con l’altra modella è terribile. Soliti tassi di sessismo che fanno capire la provincia in cui abitiamo, e una acquiescenza al potere che è desolante. Ma non va sempre così, e il festival non rispecchia sempre lo stesso paese, ma come delle angolazioni diverse. In ogni caso, tutto sopporto tranne la spocchia di certi intellettuali nostrani che storcono il naso – mi rimanda a un modo di percepire la cultura vecchio e superato, che non condivido e mi irrita.

  274. Ciao a tutti. Stasera sto vedendo Sanremo per rilassarmi un po’. Devo dire che non mi è dispiaciuto. Ora ci sono i giovani “in ballo”. Mi sembrano piuttosto bravini. Insomma, non mi sembra il miglior Sanremo della storia, ma nemmeno il peggiore.

  275. Festival di Sanremo, nulla è come appare: Chiara Civello e i Matia Bazar, tra i big, non arriveranno in finale dopo i buoni risultati dei primi giorni, sono stati eliminati nel corso della semifinale fiume di ieri che ha decretato a tarda notte anche il vincitore tra i giovani che, anche qui a sorpresa è il quindicenne Alessandro Casillo mentre alla seconda classificata, Erica Mou, va anche il premio della critica Giovani intitolata a Mia Martini.

  276. L’effetto destabilizzante di Celentano-predicatore è oramai storia, in attesa della prossima bufera che s’abbatterà stasera sul Festival (ma che deflagrerà a fuochi già spenti) è lo spettacolo a governare. E lo spettacolo è stato eccezionale, grazie alla musica e agli ospiti stranieri, l’altra sera, grazie all’accoppiata dei big con i big, ieri sera. Mazza ha parlato di «miracolo artistico» che resterà negli annali della musica e della televisione». Morandi e Mazzi raccontano di emozioni uniche. Commenti favorevoli dal consigliere Rai Antonio Verro, che ieri era in prima fila all’Ariston e invita a «lasciare da parte le polemiche» degli ultimi giorni e «concentrarsi su musiche e canzoni che, come dimostrato dal successo di ieri, sono le uniche vere protagoniste di questo Festival. I risultati degli ascolti testimoniano che quando si pensa a fare buona musica le cose vanno meglio», sottolineando di aver apprezzato il lavoro svolto. Gli ospiti stranieri di giovedì sono costati alla Rai appena 98mila euro, per un impegno di spesa di circa un milione: la sensibile differenza l’ha coperta l’industria della musica, cui è andato il ringraziamento di Mazza, del direttore artistico e di Gianni Morandi.

  277. Pensando a stasera, musica e parole nel bis di Celentano che si annuncia di mezz’ora o poco più. Oggi ci sono state le prove, blindatissime. Tra i presenti anche il vice direttore generale della Rai Antonio Marano, inviato qui dal direttore generale Lorenza Lei. È stata l’occasione per un saluto tra Marano e Celentano, prima d’ora mai incontratisi. Non c’era Morandi, che invece dovrebbe esserci oggi pomeriggio, per mettere a punto gli ultimi dettagli, e questo farebbe pensare a un duetto. Nel corso delle prove, durate circa un’ora, l’artista e i suoi collaboratori si sono misurati sui brani previsti per domani, tra cui «La Cumbia Di Chi Cambia», che fa parte dell’ultimo album «Facciamo finta che sia vero». Un testo dove inoltre si dice «funzionari dello stato italiano si fanno spesso prendere la mano /inizian bene e finiscono male /capita spesso che li trovi a rubare /e fanno cose che stan bene solo a loro /a usufruire di vantaggi esagerati /così abbandonano ogni tipo di decoro e si comportano come degli impuniti.

  278. Dovrebbero essere due, al massimo tre, i brani che impegneranno stasera Celentano. Forse canterà anche «Non so più cosa», anche questo tratto dall’ultimo lavoro. Brani comunque intervallati da monologhi, facendo in modo che il tutto venga contenuto nel tempo previsto, così da non interferire con l’intervallo che c’è tra un blocco pubblicitario e l’altro. Ovviamente in fascia prime time. Nell’ampia libertà di cui gode l’artista è compreso anche il fatto che per quanto riguarda le sue performance il «gobbo» e relativo tecnico specialista siano di sua fiducia, altri non sono chiamati in causa. Senza possibilità alcuna per la Rai di saperne di più. Insomma fino all’ultimo il mistero resta sulla sorpresa che Celentano sta preparandosi a dire e mostrare.

  279. Nell’attesa che il ciclone Celentano torni sotto i riflettori, al centro della scena del Teatro Ariston per la quarta sera del Festival di Sanremo c’è stata ancora la musica. Con la finale dei Giovani e la semifinale dei Big, con i duetti in gara. Ogni artista infatti ha avuto la possibilità di proporre un riarrangiamento particolare dei brani ospitando dei colleghi nell’esecuzione delle dodici canzoni rimaste in gara, che a fine serata sono rimaste dieci, le stesse che si contenderanno stasera la vittoria di Sanremo 2012. Così Noemi ha cantato con Gaetano Curreri «Sono solo parole», Pierdavide Carone e Lucio Dalla con Gianluca Grignani «Nani», Dolcenera con Max Gazzè «Ci vediamo a casa», Gigi D’Alessio e Loredana Bertè si sono esibiti con il dj Mario Fargetta in «Respirare», Chiara Civello, con la nuova scoperta di «X Factor» Francesca Michielin ha cantato «Al posto del mondo», Samuele Bersani e Paolo Rossi insieme in «Un pallone», Eugenio Finardi con Beppe Servillo in «E lo chiami Dio», Nina Zilli ha convocato Giuliano Palma e Fabrizio Bosso per «Per Sempre», Arisa con Mauro Ermanno Giovanardi ha proposto «La notte», le due «Amiche» Emma e Alessandra Amoroso in «Non è l’inferno», i Matia Bazar hanno osato con Platinette per «Sei tu», Francesco Renga ha puntato sul coro Scala e Kolacny Brothers per «La tua bellezza».

  280. La quota comica della serata è stata nelle mani del conduttore tecnico Rocco Papaleo che ha fatto riferimento alla situazione politica in Germania: «qui c’è l’Europa che sta crollando» ha detto prima di lanciarsi in un appello generale alla sobrietà, distribuendo cravatte all’orchestra e facendo indossare il loden anche a Morandi, coinvolto nel mantra alza lo share abbassa lo spread. Una mano comica è poi arrivata da Alessandro Siani che ironizzando sul governo, sui guai italiani, prendendosela con i francesi, bacchettando i tedeschi e recitando versi d’amore all’indirizzo di Napoli ha mandato in visibilio l’Ariston che si è espresso plebiscitariamente per un gradimento bulgaro con tanto di ovazione. Tanto da far dimenticare lo spot pubblicitario per il suo film «Benvenuti al Nord».

  281. Lunga chiacchierata sui gradini del palco tra Morandi e Sabrina Ferilli che è entrata cantando il suo cavallo di battaglia «Roma nun fa la stupida stasera» di Armando Trovajoli dal «Rugantino» che anni addietro ha portato a teatro. Per non farsi mancare nulla ha pure cantato con Papaleo. Dunque la boy band inglese One Direction. A notte fonda arriva anche il carrozzone di «Ballando con le stelle» che stasera ha dovuto lasciare il passo al Festival. Però ieri sera sono intervenuti in formazione ridotta ma con il Mister Milly Carlucci in da sera molto elegante, bello spot pubblicitario benaugurante, per arginare un po’ la débâcle degli ascolti partiti ogni sabato sera in direzione Canale 5. In prima fila Anna Tatangelo che all’Ariston ha il compagno in gara. Fortunatamente ballano solo i maestri di danza ed è un bel vedere.

  282. A proposito di bel ballo, la semifinale è iniziata nel segno della provocazione e dell’amore, con una coreografia di Daniel Ezralow interpretata da Simona Atzori, ballerina nata senza braccia. Con il violinista David Garrett a interpretare i Nirvana. Lei dice che danzando ha realizzato un sogno che aveva fin da quando era bambina. Grande lezione di coraggio.

  283. Per fortuna che c’è Adriano. Il pubblico del festival si assottiglia vistosamente, la quarta serata segna un calo negli ascolti e pure se il direttore generale della Rai, Lorenza Lei, lancia appelli al buon senso e alla correttezza è evidente che solo il Molleggiato rappresenta la vera boccata d’ossigeno di questa edizione. Stasera torna sul palco mentre la quarta serata registra nella prima parte 11 milioni 429 mila spettatori (share 39,64%) e, nella seconda, 7 milioni 324 mila (49,84%). Nel 2011 la prima parte della quarta serata era stata vista da 12 milioni 857 mila telespettatori pari al 44,24% di share mentre la seconda aveva totalizzato 8 milioni 266 mila spettatori e il 52,1%. La media ponderata della quarta serata del Morandi bis e dunque di 9 milioni 931 mila spettatori con il 41.97%; l’anno scorso era stata di 10 milioni 616 mila con il 46.91%. Convince poco, dunque, la serata che ha visto la vittoria del 15enne Alessandro Casillo per la categoria Giovani e l’eliminazione dalla gara dei big di Chiara Civello e dei Matia Bazar. Con un nuovo sussulto polemico: sospetto playback per l’esibizione di Gigi D’Alessio e Loredana Bertè. Stasera la finale, dieci artisti a contendersi la vittoria.

  284. Che nell’esibizione di ieri la voce della Bertè fosse assai rinvigorita rispetto al debole soffio rock delle serate precedenti non poteva sfuggire neanche all’orecchio più distratto. L’accusa è che la versione techno-dance di Respirare, eseguita ieri sera con la complicità di dj Fargetta e una coreografia di decine di ballerini che hanno trasformato il palco dell’Ariston in una spiaggia di Ibiza, contenesse parti vocali in playback. La vicenda è emersa a tarda notte da entourage degli altri big in gara e una prima verifica non è stata possibile. Stamattina toccherà al direttore artistico Gianmarco Mazzi dipanare l’ennesima matassa.

  285. ra dunque, il futuro di Loredana dipende ancora una volta dal regolamento. Perché per Respirare i problemi sono cominciati già prima del festival, visto che la canzone era stata pubblicata su YouTube in anteprima (come si sa, il regolamento prevede che le canzoni in gara siano del tutto inedite), anche se poi prontamente cancellata. Scongiurata la squalifica, Gianni Morandi spiegò che quelli messi online erano solo pochi secondi di ritmica e che quindi la partecipazione della coppia (che ha suscitato la maggiore curiosità di questa edizione) non era pregiudicata.

  286. Nell’associazione Sanremo-Bertè il karma è negativo, non c’è che dire. L’ultima volta fu nel 2008, edizione condotta da Pippo Baudo, Loredana squalificata perché la sua Musica e parole venne accusata di plagio, poi confermato. Nel brano fu riconosciuta una vera e propria cover di una canzone di vent’anni prima, Ultimo segreto, di Ornella Ventura, scritta peraltro dagli stessi autori di Musica e parole, Alberto Radius e Oscar Avogadro. La cantante fu eliminata dalla gara e solo grazie al buon cuore di Pippo potè egualmente esibirsi nella serata prevista.

  287. Quanto al resto della serata, ha vinto il quindicenne Alessandro Casillo, già mini-star grazie alla partecipazione al talent di Canale 5 Io canto e a una formidabile popolarità sui social network. E poiché il verdetto è arrivato dopo la mezzanotte (l’ennesima serata-fiume) il ragazzo non ha potuto riproporre la sua canzone poiché minorenne, la canterà stasera in apertura di puntata. Chiara Civello e i Matia Bazar sono gli eliminati di una serata caratterizzata dai duetti dei big in gara, nessuna scossa polemica, solo una garbata replica di Platinette (che ha duettato con i Matia Bazar) alla gag sui gay messa in scena dai Soliti idioti mercoledì. A segnare la serata la coreografia iniziale firmata da Daniel Ezralow con Simona Atzori, la ballerina 38enne nata senza braccia. E il successo di Alessandro Siani, talento in ascesa della commedia italiana, reduce da Benvenuti al Nord con Claudio Bisio, che si è guadagnato una standing ovation della sala con un monologo sulla situazione del Paese e un appello all’unità. Ospite anche Sabrina Ferilli, che nella sua chiacchierata con Morandi ha difeso Celentano e il festival. Rocco Papaleo ancora protagonista e personaggio fuori dal coro, tra ironia, poesia e musica, la riproposizione del tormentone La foca e un pezzo costruito intorno a Stormy Weather, un classico del jazz. Tra gli ospiti i One Direction, la nuova boy band per ragazzine e una delegazione di Ballando con le stelle, con Milly Carlucci, Bobo Vieri, Marco Del Vecchio, Anna Tatangelo e Paolo Belli, autopromozione RaiUno per un programma in difficoltà di fronte agli ottimi ascolti del concorrente Italia’s got talent, al sabato sera su Canale 5.

  288. Sono curioso di assistere al ritorno di Celentano.
    Ad Alessandro Casillo avrei dato almeno 20 anni, non 15.
    Anvedi come crescono ‘sti ragazzi.

  289. Un Festival che per fare audience necessita della presenza di un Celentano iperpolemico mi pare come minimo un Festival in difficoltà. Evidentemente la sola canzone italiana non basta per attirare il pubblico.

  290. Non guardo Sanremo.
    Posso dire solo che lo ritengo la quintessenza del pulcinellesco deleterio, del carnascialesco deteriore, del lustrinismo del nostro disgraziato paese.
    Mi annoiano serate riempite di fuffa, inchiostro sprecato per le “l’inguine” o “farfalle”, le vallette strapagate per massacrare l’idioma di Dante, i nostri cantanti che non passano neanche i ponti – spiccicassero bene l’inglese i vari Celentano e Morandi, vecchie glorile, vecchie appunto.
    Perché non si parla degli alluvionati siciliani quando si vuole fare l’ennesimo ipocrita meschino appello strappalacrime?
    Perché si massacra la musica in questo modo?
    Perché il nostro Ministero dell’Istruzione ha deciso che la musica deve scomparire dalle scuole superiori? L’Italia è o no la patria del bel canto, la culla del gregoriano, il regno di Palestrina e Monteverdi?
    Perché si spreca denaro pubblico per questa farsa e non si pensa alle orchestre e ai cori, alle scuole di musica?
    L’Italia è una repubblica fondata sui talent show, scusate.

  291. 18/02/2012 GABRIELE FERRARIS
    Seduto alla scrivania, nella penombra del teatro, gli occhiali a mezz’asta e lo sguardo assorto, sembra un vecchio maestro di una volta. Aggrottando la fronte, segue concentrato i movimenti dei giovani che sul palco si baciano appassionati, in un ideale risposta alle scene di guerra che avevano aperto l’esibizione di martedì.

    Ogni tanto interviene con frasi smozzicate. «Io qui aggiungerei quattro ragazze… magari… No? Alla fine… fuochi artificiali…». Invidio i filologi classici: ricostruire un testo da pochi frammenti sparsi sopravvissuti ai secoli, ai barbari e agli incendi è un gioco da ragazzi, se confrontato alla sfida d’immaginare – dagli sparsi lacerti di una prova blindata – lo spettacolo che Lui ha in testa.
    Adriano Celentano ha provato ieri pomeriggio lo show che stasera monopolizzerà il palco dell’Ariston per almeno mezz’ora. Della precedente affermazione, garantiamo solo la prima parte: il futuro è nelle mani di Dio e del suo inviato a Sanremo.

    La durata dell’intervento è ballerina: trenta minuti è il tempo massimo previsto, ma dovesse sforare? Lo lasceranno andare libero e selvaggio, o lo taglieranno con un break pubblicitario? In Rai tacciono. E allora restiamo alle certezze.
    Venerdì 17 febbraio, ore 14,13. Celentano, preceduto da Claudia Mori intabarrata in un pastrano nero, esce dalla porta di servizio dell’hotel Globo accolto dalle urla d’amore della piccola folla che staziona dietro le transenne in attesa dell’epifania del Mito. Percorre lesto i pochi metri che separano l’albergo dall’Ariston e s’infila nel buio accogliente del teatro. Che la prova cominci.

    Ogni ingresso, ogni finestra, ogni pertugio dell’Ariston è sorvegliato più della sede della Cia. In platea solo il personale strettamente indispensabile. E qualche spettatore speciale. In prima fila siede il fidato direttore artistico Gianmarco Mazzi, colui che più di tutti lo ha voluto al Festival e che più di tutti l’ha difeso e lo difende oltre ogni ragionevole dubbio. Al suo fianco ci sono Claudia Mori, silenziosa moglie madre e consigliera del Predicatore, e il supermanager Lucio Presta. Dopo poco, li raggiunge il direttore di Raiuno Mauro Mazza.

    A vederli così, non si immaginerebbero i timori e i tremori che quell’uomo anziano e spelacchiato, seduto alla scrivania come un antico maestro elementare, è riuscito a scatenare in loro, e nel paese tutto. Mazzi e Mazza sorridono. Anche Mazza, che si gioca la pelle su quel che stasera combinerà il Predicatore: ma adesso non pare un occhiuto e sospettoso controllore, bensì uno spettatore partecipe e soddisfatto. Tanto, che ci può fare? Celentano di sicuro non gli spiattellerà, qui e ora, l’eventuale monologo incendiario che potrebbe far saltare i nervi alla nazione e le cadreghe in Rai.

    Qui e ora, Celentano fa l’artista. Cantante, coreografo, regista, tutto. Prova un primo numero musicale, Tredici donne e una canzone del nuovo disco, Non so più cosa fare. E poi un rock’n’roll tosto e classico: diciamo Good Golly Miss Molly, benché ogni cambiamento in corsa sia non solo possibile, ma probabile. Prova minuziosamente, valutando il suono con puntiglio maniacale, «ecco, qui alzami un po’ i volumi… Come si sente? Ecco, così è meglio…».

    Si materializza in sala anche il commissario Marano (pardon, il vicedirettore Antonio Marano, proconsole della direttrice generale Lorenza Lei). Claudia Mori si alza, lo abbraccia, gli presenta il marito. Giustamente, pur essendo al Festival (ipse dixit) per occuparsi di questioni tecniche (qui sono tutti tecnici), Marano vorrebbe capire che cosa trama il Predicatore. Nulla di compromettente gli verrà mostrato: oggi si fa musica, e basta. Parte il balletto, Celentano dà disposizioni da consumato coreografo, cura le luci: «Qui userei un giallo… Non troppo acido… Sì, come vuoi, va bene…».

    Poi il Predicatore torna cantante, con un brano che è già predica, e delle più dirette. La cumbia di chi cambia è un’invettiva e un programma: «I funzionari dello Stato italiano / capita spesso che li trovi a rubare / e fanno cose che stan bene solo a loro» canta Celentano. Una canzone che di sicuro il Predicatore ha scelto per rispondere alle critiche che gli sono piovute addosso in questi giorni. L’hanno tacciato di qualunquismo? E lui canta: «Io non sono mai stato un qualunquista / quelli che dicono che sono tutti uguali / quella non è la mia maniera di pensare / però lo ammetto certe volte l’ho pensato». Il monologo incendiario resta segreto, forse ancora non pensato, ma il Celentano-pensiero è nei versi della canzone: «Io non credo che tutti gli italiani / sotterrerebbero l’amianto nei campi / infangherebbero il nome degli avversari / al solo scopo di non averli lì davanti / e comprerebbero la partita dagli arbitri. / Ma in quanto arbitri si farebbero comprare / racconterebbero bugie su una disgrazia / è l’occasione che fa l’uomo criminale».

    Adriano sorride. Il suono è buono, e il messaggio è esplicito. Non serve altro. Alle 15,40, dopo un’ora e mezza di lavoro, il Predicatore Cantante scende dal palco. Uscendo, s’imbatta in Gigi D’Alessio che lo abbraccia e gli dice che la sua esibizione, martedì, l’ha «commosso più di Maradona». Ciascuno ha i suoi canoni. Adriano ringrazia e se ne va. Oggi, altre prove: forse progetta un duetto con Morandi

  292. Considerata la grave situazione che il Paese sta attraversando in questo momento, il Festival di Sanremo è una specie di “oppio del popolo”. Non necessariamente questa mia considerazione deve essere vista come una critica. Forse in questo momento c’è proprio bisogno della frivolezza e della vacuità di un Sanremo.

  293. Ciao a tutti. Non credo che stasera riuscirò a seguire Sanremo.
    Mi terrò comunque aggiornata attraverso i commenti del blog. Buon sabato e buona domenica a Massimo ed a tutti voi.

  294. Una finale all’insegna dell’amore. All You Need is Love, la canzone che i Beatles scrissero per il primo programma in Mondovisione. Un simbolo usato da Daniel Ezralow per una delle sue costruzioni coreografiche che stanno caratterizzando Sanremo. Un movimento teatrale con coppie di gente comune che si baciavano e occupavano sedie vuote, mentre i corpi dei ballerini componevano la scritta Love sul palco e sullo schermo apparivano i versi di Alda Merini e i nomi dei personaggi simbolo della Pace. Si è aperta così la finale del Festival.

  295. Poi la musica. Si esibiscono i primi cantanti, poi viene il momento della comicità. Morandi in ginocchio da Geppi Cucciari. Entrata in scena senza scarpe, per ironizzare sull’entrata in scena di Belen: Morandi si è inginocchiato per metterle le scarpe. Esilarante, come al solito, Geppy saluta «i gemelli Mazzi e Mazza (rispettivamente Gianmarco, direttore artistico e Mauro, direttore Rai Uno) e quello che vi ha fatto il Vaticano in settimana, il ’mazzo’», dice entrando subito a gamba tesa sull’attualità festivaliera. Non risparmia poi il conduttore: «Lasciatemi dire ’Io amo i Gianni Morandi’» scherza ironizzando sulla polemica scoppiata con le associazioni omosessuali dopo che Morandi aveva più volte ripetuto sul palco ’non ho nulla contro gli omosessuali’, tormentone che poi ha punteggiato varie serate, e dopo che, per fare ammenda, aveva rilanciato ’io adoro gli omosessualì. «Ma me la state facendo pagare tutti?» domanda Morandi.

  296. E ancora, incalza Geppy: «hai detto che questo sarebbe stato il tuo ultimo Festival, ma ha chiamato la Fornero dicendo che non eri a posto con i contributi. Lo ha detto piangendo». Battute anche per Celentano. Si fa portare sulla scena faldoni che contengono pagine e pagine di postille al suo contratto. Ne legge una «il mio intervento deve restare segreto: prima nessuno deve capire cosa dirò e dopo nessuno cosa ho detto».

  297. Alla fine arriva il momento di Celentano. Applausi e contestazioni per la seconda performance di Adriano all’Ariston. «Quando parlo di chiusura di Famiglia Cristiana e di Avvenire – ha detto il Molleggiato – dico ’andrebbero chiuse’, non significa esercitare una forma di censura». A quel punto dall’Ariston si sono levati fischi e contestazioni. «Dovreste farmi finire di parlare, magari c’è qualcosa di interessante anche per voi». E poi ha continuato fino a quando ha invitato il pubblico: «Adesso potete fischiare». Chiusa la parentesi cattolica, Celentano torna vero ’Molleggiato’ quando intona ’La cumbia di chi cambia’, il pezzo-invettiva che Jovanotti ha scritto per il suo ultimo album. Adriano balla insieme ad una ballerina di colore. Poi entra Gianni Morandi e i due si incontrano vicino ad una scrivania. Gianni dice: «Grazie». Adriano risponde: «Prego». Gianni prosegue: «È stato bello». E Celentano replica: «Anche per me». Poi i due cantano insieme «Ti penso e cambia il mondo» e Morandi comincia a commuoversi già mentre duettano. Quando poi sul finale della canzone si siedono sui gradini del palco e Adriano afferma «è il festival di Morandi», Gianni salutando l’amico non trattiene le lacrime, lo saluta e poi confessa: «Ho rivissuto in questi dieci minuti con lui tutte le immagini della mia vita, da quando ero ragazzino ed ho iniziato ad imitarlo. Sono davvero felice. Celentano ama la gente, ama il festival, ama i media. Adriano non odia nessuno». Sul discorso di Celentano la Rai sembra soddisfatta: «Ha fatto il suo lavoro in modo corretto e attento: c’è soddisfazione per il suo discorso, vicino agli uomini, alle donne, alla realtà. È stato bello ascoltarlo».
    (fonte: La Stampa)

  298. Coraggio, è finita. Con una coreografia che ha messo insieme bandiere della pace, frasi celebri d’amore e baci scambiati qua e là come in un flash mob si è aperta la quinta e ultima serata del festival di Sanremo. Che si chiude con un podio tutto rosa: Emma Marrone, in lacrime, conquista il gradino più alto, grande favorita della vigilia, Arisa si piazza seconda seguita da Noemi. Il festival delle donne, si era detto all’inizio, quando Morandi e Mazzi annunciarono la lista dei big in gara con sostanziose quote rosa. E con tre donne si chiude il festival delle polemiche e del caos, e pure un po’ della piattezza, le uniche emozioni grazie ad apporti “esterni”, Celentano e la serata con gli ospiti internazionali e Patti Smith. E’ l’ultima volta del direttore artistico Giammarco Mazzi, patron da sette anni, “nessuno ha chiesto le mie dimissioni – aveva detto in mattinata – lascio per mia scelta, l’ho deciso un mese fa”. Il premio della critica “Mia Martini” va a Samuele Bersani.

  299. Serata finale, ressa davanti al teatro, dove pochi minuti prima dell’inizio campeggia uno striscione: “Belen, 6 più bella di Moana”. E si riparte dal via, come al Monopoli: così come la prima serata, anche l’ultima è tutta per Celentano, ha voglia Gianni Morandi e ripetere che al centro di tutto c’è la musica. Che pure c’è perché stasera si decide il vincitore di questa 62esima edizione. Ma finite le esibizioni dei dieci rimasti in gara, la scena è tutta per lui. Mezzora di esibizione, Famiglia Cristiana e Avvenire, Dio e il Paradiso, la politica e la democrazia. Applausi in sala ma anche tanti fischi, chi grida “basta” e chi “predicatore”. E sulla contestazione, i sospetti del Clan sono nelle parole di Claudia Mori che, al termine dell’esibizione di Adriano, incontra il cda Rai Antonio Verro, gli stringe la mano e gli dice: “Grazie per la buffonata che avete organizzato”.

  300. Celentano sul palco. L’epifania è in orario rispetto alla scaletta, alle 22.45. Acclamato dal pubblico, entra sul palco cantando Thirteen Women. E attacca: “La corporazione dei media si è coalizzata contro di me, neanche avessi fatto un’attentato allo Stato”. Niente giri di parole, entra subito nel vivo delle poleniche che hanno seguito il suo intervento di martedì. “Fra quei quattro, cinque che mi hanno difeso, mi ha colpito don Mario, un prete che ho visto da Mara Venier. Grazie, don Mario, tu hai capito ciò che i vescovi hanno fatto finta di non capire. Perfino Travaglio, che sembrava aver capito, non ha resistito e ha voluto affondare il coltello nella piaga. Non la mia, la vostra piaga. Perché è la vostra piaga che diventa sempre più profonda – dice – in quanto vi distolgono dal capire. E allora cosa fanno: affinché possiate non capire, dal contesto del mio discorso estrapolano una frase cambiando anche il modo dei verbi”.

  301. Dio e il Paradiso. E poi continua, “io sono venuto qui a fare quattro chiacchiere con quei sedici milioni che hanno visto il festival di Morandi e per parlare del significato della vita, della morte, di quel che viene dopo, della straripante fortuna che voi noi abbiamo avuto per essere nati. Dunque divertirci a fantasticare su dove e come sarà il Paradiso. E’ chiaro che per quanto la nostra fantasia possa essere elavata, non riusciremo mai a immaginare la grandiosità di quel che ci aspetta. Quel che desideriamo sulla Terra non è che una particella in confronto a quel che il Padre nostro ci ha preparato. Noi ci allontaniamo, invece dovremmo cercare di tracciare una linea del suo carattere per capirne, anche se lontanamente, i trattri del suo volto, fare una specie di gara per vedere chi si avvciina di più al suo identikit. Non importa se nessuno di noi ha mai visto Dio, ma sarà interessante per conoscerci e capire che l’unica via non interrotta è la sua”.

  302. Le testate cattoliche. E qui torna agli obiettivi della prima serata, “è su questi temi che dovrebbe basarsi un giornale che ha la presunzione di chiamarsi Famiglia Cristiana o anche L’Avvenire, ma loro parlano di politica, della politica del mondo anziché della politica di Dio, perché Gesù era un politico ,come lo era Giuda per altri fini. Gesù apriva il suo cuore ai bisognosi mentre Giuda voleva sfruttare la potenza del figlio di Dio a fini consumistici ma soprattutto per la sua sete di potere. E quando dico che Famiglia Cristiana e Avvenire andrebbero chiusi definitivamente non significa esercitare una forma di censura”.

  303. La contestazione. E’ a questo punto che il pubblico comincia a rumoreggiare, qualche applauso resiste ma i fischi si fanno sentire, qualcuno grida “basta”, qualcun altro grida “predicatore”, Celentano replica, “perché dite basta? Dovreste farmi finire di parlare, magari c’è qualcosa di interesante anche per voi. Io non ho il potere di chiudere un giornale come qualcuno che invece non ha esitato a chiudere qualcosa. Se i giornali fossero miei io non li chiuderei, ma mi affetterei a cambiare la loro impostazione. Siamo in democrazia e io ho espresso un mio desiderio, per me potete anche stare aperti ma almeno cambiate la testata. Parlare di Dio non significa soltanto scrivere, certo quella è la base, ma singnifica mettere insieme una equipe di validi disegnatori per illustrare la storia dei profeti, degli apostoli, della piolitica di quei giorni facendo un parallelo con la politica di oggi. La vita di Gesù deve essere un metro infallibile che non può ridursi alla sola predica della domenica ma deve essere supportata da una presenza quotidiana che ci aiuti a riflettere. E questo significa far rivivere nei cuori di chi vi legge la figura di Gesù. Adesso – conclude – potete fischiare”.

    “E’ stato corretto”. “Ha svolto il suo lavoro correttamente – si fa sapere da ambienti Rai – ha avvicinato alla realtà uomini a donne”.

  304. Le lacrime di Morandi. La predica di Celentano finisce in musica. Prima con La cumbia di chi cambia, poi arriva Morandi e insieme cantano la bellissima Ti penso e cambia il mondo e cambia pure il clima, il pubblico si emoziona e Morandi ha gli occhi lucidi, alla fine piange proprio, “scusate ma mi sono proprio commosso – dice il conduttore quando Adriano esce di scena in un tripudio di luci e musica – in questi dieci minuti ho rivissuto tutta la mia giovinezza, quando cominciavo a imitarlo…”.

  305. La gara. In gara erano rimasti dieci artisti dopo l’eliminazione, nelle serate precedenti, di Irene Fornaciari, Marlene Kunz, Chiara Civello e Matia Bazar. E fra i primi a esibirsi ci sono D’Alessio e la Bertè, sfumata la polemica sul sospetto playback della cantante nella serata precedente, “semmai un fallo da ammonizione, certo non da espulsione, non era nemmeno la prima serata…”. Apre la gara Nina Zilli, poi Bertè-D’Alessio seguiti da Emma, Samuele Bersani, Dolcenera, Pierdavide Carone e Lucio Dalla, e ancora, Noemi, Arisa, Eugenio Finardi e Francesco Renga. Ospiti della serata Geppi Cucciari, la comica e conduttrice di La7, che alla sua prima apparizione – ne farà diverse nel corso della serata – è protagonista di un divertente siparietto con Morandi. E poi la band dei Cranberries e, di nuovo, Luca e Paolo.

  306. 1. Bisogna fare in modo che non vincano sempre sti tremendi parti fininvest! A me Noemi piaceva tanto:)

    Io però te devo di Massimo, senti è tanto che te lo devo di, è un mio parere personale. Ma insomma: quanto me appallano sti pluricommenti staccati dalla carta stampata ecco!

  307. Concordo con zaub…preferivo di gran lunga Noemi, come interprete, come persona e come canzone. Purtroppo temo che la potenza del clan De Filippi sia immensa, quelli che escono da Amici raccolgono un consenso popolare a dir poco dubbioso…Chi si ricorda di Scanu????In confronto a lui due anni fa Mengoni era Frank Sinatra! Cmq sono arcistufa della boriosità di Celentano che, tuttavia, continua a piacermi per la capacità musicale, anche se il suo top lo raggiunse col pezzo “Per sempre” accompagnato magistralmente da Chick Corea al pianoforte. Ho un’idea della musica forse troppo semplice: Può anche essere denuncia sociale ma non a discapito della musicalità e dell’armonia, quando ascolto musica voglio per prima cosa trarne un godimento che dalle orecchie arrivi all’anima.
    Intanto auguro una buona domenica a tutti e da domani via con la lasagna!!

  308. @ Zauberei
    Sono stata io ad inserire gli articoli online dei giornali, ma l’ho fatto solo perché speravo di favorire una discussione sul festival. Non volevo infastidire nessuno. Mi dispiace.

  309. Ciao Margherita. Per quel che può servire posso dirti che i tuoi copia e incolla li ho apprezzati. Sono passata direttamente da qui per leggere i vostri commenti ma anche convinta di trovare informazioni di taglio giornalistico.

  310. Sulla vittoria di Emma…
    1. Non so voi, ma secondo me quest’anno non c’erano canzoni che si “ergevano” su altre
    2. Nemmeno io sopporto Amici e il clan De Filippi. Eppure questa ragazza, Emma, mi fa simpatia. Mi sembra una ragazza con la testa sulle spalle, con i suoi valori, e pure brava e dotata da un punto di vista tecnico.

  311. Cari amici, vi ringrazio tutti per i vostri interventi.
    Ne approfitto, come sempre, per salutarvi personalmente.
    Grazie, dunque, a: Francesca Giulia, Giacomo, Vale, Antony, Andrea, Zauberei, Annamaria, Fabio, Anna, Maria Lucia, Amedeo, Cinzia, Margherita.

  312. Vi chiedo scusa se non ho partecipato alla discussione… purtroppo, però, non proprio avuto modo di seguire questa edizione del Festival di Sanremo (a parte i pochi minuti con Brian May e Patti Smith, come già accennato). Non ho ascoltato i “discorsi” di Celentano e non ho neppure ascoltato la canzone vincitrice.
    Spero di riuscire a farlo nei prossimi giorni attraverso la rete (a riflettori spenti, però).
    Grazie comunque a tutti voi, per la partecipazione.

  313. Ne approfitto per dirvi che molto difficilmente nei prossimi giorni avrò la possibilità di proporvi nuovi dibattiti. È un periodo un po’ complicato, questo. Ma ci rifaremo molto presto. Promesso!

  314. @ Zauberei, Margherita, Amelia
    Riguardo la questione degli articoli in tema “importati” nel contesto della discussione…
    In linea generale penso che se questi articoli (purché siano rigorosamente in tema), in un modo o nell’altro, favoriscono lo sviluppo della discussione (come ha dichiarato Margherita)… be’, che benvengano!
    Però, sempre in linea generale, credo sia sufficiente riportare il link anziché l’intero testo.
    Vero è che, dato che questo è una sorta di post periodico (cioè ritorna ogni anno) e in un certo senso “racconta” una storia (quella delle recenti edizioni del Festival di Sanremo, nella fattispecie), quei testi potrebbero essere “utili” tra qualche anno (quando i link potrebbero non essere più “attivi”).
    Insomma, regolatevi voi.
    Tenete conto di questo, però. Se volete ricopiare il testo di un articolo (in tutto o in parte) è meglio prelevare da “La Stampa.it” (che pubblica in creative common), purché – come è ovvio – si citi la fonte e il link. La maggior parte degli altri quotidiani pubblicano invece con la dicitura “riproduzione riservata”. In tal caso è proprio meglio limitarsi a pubblicare i link (salvo richiesta di autorizzazione).
    Ci sono alcune eccezioni. Penso, per esempio, al post/omaggio su Consolo… dove mi interessava (con il vostro aiuto) comporre – tra le altre cose – anche una sorta di “rassegna stampa” sulla scomparsa dell’autore.

  315. sul festival, che ho visto a tratti.
    se dico che questo festival non è stato uno di quelli memorabili, sbaglio?

  316. Concordo con Vale e con Tessani…e saluto affettuosamente il signor Ego.
    Posso dire che mi è piaciuta tanto Geppi Cucciari? Strano che abbiano permesso ad una donna intelligente di calcare il palco di Sanremo.

  317. d’accordo con frangiulia. geppi e’ bravissima. la vera vincitrice del festival e’ lei.

  318. che poi per me geppi e’ anche una bella donna. una bellezza molto piu’ autentica di quella delle bambolone alla jessica rabbit.

  319. Sanremo
    Mi hanno detto che è tutto più piccolo di quel che appare, meno luminoso di quel che si vede. E’ un po’ come la vita. Accompagnati come siamo sempre dalla stessa musica di: illusioni, chimere, speranze, tamburi. Esattamente come il festival di Sanremo: l’unica storia d’Italia entro cui ci sono i pensieri degli italiani:semplici, chiari normali all’apparenza. Al punto che un popolo intero ne rimane coinvolto. Peccato che guardandoli bene sono nella sostanza pensieri incoerenti e a volte menzogneri.Infatti
    un concerto che veicola le parole ha il potere di renderle illusorie come il sogno.ma tanto le parole non sono importanti e se vengono ascoltate è perché fanno presa sui sogni degli altri.
    Ho notato che a Sanremo le parole sono, di anno in anno, costantemente definite e categorizzate soggettivate ad una gamma di valori prodotti e riproposti da meccanismi inconsci, da associazioni mentali, da bisogni quotidiani e anno dopo anno perdono il loro tessuto onirico.
    A Sanremo ci sono gli oggetti primari del nostro desiderio. Ci sono anche quelli della nostra avversione, delle nostre invidie, gelosie, paure, miserie.
    Ogni anno percorriamo tutta la trama del festival fin dalla sua nascita: ab initio quando volavi nel blù dipinto di blù per scendere pian piano, non avendo più l’età per amare, fino allo stomaco, fino a quella cosa che sale e arriva al cuore e lo vuole picchiare. E lo picchia davvero.
    E’ bello il Festival perché generato dalla mente italiana, dalla nostra cultura, dalla nostra sociologia e psicologia, dalla nostra bella e triste storia! Sarebbe durato a lungo questo incontro musicale se non fosse stato la traduzione dei nostri pènsieri in rime e sogni?
    A Sanremo noi possiamo sognare noi stessi. Possiamo sognarci. Poi possiamo svegliarci ad una vita ordinaria continuando a sognare sullo sfondo di un panorama infiorato. L’importante è che la coscienza non tardi a venire.
    Tuttavia Sanremo resta un bellissimo momento della via italiana in cui, come ha detto qualcuno nei post precedenti, c’è condivisione, che a volte neanche il Richiamo Sacro, invocato da Celentano, riesce a compiere. Auguriamoci che anche in altre situazioni esistenziali la condivisione diventi musica…. e poi armonia…

  320. Ho visto e ascoltato Adriano Celentano nella trasmissione di Santoro. Ha parlato in maniera rozza, un modo efficace per organizzare il consenso nei confronti dell’ignoranza. Leggere costa fatica, studiare ancora di più, e chi trasmette il messaggio: “ignorante è bello”, è il falso idiota utile a chi vuole che la gente non pensi, non si attrezzi con lo spirito critico necessario a giudicare (crinein) le malefatte del potere che gratifica largamente tali divulgatori del non pensiero.
    Per diventare come lui è davvero inutile leggere Famiglia Cristiana e Avvenire, come è inutile leggere qualsiasi altro giornale scritto bene. Leggere libri buoni, di autori che fanno pensare, poi sarebbe addirittura dannoso per chi aspira a tale livello di non logos.

  321. In effetti molti, pur troppi, vorrebbero essere come lui che si è proclamato uno degli uomini più pagati d’Europa. Un santo dal punto di vista di Mammona. Tanti infatti, ahimé soprattutto tra i giovani, pensano: se quell’uomo che parla con semplicità, quasi stenta a connettere le parole tra loro, è così ben pagato, mentre un professore di liceo o un medico, se pure trova lavoro, non arriva a 2000 euro al mese, chi me lo fa fare di studiare? Chi devo imitare: il povero laureato capace di sofisticherie e disoccupato o sottopagato, oppure il cantante famoso che dice quello che gli viene in bocca, senza nessun artificio, nessuna preparazione? Il ragazzo non ha dubbi.

  322. Celentano si presenta come uomo straricco e pure generoso, in quanto l’enorme quantità di denaro, dovuta all’eccelsa professionalità dimostrata a Sanremo, l’ha data in beneficenza. Ricchissimo e buonissimo dunque, oltre che bellissimo come si proclamava una volta, e per nulla interessato al successo, in quanto una partita a bocce con quattro amici, vale più di tutto. Lo chieda ai cassaintegrati da 900 euro al mese, e pure meno! Loro sì che sono felici, con tutto il tempo che hanno per il gioco delle bocce con altri disoccupati!
    Celentano ha ricordato di essere stato definito un “cretino di talento”.
    Ebbene, io lo faccio entrare piuttosto nella categoria antica, storica e letteraria, dei falsi sciocchi o dei falsi pazzi. Tra questi segnalo Bruto, l’accorto politico che cacciò Tarquinio, Amleto, il tenebroso principe di Danimarca, e un personaggio buffo di Aristofane. Si possono chiamare anche ossimori viventi.

  323. L’ossimoro è una figura retorica consistente nell’accostare due termini che esprimono concetti opposti. Oxýs in greco significa “acuto” e mōros “ottuso”. Non pochi dei nostri personaggi pubblici sono, al pari di Celentano, degli ossimori viventi, nel senso che sfoggiano la loro totale rozzezza, e si atteggiano a ingenui, per attirare le simpatie delle persone mentalmente e culturalmente poco attrezzate, ma di fatto portano avanti il loro interesse e impinguano i propri proventi con astuzie da consumate volpi.

  324. Tali incarnazioni non mancano nella storia e nella letteratura.
    Bruto Maggiore, per salvarsi da Tarquinio il Superbo, che si fece vedere dal messo del figlio mentre simbolicamente decapitava i papaveri più alti per significare la necessità di eliminare le teste pensanti, aveva stabilito di non lasciare al re nulla da temere dall’animo suo, tanto che, fingendosi stolto apposta, non rifiutò neppure il soprannome di Brutus (Livio, I, 56, 8). Ma quella che sembrava stoltezza agli stupidi, era invece genio. Infatti, quando l’oracolo delfico preconizzò a lui e ai principi suoi cugini che avrebbe avuto il sommo potere a Roma quello che per primo avesse baciato la madre, Bruto, avendo capito l’arcano responso, finse di cadere per una scivolata, e diede un bacio alla terra, evidentemente poiché quella era la madre comune di tutti i mortali (I, 56, 12). Come sappiamo, poi Bruto fu tra gli artefici della cacciata dei Tarquini da Roma. E diventò console.
    Poi c’è il finto pazzo: Amleto. Nella sua follia c’è un metodo (Shakespeare, Amleto, II, 2) tanto che il re suo zio, l’assassino del re suo padre, sentenzia che la pazzia nei grandi deve essere vigilata (III, 1). L’usurpatore aveva capito il trucco ma questo non bastò a salvargli la vita.

  325. Concludo con un falso sciocco della commedia greca antica: costui è Demo (Popolo) nei Cavalieri di Aristofane. Il coro lo accusa di dabbenaggine: sei uno facile da ingannare (v. 1115), gli dice, ti piace troppo essere adulato. E il vecchietto, irritabile, sordastro, risponde: “non avete senno sotto le vostre zazzere, se credete che io non capisca; io mi comporto da sciocco apposta, e così me la godo a farmi portare da bere”. Il Popolo insomma ha permesso ai demagoghi, Paflagone-Cleone in testa, di essere ladri, per poi costringerli a vomitare fuori quello che gli hanno rubato. Demo userà l’urna elettorale per provocare il vomito. In questo caso l’ossimoro vivente è il popolo di Atene.
    In questa categoria di lupi e iene rapaci travestiti da miti e ingenui agnelli, o da pii bovi, rientrano quanti, messi nella luce della ribalta, politici, istrioni. sportivi, personaggi ricchi, potenti e famosi in genere, sbandierano amore per l’interesse pubblico o addirittura per l’umanità, mentre praticano il culto idolatra del denaro, della roba e del dominio sugli altri uomini, una massa amorfa da ingannare e da sottomettere, costituita da poveri idioti secondo loro, idioti non simulati ma autentici. Ma accade sempre, prima o poi, che la maschera di tali attori cada e la folla, presunta informe, prenda coscienza dell’inganno vedendo l’istrione nudo nella sua reale miseria umana. Eripitur persona, manet res.

  326. La cosa che, oggi, più mi colpisce è che non abbiamo mai un dubbio su quel che sosteniamo e su quello in cui crediamo di credere.
    L’infelicità, infatti, suppongo che venga dall’automatico concatenarsi di certezze, istante dopo istante, che, pur smentite dalla sofferenza che provocano, suffraghiamo portando a testimonianza miti, leggende ,algoritmi, storie e li usiamo anche come maschere per renderci credibili a noi stessi e difendere quelle certezze che, se venissero toccate dal dubbio, crollerebbero nella loro sostanza ed apparenza e si scoprirebbe l’insondabile profondità dell’ego.
    Tuttavia speriamo sempre che ” La tua bellezza è…” ossia che la bellezza vinca su tutti i contorcimenti della modernità.

  327. Care amiche e cari amici,
    ho rimesso in primo piano il “post annuale” dedicato al Festival di Sanremo… nel caso in cui qualcuno di voi volesse commentare l’edizione in corso e/o provare a rispondere alle domande del post.

  328. Le prime canzoni che ho sentito mi sono piaciute. Direi che questo Festival parte bene. Poi la coppia Fazio/Littizzetto è inimitabile. Insieme sono molto divertenti, oltre che bravi.

  329. Molto bravo anche Crozza. La sua interpretazione non è stata rovinata da quell’imbecille che si è messo a insultarlo a squarciagola dalla platea (per fortuna poi è stato buttato fuori).

  330. Mi sembra pure buone l’idea della doppia interpretazione dei cantanti in gara per poi far scegliere al pubblico la canzone che concorrerà nel Festival.
    Ho pure molto apprezzato la scelta della Rai di trasmettere in hd. e’ un’altra cosa.

  331. C’era un convitato di pietra, nel giorno del debutto del Festival n. 63. Il suo nome non è mai stato pronunciato, eppure era lì, presentissimo. Gianni Morandi.

    Il nuovo direttore di Raiuno Giancarlo Leone non fa che sottolineare la «novità» del Festival 2013. Lo fa con la felpata crudeltà dei grandi democristiani. «La prima cosa che ci siamo detti, con Fazio, quando abbiamo cominciato a immaginare questo Sanremo, è che serviva un progetto nuovo, una discontinuità dai parametri, pur legittimi, dello show business». Tradotta dal democristianese, l’intera conferenza stampa di ieri è stata consacrata alla sistematica demolizione del recente passato. Concetto non espresso a chiare lettere, ma trasparente: quei Festival lì, quelli dell’era Mazza&Mazzi, erano gonfiati a botte di anabolizzanti (leggi soldi, soldi, soldi) per un solo obiettivo, lo share.

    E poi non è che ci dia di fioretto, quando dice che con l’edizione dell’anno scorso – con Morandi e Celentano – si è chiuso un ciclo: «Per continuarlo, saremmo finiti in un circolo vizioso, per cui devi aumentare gli effetti speciali all’infinito, per inseguire sempre nuovi record d’ascolto». E caso mai qualcuno si domandasse che intenda per «effetti speciali», aggiunge: «Se guardi solo all’audience, hai poche idee: risolvi tutto ingaggiando il grande ospite internazionale in traduzione simultanea».

    Chiaro come il Vangelo. Poi, se volete, uno può ironizzare sulla presenza, stasera, di Carla Bruni come cantante. Ma in sostanza il Festival del «tecnico» Leone e del reverendo Fazio si vanta di essere povero (per via del budget ridotto) ma bello, un progetto che deve crescere senza l’ossessione degli ascolti. E senza fenomeni da baraccone da esibire giusto per attirare spettatori. «Il pubblico ha bisogno di qualità. Il classico lo serviamo con trasmissioni vintage, ma Sanremo deve cercare la qualità di ciò che accade oggi». Difatti, il direttore di Raiuno dichiara anche un obiettivo senza pretese: «Sarò soddisfatto se avremo uno share a metà tra il 35% del 2008 e il 47% dell’anno scorso».

    Per l’appunto, quello del trionfo di Morandi. Che però, detto così, sembra quasi una cosa brutta, un record dopato.

    Bon, a questo punto ti viene voglia di sentire come la pensa, il convitato di pietra. Chiamo Morandi e glielo dico. Non fa un plissé, figurarsi. «Dai, non mi far parlare di Sanremo, che sembra che uno voglia sempre mettersi in mezzo!», ride morandianamente dalla Toscana dove sta registrando un disco. «Sanremo è un ricordo bellissimo, mi è piaciuto farlo, e stasera lo guardo di sicuro!». Vabbè, ma qui dicono che non si aspettano di ripetere i tuoi ascolti, che non gliene importa niente degli ascolti, che puntano alla qualità… «Ma son sicuro che andrà benissimo, sarà un Festival bellissimo!». Issimo è il suffisso morandiano per eccellenza. Bon, allora domani ti chiamo per sentire che ne pensi… «Eh no, domani vado a correre, spengo il telefono». Ci avrei scommesso. Lo sport innanzitutto.

    Contemporaneità e qualità sono le parole che risuonano come un mantra, al Festival «differente». Un Festival assediato dalla politica, ma che di politica non ne vuol fare né sapere, ripete – altro mantra – Leone. Ad ogni modo, ieri è arrivato a Sanremo anche il direttore generale della Rai, Gubitosi. Non si sa mai. E fin qui, nessuna differenza rispetto al passato.

    La differenza sta nelle scelte musicali, che per larga parte del pubblico maturo potrebbero benissimo appartenere a qualche festival degli sconosciuti, anche se in realtà il cast radunato da Mauro Pagani è uno specchio della miglior scena italiana, sia sul versante indie, sia per quanto riguarda i nomi dei talent show. Ma un cast che guarda al pubblico, in gran parte giovane, che di solito snobba Sanremo, convincerà quel pubblico a starsene davanti alla tv? Stamattina avremo il primo responso. Per allettare gli spettatori più agé, il Festival della musica di qualità si appella a ospiti di qualità altalenante: stasera Beppe Fiorello che onorerà Modugno, il cantante israeliano Asaf Avidan e la modella sua connazionale Bar Refaeli, Neri Marcorè per garantire la satira e i Ricchi & Poveri per garantire la tradizione. E poi Carlà che canta, ahinoi.

    In gara i Modà (premiati da Max Biaggi e Eleonora Pedron), Malika Ayane (premiata da Neri Marcorè), Simone Cristicchi (Jessica Rossi), Almamegretta (Filippa Lagerback), Max Gazzé (premiato da tre quarti della nazionale azzurra di fioretto), Elio & Le Storie Tese (in teoria, premiati da Roberto Giacobbo, ma si sospetta sia una gag ideata da quei monellacci) e infine Annalisa, premiata dallo chef-star Carlo Cracco. Sempre stasera, cantano anche i primi quattro giovani: Renzo Rubino, Blastema, Irene Ghiotto e Il Cile, quest’ultimo un talento già riconosciuto che poteva stare pure tra i big.

  332. Il colore. Non il blu informazione tipico di Raiuno e dei tanti Sanremi, ma un colore mattone-tabacco, caldo, solare e sociale. Una scelta forse subliminale ma certo fondamentale. Solo che il pubblico in sala all’Ariston non sembrava avere tanta voglia di socializzare con Maurizio Crozza, contestatissimo, e benissimo difeso da Fazio, dopo la sua imitazione di Silvio B. Comincia una voce isolata a dirgli: «Vai a casa». Lui prosegue imperterrito, gli si secca vieppiù la voce mentre, quale falso B, racconta delle sue cene eleganti, «e qui voi signore siete eleganti, ma vestite». E poi battute sul canone Rai e sul direttore generale Gubitosi che si imperla di sudore. Quando, sempre nel corso dell’imitazione, dice: «Io questo paese voglio distruggerlo. Ci siete cascati», e canta Formidable di Aznavour in parodia piuttosto feroce, il pubblico, o almeno una parte di esso, soprattutto un paio di signori, si scatenano. Basta politica, buu, fischi, e tutto l’armamentario della contestazione. Fazio invita con impeccabile serenità a lasciarlo continuare. Vedrete che ce ne sarà per tutti. Che quelle di Crozza non saranno critiche univoche. E infatti, calmati gli animi, il comico prosegue nel suo stile «delle meraviglie»: solo che una cosa è applicarlo su La7, un’altra al Festival di Sanremo. Cambia parrucche, imita tutti, fa battutacce anche su Bersani («morire e dormire» quello Shakespeare l’aveva già inventato, il motto del pd), Monti, Montezemolo, l’Italia e gli italiani, la società civile, Ingroia che si fa fotografare sul paginone centrale di Chi. Si riprende alla grande, il Crozza, talmente alla grande da far pensare a una contestazione organizzata in favore di ascolto. Però Massimo Martelli, uno degli autori, precisa: «Quello che non si è capito dai teleschermi è che la gran parte del trambusto che si è sentito e l’invito ripetuto ad andare “a casa, a casa” non era rivolto a Crozza ma ai due contestatori seduti vicini in platea». Ci sono state alcune reazioni para-politiche, Verro, Capezzone, Casellati, paroloni in libertà.

    Certo, l’attesa era soprattutto per Crozza, ma pure i cartelli poetici della coppia gay hanno sensibilizzato le platee; e l’inizio di questo promettente 63° Festival la sua bella scossa l’aveva data. Con un must che le folle le commuov da un bel 150 anni, il Va pensiero dal Nabucco di Verdi (cantato dal coro dell’Arena di Verona e diretto da Mauro Pagani), che è servito al serenissimo Fazio, seduto sugli scalini (importante, ovviamente, il linguaggio del corpo), per spiegare il concetto del popolare, né facile, né volgare, né di bassa qualità, in fondo lo stesso concetto del nazionalpopolare di baudiana memoria. Le arie di Verdi erano popolari come le canzonette di adesso, oh, già. E poi, tanto per restare sul modesto, Littizzetto è arrivata su un cocchio trainato da quattro splendidi cavalli bianchi, un misto tra Cenerentola e Crudelia Demon, che non perde la scarpina. E dice: «Salgo all’Ariston e non scendo, come Monti». Che non potendo dire niente, né due maroni, né che casini, né due meloni, scrive al suo Sanremo, carissimo Sanremo. Laddove San Remo, sostiene, non esiste in nessun calendario. Cui chiedere comunque che l’aiuti a non fare mai la rima con Gualazzi, e la protegga nella sua «insopprimibile esigenza di dire: culo». Battute: «I ristoranti sono pieni, come diceva uno che non posso dire, ma sono pieni di gente che cerca un posto da cameriere». Oppure: «Vorrei avere i soldi prima di andare a votare, da quelli che dicono che restituiranno l’Imu». Lui la rintuzza, i due si fanno da spalla a vicenda. Insomma, sono ripetuti e riproposti i meccanismi narrativi e comici della collaudata coppia.

    Se ieri il direttore di Raiuno Giancarlo Leone aveva messo le mani avanti sugli ascolti («ci interessano moderatamente, noi puntiamo sulla qualità e l’innovazione»), il prodottino, anzi prodottone realizzato da Fabio Fazio con Luciana Littizzetto, Mauro Pagani il direttore musicale, Duccio Forzano il regista, e tutto l’apparato di autori, era studiato per stupire, è del Sanremo il fin la maraviglia, come nel barocco di Gian Battista Marino. E così: «La mia prima fonte d’ispirazione è stato lo stupore barocco ideato dai fratelli Bibbiena – aveva detto la scenografa Francesca Montinaro – che si unisce direttamente agli strappi logori di Burri e ai tagli filosofici di Fontana che fendono lo spazio». Parbleu. Cutugno che ha cantato l’italiano vero con il Coro dell’Armata era fantastico, peccato che lo abbiamo collocato dopo mezzanotte, ma non si può avere tutto. I brani in gara, due per cantante, hanno dato compattezza all’esecuzione musicale. Si è davvero cercato di ridare alla musica la famosa centralità di cui ogni anno si ciancia, riuscendoci piuttosto. Ogni cantante interpretava due brani, un «annunciatore» (Marco Alemanno, Ilaria D’Amico, Valeria Bilello, Flavia Pennetta, le sorelle Parodi, Vincenzo Montella, Stefano Tempesti) diceva quale aveva vinto: L’essenziale, Marco Mengoni; Sai (ci basta un sogno), Rapahel Gualazzi; A bocca chiusa, Daniele Silvestri; La felicità, Simona Molinari con Peter Cincotti; Vorrei, Marta sui tubi; È colpa mia, Maria Nazionale; Chiara, Il futuro che sarà. Un’ottima idea che ha mosso l’ingranaggio.. Puntualissimi.

  333. solo una piccola considerazione su Crozza.
    A fine performance gli è stata tributata una specie di standing ovation. Più che meritata, direi.

  334. Comunque una media di quasi 13 milioni di spettatori, con un picco di circa 17 milioni.
    Direi che non è male per la prima di sanremo 2013.

  335. Le mie risposte alle domande poste.
    1. Quali sono le ragioni della lunga durata e dell’eco che ha avuto e continua ad avere la gara che dal 1951 si svolge annualmente a Sanremo?
    Secondo me la ragione è di puro svago e intrattenimento su un evento di portata nazionale, e che dunque riesce a coinvolgere tanta gente.

  336. 2. Ragionare su Sanremo può aiutare a decifrare l’evoluzione della cultura nazionale-popolare nell’Italia repubblicana?
    Secondo me, sì. Non tanto per le canzoni, quanto per gli ospiti che si avvicendano sul palco di Sanremo. Mi riferisco anche a Crozza.

  337. 3. Esiste un nesso tra l’appuntamento annuale e l’evoluzione storica del paese?
    Credo di sì. Sanremo segue inevitabilmente la “situazione” contingente del Paese.

  338. 4. Più in generale: cosa ne pensate del Festival di Sanremo?
    Secondo me è comunque un evento italiano noto anche all’estero e che merita di essere tutelato. Anche per la sua storia.

  339. 5. Fino a che punto ha contribuito, nel tempo, alla crescita e alla diffusione della canzone italiana?
    Ha contribuito tantissimo. Da “Volare” in giù. Chi dice il contrario, mente sapendo di mentire.

  340. 6. Ritenete che abbia contribuito anche alla internazionalizzazione della cultura italiana e dell’immagine dell’Italia nel mondo?
    Direi di sì. Ieri con Toto Cutugno c’era il coro dell’Armata Russa. Non credo sia un caso.

  341. 7. A vostro avviso, contribuisce di più il Festival di Sanremo allo sviluppo della canzone italiana o i Festival letterari (vedi Mantova) alla crescita della nostra letteratura?
    Non saprei. E se dicessi entrambi?

  342. 8. E questo Festival? Vi sembra all’altezza dei precedenti? Meglio? Peggio?
    Su quale canzone puntereste?
    Mi sembra all’altezza dei precedenti, ma non saprei su quale canzone puntare.

  343. Con tutto il rispetto per Sanremo, credo che un Paese in ginocchio abbia bisogno di ben altro per risollevarsi. Attenzione, non che sia compito di Sanremo risollevare il Paese. Ma, insomma, tutta questa voglia di darsi allo svago secondo me non c’è.

  344. A me sembra un festival intelligente, condotto bene, meno sfarzoso degli
    anni passati, Crozza è un grande ed è stato suqallido crticarlo con volgarità, mentre Fazio è un vero professionista e non sbaglia un colpo.Finalmente poi, particolare di non poca rilevanza, una donna pensante, ironica, intelligente che non è pagata per mettere la “farfallina” in mostra.Sulle canzoni, ho qualche preferenza ma aspetterei i prossimi giorni.Unico neo? La Carlà….non mi è mai stata simpatica e trovo che non sappia fare proprio nulla, tanto meno cantare.

  345. Cara Francesca, sono d’accordo con te. Su tutto. Compresa la scarsa simpatia per la Carlà. 🙂

  346. Le canzoni sembrano anche a me di buon livello. Ce n’è una in particolare che mi ha colpita il primo giorno del Festival. Adesso non saprei dire con esattezza. Ma il titolo aveva a che fare con il “sogno” e il cantante (credo cantautore) eseguiva il pezzo al pianoforte. Davvero un bel pezzo.

  347. di ALESSANDRA COMAZZI
    SANREMO
    «Lei è la première dame, io la première nane»: la battuta più bella, ieri, seconda serata del 63° Festival di Sanremo, con Litti che canta e la Carlà Brunì, l’altra torinese, che suona «La chanson de Carla Brun» rivisitata. E in tono un po’ troppo basso. Siamo a Sanremo, che vuoi che sia. E non puoi non pensare all’impareggiabile imitazione di Fiorello, «che volgarità». Mentre Luciana, «gemella diversa separata alla nascita», la descrive dicendo che «ha più culo che anima». E quando Fazio chiama la «principessa del Festival», scende statuaria le scale Bar Refaeli, che per bella è proprio bella, e gli dà del balengo, e parte la gag, un po’ facile e prevedibile, della bella fiancheggiata dalla simpatica anatroccola. Quando Bar torna in palcoscenico per la seconda volta, e suona la batteria, sembra una panterona, mazel tov. Prevedibile gag: ma la forza di questo spettacolo, e della coppia, sta proprio nella rassicurante riproduzione di un cliché consolidato. La comicità nasce dall’iterazione e l’affetto del pubblico dall’abitudine. Ma poi si devono aggiungere l’intuito finissimo di Fazio, il senso per gli ascolti e la loro costruzione, la collaborazione dei suoi autori in solido, Pietro Galeotti, Francesco Piccolo, Marco Posani e Michele Serra, Massimo Martelli, Claudio Fasulo. Soprattutto c’è il valore aggiunto di «Lucianina», colei che fa ridere e riflettere e dà a ogni donna normale l’idea di una chance, e fa cambiare l’orario ai palinsesti della domenica su tutte le altre reti. E con questo, ho detto tutto.

    Nella marcia di avvicinamento dalla destrutturazione alla messa cantata e tradizionalissima del sabato glorioso di Raiuno, come preconizza Carlo Freccero, ieri è saltato il momento storico, previsto con i Ricchi e Poveri. Non sono stati sostituiti, rispettato il dolore per la morte prematura del figlio di Franco Gatti. Anche questo coraggio di sottrarre, e di non aggiungere a tutti i costi, nell’horror vacui che comunemente pervade la tv, ha il suo titolo di merito. Non è che gli ascolti nascano dal nulla, sono una scientifica, complicatissima alchimia.
    Subito, all’inizio, Beppe Fiorello aveva indossato e poi regalato a Franca, la vedova di Mimmo Modugno, la classica giacca azzurra, quella con cui aveva vinto a Sanremo. Raccontando la nascita di Volare, ha cantato Il vecchio frac, in un’interpretazione che sembrava proprio quella autentica. Presentare la prossima fiction di Raiuno, in onda lunedì e martedì prossimi, ha rappresentato il quotidiano tributo al nazionalpopolare, questo mitico incrocio fazio-baudiano o baudian-faziesco che sta pervadendo l’edizione. La formula della doppia canzone per un solo interprete invece di due interpreti per una sola canzone, e nessuna eliminazione, tanto per tranquillizzare l’artista nella sua sensibilità, ieri si è consolidata. Portando con sé tanti velocissimi ospiti provenienti dal mondo dello sport e della società civile. E per chi non l’avesse capito bene, il meccanismo è stato rispiegato da Fazio e Neri Marcorè nei ruoli degli Angela padre e figlio (Fazio è bravissimo a imitare). Marcorè era il comico di giornata, molto meno preoccupante di Crozza, lui non fa necessariamente satira politica. Ma volendo sì. Con tutta evidenza hanno deciso per il no. Crozza non ha voluto commentare gli avvenimenti. Il pubblico di Raiuno che non conosceva i suoi personaggi su La 7 si sarà stupito. E chi li conosceva, avrà ritrovato le vecchie battute, che, sempre sulla scia della ripetizione comica, vengono ascoltate con consolidato piacere. Non è comunque la formula di Raitre che va su Raiuno, è la formula Fazio. E mi stupisco dello stupore: lui è sempre colui che già costruì, nel 1999 e 2000, i festival di maggior successo dell’era moderna. Tra ospiti e musiche, tutti si sbrigano.

    Le canzoni: Modà (premiati da Max Biaggi e Eleonora Pedron), passa Se si potesse non morire. Simone Cristicchi (premiato da Jessica Rossi): La prima volta (che sono morto). Malika Ayane (premiata da Marcorè sempre in versione Angela): E se poi. Almamegretta (con Filippa Lagerback): Mamma non lo sa. Max Gazzè (con Di Francisca, Errigo, Salvatori, le fiorettiste): Sotto casa. Annalisa (con Carlo Cracco): Scintille. Elio e le storie tese (con Roberto Giacobbo): Onda che vai. Per Dannati forever erano vestiti da chierichettoni. E c’è stata una piccola, improvvisata modifica del testo, che da «Pa pa pa pazzesco», è diventato «pa, pa-pa-pa, pa-pa pazzesco». Si sono esibiti 4 giovani: Renzo Rubino, Il Cile, Irene Ghiotto, Blastema. Passano Rubino e i Blastema.

  348. Ciao Amelia, un caro saluto a te! credo che la canzone di cui parli sia quella di Raphael Gualazzi, lui è un bravo musicista e poi si è fatto accompagnare da uno dei trombettisti italiani più bravi, Fabrizio Bosso, musicalmente un bel duo, condivido la tua impressione. Ha delle belle sonorità pur non avendo una gran voce, trasmette emozioni. Ma io devo tifare per Mengoni perchè mia figlia è una fan sfegatata e non posso deluderla 🙂

  349. Ecco. Raphael Gualazzi. Sì, è proprio lui. Grazie, Francesca. La sua canzone mi è piaciuta proprio tanto.

  350. Io trovo lo spettacolo di quest’anno davvero di alto livello! Bellissime le canzoni, ironica e dissacrante la Litizzetto (quella sua iniziale lettera a San Remo è un delizioso concentrato di profanazione dei luoghi comuni!), garbato e intelligente Fazio.
    Mi sembra uno show gradevolissimo, sorridente, misurato che punta alla qualità!

  351. Nella prima puntata ho davvero “sofferto” per Crozza. Ho trovato violenta e maleducata l’interruzione, perchè una cosa è il dissenso e ben altra falciare un artista che ha appena iniziato un’esibizione, impedendogli – nei fatti – di continuare a esprimersi (se non fosse stato per il delicato atto di recupero di Fazio).
    Mi è dispiaciuto vederlo in difficoltà, perchè è un vero camaleonte, che sa mutare toni e travestimenti, e ha dato prova – interpretando tutti gli esponenti dei partiti – di perfetto equilibrio.
    Inoltre, riprendere dopo quella penosa interruzione, e con quel coraggio, non era affatto scontato!

  352. Mi ha poi fatto tanto ridere la Litizzetto con la Carlà! Proprio l’una il contrario dell’altra!!!!
    Ma è stato un mix divertente e molto spiritoso, anche per la Carlà, diciamolo! Si è in fondo adeguata al clima generale e si è prestata al gioco!

  353. infine….un BRAVISSIMO a BEPPE FIORELLO!!!! un’interpretazione commossa, vera, e viva di Modugno! Non solo nostalgia, anche molto desiderio di riportarlo in vita con amore.
    BRAVO!!!!

  354. Da quanto sopra detto avrete capito che io….il FESTIVAL LO VEDO!!!!
    e che sono stata scritturata dalla RAI per fare l’inviata speciale ad honorem…quindi…non posso che aggiungere
    a DOPO!!!!

  355. Eh sì cara Simo, la disgrazia tremenda della morte del figlio di uno dei Ricchi e Poveri è davvero qualcosa di indicibile, anche in questo caso la compostezza di Fazio è stata impeccabile e rispettosa, per il resto concordo con quello che hai detto, Beppe Fiorello bravissimo,molto commovente.
    un abbraccio a tutti e buona visione !!
    p.s.ma chi lo dice a mia figlia che nei pronostici non hai inserito il suo Marco Mengoni?! 😉

  356. in effetti…Mengoni è bravissimo! Concordo con tua figlia, carissima Francesca (e un immenso bacio a te!)! Mi è piaciuto molto…ma Gualazzi…trovo che sia dotato di un talento prodigioso! Timido, sì…ma quando suona e canta…si trasforma! E’ appassionato, intenso, in alcuni passaggi geniale!Faccio il tifo per lui (forse si era capito)…..
    a dopo!

  357. Sì carissima Simo, detto in segreto anche a me piace, lo trovo caldo e con una musicalità originale e raffinata. E’ incredibile il potere della musica, visto quando non suona e non canta sembra un animalone goffo che sulla terra non si muove bene…poi si trasforma e mette le ali.

  358. Un’altra osservazione: una grande sorpresa Maria Nazionale, sembra una cantante di fado portoghese, molto brava.

  359. ma perché elio e le storie tese si travestono sempre da mostruosità? non bastano le mostruosità vere che popolano in lungo e in largo questo paese?

  360. ma gualazzi è parente di galeazzi di novantesimo minuto?
    (no, ragazzi, questa è pessima, non la scrivo; sì, la scrivo; no, non la scrivo…)

  361. Ah ah giacomo!!
    p.s. tutti ne parlano ma a me Elio e i suoi mostri non sono simpatici nè mi piace quella stupidina di canzone….travestita da canzone impegnata…però sono gusti eh? 😉

  362. È un buon Sanremo, concordo. Ma è proprio Sanremo?
    In effetti il teatro non sembra nemmeno l’Ariston.

  363. Bellissima la lettera di Roberto Baggio ai giovani!!!
    Bravo, Baggio: grandissimo campione, grandissimo uomo.

  364. Bravissima Luciana Littizzetto a parlare del problema gravissimo del femminicidio in Italia nel giorno in cui si vuol celebrare l’amore. Finalmente una donna che si espone non con i centimetri di carne ma col cervello e la passione autentica.

  365. Sono Stati 11 milioni 497 mila, pari al 42.08%, i telespettatori che hanno seguito ieri la prima parte della terza serata del festival di Sanremo.

    Per la seconda parte, platea di 6 milioni 354 mila con il 46.91%. La media ponderata è pari a 10 milioni 709 mila con il 42.48%.

    Ecco il commento del direttore di Rai1 Giancarlo Leone che twitta i risultati di ieri sera del festival di Sanremo.«Sanremo. Festival continua a volare alto. 3/a puntata 10.700.000 spettatori con 42.5% share. Più dell’anno scorso con 1 ora in meno di durata». Lo scorso anno la terza serata dell’edizione di Morandi aveva ottenuto in media 10 milioni 540 mila spettatori con uno share superiore, pari al 47.76%, ma il festival era durato più a lungo.

    L’anno scorso infatti la media di share della terza serata fu superiore (47.76 per cento) ma questo si spiega con il fatto che il programma durò quasi un’ora di più’. Morandi ottenne oltre un milione in più’ nella prima parte: 12.770.000 spettatori con il 45.63 per cento contro gli 11.497.000 col 42,.08 per cento di quest’anno. Nella seconda parte Fazio-Littizzetto hanno ottenuto 6.354.000 col 46.95 contro i 6.533.000 e il 57.16 per cento di share. Ma quest’ultimo dato, come detto, è fortemente influenzato dal fatto che il giovedì’ di Sanremo 2012 si chiuse all’1.11 di notte mentre la serata di ieri poco dopo mezzanotte.

  366. Piatto ricco, nella terza serata del Festival di Sanremo. Ecco il flash mob contro la violenza sulle donne, condivisa da un milione di persone nel mondo e da 250 sul palcoscenico dell’Ariston. Littizzetto ride, e balla, male, ma non importa, non è quello il punto, il punto è che trascina il pubblico e fa spuntare le lacrime. Ci sono i concetti. È come se lei la mangiasse, l’idea. Diceva Gaber. Se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione. Ecco perché questo Festival, fa, nel proprio piccolo, la sua rivoluzione. Perché mangia le idee.

    Parte comica, Luciana Littizzetto, nel suo monologo di ieri sera al Festival di Sanremo. Poi il tono, e il tema, si ispessiscono. 127 donne uccise in un anno, in Italia, da mariti, fidanzati, ex, padri. Ovviamente è una vergogna, come dice Fazio, ma Littizzetto fa commuovere: «Vogliamo rispetto. L’amore con la violenza e le botte non c’entrano niente. Un uomo che ci mena, non ci ama, mettiamocelo in testa». Ma prima, in apertura, Litti e Fazio, essendo San Valentino, avevano canticchiato, altrettanto male, in verità, «Trottolino amoroso du-du-du da-da-da», Come Sandra e Raimondo, come Delia Scala e Lando Buzzanca, come Gloria De Antoni e Oreste De Fornari. E poi Al Bano che nel momento dedicato alla storia del Festival, che la scaletta colloca intorno a mezzanotte, interpreta «Felicità» con Laura Chiatti, e i due immancabili si aggiungono; e il pianoforte della ventenne Leonora Armellini con il suo Chopin a sostituire, anche se sostituire è una parola forte, Barenboim. E l’ode a Baggio e i discorsi seri con lui e la sua lettera ai giovani con alcune parole chiave: passione, gioia, coraggio, successo. E la voce straordinaria di Antony Hegarty. E la consueta simpatica anteprima con le voci dei conigli ruggenti Marco Presta e Antonello Dose. E le canzoni in gara, naturalmente. Ed erano, i cantanti, in ordine di apparizione: Simona Molinari con Peter Cincotti, Marco Mengoni, Elio e le Storie tese, Malika Ayane, Marta sui tubi, Chiara, Max Gazzè, Annalisa, Maria Nazionale, Simone Cristicchi, i Modà, Daniele Silvestri, Almamegretta, Raphael Gualazzi. E ancora pubblicità, tanta pubblicità, la sensazione è che mai in un Festival sia stata cosi pervasiva, ma la memoria è labile.

    C’è la crisi, non si butta via niente, ci mancherebbe. E sembra che gli spot abbiano pagato i costi della rassegna, ma è così volgare parlare di soldi che nessuno conferma.
    (Alessandra Comazzi)

  367. eccomi qui, soddisfatta del vincitore delle proposte giovani! Sorprendente questo Maggio! Una mimica surreale e un testo sorridente ma con un fondo nascosto di perplessità…

  368. E poi sì, carissima Francesca! Maria nazionale è intensissima, appassionata, carnosa. Una protagonista quasi d’altri tempi, con quella sua presenza sul palco che inonda chi la guarda di cose del passato, come treni su amanti che si lasciano, fumi di pasta col sugo intorno alla tavola, bambini spettinati e con la bocca sporca di cioccolata…

  369. e poi non è mancata la letteratura!!!! Bella idea mettere in giuria gli scrittori (d’altra parte il testo musicale è letterario a tutti gli effetti…!). Paolo Giordano è una presenza fresca, mi è molto piaciuto!

  370. io continuo a tifare Gualazzi ma credo he anche tua figlia sarà contenta, Franceschina cara, perchè Mengoni è tra i favoriti! E come darle torto, poi. Ieri, quando ha cantanto Tenco, con quei baffetti anni 50, la giacca attillata, gli occhi lucidi e la voce appassionata…faceva davvero pensare al Bell’Antonio di Brancati. Bravissimo.

  371. infine …Fazio e la Litizzetto che dire. Strepitosi.
    Quell’ironia della Litizzetto nel prendersi in giro…ma quale altra donna dello spettacolo uscirebbe in scena con la frangia alla “paggio Fernando”, l’andatura dinoccolata, le scarpe nerissime sotto ogni foggia d’abito, sfoderando la sua imperfezione?
    E’ più bella delle belle, con quelle sue tempestose uscite che lasciano stupefatti…metafore originalissime e impensabili, accostamenti linguistici stravaganti.
    Stupenda.

  372. Fazio, poi. Come si dice qui in Sicilia pare “quello che non ci colpa” e poi se ne esce con imitazioni naturalissime di Bruno Vespa e Mike, con baci mozzafiato, con il piglio del seduttore e dell’imbambolato davanti alla Carlà…
    Sono unici. Hanno la naturalezza della coppia affiatatissima e – al tempo stesso – una unicità e una personalità travolgente.
    Grandi al livello degli indimenticabili Sandra e Raimondo Vianello.

  373. Boom di ascolti per la quarta serata di Sanremo, che ha celebrato la storia del festival. Sono stati 13 milioni 36 mila, pari al 47.55% di share, i telespettatori che hanno seguito la prima parte. La seconda parte ha avuto 6 milioni 597 mila con il 52.68%. La media è stata pari a 11 milioni 538 mila spettatori con il 48.17%.

    Gli ascolti della serata nostalgia risultano in netta crescita sia rispetto alla terza serata (che aveva avuto in media 10 milioni 709 mila spettatori con il 42.48%, con 11 milioni 497 mila e il 42.08% nella prima parte e 6 milioni 354 mila con il 46.91% nella seconda), sia rispetto al festival di Morandi: nel 2012 la quarta serata di Sanremo aveva ottenuto in media 9 milioni 931 mila spettatori con il 41.97% (nella prima parte 11 milioni 429 mila con il 39.64%, nella seconda 7 milioni 325 mila con il 49.90%)

    FAZIO SU TWITTER

    «Grazie davvero. Gli ascolti non sono tutto ma la qualità della musica di ieri è stata premiata al meglio! Viva verdi!!!!». Così Fabio Fazio su Twitter ha commentato gli ascolti boom registrati ieri dal festival.

    LA SERATA

    Serata amarcord ha visto il ritorno di Pippo Baudo sul palco dell’Ariston e l’omaggio a Mike Bongiorno. Mentre i big hanno cantato i versi che hanno fatto la storia della kermesse. A regalare risate al pubblico dell’Ariston è stata come sempre Luciana Littizzetto che ha fatto il suo ingresso in sala con una fedele riproduzione del vestito indossato da Nilla Pizzi nel ’52 durante la seconda edizione del festival. Antonio Maggio, con il brano «Mi piacerebbe sapere», ha vinto il Festival di Sanremo nella categoria Giovani. Mentre Renzo Rubino, con il brano «Il postino (amami uomo)», ha vinto il Premio della critica “Mia Martini”.

    I FAVORITI SECONDO I SOCIAL

    Mancano poche ore alla chiusura del Festival della Canzone Italiana e la domanda che diventa sempre più incalzante è: chi vincerà? Blogmeter ha provato a stilare due classifiche dei potenziali vincitori del Festival. In termini di citazioni, ovvero il cantante che ha ottenuto complessivamente il maggior numero di messaggi su Facebook e Twitter, non c’è partita: si impone nettamente Marco Mengoni, citato in più di 63 mila post, più del doppio di quelli accumulati da Elio e le Storie Tese (30.260 post), che va così a occupare il secondo posto, e dai Modà (26.602). Ma per andare più in profondità rispetto alle semplici menzioni, che nulla ci dicono sul gradimento degli utenti, Blogmeter ha applicato le sue metodologie e tecnologie di sentiment analysis alle migliaia di messaggi raccolti. In totale sono stati rilevati quasi 82 mila post contenenti un’opinione positiva o negativa pubblicati da ben 38 mila autori. Ne è venuta fuori una interessante classifica di gradimento con al primo posto Max Gazzè (col 79% di opinioni positive rispetto al totale di quelle espresse), seguito da Annalisa e Daniele Silvestri (entrambi col 75% di positività). In questo caso Marco Mengoni si piazza al terzo posto con il 67%, tallonato da Elio e da Malika, entrambi al 65%. Queste le preferenze attuali, che potrebbero cambiare con i successivi ascolti delle canzoni, o anticipare il risultato di questa sera.

  374. mengoni è raccomandato!
    ha vinto per il tifo di francesca g. marone (la quale ha tifato per accontentare la figlia).
    che paese, che tempi…
    ci manca proprio l’essenziale.

  375. Bravi tutti!!!!
    (Francesca, data la potenza dei desideri di tua figlia, potresti chiederle di desiderare che i meteoriti scansino la terra?…Sono “leggermente” allarmata…)

  376. Forse sono anche un po’ sollevata che il festival sia finito, nonostante mi sia piaciuto moltissimo …diciamo infatti che si è inserito in una settimana da ricordare (dimissione del Papa, pioggia di meteoriti….)
    Mi aspettavo un uragano per l’ultima sera.
    L’abbiamo scampata bella…

  377. A me il festival di quest’anno è piaciuto.
    Il migliore di questi ultimi anni grazie soprattutto a:
    1) Il livello delle canzoni e degli artisti, decisamente superiore alla media degli anni precedenti, sia per i testi che per musiche e arrangiamenti, sia per le interpretazioni;
    2) la coppia Fazio & Littizzetto, intelligente, ironica, perfetta nel calibrare sobrietà e serenità con l’irriverenza;
    3) la scelta degli ospiti: nessuno spreco di soldi pubblici per cachet strapagati all’astro internazionale del momento, ma interventi efficaci e sostanzialmente entro il limite (discutibile se vogliamo, ma questo è un altro discorso) delle regole “politiche” del momento nella satira di Crozza e anche di Bisio; e poi lo strepitoso Bollani, e Bocelli, Veloso, … (e la spettacolare comparsa dell’Armata Rossa alle spalle di Toto Cotugno: indimenticabile!!!)
    4) la formula dell’eliminazione non degli artisti, ma di una canzone tra le due che ogni partecipante metteva in gioco nella prima serata: mi è sembrata un’innovazione gradevole e intelligente per togliere anche un eccesso di nervosismo ai cantanti che da sempre rischiavano di non raggiungere la serata finale e dare quindi anche meno spazio a tutte le consuete polemiche.
    I miei giudizi su vincitori & vinti:
    1) peccato che proprio con questa formula sia stata eliminata subito una tra le canzoni che più mi avevano colpito la prima sera: quella degli Almamegretta scritta dagli Zampaglione, più originale (per loro) ed incisiva del solito reggae che hanno poi portato avanti;
    2) vabbè la vittoria di Mengoni, molto bravo, anche se la canzone non è nel genere che preferisco;
    3) la genialità musicale e scenica, ironica e dissacrante (anche verso mostri sacri come Jobim) degli Elii è stata di un altro pianeta: da sola per me valeva quanto tutto il festival. Meritatissimi i premi ricevuti.
    4) mi sono piaciuti moltissimo anche Gualazzi, Silvestri, Cristicchi, Annalisa, Chiara, il duo Molinari-Cincotti; interessanti i giovani proposti nella categoria a loro riservata (e bravo il vincitore).
    5) Mi ha invece deluso un po’ Malika Ayane, cantante su cui puntavo molto, con una canzone mediocre e un’interpretazione non all’altezza delle sue capacità. Forse in un momento di crisi involutiva.
    Un caro saluto a Massimo e a voi tutti.

  378. @Simo non so se le mie capacità stregonesche possano arrivare a tanto…ma per te ci proverò 😉 bacione!

  379. @Carloesse concordo quasi con tutto. Devo ammettere , andando molto controcorrente, che io ho un problema con Elio e i suoi mostri, proprio non li reggo. Mi chiedo se basti essere originali fino alla provocazione come personaggio e come modo di presentarsi per portare avanti un pezzo che musicalmente è proprio brutto, ma proprio brutto. Il premio della critica, nonchè chiamato anche premio Mia Martini avrebbe dovuto riceverlo uno come Gualazzi, o la Molinari con Cincotti, insomma artisti che musicalmente hanno saputo trasmettere emozioni armonizzandole con una bella resa musicale. Mi sembra che il personaggio, nel caso di Elio, sorpassi la capacità e la resa musicale, e faccia gridare tutti “oh che miracolo questi qui sì che sono controccorrente, che coraggio, che originalità, premiamoli!!”
    Il tutto a discapito degli altri, che fanno davvero musica ma…purtroppo su questo parere sono in minoranza perché leggo ing iro che Elio, anch efar glia ddetti ai alvori, è considerato una specie di genio. Resto molto perplessa a riguardo, pur rispettando i gusti.

  380. Commento sintetico per punti.
    1. Musicalmente davvero un ottimo festival, no non penso di molto superiore ad altre edizioni, ma con cose interessanti. Ho trovato la canzone mononota una botta di genio epistemologia culturale e amore per la musica che davvero mi ha entusiasmata. tuttavia è un pezzo molto cerebrale, un pezzo di teoria, stricto sensu non la trovo una bella canzone. Penso quindi che si sia collocata bene e che meriti i premi che ha preso. Aggiungo anche che la trovata dell’ultima serata con Elio e soci grassoni è stata sublime, perchè associata ai ballettini velocissimi comunicava un senso di grande levità.
    2. Diverse voci interessanti alcune sprecate in canzoni francamente brutte: Malika Ayane, Mengoni. Poi qualche canzone proprio orrenda – i Modà li ho trovati pronti per la raccolta dei pommidori, la smielatezza dei modà la retorica intollerabili.
    3. Delizioserrimo Cristiccchi. E grande swing molinari cincotti così come Annalisa. Due ottime cantanti davvero.
    4. Non mi è piaciuta la conduzione. Ho apprezzato che non ci fossero vallette, ma l’umorismo della Littizzetto, che è lo stesso acre sessismo che non tollero più in bocca a Bonolis mi ha stufata. E mi sembra che l’autoironia sull’aspetto fisico abbia raggiunto indebite vette di tafazzismo.

  381. Oltre 13,6 milioni di spettatori hanno seguito ieri la prima parte della serata finale del festival di Sanremo di Fabio Fazio: dalle 20.50 alle 24.11 davanti a Rai1 ci sono stati in media 13 milioni 635 mila, pari al 51.96% di share. Nella seconda parte (dalle 24.10 all’1.05), gli spettatori con stati 10 milioni 349 mila con il 66.60%.

    La media delle due parti è stata di 12 milioni 997 mila spettatori pari al 53.80% di share. Lo scorso anno la finale del festival di Gianni Morandi aveva ottenuto 14 milioni 456 mila spettatori con il 50.93% nella prima parte e 12 milioni 31 mila con il 69.74% nella seconda, con una media pari a 13 milioni 287 mila spettatori e al 57.43%.

    La media di ascolto delle cinque puntate del Festival targato Fazio-Littizzetto è stata di 11 milioni 936 mila spettatori (814 mila in più dello scorso anno), pari al 47.26% di share. In valori assoluti, è il risultato più alto dal 2000, quando il festival, sempre condotto da Fazio, ottenne in media 13 milioni 586 mila spettatori (54.41%). Il picco di ascolto durante la serata finale del festival di Sanremo, pari a 15 milioni 542 mila telespettatori, è stato raggiunto alle 21.48, con il siparietto tra Fazio, Littizzetto e Balti tra le esibizioni di Modà e Cristicchi. Il picco di share alle 24.56, con il 73.48% alla proclamazione di Marco Mengoni vincitore dell’edizione 2013.

    Intanto nel day after della serata finale che ha visto il trionfo di Marco Mengoni, gli artisti commentano i risultati. Elio e le storie tese, al solito, scelgono l’ironia: «Volevamo il quarto posto, avremmo accettato al limite il terzo. Il secondo è davvero molto grave: non vogliamo essere etichettati con i Toti Cutugni del XXI secolo». In linea anche la “protesta” di Rocco Tanica: «C’è solo un po’ di amarezza, per il premio della critica. Siamo stufi di critiche, critiche, critiche: fateci un complimento». «Quando abbiamo visto che nella classifica provvisoria eravamo all’ottavo posto, abbiamo pensato a qualcosa per rimontare: ci vuole una grande idea, ci siamo detti, ma forse ci è venuta un’idea troppo grande», ha concluso Elio, ironizzando sul travestimento da grassoni con cui si sono presentati nella serata finale sul palco dell’Ariston.

    Il vincitore Marco Mengoni è raggiante: «La vittoria la dedico a Luigi Tenco e a tutte le persone che lavorano con me e alla mia crew che è nuova e che si è fatta un mazzo tanto». A chi ha un atteggiamento prevenuto per chi è nato nei talent show, manda a dire: «Io un passato ce l’ho e me lo tengo ben stretto. Non ci sono più problemi di razzismo. Chi pensa male continui a farlo». I Modà fanno buon viso a cattivo gioco: «Il terzo posto? Va bene con questi rivali. Elio ha dimostrato che Fazio ha fatto un festival di grande musica. E Marco Mengoni è un artista che non scopriamo adesso. Ci auguravamo il podio e l’abbiamo raggiunto». Per il leader del gruppo, Kekko Silvestre, un motivo di soddisfazione in più: «Volevamo cantare dopo la mezzanotte perché è il mio compleanno. Se dedico il risultato a mia figlia? No, a lei dedico la mia vita, la vittoria è per i fan».

  382. Marco Mengoni ha vinto il 63° Festival di Sanremo. Era tra i favoriti, e ha battuto gli altri due finalisti, Elio e poi i Modà. I pronostici sono stati rispettati.

    Quando comincia, il martedì, non sembra vero, ma poi accade: il Festival finisce. E così, per trascolorare dalla rassegna alla parte conclusiva della campagna elettorale, ecco Claudio Bisio. Ha scherzato su Crozza e sui misteri della scenografia, ha chiesto un applauso a scatola chiusa, ed è partito. Fingendo di non sapere che cosa dire, essendo la sua prima volta a Sanremo. Ma poi ha fatto un bel monologo, molto scritto, alla Pennac. E con molti giochi di parole. Mario Monti, anzi mari o monti. «Mi han detto che non posso fare i nomi di politici». E grida: tutti a casa. «Ma non parlo di politici, stavo parlando di noi, degli italiani. A far bene i conti, la storia ci inchioda, siamo noi i mandanti. Ed è impressionante quanto i politici italiani ci assomiglino, con qualche esagerazione, come le maschere della Commedia dell’arte. Sono icone arroganti». E via alle citazioni delle icone, accompagnato da una tromba. Tutti coloro che si lamentano dello Stato ma poi faticano a rispettare le regole. Un tipo di satira che ha messo noi, i cittadini, al suo centro. E in effetti, un pensiero ce lo potremmo fare.

    Nella serata dei vincitori, con il televoto che ha scelto fra i tre finalisti, Raphael Gualazzi (grande, Gualazzi) è stato il primo concorrente a cantare, ma prima ancora il bicentenario di Wagner e di Verdi era stato celebrato dal maestro Harding con La cavalcata delle Valchirie e la Marcia trionfale dell’Aida. Molto appropriata appariva la posizione dell’orchestra, così sospesa nell’aria verso il clangore della battaglia. Orchestra di Sanremo in crisi, come tante colleghe italiane, che ha potuto sottolineare le sue difficoltà tramite Littizzetto.

    E saranno anche due rispettabilissime arie fracassone, squisitamente pop e acchiappa-applausi i Vecchi e Venerabili Maestri sapevano bene come ottenere ascolto e pubblico), ma certo è stato bellissimo, in quel contesto, sentire quelle note lì, e guardare, e ascoltare Daniel Harding che parlava di musica, e diceva che se ci è piaciuta la Marcia trionfale dell’Aida, potremmo incuriosirci a quello che c’è intorno, nell’opera, e poi a tutto Verdi. «La musica non è proprietà di nessuno ed è per tutti. Mio figlio di 7 anni ascolta un po’ di Puccini e poi Lady Gaga, per lui è uguale, ascolta quello che lo fa stare bene». È la seconda volta che mi commuovo a un Festival di Sanremo, sempre lo stesso, robe da matti, sarà la vecchiaia. E sarà anche un Festival politicamente corretto, ma non poche ragazze si chiedevano nei blog, nei social, nei network, ma anche con le vecchie parole, se non ci fosse mai il momento del bel ragazzo accanto alla pupa.

    Soltanto, ancorché con misura, le modellone Bar Refaeli e la molto simpatica e spiritosa, oltre che altissima lievissima bellissima Bianca Balti, entrata in scena scalza (ma sarà anche un genio in matematica? Chi troppo e chi niente, dalla natura). Così ieri Littizzetto si è esibita in un bel monologo sulla bellezza, o sulla mancanza di medesima; e poi ha posto rimedio alla discriminazione (anche se tra gli autori del Festival, tanto per non sbagliarsi, una donna non c’è) con quell’armadio di Martin Castrogiovanni, il rugbista. Il gigante e la bambina. La vendetta di Lucianina, che tanto ha saputo scherzare su se stessa. Comparendo sulla scala con addosso un’orrenda enorme farfalla, citazione della farfallina di Belen («io sono Belan») che tanto aveva impegnato l’anno scorso nella dotta disquisizione se sotto il vestito portasse niente, o non piuttosto, se non altro, le mutande.

    Non soltanto il colpo di Harding, nella finale del 63° Festival di Sanremo, regista Duccio Forzano, ma anche il sofisticato, spettacolare balletto di Lutz Forster, l’interprete che più di tutti ripropone lo spirito di Pina Bausch, su musica di Veloso; e poi Bocelli, che proprio a Sanremo vinse, tanti anni fa, prima di proiettarsi nel mondo. Poi la giovane inglese Birdy. E insomma, intanto gli orari della rassegna sono stati rispettosi e puntuali, meno ieri. Tanta pubblicità, il gioco della contaminazione e della mescolanza ha funzionato, ha portato ascolti, ha fatto gridare al miracolo che bello che bello e lanciare ipoteche per una prossima edizione della rassegna, che sia di nuovo condotta da Fazio: anche nel primo mandato, d’altronde, lui ne aveva guidati due di seguito. E questo è possibile. Che il suo modello si possa estendere alla rete diretta da Giancarlo Leone, chissà, speriamo. Se la Rai cominciasse a capire quale immenso bacino di utenza ha abbandonato da anni, e quindi quanti ascolti si sono persi; quanti programmi si potrebbero realizzare valorizzando le arti che fanno belle la vita e l’Italia; se la televisione di Stato non temesse le eccellenze, ma le coccolasse e le coltivasse, pur con tutti i limiti delle umane cose, sarebbe un progetto bellissimo. Ma non è detto, davvero non è detto, che Raiuno metta in pratica. Anche perché di Fazii, e di Litti, in giro non ce ne sono tanti: nessuno li ha mai più fatti crescere.
    (Alessandra Comazzi)

  383. @Francesca Marone
    Si è d’accordo “quasi” su tutto, ma ovviamente non su Elio. Il loro pezzo, checchè tu ne dica , non è solo spettacolo e fatto di piacere o non piacere la sua “mostruosità”) : è proprio MUSICALMENTE, che l’ho trovato BELLO, ma proprio BELLO: perchè mostra le infinite variazioni (di accordi, di toni, di ritmo, di sfumature, di significato musicale) che una sola nota melodica possa comportare nell’insieme compositivo di un pezzo musicale. Con un risultato per me proprio musicalmente validissimo (io amo particolarmente le canzoni ricche di variazioni al proprio interno).
    Il testo non sarà certamente poetico, ma , anche con la solita ironia che li distingue, non è che la spiegazione di quello che accade musicalmente: nell’insieme una “lectio magistralis” sulla composizione di una canzone.
    Ed eseguita da signori che sono dei veri signori musicisti dal punto di vista strumentale.
    Giudizio radicalmente opposto al tuo.
    😉
    Ciao

  384. Ciao a te Carlo, e grazie per il tuo pensiero, non ti nascondo che proverò a risentirla …ma mi sa che è un problema di “pelle” se così si può dire per un ascolto musicale. 🙂

  385. comunque, nella serata finale elio e le storie tese hanno dimostrato di essere musicisti di peso.

  386. credo proprio che questo sanremo ci mancherà. si ritorna ai problemi di sempre, con le elezioni che incombono.
    viene voglia di fare un brindisi a base di valium.
    ciao, va.

  387. Due parole su un festival della canzone che ho seguito più per frammenti in internet che per i frammenti, ancora più scarsi, in tv.

    Non sopporto più Fabio Fazio, con la sua aria da finto stupido e da bravo ragazzo.
    La Littizzetto non l’ho mai sopportata. Considero il suo umorismo greve, brutto e sessista, carico d’un infantilismo mostruoso. Inoltre, la sua voce stridula è per me una offesa al buon gusto, ai timpani e ai nervi acustici. La tivù ha liquidato Luttazzi per far posto ai vari mediocri Crozza e simili e a questa coppia.
    Entrambi, Fazio e Littizzetto, sono il riflesso della cultura di centrosinistra ben in sintonia con l’ennesima e recentissima nuova ipnosi governativa incarnata da Monti (“abbocchi sempre all’amo” per dirla con Battiato, siccome si parla di canzoni).
    Apprezzo Max Gazzè e la notevole raffinatezza di Elio e le Storie Tese. Gli altri partecipanti li conosco troppo poco per dire qualcosa.

    Un saluto a tutti e a Massimo in particolare,
    Gaetano

  388. gianni morandi e’ il precedente presentatore del festival. i confronti non sono mancati (a favore di fazio). da qui la battuta. insomma, morandi sarebbe molto felice delle tue parole.

  389. Grazie per la precisazione, Giacomo. Non ne sapevo nulla. Conosco il festival di San Remo soltanto per qualche riflesso frammentario dei mass media, e di Morandi non mi veniva in mente proprio niente. O meglio, per la precisione, un ricordo, per incongrua associazione d’idee, mi era venuto in mente. La tua frase mi aveva richiamato il noto verso, conosciuto come esempio di poesia eterna, “fatti mandare dalla mamma a prendere il latte”… E questo ti dice qualcosa sulla mia appartenenza generazionale e sulla mia preparazione culturale sanremese recente.
    Non seguo più davvero la manifestazione ligure e interplanetaria, pregiudizialmente ahimè, dalla seconda o terza edizione, quella in cui cantava un Adamo ormai vecchio e con la voce affaticata nella respirazione dalla mancanza d’una costola.
    🙂

  390. Ma che bello! Visito il sito consigliatomi da una mia amica libraia in qualità di autrice esordiente ( un tantinello disperata tra l’altro… ma come si fa se non si è già qualcuno?) e , invece delle solite tiritere sfiancanti sulla letteratura d’oggi, trovo questa meravigliosa discussione su Sanremo che, secondo me, ha un unico grande merito: quello di distrarre gli italiani dai propri problemi ( politici e non). Possiamo ciriticare la conduzione ( voto 8- Fazio è un po’ noioso di suo, la litizzetto può piacere, ma sempre meglio di qualche oca imbalsamata)) l’organizzazione ( 10- avere escluso dalla gara i vari albano e cutugno è stato un colpo di genio)i cantanti ( me ce ne era qualcuno scarso? Io non me ne sono accorta) le canzoni ( e in effetti… non mi sembra ci siano stati capolavori) Ma resta il fatto che per quasi una settimana, abbiamo dimenticato lo spread, gli scandali, e le facce come la plastica di tanti nosrti politici. Quindi comunque e sempre, viva sanremo!

  391. Siamo in attesa dell’inizio del festival, scriviamo da Sanremo, siamo dieci scatenate fans della Litizzetto. Ci chiamiamo Lucianine. Tutte.
    Dunque, le notizie sono queste: la Casta si concede poco alle interviste, Grillo ha già fatto un putiferio, la prima a cantare sarà Arisa e Ligabue renderà omaggio a Fabrizio De Andrè che oggi avrebbe compiuto 74 anni.

  392. e poi: abbiamo posato davanti alla statua di Mike, aspettiamo Raffaella Carrà che festeggerà i suoi 60 anni di tv, e guardiamo la diretta dall’ iPad…ecco…comincia!

  393. un inizio drammatico…due lavoratori di Caserta che hanno tentato di buttarsi giù dal palco. hanno scritto una lettera per raccontare la propria difficilissima storia…non percepiscono lo stipendio da 12 mesi….bravo Fazio per averli ascoltati…

  394. e ora…chiudiamo qui. Domani resoconto, per il momento la connessione fa le bizze …ciao da sanremo che è sempre sanremo

  395. che paese è un paese che costringe lavoratori che non percepiscono lo stipendo da più di anno ad andare a sanremo ed a minacciarsi di buttarsi di sotto per farsi ascoltare da chi dovrebbe ascoltarli?
    che paese è?

  396. Il Festival di Sanremo è una narrazione. La prima serata dell’edizione n° 64 ha ufficialmente narrato che le canzoni in gara è meglio emarginarle, Fazio ha preferito fare altro e cantare personalmente, lui e la Casta. Troppa grazia. Il Festival racconta amori cuori sentimenti tradimenti e racconta l’Italia. Così, se ieri sul palco ci fosse stato Pippo Baudo, tutti avrebbero pensato che la protesta dei lavoratori campani, la minaccia di buttarsi giù dalla balconata, se l’era inventate lui.

    Perché intorno a Sanremo scorre il sangue.

  397. E Fazio? Aveva un problema, il convitato di pietra, lo spettro che si aggirava prima fuori dall’Ariston dicendo ogni male della Rai, e poi seduto in platea: Beppe Grillo. E se si alza, e se parla, e se arringa? Lui lo spettacolo lo sa fare, conosce tutti i trucchi. Glielo aveva chiesto anche Mollica «au balcon» durante il collegamento del Tg1, e il conduttore aveva risposto con serafico fatalismo, sottolineando come sia più difficile costruire che distruggere. Poi, a Festival appena cominciato, il sipario, guarda un po’, si inceppa. Urla dalla balconata. Déja vu baudesco. Due persone si vogliono buttare. Hanno già fatto tante proteste. Hanno portato una lettera. Datemi la lettera, la leggerò promesso. Ma intanto scendete, mettetevi in sicurezza.

  398. Comunque sia, Fazio è stato impeccabile: che si sia inventato tutto per disinnescare la mina vagante Grillo o che sia stato preso alla sprovvista, non si è nemmeno mosso dal centro della scena. Ha letto la lettera dei lavoratori («scusate, faccio fatica ma è scritta a mano», che drammaturgia), che parlava di diritto al lavoro, dignità, di tre persone che si erano già suicidate. E’ importante, il diritto al lavoro, dice Fazio, ma allora che si fa? «Noi siamo chiamati a far bene il nostro mestiere, aggiungere un segno costruttivo invece che rabbia e disperazione». Dopo la lettera, pubblicità, e «possiamo ricominciare».

  399. E di pubblicità, tra l’altro, ce n’è proprio tanta, il direttore di Raiuno Leone ha d’altronde detto che con la réclame se lo sono pagato tutto, ’sto Festival. A Pif, nel suo prologo carino «Sanremo & Sanromolo», il conduttore aveva dato il vaticinio sugli ascolti della prima serata: cifra alta. Poi lo scambio fuori onda tra Fazio sul palco e Grillo in platea. «Appena siamo in onda arrivo!», ha scherzato il leader M5s. «Ti ci metti pure tu? Ma ormai ti hanno superato», ha risposto il conduttore. Ecco.

  400. Così la narrazione ha riportato Fazio alla parola d’ordine del Festival di quest’anno, la bellezza. L’immagine che è diventata un simbolo, il treno in bilico, proprio lì a Andora, tra la montagna e il mare. «Davanti a questo treno si capisce qual è la sola vera grande opera che cambierebbe la nostra vita e quella dei nostri figli: aggiustare l’Italia, ripararla, dove la montagna frana, dove la terra cede. Migliaia di ferite che formano la trama della nostra sconfitta. Immaginiamo che l’insieme di ferite e riparazioni diventino la più utile e gigantesca grande opera che ci attende, una grande opera di cura, che ci farebbe sentire un po’ meno incapaci e un po’ più degni della bellezza del nostro paese. La bellezza non è un lusso, va tutelata». La bellezza degli artisti. Omaggio a Fabrizio De Andrè, Ligabue canta, benissimo, Crêuza de mä e torna sabato. Poi omaggio a Jannacci, col figlio Paolo.

  401. Littizzetto si esibisce affannata con la grande Carrà, un po’ di festa per i 60 anni della tv in Italia (anche con Tito Stagno), è scatenata, battuta pronta, altro che volgare. Lei e Fazio giocano alla coppia litigarella, Sandra e Raimondo. Per attendere l’arrivo di Laetitia Casta, lui si apparecchia da esistenzialista francese, «come Dorellik», e lei lo chiama «Scamarcio dei diseredati» e lui canta Ne me quitte pas e lei Meravigioso di Modugno, un bel coraggio, ma con quel sorriso, si sa. I brani in gara ogni tanto interrompono la narrazione. Sfacciati.

  402. Non ho visto la puntata di ieri, però oggi sono riuscita ad apprezzare la bella voce di Francesco Renga.

  403. Il direttore di Rai1 Giancarlo Leone, dati alla mano, punta il dito sulla concorrenza del Milan di Champions League. Fabio Fazio rivendica «orgogliosamente» le sue scelte e avverte: «Non mi gioco la carriera per qualche punto di share». Ma la tensione in sala stampa all’Ariston è palpabile: gli ascolti di Sanremo vanno giù e il caso si prepara a finire anche in cda Rai: il consigliere Antonio Verro annuncia che chiederà chiarimenti sui possibili impatti sulla pubblicità.

    SECONDA SERATA FLOP
    Per la prima volta dal 2008 la seconda serata scende sotto i 9 milioni nella prima parte (8.926.000 con il 33.52%), 3,7 milioni (37.59%) nella seconda; la media è di 7,7 milioni con il 33.95%, 9 punti e 3,6 milioni sotto il 2013. Leone ricorda che il Milan su Canale 5 «ha raccolto 5,5 milioni e il 18%, mentre l’anno scorso Real Madrid-Manchester United su Italia 1 fece l’8.8%». Anche Rai2, nel suo piccolo, ha raddoppiato l’ascolto, passando dal 2.2% delle tribune elettorali al 4.73% del film Vulcano. Concorrenza decisamente più forte, dunque. E l’intera platea tv è in netto calo: l’anno scorso davanti alla tv, durante la messa in onda della seconda serata di Sanremo, c’erano 26,4 milioni di persone, quest’anno ne mancano all’appello 3,7 (22,7 milioni, -14%).

    Intanto in sala stampa all’Ariston va in scena il Fazio furioso: «Io buonista? La definizione mi ha rotto le palle». Il clima è teso: pesa il netto calo degli ascolti del festival, sceso per la prima volta dal 2008 sotto i 9 milioni nella prima parte, con una media inferiore di 12 punti rispetto alla prima puntata e di quasi 9 rispetto alla seconda serata 2013. Ma il conduttore rivendica «con orgoglio» le sue scelte e avverte: «Immodestamente non credo di giocarmi la carriera su qualche punto di share».
    «Avevo pronosticato – commenta Fazio – che la seconda serata avrebbe fatto 6-7 punti in meno, ne abbiamo persi 12, ma avevo dato la partita al 14-15%. La curva di ascolto, però, è molto netta e rassicurante: appena finisce la partita del Milan, il festival torna sopra il 40%. È un dato matematico».
    Fazio rivendica gli inevitabili rischi legati al bis all’Ariston e soprattutto la linea editoriale del suo festival: «Le canzoni in gara sono contemporanee, non abbiamo ceduto a un cast popolare e il pop lo abbiamo messo in questo racconto frammentario sui 60 anni della televisione. È chiaro che c’è un effetto nostalgia, ma è una parola alla quale voglio molto bene». Già, le parole: «buonista» proprio non gli va giù: «Bisogna smetterla di interpretare l’educazione o la civiltà come buonismo», sbotta in conferenza stampa.
    Poi replica, punto su punto, con tono pacato ma fermo. Il clima esterno? «L’Italia è un paese arrabbiato, per fortuna meno dell’Ucraina. L’Ucraina è un’altra roba…». E comunque «gli italiani hanno visto la partita, non sono scesi in piazza». Il mood troppo intimista delle canzoni? «Non le scriviamo noi: abbiamo trovato questa linea melodica che le lega, e questo è». Le scelte poco adatte a un pubblico giovane? «Chiamiamole semmai azzardate, eccessivamente raffinate, ma non banali», incalza. E ancora: «Ieri sera mi sono divertito, il programma aveva una sua quadratura, abbiamo rispettato i tempi della gara, sono sereno e contento. In queste due serate sono accadute cose di cui sono e sarò sempre orgoglioso. Penso agli ospiti: Damien Rice, Paolo Nutini, Stromae, Rufus Wainwright eccelso. E poi Cat Stevens: le leggende non si discutono».
    Prova a stemperare la tensione Luciana Littizzetto. «Non dimentichiamo che l’anno scorso c’erano Al Bano e Toto Cutugno». Poi torna sulla serata di ieri: «C’era tanta nostalgia della tv, ma anche dell’intelligenza. Franca Valeri – sottolinea l’attrice – è proprio la rappresentazione di questo. Sono felice di aver fatto un pezzo con lei e anche di averla portata al Festival. Tanti ragazzi non la conoscono, ora ne hanno avuto l’occasione per conoscerla. Poi c’era la bellezza dell’intelligenza delle Kessler e degli sportivi, che hanno portato sul palco quello che sanno fare di bello e di buono». A lei, sempre molto seguita nei suoi interventi, il compito di riportare leggerezza in questo festival: «Per fortuna arrivano stanno arrivando i colleghi, Brignano e Crozza, a darmi una mano».
    Il direttore di Rai1 Giancarlo Leone li ha già prenotati per il prossimo anno. «Non lo so, fatemi finire questo festival, poi vediamo. Ci penserò», frena Fazio. Poi via, alle prove.

  404. non ho visto ne’ vedrò sanremo, ma ci tengo lo stesso a salutare gli amici di questo blog.
    ciao bella gente.

  405. Non raggiunge la soglia dei 9 milioni di spettatori neanche la terza serata del Festival di Sanremo. Gli spettatori ieri sera sono stati 8.936.000 spettatori con il 34,36% di share, nella prima parte della trasmissione, e 4.017.000 spettatori con il 39,14%, nella seconda parte.

    La media ponderata degli ascolti di ieri è di 7 milioni 670mila spettatori con il 34,93% di share. Rispetto alla serata precedente, per quanto riguarda la prima parte c’è stata una risalita dello share pari a poco meno di un punto di share, mentre per la seconda lo share è risalito di un punto e mezzo.

    Tra una polemica sugli ascolti e l’altra la gara continua. Stasera tocca ai duetti: ecco Antonella Ruggiero con «Una miniera» dei New Trolls; Arisa insieme ai Whomadewho con «Cuccurucucu» di Franco Battiato; Cristiano De André con «Verranno a chiederti del nostro amore» di Fabrizio De André; Frankie Hi-Nrg con Fiorella Mannoia per «Boogie»di Paolo Conte; Francesco Renga con Kekko dei Moda’ per «Un giorno credi» di Edoardo Bennato; Francesco Sarcina con Riccardo Scamarcio per «Diavolo in me» di Zucchero; Giuliano Palma con «I say I’ sto cca’» di Pino Daniele; Giusy Ferreri con Alessio Boni e Alessandro Haber per «Il mare d’inverno» di Enrico Ruggeri; Noemi con «La costruzione di un amore» di Ivano Fossati; Perturbazione con Violante Placido per «La donna cannone» di Francesco De Gregori; Raphael Gualazzi e Bloody Beetroots con Tommy Lee per «Nel blu dipinto di blu» di Domenico Modugno; Renzo Rubino con Simona Molinari per «Non arrossire» di Giorgio Gaber; Riccardo Sinigallia con il trio Paola Turci-Marina Rei-Laura Arzilli per «Ho visto anche degli zingari felici» di Claudio Lolli e infine Ron con «Cara» di Lucio Dalla.

    C’è Francesco Renga, con «Vivendo adesso», in testa alla classifica provvisoria dei Campioni al Festival di Sanremo, dopo l’esibizione di ieri e determinata dal televoto. Secondo posto per Arisa con «Controvento», terzo posto per Renzo Rubino con «Ora», al quarto posto I Perturbazione con «L’unica»; al quinto Raphael Gualazzi & Bloody Beetroots con «Liberi o no»; al sesto posto Cristiano De André con «Il cielo è vuoto»; al settimo c’è Giusy Ferreri con «Ti porto a cena con me»; all’ottavo Antonella Ruggiero con «Da lontano»; al nono Noemi con «Bagnati dal sole»; al decimo Riccardo Sinigallia con «Prima di andare via»; all’undicesimo Francesco Sarcina con «Nel tuo sorriso»; al dodicesimo Giuliano Palma con «Così lontano»; al tredicesimo posto Ron con «Sing in the rain» e al quattordicesimo posto Frankie hi nrg mc con «Pedala». Classifica comunque provvisoria, altre votazioni ci saranno domani in occasione della finale.

  406. La gara fra le quattro giovani proposte del Festival di Sanremo numero 64 è stata vinta da Rocco Hunt con “Nu journo buono” che si è portato a casa la statuetta battendo in volata Diodato con “Babilonia”, The Niro con “1969” e Zibba con “Senza di te”. Per la verità era abbastanza facile immaginare che andasse a finire così vista la popolarità del ragazzino diciannovenne che rappa testi intelligenti e molto sociali.
    In verità questi ragazzi hanno portato una ventata di aria fresca in una manifestazione che, se ci dovessimo fermare ai soli Big, non ha davvero brillato per canzoni da ricordare. Gli otto giovani che sono arrivati in riviera invece hanno dimostrato di saper usare l’ugola, scrivere belle canzoni e gestire un palco traditore come quello dell’Ariston. Tra l’altro l’idea di Fabio Fazio che ha voluto far esibire questi giovani virgulti nella parte centrale della penultima puntata è stata buona e, per una volta, non abbiamo dovuto aspettare notte fonda per premiarne il talento.
    A proposito del premio della critica Mia Martini, i giornalisti accreditati (con quarantadue voti) e quelli della sala stampa radio e tv Lucio Dalla che hanno scelto Zibba. In effetti questo ragazzo corpulento ha una voce davvero notevole e la sua “Senza di te” potrebbe aprirgli la porta di una bella carriera. O almeno glielo auguriamo.
    Infine il premio per il miglior arrangiamento categoria Big deciso dai musicisti dell’orchestra lo ha vinto Renzo Rubino con la canzone “Per sempre e poi basta”.

  407. Con i duetti e l’omaggio ai cantautori il festival di Sanremo risale la china degli ascolti rispetto alla serata precedente: ieri ha ottenuto 9 milioni 432 mila spettatori con il 36.97% nella prima parte e 4 milioni 915 mila spettatori con il 43.96% nella seconda; la media ponderata è stata di 8 milioni 188 mila con il 37.97%.

    La terza serata del festival era stata seguita nella prima parte da 8 milioni 936 mila spettatori con il 34.36% di share, nella seconda da 4 milioni 17 mila con il 39.14%; la media ponderata era stata di 7 milioni 673 mila telespettatori con il 34.93%.

    Si conferma però il trend in netto calo – di circa 3,5 milioni di spettatori e oltre dieci punti di media – rispetto al 2013: l’anno scorso la serata dei duetti ottenne 13 milioni 36 mila telespettatori con il 47.55% nella prima parte e 6 milioni 597 mila con il 52.68% nella seconda, per una media ponderata di 11 milioni 538 mila spettatori con il 48.17%.

  408. I risultati della serata finale del 64esimo Festival di Sanremo confermano ascolti in calo rispetto alle ultime edizioni ma un trend in risalita rispetto alle prime serate. Infatti, dopo il successo dell’inaugurazione, con lo share intorno al 46%, nella seconda s’era registrato circa il 34%, seguito già dal primo segnale di risalita rappresentato dallo share della terza serata, quella di giovedì, al 35%.

    Quindi venerdì ancora trend in risalita con il 38% e appunto ieri nuovo rialzo a poco più del 41%. Il direttore di Rai1, Giancarlo Leone, aveva sottolineato ieri in conferenza stampa che «è facile scendere, molto difficile è risalire» e che se ci fosse stato un trend della discesa, «allora significa che esiste un problema molto serio». La risalita degli ascolti invece c’è stata, e questo è stato valutato come «un segnale molto importante».

    Anche Fazio apre un’analisi dei perché che hanno determinato un calo degli ascolti rispetto allo scorso anno, se la valutazione dev’essere solo sul dato degli ascolti, e comunque «non è una catastrofe». E inoltre, se poi viene fuori un’idea, «il Festival lo rifaccio». Il conduttore non si tira indietro e lo dice nelle interviste notturne al termine della 64esima edizione del Festival di Sanremo prima di ripartire per Milano e pensare già alla puntata di questa sera di “Che tempo che fa”, dove avrà l’attrice Laetitia Casta e il cantante belga di origine africana Stromae, reduci anche loro dal Festival dove sono stati ospiti, l’una nella serata inaugurale e l’altro in quella finale. Quindi «lo rifarei dieci anni di seguito. Se mi viene un’idea, volentieri», ha detto il conduttore, sottolineando e ribadendo ancora che la televisione finisce con l’essere «l’unico ambito in cui il giudizio è sempre ex post e deriva solo dalla lettura degli ascolti».

    La riprova sta nel fatto che «se si chiede un giudizio subito dopo una trasmissione, si ottiene una certa risposta; dopo la lettura degli ascolti la risposta cambia». Rets comunue il fatto che «non stiamo parlando di una catastrofe: si usa la parola flop in modo sciocco, si è trattato di un ascolto inferiore rispetto all’anno scorso che ha tanti perché. A volte fa un po’ sorridere l’imputazione di quelli che dicono “non avete fatto questo o quello”: un conto è il desiderio, un conto è il possibile». Fazio glissa quando gli viene chiesto di darsi un voto: «È molto difficile giudicare se stessi, se il metro di giudizio è solo l’ascolto non posso che riconoscere il calo e cercare di capire perché e se ci sono responsabilità. Naturalmente è un’analisi che farò. Quando si fa due volte la stessa cosa si è troppo aderenti alla prima, invece bisognerebbe avere la forza di azzerare tutto e non rifarsi mai a se stessi». Un aspetto che il conduttore difende decisamente è la musica che il Festival ha espresso: ospiti internazionali fuori dall’ordinario, da Nutini a Cat Stevens, da Rufus a Damien Rice e Stromae. E la presenza di Ligabue due volte sul palco dell’Ariston «è stata un regalo meraviglioso. E poi Baglioni, Gino Paoli, il pop di Raffaella e Renzo Arbore, c’è stato tutto, una contaminazione nel segno, spero, dell’eleganza e dell’inedito». E poi Crozza «non poteva andare meglio di così». La vera difficoltà di Sanremo è che «si prepara troppo tempo prima di quando si va in onda ed è una macchina molto complicata, ma è la cosa più bella che possa capitare». Sarà un arrivederci o un addio? Tempo un paio di mesi e si saprà.

  409. di ALESSANDRA COMAZZI
    SANREMO

    Arisa ha vinto il 64esimo festival di Sanremo con la canzone Controvento (ascolta il brano e guarda il video ufficiale), in finale con Renzo Rubino e Raphael Gualazzi & The Bloody Bethroots, contro i pronostici che davano per vincitore Renga. E così si è chiusa anche questa edizione della rassegna che, a sorpresa, ha subito un forte calo di ascolti, chi se lo sarebbe aspettato da Fabio Fazio. Che ha quest’anno approntato serate infinite, alla Baudo. Con quelle povere nuove proposte maltrattate. Ma non mettetele, allora. Ieri l’avvenimento era Maurizio Crozza. Atteso con spirito quasi messianico. Tanto per risollevare un po’ lo spirito di questo Festival da Italia s’è mesta, come dice il collega Mattioli. E lui ci ha regalato una riscrittura di Madamina, il catalogo è questo, dal Don Giovanni di Mozart: «Angelina, il catalogo è questo», dedicato alla Merkel, per spiegarle le nostre virtù, un bel pezzo di tv. Dimostrando come con la musica si possa giocare, e sia bello, mentre questo, il Festival, l’ha dimenticato. Quella era la grande bellezza da cui partire, in un festival di canzoni, la bellezza della musica quale linguaggio universale. Come ha dimostrato uno dei più bei momenti, il flash mob del gruppo israeliano, quella platea che si ridesta alla forza conquistatrice delle note.

    Da parte sua, Crozza ha sfoderato un’impostazione vocale da cui si vedeva che ha studiato. Il tema della bellezza conclamata ha appesantito il Festival come una zavorra irrisolta. Ma il pistolotto divulgatore del comico, ancorché non particolarmente originale, non ha annoiato. Era arrivato coperto da uno scudo, stile falange macedone, recante la scritta «pace», invitando il pubblico a mandarlo a stendere (ma lui non dice «stendere», dice la stessa parola che direbbe Littizzetto) per 10 minuti. E poi parte. Racconta di noi che abbiamo inventato tutto e fatto tutto, le note e gli spartiti, gli strumenti musicali e il computer e l’Mp3, con Pier Giorgio Perotto e Leonardo Chiariglione, entrambi di Torino: la «Gianduiott Valley». Poi naturalmente la Cappella Sistina. Noi siamo sempre in bilico tra la grande bellezza e il grande disastro. Michelangelo ci ha impiegato dieci anni a realizzarla, la Sistina, sempre là in alto, piegato con la testa indietro: «Era determinato, e, diciamo all’amico Giovanardi, era pure omosessuale. Siamo capaci di produrre Michelangelo e Giovanardi, la grande bellezza, per l’appunto, e l’enorme disastro. «Nel 1939 Enzo Ferrari ha inventato la macchina più bella del mondo, John Elkann ha detto la cazzata più grande del mondo, quella dei giovani che stanno a casa perché non hanno voglia di cercare lavoro, e soprattutto perché non hanno ereditato la Fiat da tuo nonno come te».

    Ovazione. Intensa come quando si definisce il più giovane del Festival, ormai questa della vecchiaia è diventata una gag. E poi il debito pubblico: «Se noi contassimo le nostre bellezze artistiche saremmo i più ricchi del mondo, ma non si può monetizzare la bellezza, non si può vendere il nostro patrimonio. A Genova lo fecero, vendettero la Corsica per pagare quelli che dovevano aiutarci a riprenderla. Napoleone poteva essere genovese, ne avremmo avuto un altro, di pazzo mitomane, oltre a Beppe Grillo». Ma lo ha detto con tono affettuoso, a suo modo.

    La gag d’inizio è quella di Fabio e Luciana vestiti da sposi (tutti molto belli, i vestiti della Littizzetto, complimenti all’eleganza), con un altro ragazzino, Don Matteo-Terence Hill, a officiare il matrimonio. Terence Hill ha 75 anni, ma non è stato scongelato apposta per festeggiare i 60 della televisione al Festival di Sanremo, visto che raggiunge tuttora con Don Matteo (nona stagione) quegli ascolti che hanno dato la polvere alla rassegna, quelle honte. Se solo se ne fosse tenuto un po’ più conto, forse non ci sarebbero stati gli errori che stiamo tutti insieme dottamente analizzando. Tra i cantanti, bravo Giuliano Palma che quando gli dicono «In bocca al lupo», risponde «Viva il lupo», e non «crepi».

    E poi c’è stato il testimone Pif con il suo Sanremo & Sanromolo, un prefestival simpatico, il dietro le quinte di un caustico. Va dalla signora più anziana della città, 105 anni, che delle Kessler dice: ma ci sono ancora? Prova a dirigere l’orchestra e dice, con quella bella faccia e lo sguardo intrigante: «Dirigere un’orchestra è la cosa più bella del mondo». E questa dichiarazione la mettiamo qui, come sugo di tutta la storia.

  410. Sulle presentatrici…
    Meglio Arisa, anche se la preferisco quando canta.
    Emma mi è parsa un tantino più impacciata.

  411. Non mi spiego il boom di ascolti. A me sembra un Sanremo un po’ sottotono, anche se il livello medio dei cantanti in gara non è male.

  412. Anche secondo me il motivo principale del successo di questo festival risiede nel bisogno generale di leggerezza e di qualcosa di ludico.

  413. Sulle canzoni penso che il livello sia buono anche se, a esser sinceri, non mi pare di aver ascoltato capolavori.

  414. (La Stampa)
    Sanremo, trionfa Il Volo, secondo Nek
    Terzo posto Malika Ayane. Errore durante la lettura della classifica finalisti.

    Come da previsioni, ha vinto Il Volo. Il trio è in rampa di lancio per portare in Italia il successo che stanno raccogliendo negli Stati Uniti e nel mondo. Il fatto che il messaggio augurale stasera glielo abbia inviato Placido Domingo la dice lunga. Alla fine la vittoria, per altro prevedibile, di una canzone che non teme il kitsch fa parte del gioco e tutto sommato è in linea con la scelta pop di questo festival. Il terzo posto di Malika Ayane, che ha vinto il premio della Critica, bilancia il verdetto. Per Nek, secondo, si è trattato di un ritorno felice al festival: il suo pezzo può rilanciargli la carriera e si è anche portato a casa il premio per la cover.

  415. Carlo Conti chiude con il botto di ascolti. La serata finale di Sanremo, che ha visto il successo del trio Il Volo, ha avuto 11.843.000 spettatori pari al 54.21% share. L’ultima serata del festival 2014 fece segnare una media di 9 milioni 347 mila spettatori pari al 43.51%.

    La prima parte della serata finale del festival è stata seguita da 12 milioni 763 mila telespettatori con il 50.77%, la seconda da 10 milioni 8 mila con il 65.48%. Nel 2014 la media delle due parti era stata rispettivamente di 10 milioni 415 mila spettatori con il 51.97% e di 7 milioni 42 mila con il 53.45%.

    La media d’ascolto delle cinque serate del festival di Sanremo di Carlo Conti è la più alta degli ultimi 10 anni. A sottolinearlo in un tweet è il direttore di Rai1, Giancarlo Leone: «Con il 48.64% share #Sanremo2015 è il Festival della canzone italiana più visto negli ultimi 10 anni (dal 2006 ad oggi)»

  416. Benvenuti al post annuale di Letteratitudine dedicato al Festival di Sanremo.
    Siamo all’edizione 2016… e trai commenti del post potete trovare un po’ di storia delle edizioni precedenti.

  417. ho assistito ad una imitazione ridicola di sabrina ferilli. per me sanremo 2016 finisce qui. buona visione a voi.

  418. Non ho visto granché della prima sanremese di ieri. Però ho visto e ascoltato Elton John.
    Mitico!
    Grandissimo artista, grandi brani, ottima performance.

  419. Certo, l’intervista di Conti era un po’ ingessata.
    Che le tre domande striminzite erano concordate, si vedeva lontano un miglio.
    Secondo me bastava dare spazio a Elton John senza intervista.
    L’effetto sarebbe stato migliore.

  420. I «Conti» tornano. Ancora una volta, infatti, gli ascolti di Sanremo non deludono. Il Festival «normale» di Carlo va alla grande. Un lievissimo calo fisiologico, ma nessuno flop. Il rischio débâcle, dunque, al momento sembra superato (senza nessun incidente). Per il debutto sono rimasti incollati alla tv oltre 11.134.000 di spettatori con uno share del 49.5%. Molto soddisfatto Giancarlo Leone, che su Twitter ha commentato: «Sanremo è sempre più Sanremo!».

  421. La prima puntata di quest’anno è andata leggermente peggio di quella dell’anno scorso, se si guardano i dati degli spettatori. Nel 2015 il Festival era stato seguito da 11.767.000 di italiani, con il 49,3 per cento di share. Dunque calano un pochino gli spettatori, ma sale lo share.

  422. La serata è durata tre ore e 33 minuti, esattamente un minuto in meno dell’anno scorso. La media dell’età degli telespettatori davanti alla tv è stata di 52,2 anni, in calo di un anno rispetto al 2015. Il picco di ascolto è stato di 15 milioni 158 mila spettatori alle 21.48 durante il pezzo della coppia Caccamo-Iurato, mentre quello di share è stato del 58.13 per cento alle 23.41 durante la presentazione di Rocco Hunt.

  423. Record per quanto riguarda i giovani, per i ragazzi dai 15 al 24 anni share del 58%. Boom anche sui social: 555 mila tweet con una media di 80.177 utenti unici. Ogni utente ha scritto in media sette tweet. Rispetto alla prima puntata del 2015 le conversazioni cresciute del 33,5%. Il picco è stato registrato alle 22.32, in coincidenza dell’esibizione di Arisa.

  424. Tanto rumore per nulla, o quasi. La temutissima ostensione di Elton John in pieno psicodramma nazionale sulle unioni civili si è risolta nell’innocuo show del Grande Ospite Internazionale. Come se il copione l’avessero scritto Salvini o Gasparri, insomma chi da destra aveva intimato a mamma Rai di non trasformare l’ostensione del più celebre marito omosex del mondo in uno spot per il matrimonio gay. Alla vigilia Gianka Leone, direttore di Raiuno, si era affidato alla ben nota professionalità di Carlo Conti e alla democristiana prudenza consustanziale alla rete ammiraglia. E così sir Elton, ormai uguale all’imitazione che ne fa Crozza, è stato sbrigato senza incidenti, dunque senza polemiche.

  425. È venuto per cantare, ha cantato, due battute sulla carriera, grazie e arrivederci. Da segnalare il suo «Non pensavo di diventare padre», subito bilanciato da un omaggio agli uomini di Chiesa con cui ha lavorato facendo beneficenza in Africa «con approccio cristiano». Tutti contenti anche perché lui, prudente o collaborazionista, ha lasciato a casa non solo i due figli, ma anche il marito David. Nemmeno la Meloni avrebbe nulla da obiettare.

  426. Un’edizione da record, con una (piccola) sbavatura finale. Ascolti in calo per l’ultima serata del Festival di Sanremo, forse a causa della concorrenza di Juve-Napoli: 11 milioni 223 mila telespettatori, pari al 52.52% di share. Un calo di circa 600 mila persone sul 2015, quando la finale fu seguita da 11 milioni 843 mila spettatori (54.21% di share). Ma, sottolinea il direttore di Rai1, Giancarlo Leone su Twitter, la media delle cinque serate è di 10 milioni e 746 mila spettatori, «Lo share più alto degli ultimi 11 anni». E Carlo Conti si prepara alla sua terza conduzione: in conferenza stampa ha annunciato che sarà sul palco dell’Ariston anche nel 2017.

  427. GLI STADIO E IL BRANO SCARTATO

    È comunque stata un’edizione da record, che ha dribblato le polemiche e lanciato la “campagna” dei nastri arcobaleno sul palco dell’Ariston. E i vincitori sono stati una sorpresa: gli Stadio, con il brano «Un giorno mi dirai» . Un successo davvero inaspettato – i più quotati dagli scommettitori erano Iurato e Caccamo – anche perché è arrivato cantando lo stesso brano scartato l’anno scorso, sempre con Carlo Conti presentatore e direttore artistico: «Non avremmo mai pensato di vincere il Festival di Sanremo», ha commentato ancora sul palco Gaetano Curreri. «L’anno scorso non siamo entrati tra i Big con questo stesso pezzo. Il testo era praticamente identico, ma il provino non aveva il sound Stadio», ha aggiunto il cantante.

  428. IL PODIO

    Al secondo posto è arrivata Francesca Michielin con «Nessun grado di separazione», terzi Giovanni Caccamo e Deborah Iurato con «Via di qua». Il premio speciale della critica è invece andato a Patty Pravo con «Cieli immensi». Questi i dettagli del voto: Stadio 42,7%, Michielin 30,4%, Caccamo e Iurato 26,9%. La graduatoria nel dettaglio – Esperti: Stadio 40,9%, Michielin 27,1%, Caccamo e Iurato 25%. Demoscopia: Stadio 35,8%, Michielin 34,7%, Caccamo e Iurato 24,9%.

    Televoto: Stadio 44%, Michielin 30%, Caccamo e Iurato 26%.

  429. LO SHOW DI ZERO

    Trionfatore della serata è stato Renato Zero, davvero un mattatore, irresistibile con il suo linguaggio pieno di locuzioni che solo Panariello è riuscito a capire. Ha eseguito un medley in chiave orchestrale, con alcuni dei suoi brani più celebri. Per la prima volta, dopo quattro serate di travolgenti performance, Virginia Raffaele è stata se stessa, una sfida per chi è abituato a interpretare un personaggio. Ed è arrivata la prima papera leggendo il gobbo.

  430. Sanremo che a tratti si trasforma in “Uomini e Donne”. Queen Mary che si siede sul gradino della scalinata e chiacchiera con Conti, come se fosse nel suo salotto. Manca solo l’annuncio dell’esterna. Per il resto il quadretto è completo. Fantastica la Regina di Mediaset che si cala nel nuovo ruolo con infinita grazia, anche per merito degli abitini che indossa – quello nero a sirena, quello bianco con le frange – con cui non sarebbe mai riuscita a scendere la scalinata. Maria promossa a pieni voti: è brava anche quando inciampa.

    Superbi Tiziano Ferro e Carmen Consoli. Cantano Il conforto ed è una vera gioia per le orecchie. Intensi, emozionanti, impeccabili: durante la serata non si sente nulla di meglio. Commovente anche l’omaggio a Tenco, nel buio dell’Ariston: da brividi.

    Crozza? Una conferma. Siparietto politico con tanto di stoccata a Salvini: «Dovrebbe devolvere anche lui il suo stipendio ai terremotati». Bersaglio fin troppo facile la sindaca Raggi: «Riportiamo la capitale a Torino, che ha il sindaco a 5 Stelle, anzi facciamo più capitali: Torino amministrativa, Milano legislativa, Roma giudiziaria. Una specie: una grande Alcatraz».

    Spazio comicità. Non deludono Paola Cortellesi e Antonio Albanese che cantano “Un mondo di pàvole” nei panni di Valeria e Nicola. Scimmiottano Ferro e Consoli. E lo fanno benissimo. Va alla grande anche Ricky Martin: in un attimo la sala stampa s’infiamma ed è come stare in discoteca.

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    IL PEGGIO

    Note dolenti. La gara. Viene da chiedersi: c’è una gara? I big cantano e filano via. Anzi scivolano via e quasi nessuno se ne accorge. Lo show se li mangia. Bernabei, Ron, Clementino, Al Bano, Elodie. In testa neanche un immagine, figuriamoci un suono. Comunque, si fatica a trovare quello che non va nel Festival da primi della classe di Conti e De Filippi. E’ così perfetto che a tratti fa paura. Mai una sbavatura, mai una parola di troppo. Mai uno sbaglio.

    Un tremendo errore, ma di stile, lo commette Alessio Bernabei che con la sua giacca luccicante abbaglia persino chi lo guarda in tv. Gli altri? Comello non pervenuta, Al Bano spinoso. Ci si mette pure la Mannoia, che stecca sul suo meraviglioso pezzo. In ogni caso, la prima è andata (e neanche poi così male).

  431. Il Festival dei primi della classe (Conti e De Filippi) è un successo annunciato. La prima serata è da record: alla tv in media 11 milioni 374 mila spettatori con il 50.4% di share. L’anno scorso erano stati 11 milioni 134 mila pari al 49.48% di share. Per trovare un risultato migliore bisogna andare al 2005 con Bonolis e Clerici, quando la «prima» fece segnare in media il 54.10%. Il picco di ascolti con l’Abbronzatissimo che balla con Ricky Martin e con gli eroi di Rigopiano.

    Tutti soddisfatti, insomma, De Filippi compresa. «La prima persona che ho sentito stamattina è stata Giancarlo Leone, poi ho chiamato a casa. Maurizio (Costanzo, ndr) era molto contento», dice Queen Mary. La conduttrice parla poi della sua quasi caduta:«Mi avevano avvertito di non camminare dove ci sono le casse», spiega. «Ma ho iniziato a raccontare la storia e a un certo punto ho iniziato a fare C’è posta, mi sono messa a camminare come faccio sempre perché mi imbarazza guardare le telecamere. A un certo punto il tacco si è infilato in uno dei buchi delle casse. Tutti ridevano, ma questo mi è stato di aiuto».

    Dunque nessun problema, non una polemica o una gaffe. Niente di niente. Non resta che vedere come andrà la seconda serata. Mercoledì sul palco si esibiranno gli undici big rimasti in panchina. Questo l’ordine di uscita: Bianca Atzei, Marco Masini, Nesli e Alice Paba, Sergio Sylvestre, Gigi D’Alessio, Michele Bravi, Paola Turci, Gabbani, Michele Zarrillo, Chiara, Raige e Giulia Luzi.

    Comparto super ospiti. Dopo Ricky Martin toccherà a Robbie Williams (che – dice Conti – ha accettato di partecipare in cinque minuti). Sul palco anche i Biffy Clyro e Keanu Reeves. Giorgia, invece, farà un brano estratto dal nuovo album e poi un mix dei suoi successoni sanremesi. Momento sportivo con il capitano della Roma Francesco Totti. Confermato anche l’appuntamento con la copertina di Crozza. Spazio anche al trio Insinna-Cirilli-Brignano.

    Da non dimenticare la sfida delle Nuove Proposte (in apertura di serata) di cui Conti va molto fiero. I primi quattro “giovani” in gara sono Marianne Mirage, Francesco Guasti, Braschi e Leonardo Lamacchia. Le regole: i due brani più votati voleranno direttamente in finale. Giovedì, invece, sarà la volta di Maldestro, Tommaso, Pini, Valeria Farinacci e Lele. Infine per la sezione “Tutti cantano Sanremo” riflettori puntati su Sveva Alviti, protagonista del film su Dalida che andrà in onda su Raiuno in 15 febbraio.

    Primi dettagli anche su giovedì sera: gli ospiti saranno Mika, Luca e Paolo, Alessandro Gassman, e il piccolo Coro dell’Antoniano. La bellezza sarà rappresentata da Anouchka Delon e Annabelle Belmondo.

  432. C’è solo un capitano. Ed è capitan Totti: numero uno, anche nell’annunciare i big in gara. Tutto il resto (o quasi) è noia. Pronuncia Cheope «Sciopè», forse per qualche strana vocina nella testa che gli ricorda che esiste un tizio, per l’esattezza un compositore, che si chiama Chopin. Conti e Queen Mary gli chiedono: qual è la tua canzone preferita di Sanremo? E lui risponde: il Piccione. Forse sempre perché quella vocina nella testa gli suggerisce che c’era un pezzo che parlava di piccioni (Vorrei avere il becco?). Cosa passa davvero per la testa del bomber non è chiaro, ma è limpido che Totti fa gol anche al Festival. Gaffe dopo gaffe, battuta dopo battuta, è tutta una risata. D’altronde il capitano è un talento naturale (e non ha neanche bisogno di autori).

    Anche Maria non ne sbaglia una. Inizia distribuendo al pubblico il gadget con Conti in miniatura. Poi, annunciando big Sergio, cita Amici e aggiunge: «Un talent qualunque». Si becca pure un bacio sulle labbra, «stampato», – ci tiene a precisare lei – da Robbie Williams. Arrossisce, si imbarazza e poi scherza sulla sua caramella in bocca. Insomma, a tenere vivo il Sanremone – per fortuna – ci pensa l’autoironia.

    A far sorridere ci pensa poi il solito Crozza con la copertina «politica». In versione Mattarella dà l’incarico a Conti e Maria di formare un nuovo governo: «Tanto chiunque farebbe meglio di Padoan, anche Clementino. Suggerisco solo come ministro degli esteri Al Bano al posto di Alfano. Cambia una consonante ma raddoppia la conoscenza dell’inglese».

    La parata si svolge lenta, troppo lenta. L’unico a dare una sveglia ai telespettatori è Francesco Gabbani che grazie al balletto con lo scimmione cattura un po’ l’attenzione. Il tutorial della danza è già pronto, e da domani – sicuro – partirà il tormentone in Rete. Tutti a imparare i movimenti di gambe e braccia: c’è da scommetterci.
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    IL PEGGIO

    La gara è inesistente. Che i cantanti cantino o no non importa a nessuno. La sfida dei giovani non rispetta i pronostici. Fuori Marianne Mirage e Braschi. Passano Guasti e Lamacchia: chissà poi perché. I giornalisti in sala stampa vanno a protestare per un problemi con i contatori. Rischia di esserci un Miele-Gabbani bis, ma tutto finisce in una bolla di sapone. Votazione regolare, nessuna polemica. Le canzoni sono soporifere. I tempi di Meta e Gabbani sono lontanissimi.

    Hiroki Hara non fa magie. L’illusionista giapponese sembra uscito da un videogame (di quelli fatti male però). Nessuna emozione. Pure Keanu Reeves non fa scintille (anche se è un bel vedere). Parla della sua passione per la moto, suona il basso e cita Vasco. Accenna perfino Va bene Va bene. Ok, va bene, ma si può tranquillamente passare oltre. Anche il bacio a Maria è di serie B.

  433. L’altro fiorentino ci avrebbe fatto la firma, per una percentuale così: 50,37%. Carlo Conti supera di dieci punti abbondanti Matteo Renzi e anche sé stesso: l’anno scorso, la serata inaugurale del Festivalone aveva fatto «solo» il 49,48, che comunque era già un’enormità. E così il day after del debutto diventa un incrocio fra il bollettino della Vittoria e la marcia trionfale dell’Aida. Paradossalmente, alla messa cantata di mezzogiorno il meno eccitato è Conti: sa che la strada è ancora lunga. Parla più volentieri del compleanno del su’ figliolo, ovvìa, mentre Maria De Filippi continua a fare quella che passa di lì per caso.

    Intanto il direttore di Raiuno, Andrea Fabiano, dà i numeri: 11 milioni e 374 mila gli spettatori che si sono sorbettati il Festival, lo share è il migliore dalle ultime dodici edizioni, il picco di ascolto mentre Raoul Bova sbatteva l’occhio miope alla ricerca del gobbo. Benissimo, come ascolti, anche i siparietti di Crozza. Aggiungiamo all’attivo l’assenza di polemiche. Le poche che scoppiano vengono subito depotenziate, con Conti che improvvisa anche una conferenza stampa bis per smentire le voci che lo danno in transito da Rai a Mediaset, ammesso che ci sia ancora differenza.

    Quanto alla seconda serata, lo schema è sempre quello, ma per la parte canora c’è l’aggravante che si esibiscono pure i «gggiovani». Eliminati Braschi e la sua canzone sui migranti, e subito Salvini gode via Twitter (Salvini parla continuamente del Sanremone, forse è l’unico italiano che se lo sciroppa tutto) e anche l’unica fanciulla, Marianne Mirage, promossi l’hipster Francesco Guasti e Leonardo Lamacchia. Peraltro, al solito, il «votatore» distribuito ai giornalisti ha fatto i capricci, ma pare senza inficiare il risultato.

    Per il resto, solita insalata mista. Il mattatore della serata è Francesco Totti, un gaffeur di talento che prende a calci i palloni e la solennità sanremese. E alla rituale domanda sulla canzone preferita, sbotta: «Ahò, er piccione!». Povia torna, tutto è perdonato, l’Ariston è in delirio. Robbie Williams rifà Robbie Williams e come bonus bacia Maria sulle labbra, Giorgia non è in formissima ma rispetto alla compagnia di giro che la circonda è su un altro pianeta, Keanu Reeves è invecchiato e professionale. Canzoni una più mesta dell’altra. Monologo di Crozza nella media, però Mattarella gli viene benissimo. Il «Prima Festival» riesce nell’impresa di far venir voglia di vedere il Festival vero e proprio, nel senso che se comincia questo finalmente finisce quello.

    La coppia Carlo-Maria, intanto, ha ormai perfezionato le rispettive maschere. Lui è il leggero, lei la seria, lui ride e lei sorride. Sono il poliziotto buono e quello cattivo, il bidello che non ti fa pagare la merenda e la prof che ti interroga a tradimento per due giorni di fila, l’infermiere che ti porta la mela cotta e quella che ti sveglia alle cinque con il clistere fumante. Tutto un gioco delle parti, ovvio. Che Conti si muovesse sul palco dell’Ariston come nel tinello della su’ casa, lo si sapeva; lei ormai ha preso le misure e ci sta pure prendendo gusto. Si concentra più sui casi umani, com’è logico. Però non è vero che ha valletizzato Conti: anzi, è molto attenta a non cannibalizzare lo show.

    Domani il verdetto degli ascolti, paradossalmente più problematici per la seconda serata che per la prima, perché non c’è più l’effetto sorpresa (neanche la partita di cartello, però). Nonostante le canzoni, si nutre fiducia. Come Facta.

  434. Carlo Conti non batte se stesso, ma va comunque alla grande. Gli ascolti sono ottimi: alla tv 10 milioni 367 mila spettatori, pari al 46.6% di share. Nel 2016 la media era stata di 10 milioni 748 mila con il 49.91% di share. Lieve calo, dunque, rispetto all’anno scorso, quando Sanremo centrò un risultato da record. Meglio comunque del primo Festival condotto da Conti (10 milioni 91 mila con il 41.67%). I picchi di ascolti con Totti che presenta Nesli e Alice, e il bacio sulle labbra di Robbie a Maria.

    Intanto, però, è già tempo di cover. E’ la serata più divertente, quella più attesa: quella in cui i cantanti puntano a stupire. Quasi tutti hanno preparato qualcosa di speciale: qualcuno forse farà un balletto, qualcuno si truccherà in modo eccentrico, qualcuno porterà sul palco degli «amici». Sergio Sylvestre interpreterà la sua canzone con i Soul System (vincitori dell’ultima edizione di X Factor).

    Ma sarà un medley dei successi dello Zecchino d’Oro che festeggia i 60 anni, interpretati dal Piccolo coro dell’Antoniano, ad aprire la terza serata. Ospiti di stasera, Mika, Alessandro Gassmann e Marco Giallini. Ci sarà anche l’orchestra dei Reciclados de Cateura, testimonial Unicef, che suonano con strumenti musicali realizzati nelle discariche.

    I sedici big rimasti in gara proporranno una rilettura delle hit della musica italiana: da Battisti a Celentano, da Cocciante a Modugno, da De Gregori a Patty Pravo. Gli altri sei, a rischio eliminazione, invece, si sfideranno in un girone eliminatorio. Questo l’ordine di uscita: Ron, Raige e Giulia Luzi, Bianca Atzei, Clementino, Giusy Ferreri, Nesli e Alice Paba. Gli ultimi due classificati dovranno abbandonare il Festival.

    La bellezza, invece – in mancanza di vallette fisse – sarà rappresentata da Annabelle Belmondo e Anouchka Delon, la prima nipote di Jean Paul, la seconda figlia di Alain. Spazio comicità: oltre a Crozza ci saranno Luca e Paolo.

  435. Si sfidano Maldestro, Tommaso Pini, Valeria Farinacci, Lele. Nessuna delle canzoni convince fino in fondo. Lunghissima attesa per i risultati: alla fine passano Maldestro e Lele, che si aggiungono a Guasti e Lamacchia (vincitori del primo round). Una finale senza donne, peccato.

    SI TORNA BAMBINI CON IL PICCOLO CORO DELL’ANTONIANO

    In un attimo torniamo tutti ad avere dieci anni. Il Piccolo Coro dell’Antoniano canta i grandi successi dello Zecchino d’Oro: dalla tagliatelle di nonna Pina al coccodrillo come fa, passando per Popoff.

    LE COVER

    Chiara rifà Diamante, magnifico il violino. Ermal Meta canta Amara terra mia: cambi di tonalità, falsetto finale, emozioni a mille. Al Bano fa (alla grande) Pregherò. Mannoia intensa durante Sempre e per sempre. Bernabei, no comment. Paola Turci è un’emozione (ma non da poco). Arrangiamento articolato per L’immensità di Gigi D’Alessio. Gabbani stravolge completamente Susanna, Masini sorprende cantando Signor Tenente, bravissimo. Zarrillo trascurabile. Di Elodie si sentono solo le urla, la canzone sparisce. Samuel trasforma Ho difeso il mio amore dei Nomadi in una canzone dei Subsonica, mentre Sylvestre e Soul System (i vincitori di X Factor 10) trasformano l’Ariston in una discoteca con Vorrei la pelle nera. Peccato però che si siano persi per strada (Sylvestre, in particolare) nel tenere il ritmo del brano. Conti spiega più tardi che la colpa è di un problema tecnico. Fabrizio Moro graffia un classico come La leva calcistica del ’68 di Francesco De Gregori “vascorossizandola” un po’. A chiudere le cover ecco Michele Bravi impegnato ad affrontare un gigante della nostra musica e la sua La stagione dell’amore, un vero classico della casa.

    La gara è vinta da Ermal Meta, la seconda piazza va a Paola Turci, terzo posto per Marco Masini.

    ESCONO LE DUE COPPIE

    E’ mezzanotte e un quarto quando parte la gara per i ripescaggi. Si comincia con Ron che ripropone la sua L’ottava meraviglia, a seguire Raige e Giulia Luzi con Togliamoci la voglia, Solo esisti tu di Banca Atzei, i Ragazzi fuori di Clementino, Giusy Ferreri con Fa Talmente male e, infine, Do retta a te di Nesli & Alice Paba. Ad essere eliminati sono le due coppie Nesli ed Alice Paba e Raige e Giulia Luzi.

    L’ORCHESTRA CHE TRASFORMA LA SPAZZATURA IN MUSICA

    Un bel progetto, targato Unicef, che permette ai bambini di sognare un futuro, grazie alla musica. L’orchestra Cateura dà speranza. Applausi.

    CROZZA MOMENT

    Crozza in versione Papa Francesco parla di Keanu Reeves: «State attenti giovani a invecchiare bene, che poi vi ritrovate a Sanremo a suonare il basso». Poi fa i complimenti a Samuel: «La Chiesa è un po’ come i Subsonica è piena di contrasti interni».

    MIKA, APPELLO ARCOBALENO

    Momenti d’ansia. Conti lo annuncia, ma lui non si vede. Conti ritenta. Alla fine Mika fa capolino e racconta di essere rimasto bloccato dalla porta. Per fortuna tutto bene e l’imprevisto aiuta l’ex giudice di X Factor a smorzare la tensione. Sul palco un arcobaleno di colori, con ritorno del tema dei diritti lgbt: «E se qualcuno non vuole accettare tutti i colori del mondo – dice l’artista – o pensa che un arcobaleno è pericoloso. Questo qualcuno lo lasciamo senza musica». Notevole la sua Grace Kelly al pianoforte.

    ANNABELLE BELMONDO E ANOUCHKA DELON

    Sembrano le sorellastre (belle) di Cenerentola. Accennano due canzoni e via. Alla prossima ragazze e salutateci nonno e papà.

    IL RITORNO DI LUCA E PAOLO
    A cavallo della mezzanotte ecco il momento comico con Luca e Paolo, che erano stati a Sanremo come ospiti fissi nel 2011. Prima battuta sulla loro “diversità” rispetto alla linea editoriale del programma: «A noi piace la patata». Un classico susseguirsi di battute in pieno stile lucaepaolo, uno spalla dell’altro: tema conduttore la paura. Il risultato è sembrato un po’ sottotono, anche dopo l’intervento di Maria. Tutto un po’ Fabio Fazio, senza Fabio Fazio.

    LA CLASSE DI LP

    La cantautrice americana ha cantato il suo grande successo Lost on You, prima di esibirsi in Other People. A lei anche la consegna del triplo disco di platino.

  436. Finalmente le canzoni tornano protagoniste. Ed era anche ora. La serata cover funziona alla grande. Così alla grande che – a tratti – ci si dimentica che ci sono anche Carlo e Maria. Alcuni brani, naturalmente, vengono meglio. Altri decisamente no. Il meglio: Ermal Meta canta Amara terra mia con continui cambi di tonalità e un gran falsetto finale. Insomma, emozioni a mille (infatti vince). E se parliamo di emozioni non è certo un’emozione da poco quella che regala Paola Turci rifacendo la Oxa. Degna di nota anche la signora Mannoia, intensa e precisa durante Sempre e per sempre. Rischiosa, ma decisamente articolata la versione di Signor Tenente di Masini. Infine Bravi, davvero bravo nell’interpretare La stagione dell’amore.

    Veniamo a Mika. Resta bloccato dietro alla porta facendo preoccupare un tantinello Conti. Alla fine, però, fa capolino dalla scala. E lancia un appello per i diritti lgbt. Sul palco è un tripudio di verde, blu, viola. «Se qualcuno non vuole accettare tutti i colori del mondo – dice l’ex giudice di X Factor – o pensa che un arcobaleno è pericoloso. Questo qualcuno lo lasciamo senza musica». Bravo Mika, lasciamo lo senza musica (in castigo). Notevole la sua Grace Kelly al pianoforte. L’unica nota stonata: quei due fazzoletti di carta, con cui si asciuga il sudore (tanto sudore). Conti li porta in giro per il palco come se tra le mani avesse un serpente velenoso. Ecco, magari, la prossima volta il momento dell’«asciugatura» lo si tiene per il dietro le quinte.

    Bravi e con una bella storia da raccontare i ragazzi dell’orchestra Cateura dal Paraguay. Suonano strumenti realizzati con teglie, tubi, latte e altri rifiuti che trovano nella discarica a due passi da casa. Momento dedicato ai giovanissimi anche quello ideato per festeggiare i sessant’anni dello Zecchino d’Oro. Il Piccolo Coro dell’Antoniano canta svariati grandi «piccoli» successi: dalle tagliatelle di nonna Pina al coccodrillo come fa, passando per Popoff. E in un attimo torniamo tutti ad avere otto anni.
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    IL PEGGIO

    Annabelle Belmondo e Anouchka Delon scendono le scale tenendosi i vestiti con le mani – ovviamente per evitare di inciampare. Però sembrano Anastasia e Genoveffa, le sorellastre (belle) di Cenerentola, al loro arrivo al gran ballo. Accennano due canzoni e via. Vabbé ragazze, alla prossima, e salutateci nonno e papà.

    Grande, anzi grandissima delusione della serata: Sergio Sylvestre. Quando canta La pelle nera, in compagnia dei Soul System, va completamente fuori tempo. Corre dietro alla melodia fin dalla prima nota. Corre, corre per tutto il pezzo, ma nulla. Non ci prende mai. I vincitori di X Factor e il primo classificato di Amici sembrano su due pianeti diversi. Anzi, sembrano cantare due pezzi diversi. Peccato. Ci tengono a precisare, però, che la colpa è tutta di un problema tecnico.

    Deboluccia, poi, un po’ tutta la parte comica. Crozza nei panni di Papa Francesco non fa scintille. La sua copertina non è assolutamente quella meglio riuscita. Infine, Luca e Paolo, più soporiferi che divertenti. In generale lo show è troppo lungo. Nella parte finale è più una prova di resistenza che altro. I tempi non tornano. Si va troppo oltre la mezzanotte. Ultima, ma non ultima considerazione: basta parlare di questa caramella in bocca di Maria (che stasera è meno Queen del solito). Il messaggio è chiaro: Conti sorvola, per favore.

  437. Finale dei giovani (tutta maschile): Vince Lele con Ora mai, che arriva davanti a Maldestro, Leonardo Lamacchia e Francesc Guasti. Premio della critica della Sala stampa Mia Martini a Maldestro per la sua Canzone per Federica, a Tommaso Pini quello della sala stampa Lucio Dalla.

    LA GARA

    Sono le 21.26 quando dopo una non memorabile gag di Maria De Filippi e Carlo Conti, cominciano le canzoni. Il primo a salire sul palco è Ron. Purtroppo la gag, una dentiera sorridente tenuta in bocca da Maria, continua anche dopo il brano. Via via, passano tutti i big. E allora ecco Chiara di rosso vestita. Samuel che finalmente porta un po’ di ritmo. Al Bano, tante spine e poche rose. Ermal Meta viaggia verso la vittoria. Intanto la canzone di Michele Bravi, Il diario degli errori, inizia piano piano a farsi largo: vuoi vedere che, zitto zitto… Mannoia si conferma tra i migliori. Ragazzi fuori di Clementino potrà anche non piacere, però il video ha collezionato 500 mila clic in 24 ore. Continua a non convincere la pur simpatica Lodovica Comello: difficile superare l’effetto Disney Channel. Tocca a Gigi D’Alessio, che fa Gigi D’Alessio. Dopo il momento Virginia Raffaele, conquista il palco Paola Turci, giacca senza niente sotto e pantaloni bianchi su tacchi a spillo neri. Paola è la vera rivale di Ermal. Marco Masini si conferma una garanzia sanremese, all’Ariston è sempre come a casa sua. Dopo la premiazione delle Nuove Proposte, è il turno del vincitore dello scorso anno, Gabbani. Vestito da scimmia fa ballare tutti. Si torna alla normalità con Michele Zarrillo, imprigionato negli Anni Novanta. Bianca Atzei canta e piange. Sergio Sylvestre continua ad avere una voce di gran lunga migliore della canzone. Ma il pubblico di Amici potrebbe portarli molto in alto. Sempre in territorio Amici, arriva Elodie. Chiudono la serata Fabrizio Moro, Giusy Ferreri e Alessio Bernabei.

    Passano: Chiara, Clementino, Masini, Elodie, Alessio Bernabei, Michele Zarrillo, Paola Turci, Bianca Atzei, Sergio Sylvestre, Samuel, Michele Bravi, Lodovica Comello, Gabbani, Fabrizio Moro, Ermal Meta, Fiorella Mannoia.

    Fuori: Giusy Ferreri, Ron, Al Bano e Gigi D’Alessio.

    IL NONNO EROE

    Gaetano Moscato, il nonno eroe che ha perso una gamba nella strage di Nizza per salvare i nipoti, racconta quella terribile notte: «E’ difficile dimenticare certe cose». Sul palco anche il nipote Filippo: «Il nonno è una persona forte e coraggiosa. Gli auguro che possa tornare a fare tutto quello che faceva prima».

    CROZZA MOMENT

    Dopo l’esibizione di Ermal Meta, arriva la copertina di Maurizio Crozza. Prima in versione Nando Pagnoncelli, poi giù di satira politica: nel mirino Matteo Renzi “inutile” come un ukulele, l’assenza della legge elettorale («adottiamo il Sanremellum») e Gentiloni che è arrivato a Palazzo Chigi senza portarsi nemmeno il cambio. Infine l’affondo sulla gag dei denti che ha visto protagonisti i due conduttori: «Fa venire voglia di pagare il canone… A Mediaset».

    LA BELLISSIMA

    Marìca Pellegrinelli: bella, anzi bellissima. L’abito nero con frange e trasparenze esalta tutta la sua femminilità. Dolcissima quando racconta del marito Eros e intona la canzone di Arisa Guardando il cielo.

    LA PROMOZIONE DI ANTONELLA CLERICI
    L’animatrice di Ti lascio una canzone e la prova del cuoco sale sul palco del Festival per presentare il suo nuovo programma canterino che inizierà venerdì prossimo, sempre su Rai 1, Standing Ovation. Tra una cantatina di Felicità con Conti e un selfie (la Clerici non sa fare un selfie. Nel 2017. Succede pure questo), il siparietto scorre via e si torna ai cantanti in gara.

    C’E’ SANDRA MILO, AH NO E’ VIRGINIA RAFFAELE

    Virginia Raffaele è una strepitosa Sandra Milo intervistata da Carlo Conti. Uno sketch molto gradevole e divertente ricco di battute fulminanti e doppi sensi, senza scadere mai comunque nel volgare. La Milo/Raffaele ha anche cantato accompagnata dal Piccolo Coro dell’Antoniano, composto però da anziani invece che bambini: «24 ore al Festival corrispondono a sei mesi di vita vera». Numero arricchito e chiuso da un omaggio a Federico Fellini.

    MONTALBANO SONO

    Luca Zingaretti arriva per promuovere la nuova serie del Commissario Montalbano, vero e proprio asso pigliatutto dei Rai1. Vecchi o nuovi episodi, poco cambia, sono sempre milioni gli italiani che lo guardano. Elegante, l’attore romano ha anche brevemente intonato (più o meno) Vita spericolata di Vasco Rossi.

    IL FUORICLASSE DELLA DANCE

    E’ ormai mezzanotte quando parte l’omaggio al due volte Premio Oscar Giorgio Moroder con quattro classici tra cinema e dancefloor: Take My Breath Away a Hot Stuff, What a feeling, Call me. Linus gli consegna il Premio Città di Sanremo.

    DJ SET

    Robin Schulz trasforma per qualche minuti l’Ariston in un club. Ormai è quasi l’una di notte e forse non bastano nemmeno la musica house a ridestare gli spettatori assonnati.

  438. Se avessero fatto una bella X sulla quarta serata, passando direttamente alla finale, non se la sarebbe di certo presa nessuno. Scorrono i minuti, ma in testa si fa strada con prepotenza una sola domanda: ma quando finisce? Passano le ore e c’è una sola possibile risposta: mai. Il Sanremone infinito non decolla, non spiega neanche le ali. Sembra rimasto senza benzina. Appare stanco, provato.

    I segni di questa “serata no” sono chiari fin da subito: il siparietto facce da Festival lascia perplessi. E quando Maria e Carlo indossano i finti dentoni bianchi (fanno quasi concorrenza a Edward e Bella) si intuisce che andrà sempre peggio. La gag delle dentiere «fa venire voglia di pagare il canone… A Mediaset» (come ben dice Crozza).

    Tocca ad Antonellina Clerici, in versione sedicenne vorrei ma non posso. Scende le scale con l’aiutino di Conti. Poi si mette a fare «quella tecnologica». Fa ammirare a tutti la sua cover (dove c’è lei con un vestito rosa a balze a dir poco principesco). E infine chiede agli «amichetti» di fare un selfie, senza poi riuscire a farlo. Della serie: vogliamo fare i giovani ma non lo siamo. Per di più quando annuncia Lodovica Comello la chiama in tutti i modi, tranne che in quello giusto: prima Camello e dopo Federica. Vabbé. Sarà l’età.
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    IL MEGLIO

    Gran ritorno di Virginia Raffaele. Una delle poche scelte azzeccate della serata. Stavolta veste i panni di Sandra Milo. Lo sketch è ricco di battute fulminanti e doppi sensi, senza scadere mai nel volgare. La ciliegina sulla torta? Quando chiama sul palco il Piccolo Coro dell’Antoniano, ma al posto dei 44 gatti-bambini ci sono gli anziani perché «24 ore al Festival corrispondono a sei mesi di vita vera». Finale ben riuscito con tanto di omaggio a Federico Fellini.

    Applausi per Francesco Gabbani, a cui l’originalità non manca di certo. Il cantautore dimostra di aver capito perfettamente come funziona lo show. Canta Occidentali’s Karma vestito da scimmia, mentre al suo fianco la scimmia (vestita con lo stesso maglioncino arancione che il cantante indossava mercoledì sera) balla. Conclusione: non solo regala un spettacolo divertente, ma fa anche riflettere con il gioco dei ruoli tra lui e la scimmia.

    A proposito di omaggi: quello a Giorgio Moroder risveglia anche la sala stampa. Ballano tutti (non solo la scimmia). Bravissimi i ballerini – quello veri – che trasformano il palco in una discoteca. La carrellata dei migliori successi dance è un balsamo per le orecchie e aiuta a sgranchirsi le gambe. Infine, una segnalazione di servizio: nella sfida dei giovani vince Lele. Tra i big eliminati Giusy Ferreri, Ron, Al Bano e Gigi D’Alessio.

  439. Quasi dieci milioni alla tv per la quarta serata del Festival, con uno share del 47,1%. Nel 2016 gli spettatori erano stati 10 milioni 164 mila telespettatori (47.81%). Carlo e Maria confermano, dunque, che l’«inciucio» dà ottimi risultati. Tornando alla gara, il compito di aprire la finalissima tocca a Zucchero. Per la prima volta super ospite, canterà Ci si arrende, Partigiano Reggiano in una versione più lunga e sarà protagonista di un duetto virtuale con Luciano Pavarotti.

    Sul palco anche Alvaro Soler, che farà un mix delle sue hit (Sofia compresa). Momento tutto al femminile poi con le protagoniste della fiction di Raiuno C’era una volta Studio Uno. Spazio anche per l’alta cucina con lo chef Carlo Cracco.

    Fuori sfida, Paolo Vallesi e Amara, che canteranno Pace, canzone che non è entrata in gara e che sarò dedicata agli italiani impegnati nelle missioni di pace. Chi è in gara dovrà invece affilare le unghie: le esibizioni dei sedici big rimasti saranno infatti sottoposte al televoto, al giudizio della giuria di qualità e a quello della giuria demoscopica, che peseranno rispettivamente per il 40, 30 e 30 per cento. Una volta ottenuti i nomi dei primi tre, sarà il televoto a decidere il vincitore.

    Infine, oltre al consueto appuntamento con Maurizio Crozza, la comicità sarà affidata a Enrico Montesano e Geppi Cucciari. Durante la finale verrà anche consegnato un premio alla carriera a Rita Pavone.

  440. ran rimonta di Francesco Gabbani , che sera dopo sera, risale la vetta fino al numero uno con la sua Occidentali’s karma: è lui il vincitore del Sanremone di Conti e Maria. All’ultimo sorpassa Fiorella Mannoia (seconda) ed Ermal Meta (terzo). Il resto della classifica è tutto qui: quarto Michele Bravi, poi Paola Turci, Sergio Sylvestre, Fabrizio Moro, Elodie, Bianca Atzei, Samuel (decimo posto), Michele Zarrillo, Lodovica Comello, Marco Masini e Chiara. Ultimi due: Alessio Bernabei e Clementino ( a conferma che a Sanremo non è ancora l’ora del rap).

    La finalissima (nonostante la lunghezza) tutto sommato scorre. Il ritorno di Zucchero al Festival, dopo ben trent’anni, è memorabile. Canta Partigiano reggiano con un’energia contagiosa. Duetta virtualmente con Pavarotti su Miserere, regalando al pubblico una delle istantanee più belle di tutto il Sanremone. L’esibizione è da brividi, emozione pura. Scatta pure la standing ovation dell’Ariston.

    La copertina al Festival funziona. Crozza, in carne e ossa sul palco, dà il meglio di sé. Imita il senatore Razzi e infila una serie di strafalcioni lessicali. Prima ironizza sullo scandalo furbetti di Sanremo: «Quando ho visto quelli che timbravano il cartellino in mutande e poi andavano a casa, ho pensato “ma quello è il paradiso”». Poi il «senatore» fa l’elenco dei suoi brani preferiti, tra cui Papaveri e pecore. Il momento più bello, però, è quando (tornato Crozza) si avvicina a Maria e le dà 10 euro: «Tu non puoi lavorare gratis, è diseducativo per i bambini». Applausi, e anche tanti.

    Finalmente, la prima papera di Queen Mary. Annuncia Elodie e, nel farlo, sbaglia un nome. Chiede di rifare e rifà. Ammette l’errore e ripete tutto correttamente: perfetta anche quando rimedia alle piccolissime sbavature. Insomma, è superba in tutto quello che fa (in realtà senza fare niente di che). Divertente la gag con Geppi Cucciari. Per un paio di minuti non è più Sanremo, è «C’è posta per te» con tanto di sigletta e poltroncina. Geppi prende in giro Maraia (ovvero Maria): «Ha una malattia e vive in una televisione, e mangia sempre la stessa caramella al limone». Ma ne ha anche per Conti: «E’ un tronista per la versione di Uomini e donne Anziani». Infine la domandona alla De Filippi: «Il prossimo anno conduci Sanremo?». E lei: «Ciaone».

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    IL PEGGIO

    Delle clip di “in bocca al lupo” ai cantanti, con altri contanti o comunque altri vip nei panni di supporter, potevamo farne anche a meno. Nei video Bertè, Nek, Fiorello, Riccardo Fogli, Giuliano Sangiorgi (ecc..), non sembrano mai molto convinti. Tanti complimenti, tanti auguri, bravi tutti. Peccato che sia Sanremo non la sagra dell’ovvietà buonista. E poi il filmatino dal salotto di casa fa troppo youtuber della prima ora.

    Montesano non fa ridere. Scende le scale da seduto e dice: «Maria…guarda che idea che ti ho dato», riferendosi alla De Filippi. Il suo monologo, un mix tra ricordi musicali e battute politiche, è troppo lungo e troppo vecchio stile. Tipo questa: «Prima si cantava di più. Nella pausa del lavoro si cantava, al ritorno del lavoro si cantava, oggi si canta a voucher a tempo determinato». Siamo nel Duemila, ma lui non sembra esserne accorto.

  441. Il Festival dei primi della classe non poteva che finire così, con un boom di ascolti. Nella finalissima (dove ha vinto di Francesco Gabbani con Occidentali’s karma) la media è stata di 12 milioni 22 mila spettatori con il 58.4% di share (il più alto degli ultimi quindici anni). Si tratta del miglior risultato dal 2002. La finale del 2016 aveva ottenuto in media 11 milioni 223 mila spettatori pari al 52.52%. Picco di ascolto sul finale della copertina live di Crozza. Record di share, invece, sull’annuncio della vittoria del cantautore toscano.

    La prima parte della serata (dalle 21.14 alle 23.54) è stata seguita da 13 milioni 553 mila spettatori pari al 54.28%, la seconda (dalle 23.58 all’1.45) 9 milioni 680 mila con il 69.66%. Boom anche per i primi minuti del Dopofestival (dall’1.45 all’1.51), ospiti i protagonisti del podio, Gabbani, Fiorella Mannoia e Ermal Meta: 4 milioni 901 mila spettatori con il 64.81%.

    Carlo supera così se stesso (+8 % sull’anno scorso, +4% sul 2015), chiudendo in bellezza il trienno alla direzione artistica e conduzione del festival. «Sanremo è stato capace di unire il paese, abbiamo registrato livelli di share altissimi. Per i giovani da tra i 15 e 34 anni oltre 52%, le ragazze 57%», dice il direttore di Raiuno Andrea Fabiano. Trionfo anche sui social: oltre 37 milioni di interazioni sulle varie piattaforme. Le parole più twittate sono state «vincere, Gabbani e Sanremo».

    La finale a sedici vede Mannoia prima, poi Gabbani, Meta, Bravi e Turci. Nella demoscopica e negli esperi Mannoia in testa, secondo Meta. Nel televoto Gabbani, Mannoia e Bravi, poi Sylvestre, Moro. La finalissima a tre, invece, produce tre graduatorie diverse nelle tre giurie. Demoscopica: Mannoia 38%, Gabbani 33%, meta 29%. Esperti: Meta 44%, Gabbani 29%, Mannoia 27%. Televoto: Gabbani 44%, Mannoia, 33%, Meta 23%. Finisce così: Gabbani 36%, seconda Mannoia 33%, terzo Meta 31%. Per la giuria demoscopica Al Bano e D’Alessio 18esimo e 19esimo: sono stati meno premiati che in passato dal televoto.

    Grande soddisfazione, dunque, per Carlo e Maria. «Ho portato sul palco me stessa – dice Queen Mary – e mi sono messa alla prova su una cosa lontana da me. Mai avrei pensato che potesse essere così. Pian piano entri in un frullatore e non capisci neanche come ti chiami. Avevo paura di sbagliare anche il mio nome. Sono contentissima per Carlo, mi dava tranquillità. Eravamo complementari». Sulle canzoni rivela: «Fiorella Mannoia è stata coraggiosa a venire al festival. Ha scelto una cover di De Gregori non popolare, però ha cantato quello che le piaceva cantare». Tra i suoi pezzi preferiti cita «Gabbani, Meta, Moro e Michele Bravi». Gran finale con il regalino a Carlo: l’Oscar “Carlitos”.

    Inchino e ringraziamenti finali anche per l’Abbronzatissimo, che chiude un percorso perfetto: «Grazie a Giancarlo Leone e alla mia famiglia». Poi mostra il bonifico fatto per i terremotati: 100 mila euro. «Aiutare gli altri è bello proprio quando non si dice – spiega il conduttore – e mi è spiaciuto doverlo dire». E su un possibile Conti IV scherza: «Non posso, devo andare a Mediaset».

  442. Si parte con la sigla, i campioni cantano un brano composto da Claudio Baglioni: sembra quasi uno scherzo ma purtroppo è la realtà. Sul palco poi, compare (per fortuna) subito Fiorello. Ma ecco che arriva un altro problema: anche qui, sembra tutto finto e invece no. Un contestatore, che a quanto pare è sfuggito alla sicurezza, non permette a Fiore di iniziare il suo spettacolo. Bravissimo, lo showman risolve la situazione brillantemente e poi legge il messaggino che il direttore artistico gli ha inviato per convincerlo a venire al Festival. Da lì in poi sono solo risate e applausi. Battute a raffica, sul presidente turco Erdogan «che sta venendo a Sanremo perché ha saputo che ci sono 1300 giornalisti liberi», sul «toy boy di Orietta Berti», sul «canone che pagano tutti perché sta in bolletta, e se staccano la corrente non si vedono Netflix e Sky». Divertentissimo il suo mash up tra le canzoni di Claudio Baglioni e quelle di Gianni Morandi, in cui i pezzi dell’uno si fondono in quelle dell’altro.

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    Non proprio indimenticabile il monologo iniziale di Claudio Baglioni, che vuole essere poetico ma rasenta il retorico. Elegantissima Michelle Hunziker e subito padrona del palco. Più a disagio, almeno all’inizio Pierfrancesco Favino.
    La gara inizia. Onore e onere affidato ad Annalisa e la sua Il mondo prima di te. Michelle Hunziker ricorda che le canzoni sono inedite, e ci mancherebbe anche. Subito dopo tocca a Ron con il brano scritto da Lucio Dalla Almeno pensami. Michelle dice al marito in platea: «Sei talmente bello che ti sposerei di nuovo», poi spazio alla voce di Ron. La canzone scritta da Lucio Dalla è pura poesia. Tocca ai The Kolors con Frida (Mai, mai, mai), pezzo radiofonico ma con poche emozioni. Max Gazzè con la sua La leggenda di Cristalda e Pizzomunno e l’arpa di Cecilia ci catapultano nel mondo delle favole. Nuova incursione di Fiore, che risolleva subito gli animi. Costretto a riempire lo spazio lasciato vuoto dalla Pausini, si inventa un gioco con la platea. «Chi voterà Pd? Chi 5 Stelle? Chi centrodestra?». Ma la telecamera non inquadra mai la platea. Poi arriva la telefonata della cantautrice che con un filo di voce rassicura sulla sua presenza prevista per sabato sera. Gran finale: Fiore e il “dittatore artistico” cantano E tu, ed è un trionfo assoluto.

    La competizione entra nel vivo. Vanoni, Bungaro e Pacifico convincono con Imparare ad amarsi: un testo che incanta. Siparietto Favino che cita i The Jackal ripetendo gnigni due volte. Poi è il turno dei grandi favoriti: Non mi avete fatto niente di Meta e Moro si candida a salire sul podio, i social esultano. Arriva Mario Biondi, ma la vera ovazione è per Peppe Vessicchio che dirige l’orchestra. Rivederti non resterà nella storia della musica italiana.

    Arriva il momento della gag con Favino che dovrebbe declamare Leopardi e invece canta alcuni classici della musica leggera italiana: «Claudio, fammi cantare!». Fa Ramazzotti e sale sul palco la Hunziker: «Proprio questa?».

    Ne viene fuori un altro bel collage canoro. Applausi anche a Favino.

    La gara riprende con un pezzo dei Pooh, il primo: Roby Facchinetti e Riccardo Fogli. Il segreto del tempo è senza tempo: sicuramente non appartiene alla contemporaneità. La performance del duo ampiamente è stonata. In ogni senso. Termina la canzone e Facchinetti piange. Salto generazionale, anche qualcuno in più di uno solo, ed ecco Lo stato sociale. Una vita in vacanza si candida a tormentone di quest’anno. Brano allegro, la si può addirittura ballare.Sul palco una non giovanissima ballerina acrobatica rende l’esibizione indimenticabile. I ragazzi si divertono, il pubblico con loro.

    Nuovo momento -show dei conduttori con la Hunziker che canta E se domani di Mina con i due disturbatori Baglioni-Favino in azione.

  443. Con Noemi e Non smettere mai di cercarmi riprende la competizione. Sono le undici passate da quattro minuti e siamo a metà del percorso. Mancano ancora dieci brani. La voce graffiante della rossa è una garanzia. Il ritorno dei Decibel rende omaggio a David Bowie con Lettera dal Duca. Purtroppo la voce calda di Enrico Ruggeri è un ricordo. Arrivano gli Elio e le Storie Tese conciati da indiani con Arrivedorci. Siamo ben lontani dai maggiori successi degli Elii. Siamo dalle parti di uno di quei brani riempitivi di un album. Peccato davvero. Molto sanremese l’Eterno del bravo Giovanni Caccamo. Forse troppo. Ed ecco l’altro Pooh in gara, il bassista Red Canzian, ma senza basso. Ognuno ha il suo racconto ha un bel tiro, siamo decisamente altrove rispetto ai compagni di band. E Red la canta anche bene. E siamo allo stornello romano di Luca Barbarossa, che canta Passame er sale. Elegante.

    Momento ospiti: il duetto di Baglioni e Morandi emoziona. Poi spunta anche Tommaso Paradiso per cantare, con il secondo, Una vita che ti sogno. Presentando il brano il direttore artistico riesce a sbagliare anche il titolo. Come dice lui nel corso della serata: «Meglio cantare va…».

    Si torna ai cantanti. Diodato e Roy Paci sono un lampo di luce che squarcia la monotonia. E Adesso merita di volare alta in classifica. Nina Zilla con Senza appartenere è senza sostanza. Dopo lo spot al nuovo film di Gabriele Muccino si esibisce Renzo Rubino. La sua Custodire ha una bella storia e un bel messaggio ma l’interpretazione manca di forza.

    Enzo Avitabile e Peppe Servillo portano con Il coraggio di ogni giorno una delle canzoni dalle sonorità più originali della kermesse. Una canzone coraggiosa, che strizza l’occhio a un altrove.

    A chiudere la lista dei venti concorrenti arrivano Le Vibrazioni, che presentano un brano in assoluta continuità con la loro produzione. Così sbagliato risveglia gli assonnati spettatori dell’Ariston prima della buonanotte.

    La prima puntata si chiude con la comunicazione della classifica parziale, composta con i dati della giuria demoscopica. I colori indicano il gradimento: blu in alto e rosso in basso. Blu: Lo Stato Sociale, Meta-Moro, Ron, Gazzè, Noemi, Annalisa, Nina Zilli. Giallo: Barbarossa, Biondi, Vanoni-Bungaro-Pacifico, Caccamo, The Kolors, Elio e le Storie Tese. Rosso: Decibel, Diodato e Roy Paci, Renzo Rubino, Avitabile-Servillo, Red Canzian, Le Vibrazioni, Facchinetti-Fogli. Ora spazio al Dopofestival per chi ancora a forza.

  444. Boom di ascolti per il Sanremone di Baglioni. Nella prima serata sono rimasti incollati su Raiuno 11 milioni 603 mila telespettatori, con in media il 52.1% di share. Un risultato raggiunto anche grazie al grande talento di Fiorello (picco di ascolti). Superati Conti e Queen Mary, che l’anno scorso avevano raccolto in media 11 milioni 374 mila spettatori con uno share del 50.4%. Ironia della sorte ieri sera lo share più alto si è toccato sulla performance di Ermal Meta e Fabrizio Moro, finiti nel frattempo nella bufera per il loro brano Non mi avete fatto niente molto simile a una canzone dello stesso autore presentata a Sanremo Giovani nel 2016. In attesa di una decisione definitiva la Rai li ha sospesi e questa sera Renzo Rubino, previsto per domani, canterà al loro posto.

    I numeri dunque danno ragione al direttore artistico, che continuerà senza voltarsi indietro nella sua missione: la musica prima di tutto: «Specialmente per quelli che fanno il nostro mestiere – dice Claudio Baglioni – già concludere un debutto è un grande risultato. Sono felice per il risultato dell’ascolto, vedo tutti visi soddisfatti, i complimenti si sprecano ma questo deve essere anche un modo per portare avanti questo festival che ci eravamo prefissi potesse essere riconciliato a questa arte povera della canzonetta che avevo detto sarebbe stato non nazional-popolare ma popolar-nazionale».

    Soddisfatta anche Michelle Hunziker: «Sono molto emozionata, sono contenta che il fiore sia stato indossato da molti artisti sul palco. Ma dobbiamo restare concentrati e non abbassare la guardia. Per questo adesso ci aspettano altre prove». Della stessa idea Pierfrancesco Favino: «Grazie al divertimento tutto si è sciolto, era bello guardarla da fuori questa cosa. Penso sia stato un bello spettacolo ieri, io non sono abituato a guardare i numeri ma più alla soddisfazione personale».

    La scaletta della seconda serata

    Stasera in apertura spazio alle nuove proposte Lorenzo Baglioni, Alice Caioli, Mirkoeilcane e Giulia Casieri. I dieci big che si esibiranno sono invece (in ordine di uscita) Le Vibrazioni, Nina Zilli, Diodato-Paci, Elio e le Storie Tese, Vanoni-Bungaro-Pacifico, Red Canzian, Ron, Renzo Rubino al posto di Meta-Moro, Annalisa e Decibel .

    Tra gli ospiti grande attesa per Il Volo, che torna a Sanremo dopo tre anni. Insieme al direttore artistico renderanno omaggio a Sergio Endrigo con il brano Canzone per te. Il trio poi intonerà il successo baglioniano La vita è adesso.

    Ci sarà poi Biagio Antonacci che sempre con Baglioni canterà Mille giorni di te e di me. Sting e Shaggy si esibiranno nel nuovo brano Don’t Make Me Wait, poi il cantautore britannico, per l’omaggio alla musica italiana, intonerà Muoio per te di Zucchero. All’Ariston infine arriverà anche il volto di Rai3 Franca Leosini, che sarà protagonista di una gag con Baglioni. Ospiti anche il Mago Forest e Pippo Baudo, a 50 anni da suo primo Festival.

  445. Verdetto finale del Sessantottesimo: vince il duo Ermal Meta-Fabrizio Moro con “Non mi avete fatto niente”, secondo Lo Stato Sociale (Una vita in vacanza), terza Annalisa (Il mondo prima di te). Il podio è quello indicato su «La Stampa» di ieri, la medaglia d’oro farà discutere perché la canzone vincitrice è quella prima sospesa e poi riammessa per sospetto plagio. Ci sarà tempo per scannarsi. Intanto, nell’orgia finale di targhe e premi minori, sublime la Vanoni, miglior interpretazione: «Questo è il premio di?», in tono perplesso. E il trionfale Baglioni I finisce come tutti quelli che l’hanno preceduto: classifica, premiazione, coriandoli, un bell’applauso. Peccato per gli Elii, ventesimi su venti, Arrivedorci.

    E dire che la serata terminale non era iniziata benissimo. SuperClaudio si presenta con una giacca di raso rosso, che per un gentiluomo è possibile solo se fa l’ospite d’onore al Carnevale di Rio. E poi sbaglia il titolo della canzone del bravo giovine che ha vinto l’apposito concorso. Dice Il ballo delle apparenze, e invece sarebbe Il ballo delle incertezze. A sua volta, il giovanotto, che di nome (d’arte, si suppone) fa Ultimo, cantando si perde clamorosamente l’orchestra, e viceversa.

    Ma che ce frega, direbbe Luca Barbarossa passando «er sale» come da titolo della sua canzone, la prima dell’interminabile micidiale carrellata. Il Sanremone passa agli archivi come trionfo tanto più significativo perché inaspettato. Gli ascolti non erano così cicciuti dal 1999, come dire il Pleistocene. Quindi tutto il finale è una celebrazione, con grande scialo dei tre aggettivi tipici o forse unici dell’hunzikerese: pazzesco, straordinario, eccezionale, detto anche di imprese magari non proprio memorabili come spostare un pianoforte o accendere un riflettore. Il capolavoro è quando chiede un bell’applauso per i tecnici che hanno lasciato Ron senza microfono (ma forse non è un’idea così cattiva). Stasera Michelle ma belle in Armani privé e il Favino Pierfrancesco hanno l’espressione sollevata e la loquela facile di due cui è arrivata una raccomandata Equitalia che comunica che hanno pagato più del dovuto.

    Al solito, lo show è affidato agli ospiti. Laura Pausini, malata alla prima, recupera all’ultima, con una telefonata benedicente di san Fiorello Magno: cortesie fra amici, però il Fiore è in grado di fare spettacolo anche pochi secondi al cellulare. «Siete in linea con lo scaldapubblico», e giù battute. Però anche Laurona nostra s’inventa una gran gag per chiudere la sua comparsata. «Come se non fosse stato mai amore» la va a cantare fuori dall’Ariston, davanti alle transenne dove si accalca il Quarto Stato senza biglietto, ed è subito tripudio.

    Arriva anche, inevitabile come uno dei suoi cuochi spignattanti, Antonella Clerici vestita da lampadario, obiettivo promuovere un imprecisato Sanremo Young. E potevano mancare i duetti del dittatore artistico? Dopo la Pausini (Avrai, e vi piace vincere facile) tocca a Fiorella Mannoia però non su una canzone di Baglioni, ma di Fossati, Mio fratello che guardi il mondo, e anche questo ennesimo «Baglioni & Friends» è ben riuscito. I fan di Claudio si rasserenano subito: basta aspettare una mezz’oretta e il duetto diventa addirittura un quartetto, e stavolta su una sua canzone, Strada facendo, insieme con Nek-Pezzali-Renga. E poi le commemorazioni, di Gaber, di Tenco, insomma le sante memorie che a Sanremo non mancano mai. Si rivede perfino Mina, sia pure in forma di ologramma, e forse è la vera notizia.

    C’è di tutto: i ringraziamenti, i fiori di Sanremo, però solo sotto forma di bouquet, il ricordo delle Foibe nella giornata dedicata. Poi, certo, anche le rotture di scatole, tipo la spiegazione del regolamento o le terrificanti gag di Michelle & Pierfrancesco, due che ai nipotini potranno raccontare di essere sopravvissuti agli autori di Sanremo. E’ però buono il monologo di Favino: infatti non è loro, è di Koltès.

    Anche il premier Gentiloni apprezza su Twitter: «Sanremo, Italia. Un bel Paese si racconta». Si finisce, al solito, a orari inverosimili ma in gloria. Il Sanremone è andato. E il sollievo diventa già quasi nostalgia.

  446. È stata un’edizione che ha macinato record e conquistato i social. Il complesso sistema di votazione ha però prodotto verdetti differenti

    Questo Festival dei record, la kermesse che a posteriori ha messo d’accordo tutti, compresi i pessimisti che vaticinavano sfaceli («Baglioni non è un presentatore»), qualcosa di migliorabile l’avrebbe. Ed è il sistema di votazione che non è certo dei più facili da capire ed è così spezzettato e disunito da sembrare l’Italia che si prepara ad andare al voto.

    La vittoria di Ermal Meta e Fabrizio Moro è stata determinata combinando il televoto del pubblico a casa, degli esperti e della sala stampa, e i voti della prima serata, quella del martedì per intenderci, sono stati importantissimi. Nel corso della settimana le classifiche cosiddette «disaggregate» hanno messo in primo piano la giuria demoscopica, quella della sala stampa, del televoto e nelle ultime due serate c’è stato l’intervento della giuria degli esperti.

    Il voto «disaggregato»

    Ieri, prima della finale a tre, il televoto, che pesava per il 50%, aveva sancito il primo posto di Ermal Meta e Fabrizio Moro davanti a Lo Stato Sociale e Annalisa. Gli esperti (il cui voto valeva per il 20%) avevano scelto Ron, e al secondo posto avevano messo Ornella Vanoni, Bungaro e Pacifico, Luca Barbarossa al terzo e solo quarti Meta e Moro. Il voto della sala stampa (in questo caso il peso era del 30%) era abbastanza vicino al verdetto dei telespettatori che hanno televotato e infatti, i duecento giornalisti ospitati nella grande sala del roof garden del teatro Ariston, hanno messo al primo posto Lo Stato Sociale al secondo la coppia Diodato e Roy Paci e al terzo i vincitori annunciati Ermal e Fabrizio.

    Tutti questi calcoli hanno prodotto il terzetto di finalisti arrivati nelle prime posizioni e ancora una volta nella finale a tre le giurie hanno espresso vincitori diversi: il televoto ha confermato Meta-Moro in vetta, Annalisa e infine Lo Stato Sociale. Per gli Esperti la migliore è stata Annalisa, Meta-Moro e Lo Stato Sociale. Già qui verrebbe il mal di testa ma mancava ancora la votazione finale dove la sala stampa avrebbe portato sul gradino più alto del podio Lo Stato Sociale, Meta e Moro sul secondo e Annalisa sul terzo. Capirete che si può fare meglio di così. Probabilmente, un sistema più semplice, una «disaggregazione» mostrata dividendo i cantanti con i colori blu, giallo e rosso fa bene allo spettacolo e stuzzica le discussione (visto che sono state cancellate le eliminazioni) ma non la comprensione.

    On demand in crescita

    Per il prossimo anno bisognerebbe forse dare più peso al mondo del web e dei social network anche nelle votazioni poiché, dando un’occhiata ai numeri (impressionanti) si vede che questa è stata un’edizione da record assoluto anche per quanto riguarda il consumo sulle piattaforme digitali. Nelle cinque serate del Festival i video On demand distribuiti su RaiPlay e sul canale Rai di YouTube hanno totalizzato oltre 27 milioni di views mentre le visualizzazioni della quinta serata sono state 770 mila, segnando una crescita di oltre il 30% rispetto al 2017. Le visualizzazioni in streaming delle cinque puntate sono state invece 2 milioni e 800 mila.

    Twitter: +100%

    Sulle numerose piattaforme Social (non Rai) le interazioni generate dai profili Rai sono state oltre 28 milioni con una crescita del 25% rispetto al 2017. La prima serata del Festival con 6 milioni di interazioni complessive ha segnato il record dell’evento tv più commentato sui social di sempre in Italia.

    Su Facebook i post targati «Sanremo2018» hanno raggiunto tra il 5 e il 10 febbraio quasi 27 milioni di persone. Nello stesso periodo su Instagram i 560 post pubblicati hanno generato un numero di 1 milione e 600 mila commenti e like. Infine, su Twitter, le interazioni generate da Sanremo 2018 hanno registrato una crescita di oltre il 100% rispetto all’anno scorso.

  447. Nella serata amici-ospiti Ghemon invita Diodato, che l’aveva chiamato l’anno scorso. C’è pure Roy Paci, ma stavolta con i Negrita

    ALICE CASTAGNERI (INVIATA A SANREMO – “La Stampa”)

    C’è chi ci sale per la prima volta e chi è un veterano. E poi c’è chi per i corsi e ricorsi della vita (non solo artistica) si ritrova sul palco dell’Ariston come per volere del destino. Stranezze, coincidenze, scelte oculate: chiamatele un po’ come volete, ma quest’anno a Sanremo la mano del “fato” ha prodotto degli incroci da sudoku. Iniziamo da Patty Pravo. L’anno scorso l’abbiamo vista cantare con Briga nella serata dei duetti; e nel Baglioni 2 la ritroviamo sempre in coppia con Mattia Bellegrandi (sono in gara con Un po’ come la vita). Probabilmente le “prove” fatte sul palco nel Sanremone atto primo avevano convinto così tanto da tentare il bis (come ha fatto pure l’autoproclamatosi dirottatore artistico).

    C’è poi un’altra accoppiata non inedita: ovvero quella di Ghemon e Diodato. Il primo ha restituito il piacere al secondo, che l’anno passato l’aveva chiamato per la serata dei duetti. I due, comunque, venerdì sera eseguiranno Rose viola accompagnati anche dai Calibro 35. E Roy Paci? C’è pure lui, però sta in tandem con i Negrita.

    Per la serie bentornati, ma guarda chi si rivede, non possiamo non citare Ermal Meta e Fabrizio Moro, freschi vincitori dell’edizione 68. Meta sarà al fianco di Simone Cristicchi, mentre Moro si troverà spalla a spalla con Ultimo. A proposito di grandi ritorni, credo che siano tutti felici di rivedere Cristina D’Avena all’Ariston. Due anni fa quando venne inviata come super ospite ebbe l’idea del fortunatissimo Duets (progetto in cui canta le sigle dei cartoni con vari big della musica e di cui è già uscito un sequel). La fatina rock non ha mai nascosto il desiderio di farsi un altro giretto al Festival e la coppia Shade-Federica Carta l’ha accontentata.

    Grandi ritorni a go go, insomma, anzi ritorni epici: è appunto il caso dei Sottotono. L’ultima apparizione di Tormento e Big Fish insieme risale proprio a Sanremo (correva l’anno 2001) quando portarono sul palco Mezze Verità, brano che alla fine si guadagnò la posizione numero quattordici nella classifica finale.

    Infine, una gradita ricomparsa: quello di Rocco Hunt, che dopo un periodo di pausa artistica (nel frattempo però è diventato papà) tornerà nel teatro che gli permesso di far breccia nel cuore del grande pubblico con Nu juorno buono. Era il 2014. Nel 2015 poi si ripresentò, forte della vittoria nelle file dei giovani, nella serie A del Sanremone con ‘A verità (ma non andò proprio come sperato). Si esibirà con i Boomdabash e si preannuncia una performance esplosiva.

  448. Bisio: «Che sia giusto o sbagliato chiamare due comici a presentare, giudicatelo voi». Raffaele: «Stasera spazio al varietà, speriamo di divertire»

    alice castagneri
    inviata a sanremo

    Gli ascoltano calano, e adesso tutti si chiedono: perché? Che cosa non ha funzionato? Colpa della musica? Dello scarso varietà? Stiamo comunque parlando di oltre dieci milioni (10,1 per la precisione) di spettatori inchiodati alla tv per la messa cantata del Sanremone. Per quanto riguarda lo share il Baglioni bis tiene rispetto all’anno scorso e raggiunge il 49,5 per cento. Il picco di ascolti – pari a 15 milioni 662 mila spettatori – è stato raggiunto alle 21.46, mentre sul palco dell’Ariston c’erano Andrea Bocelli e il figlio Matteo. Alle 23.30 è stato toccato il picco di share, il 54%, durante il duetto tra Claudio e Giorgia.

    La direttrice di Rai 1 Teresa De Santis parla di «un risultato in linea con le aspettative». Il dirottatore artistico le porta un bel mazzo di fiori e poi la ringrazia: «Ancora ci tiene qui, ed è una nota di merito che va sottolineata. Domani faremo meglio». Archiviato il siparietto, Baglioni torna ai risultati: «Siamo soddisfatti, anche se qualunque manifestazione ha bisogno di rodaggio. L’obiettivo del popolar-nazionale mi sembra raggiunto, al di là dei numeri che sono interessantissimi, ma c’è la sensazione che nell’insieme abbia avuto un buon battesimo».

    Claudio Bisio fa subito (una divertente) autocritica. «Sanremo è un rito, una messa cantata, che sia giusto o sbagliato chiamare due comici a farlo giudicatelo voi. È un azzardo, noi dobbiamo fare il comico e il presentatore. So che posso fare di meglio – dice in conferenza stampa – mi sono sciolto quando ho salutato Bocelli agitando la mano. A quel punto potevo andare a casa, mi son detto “Peggio di così non posso fare”. Stasera spero di sciogliermi da subito e non spegnermi». Racconta poi di alcuni errori (umani): «Ieri non ho pranzato, non ho cenato, ringrazio che mi hanno dato bustine di magnesio. Stasera un riso in bianco voglio mangiarlo», spiega.

    Anche Virginia Raffaele mette le mani avanti: «Non sono una conduttrice, sono prestata a questo ruolo e spero di prenderci sempre più la mano. Sanremo è anche questo, quando leggi di “Nezzi Frazzi Lazzi”, è già tanto. Siamo a servizio del Festival, stasera avremo modo di fare un po’ più di varietà e speriamo di divertire». E sulla battuta dei Casamonica chiede scusa: «Mi spiace, la prima gaffe del Festival l’ho fatta io».

    Baglioni rivela poi qualche retroscena. Anche «la pipì del pianista può fermare il Festival…». Il direttore artistico spiega così il perché del contrattempo che ieri sera ha fatto ritardare l’esibizione in gara di Patty Pravo e Briga. Al momento di iniziare l’esecuzione tutto è rimasto fermo, e Patty Pravo, che non sapeva il motivo di questo ritardo, ha detto «Cosa sono venuta a fare qui? Una passeggiata o cantare?…».

    Direi cantare. E tornando alla musica stasera saliranno sul palco (l’ordine non uscita non è ancora noto) Achille Lauro, Arisa, Bertè, Shade e Federica Carta, Ex-Otago, Einar, Ghemon, Il Volo, Nek, Negrita, Silvestri e Turci.

  449. Cocciante, Mannoia e Mengoni protagonisti della seconda serata del Festival

    LUCA DONDONI
    SANREMO

    La prima serata del Festival di Sanremo 2019, il secondo targato Claudio Baglioni, è stata seguita in media su Rai1 da 10 milioni 86 mila telespettatori con il 49.5% di share. Un risultato in calo rispetto al 2018, quando l’esordio della manifestazione aveva ottenuto in media su Rai1 il 52.1% di share con 11 milioni 603 mila telespettatori. Bisogna dire che mancava l’effetto sorpresa sulla conduzione e quello dell’anno scorso era stato il risultato migliore dell’ultimo decennio. Comunque la platea è stata, in termini numerici, da vecchia tv. Questa sera per la seconda puntata del Festival, visto che non saranno più ventiquattro ma solo dodici i cantanti in gara che canteranno il loro pezzo sul palco dell’Ariston, la presenza dei super ospiti è fondamentale. La durata della kermesse prevede oltre quattro ore di spettacolo e se non ci fossero le star extra gara, chiamate ad alleggerire la tensione, alle 23 sarebbe tutto finito. Il più importante ospite della soirée è senz’altro Riccardo Cocciante sarà accompagnato da quel Giò Di Tonno protagonista del musical Notre Dame de Paris musicato e prodotto dall’autore di Margherita. Vedremo Fiorella Mannoia ma anche Marco Mengoni accompagnato da Tom Walker con il quale canta il nuovo singolo Hola super trasmesso dalle radio.

    Della partita anche il duo comico di Pio e Amedeo, famoso grazie alle incursioni per decine di servizi irriverenti de Le Iene. Questi due attori pugliesi si sono conquistati una vasta fetta di pubblico anche grazie al programma Emigratis e a Sanremo vorrebbero consacrare la loro popolarità peraltro confermata da uno show al Forum di Assago da tutto esaurito. Laura Chiatti e Michele Riondino verranno all’Ariston perché protagonisti di Un’avventura, un film/musical che racconta una storia d’amore struggente e piena di pathos. Mai prima d’ora le canzoni di Lucio Battisti e Mogol sono state protagoniste sul grande schermo; la regia della pellicola è di Marco Danieli, vincitore del David di Donatello per il miglior regista esordiente con La ragazza del mondo mentre le coreografie del film sono di Luca Tommassini. È immaginabile che Chiatti e Riondino si esibiranno con un brano presente nel film ma questo è ancora sotto stretto riserbo.

    Per confermare quanto promesso in conferenza stampa, Claudio Baglioni ha espresso il desiderio di creare un ponte con il Festival dell’anno scorso e così anche Michelle Hunziker è stata invitata a ripresentarsi in riviera. Nel 2018 Michelle fu la co-conduttrice insieme a Pier Francesco Favino (visto ieri sera) e si comportò benissimo incassando il plauso di pubblico e critica.

    Il mercoledì poi solitamente il giorno dedicato al “Premio alla carriera” che ogni anno il Comune di Sanremo consegna a un grande della musica italiana. Quest’anno la targa andrà a Pino Daniele e sul palco sono attese le figlie Cristina e Sara anche se in platea ci sarà anche la vedova Fabiola Sharabat. La carriera di Pino si è interrotta tragicamente il 4 gennaio del 2015 e il Comune di Sanremo, in accordo con il direttore artistico Claudio Baglioni, ha scelto questa motivazione: «In quarant’anni di incisioni discografiche e esibizioni dal vivo Pino Daniele ha saputo imporsi come figura di spicco e completa nel panorama della canzone d’autore italiana, mantenendo un legame fortissimo con la tradizione napoletana e guardando sempre con coraggio artistico e curiosità alle musiche del mondo».

  450. Standing ovation per Mengoni. Le gag non decollano, per fortuna arrivano Pio e Amedeo. Pasticcio con Cocciante che incespica cantando con Baglioni «Margherita»

    alice castagneri
    inviata a sanremo (La Stampa)

    Niente da fare, la liturgia comica del carrozzone sanremese non decolla (anche se la bravura di Claudio Bisio e Virginia Raffaelle è fuori discussione). Si salvano pochissime gag, tra cui quella di Carmen in cui l’attrice mostra tutto il suo talento cantando e fischiettando, da Bizet a Morricone. Diverte anche quando porta la «sedia definitiva» (dotata di merendine e confort vari) al dirottatore artistico, che si siede al pianoforte su una fantozziana poltrona in pelle umana. Non proprio imperdibile, invece, lo sketch dei due Claudi(i) sulla «punteggiatura sonora» nelle canzoni baglioniane.

    Sprecato il ritrovato tandem Bisio-Hunziker, l’incontro sedici anni dopo Zelig ha solo l’effetto di ricordarci quanto siamo invecchiati: dopo la gag al telefono – in cui la showgirl finge di essere a letto malata (un po’ com’era successo alla povera Pausini l’anno scorso) – Michelle scende raggiante la scala – con bustier nero laminato e gonna maestosa – e si scatena in un numero di musica e canto, che spazia da Grease al tango e che ha come tema la creazione «di una forza partitica che rinnovi la politica grazie all’amore», «una lega dell’amore finanziata coi baci e con i sentimenti», che «come simbolo ha il cuore della mamma» e «lo statuto di una sola riga: gioia, fratellanza, cuore, amore, mamma t’amo e nulla più».

    Evitabile anche il siparietto moralista sugli haters. Ricordando le critiche sui social per la giacca indossata nella prima serata, Bisio prende in giro gli odiatori seriali. Legge alcuni dei tweet a lui rivolti, uno in particolare con diversi errori grammaticali, e si rivolge alla mittente: «Teresa, io ti voglio bene. Ma rileggi sempre». Se l’obiettivo era far ridere, è fallito. Raggiungono lo scopo Pio e Amedeo che chiedono a gran voce il Baglioni tris. Risvegliano la platea e la sala stampa dal sonno in cui erano sprofondate: punzecchiano Lega, Pd e M5S, tirando in ballo pure il reddito di cittadinanza. Anche gli animalisti finiscono nel mirino.

    Sul fronte musicale la peggior esibizione è quella dei tenorini del Volo, forse semplicemente perché la canzone – nonostante il titolo, Musica che resta – non resta affatto. Eppure il trio, di sera in sera riscuote sempre più successo tra il pubblico (reale e virtuale). E alla fine potrebbe anche salire sul podio, chissà. Scivolone per Arisa, che salta una strofa di Mi sento bene.

    Promosso, invece, il graditissimo ospite Marco Mengoni, che visibilmente emozionato intona L’essenziale, canzone con cui vinse il Festival nel 2013. Standing ovation, prolungata per di più. Baglioni e il cantante di Atlantico eseguono poi Emozioni, ma qualcosa non quadra.

    Per fortuna, Baglioni si riprende alla grande con Questo piccolo grande amore, che fa cantare proprio tutti. Il momento karaoke rende felici grandi e piccini. Prima dei titoli di coda c’è ancora spazio per Riccardo Cocciante, che canta con Baglioni Margherita. Sembra filare tutto liscio, ma il pasticcio è dietro l’angolo, perché (incredibile) il capellone dai riccioli scuri incespica saltando delle parole. Non gli resta che recuperare intonando l’immortale pezzo a cappella.

  451. La divertentissima vendetta di Ornella Vanoni su Virginia Raffaele e le incomprensibili lacrime della Amoroso. Con Tozzi e Raf canta tutto l’Ariston

    alice castagneri
    inviata a sanremo

    Lo stacchetto di Virginia Raffaele e la grandissima Ornella Vanoni è da standing ovation. La signora della musica italiana – con un completo rosso fuoco, esattamente quello dello scorso anno – si vendica di Virginia, prima però insiste per cantare. «Non sei in gara anche quest’anno», avverte la Raffaele. «2018, 2019, ma è tutto uguale non è cambiato niente, navighiamo a vista», commenta la Vanoni, che poi prova a prendersi la sua rivincita: «Mi hai rovinato la vita facendomi passare per una rimbambita, una rincoglionita, una maniaca sessuale…Stai zitta! Quando sei andata da Carlo Conti a fare la mia imitazione, ho passato un anno di inferno! Tutti i tassisti mi chiedevano se fossi stata a Sanremo, sono andata in crisi di identità».

    Le battute tra le due continuano a raffica finché non arrivano sul palco Patty Pravo e Briga, pronti per cantare Un po’ come la vita. Ma la Vanoni si mette in mezzo e va a salutare la collega, anche se Virginia le dice che non può. «A una certa età si fa quello che si vuole», conclude Ornella. Applausi, meritati.

    Epico il medley di Tozzi e Raf. Tutto l’Ariston in piedi (salta e canta pure la sala stampa). Il battito animale, Ti pretendo, Tu e Gloria sono incise nel vocabolario della canzone nostrana. Il pubblico acclama i i due artisti a gran voce, tanto che Tozzi accenna anche Si può dare di più. Gran finale con il dirottatore artistico sulle note di Gente di mare. Cantano tutti anche quando sale in cattedra Antonello Venditti che non tradisce le aspettative della platea con Sotto il segno dei pesci.

    Non tanto memorabile, invece, l’esibizione di Alessandra Amoroso, ospite all’Ariston in occasione dei dieci anni di carriera. Dopo aver cantato si emoziona e scoppia a piangere. Non contenta, ringrazia pure mamma e papà. Manca solo l’appello alla «pace nel mondo».

    Per le gag comiche è un calvario. La prima però non è così male, il gioco della puntina che salta mette in mostra ancora una volta il talento di Virginia Raffaele. Bisio, invece, insiste a leggere i tweet senza senso che gli arrivano, stavolta ne commenta uno sul traffico di organi. Francamente, ne faremmo a meno.

    Niente da fare nemmeno per le gag di coppia. Bisio e la Raffaele sono ancora in fase di rodaggio. Speriamo che entro sabato ne azzecchino una. Il loro invito all’armonia su Ci vuole un fiore si trasforma in un litigio poco comico. lei continua a sbagliare le parole della canzone e al posto di “fiore” dice “fiordo”, poi “fluoro”, poi “flipper”. L’armonia scompare quando Bisio si infuria con la Raffaele per gli errori. «Sai quanto ci tengo alla precisione», dice il comico. Alla fine arriva un coro di bambini, e anche loro sbagliano dicendo «filtro».

    Di peggio c’è solo Rovazzi, anzi le canzoni di Rovazzi perché in realtà il suo sketch è divertentissimo. Parte con il tormentone Andiamo a Comandare, poi per fortuna arriva la svolta comica. Il maestro d’orchestra che lo accompagna alla richiesta di fare un altro pezzo risponde cosi: «No, basta. Ho toccato il momento più basso della mia carriera». E se ne va. Recuperato il sostituto, purtroppo Fabio si lancia in Tutto quello che voglio.

  452. da LA STAMPA –
    alice castagneri, roberto pavanello
    inviati a sanremo
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    Mahmood vince il Festival di Sanremo. Secondo Ultimo, terzo Il Volo. Standing ovation per Eros Ramazzotti. Finalmente si vede la vera Virginia Raffaele. Fatica Arisa, quasi afona a causa della febbre
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    La classifica finale dal quarto al ventiquattresimo posto:

    4 Loredana Bertè

    5 Simone Cristicchi

    6 Daniele Silvestri

    7 Irama

    8 Arisa

    9 Achille Lauro

    10 Lorenzo Nigiotti

    11 Boomdabash

    12 Ghemon

    13 Ex-Otago

    14 Motta

    15 Francesco Renga

    16 Paola Turci

    17 The Zen Circus

    18 Federica Carta e Shade

    19 Nek

    20 Negrita

    21 Patty Pravo e Briga

    22 Anna Tatangelo

    23 Einar

    24 Nino D’Angelo e Livio Cori
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    ll racconto della serata

    È (finalmente) arrivata la finalissima. Al solito Baglioni lancia lo show con i ballerini, stasera canta E adesso la pubblicità. Poi fa il predicozzo sull’edizione 69, chiede scusa e ringrazia (grazie, prego, scusi, tornerò?). Presenta i due comandanti, Bisio e Raffaele. Partenza di altissimo livello con Daniele Silvestri e Rancore, un pezzo potente e coraggioso. Irrilevante ai fine della gara Anna Tatangelo. Rose viola di Ghemon si conferma un ottimo brano. Anche i Negrita fanno il loro, e sembrano divertirsi molto sul palco: evidentemente vedono il traguardo.

    Il super favorito Ultimo si becca un fiume di applausi per I tuoi particolari: per lui il podio è sicuro, chissà magari si porterà a casa il trofeo. Nek si fa trovare pronto con il suo rock tutto da cantare. Lo stacchetto sotto la pioggia con il dirottatore e i due comandanti si poteva tranquillamente saltare, l’omaggio all’avanspettacolo con Camminando sotto la pioggia, canzone del 1942 del Trio Lescano, non è dei migliori. Ponte con il Sanremone dello scorso anno. A sorpresa, all’esterno dell’Ariston, Renato Pozzetto accompagnato da Lo Stato Sociale si esibisce in E la vita e la vita…

    Arriva il primo super ospite: Ramazzotti scalda la platea con Vita ce n’è. Poi duetta con Baglioni in Adesso tu. Dopo il momento nostalgia, Eros in coppia con Luis Fonsi fa ballare l’Ariston con Per le strade una canzone. Ma c’è un problema, l’audio nell’auricolare è troppo forte, così Ramazzotti se lo toglie. E la regia ci mostra il labiale: «È fortissima».

    Intanto nelle storie di Instagram Joe Bastianich, che fa parte della giuria d’onore, lancia un appello per votare i Negrita. Ma che davvero? E’ chiaro che non ha studiato la lezione sul conflitto d’interessi, eppure se n’è parlato così tanto in questi giorni.

    La Bertè graffia con Che cosa vuoi da me. Mentre Renga è un sonnifero. Tocca a Mahmood, ma la voce non si sente. Problema audio, purtroppo. Entra Bisio per metterci una pezza. Mahmood riparte, la sua canzone (Soldi) è talmente bella che si perdona anche l’errore alla regia. Ora, per risarcirci dovrebbero farcela sentire due volte. Gli Ex-Otago tutti di bianco vestiti, elegantissimi, ci regalano Solo una canzone (ma molto molto bella). Il Volo e la loro Musica che resta potrebbero piazzarsi parecchio in alto in classica. Inspiegabile.

    Il medley di Virginia che imita una serie di famosissime cantanti – da Patty Pravo a Giusy Ferreri passando per la Mannoia – è la gag più divertente del Baglioni bis. Virginia concede al pubblico quello che il pubblico (e la sala stampa) le chiedeva da giorni. Grazie, Virginia: fenomenale. E’ proprio vero, che il meglio arriva nel finale.

    L’ultimo ostacolo di Paola Turci è una canzone intima e sensuale: e lei la esegue alla perfezione (con indosso una jumpsuit corta, rigorosamente nera). E riecco la potenza dei The Zen Circus con la loro infilata di fotografie che ritraggono il nostro presente. Senza ritornello. L’amore è una dittatura cresce cresce come le maree e travolge il palco dell’Ariston. Questa sera, poi, ci sono di nuovo gli sbandieratori di nero vestiti.
    La tensione torna a scendere quando arriva il turno di Patty Pravo e Briga, In Un po’ come la vita le voci dei due interpreti non si sono mai davvero amalgamate per bene.

    Superato il momento Famiglia Addams, arriva l’altra ospite della serata, che viene aiutata da Claudio Bisio a scendere le scale. Abito lungo e tacchi a spillo, canta l’ultimo estratto dal suo album Fragile, per poi rendere omaggio a Luigi Tenco. Con Baglioni danno vita a una intensa interpretazione di Vedrai vedrai.

    Ci si diverte con Mi sento bene di Arisa che non fa sentire bene solo lei ma anche noi che la ascoltiamo e balliamo. Stasera qualcosa però non funziona, Arisa sembra avere problemi alla voce. Oggi infatti ha avuto la febbre, con la temperatura che ha raggiunto i 39.5. Una faticaccia arrivare alla fine della canzone. Stremata, con gli occhi lucidi, ringrazia con un filo di voce. A seguire, uno dei candidati alla vittoria finale: Irama e la sua La ragazza con il cuore di latta.

    Achille Lauro è stato, comunque la si pensi, uno dei veri protagonisti di questo Festival. E, diciamola tutta, Rolls Royce non è per nulla un brutto pezzo. Lui, il suo Sanremo l’ha già vinto. La coppia Livio Cori e Nino D’Angelo riabbassa il ritmo con Un’altra luce. La nuova Napoli e la vecchia si abbracciano all’Ariston. Il testo però risulta incomprensibile per i non campani. Si continua con un’altra coppia: la freschezza di Federica Carta e Shade porta un po’ di levità. L’inciso di Senza farlo apposta ti entra in testa e lì resta.

    Arriva il momento di Simone Cristicchi. Abbi cura di me ha conquistato a sorpresa uno spazio e un’attenzione che non erano per nulla previste. Difficile che lasci Sanremo senza nemmeno un riconoscimento.

    Quart’ultimo ad esibirsi è Enrico Nigiotti con la sua malinconica Nonno Hollywood, che ripensa alla vecchia Livorno e a un mondo che non c’è più. Per un milione dei Boomdabash prova a ridestare il pubblico quando ormai è quasi mezzanotte e mezza. Chiudono la serata Einar con Parole nuove e Motta con Dov’è l’Italia. Due canzoni molto diverse, che comunque si rivolgono a due tipologie di pubblico altrettanto differenti.
    A questo punto non resta che attendere i vari premi e soprattutto il nome del vincitore del 69° Festival di Sanremo. Dei 24 in gara rimarranno solo tre nomi. Uno di loro trionferà.

  453. La prima serata di Sanremo 2020 condotta da Amadeus debutta con il 52.2% e oltre 10 milioni.
    In percentuale si tratta del miglior risultato dal 2005.

  454. Il Festival di Sanremo di Amadeus debutta con una media di 10 milioni 58mila telespettatori e del 52.2% di share. Un risultato in termini percentuali che è il più alto dal 2005, quando il festival condotto da Paolo Bonolis aveva ottenuto il 54.10%.
    La prima parte della prima serata è stata seguita da 12 milioni 480mila spettatori con il 51.2% di share, la seconda da 5 milioni 709mila con il 56.2%. Nel 2019, la prima parte della prima serata del festival aveva raccolto 12 milioni 282mila spettatori con il 49.4% di share, la seconda 5 milioni 120mila con il 50.1% La media era stata invece del 49.5% di share con 10 milioni 86mila telespettatori.

  455. Il picco di ascolto, durante la prima serata del Festival di Sanremo, è stato raggiunto alle 21.45, quando Amadeus ha lanciato la gara con Irene Grandi: davanti a Rai1 c’erano in quel momento 14 milioni 942mila spettatori. Alle 00.27 il picco di share, con il 59.6%, quando Amadeus e Emma sono usciti dall’Ariston per raggiungere il palco in piazza Colombo

  456. Sono stati 9 milioni 962mila, pari al 53.3 per cento di share, i telespettatori che hanno seguito in media su Rai 1 la seconda serata del Festival di Sanremo di Amadeus. Un anno fa Baglioni bis aveva raccolto una media di 9 milioni 144mila spettatori e del 47.3 per cento. Per trovare una media migliore di una seconda serata bisogna tornare al 1995, quando il festival di Pippo Baudo raggiunse il 65.42%.

  457. Pur scontando un calo fisiologico in valori assoluti rispetto alla prima serata (che ha fatto segnare in media 10 milioni 58mila spettatori), la seconda serata del festival – durata fino all’1.43 – cresce di un punto di share (al debutto 52.2%). La prima parte ha avuto 12 milioni 841mila con il 52.5% di share; la seconda, 5 milioni 451mila con il 56.1%. Un anno fa la prima parte della seconda serata del festival di Claudio Baglioni aveva ottenuto 10 milioni 959mila spettatori con il 46.4%; la seconda 5 milioni 260 mila con il 52%

  458. Nella seconda serata Amadeus è apparso più rilassato e ha lasciato spazio all’amico Fiorello che supera ogni aspettativa: balla, canta, gioca a tennis sul palco con Djokovic, fa il quinto dei Ricchi e Poveri, tutto questo dopo essere entrato in scena vestito da Maria De Filippi, per mantenere la promessa fatta la sera prima.

    La prima standing ovation della serata è stata per Fabrizio Frizzi, che proprio il 5 febbraio avrebbe compiuto 62 anni. Tutti in piedi anche per Massimo Ranieri e Tiziano Ferro, che hanno duettato e si sono emozionati sulle note di Perdere l’amore, poi tutti a ballare sul medley dei Ricchi e Poveri, tornati eccezionalmente nell’originaria formazione a quattro. Superospiti della serata anche Zucchero e Gigi D’Alessio.

    Il pugno nello stomaco è stata la storia del guerriero Paolo Palumbo, 22enne malato di Sla, che ha proposto il brano Io sto con Paolo e con una voce elettronica ha raccontato la sua lotta contro la malattia, l’importanza di non arrendersi, lo straordinario rapporto con il fratello Rosario, invitando tutti a “continuare dritti per la propria strada”, perché non esistono sogni irrealizzabili.

    Nel ruolo di signore del festival, le giornaliste del Tg1 Laura Chimenti e Emma D’Aquino e Sabrina Salerno. Sul fronte della gara, Francesco Gabbani ha conquistato la classifica della serata e quella generale. Tra i Giovani passano in semifinale Fasma e Marco Sentieri.

  459. Sono stati 9 milioni 836mila, pari al 54.5% di share, i telespettatori che hanno seguito ieri su Rai1 la terza serata di Sanremo, dedicata alla cover dei grandi successi della storia del festival, che ha visto l’intervento del premio Oscar Roberto Benigni. L’anno scorso la terza serata del festival aveva raccolto in media 9 milioni 409mila spettatori con il 46.7% di share. Rappresenta il miglior risultato dal 1997, quando la terza serata del festival, condotto da Mike Bongiorno con Piero Chiambretti, fece segnare il 55.5%.

    Il racconto della terza serata – In apertura della terza serata del festival di Sanremo, Amadeus dedica un pensiero alle vittime dell’incidente ferroviario a Lodi. “Rivolgiamo un pensiero a loro e alle loro famiglie”.

    E’ Tosca ad aggiudicarsi la serata dedicata alle cover, in omaggio ai 70 anni del Festival di Sanremo. Dietro all’interprete romana, Piero Pelù e i Pinguini Tattici Nucleari. Il compito di votare questa sera era affidato all’Orchestra. Questa la classifica completa: 1) Tosca 2) Piero Pelù 3) Pinguini Tattici Nucleari 4) Anastasio 5) Diodato 6) Le Vibrazioni 7) Paolo Jannacci 8) Francesco Gabbani 8) Rancore 10) Marco Masini 11) Raphael Gualazzi 12) Enrico Nigiotti 13) Rita Pavone 14) Irene Grandi 15) Michele Zarrillo 16) Achille Lauro 17) Levante 18) Giordana Angi 19) Elodie 20) Alberto Urso 21) Junior Cally 22) Riki 23) Elettra Lamborghini 24) Bugo e Morgan.

    GLI ARTISTI SUL PALCO

    Tocca a Michele Zarrillo, in coppia con Fausto Leali, ad aprire una serata dedicata alle cover dei grandi successi della storia del festival. Il brano scelto è Deborah. Nella sua esibizione il rapper Junior Cally ha scelto Vado al massimo, proposta in coppia con i Viito, e cambia il testo del brano di Vasco Rossi citando le Sardine: “In mezzo a questi pesci grossi preferisco le Sardine”.

    Entra in scena all’Ariston Georgina Rodriguez, compagna di Cristiano Ronaldo, in abito lungo color carne tempestato di paillette, e Amadeus si improvvisa showman. Si toglie la sciarpa bianca che spicca sullo smoking di velluto nero e lascia intravedere una maglia della Juventus. “E’ la più bella camiseta del mondo”, dice la compagna di CR7. “Togliti la giacca, Amadeus”. Riluttante, il conduttore, di nota fede interista, obbedisce e mostra la maglia, che sul retro però è nerazzurra e porta la scritta Lukaku, punta di diamante dell’attacco della squadra milanese. Grande agitazione al Teatro Ariston dove è poi arrivato Cristiano Ronaldo a trasmissione già iniziata. Breve scambio tra Amadeus e CR7 all’Ariston. Il conduttore omaggia il calciatore con un gagliardetto della Juventus, ricevendone in cambio la maglia bianconera. “Ci sono campioni che appartengono a tutto il calcio”, commenta l’interista Amadeus.

    All’Ariston si torna a parlare di violenza contro le donne: un video punteggiato di microfoni rossi, ‘Una nessuna centomila’ è lo spunto per Amadeus per lanciare un grande concerto, sabato 19 settembre all’Arena Campovolo a Reggio Emilia, per raccogliere fondi per i centri anti violenza. Le testimonial sono Alessandra Amoroso, Giorgia, Fiorella Mannoia, Laura Pausini, Gianna Nannini, Elisa ed Emma, ciascuna con un simbolo rosso. “Quando una donna lotta – dice Pausini – in fondo lo fa per tutte le altre donne, perché mai più una donna debba subire delle violenze. Centomila come le voci del pubblico che noi speriamo sia con noi nel nostro grande concerto di settembre”. Nannini: “Ci siamo schierate ancora una volta perché non ne possiamo più. Basta con le donne vittime”.

    “Complimenti. La versione di Vado al massimo di Junior Cally mi è piaciuta molto. Cally l’ha cantata bene ed è un bellissimo omaggio”, ha fatto sapere all’ANSA Vasco Rossi che nei giorni scorsi aveva anche approvato il testo free style che il rapper ha aggiunto alla cover presentata questa sera al festival di Sanremo nella serata delle cover. “Il messaggio è condivisibile”, spiega il Komandante.

    Standing ovation all’Ariston per Alberto Urso e Ornella Vanoni, che hanno scelto La voce del silenzio per la serata delle cover. Un omaggio, in particolare, ad una delle signore della canzone italiana, che però ha tradito qualche incertezza nell’interpretazione.

    Alketa Vejsiu, nota conduttrice tv albanese, debutta all’Ariston con un inno “alle donne che hanno vinto questo festival. Da cittadina del mondo, dico grazie dall’Italia che è un esempio di integrazione, accoglienza, umanismo”. Saluta in albanese i suoi connazionali e poi rifà le scale di corsa al contrario, “perché questa sera salgo verso il punto più alto della mia carriera professionale”.

    Roberto Benigni entra all’Ariston dall’esterno, accompagnato dalla banda folkloristica Canta e sciuscia, accolto da Amadeus all’ingresso. Torna a nove anni dall’ultima esibizione, quando entrò in sella a un cavallo bianco per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Ma il festival lo ha anche presentato “nel 1980, era il 30/o, ora con il 70/o raggiunto quota 100, Sanremo può andare in pensione”, dice il premio Oscar. Dopo un omaggio a Fellini e Sordi nel centenario, Benigni ricorda che nell’80 “vinse Toto Cutugno, eterno secondo che arrivò primo. Ora però è cambiato il sistema di voto, si può anche citofonare e dire: qui c’è gente che canta”. Dopo la stoccata a Matteo Salvini, annuncia che canterà “la più bella canzone del mondo”, Il Cantico dei Cantici.

    “Volevo cantare una canzone e pensavo quale potesse essere. la canzone delle canzoni… e c’è: è il Cantico dei cantici”. Roberto Benigni spiazza tutti e al festival di Sanremo porta l’esegesi del testo biblico. “E’ una canzone d’amore, parla d’amore fisico di due ragazzi che cantano ognuno l’amore per l’altro. Non c’è canzone più ardente. E’ come avere Imagine o Yesterday dei Beatles e nessuno l’hai mai fatta in tv”, spiega il comico toscano. “Il Cantico esalta l’amore fisico. E’ la vetta della poesia di tutti i i tempi – continua nel suo monologo -. Come fosse la Cappella Sistina. Un famoso rabbino disse: ‘tutto il mondo e tutta la storia non valgono il giorno in cui il cantico è stato donato all’umanità”. Talmente bello “che è diventato sacro” anche se “la sua presenza nella Bibbia è strana: dentro ci sono corpi nudi frementi, erotismo, baci. Cose molto molto forti. per tenerlo nella Bibbia – ha imbarazzato tanti – hanno trovato tante giustificazioni, tipo che l’autore è Salomone, oppure tutte interpretazioni allegoriche, simboliche”.
    (Fonte: Ansa)

  460. Sono stati 9 milioni 503mila, pari al 53.3%, i telespettatori che hanno seguito ieri in media la quarta serata del Festival di Sanremo, che ha incoronato Leo Gassmann vincitore tra le Nuove Proposte e ha visto poi, in chiusura, la squalifica di Bugo e Morgan.
    L’anno scorso la quarta serata del festival aveva raccolto in media 9 milioni 552mila spettatori pari al 46.1% di share. Il festival di Amadeus continua a fare il pieno di ascolti, mantenendosi ancora sopra la media di 9,5 milioni e bissando lo share della seconda serata. Il 53.3% rappresenta la miglior media per la quarta serata dal 1999, quando l’edizione condotta da Fabio Fazio, con Laetitia Casta e Renato Dulbecco, fece segnare il 54.06%.
    La prima parte della quarta serata (dalle 21.35 alle 23.54) ha raccolto 12 milioni 674mila telespettatori con il 52.3% di share, centrando il miglior risultato dal 2013; la seconda (dalle 23.58 all’1.59, ultimo minuto monitorato da Auditel, ma lo show è finito intorno alle 2.20) ha avuto 5 milioni 795mila con il 56%. Un anno fa la prima parte della quarta serata del festival (dalle 21.24 alle 23.39) aveva avuto 11 milioni 170mila spettatori con il 45.5% di share, la seconda (dalle 23.43 alle 00.51) 6 milioni 215mila con il 48.6%. (ANSA).

  461. IL RACCONTO DELLA SERATA

    Tutti e ventiquattro i Big in gara, è lunghissima anche la quarta serata del festival. Ma all’1.45 un colpo di scena interrompe la gara durante l’esibizione di Morgan e Bugo. I due sono entrati insieme sul palco ma dopo la prima strofa di Sincero Morgan si ritrova da solo, Bugo è sparito. La musica si ferma. Amadeus corre sul palco per cercare di capire ma non c’è nulla da fare. Viene raggiunto da Fiorello che non si perde d’animo. Prima ammette: “Non ho capito niente di quello che è successo”. Poi, rivolto ad Amadeus, ironizza: “Proclamiamo il vincitore stasera, così ce ne andiamo a casa e domani sera non veniamo”. E ancora: “Uno in meno, meglio così”. La gara riprende con le ultime quattro esibizioni e alle 2 e 10 Amadeus emette il verdetto: Morgan e Bugo squalificati “per defezione”.

    La serata è iniziata con Amadeus in giacca smoking super argentata sul palco e la voce di Fiorello che parla dietro le quinte annunciando il nuovo travestimento e fa il suo ingresso indossando una maschera da coniglio. Ma quando la toglie, appare con la parrucca bionda di Maria De Filippi: “Lo sapete cosa ho sotto lo smoking? La tutina di Achille Lauro” scherza lo showman. Così conciato canta Montagne verdi di Marcella Bella sulle note di Generale di Francesco De Gregori. Poi uscendo avverte Amadeus: “Se andrà bene, domani toccherà a te”.
    Sono passate da poco le 22 quando sale sul palco Tiziano Ferro con un medley dei suoi successi, e subito dopo viene raggiunto da Fiorello. Dopo aver cantato insieme Finalmente tu, brano che portò al festival nel 1995, Fiorello lo bacia sulle labbra, chiudendo definitivamente il battibecco delle ultime ore. Ferro torna poi per un altro omaggio alla storia del festiva e interpreta Portami a ballare di Luca Barbarossa, brano che ha vinto Sanremo nel 1992.
    La prima signora della serata, Antonella Clerici, entra in scena con un abito rosso fiammante e si cala con naturalezza nel ruolo di conduttrice. “Sono stato il primo a parlare di lei, e siamo finiti su tutti i giornali” dice poi Amadeus presentando Francesca Sofia Novello. Con uno spray bianco segna una linea sul palco: “Qui non devi indietreggiare” precisa, facendo riferimento alla prima polemica che lo ha travolto alla presentazione di metà gennaio.
    Fiorello si trasforma in principe del varietà e intona Quando quando quando con Tony Renis che dirige l’orchestra e un gruppo di ballerini sul palco. Poi una standing ovation rende omaggio a Vincenzo Mollica che andrà in pensione il 29 febbraio: in platea, abbracciato da Fiorello e da Amadeus, si commuove ascoltando il saluto in video di Stefania Sandrelli, Vasco Rossi e Roberto Benigni.
    La serata si apre con l’ultima sfida dei Giovani. Il primo duello è vinto da Tecla su Marco Sentieri. Poi tocca a Leo Gassmann che batte Fasma con il 50,1 per cento. Dopo la finalissima, con il 52,2 per cento Leo Gassmann è il vincitore delle Nuove proposte (per la gioia di papà Alessandro che lo festeggia sui social). Per i Giovani Il premio della critica Mia Martini va agli Eugenio in Via di Gioia mentre il premio della sala stampa Lucio Dalla va a Tecla Insolia.
    Paolo Jannacci apre la gara dei campioni. Poi tocca a Rancore e Giordana Angi. Poi Francesco Gabbani, Raphael Gualazzi accompagnato da una band. I Pinguini Tattici Nucleari sono vestiti come i Beatles in omaggio alla loro Ringo Starr, Anastasio è tutto in rosso, in tema con il titolo del suo brano Rosso di rabbia. Segue Elodie, Riki, Diodato, poi la performance spettacolare e trasformista di Achille Lauro con la sua Me ne frego. Tosca emoziona con Ho amato tutto e ringrazia l’orchestra per averle assegnato il primo posto nella classifica delle cover, Michele Zarrillo canta Nell’estasi o nel fango, Junior Cally urla il suo No grazie. Beppe Vessicchio riceve un altro caloroso applauso quando viene annunciato a dirigere l’orchestra per Le Vibrazioni.
    Nel festival delle donne arriva poi Dua Lipa, la popstar da oltre 6 miliardi di streaming e la cantante più giovane in assoluto ad avere raggiunto 1 miliardo di visualizzazioni su YouTube che presenta il nuovo singolo Don’t start now. Altro ospite è Ghali che entra in scena con un clone mascherato e una finta caduta dalla scalinata. Il rapper presenta un medley dei suoi successi e Good Times, il secondo estratto dal nuovo album Dna. Gianna Nannini arriva sul palco raggiunto poi da Coez sulle note di Motivo, che i due hanno inciso insieme per l’ultimo album di inediti della rocker senese, La differenza. Tutti in piedi per cantare con lei alcuni dei suoi grandi successi, da Ragazzo dell’Europa a Sei nell’anima.

    Ma è una serata che riserva sorprese fino all’ultimo: l’esibizione di Morgan e Bugo viene interrotta perché Bugo non si presenta sul palco nel momento in cui sarebbe dovuto entrare. Così pochi secondi dopo l’attacco e un paio di strofe cantate da Morgan, che ha cambiatole parole rispetto al testo originale di Sincero, la canzone si ferma perché Bugo non si presenta al microfono. Fiorello e Amadeus cercando di riportare la situazione alla normalità ma l’artista non si trova, tra le voci sul palco si sentono le parole “se n’è andato”, senza però nessuna spiegazione ufficiale. La gara riprende con Rita Pavone che intona la sua canzone Niente che inizia con “Qui non succede proprio niente”. Poi Enrico Nigiotti, Elettra Lamborghini e per ultimo Marco Masini. Al termine Amadeus annuncia: Morgan e Bugo squalificati “per defezione”. E legge la classifica della serata, votata dalla sala stampa, che comprende solo 23 artisti.
    (RITA CELI per Repubblica)

  462. Diodato vince la 70esima edizione del festival di Sanremo. Secondo Francesco Gabbani e terzi i Pinguini Tattici Nucleari. Al vincitore anche il premio della critica Mia Martini. Si conclude così l’edizione più lunga, con la vittoria del cantautore tarantino d’adozione, e un gruppo di debuttanti sul podio.

    È passata da poco l’una quando Amadeus e Fiorello leggono la classifica definitiva fino al quarto posto. I primi tre Campioni rimasti, Francesco Gabbani, Pinguini Tattici Nucleari e Diodato, sono sottoposti a una nuova votazione, sempre da parte della giuria demoscopica (33), della giuria della sala stampa (33) e del televoto (34%). Viene prima annunciato il terzo posto: i Pinguini Tattici Nucleari. Alle due e mezza la proclamazione del vincitore.
    Nell’attesa del verdetto Fiorello si diverte con il microfono autotune, scherza con gli orchestrali, gioca a fare il rapper, balla i lenti con Amadeus. “Questo Sanremo non sarebbe andato così se non avessi avuto accanto a me in tutte queste sere il mio amico da 35 anni, ha illuminato il festival” dice il conduttore abbracciando Fiorello che ricambia: “E’ stato bello, bello, bello”. Lo showman poi ringrazia l’orchestra e il loro lavoro (“Non hanno orari, qui i sindacati si sono estinti”) prima di rendere omaggio a Fred Bongusto con Amore fermati.

    La serata si è aperta con l’inno di Mameli eseguito dalla banda dell’Arma dei Carabinieri. Parte subito la gara con Michele Zarrillo, poi Elodie, quindi annuncia la prima ospite, Mara Venier, che si toglie le scarpe prima di scendere dalle scale del teatro. Il conduttore le consegna le chiavi dell’Ariston per la sua Domenica in speciale destinata a chiudere, come da tradizione, la settimana del festival, e le fa presentare il cantante in gara, Enrico Nigiotti.
    Fiorello è travolgente entrando in scena dalla platea sulle note Rock’n’roll e parte subito con la protesta sulla durata delle serate: “José, il figlio di Amadeus, quando è iniziato il festival aveva otto anni, ora ne ha 11. Sui giornali non si parla più di sardine o cinque stelle, ho visto Floris che parlava di pensioni con Elettra Lamborghini”. Poi con tono più serio: “Non pensavo che quell’uomo riuscisse a fare tutto questo, il mio amico. I vertici Rai ieri ci hanno proposto di fare il Sanremo bis. La risposta la daremo alla fine della puntata, la settimana prossima”. Poi chiede un applauso “vero” per Amadeus, e il pubblico si alza in piedi. Ma, per rispettare la promessa fatta ieri sera, Amadeus entra in scena indossando la parrucca di Maria De Filippi. “Sembra Montezemolo ossigenato” commenta. “Ce l’hai fatta”, dice Fiore, “Ce l’abbiamo fatta” replica Ama. Poi lo invita a cantare (“Qui bisogna cantare” dice indicando il palco dell’Ariston) e intonano insieme Un mondo d’amore in omaggio a Gianni Morandi.
    Prosegue la gara con Irene Grandi, Alberto Urso, Diodato. Entra in scena Sabrina Salerno, fiera di riuscire a terminare la scalinata senza intoppi (la volta precedente un tacco si è bloccato in un gradino) e chiama anche Fiorello per un ricordo del trio ai tempi di Radio Deejay: “Ci chiamavano i ragazzi di via Massena, e se siamo arrivati fino a qui lo dobbiamo a Claudio Cecchetto”. Poi il palco è per Leo Gasmann, vincitore delle Nuove proposte.

    “Non sono sbagliato. Nessuno lo è. Non accetto speculazioni sul tema. Non provateci nemmeno. Ho 40 anni ormai”. E’ dedicato ai 40 anni, che compirà tra pochi giorni, il 21 febbraio, il monologo di Tiziano Ferro prima di cantare Alla mia età e poi un medley con Non me lo so spiegare, Ero contentissimo e Per dirti ciao.
    “Tu 6 molto di +” ha scitto sul torace Piero Pelù per la sua Gigante dedicata al suo nipotino, un’esibizione in cui corre in platea e agguanta al volo la borsa di una signora del pubblico. E’ poi Amadeus a restituire il maltolto. Anche i Pinguini Tattici Nucleari scendono in platea ma per far cantare Mara Venier. E’ ispirato a Elisabetta I I’ultimo look sorprendente di Achille Lauro per la sua Me ne frego con bacio in scena con il chitarrista Boss Doms: “Lui è talmente avanti che è già a lunedì” commenta Fiorello salendo sul palco per la consueta foto con l’artista che ha voluto fare dopo tutte le sue esibizioni.
    Poi Junior Cally con No grazie e Raphael Gualazzi sempre accompagnato con la jazz band per la sua Carioca. Anche Tosca affronta la scalinata dell’Ariston con le scarpe in mano prima della sua Ho amato tutto. Francesco Gabbani fischietta Viceversa. Anche questa sera una standing ovation con urla da stadio hanno accolto Beppe Vessicchio che dirige l’orchestra per Le Vibrazioni.
    “Benvenuto al nostro pigiama party” esclama Fiorello accogliendo Biagio Antonacci, superospite della serata che canta Ti saprò aspettare, il nuovo brano dall’ultimo album Chiaramente visibili dallo spazio poi un medley: Quanto tempo ancora con la chitarra e poi con l’orchestra Iris e conclude scatenandosi con Liberatemi prima di continuare il live sul palco in piazza.

    Ultimo blocco di cantanti in gara: Anastasio, Riki, Giordana Angi, Paolo Jannacci, Elettra Lamborghini e Rancore. Si chiude il televoto e Sabrina Salerno arriva sul palco con i suoi “Boys”.

    Nell’attesa del vincitore sul palco un momento di spettacolo con il cast del nuovo film di Fausto Brizzi, La mia banda suona il pop, con Christian De Sica, Diego Abatantuono, Massimo Ghini, Donatella Finocchiaro e Paolo Rossi. Poi Edoardo Pesce che presenta il tv movie su Alberto Sordi. E ancora Vittorio Grigolo, Ivan Cottini. E si conclude con i Gente de Zona, duo cubano pluripremiato che ha vivacizzato l’attesa con le hit La gozadera e Bailando, accompagnata dal corpo di ballo Rai.
    – (di RITA CELI – la Repubblica)

  463. Nuovo record per il Festival di Sanremo targato Amadeus & Fiorello, che ha visto il trionfo di Diodato: la media della serata finale è di 11 milioni 476mila spettatori con il 60.06% di share. Lo scorso anno, il festival condotto da Claudio Baglioni con Virginia Raffaele e Claudio Bisio aveva ottenuto 10 milioni 622mila spettatori con il 56,50%.
    Con il 60.6% la finale della settantesima edizione centra il miglior risultato in termini di share dal 2002, quando l’ultima serata del Festival, condotto da Pippo Baudo con Manuela Arcuri e Vittoria Belvedere, raccolse il 62.66%.

    Analizzando i dati si nota come il pubblico abbia seguito Amadeus senza mollare mai. La prima parte della serata finale (dalle 21.32 alle 23.52) ha fatto segnare 13 milioni 638mila spettatori con il 56.8%, la seconda (23.57-1.59) 8 milioni 969mila con il 68.8%. Nel 2019 la prima parte dell’ultima serata di Sanremo aveva raccolto 12 milioni 129mila spettatori con il 53.1%; la seconda 8 milioni 394mila con il 65.2%. Quella di sabato è stata una lunghissima maratona televisiva: il festival vinto da Diodato entrerà nella storia della tv.

    La Rai ha già chiesto a Amadeus di fare il bis.

    (la Repubblica)

  464. Sanremo 2021, la prima parte del festival debutta con 11,1 milioni e 46%
    Fiorello parla alle sedie. Ibra detta le regole. Loredana Bertè per le donne. Nuove Proposte, Gaudiano e Folcast in finale

    Sono stati 11 milioni 176 mila, pari al 46.4%, i telespettatori che hanno seguito su Rai1 la prima serata di Sanremo 2021. La seconda parte ha avuto 4 milioni 212 mila con il 47.8%.

  465. Nel 2020 la prima parte del festival aveva avuto 12 milioni 480 mila spettatori con il 51.2%, la seconda 5 milioni 697 mila con il 56.2%. In media, la prima serata del festival 2021 ha ottenuto 8 milioni 363 mila spettatori con il 46.6%. Nel 2020 la media era stata del 52.2% con 10 milioni 58 mila spettatori. L’appuntamento con il Primafestival ieri ha fatto segnare 1 milioni 841 mila spettatori con il 27.8% di share. Sanremo Start (dalle 20.50 alle 21.30) ha raccolto 11 milioni 592 mila spettatori pari al 38.7%.

    In media, la prima serata del festival 2021 ha ottenuto 8 milioni 363 mila spettatori con il 46.6%. Nel 2020 la media era stata del 52.2% con 10 milioni 58 mila spettatori. L’appuntamento con il Primafestival ieri ha fatto segnare 1 milioni 841 mila spettatori con il 27.8% di share. Sanremo Start (dalle 20.50 alle 21.30) ha raccolto 11 milioni 592 mila spettatori pari al 38.7%.

    Amadeus non è riuscito nell’impresa di battere se stesso e l’ascolto record del debutto del festival 2020. Ma, nonostante il coprifuoco legato alle restrizioni anti Covid, ieri sera c’era meno pubblico davanti alla tv rispetto a un anno fa: 17 milioni 934 mila spettatori la platea complessiva (dalle 21.36 all’1.30), oltre 1,3 milioni in meno sul 2020 (quando, nello stesso intervallo temporale, davanti al piccolo schermo c’erano 19 milioni 275 mila persone).

    E’ l’edizione più complicata di sempre e Amadeus la apre all’insegna della consapevolezza: “Quest’anno il cuore batte più forte dell’anno scorso”, ammette emozionato all’ingresso sul palco. “L’ho fatto con tutto me stesso, pensando a chi vive di musica, televisione, spettacolo, al Paese reale che sta lottando per ritrovarsi”.

  466. Questa la classifica, sulla base del voto della giuria demoscopica chiamata a esprimersi la prima sera, per i 13 Big che si sono esibiti. 1) ANNALISA – Dieci 2) NOEMI – Glicine 3) FASMA – Parlami 4) FRANCESCA MICHIELIN e FEDEZ – Chiamami per nome 5) FRANCESCO RENGA – Quando trovo te 6) ARISA – Potevi fare di più 7) MANESKIN – Zitti e buoni 8) MAX GAZZE’ – Il farmacista 9) COLAPESCE DIMARTINO – Musica leggerissima 10) COMA_COSE – Fiamme negli occhi 11) MADAME – Voce 12) GHEMON – Momento perfetto 13) AIELLO – Ora

    Cappa ampia decorata con fiori colorati, occhiali neri fiammeggianti, rossetto e smalto nero “un morgan testa di moro”, e cantando una versione rock italo-inglese maccheronico di Grazie dei Fior, Fiorello fa il suo ingresso sul palco dell’Ariston. Un po’ trasformismo alla Achille Lauro, un po’ Cirque du Soleil, il mattatore esordisce marchiando Amadeus con un bacio in fronte. Poi si rivolge alla platea vuota.

  467. Folcast con il brano Scopriti e Gaudiano con Polvere da sparo sono le prime due Nuove Proposte a passare direttamente alla finale di venerdì. Sono stati eliminati Elena Faggi con Che ne so e Avincola con Goal!. A decidere il risultato è stata la combinazione di televoto (34%), giuria Demoscopica (33%), Sala Stampa (33%).

    “Hai presente Draghi, è Merkel con la cravatta, ci sta guardando con il suo Telefunken: le auguriamo un buon lavoro presidente. E’ una figura di alto profilo, ha 19 lauree, se le cancella dal curriculum, parla cinque lingue, ma contemporaneamente”. Spunta la politica nel nuovo intervento di Fiorello che canta e balla con Amadeus la sigla del festival ‘Love Sanremo’: su coreografia di Franco Miseria, con tanto di ballerine dalle enormi piume bianche, i due danno il bentornato al festival e giocano a fare “i nuovi Brian e Garrison”. Fiorello poi racconta come Amadeus gli ha proposto il bis a Sanremo “era agosto, mi fa chiamare dall’ombrellone: Ciuri, lo dobbiamo rifare, mi ha chiamato Paolo Fox. Stavolta finisce qua, non è che ti chiama Otelma e cambi idea”.

    E continua a far rumore Diodato. Dopo la vittoria di un anno fa al Festival, prima che il mondo piombasse nel silenzio della pandemia, il cantautore è tornato con la sua intensa Fai Rumore sul palco dell’Ariston. “L’ultima immagine felice di un intero paese – ha detto Amadeus – e quella gioia la vogliamo rivivere”.

    “Ce l’ho fatta”, sospira di sollievo Matilda De Angelis al suo ingresso sul palco dell’Ariston, dopo aver superato la temutissima prova della scala. “Questo palco ti fa dimenticare tutte quelle cose che sai fare, anche quelle basiche, come produrre saliva”, dice l’attrice, abito amaranto con la gonna a palloncino e i fiocchi sulle spalle. Poi scherza sul suo rapporto con Nicole Kidman e Hugh Grant con cui ha diviso l’esperienza internazionale della serie The Undoing: “Ho bloccato Hugh Grant su Whatsapp perché manda vocali di 4-5 minuti e poi sta nella chat con Sean Penn e Tarantino con cui non ho molto da dire”.

    “E’ un onore essere qua, ma è anche un onore per te avermi qua. Normalmente mi sento grande, potente, qua mi sento piccolo, ma sempre più grande e più potente di te”. Elegante in smoking, la spilla argentata enorme con il suo nome, Zlatan Ibrahimovic entra in scena all’Ariston e, giocando la carta dell’ironia, prova a dettare le regole del ‘suo’ festival. “Il direttore è Zlatan, me l’ha detto Zlatan. Regola numero uno, il festival sarà di 22 cantanti, 11 contro 11. Gli altri? Li vendiamo al Liverpool che sta cercando 4 difensori. Regola numero due, il palco non va bene, deve essere 105 metri per 68, come San Siro, sennò il festival è annullato”.

  468. Un nastro di raso bianco, a dividere e allo stesso tempo ad unire. Fedez e Francesca Michielin arrivano sul palco con una lunga striscia di stoffa che utilizzano per segnare la distanza prevista dai protocolli. Alla fine dell’esibizione i due artisti però annullano le distanze e si abbracciano in una stretta liberatoria.

    “Ci siamo sentiti oggi con il ministro Speranza: mi chiedeva di ricordare a tutti che c’è un solo modo per uscire dalla pandemia: al di là dei vaccini, speriamo tantissimi, dobbiamo usare la mascherina, mantenere le distanze, lavarci le mani. E’ importantissimo, per tornare alla normalità”. E’ l’appello lanciato da Amadeus all’Ariston, introducendo Alessia Bonari, l’infermiera la cui foto con il volto segnato dall’uso prolungato della mascherina ha fatto il giro del web. “La situazione è sempre la stessa: ci tengo a mandare un messaggio: non abbassiamo la guardia, continuiamo a stare attenti, uniti ce le faremo”, dice Bonari. “Non mi sarei mai aspettata di diventare un’eroina – aggiunge Bonari – quella mia foto è stata condivisa dalle mie sorelle, da un amico, ed è diventata virale. All’inizio avevo un po’ di paura, ero intimidita. Ma vivo tutto questo con un grande senso di responsabilità, per il lavoro di tutti gli operatori sanitari”. Su Twitter risponde il ministro Speranza: “Grazie Amadeus e grazie Alessia. Il virus si può battere solo con l’impegno di tutti. #Sanremo2021”.

  469. Loredana Bertè porta sul palco dell’Ariston la denuncia contro la violenza sulle donne. Durante la sua esibizione, oltre a un fiocchetto rosso in bella vista sulla giacca, ha tenuto una scarpa rossa, simbolo delle manifestazioni contro i femminicidi. Minigonna d’ordinanza e farfalle tra i capelli, Loredana Bertè ha ripercorso la sua carriera con un medley di Mare d’inverno, Dedicato, Non sono una signora, Sei bellissima. Peccato la mancata standing ovation, che avrebbe meritato, compensata da una standing ovation d’annata del 1994 (con immagini di repertorio). “Grazie per avermi permesso di portare il messaggio contro la violenza sulle donne. Al primo schiaffo bisogna denunciare”, ha detto la Berté prima di congedarsi con il suo ultimo brano Figlia di.

  470. Ama stupire Max Gazzè e stavolta lo fa nei panni di Leonardo da Vinci, con tanto di barba lunga, mantello di velluto lungo e merletti, accompagnato dalla sua Trifluoperazina Monstery Band, ovvero i cartonati di Marilyn Monroe, della regina Elisabetta, Paul McCartney, Jimi Hendrix, Igor di Frankestein jr. Quando mostra le spalle alla telecamera sulle spalle la scritta Da Vinci e il numero 11, il marcatore del festival.

    Dal palco dell’Ariston Amadeus ha poi lanciato un appello per la liberazione di Patrick Zaki, lo studente 29enne dell’Università di Bologna: “Rischia una condanna a 45 anni di carcere: da cittadini e uomini civili non possiamo che augurarci che Patrick torni libero il più presto possibile e possa riprendere a studiare nella sua Bologna”. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, ringrazia su Twitter il conduttore del festival per aver accolto l’invito a rilanciare l’appello per la liberazione dello studente detenuto in Egitto: “Grazie Amadeus #Sanremo2021 #freepatrickzaki”.

    Un collare di piume rosa, capelli blu e un’armatura che potrebbe ricordare quelle dei manga giapponesi non fosse per i glitter, e poi a metà esibizione lacrime di sangue che scendono copiose sul volto truccato di Achille Lauro che canta Solo noi. Riferimenti alla croce di spine di Gesù, alle statue di Madonne e Santi piangenti, “il volto coperto dal trucco lacrima che lo rovina”.

  471. Fiorello rilancia dal palco dell’Ariston una delle sue classiche gag: le telefonate in diretta. Chiamano Paolo Giordano (ma non accetta è ‘un giornalista’ dice) Claudio Santamaria, Gianni Morandi, ‘zia Mara’ Venier, Antonio Cabrini, Paolo Fox (ma scherza) e Jovanotti, sul divano a seguire il festival con moglie, figlia, cani e gatti.

  472. La serata finale di Sanremo 2021, che ha incoronato vincitori i Maneskin, ha raccolto su Rai1 13 milioni 203 mila telespettatori pari al 49.9% di share nella prima parte, 7 milioni 730 mila con il 62.5% nella seconda.

    I Maneskin con il brano Zitti e buoni vincono il 71/o Festival di Sanremo. Al secondo posto Francesca Michielin e Fedez con Chiamami per nome, al terzo Ermal Meta con Un milione di cose da dirti.

    Questa la classifica finale dei Big dal quarto al ventiseiesimo posto: Colapesce Dimartino, Irama, Willie Peyote, Annalisa, Madame, Orietta Berti, Arisa, La Rappresentante di Lista, Extraliscio feat. Davide Toffolo, Lo Stato Sociale, Noemi, Malika Ayane, Fulminacci, Max Gazzè, Fasma, Gaia, Coma_Cose, Ghemon, Francesco Renga, Gio Evan, Bugo, Aiello, Random.

  473. LA SERATA FINALE

    La serata finale del Festival di Sanremo si apre con la Banda della Marina militare che esegue l’Inno di Mameli.

    I BIG SUL PALCO

    Fiorello rende omaggio a Little Tony, accompagnato in apertura dalle coreografie ipnotiche degli Urban Theory, la dance crew fenomeno dei social con oltre 600 milioni di visualizzazioni.

    Fiorello, giacca di pelle rossa con frange (riproduzione fedele) e bandana d’ordinanza al collo a ricordare il cantante, che lo scorso febbraio avrebbe compiuto 80 anni, ha cantato un medley dei successi di Little Tony, tra Cuore Matto, Riderà, Profumo di mare.

    Gli Urban Theory si esibiscono in una suggestiva coreografia caratterizzata dalla tecnica di ballo del tutting: danza interpretativa contemporanea che si focalizza sull’abilità del ballerino di creare posizioni geometriche e movimenti delle dita delle mani. Un percorso straordinario quello degli Urban Theory: partiti come una piccola scuola di danza del Ponente Ligure, a Vallecrosia (IM). In pochissimi anni hanno bruciato tutte le tappe possibili conquistando prima Federica Pellegrini, durante la loro partecipazione a Italia’s Got talent, che li ha premiati con un Golden Buzzer, e successivamente Fiorello che li ha scelti come corpo di ballo per il programma “Viva Rai Play!”. Fino alla chiamata di Jimmy Fallon che li ha voluti in collegamento nel The Tonight Show.


    Sul palco dell’Ariston Fiorello ironizza sul futuro di Sanremo e scherza con Amadeus che ha escluso l’ipotesi di un festival ter: “E’ finita l’avventura. Oggi sono rimasto basito: in conferenza stampa hai detto che non farai il festival l’anno prossimo. Ti capisco, perché è impegnativo, hai un’età, ma se non lo fai tu finalmente sto in pace. In bocca al lupo a quelli che verranno l’anno prossimo a fare il festival: vi auguro questa platea piena, la galleria piena, il pubblico in mezzo all’orchestra, milioni persone fuori dell’Ariston, ospiti internazionali, ma vi deve andare malissimo, ve lo auguro con tutto il cuore”. Finge di annunciare già il vincitore: “Non posso venire qui alle 2 ad annunciarlo”, sottolinea biascicando. “Ultima cosa. Mi ha chiamato Franceschini, sai che noi della cultura abbiamo la chat, e mi ha chiesto di ricordare che sono i 700 anni di Dante. Mi ha chiesto di leggere qualcosa: ma io le cose le so a memoria, declamo”. Recita l’incipit dell’Inferno, l’ultimo verso del Paradiso e chiosa: “Quello che c’è in mezzo ve lo leggete voi perché noi abbiamo 26 cantanti”.

    “In attacco Zlatan e Ibra. Al centrocampo Fiorello, sarebbe un bravissimo fantasista e il calcio senza fantasia non è bello. In difesa l’orchestra, che ha difeso con i denti la forza della musica”. E’ la formazione che Ibrahimovic ha portato per la partita del festival di Sanremo. “E io?”, chiede Amadeus. “Tu portiere, se non ti va bene vai in panchina, se no vai in tribuna, se no vai a casa”. Nel ruolo dello stopper Ibra mette Achille Lauro: “così mette paura agli avversari e stanno lontano. Volevo fare lo scambio di maglia, ma non si può: è sempre nudo”. Poi, guardando la giacca nerazzura di Ama, ammette di avere fatto un errore: “non ho deciso io il colore della tua giacca”.

    Per la prima volta scende le scale dell’Ariston Serena Rossi, reduce dal successo della fiction Mina Settembre, e lancia La canzone segreta, il nuovo show che condurrà da venerdì 12 marzo su Rai1. “E’ una nuova sfida e a me le sfide piacciono. Ogni sera avremo sette ospiti, personaggi amatissimi, che entrano in studio senza sapere nulla di quello che abbiamo preparato per loro, prendendo spunto dalla loro canzone segreta”. “Ho indagato sulla tua canzone segreta”, dice l’attrice ad Amadeus e gli dedica ‘A te’ di Jovanotti.

    Dopo le ‘proteste’ dei giorni scorsi, ha ricevuto il suo mazzo di fiori anche Fedez, in gara in coppia con Francesca Michielin. I due, che nelle sere passate avevano rimarcato il distanziamento da covid con un nastro di raso legato alle aste dei microfoni, hanno cantato occhi negli occhi e alla fine del brano si sono abbracciati stretti.

    Ornella Vanoni si prende la scena: “Il pubblico non c’è, ma l’emozione è uguale”. E punzecchia Fiorello: “Ma la tua passione è cantare? È un festival di musica, se canti anche tu non va bene, noi chi siamo?”. Una battuta sul look del maestro Leonardo De Amicis. Poi si rivolge agli orchestrali: “Sono più importanti loro del pubblico, magari ne capiscono di più. Ma sono stanchi, sfatti”. Dopo il medley su Una ragione di più, La musica è finita, Mi sono innamorato di te, Domani è un altro giorno, entra in scena Francesco Gabbani per il duetto su Un sorriso dentro al pianto. “Seguiteci in questo momento così importante che dovrebbe rallegrare questo momento così difficile che non sembra avere fine. E’ molto importante aver fatto questa serata comunque”, dice la Vanoni prima di lasciare il palco.

    Applauso per le maestranze in un momento difficile come questo. E’ quello che invita a fare Fiorello durante un cambio di scena ai tecnici entrati sul palco dell’Ariston. Con l’orchestra che accoglie volentieri l’invito. “Loro sono in rappresentanza di tutti i nostri tecnici”, ha aggiunto Fiore.

    “Alla fine di questa settimana, voglio dirvi una cosa: tutti conoscevano già Zlatan prima di questo festival. Allora perché Zlatan è venuto qui? Perché gli piacciono le sfide, l’adrenalina, gli piace crescere e se non affronti le sfide con te stesso non puoi crescere”. Ibra rende omaggio all’Italia e al festival nel suo monologo. “Quando fai una sfida è come scendere in campo, e quando scendi in campo puoi vincere o puoi perdere – dice rivolgendosi al pubblico -. Io ho giocato 9545 partite, ne ho vinte tante, ma non tutte. Ho vinto 11 scudetti, ma ne ho anche perso qualcuno. Ho vinto tantissime coppe, ma ne ho anche persa qualcuna. Sono Zlatan anche senza aver vinto tutte le partire. Sono Zlatan quando vinco e quando perdo”. E poi illustra la sua filosofia: “Il fallimento non è il contrario del successo, ma è una parte del successo. Fare niente è il più grande sbaglio che puoi fare. Se sbaglia Zlatan puoi sbagliare anche tu, la cosa importante è fare ogni giorno la differenza. Impegno, dedizione, costanza, concentrazione”. Prima di scendere tra gli orchestrali per fare una foto con il primo violino, aggiunge: “Ho organizzato questo festival per dirvi che ognuno di voi nel suo piccolo può essere Zlatan. Voi tutti siete Zlatan e io sono tutti voi. E questo non è mio festival, non è il festival di Amadeus, ma è il vostro festival, dell’Italia intera. Grazie Italia la mia seconda casa”.

    Fiorello riceve il Premo Città di Sanremo, assegnato dal direttore artistico, ovvero dal suo amico Amadeus. “E’ il premio più bello della mia carriera, e chi se lo dimentica questo – dice commosso Fiore -. Non riesco a dire qualcosa di simpatico. Lo dedico a tutti quello che hanno lavorato perché questo festival arrivasse alla quinta puntata: è il nostro premio”, aggiunge sollevando in alto il riconoscimento.


    Giovanna Botteri racconta all’Ariston l’inizio della pandemia, quando un anno fa la Cina capì di essere in guerra, poi invita Amadeus a chiudere gli occhi e a immaginare “quello che c’è oltre la telecamera: vedi la gente, che è lì a guardarci con affetto, senti i cuori che battono e quel battito significa calore, affetto. Senti che chi ci segue da lontano ci vuole bene per come siamo, anche se siamo imperfetti, e questo ti dà la forza di non sentirti più solo, di capire che puoi farcela, devi farcela. E noi ce la faremo, sono sicura”.

    I Maneskin, alla fine dello loro esibizione, chiamano sul palco il direttore d’orchestra Enrico Melozzi per consegnargli i mazzi di fiori ricevuti. “Chiamiamo sul palco il maestro: è un modo simbolico per darli a tutti i musicisti che hanno partecipato a questo Sanremo”, spiega il frontman Damiano.

    Achille Lauro per il quadro finale ha scelto la sua C’est la vie, con un omaggio all’orchestra, e stavolta invoca la benedizione di Dio “su tutti noi, esseri umani”.

    Prende il via dal palco di Sanremo la grande avventura delle Olimpiadi e Paralimpiadi Invernali di Milano Cortina 2026. Federica Pellegrini e Alberto Tomba, insieme ad Amadeus, hanno svelato in esclusiva mondiale i due possibili loghi dei Giochi italiani che saranno sottoposti a voto popolare sul sito e sulla App di Milano Cortina 2026. Per la prima volta nella storia, il simbolo di un’Olimpiade sarà scelto dalla gente. Pellegrini ha invitato gli spettatori a votare per ‘Futura’, Tomba per ‘Dado’. “Sono felice di essere tornata al Festival per lanciare il voto popolare di Milano Cortina 2026”, ha spiegato la campionessa di nuoto a margine dell’intervento a Sanremo. “L’ultima volta che ci ero stata era 9 anni fa con Gianni Morandi. L’ansia di scendere quelle scale è la stessa, ma l’emozione è ancora più forte. Questi Giochi saranno una vetrina straordinaria e una grande occasione per il Paese. Saranno i Giochi di tutti -ha concluso – e tutti devono partecipare a partire da questo voto sull’App e sul sito di Milano Cortina 2026”. Per Alberto Tomba, “questo Festival ha unito musica e sport e non poteva che chiudersi con la celebrazione del prossimo grande evento che ospiterà il nostro aese. Vorrei veramente che fossero i Giochi di tutti gli italiani. Saremo tutti parte di una bellissima avventura a cominciare da oggi: per la prima volta gli italiani sono invitati a scegliere quale sarà il logo dei Giochi Olimpici, quindi votate e che vinca il migliore”. La votazione sull’emblema olimpico resterà aperta per due settimane sul sito http://www.milanocortina2026.org e sull’app Milano Cortina 2026. Il risultato verrà quindi annunciato in una puntata speciale dei Soliti Ignoti su Rai1 dedicata ai Giochi Olimpici e Paralimpici di Milano Cortina 2026.

    Veronica Lucchesi, la cantante de La Rappresentante di Lista, ha stupito con un abito da sposa formato extra che ha occupato buona parte del palco, costringendola per altro a rimanere ferma al suo posto durante tutta l’esibizione.

    Tuffo negli anni ’70 e ’80 all’Ariston con Umberto Tozzi: il cantautore propone “Dimentica dimentica” e poi un medley delle sue hit più famose “Ti amo”, “Stella stai”, “Tu”, “Gloria”. La standing ovation è, naturalmente, virtuale. Il 10 aprile il cantautore sarà protagonista di un concerto in streaming allo Sporting di Montecarlo “per raccogliere fondi per i miei musicisti e tecnici – annuncia – che fanno parte di un settore in gravissima crisi in questo doloroso periodo di pandemia”.

    Piccolo imprevisto per Max Gazzè durante la sua esibizione, vestito da Clark Kent che si trasforma in Superman. Ma il supereroe che si è tuffato in platea è inciampato tra le poltrone perdendo per un attimo il filo della canzone. “Eh, so’ caduto”, ha poi commentato in tono scanzonato lo stesso Gazzè.

    Medley di successi con Riccardo Fogli, Michele Zarrillo, Paolo Vallesi.

    Si chiude, prima di proclamare il vincitore, con Dardust.

  474. Mahmood & Blanco vincono il festival di Sanremo 2022 con il brano Brividi. Al secondo posto si è classificata Elisa, con O forse sei tu; al terzo Gianni Morandi con Apri tutte le porte.

    “Devo salutare la mia mamma”. E subito dopo la vittoria al festival di Sanremo, il giovanissimo Blanco scende in platea per abbracciare e baciare sua mamma, seduta tra il pubblico.

  475. Questa la classifica finale del festival di Sanremo 2022 dal quarto al 25/o posto: Irama, Sangiovanni, Emma, La Rappresentante di Lista, Massimo Ranieri, Dargen D’Amico, Michele Bravi, Matteo Romano, Fabrizio Moro, Aka 7even, Achille Lauro feat.Harlem Gospel Choir, Noemi, Ditonellapiaga e Rettore, Rkomi, Iva Zanicchi, Giovanni Truppi, Highsnob e Hu, Yuman, Le Vibrazioni, Giusy Ferreri, Ana Mena, Tananai.

  476. Sanremo: boom per la finale, 13,3 milioni e 65%. E’ il risultato più alto dal 2000
    La puntata che ha incoronato vincitori Mahmood & Blanco con Brividi, ha ottenuto 13 milioni 380 mila telespettatori pari al 64.9%

  477. Amadeus batte se stesso anche nella serata finale del festival. La puntata, che ha incoronato vincitori Mahmood & Blanco con Brividi, ha ottenuto su Rai1 (dalle 21.22 all’1.48) 13 milioni 380 mila telespettatori pari al 64.9%. L’anno scorso l’ultima serata del festival aveva fatto segnare in media 9 milioni 970 mila telespettatori con il 54.4% di share. La prima parte della serata finale del festival (dalle 21.22 alle 23.54) ha raccolto 15 milioni 660 mila spettatori pari al 62.1% di share; la seconda (dalle 23.58 all’1.48) 10 milioni 153 mila con il 72.1%.

    Oltre a superare gli ascolti del 2021, i risultati di ieri migliorano anche quelli da record del 2020, quando l’ultima serata del festival fece segnare in media 11 milioni 477 mila spettatori pari al 60.6% di share (13 milioni 638 mila spettatori con il 56,8% nella prima parte, 8 milioni 969 mila con il 68.8% nella seconda).

    Con il 64.9% di share raccolto ieri in media su Rai1, la finale di Sanremo centra il risultato più alto dal 2000, quando l’ultima serata del festival condotto da Fabio Fazio, con Luciano Pavarotti, Teo Teocoli e Ines Sastre, ottenne una media del 65.47% di share.

  478. Tra i risultati del festival, Fuortes cita in particolare “l’aspetto più straordinario e per molti versi inaspettato, il successo sul pubblico giovane, vero motore di questa edizione. E’ giusto e naturale che la musica emozioni quel pubblico, ma fino a qualche tempo fa non era scontato raggiungere con questi numeri quel target, un obiettivo raggiunto che ha permesso al principale programma di intrattenimento Rai di intercettare il pubblico sotto i 20 anni. Sanremo è diventato di tendenza, virale”. E questo risultato, continua l’ad, “è stato raggiunto attraverso la qualità del festival, delle scelte musicali e artistiche. La qualità è la chiave del successo, il pubblico ha capito e apprezzato”. Altro obiettivo centrato, “la capacità del festival di rinnovarsi mantenendo la sua identità, nazional popolare nella migliore accezione del termine: non è una novità per Sanremo, che ha accompagnato la storia della nostra Repubblica da Nilla Pizzi a Mahmood & Blanco, ma la difficoltà era trasformare un rito collettivo nazionale portandolo sulle nuove tecnologie, sulle nuove piattaforme. Ieri è stato toccato il più alto volume di download nella storia delle piattaforme digitali, non era scontato”. Con questa edizione, conclude, “la nostra azienda entra a pieno titolo nella tv del futuro”. “Mi è arrivato un consiglio: mettere davanti al palazzo della Rai, a Viale Mazzini, al posto del cavallo morente una statua equestre di Amadeus”, ha scherzato Fuortes.

    “Amadeus ha vinto perché ha portato sul palco la sua autenticità, non ha filtri, non ha retorica”. Così il direttore di Rai1 Stefano Coletta, commentando il festival di Sanremo appena concluso con risultati da record. “Ogni singolo partecipante aveva voglia di abbracciarlo. Si sentiva protetto e accolto da Amadeus – ha aggiunto Coletta -. Ha veicolato messaggi di inclusione, di sguardo curioso verso tutti gli aspetti della vita. Ha vinto non solo con la sua rivoluzione musicale, ma con la sua filosofia di vita”.

  479. Sanremo 2023, è quasi Festival: domani si alzerà il sipario sulla 73ᵃ edizione del Festival della Canzone Italiana, che andrà in onda dal 7 all’11 febbraio 2023 in diretta – in prima serata – su Rai1, RaiPlay e Radio2. La kermesse è stata presentata questa mattina nella sala stampa De Santis del Casinò di Sanremo dai suoi protagonisti. A rispondere alle domande dei cronisti Amadeus, per il quarto anno direttore artistico e conduttore della manifestazione, Gianni Morandi, co-conduttore dell’edizione 2023, Stefano Coletta, direttore dell’Intrattenimento di Prime Time della Rai, Federica Lentini, capoprogetto e vicedirettrice dell’Intrattenimento di Prime Time della Rai, la direttrice di Rai Radio2 Paola Marchesini, il sindaco di Sanremo Alberto Biancheri, l’Assessore alla Cultura del Comune di Sanremo Silvana Ormea e il presidente del Casinò di Sanremo Adriano Battistotti.

    “Il Festival della consapevolezza” – «Sarà un festival in sequenza con i precedenti ma molto differente, grazie al gran lavoro che Amadeus fa sulle canzoni. Abbiamo definito i precedenti tre festival sempre in funzione degli accadimenti del paese: il primo anno è stato una festa, il secondo c’è stata la reclusione, il terzo una fase ancora di incertezza. Arriva ora questo quarto festival nelle piene funzioni che l’espressione artistica finalmente può portare» ha spiegato Stefano Coletta, direttore dell’Intrattenimento di Prime Time della Rai. «Sarà un evento che vuole portare festa e consapevolezza nelle case degli italiani. Nei testi delle canzoni ho trovato questa urgenza di dire, di non perdere tempo, c’è desiderio di raccontarsi senza pudore, specie nei giovani artisti che hanno vissuto una fase complicatissima, il silenzio relazionale e allora si mettono in gioco con leggerezza e profondità. Sarà una grande festa fatta di memoria, commozione, allegria, sobrietà e semplicità che contrassegnano questo padrone di casa, accompagnato da un artista come Morandi che ha fatto la storia della musica».
    Coletta si è poi soffermato sulla presenza presidente ucraino Zelensky nella serata finale del Festival: «Non ci sarà un video, – ha annunciato – , ma un testo» che sarà letto sul palco da Amadeus.

    L’incursione “telefonica” di Fiorello – Immancabile il siparietto di Fiorello, che sarà l’animatore dell’aftershow “Viva Rai2… Viva Sanremo! Di notte” in onda su Rai1 al termine dello spettacolo dell’Ariston. Lo showman interviene in conferenza al telefono con l’amico Amadeus commentando in modo scherzoso il linguaggio aulico del direttore dell’Intrattenimento di Prime Time della Rai Stefano Coletta.

    “Una grande festa tornare a Sanremo” – Dopo aver dedicato un pensiero alla strage causata dal terremoto che ha colpito in queste ore la Turchia e la Siria, Gianni Morandi, co-conduttore di questa edizione del Festival, ricorda il suo rapporto con Sanremo. «Per me è una festa tornarci – ha detto – . Negli ultimi anni il palcoscenico del festival è tornato centrale ed è molto importante per la musica italiana. Mi ricordo quando vedevo Sanremo al bar di Monghidoro con mio padre, con Modugno che allargava le braccia e faceva il giro del mondo. Da allora io ci sono venuto molto volte. Quest’anno Amadeus mi ha chiesto di venire e l’ho fatto. Sanremo piace alla gente, me ne accorgo anche per strada: ha 73 anni, ma secondo me andrà avanti ancora decine e decine di anni». L’artista poi, rispondendo a una domanda, ha detto che probabilmente canterà la nuova versione di “Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte” con Sangiovanni, per i 60 anni della canzone.
    Amadeus, alla sua quarta volta come direttore artistico e conduttore del Festival, si è detto «felice di stare qui: ogni anno è diverso, per le canzoni, per lo spettacolo e perché c’è un clima diverso. Sono onorato di avere Gianni Morandi con me: è la storia dello spettacolo».

    L’ordine di uscita dei cantanti in gara nelle prime due serate – Martedì 7 febbraio (durante la prima serata della kermesse), si esibiranno, in ordine di apparizione: Anna Oxa, gIANMARIA, Mr.Rain, Marco Mengoni, Ariete, Ultimo, Coma_Cose, Elodie, Leo Gassmann, Cugini di Campagna, Gianluca Grignani, Olly, Colla Zio e Mara Sattei. Mercoledì 8 febbraio (nella seconda serata della kermesse), ascolteremo, in ordine di esibizione: Will, Modà, Sethu, Articolo 31, Lazza, Giorgia, Colapesce Dimartino, Shari, Madame, Levante, Tananai, Rosa Chemical, LDA, Paola & Chiara.

    Gli omaggi a Lucio Battisti e a Lucio Dalla – «Faremo un ricordo di Lucio Dalla e Lucio Battisti, che quest’anno avrebbero compiuto 80 anni», ha concluso il direttore artistico del Festival di Sanremo 2023, Amadeus, specificando come il ricordo dedicato a Battisti andrà in scena nella prima serata, quella di domani 7 febbraio, mentre quello di Dalla nella serata dei duetti, venerdì 10 febbraio. «Battisti quest’anno sono anche 25 anni che è scomparso», ha ricordato Gianni Morandi, che ha aggiunto: «L’idea è di far cantare tutto l’Ariston».

    L’edizione numero 73 del Festival della Canzone Italiana vedrà in gara ventotto artisti – tutti inclusi in un’unica categoria – e ventotto canzoni inedite che saranno giudicate tramite un meccanismo di votazione che porterà a esprimere il proprio gradimento il pubblico tramite il sistema del Televoto, una Giuria dei rappresentanti dei media accreditati e una Giuria Demoscopica.

  480. «Ho il piacere e l’onore di annunciarvi che questa sera sarà presente in sala il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Avere con noi il presidente è l’occasione per celebrare il 75° anniversario della Costituzione Italiana e non c’era modo migliore di farlo che invitare un personaggio unico nella cultura italiana: Roberto Benigni». A dare lo storico annuncio è stato questa mattina il direttore artistico e conduttore di Sanremo 2023, Amadeus, durante la consueta conferenza stampa di presentazione della prima serata della 73ª edizione del Festival della Canzone Italiana, al via questa sera su Rai1.
    A rispondere alle domande dei giornalisti Chiara Ferragni, co-conduttrice della serata, Gianni Morandi, al fianco di Amadeus per l’intera edizione 2023, la Presidente della Rai Marinella Soldi che ha aperto con i suoi saluti il briefing con la stampa, Stefano Coletta e Federica Lentini, direttore e vicedirettrice dell’Intrattenimento di Prime Time della Rai e il sindaco di Sanremo Alberto Biancheri.

    Gli ospiti e la conduzione
    Oltre alla performance di Roberto Benigni che celebrerà i 75 anni della nostra Carta Costituzionale e alla presenza di Gianni Morandi – che per l’occasione canterà l’Inno di Mameli, oltre ad affiancare Amadeus alla conduzione del Festival – , a impreziosire la serata inaugurale di Sanremo 2023 ci saranno Mahmood e Blanco, al loro ritorno in riviera dopo la vittoria dello scorso anno, Elena Sofia Ricci e i Pooh, che oltre a esibirsi, faranno un omaggio all’amico e batterista della band Stefano D’Orazio, scomparso nel 2020.
    Co-conduttrice della serata sarà Chiara Ferragni. «Sono molto emozionata e molto onorata di essere qui – ha detto l’imprenditrice digitale a poche ore dal suo esordio sul palcoscenico dell’Ariston – . Non sono una conduttrice, non sono un’attrice: cercherò di portare me stessa e di mettercela tutta. Penso sarà un bello spettacolo». La Ferragni affiancherà Amadeus e Gianni Morandi anche nella serata finale del Festival.

    Gli Artisti in gara: l’ordine di uscita della prima serata (7.2.2023)
    In questa prima serata ascolteremo le prime 14 canzoni delle 28 in gara. Queste ultime saranno votate, in maniera disgiunta, dalle tre componenti di voto in cui è stata ripartita la Giuria della Stampa, Tv, Radio e Web: la giuria della carta stampata e tv; quella delle radio; quella del web. A fine puntata, conosceremo una prima classifica parziale degli Artisti che si sono esibiti.

    Ecco i cantanti, in ordine di esibizione:

    Anna Oxa

    gIANMARIA

    Mr.Rain

    Marco Mengoni

    Ariete

    Ultimo

    Coma_Cose

    Elodie

    Leo Gassmann

    Cugini di Campagna

    Gianluca Grignani

    Olly

    Colla Zio

    Mara Sattei

  481. 08 febbraio 2023 ore 04:20

    È un inizio coinvolgente e suggestivo quello del 73° Festival della Canzone Italiana: l’“astronave scenografica” firmata da Gaetano e Maria Chiara Castelli si illumina a ritmo di musica. Al “Benvenuti” di Amadeus, visibilmente emozionato seppure alla sua quarta volta alla guida della kermesse, si associa Gianni Morandi, al fianco del direttore artistico nella conduzione dell’intera edizione 2023. Poi un minuto di silenzio, rotto solo dagli applausi, porta il pensiero alla tragedia causata dal terremoto che sta colpendo Turchia e Siria.

    «Vorrei che cantassimo tutti insieme» dice Gianni Morandi invitando l’Ariston a intonare con lui l’Inno di Mameli: l’occasione è unica. Per celebrare il 75° anniversario della Costituzione Italiana, in sala arriva, accompagnato dagli applausi dei presenti, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la figlia Laura. È il primo capo dello Stato ad assistere al Festival. Morandi e Amadeus cantano con la mano sul cuore. È standing ovation finale, anche per l’orchestra. Mattarella applaude dal suo posto d’onore.
    Poi il palcoscenico dell’Ariston è tutto per Roberto Benigni che strega il pubblico con un appassionato inno alla Costituzione «la più bella che si potesse immaginare» – dice l’artista – , alla libertà, ideale prezioso e mai scontato, e alla pace. «La Costituzione c’entra anche con Sanremo, perché è un’opera d’arte e canta la libertà e la dignità dell’uomo, ogni parola sprigiona una forza evocativa e rivoluzionaria come le opere d’arte, butta all’aria tutto il soffocamento, l’oppressione, l’ingiustizia e la violenza di prima, è uno schiaffo al potere, ci fa sentire che viviamo in un paese che può essere giusto e bello, ci dice che il mondo può essere senza violenza». Applausi a scena aperta – compresi quelli del Presidente Mattarella e della figlia – suggellano l’intervento del premio Oscar.

    I 14 Artisti (dei 28 in gara) che si sono esibiti in questa prima serata sono stati:
    Anna Oxa con Sali
    gIANMARIA con Mostro
    Mr. Rain con Supereroi
    Marco Mengoni con Due vite
    Ariete con Mare di guai
    Ultimo con Alba
    Coma_Cose con L’addio
    Elodie con Due
    Leo Gassmann con Terzo cuore
    Cugini di Campagna con Lettera 22
    Gianluca Grignani con Quando ti manca il fiato
    Olly con Polvere
    Colla Zio con Non mi va
    Mara Sattei con Duemilaminuti

    Un lungo abito nero scollato, una stola bianca e sulle spalle la scritta “Pensati libera” (da un’opera di Claire Fontaine), che mostra prima di scendere la scalinata dell’Ariston. Questo l’outfit scelto da Chiara Ferragni, co-conduttrice di questa serata del Festival, per fare il suo ingresso sul palco del Teatro Ariston. L’imprenditrice digitale scherza su sé stessa, «sono mesi che faccio le scale del mio condominio e mi esercito a presentare».

    Il palco dell’Ariston vede poi un grande ritorno, quello di Mahmood e Blanco che intonano ancora una volta il brano che li ha visti vincitori nel 2022, “Brividi”.

    Lo show prosegue.
    Dopo aver dato l’addio alla sua Suor Angela, protagonista di una delle fiction Rai più amate, l’attrice Elena Sofia Ricci è pronta a tornare in tv interpretando Teresa Battaglia in “Fiori sopra l’inferno”.
    Gianni Morandi, con la complicità di Amadeus, diverte il pubblico con un excursus, tutto giocato sul filo dell’ironia, dedicato alle sue canzoni degli inizi, «piuttosto brutte», dai musicarelli a “La Befana Trullallà”. Poi l’eterno ragazzo della musica italiana trascina l’Ariston sulle note di “Bella Belinda”.
    Ancora musica: lasciato il Teatro, il direttore artistico di Sanremo 2023 raggiunge Piero Pelù sul green carpet e insieme i due conquistano il Suzuki Stage dove il rocker toscano canta “Gigante”, pezzo presentato al Festival del 2020.

    A sei anni dall’addio del 2016 e dopo la scomparsa del batterista del gruppo Stefano D’Orazio, i Pooh, assieme a Riccardo Fogli, si riuniscono sul palco del Festival di Sanremo per regalare agli spettatori un medley dei propri successi più famosi. Da “Amici per sempre” a “Dammi solo un minuto”, “Stai con me”, “Tanta voglia di lei”, “Pensiero”, “Piccola Katy”, “Chi fermerà la musica”: l’intero teatro balla. Alla batteria Phil Mer, figlio della moglie di Red Canzian.
    Durante l’esibizione della band, Amadeus ha invitato tutto il pubblico a cantare per ricordare il musicista scomparso nel 2020. E lui, Stefano D’Orazio, è comparso su un sipario trasparente nelle immagini di repertorio che lo vedevano interpretare la propria strofa nel brano “Uomini soli”, vincitore al Festival nel 1990. Un omaggio che ha commosso non solo gli amici di una vita Roby Facchinetti, Dodi Battaglia e Red Canzian, ma anche il direttore artistico e tutto il pubblico presente che si è alazato in piedi.

    Cambiata d’abito, Chiara Ferragni torna sul palcoscenico sfoggiando quello che appare come un “nude look” ed è invece l’immagine del suo corpo disegnata sul tessuto del vestito che indossa. L’imprenditrice, alla domanda di Amadeus, spiega che il messaggio dietro la mise scelta è quello che «il corpo delle donne non deve mai generare odio o vergogna». Proprio questo è infatti il tema scelto dall’influencer per il suo monologo, una lettera alla bambina che è stata e che ancora vive in lei: un invito a tutte le donne a sconfiggere le insicurezze, a non sentirsi sbagliate, ma anche un appello contro gli haters e contro il «sessismo che purtroppo si sta normalizzando». «Essere donne non è un limite, – dice emozionata Chiara – gridatelo a tutte».

    Non sono mancati neppure i colpi di scena. Al suo secondo ingresso sul palco, Blanco è protagonista di un fuori programma: il giovane cantante, infastidito per problemi tecnici che non gli permettevano di sentire la sua voce in cuffia durante l’esibizione del suo ultimo singolo “L’Isola delle Rose”, comincia a distruggere gli arredi floreali presenti sul palcoscenico. Il pubblico in sala lo fischia.
    Poi è Fiorello, con la sua ironia, ad alleggerire l’atmosfera: in collegamento col Festival, lo showman scherza con l’amico Amadeus facendogli notare come abbia sbagliato due volte nomi, prima confondendo gIANMARIA con Sangiovanni, poi Blanco con Salmo.

    Chiara Ferragni, nuovamente sul palcoscenico, dedica un momento alla sua personale battaglia contro la violenza sulle donne. L’influencer indossa un abito peplo su cui sono ricamate, in perle nere, alcune delle frasi di disprezzo che più spesso le vengono rivolte dagli haters sui social. Al suo fianco c’è la presidente dell’associazione D.i.Re Antonella Veltri e alcune delle attiviste che portano il loro contributo alla rete nazionale antiviolenza, la stessa alla quale la co-conduttrice ha devoluto l’intero cachet.

    Con un selfie scattato sul palco dell’Ariston, insieme con Amadeus e Gianni Morandi, Chiara Ferragni inaugura il profilo social individuale del direttore artistico. «Hai ancora un profilo di coppia alla tua età? Non va bene», lo redarguisce l’influencer facendosi prestare il telefono da Giovanna Civitillo, moglie del conduttore. «Mi sono portata avanti con Giovanna e ho creato il tuo primo profilo personale, ‘amadeusonoio’. Ora vi taggo: ragazzi, mi raccomando, seguitelo tutti». Ed è subito boom di seguaci, tanto che, poco dopo, l’influencer avvia una diretta in cui mostra ai followers di Amadeus il dietro le quinte del Teatro Ariston.

    A concludere la serata, il Festival ricorda Lucio Battisti. Sulle note de “Il mio canto libero”, Gianni Morandi guida l’omaggio all’indimenticato cantautore, scomparso 25 anni fa, che il 5 marzo avrebbe compiuto 80 anni. Cantano tutti, la platea, la galleria, i conduttori.

    Prima dei saluti, è tempo di scoprire la classifica parziale della prima serata (elaborata sulla base del voto espresso dai giornalisti accreditati al Festival e divisi in tre giurie – quella della carta stampata e tv, quella delle radio e quella del web:
    1. Marco Mengoni
    2. Elodie
    3. Coma_Cose
    4. Ultimo
    5. Leo Gassman
    6. Mara Sattei
    7. Colla Zio
    8. Cugini di Campagna
    9. Mr. Rain
    10. Gianluca Grignani
    11. Ariete
    12. gIANMARIA
    13. Olly
    14. Anna Oxa

  482. 09 febbraio 2023 ore 04:45

    Il secondo appuntamento con il 73° Festival della Canzone Italiana si apre con un omaggio al primo Festival, andato in scena nel 1951 presso il salone delle feste del Casinò di Sanremo.

    L’incipit è, però, per il direttore artistico e conduttore Amadeus che ringrazia tutta la squadra Rai per gli ascolti record ottenuti nella serata di esordio e accoglie sul palco Gianni Morandi, che entra con una scopa in mano. «Mi dà sicurezza tenerla con me. Non si sa mai, qualunque cosa succeda. E poi c’è ancora qualche petalo», scherza il cantante richiamando con ironia e gentilezza l’episodio che ha visto Blanco al centro dell’attenzione, nella prima serata, dopo aver distrutto alcune composizioni floreali disposte sul palco del Teatro Ariston. Poi l’eterno ragazzo intona “Grazie dei Fiori”, primo brano a vincere 73 anni fa al Festival.

    A esibirsi in questa seconda serata sono stati, in ordine di uscita, i restanti 14 Artisti (dei 28 in gara):

    Will con Stupido

    Modà con Lasciami

    Sethu con Cause perse

    Articolo 31 con Un bel viaggio

    Lazza con Cenere

    Giorgia con Parole dette male

    Colapesce Dimartino con Splash

    Shari con Egoista

    Madame con Il bene nel male

    Levante con Vivo

    Tananai con Tango

    Rosa Chemical con Made in Italy

    LDA con Se poi domani

    Paola & Chiara con Furore

    Dopo aver accolto sul palcoscenico Francesco Arca e Mario Di Leva, due dei protagonisti “Resta con me”, per presentare la nuova fiction di Rai 1 – un poliziesco dalle tinte romantiche – in onda a partire da domenica 19 febbraio 2023, Amadeus introduce la prima donna della serata, Francesca Fagnani. «Vengo in pace, stai sereno», sorride al suo debutto sul palco dell’Ariston la giornalista famosa per le sue interviste senza sconti nella trasmissione “Belve”. Poi promette: «Ai cantanti non rivolgerò domande imbarazzanti, ma sugli altri ho mano libera».

    Sono un pezzo di storia della musica italiana, ma non si erano mai esibiti insieme: Gianni Morandi, Massimo Ranieri e Al Bano mandano letteralmente in delirio il pubblico dell’Ariston. Morandi parte dalla galleria intonando “In ginocchio da te”, Ranieri dalla platea cantando “Vent’anni”, Al Bano dalle scale accennando “Nel sole”. I tre artisti poi si riuniscono al centro del palco: “Andavo a cento all’ora”, “Se bruciasse la città”, “Mattino”, “Rose rosse”, Scende la pioggia”, “Felicità”, è una sfida tra hit, acuti e cori dei presenti in sala. A “Perdere l’amore”, cantata con Ranieri da tutto il teatro, fa eco Morandi che emoziona con “Uno su mille”. Chiude Al Bano con È” la mia vita”.

    Sul palco dell’Ariston non manca poi una sorpresa per il cantante di Cellino San Marco che il 20 maggio festeggia il suo ottantesimo compleanno: per lui arriva il momento di spengere le candeline sulle torte dei suoi “4 volte 20 anni”. Il 18 maggio l’artista festeggerà il compleanno con un evento all’Arena di Verona, che sarà poi trasmesso in tv, e al quale invita anche Gianni Morandi e Massimo Ranieri. I tre si abbracciano per uno scatto storico e Morandi invita il “boomer” Amadeus a fare una foto da postare sui social.

    Il finale è da incorniciare: i tre artisti regalano al pubblico un’intensa versione de “Il mio concerto” di Umberto Bindi. Il pubblico dell’Ariston tributa loro una lunga standing ovation.

    A Sanremo irrompono i diritti negati in Iran, grazie alla testimonianza dell’attivista Pegah Moshir Pour, italiana di origini iraniane. «In Iran – spiega la ragazza – non avrei potuto presentarmi così vestita e truccata, né parlare di diritti umani sul palco, sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa, è per questo che, come molti altri ragazze e ragazzi, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione cresciuta sotto un regime di terrore e repressione, in un paese bellissimo, uno scrigno di patrimoni dell’umanità». La parola paradiso spiega l’attivista, «deriva da un termine persiano, pardis, che vuol dire giardino protetto. Vi chiedo – si emoziona – se esiste un paradiso forzato, ahimé sì. Come si può chiamare un posto dove il regime uccide persino i bambini?». Per spiegare ai suoi coetanei il dramma dell’Iran, si fa accompagnare sul palco da Drusilla Foer: insieme declamano le parole di una canzone – diventata l’inno della rivoluzione e appena premiata ai Grammy – , “Baraye”, scritta da Shervin Hajipour musicando i tweet dei ragazzi sulle libertà negate. Il brano-preghiera si chiude con le parole chiave della rivoluzione, “donna, vita, libertà”. “Libertà”, scandiscono insieme Pegah e Drusilla tra gli applausi.

    Il tono muta. Balla il pubblico, ballano gli orchestrali: tutti in piedi per i Black Eyed Peas, primi super ospiti internazionali del 73° Festival di Sanremo, che trasformano l’Ariston in una discoteca. Il gruppo vincitore di 6 Grammy, con 35 milioni di album e 120 milioni singoli venduti in quasi 30 anni di carriera, scalda il Festival con una sferzata di energia sulle note di alcuni dei propri successi: “Mamacita”, “Don’t you worry”, “I gotta feeling”. «L’Italia è bellissima e le persone sono magnifiche – dicono a fine esibizione – . Ringraziamo l’Italia per suonare la nostra musica e per averci voluto qui stasera». La band ha mandato anche un ringraziamento a “zio” Tony Renis prima di intonare il loro ultimo singolo “Simply the best”.

    Nuovo cambio di registro. È di forte impatto il tema scelto dalla co-conduttrice della serata, Francesca Fagnani, per il suo monologo: le carceri minorili e la scuola come opportunità di riscatto. «Non tutte le parole sono uguali, per arrivare su questo palco ci sono parole che devono abbattere muri, pareti, grate e cancelli chiusi a tripla mandata». Il testo è stato scritto con i ragazzi del carcere minorile di Nisida, «che scontano la loro pena senza cercare la nostra pena, perché non se ne fanno niente. Non siamo animali, non siamo bestie, né killer per sempre, vogliamo che ci conoscano», sono le loro parole raccolte dalla giornalista. Parlando con tanti detenuti e chiedendo loro ‘cosa cambieresti’, racconta la conduttrice di “Belve”, «in tanti mi hanno risposto: ‘sarei andato a scuola’. Se nasci in quel quartiere, palazzo o da quella famiglia è solo nei banchi di scuola che puoi intravedere la possibilità di una vita alternativa. Lo Stato non può esistere solo attraverso la fondamentale attività di repressione delle forze dell’ordine, deve combattere la povertà scolastica, offrire pari opportunità ai più giovani. Lo Stato deve essere più sexy dell’illegalità», conclude Fagnani.

    Sul fronte ospiti, Nek e Francesco Renga fanno scatenare il pubblico in piazza Colombo, mentre Fedez si esibisce in collegamento dalla Costa Smeralda.

    Presente in sala all’Ariston anche la pattinatrice azzurra Francesca Lollobrigida. Amadeus si avvicina al pubblico per salutarla e lei le regala la sua divisa sportiva: «Questa è la tuta con cui gareggio e vinco le mie medaglie». Un gesto molto apprezzato, al quale seguono i complimenti del direttore artistico: «Una splendida campionessa che è anche la pronipote di Gina Lollobrigida. Una carriera sportiva strepitosa, complimenti per le medaglie!».

    Immancabile poi l’ironia di Fiorello, che in collegamento da Roma, scherza con l’amico Amadeus.

    Sono le battute finali della serata ma c’è ancora spazio per un ospite: Angelo Duro, colui che si autodefinisce “comico immorale”.

    A seguire Francesca Fagnani si ritrova faccia a faccia con le sue ‘Belve’ Amadeus e Gianni Morandi, seduti su una sedia scomoda ma rivelatrice. Un dialogo senza sconti, caratterizzato da toni ironici e graffianti, ma anche intimi e profondi.

    Prima di dare l’appuntamento alla terza serata, è tempo di scoprire la classifica parziale della seconda serata (elaborata sulla base del voto espresso dai giornalisti accreditati al Festival e divisi in tre giurie – quella della carta stampata e tv, quella delle radio e quella del web :

    Colapesce Dimartino

    Madame

    Tananai

    Lazza

    Giorgia

    Rosa Chemical

    Paola & Chiara

    Levante

    Articolo 31

    Modà

    LDA

    Will

    Shari

    Sethu

    E non è finita, perché i tre conduttori svelano anche la prima classifica generale di Sanremo 73, frutto dei voti espressi dai giornalisti accreditati nei primi due appuntamenti:

    Marco Mengoni

    Colapesce Dimartino

    Madame

    Tananai

    Elodie

    Coma_Cose

    Lazza

    Giorgia

    Rosa Chemical

    Ultimo

    Leo Gassmann

    Mara Sattei

    Colla Zio

    Paola & Chiara

    Cugini di Campagna

    Levante

    Mr. Rain

    Articolo 31

    Gianluca Grignani

    Ariete

    Modà

    gIANMARIA

    Olly

    LDA

    Will

    Anna Oxa

    Shari

    Sethu

  483. 10 febbraio 2023 ore 05:00

    Si apre il sipario sulla terza serata del Festival di Sanremo 2023. Sul palco Gianni Morandi, in solitaria, dà il benvenuto al pubblico. «Ho deciso di aprire da solo, perché sennò quello lì dice ‘ci hanno seguito 16 milioni di persone’. Io volo basso, e allora ho detto, vado giù io e ti presento». Detto, fatto: ironizzando sui suoi grandi numeri a Sanremo, il co-conduttore presenta il direttore artistico della kermesse come «l’uomo che in quattro anni è stato su questo palco 5.681 minuti, ha indossato 45 giacche diverse, ha ospitato 119 cantanti in gara, ha ascoltato 9973 canzoni. Signori e signori, follower, ecco a voi il grande, unico, Amadeus». E “Ama” scende le scale facendo una diretta social, la sua prima diretta che porta i followers direttamente in teatro, dopo che Chiara Ferragni l’ha “sboomerizzato”.

    Queste le esibizioni dei 28 Big in gara (giudicati per questa sera per il 50% dalla Giuria Demoscopica e per l’altro 50% dal pubblico attraverso il Televoto):

    Paola & Chiara con Furore

    Mara Sattei con Duemilaminuti

    Rosa Chemical con Made in Italy

    Gianluca Grignani con Quando ti manca il fiato

    Levante con Vivo

    Tananai con Tango

    Lazza con Cenere

    LDA con Se poi domani

    Madame con Il bene nel male

    Ultimo con Alba

    Elodie con Due

    Mr. Rain con Supereroi

    Giorgia con Parole dette male

    Colla Zio con Non mi va

    Marco Mengoni con Due vite

    Colapesce Dimartino con Splash

    Coma_Cose con L’addio

    Leo Gassmann con Terzo cuore

    Cugini di Campagna con Lettera 22

    Olly con Polvere

    Anna Oxa con Sali

    Articolo 31 con Un bel viaggio

    Ariete con Mare di guai

    Sethu con Cause perse

    Shari con Egoista

    gIANMARIA con Mostro

    Modà con Lasciami

    Will con Stupido

    Sulle note di “Brividi” di Mahmood e Blanco, Paola Egonu, co-conduttrice della serata, entra in scena al Festival di Sanremo. «Ho i brividi di paura, ho scelto questa canzone perché mi rappresenta perfettamente», dice dopo aver superato brillantemente la prova della scala. Elegantissima nel suo abito monospalla bianco, la pallavolista, stella della Nazionale azzurra, aggiunge «sono nel tempio della musica, voglio divertirmi con voi».

    Poi, a infiammare il pubblico dell’Ariston pensano i Måneskin. Entrano dalla platea e accendono la voglia di scatenarsi sugli spalti. Tutti in piedi, tra applausi e smartphone alla mano per filmarli: all’Ariston si balla!

    Damiano & CO salgono sul palco di Sanremo per il terzo anno consecutivo per un omaggio al luogo dove ha preso il via la loro ascesa verso il mercato internazionale: vincitori del Festival nel 2020, poi la vittoria anche all’Eurovision Song Contest e da lì l’allargamento del successo all’estero con tour in tutto il mondo. L’anno scorso erano tornati per il passaggio di consegne da vincitori dell’anno prima, quest’anno da superospiti internazionali, complice l’uscita del nuovo album “Rush!”, «al primo posto in 15 Paesi», sottolinea Amadeus.La rock band regala al pubblico un medley dei propri successi che è energia pura: “I wanna be your slave”, “Zitti e buoni”, “The loneliest” e infine “Gossip”, il recente singolo che vanta la collaborazione di Tom Morello, leggendario chitarrista dei Rage Against The Machine. E proprio Morello sale sul palco dell’Ariston per suonarla insieme a loro. Alla fine dell’esibizione, Amadeus consegna al gruppo il Premio Città di Sanremo.

    Sono passati sessant’anni dalla sua uscita, ma “Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte” è una hit senza tempo: tutto l’Ariston si scatena con Gianni Morandi e Sangiovanni che cantano una nuova versione, “2.0”, del brano, “Fatti rimandare dalla mamma” prodotta da Shablo. Con loro sul palco ballerini e ballerine che ballano il twist. L’incontro tra generazioni funziona, il pubblico si diverte e a fine duetto arriva la standing ovation degli spettatori presenti in teatro.

    La linea passa poi a piazza Colombo: on stage c’è Annalisa che canta “Bellissima” accompagnata da sei ballerini.

    Dal palco sull’acqua, invece, si esibisce Gué Pequeno.

    Il razzismo da affrontare, l’orgoglio di appartenenza all’Italia, la consapevolezza che «la diversità è unicità» e che «siamo tutti uguali oltre le apparenze». La campionessa di volley Paola Egonu porta all’Ariston un monologo in cui racconta la sua esperienza. «Amo l’Italia, – dice emozionata – vesto con orgoglio la maglia azzurra che per me è la più bella del mondo. Ho un profondo senso di responsabilità nei confronti di questo Paese in cui ripongo tutte le mie speranze del domani». In chiusura un riferimento sanremese, quello alla “Vita spericolata” del Blasco nazionale: «Ve lo ricordate? Era il 1983 quando Vasco Rossi arrivò penultimo proprio su questo palco. Un altro Non-Perdente che ci ha insegnato che dalle sconfitte più dure possono nascere i successi più grandi». L’Ariston apprezza con un caloroso applauso.

    Dopo la performance in trio con Gianni Morandi e Al Bano, premiata dal picco di 17 milioni dispettatori, Massimo Ranieri torna sul palco di Sanremo per presentare dal vivo, accompagnato da tre delle sue coriste, il nuovo singolo “Lasciami dove ti pare”, contenuto nell’ultimo album “Tutti i sogni ancora in volo”. Con Rocío Muñoz Morales, il cantante ha poi annunciato il nuovo varietà che condurranno insieme e che avrà lo stesso titolo dell’album e del libro autobiografico dell’artista partenopeo. Il programma sarà in onda da maggio il sabato su Rai.

    Immancabile, anche questa sera, il collegamento con Fiorello: lo showman è accompagnato da un particolarissimo “superospite”, Posaman…

    Chiude la serata l’maggio che Sanremo rende a Burt Bacharach, compositore americano premio Oscar, scomparso all’età di 94 anni. L’orchestra, guidata dal maestro Leonardo De Amicis, suona “I say a little prayer” e l’arrivo sul palcoscenico di Alessandro Siani. «Noi utilizziamo troppo il telefono. Al ristorante la prima cosa che facciamo è la fotografia. Davanti a una parmigiana calda cosa facciamo? La foto. Una volta una spigola mi ha detto: mi fai un’altra foto? Sono venuta con l’occhio chiuso». Il comico porta con ironia sul palco dell’Ariston i rischi dell’uso eccessivo del telefonino. Il suo intervento si conclude con una nota dolceamara: «Il giorno che si è bloccato WhatsApp siamo impazziti tutti – dice l’artista napoletano – . Un ragazzo ha chiamato i carabinieri: ‘venitemi a prendere, ho paura’. ‘Ma dove ti trovi?’, gli hanno chiesto. ‘Nella realtà, ha risposto’».

    Questa la classifica generale al termine della terza serata:

    Marco Mengoni
    Ultimo
    Mr. Rain
    Lazza
    Tananai
    Madame
    Rosa Chemical
    Colapesce Dimartino
    Elodie
    Giorgia
    Coma_Cose
    Gianluca Grignani
    Modà
    Paola & Chiara
    LDA
    Ariete
    Articolo 31
    Mara Sattei
    Leo Gassmann
    Colla Zio
    Levante
    Cugini di Campagna
    gIANMARIA
    Olly
    Anna Oxa
    Will
    Shari
    Sethu

  484. 11 febbraio 2023

    È Marco Mengoni con la sua versione di Let it be dei Beatles, cantata con il Kingdom Choir, a vincere la serata del Festival di Sanremo 2023 dedicata alle cover.

    Secondo posto per Ultimo che si è esibito con Eros Ramazzotti in un medley di quest’ultimo. Chiude il podio Lazza, che ha voluto accanto a sé Emma e il primo violino della scala Laura Marzadori per cantare La fine di Nesli. Quarte Giorgia ed Elisa (con Luce e Di sole e d’azzurro), Mr. Rain con Fasma e Qualcosa di grande di Cesare Cremonini sono quinti.

    «Questo premio lo devo dividere con tutti, con l’orchestra e con il coro», ha commentato a caldo Marco Mengoni prima di riproporre il brano chiudendo la quarta serata del 73° Festival.

  485. Marco Mengoni vince il 73° Festival. Superospiti i Depeche Mode. I grandi classici con Gino Paoli e Ornella Vanoni. Chiara Ferragni torna alla co-conduzione. La lettera di Zelensky

    12 febbraio 2023 ore 04:15

    È Marco Mengoni con il brano Due vite il vincitore della 73ª edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Secondo Lazza e la sua Cenere, terzo Mr. Rain con la canzone Supereroi. Quarta piazza per Ultimo con il brano Alba, quinto Tananai con il pezzo Tango.

    È la Banda dell’Aereonautica Militare, che compie quest’anno 100 anni, ad aprire ufficialmente la finale di sanremo 2023 eseguendo l’Inno di Mameli. Tutti in piedi a cantare la Canzone degli Italiani, nel Teatro Ariston.

    Poi l’omaggio all’indimenticabile e mai dimenticato Lucio Dalla, che il prossimo 4 marzo avrebbe compiuto 80 anni. Con la chitarra, Gianni Morandi dalla platea intona “Piazza Grande”. Poi sale sul palco, posa la chitarra e, accompagnato dall’orchestra accenna “Futura” e “Caruso”, il cui ritornello viene cantato a gran voce dal pubblico in piedi. A conclusione il coro “Lu-cio, Lu-cio” e Gianni Morandi, emozionato e commosso, che alza gli occhi al cielo e ringrazia l’orchestra per queste «cinque serate meravigliose».

    Bellissima in un abito peplo blu elettrico, con il corpetto scultura color oro modellato sul suo corpo, Chiara Ferragni fa il suo ingresso sul palcoscenico dell’Ariston per la seconda serata da co-conduttrice del Festival insieme a Gianni Morandi e Amadeus. È stata proprio lei ad aprire la prima serata di Sanremo 2023. «Sono onorata di essere qui», ha detto, ripetendo la sua “frase scaramantica”.

    È la serata che decreta il vincitore della kermesse.
    Si arriverà al verdetto dopo le esibizioni di tutti i 28 Big in gara. Eccoli, in ordine di uscita:

    Elodie con Due

    Colla Zio con Non mi va

    Mara Sattei con Duemilaminuti

    Tananai con Tango

    Colapesce Dimartino con Splash

    Giorgia con Parole dette male

    Modà con Lasciami

    Ultimo con Alba

    Lazza con Cenere

    Marco Mengoni con Due vite

    Rosa Chemical con Made in Italy

    Cugini di Campagna con Lettera 22

    Madame con Il bene nel male

    Ariete con Mare di guai

    Mr. Rain con Supereroi

    Paola & Chiara con Furore

    Levante con Vivo

    LDA con Se poi domani

    Coma_Cose con L’addio

    Olly con Polvere

    Articolo 31 con Un bel viaggio

    Will con Stupido

    Leo Gassmann con Terzo cuore

    gIANMARIA con Mostro

    Anna Oxa con Sali

    Shari con Egoista

    Gianluca Grignani con Quando ti manca il fiato

    Sethu con Cause perse

    Superospiti internazionali della serata finale del 73° Festival della Canzone Italiana, i Depeche Mode accendono l’Ariston. La band non delude le aspettative, prima proponendo in anteprima mondiale il nuovissimo “Ghosts Again”, pezzo apripista dell’album “Memento Mori” che uscirà il 24 marzo – il quindicesimo album in studio del gruppo, ma il primo a essere pubblicato da Dave Gahan e Martin Gore dopo la morte del co-fondatore e tastierista Andy Fletcher, avvenuta lo scorso maggio -, poi con l’iconico successo del 1989 “Personal Jesus”. Stregato, il pubblico in sala tributa loro una standing ovation.

    Un ospite d’eccezione per la serata finale del Festival numero 73. Amadeus e Gianni Morandi, insieme a Danilo Rea al pianoforte, accolgono Gino Paoli che con l’orchestra di Sanremo canta “Una lunga storia d’amore” e “Sapore di sale”. Poi, a grande richiesta, il cantautore ripropone, tra gli applausi a scena aperta degli spettatori in sala, “Il cielo in una stanza”. Decine di cellulari accesi illuminano la platea, l’esibizione emoziona e il pubblico canta a squarciagola.

    Ci trasferiamo in piazza Colombo: on stage Achille Lauro!

    Torniamo all’Ariston. Al fianco di Amadeus e Gianni Morandi, torna Chiara Ferragni per una breve “lezione” su social e meme.

    A Sanremo è Fiorello show da remoto. Lo showman, collegato via diretta Instagram dal divano di casa sua, si prende la scena con la sua ironia graffiante e scherza con Amadeus, Chiara Ferragni e Gianni Morandi.

    A seguire, la performance di Salmo sulle note di “Diavolo in me” in collegamento dal palco sull’acqua.

    Di nuovo sul palco dell’Ariston: ospite della serata finale del 73° Festival di Sanremo, Ornella Vanoni mostra tutta la sua grinta cantando brani leggendari, come “Eternità”, “Una ragione di più”, ma anche “L’appuntamento” e “Vai, Valentina”. La cantante porta sul palco quattro dei successi più noti del suo repertorio. E non fa mancare qualcuna delle sue proverbiali battute.

    Luisa Ranieri è accolta sul palco dell’Ariston, l’attrice partecipa all’evento a meno di 24 ore dall’ultima puntata de “Le Indagini di Lolita Lobosco 2”, la fiction di grande successo che la vede protagonista nei panni di una commissaria barese, e si lancia in una gag con Gianni Morandi e Amadeus giocando con il dialetto.

    Sul finale di puntata, il momento più atteso: Amadeus legge le parole del Presidente Volodymyr Zelensky. Al termine della lettera che il leader ucraino ha inviato al Festival di Sanremo, sul palco dell’Ariston si esibiscono gli Antytila, una delle più celebri rock-band ucraine.

    Questi i verdetti della finale.

    Marco Mengoni con il brano Due vite vince la 73ª edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Secondo Lazza e la sua Cenere, terzo Mr. Rain con la canzone Supereroi. Quarta piazza per Ultimo con il brano Alba, quinto Tananai con il pezzo Tango.

    La classifica finale completa:

    Marco Mengoni
    Lazza
    Mr. Rain
    Ultimo
    Tananai
    Giorgia
    Madame
    Rosa Chemical
    Elodie
    Colapesce Dimartino
    Modà
    Gianluca Grignani
    Coma_Cose
    Ariete
    LDA
    Articolo 31
    Paola & Chiara
    Leo Gassmann
    Mara Sattei
    Colla Zio
    Cugini di Campagna
    gIANMARIA
    Levante
    Olly
    Anna Oxa
    Will
    Shari
    Sethu

  486. Il settantaquattresimo Festival di Sanremo si svolgerà al Teatro Ariston di Sanremo dal 6 al 10 febbraio 2024 con la conduzione, per il quinto anno consecutivo, di Amadeus, il quale sarà anche il direttore artistico; nel corso delle serate sarà affiancato da vari co-conduttori e co-conduttrici, tra cui Marco Mengoni nella prima serata, Giorgia nella seconda serata, Teresa Mannino nella terza serata, Lorella Cuccarini nella quarta serata e Fiorello nella serata finale. La scenografia è stata curata da Gaetano e Maria Chiara Castelli.

    Similmente a quanto già accaduto durante le edizioni 2022 e 2023, vi parteciperanno 30 artisti con altrettanti brani tutti in gara in un’unica sezione: 27 partecipanti sono artisti di chiara fama, mentre gli altri sono i primi tre classificati del concorso Sanremo Giovani 2023. Questi ultimi presenteranno un brano inedito, diverso da quello con il quale hanno vinto la suddetta competizione.

    Come avviene per regolamento dal 2015, il vincitore del Festival rappresenterà, salvo rinuncia, l’Italia all’Eurovision Song Contest 2024, che si svolgerà dal 7 all’11 maggio a Malmö, in Svezia.

  487. I primi 27 partecipanti al Festival sono stati annunciati il 3 dicembre 2023 durante l’edizione diurna del TG1, mentre i titoli dei relativi brani sono stati rivelati il successivo 19 dicembre, durante la finale di Sanremo Giovani 2023, manifestazione che ha selezionato anche gli ultimi tre artisti che hanno guadagnato il diritto di partecipare al Festival.
    Ecco l’elenco dei partecipanti:
    Alessandra Amoroso
    Alfa Esordiente
    Angelina Mango
    Annalisa
    BigMama
    Bnkr44
    Clara
    Dargen D’Amico
    Diodato
    Emma
    Fiorella Mannoia
    Fred De Palma
    Gazzelle
    Geolier
    Ghali
    Il Tre
    Il Volo
    Irama
    La Sad
    Loredana Bertè
    Mahmood
    Maninni
    Mr. Rain
    Negramaro
    Renga e Nek
    Ricchi e Poveri
    Rose Villain
    Sangiovanni 2022
    Santi Francesi
    The Kolors

  488. Nella prima serata si esibiranno tutti i 30 artisti in gara, ciascuno con il proprio brano, votati dalla giuria della Sala stampa, TV e web. Al termine delle votazioni verrà stilata una classifica provvisoria dei 30 artisti in gara, dove verranno annunciate le prime cinque posizioni

  489. Ordine di uscita – Artista – Brano
    1 Clara Diamanti grezzi
    2 Sangiovanni Finiscimi
    3 Fiorella Mannoia Mariposa
    4 La Sad Autodistruttivo
    5 Irama Tu no
    6 Ghali Casa mia
    7 Negramaro Ricominciamo tutto
    8 Annalisa Sinceramente
    9 Mahmood Tuta gold
    10 Diodato Ti muovi
    11 Loredana Bertè Pazza
    12 Geolier I p’ me, tu p’ te
    13 Alessandra Amoroso Fino a qui
    14 The Kolors Un ragazzo una ragazza
    15 Angelina Mango La noia
    16 Il Volo Capolavoro
    17 BigMama La rabbia non ti basta
    18 Ricchi e Poveri Ma non tutta la vita
    19 Emma Apnea
    20 Renga e Nek Pazzo di te
    21 Mr. Rain Due altalene
    22 Bnkr44 Governo punk
    23 Gazzelle Tutto qui
    24 Dargen D’Amico Onda alta
    25 Rose Villain Click Boom!
    26 Santi Francesi L’amore in bocca
    27 Fred De Palma Il cielo non ci vuole
    28 Maninni Spettacolare
    29 Alfa Vai!
    30 Il Tre Fragili

  490. Co-conduttore
    Marco Mengoni – Due vite
    Ospiti
    Fanfara del quarto reggimento a cavallo dei carabinieri in grande spolvero con la marcia d’ordinanza “La Fedelissima”
    Tedua (in collegamento dalla Costa Smeralda)
    Lazza (in collegamento dal Suzuki Stage di Piazza Colombo)
    Fiorello con Fabrizio Biggio e Alessia Marcuzzi (in collegamento dal glass box di Viva Rai2!)
    Federica Brignone
    Edoardo Leo- presentazione della fiction Il clandestino
    Daniela Di Maggio

  491. Seconda serata
    Nella seconda serata si esibiranno 15 dei 30 artisti con il proprio brano in gara, votati dalla giuria delle radio (50%) e dal pubblico a casa tramite televoto (50%). Al termine delle votazioni sarà stilata una classifica provvisoria dei 15 artisti in gara, dove verranno annunciate le prime cinque posizioni.

    Co-conduttrice
    Giorgia – E poi
    Ospiti
    Giovanni Allevi
    Bob Sinclar (in collegamento dalla Costa Smeralda)
    Rosa Chemical (in collegamento dal Suzuki Stage di Piazza Colombo)
    Fiorello con Fabrizio Biggio e Alessia Marcuzzi (in collegamento dal glass box di Viva Rai2!)
    John Travolta
    Il cast di Mare fuori – presentazione della quarta stagione della fiction

    Terza serata
    Nella terza serata si esibiranno i restanti 15 dei 30 artisti con il proprio brano in gara, votati dalla giuria delle radio (50%) e dal pubblico a casa tramite televoto (50%). Al termine delle votazioni sarà stilata una classifica provvisoria degli altri 15 artisti in gara, dove verranno annunciate le prime cinque posizioni.

    Co-conduttrice
    Teresa Mannino
    Ospiti
    Bresh (in collegamento dalla Costa Smeralda)
    Paola & Chiara (in collegamento dal Suzuki Stage di Piazza Colombo)
    Russell Crowe
    Eros Ramazzotti – Terra promessa
    Fiorello con Fabrizio Biggio e Alessia Marcuzzi (in collegamento dal glass box di Viva Rai2!)

    Quarta serata
    Durante la quarta serata, dedicata alle cover, i 30 artisti si esibiranno con un pezzo da loro scelto, sia italiano che internazionale. Le esibizioni saranno votate dalla giuria della sala stampa, TV e web (33%), dalla giuria della radio (33%) e dal pubblico a casa tramite televoto (34%). Come l’anno precedente, durante la serata tutti gli artisti solisti dovranno necessariamente farsi accompagnare da ospiti italiani o stranieri. Al termine delle votazioni verrà stilata una classifica provvisoria dei 30 artisti in gara che è stata sommata a quella delle serate precedenti, dove verranno annunciate le prime cinque posizioni.


    Quarta serata
    Ordine di uscita Artista – Ospite/i Brano (Artista originale – Anno)

    Alessandra Amoroso – Boomdabash Medley
    Alfa – Roberto Vecchioni Sogna ragazzo sogna (Roberto Vecchioni – 1999)
    Angelina Mango – Quartetto d’archi dell’Orchestra di Roma La rondine (Mango – 2002)
    Annalisa – La Rappresentante di Lista e il coro Artemia Sweet Dreams (Are Made of This) (Eurythmics – 1983)
    BigMama – Gaia, La Niña e Sissi Lady Marmalade (Christina Aguilera, Lil’ Kim, Mýa e Pink – 2001)
    Bnkr44 – Pino D’Angiò Ma quale idea (Pino D’Angiò – 1980)
    Clara – Ivana Spagna e il Coro di voci bianche del Teatro Regio di Torino Il cerchio della vita (Ivana Spagna – 1995)
    Dargen D’Amico – BabelNova Orchestra Omaggio a Ennio Morricone[27]
    Diodato – Jack Savoretti Amore che vieni, amore che vai (Fabrizio De André – 1966)
    Emma – Bresh Medley Tiziano Ferro
    Fiorella Mannoia – Francesco Gabbani Che sia benedetta (Fiorella Mannoia – 2017) /
    Occidentali’s Karma (Francesco Gabbani – 2017)
    Fred De Palma – Eiffel 65 Medley Eiffel 65
    Gazzelle – Fulminacci Notte prima degli esami (Antonello Venditti – 1984)
    Geolier – Guè, Gigi D’Alessio e Luchè Strade (Medley)
    Ghali – Ratchopper Italiano vero (Medley)[28]
    Irama – Riccardo Cocciante Quando finisce un amore (Riccardo Cocciante – 1974)
    Il Tre – Fabrizio Moro Medley Fabrizio Moro
    Il Volo – Stef Burns Who Wants to Live Forever (Queen – 1986)
    La Sad – Donatella Rettore Lamette (Rettore – 1982)
    Loredana Bertè – Venerus Ragazzo mio (Luigi Tenco – 1964)
    Mahmood – Tenores di Bitti Come è profondo il mare (Lucio Dalla – 1977)
    Negramaro – Malika Ayane La canzone del sole (Lucio Battisti – 1971)
    Maninni – Ermal Meta Non mi avete fatto niente (Ermal Meta e Fabrizio Moro – 2018)
    Mr. Rain – Gemelli DiVersi Mary (Gemelli DiVersi – 2003)
    Renga e Nek Medley Renga e Nek
    Ricchi e Poveri – Paola & Chiara Sarà perché ti amo (Ricchi e Poveri – 1981) / Mamma Maria (Ricchi e Poveri – 1982)
    Rose Villain – Gianna Nannini Medley
    Sangiovanni – Aitana Farfalle (Sangiovanni – 2022) / Mariposas (Sangiovanni e Aitana – 2022)
    Santi Francesi – Skin Hallelujah (Leonard Cohen – 1984)
    The Kolors – Umberto Tozzi Medley Umberto Tozzi

    Co-conduttrice
    Lorella Cuccarini
    Ospiti
    Gigi D’Agostino (in collegamento dalla Costa Smeralda)
    Arisa (in collegamento dal Suzuki Stage di Piazza Colombo)
    Fiorello con Fabrizio Biggio e Alessia Marcuzzi (in collegamento dal glass box di Viva Rai2!)

    Quinta serata – Finale
    Nel corso della serata finale si esibiranno nuovamente i 30 artisti, ciascuno con il rispettivo brano in gara, votati dal pubblico a casa tramite televoto. Al termine delle votazioni sarà stilata la classifica finale, determinata dalla media tra le percentuali della serata finale e quelle delle serate precedenti, che stabilirà la classifica definitiva dalla trentesima alla sesta posizione.

    Dopo l’azzeramento dei voti precedenti per i primi cinque classificati, essi si esibiranno nuovamente e saranno votati dalla Giuria della sala stampa (33%), dalla Giuria delle radio (33%) e dal pubblico a casa tramite televoto (34%). La somma dei voti di tutte le tre componenti decreterà infine la canzone vincitrice del Festival[13].

    Co-conduttore
    Fiorello
    Ospiti
    Roberto Bolle[29]
    Tedua (in collegamento dalla Costa Smeralda)[16]
    Tananai (in collegamento dal Suzuki Stage di Piazza Colombo)[17]
    Gigliola Cinquetti[30] – Non ho l’età (per amarti)
    Orchestra
    L’orchestra sarà diretta dal maestro Leonardo De Amicis.

    Le canzoni dei cantanti in gara saranno state dirette da:

    Simone Bertolotti per La Sad
    Daniel Bestonzo per Annalisa e Santi Francesi
    Enrico Brun per Maninni
    Enzo Campagnoli per Dargen D’Amico
    Valeriano Chiaravalle per Alfa, Clara, Fred De Palma e i The Kolors
    Luca Chiaravalli per Loredana Bertè e Renga Nek
    Alberto Cipolla per BigMama ed Emma
    Francesco D’Alessio per Geolier
    Rodrigo D’Erasmo per Diodato
    Clemente Ferrari per Fiorella Mannoia
    Lucio Fabbri per Ricchi E Poveri
    Francesco Mancarella per Alessandra Amoroso
    Enrico Melozzi per Bnkr44, Gazzelle, Ghali e Mr. Rain
    Giulio Nenna per Irama
    Giovanni Pallotti per Angelina Mango
    Carmelo Patti per Il Tre, Il Volo e Mahmood
    Davide Rossi per i Negramaro, Rose Villain e Sangiovanni

  492. Sanremo debutta con il 65 per cento di share

    Il quinto Festival di Sanremo diAmadeus (dalle 21.25 all’1.59) debutta con una media di ascolti di 10 milioni 561mila telespettatori con il 65.1% di share. La prima serata del Festival 2023 (in onda dalle 21.18 all’1.40) fece registrare in media 10 milioni 758 mila telespettatori pari al 62.5% di share.

    Per quanto riguarda le fasce di ascolto, la prima parte di serata (dalle 21.25 alle 23.31) ha raccolto 15.075.000 milioni di spettatori per uno share del 64.3 %. La seconda parte (dalle 23.34 alle 01.59), è stata vista da 6.527.000 milioni di spettatori e il 66.9% di share. Lo scorso anno la prima parte, dalle 21.18 alle 23.44, era stata vista da 14,160.000 di persone (61.7% di share), mentre dalle 23.48 alle 01.40 aveva raccolto 6.296.000 spettatori per il 64.4% di share.

  493. A vedere Russell Crowe cantare con la sua rock band, a sentire quindici della canzoni in gara interpretate dagli artisti annunciati dai colleghi, a ridere delle battute e della comicità di Teresa Mannino e ad ascoltare Eros Ramazzotti ricantare 40 anni dopo Terra promessa, ieri sera (8 febbraio 2024) ci sono stati 10.1001.000 di spettatori corrispondenti al 60,1% nella fascia oraria dalle 21.19 alle 01.38.
    La terza serata del festival di Sanremo si conferma un successo nonostante (o forse grazie) alle polemiche: su tutte, quelle che hanno riguardato John Travolta, le sue scarpe e il “famigerato” Ballo del Qua Qua in cui è stato coinvolto. Nel confronto con lo scorso anno Amadeus batte se stesso, la terza serata era stata vista da 9.240.000 spettatori con il 57,6%.

  494. Ascolti quarta serata, è un vero record. Quasi 12 milioni di spettatori.
    (Quasi un milione più dell’anno scorso e più di due punti di share. Amadeus batte anche Baudo)

    Amadeus l’ha definita la serata più iconica del festival di Sanremo, è quella dei duetti e delle cover tradizionalmente quella che fa anche il boom di ascolti. E anche quest’anno la quinta serata è stata vista da 11.893.000 spettatori con il 67,8% di share, un vero trionfo. Quasi 12 milioni, quasi un milione in più della scorsa edizione ma soprattutto un vero record che rappresenta il miglior risultato per la serata del venerdì dell’era Auditel, dal 1987.

    Al secondo posto proprio l’edizione 1987, condotta da Pippo Baudo con Carlo Massarini, con il 67.50% raccolto dalla penultima serata del festival. Quindi Amadeus è riuscito, proprio nella serata con Lorella Cuccarini, a battere il decano del festival.
    È stata infatti la serata di Lorella Cuccarini che alla soglia dei sessant’anni balla con un’energia e disinvoltura che tutti le invidiano, dei trenta artisti che si sono esibiti in duetti e cover con la vittoria (contestata dall’Ariston) di Geolier, Angelina che ricanta la canzone del papà Mango, il ritorno dei Jalisse al festival a ventisette anni dalla vittoria di Fiumi di parole. Finalmente, un premio alla costanza.

  495. La finale di Sanremo 2024, che ha incoronato vincitrice Angelina Mango, è stata seguita su Rai1 (dalle 21.27 all’1.59) da una media di 14 milioni 301mila telespettatori, pari al 74,1% di share.

    La classifica finale della 74esima edizione del Festival di Sanremo, annunciata da Amadeus e Fiorello: Angelina Mango ha vinto la kermesse, seguita da Geolier e Annalisa. Ad Angelina Mango e Loredana Bertè e Fiorella Mannoia anche altri premi

    Ecco classifica finale e premi:
    1 – Angelina Mango, con La noia
    2 – Geolier , con I p’me, tu p’te
    3 – Annalisa, con Sinceramente
    4 – Ghali, con Casa mia
    5 – Irama, con Tu no

    6 – Mahmood, con Tuta gold
    7 – Loredana Bertè, con Pazza
    8 – Il Volo, con Capolavoro
    9 – Alessandra Amoroso, con Fino a qui
    10 – Alfa, con Vai!

    11 – Gazzelle, con Tutto qui
    12 – Il Tre, con Fragili
    13 – Diodato, con Ti muovi
    14 – Emma, con Apnea
    15 – Fiorella Mannoia, con Mariposa

    16 – The Kolors, con Un ragazzo una ragazza
    17 – Mr. Rain, con Due altalene
    18 – Santi Francesi, con L’amore in bocca
    19 – Negramaro, con Ricominciamo tutto
    20 – Dargen D’Amico, con Onda alta

    21 – Ricchi e Poveri, con Ma non tutta la vita
    22 – BigMama, con La rabbia non ti basta
    23 – Rose Villain, con Click Boom!
    24 – Clara, con Diamanti grezzi
    25 – Renga e Nek, con Pazzo di te

    26 – Maninni, con Spettacolare
    27 – La Sad, con Autodistruttivo
    28 – BNKR44, con Governo punk
    29 – Sangiovanni, con Finiscimi
    30 – Fred De Palma, con Il cielo non ci vuole

    A Loredana Bertè (brano in gara «Pazza») è andato il Premio della Critica Mia Martini, assegnato dalla Sala Stampa Roof dell’Ariston.

    La Sala Stampa Lucio Dalla ha invece assegnato il Premio della Critica ad Angelina Mango («La noia») .

    Il Premio Sergio Bardotti per il miglior testo è andato a Fiorella Mannoia per «Mariposa».

    L’Orchestra del Festival invece ha assegnato il Premio Giancarlo Bigazzi per la miglior composizione musicale ad Angelina Mango («La noia»).

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