Marco Minghetti mi segnala un post pubblicato sul suo blog.
L’argomento è intrigante e credo che i termini della discussione possano essere racchiusi nelle seguenti domande:
Si può leggere bene un libro senza sapere a quale genere appartiene?
Il lettore ideale (badate, non quello qualunque) deve preoccuparsi dei generi letterari?
Ha ragione Alaistar Fowler quando sostiene che “il genere è molto più un uccello che la sua gabbia”?
Vi invito a partecipare alla discussione dopo aver letto il testo di Minghetti e le opinioni contrapposte di Alberto Manguel e Umberto Eco. E poi a rispondere alle domande proposte dallo stesso Minghetti:
A che genere appartiene Alice nel Paese delle Meraviglie, a quello dei libri per l’infanzia?
E gli Esercizi di stile di Queneau è un mero manuale di retorica?
E i romanzi di Chandler sono riducibili al canone del giallo “hard boiled”?
E le Città Invisibili di Calvino sono dei semplici racconti brevi?
A voi.
Massimo Maugeri
——-
di Marco Minghetti
Che cosa è 1984 ? Un romanzo di fantascienza? Una (anti)utopia? Una storia d’amore? Un racconto sado-maso? La perfetta rappresentazione della vita reale che si svolge oggi in Nazioni come la Birmania? Questa domanda mi frullava in capo mentre ieri sera ascoltavo Hitchens alla Scala presentare il suo ultimo libro La vittoria di Orwell.
Mi si era accesa una sinapsi con quanto avevo ascoltato un paio di giorni prima alla presentazione di un altro libro, Al tavolo del cappellaio matto di Alberto Manguel. In quel caso il relatore era Umberto Eco che, in particolare, si era soffermato su uno dei capitoli del libro, quello dedicato al lettore ideale (ripreso anche in larga parte sul Domenicale de Il Sole 24-ore). Si tratta in effetti di una delle parti più deliziose del testo, di stampo chiaramente borgesiano, in cui si trovano affermazioni del tipo: ” Il lettore ideale non ricostruisce una storia: la ricrea”; “Bisogna essere inventori per leggere bene”; “Il lettore ideale sovverte il testo. Il lettore ideale non dà per scontata la parola dello scrittore”; “Il lettore ideale è un lettore cumulativo: ogni volta che legge un libro aggiunge un nuovo strato di memoria alla narrazione”; “Ogni lettore ideale è un lettore associativo. Legge come se tutti i libri fossero opera di un unico autore eterno e fecondo”.
Eco leggeva e commentava, concordando con l’autore su queste idee, mentre io pensavo a come Manguel avesse perfettamente descritto il lettore ideale del nostro romanzo Le Aziende InVisibili. Ma poi Eco è giunto ad una frase, che ha ritenuto di contestare: “Il lettore ideale non si preoccupa dei generi letterari”. Sbagliatissimo, ha argomentato Eco: è impossibile leggere bene un libro senza sapere a quale genere appartiene. Un giallo è un giallo, una storia d’amore è una storia d’amore, un racconto epico è un racconto epico: se non si conoscono le “regole del gioco” cui ogni testo è sottoposto, le regole cioè del genere cui è stato iscritto dal suo autore, non si può comprenderlo a fondo.
A mio parere Eco qui si inganna: e mi sono permesso di esprimere pubblicamente questa opinione. Prendiamo l’Amleto. Se ci poniamo dal punto di vista di Eco dovremmo leggerlo come se fosse una tragedia, ed un particolare genere di tragedia: la “tragedia di vendetta”, un genere molto praticato ai tempi di Shakespeare. Tuttavia molti critici vedono in Hamlet la prima “detective story” dell’età moderna (Amleto in effetti investiga sulla morte del padre e vuole scoprire l’assassino); Harold Bloom ritiene che Shakespeare (a differenza del Kafka di Borges, che crea i suoi predecessori) abbia plasmato tutti i suoi successori ed in particolare Freud e dunque vede in Amleto una sorta di dramma psicanalitico; ma naturalmente Amleto è anche una ghost story per eccellenza, è una storia d’amore, è un racconto filosofico. Tom Stoppard ha persino trasformato genialmente la tragedia in una commedia (Rosenkrantz e Guilderstern sono morti).
In sintesi: a me sembra che non solo i grandi libri non possano essere ridotti ad un unico genere letterario, ma che, al contrario, potenzialmente li contengano tutti. Potremmo forse azzardare una sorta di formula: più generi letterari scopriamo in un testo, più è probabile che siamo di fronte ad un capolavoro.
Alcune domande di prova: A che genere appartiene Alice nel Paese delle Meraviglie, a quello dei libri per l’infanzia? E gli Esercizi di stile di Queneau è un mero manuale di retorica? E i romanzi di Chandler sono riducibili al canone del giallo “hard boiled”? E le Città Invisibili di Calvino sono dei semplici racconti brevi?
Dal che si potrebbe forse evincere un’ultima conclusione: ogni grande libro “crea” il suo proprio genere letterario, diventando oggetto di emulazione per schiere di scrittori successivi.
_______________
_______________
EXTRAPOST
1. Ringrazio di cuore Valerio Evangelisti per aver pubblicato su Carmilla on line il mio racconto “Mind games”. Vi invito a leggerlo (cliccando qui) e a commentarlo, se vi va, su La camera accanto (4° appuntamento).
Ringrazio Valerio anche per le belle parole spese su “Identità distorte” e su Letteratitudine.
2. Avete un noir o un giallo nel cassetto? Vi ricordo Il Fante di picche, iniziativa segnalata da Enrico Gregori.
Allora, cosa ne pensate?
–
Si può leggere bene un libro senza sapere a quale genere appartiene?
Il lettore ideale (badate, non quello qualunque) deve preoccuparsi dei generi letterari?
Ha ragione Alaistar Fowler quando sostiene che “il genere è molto più un uccello che la sua gabbia”?
(Oppure, questa, è una dichiarazione “di comodo”?)
Vi ripropongo le domande di Minghetti:
–
1.A che genere appartiene “Alice nel Paese delle Meraviglie”, a quello dei libri per l’infanzia?
–
2. E gli “Esercizi di stile” di Queneau è un mero manuale di retorica?
–
3. E i romanzi di Chandler sono riducibili al canone del giallo “hard boiled”?
–
4. E “le Città Invisibili” di Calvino sono dei semplici racconti brevi?
Siete più con Eco o con Manguel?
un libro è buono o scadente a prescindere dal genere. il genere letterario è un’ invenzione nata per esigenze di catalogazione. chi ama leggere, legge. fregandosene del genere. e poi chi sono libri che è difficile catalogare.
Ciao Emanuele,
benvenuto da queste parti.
Sei sicuro che chi ama leggere, legge… fregandosene del genere?
È sempre così?
Non è che ci sono appassionati di giallo che leggono solo gialli, appassoniati di fantascienza che leggono solo fantascienza, appassionati di fantasy che leggono solo fantasy?
Concordo con Emanuele. Le etichette non mi piacciono, così come non amo sentire i consigli: libro per adolescenti, libro pbambini e via dicendo. compro e leggo libri a raffica, non mi preoccupo dello scaffale in cui li trovo… Per fortuna…
@ Fabioletterario
Giusto, Fabio.
Tu, come me e come la maggior parte dei frequentatori di questo blog, sei un lettore onnivoro. Ma ti garantisco che conosco gente che se non legge l’etichetta “thriller” sulla copertina nemmeno si sogna di prendere un libro in mano.
Sei dunque d’accordo con Manguel quando sostiene che “Il lettore ideale non si preoccupa dei generi letterari”?
E secondo te, perché Eco giunto a questa esternazione si è “bloccato” e si è sentito in dovere di precisare che “è impossibile leggere bene un libro senza sapere a quale genere appartiene”?
Sono d’accordo con Eco. E’ sembre bene conoscere il genere prima di immergersi nella lettura. Ci sono generi che hanno vere e proprie caratteristiche alle cui uniformarsi.
E poi almeno il lettore può avere un’idea del tipo di lettura che sta per affrontare. Credo sia un po’ ipocrita sostenere l’inutilità della suddivisione in generi letterari. Poi è ovvio che c’è il giallo buono e il giallo scarso, ma non credo che questo c’entri coi termini della questione.
In linea di principio sono d’accordo con Manguel. Tuttavia non mi sento di dare completamente torto ad Eco. E’ probabile che conoscere preventivamente il genere del romanzo di cui si vuole usufruire possa aiutarci a rilevare sfaccettature altrimenti ignote. Specularmente, il concetto di Manguel non differisce molto. Se conosciamo anticipatamente il genere, è probabile un rischio di catalogazione che non permettere di rilevare ben altre sfaccettature.
Infine, rispondendo a Massimo, molti lettori non acquistano un libro se non leggono sull’etichetta “thriller” perché sono figli di questa catalogazione.
la mia personale risposta è piuttosto complessa.
è il lettore ideale completamente vergine? ne dubito. almeno, io ritengo che lettori si diventa leggendo, e assorbendo quello che si legge.
riconoscere i canoni di genere non è operazione difficile, anche se il genere stesso non è dichiarato, e un loro eventuale stravolgimento o superamento non può passare inosservato ad un lettore degno di questo nome. quindi una dichiarazione di intenti può essere totalmente superflua.
ragazzo incontra ragazza, si amano, si vogliono sposare. un cattivo glielo vuole impedire con minacce e intimidazioni, ma attraverso malattie, fughe e varie tribolazioni alla fine l’amore trionfa. trama classica da rosa? no, promessi sposi.
ogni lettura ha vari livelli. si è parlato di eco: il suo ”nome della rosa”, tanto per citare qualcosa che credo tutti qui abbiamo letto, è un giallo, con classici canoni da giallo. c’è l’acuto investigatore dilettante, la sua spalla ingenua che gli serve da specchio, il poliziotto ufficiale ottuso e crudele.. tutto un topos. ma è anche un romanzo storico ottimamente documentato, nonchè un excursus nella teologia medievale, un romanzo di formazione (il giovane adso diventa adulto attraverso prove), un divertissement enigmistico e citazionista.. eco è troppo intelligente e colto per lasciarsi ingabbiare. ed anche il suo lettore ideale, penso.
riconoscere canoni per apprezzarne il superamento è una delle gioie della lettura, come cogliere citazioni più o meno nascoste. un divertimento nel divertimento.
certo che poi c’è un sacco di gente che legge semplicemente, rapportando tutto al suo personale vissuto o a sue personali radici culturali. niente da dire, per l’amor del cielo. sono la maggioranza, probabilmente.
ma mi pareva che qui si stesse parlando di ”lettore ideale”..
Cerco di rispondere 1) I libri per l’infanzia: tanto per cominciare, sono sempre scritti da adulti e non vi è testo per l’infanzia che non dia luogo a interpretazioni di adulti (vedi le favole dell’800 sottoposte al vaglio psicanalitico) dando luogo a visioni prismatiche. L’interpretazione più semplice che viene data delle favole è che spesso le scrivono adulti dalle personalità distorte, come Carroll, o perlomeno complesse e in conflitto come Andersen (leggere il bel saggio Tra l’abisso e il cielo di Carola Scanavino, Abramo ed.). Quante volte un poeta si fa bambino?
2-3-4) I generi, a mio parere, più che utili sono indispensabili per poter fare un discorso con un vocabolario comune di partenza, altrimenti, se ognuno parte dalla sua lingua personale, ci si riduce a dialoghi tra sordi. La fantasia è il vastissimo territorio, per fortuna in gran parte inesplorato, del quale cerchiamo di individuare punti fissi con longitudine e… letteratitudine.
Secondo me i generi letterari sono una gabbia e creano attorno a se un muro spesso invalicabile creando così lettori “specializzati” che difficilmente faranno incursioni nei generi a loro non affini, rischiando così di perdersi romanzi “assoluti”… C’ è qualcuno che mi può dire dove collocherebbe Guerra e Pace di Tolstoi?
Io amo tutte le contaminazioni… anche di genere.
ciao a tutti
Stefano
Sui generi, io sorvolo. Mi considero un lettore ideale, la mia è una lettura sovversiva e come sta scritto sopra, vado al di là delle intenzioni dell’autore. Leggo con matita e gomma, sottolineo e appunto; alla fine della lettura (se il testo mi ha colpito) trascrivo note e brani sui miei piccoli quaderni. A quel punto, il testo entra nel mio bagaglio per sitemarsi con con quello che già c’è, nella mia memoria.
A volte, però, esagero. Ma penso dipenda da un eccesso di creatività (o egocentrismo).
🙂
Massimo ha il dono raro per un blogger: quello di reperire argomenti di estremo interesse con una percentuale di raggiungimento dello scopo vicina al cento per cento.
Il genere a parer mio non è altro che una dichiarazione di intenti. Lo scrittore dice al lettore: guarda che secondo me questo è un romanzo sentimentale, o un giallo, o un romanzo storico. Io che l’ho scritto l’ho pensato così, e così te lo propongo.
Per cui, se trovo un’aranciata nello scaffale dell’acqua minerale guardo bene l’etichetta (o la seconda di copertina) e decido che tipo di sete ho.
Il lettore onnivoro si pone il problema solo marginalmente, e fa bene. Trovare qualcosa di diverso da quello che ti aspetti è spesso la più piacevole delle sorprese.
Il punto è: e il lettore casuale, quello che legge poco? Lui non si può permettere errori, se vuole un thriller deve avere un thriller, se no apriti cielo, mi avete fregato, che pessimo thriller è questo!
Ecco, secondo me il genere è un’occasione, un tono della voce, un’indicazione di lettura. Poi se lo scrittore trova nell’occasione anche il modo di dire qualcosa di più, o solo di diverso, buon per lui.
Ancora una cosa: è fondamentale evitare il pregiudizio. “Io odio i western” non ti fa vedere “Ombre Rosse” o “Soldato blu”, o “Piccolo Grande Uomo”, “I magnifici sette” e via grandeggiando. Se il genere deve dare appiglio al pregiudizio, allora asportiamo il genere.
Ma lì siamo veramente molto lontani dal famoso lettore ideale, no?
Sto con Miriam e Stefano; è per questo che le letture mi procurano una vera fatica.
Analizzo ogni concetto letto, che cerco di inquadrare nelle mie concezioni generali acquisite, di modo che abbiano una costruzione valida per me.
Non sosto mai su una verità, che ritengo, sempre e solo, la conclusione di un ragionamento, ma senza fine.
Come Miriam, credo di essere egocentrico, non creativo come lei, nel senso che metto tutto in discussione per trovare l’equilibrio con il mio essere e vivere. Questo per il momento.
Saluti, Lorenzo
Il lettore ideale è chi nella lettura vede la vita o un suo riflesso. E’ chi nel libro la cerca, la vita. E’ chi si lascia cambiare da un libro. E’ chi col libro ci parla, lo riscrive dentro di sè. E’ chi del libro ha bisogno.
Per questo , al più, dal genere si lascia solo occhieggiare. Ma quando affonda nelle parole lo dimentica. Se ne disinteressa perchè non è essenziale se non per suggerirgli quello che in un determinato momento può piacergli. Cioè solo per accoppiare al suo desiderio un tipo di lettura (perchè anche la lettura è fatta di momenti).
Ma poi – se è davvero un lettore, se è davvero chi nel libro cerca anche la propria storia (o quella che potrebbe essere la propria storia) – non può che pensare che il genere è stata solo l’occasione di accostarsi.
Che il genere è ciò che ci lusinga e che – a fine lettura – non dovremmo più ricordare.
E che la vita stessa è fatta di mescolanze e intrecci. Di rimandi e offuscamenti. Che essere una sola cosa piuttosto che un’altra è impossibile e che tutto è il risultato di tutto.
Il lettore ideale dal libro si aspetta che somigli alla varietà del’esistenza, alla sua imprevedibilità e alle sue metamorfosi.
In una parola che lo sorprenda.
E quindi sì. Il genere può somigliare a una gabbia. Meglio pensarlo volatile e leggero, nidificante su acqua e terra, e – soprattutto – libero.
Libri: prima di leggerli, ci giro attorno un po’ e a volte anche per molto tempo; oppure parto all’assalto improvvisamente e come una colonialista mi espando geograficamente nella storia. Guardo le copertine e i risvolti con sospetto, preferisco leggere l’inizio e qualche pagina a caso, e poi lotto contro i miei numerosi “pregiudizi”. Non mi piacciono i noir, i gialli, i libri di fantascienza, i fantasy, eppure fra quei generi ci sono libri che amo. Battaglie “perse” in cui mi sono mi sono arresa, abbandonandomi piacevolmente alla sconfitta. Tempo fa, lessi un libro, che mi prudeva fra le mani: dovevo farlo, si trattava di un regalo, ma le pagine suonavano tristi, deprimenti, come un gatto nero che ti attraversa ripetutamente la strada in un giorno in cui ci si sente felicissimi. Riempii le pagine con tanti cornetti rossi di cartoncino, che sono ancora lì ben incollati, e poi arrivai fino in fondo. Insomma?! Non era nemmeno male… ma la drammatizzazione fu assolutamente indispensabile…il mio rapporto con la lettura è anche questo, è anche un gioco.
credo di aver elaborato una sintesi di quello che penso:
eco ha ragione quando parla della necessità di conoscere i generi. ri-conoscerli, quindi, ed essere in grado di coglierne le varianti, di apprezzarne l’uso creativo.
questo è tutto meno che ingabbiare, ritengo.
è un inno alla lettura di tutto, per tutto apprezzare pienamente. per quel che è e quel che non è.
forse ho avuto uno sprazzo di lucidità. se sì, appuntatevi data e ora. non succede spesso.
🙂
Talvolta mi soprendo a pensare che i generi letterari servono più che altro ai librai per ordinare in maniera congrua gli scaffali. Così come, nei negozi di dischi, ci sono i reparti rock o jazz o classica.
Sicuramente, però, il genere rappresenta una suggestione, una traccia, una identità. Ma nulla di più. Nel senso che sarebbe auspicabile che chi legge un romanzo etichettato per esempio “d’amore” non si fermi a quasta definizione e non si precluda di trovare altri elementi. Se ci sono, ovviamente. Potrebbe darsi, infatti, che il romazo suddetto contenga anche della satira di costume o delle considerazioni di carattere sociale. Perché, dunque, seppellirle sotto il peso di un’etichetta specifica?
Le mie opinioni coincidono con quelle di Gianmario, al quale vorrei rispondere (poneva una domanda retorica: ”Quante volte un poeta si fa bambino?”): poche volte, pero’ quando ci riesce il risultato si vede dal fatto che le sue opere piacciono ai bambini ma non agli adulti. In questi rarissimi casi significa che la ”metamorfosi infantile” e’ riuscita a strappar via un adulto dalla sua ”adultezza”… e a, cosi’, togliere un libro dallo scaffale di un ”grande” per metterlo nella libreria di un bambino. Collodi secondo me riusci’ a compiere questo incantesimo di auto-ringiovanimento, come a sua volta ci riusci’ il grande Vamba. E pochi altri, forse Astrid Lindgren, Saint-Exupery. Esopo e Fedro solo in parte.
2. Avete un noir o un giallo nel cassetto? Vi ricordo Il Fante di picche, iniziativa segnalata da Enrico Gregori.
Questa è la migliore risposta al tuo post, direi.
Non c’è scritto: “Avete un buon romanzo” nel cassetto?
Ma “Avete un noir o un giallo”?
Sono d’accordo con gli interventi finora apparsi, ché in buona sostanza non negano ne l’una ne l’altra opzione, definitivamente al fine di influenzare un lettore sia colto o acculturato: privilegiando per lo più la scoperta del genere, che sorprenderà e aumenterà la propria autostima di lettore: come per un intenditore di vini riuscire, nonostante l’etichetta – equivale alla copertina del libro – scoprire il bouquet, il retrogusto, pur avendo scelto un vino proveniente da un vitigno certo – equivale all’autore del libro; sono sfumature, sottigliezze, necessarie nell’argomentare pro Eco o viceversa pro Manguel. E allora! Per me è importante conoscere l’autore e potermi fidare di Lui: conoscere le sue idee,leggere le recensioni,e sentire il parere di altri lettori; faccio un esempio: sto finendo di leggere Baricco, devo leggere Giovanni Allevi, ho intenzione di comprare Odifreddi, ho ordinato Glucksmann e non parlo dei libri di qualche mese fa: discussi anche in questo blog. Riassumendo: cerco l’autore, le sue idee, mi confronto con i miei amici e conoscenti per condividere il tutto e non chiedetemi a che genere appartengono i libri che andrò a leggere: vi dirò in seguito se li ho compresi, goduti e se è valsa la pena.
Invece io mi chiedo e Vi chiedo chi può tutelare un lettore onnivoro, intervenendo nel mercato con una selezione accurata di titoli, evitando se possibile la distribuzione di libri dai contenuti scarsi? Un sorta di associazione di tutela di consumatori/lettori: certo, si fa per dire!
Grazie!
Luca Gallina
non ho capito benissimo l’intervento di valter binaghi. nel merito, comunque, l’editore ha intenzione di creare una collana “noir” e a leggere il testo si evince peraltro che “noir” è una definizione abbastanza generica e allargata.
mi sembrerebbe inoltre pleonastico chiedere “avete un buon romanzo?”. quello è giudizio (in)sindacabile dell’editore visto che spende soldi per pubblicarlo.
mi sembrerebbe quindi surreale se l’annuncio fosse stato: “ritenete di avere un romanzo inedito che sia una gran troiata? bene, visto che nessuno ve lo pubblica mandatelo a me che ho la sveglia al collo e lo lancio alla grande”.
Io credo che il lettore ideale sia attento ai generi, ma che tutto sommato non dia molta importanza al fine della lettura. Non credo che mentre legge con piacere un libro, e scopre che appartiene ad un genere piuttosto che un altro ne sia condizionato, casomai potrà portarlo a riflettere sul valore del genere stesso: almeno questo è quello che faccio io, ammesso che io sia un lettore ideale. Certo, io quando scelgo un libro sono attratto dall’argomento, dagli autori, dalle case editrici, dal libro in sè come oggetto, solo alla fine valuto il tipo di genere.
Saluti.
🙂
Eccomi qui.
Un ringraziamento collettivo per i vostri interventi.
@ Maurizio
Dunque, se a tuo avviso il lettore ideale fa attenzione ai generi (pur non dandone molta importanza al fine della lettura) sei più dalla parte di Eco. Sbaglio?
@ Enrico e Valter
Credo che Valter volesse sottolineare il fatto che nel mondo editoriale è pressoché impossibile prescindere dai generi. Nel senso che è un dato di fatto.
@ Luca
Domandi: “chi può tutelare un lettore onnivoro, intervenendo nel mercato con una selezione accurata di titoli, evitando se possibile la distribuzione di libri dai contenuti scarsi? Un sorta di associazione di tutela di consumatori/lettori”
—
Un lettore onnivoro potrebbe fare affidamento a un “critico di riferimento”, se c’è l’ha.
Altrimenti c’è sempre il classico passaparola (opinioni disinteressate di amici, conoscenti, librai di fiducia, blog come questo – dove ci si scambiano le opinioni in maniera libera, seppur pacata).
@ Gea (l’illuminante) 🙂
Sì, credo che il tuo commento equidistante sia molto condivisibile.
@ Miriam
Qual era il libro che hai riempito con tanti cornetti rossi di cartoncino?
Mi hai fatto venire la curiosità.
Era un giallo, un thriller, un noir, un poliziesco, un rosa, un chick-lit, uno storico, un romanzo d’appendice, un fantasy, un romanzo di fantascienza, un faction, un horror, un romanzo psicologico, un romanzo sociale, un romanzo filosofico, un romanzo politico, metanarrativa, un legal thriller, un financial thriller, un romanzo comico, umoristico, un romanzo d’amore, un romanzo epico, un new epic, un western, un romanzo di formazione, un romanzo di informazione, narrativa per ragazzi, o che altro?
Non dirmi che era “Everyman” di Philip Roth.
🙂
@ Sergio Sozi e Gianmario
Ma quello di Collodi, che genere è?
@ Simona
Hai scritto: “Il lettore ideale è chi nella lettura vede la vita o un suo riflesso. E’ chi nel libro la cerca, la vita. E’ chi si lascia cambiare da un libro. E’ chi col libro ci parla, lo riscrive dentro di sè. E’ chi del libro ha bisogno. (…) Il lettore ideale dal libro si aspetta che somigli alla varietà dell’esistenza, alla sua imprevedibilità e alle sue metamorfosi.”
–
Belle queste frasi, Simo. Le manderei sia a Eco che a Manguel.
😉
@ Maurizio De Giovanni
Hai scritto: “Massimo ha il dono raro per un blogger: quello di reperire argomenti di estremo interesse con una percentuale di raggiungimento dello scopo vicina al cento per cento.”
–
Be’, grazie mille. E grazie per il tuo intervento.
Credo che, tutto sommato, questo sia un post leggero e divertente. È come se fossimo al bar seduti davanti a un buon bicchiere (anche se io sono quasi astemio) e chiacchierassimo – anziché di calcio o di veline – di generi letterari.
Perché no?
@ Stefano
In genere “Guerra e pace” viene considerato come romanzo storico. Una gabbia di lusso, dài.
🙂
Un saluto a Jean, ad Aurelio (e a chiunque avessi dimenticato di salutare).
a massimo:
pure astemio????? ma un pregio, cazzo, ce l’hai?
🙂
@ Enrico
Sono fissato con i libri, a prescindere dai generi.
È un pregio accettabile?
🙂
@ massimo:
sì. ma dovresti avere quello della riconoscenza e cantare “grazie Roma”. se non era per noi Zenga vi avrebbe spediti in sierie B
(Off topic)
@ Enrico
Andiamo, su… abbiamo preso traverse e creato molte più azioni da goal di voi.
Comunque… “grazie Roma” (la squadra che Totti vorrebbero avere).
A chi legge:
le etichette sono indispensabili almeno quanto la loro ovvia messa in discussione. Da qui i generi.
Comincio a leggere, qualsiasi cosa e di qualsiasi genere, se mi piace continuo, altrimenti lascio.
Ho le mie preferenze che sono per orientate verso saggi e poesie, ma non disdegno romanzi quando sono di grande portata ed offrono una trama sorretta da competenza storica e culturale in genere.
La sola cosa certa, per me, è che non potrei vivere senza un libro sul comodino, anzi i libri. Cominciati, ripresi, letti e riletti.
Il genere è importante solo se decido di conoscere a fondo un argomento.
Questo mio approccio alla lettura, insaziabile e disordinato, mi ha permesso di scoprire autori interessanti a prescindere dalla loro notorietà e a conoscere tesi a me nuove, di cogliere spunti di riflessione e punti di vista insospettati, spesso sorprendentemente piacevoli, che si tratti di un giallo o di un tomo sulle abitudini sessuali degli strigidi.
E, malgrado la labilità della mia memoria, qualcosa sedimenta e resta.
cari saluti a Massimo e a tutti gli altri.
cri
Non saro’ profonda come coloro che mi hanno preceduta e ti do delle risposte secche:
– si, si puo’ leggere benissimo senza sapere il genere cui il libro appartiene;
– no, il lettore ideale non deve assolutamente preoccuparsi dei generi:
– aggiungo una postilla: relegare un libro in un genere fa torto al libro, a chi lo ha scritto e a chi lo legge. Ho letto gialli di una profondita’ che tanti autori cosiddetti impegnati se la sognano. Per non parlare del tanto vituperato genere sentimentale. Io tutte ‘ste categorie le abolirei e direi che un libro e’ o non e’, si fa leggere oppure si fa gettare via, piace o non piace.
Io la penso cosi’.
Un bacio a te Massimo e scusami per la fretta, ma siamo alle ultime battute del programma e… insomma, i problemi non mancano.
Laura
Voltaire diceva che tutti i generi vanno bene, tranne quelli noiosi. Condivido in pieno. Un buon libro è un buon libro al di là delle etichette, poi magari gli editori per dare un ordine alle loro collane sono costretti a classificarle, sperando che i potenziali lettori si identifichino in esse. E’ chiaro che un commissario di polizia sarà portato per i noir, così come un detenuto per i libri d’evasione.
@Massimo: non bevi, non fumi, vai in chiesa la domenica, sei tutto casa e famiglia. C’è da vergognarsi. Datti una regolata, non sei un bell’esempio per il resto della comunità
Perdonate se non riesco a leggere i vecchi commenti.
Io ci ho un problema di personalità multiple. Magari mo che ci ragiono le ricucio:
Nel senso che una parte di me disprezza la letteratura di genere, e dice, pippa, a me interessa il buon romanzo, il quale per sua necessità deve travalicare il genere. E che Madame Bovary è rosa? perchè lei è sempre nnammorata? Un buon romanzo o è fuori dal genere, o in esso nasce e poi lo scardina, lo svuota dall’interno.
La personalità b, però ama il genere. Ama un tipo di letteratura da cui ha un’altra classe di pretese. Attenzione non è che non le abbia, è che sono diverse. Questa parte di me è quella che può leggere vagonate di Mignon G eberhart, giallista, e subito dopo una camionata de serial tv. esige un intrattenimento e il rispetto di una normativa.
Cioè ecco, io quando a sentieri una si è ritrovata incinta di un marziano, insomma ci sono rimasta troppo male. Non l’ho guardato più.
Appartengo al genere del lettore onnivoro. Per me un libro lo si legge indipendentemente dalla classificazione di comodo che se ne fa. Si legge, appunto, col solo scopo di provare a entrare in una storia e quello che conta è che piaccia o meno. D’accordo con Laura, anche io abolirei le categorie. E poi, ogni libro è una storia che ci colpisce diversamente a seconda della sfumatura che in quel momento attraversa la nostra vita.
Quante volte vi è capito di leggere un libro o vedere un film, trovarlo”niente di che” e poi rivalutarlo nel tempo? A me qualche volta succede.
Eccezione fatta, naturalmente, per i libri che da subito ti entrano sotto pelle.
se il genere deve servire da traccia, un piccolo suggerimento, allora può aiutare – soprattutto il lettore occasionale -, ma se diventa un recinto dove ognuno se ne sta fra simili allora può diventare pericoloso soprattutto per lo scrittore che cercherà di appartenere ad un gruppo ben preciso per essere accettato.
E’ così anche nella musica. Mio figlio, ad esempio, suona e compone musica stra-contaminata, a cavallo fra la classica e il jazz ( soprattutto per quanto riguarda l’improvvisazione) ma “grazie” ai generi non riesce a trovare una sua collocazione – almeno in italia – : non è “jazz” gli dicono perché manca lo swing ( lo dissero anche a J. Coltrane, mi pare, circa 50 anni fa…) e non riesce neppure a collocarsi nel repertorio classico visto che da noi la musica “contemporanea” viene vista come il fumo negli occhi e che per trovare dischi di Scelsi o Sciarrino spesso tocca andare a cercare “fuori”.
Tornando alla letteratura, personalmente ho fin troppi pregiudizi – rifuggo dai best sellers, da certe copertine chiassose, dai libri troppo pompati( si lo so, sono un po’ snob) -, per avere anche quello legato ai generi anche perché contrariamente ad alcuni di voi, non riesco più a divorare libri alla velocità della luce ma sono piuttosto un bradipo che sbocconcella qua e là cercando di trattenere i sapori a lungo perciò sono costretto ad andare sul sicuro, fidandomi del mio intuito delle mie conoscenze e del suggerimento di amici fidati (quello di letteratitudine ad esempio)… anche lo stato d’animo del momento influisce nella scelta di una lettura ( sono molto suggestionabile) : in questo momento ad esempio eviterei sicuramente “i malavoglia” e opterei
molto più facilmente per ” bar sport” di benni.
p.s. accetto consigli su qualche buon libro che possa mettere di buon umore..Grazie
un saluto da stefano
Beh, premetto che sono daccordo con Manguel.
D’altra parte, riconosco che non tutti i lettori sono onnivori come me. Ci sono lettori che amano solo un determinato genere e schifano tutto il resto. Da ciò, conseguentemente, il genere può fare da guida alla lettura, in particolare per i lettori “specializzati”.
Ma che dire delle situazioni in cui un libro viene presentato con un genere errato? Esempio? Molti fantasy, spesso e volentieri vengono classificati libri per bambini. Un esempio tra tutti è la Trilogia della Materia Oscura di Pullman… che è diventato Fantasy solo dopo l’uscita de “La bussola d’oro”
difatti, in tempi non sospetti, l’avevo cercato in tutte le librerie, sempre cercando tra i fantasy e non l’ho mai trovato. Poi, un giorno, quando ho chiesto ad una commessa, questa ingenuamente, mi ha portato tra i libri per bambini e ha detto: “Eccolo!”
Sigh!
Anch’io leggo senza genere, ormai, ma per anni ho bazzicato solo assassini psicopatici dal coltello facile (ognuno ha le sue debolezze). Ora ho capito bene cosa cercavo, mistero e scavo psicologico andante, e so che lo posso trovare anche in altri libri. Prediligo buona scrittura supportata da buona storia, ma va bene anche una bellissima storia supportata da ottima scrittura. Per queste cose, che non sono ‘generiche’, sono disposta ad abbandonare il ‘genere’.
Per Stefano, che chiede libri che mettano di buon umore: consiglio Pennac, e per la precisione tutta la serie del signor Malaussène. Ricordo la delizia della Fata Carabina, ad esempio…
A me recentemente ha divertito abbastanza “Big trouble” di Dave Barry
Io invece mi sto divertendo molto con “Una storia romantica” di Antonio Scurati. Occorre, ovviamente, una certa interpretazione, ma queste pagine risorgimentali aiutano a capire il presente e sollevano lo spirito; si ride amaramente ma anche con un certo sollievo. Viene da dire: ecco perché!!!
Se invece si vuol ridere e al tempo stesso approfondire la cultura slavo-balcanica, segnalo un libro di qualche anno fa: Il giorno dei soldi di Aleksej Slapovskij, ed. Voland (merita!)
@morena
ti ringrazio per il suggerimento ma purtroppo/o per fortuna li ho già letti tanti anni fa….potrei ridarci un ‘occhiata però! grazie ancora
@ miriam @ enrico
proverò a cercarli, grazie
stefano
Scusate la precisazione un po’ ilare, ma parliamo di libri in genere o di romanzi? Perché parlando di saggi spesso occorre conoscere il “genere” in quanto è necessario per studi specifici. 😉
che bel sito!
Io sono tra quelle che in genere legge senza guardare al genere.
Sono una lettrice de-genere?
Smile
1.La definzione, o quel che è, di Mr.Fowler secondo me è ‘na baggianata rivoltabile ad libitum.
2.Non m’importa un fico di classificazioni di genere, utili solo per l’editoria e per qualche lettore poco curioso. Le regole del genere più che altro sono delle opinioni variabili.
3.Detestai lo strepito creato da un gruppo di letterati italiani, qualche anno fa, per tirar su l’italico noir e dimostrare che esso più che mai era il genere utile a rappresentare la realtà italiana. Conseguenza non pochi scrittori furono pressati dagli editori a stilar noirs, o si sentirono in dovere di farlo, pena il sentirsi tagliati fuori dal trend.
Adesso noirs in calo: son quasi contento. ( ho scritto quasi…)
MarioB.
i limiti sono creati dall’uomo per essere superati,cosi’ anche i generi.Mi viene da dire che c’e’ anche chi con i generi ci ha giocato.nella cinematografia Kubrik si prefisse di creare per ogni genere cinematografico il suo capolavoro,e creò la sua sua personale versione che rimase una testa di ponte per tutta la produzione successiva.Il genio si diverte a cimentarsi nella varieta’ delle espressioni creative.
capisco le esigenze di catalogazione che facilitano il lavoro delle commesse nelle librerie,ma poi non bisogna creare ostacoli ai talenti.
Quello che piu’ mi ha folgorato di manguel e’ la definizione del lettore ideale come lettore associativo.Niente di piu’ vero.Piu’ associazioni rinvengo nella lettura,piu’ volte mi interrompo a seguire le suggestioni,i ricordi,altri passi di altri libri,anche lontani nel tempo,emozioni sopite,stati d’animo vissuti,piu’ quella lettura mi sembra produttiva e avvincente,rilegando frammenti di me con le parole di quel libro e di quella esperienza.Piu’ mi immedesimo piu’ mi riconosco,piu’ le sensazioni si moltiplicano,in una implosione emotiva.
Rivivo cio’ ogni volta davanti a un verso del Divino,inferno canto V,famosissima vicenda degli adulteri Paolo e Francesca.Oggi cosa sarebbe,una storiaccia scandalistica da Novella 2000,eppure li’ dentro si scontrano titanicamente fede,religione scolastica,etica pedantesca,raffigurazione umana della giustizia divina,eroismo dei sentimenti,lussuria vereconda,pieta’ e compatimento colpevole dell’autore.Si’,perche’ non e’ possibile capire il turbamento profondo di Dante,che lo porta allo svenimento come reazione allo shock emotivo insopportabile,se non in relazione al suo senso di colpa per situazioni da lui vissute,come da tanti che quei versi leggono.
Esperienza associativa che sale tanti livelli in progressione,ecco perche’ a quella frase”io venni men cosi’ com’io morisse,e caddi,come corpo morto cade”,anche a rileggerla mille volte,ti genera dentro brividi a ripetizione.
@ mario:
grazie. ti si seccassero tutti i pennelli
🙂
I Podmork non sopportano i Generi, non hanno mai scelto un libro per il genere, anzi forse ne hanno escluso tanti che si classificavano.
@ Maria Gemma
io sto sul punto, che i limiti ci vengano imposti, come che noi, e qui ti do ragione, cerchiamo di superarli per dar così luogo alla nostra e propria vita.
Ognuno l’ha, nella quale crede di crescere, man mano che si sforzi ad illuminarla.
Immaginazione e realtà si uniscono quando si crede di vivere giustamente, cioè per un fine, che ci sollevi da uno stato insoddisfacente, altrimenti rimane un’illusione con la quale ci si può pur arrangiare per un attimo, un periodo o anche per sempre.
Siamo tutti, e ognuno alla sua maniera, dei giocolieri che si addestrano per mostrare agli altri, ma anche a se stessi, le proprie migliori qualità.
Gli spettatori ci applaudono o deridono, come se loro potessero fare meglio.
Sono quindi questi ultimi ad illudersi ed ingannarsi, fatto che capita a tutti di esserlo, e che forzatamente accettiamo, almeno per un momento.
Ritornando sul genere, è necessario come no; rimane così una distinzione temporanea utile e della quale dovremmo e vorremmo fare a meno, ma ci manca la prospettiva ampia e lucida di giudizio e d’immaginazione, per concepire il senso della lettura come una ricerca precisa e utile al proprio benessere cognitivo, psichico e spirituale.
Saluti
Lorenzo
Forse, al di la’ della questione ”generi narrativi”, l’importante e’ rimanere se stessi ed esserne consapevoli, quando si scrive. Avere un proprio metodo e stile, una propria poetica, a costo di sfiorare l’autoreferenzialita’ assoluta, l’autismo narrativo. Abbiamo bisogno di autori originali, che non temano di essere difficilmente catalogati e di imporre la propria personalita’. Questi scrittori oggi o non esistono o non possono emergere per via delle mode massificanti, non per colpa dei ”generi”. Insomma: esiste il genere letterario ”nero” ma questo mica vuol dire automaticamente che TUTTI debbano scrivere dei ”neri” se no vengono esclusi dalla pubblicazione! Il problema dunque inizia quando un genere spadroneggia, diventa dittatoriale.
P.S.
E in effetti il ”nero” ultimamente sta facendo un po’ troppo la voce grossa…
…vero Maugger?
@grazie Enrico,
però ci ho la trementina, la trielina e il sovente alla nitro…:-))))
MarioB.
@ mario:
io invece ci ho la nitroglicerina e ricordo abbastanza bene dove sta il tuo studio
🙂
tranquillo, mario.
è un bluff.
non ci arriverebbe neanche col navigatore satellitare.
🙂
Stefano,
per favorire il buonumore, io avrei per te una listarella in ordine non gerarchico; te la sottopongo senza darle crismi di santita’:
–
1) ”L’ingegnoso gentiluomo Don Chisciotte della Mancia” di Cervantes (e’ una bomba! Lo sto leggendo adesso in edizione integrale, commentata da Cesare Segre, su un ottimo Meridiano Mondadori che riporta l’insuperabile traduzione di F. Carlesi datata 1933);
2) Peppone e Don Camillo di Giovannino Guareschi (e’ tradotto anche in sloveno!);
3) La Compagnia dei Celestini di Benni (l’ho stroncato di recente ma dopotutto e’ leggibile);
4) La secchia rapita del Tassoni (esilarante poema eroicomico in versi… roba che oggi non sa fare piu’ nessuno);
5) Tutto Plauto.
–
Per il momento dovrebbe bastarti il primo (piu’ di mille pagine)! Ciao!
Sergio
@ stefano.
la ”guida galattica per autostoppisti”.
non sarà Altissima Letteratura.
sarà ”di genere”.
ma qui ridi davvero.
Per leggere bene grassetto-sottolineato, penso sia fondamentale conoscere ogni contesto del libro. L’ho capito, forse tardi, rileggendo con occhi diversi Lo strano caso del Dr Jeckyll e Mr. Hyde. Leggerlo l’avevo letto, d’altro canto chi non conosce la storia, ma Leggerlo avendo studiato la vita di Stevenson, il quadro storico e il genere del libro, mi ha consentito di entrare nella storia, carpirne le maestrie tecniche che senza aver fatto il lavoro di preparazione, mi sarebbero sfuggite… e sarebbe stata una grande perdita.
grazie gea, grazie sergio, siete davvero molto gentili!
p.s. voglio ricambiare i vostri consigli con un mio suggerimento di lettura molto piacevole: alpinisti ciabattoni di achille giovanni cagna ( ed. baldini& castoldi)
stefano
@ laura:
eilà, che bello vederti qui! e per giunta con una osservazione che (a mio avviso) rende giustizia a un certo modo di leggere i libri. e, peraltro, qualcuno se la sente di dire che “Lo strano caso del Dr Jeckyll e Mr. Hyde” sia solo un noir?
Noir, è un termine troppo recente, definire tale “Lo strano caso…” è un po’ volgare, no? Sarebbe come considerare Iperrealista la Madonna Pellegrina del Caravaggio. E’ un testo affascinante, che ha conosciuto tante trasposizioni cinematografiche; la peggiore (veramente oscena) è l’ultima, quella con Malkovich, realizzata proprio pochi anni fa. Ed è una bruttisima versione perché è “vezzosamente” noir, mi spiego meglio è una “mignottata” noir. Dove tutto deve essere eccessivo e sopra le righe perché più nero di così non è possibile; e nell’eccesso tutto si perde. E’ un genere difficile il Noir, perché è troppo accessibile e perché la fascinazione è in costante tensione con il reale, con la caduta che ben conosciamo. Bisogna avere una grande preparazione per scrivere storie nere che lascino trasparire la tessitura della tela. Anche Goya esagerò con le pennellate, compiacendosi dell’effetto; Saturno, secondo me è un’opera che avrebbe dovuto distruggere, troppo “noir”, nel senso del genere.
Però frequento abitualmente il blog Noire di Splinder.
🙂
Grazie mille per i vostri nuovi succulenti commenti.
Ho trovato degli spunti interessanti.
Vi dispiace se replico domani pomeriggio? Ora mi sento davvero stanco…
@ Marco Minghetti
Perché non intervieni per fornirci maggiori dettagli sull’intervento di Umberto Eco?
Ti aspetto, dài.
Buonanotte a tutti.
Per quanto coinvolto, io a proposito del noir preferisco leggere commenti piuttosto che farne. Anzi, anche per imparare, mi sarebbe utile leggere interventi che parlassero anche di altri generi. Generi, appunto, e non steccati. Vogliamo dire che l’Orlando Furioso è un poema cavalleresco? Bene, diciamo che innegabilmente lo è. Ma non credo si possa dire che, allora, parla solo di battaglie, paladini e fanciulle da salvare. Se così fosse, infatti, che differenza ci sarebbe tra l’Ariosto e un qualsiasi novellista di cappa e spada?
@ miriam:
tu frequenti benissimo
🙂
@ massimo:
la laura che vedi poco più su, esordisce qui perché ha conosciuto Gea e me a Torino. Potresti fare gli onori di casa o hai paura che ti redarguisca Elektra?
🙂
Ma certo, Enrico! Con vero piacere.
–
Cara Laura,
benvenuta a letteratitudine. Considerati pure tra amici. Anzi, come dico spesso, considerati a casa tua.
Spero che tu possa continuare a intervenire anche in futuro.
E se dovessi decidere di dedicare un post a Stevenson… ora so a chi rivolgermi.
🙂
Grazie per il tuo commento.
Ora vado a nanna. Vi ringrazio ancora per i nuovi commenti.
Replicherò domani.
A me mi piace il genere eroicomico, ecco, tipo:
il “Morgante maggiore” di Pulci Luigi (poveraccio, condannato come eretico), grande eccellente opera,
ma potrebbe essere pure poema cavalleresco o poema epico/parodistico,
anche la Secchia rapita è bella, di Tassoni
e pure il Malmantile racquistato, di Lorenzo Lippi
ed il Torracchione desolato di Corsini Bartolomeo,
tutta roba passata de moda che truovasi ne li scaffali più bui e polverosi de la Badia a Sapazzavento….
Mario Bù
Ma grazie che bella accoglienza 🙂 adesso ti linko così ti tengo d’occhio.
p.s. Per Enrico: ti è bastata qualche ora con una milanese per iniziare a dire “la Laura” 🙂 grazie.
Post interessante. Bel blog.
Complimenti
@ laura!!!
che bella sorpresa.. riemergo da black out connettivo (internet, quello neuronale è cronico) e ti trovo qui.
mi fa piacere, davvero. fallo ancora, bimba. di teste pensanti c’è sempre bisogno.
e jeckyll e hyde è un libro fantastico, stratificato e ben inserito nel momento storico in cui è stato scritto.
e peraltro il giovane maugeri, qui, specializzato in problemi di identità, potrebbe effettivamente cogliere la palla al balzo.
vero, massimo?
🙂
grazie gea 🙂 … testa pesante, ricordati che sono pur sempre bionda, ho una reputazione da mantenere 😉
“Generi, appunto, e non steccati”
I generi sono un bisogno contemporaneo: l’etichetta promuove le vendite, le semplifica. Nella mia libreria, i testi, sono divisi geograficamente, come si fa nelle biblioteche. Snobbo i generi per semplicità: come collocherei Zazie nel metrò? O Menzogna e sortilegio della Morante? O il Naso di Gogol? O Il Visionario?
O un Té prima di morire? (nonostante la copertina)
Ci si piega al bisogno economico, all’esigenza della promozione o della scaffalatura; e questo è il comune destino di tutto. Dell’arte, delle capacità, delle invenzioni. Brutta storia? Sì, forse. E’ una questione matematica di quantità; siamo in tanti e dobbiamo organizzarci, importante è il continuo e paziente esercizio della distinzione. In questo, però, non siamo soli, possiamo confrontarci ed esprimere le nostre opinioni per scoprire nuovi percorsi e nuove passioni, come facciamo, appunto, su questo blog.
a tutti 🙂
@ miriam:
bè, oddio, “un tè prima di morire” lo vedo bene tra Gogol e Dostoevskij
🙂
Caro Massimo,
ti ringrazio per lo spazio che hai voluto concedere alla mia piccola provocazione e ringrazio pure tutti quelli che hanno partecipato alla discussione.
Per quanto riguarda maggiori precisazioni sulla posizione assunta da Eco nel corso del dibattito non ho molto da aggiungere alla cronaca già fatta nel post. Eco è partito come spesso gli capita con una sorta di riflessione-battuta ma messo di fronte ad un ragionamento si è dimostrato molto meno dogmaticamente certo (da persona intelligentissima quale è) dei suoi assunti ed ha preso via via nel corso della serata un atteggiamento più problematico e aperto alla discussione.
Sarebbe bello che questo punto intervenisse direttamente lui a spiegare esattamente il suo pensiero… non so se Massimo è così potente da sapere come rivolgergli l’invito!
Aggiungo solo una ulteriore citazione di Manguel: “Attribuire un testo a un genere comporta, per il lettore, la perdita di alcune libertà. Fino a Quando un’etichetta non condanna un libro ad appartenere alla letteratura poliziesca o per ragazzi, al self-help o alla letteratura di spionaggio, possiamo avventurarci nella Pietra lunare di Wilkie Collins o nell’Isola Misteriosa di Jules Verne… senza guida nè regole ufficiali,
espandendo le frontiere di ogni libro sino a quelle irraggiungibili della nostra immaginazione”
“Attribuire un testo a un genere comporta, per il lettore, la perdita di alcune libertà”.
Condivido, e sarei anche più drastico. Il rigore di un genere (quindi non l’atmosfera ma proprio lo steccato soffocante) mi sembrano una violenza al lettore e/o un tentativo di condizionarlo. E gli scrittori e gli editori che non rispettano la libertà e le sensazioni dei lettori sono degli stronzi.
ordine alfabetico. gregori fra greene e grisham..
🙂
no, alla fine secondo me i libri devono starsi simpatici tra loro. e seguire un ordine dettato dalle personali associazioni di idee del fruitore principale della biblioteca. per esempio, tutte le antologie einaudi curate da fruttero e lucentini (fantascienza e horror, volendo parlare di generi) da me stanno sullo stesso scaffale degli altri libri di questi autori, insieme a b,c e il mago wiz, fumetti che uscivano su urania e gialli mondadori e tradotti dagli stessi.
c’è pure l’edwin drood (incompiuto dickens) tradotto e terminato da loro.
e nelle strette vicinanze c’è pure montanelli, credo perchè odiava i cretini quanto loro.
ps
giusto per..
graham greene lo adoro, tutto.
grisham invece proprio no.
@ gea:
ok per i tuoi gusti. ma io tra quei due sarei onorato anche solo per l’ordine alfabetico. Certo, Silvia Leonardi starebbe prima di Leopardi….beata lei
🙂
@ Marco Minghetti
Grazie per essere intervenuto.
Purtroppo io e il “potere” seguiamo percorsi differenti. E l’Eco in grado di rispondermi è solo quella della mia voce.
Ma mai dire mai.
🙂
@ Elektra
Scrivi: “Io sono tra quelle che in genere legge senza guardare al genere.
Sono una lettrice de-genere?”
– No, sei una lettrice generosa.
😉
Ordine & Disciplina
Un mio amico d’infanzia, rivisto dopo molti anni, ricercatore oggi negli States!
Mi confessò che non potendo ricordare bene a memoria tutti i titoli e i generi dei suoi libri ordinati nella sua stanza libreria – dovendoli far convivere, anche, con i suoi manuali professionali – ha preferito crearsi un data base: ordinato per anno cronologico di pubblicazione e alfabetico di autore con una scheda di briefing su-gli argomenti trattati per ogni titolo, con il nome dell’editore ed eventuale edizione unica, per argomenti non per generi quindi,inoltre, per Paese dell’autore e lingua originale, per esempio: se il mio amico vuole sapere che cosa è presente in libreria pubblicato nel 1960:l’elenco che viene fuori è sinottico rispettando le info come da legenda e così in ordine alfabetico per autore, piuttosto che Paese e lingua originale: cambia in buona sostanza la partenza della prima colonna;
così poteva, velocemente, prepararsi degli interventi necessari sia alla professione, che alla conversazione easy & friendly!
Beato Lui e la sua bella segretaria: Ordine & Disciplina …..Estetica!
Saluti a tutti rispettando, è ovvio, l’ordine alfabetico degli amici di scrittura.
Luca Gallina
La frase “generi, non steccati” mi sembra appropriata. E condivisibile.
Sottoscrivo.
Cosa ne pensano le suocere?
Se non ricordo male Sergio mi chiedeva qualcosa sul “presunto” strapotere del noir.
Vero. Il noir ha un po’ spadroneggiato, ma è anche vero che tra l’accozzaglia di titoli sono venute fuori opere discrete.
Oggi il noir si è un po’ inflazionato?
Può darsi.
Voi che ne pensate?
Chi è in grado di definire (e distinguere) i seguenti generi?
Giallo, noir, thriller, poliziesco.
@ Gea e Laura
Sì, Laura è già precettata per Stevenson… qualora dovessimo parlarne.
–
benvenuta Lorena.
–
A dopo.
giallo: intrigo che solitamente evolve con finale a sorpresa
noir: atmosfera a tinte forti senza assoluta necessità di violenze
thriller: intrigo nel quale il finale si può intuire anche grazie agli indizi offerti dall’autore. quello che conta, quindi, è la suspance.
poliziesco: basato quasi sempre su investigatori “in divisa” che agiscono contro la criminalità avendo come base operativa la sede del corpo d’appartenenza.
Definizione gregoriana perfetta. Da buon poliziesco la firmo e controfirmo.
Mario Bu’ – detto Codicefiscale,
non dirmi che scrivi roba comica anche tu…
Pacca sulle spalle
Sergio
Maugger,
il ”nero” spadroneggia ancora, purtroppo, con bassissima percentuale di lavori buoni fra la marea di tinte forti prive di forza e di valori universali, nazionali, o quantomeno locali.
dove ho sbagliato?
(scherzo)
Invece, secondo me, Sergio il noir puro è in calo. Il thriller continua a tirare (a “spadroneggiare”, per dirla come te) un po’ di più.
Se usciamo dalla narrativa il genere che tira di più è la saggistica “anti”.
Antipolitica, antisindacati, ecc.
Sono d’accordo con Gea. Le distinzioni di genere sono facili da fare per un lettore non ingenuo, quindi non sprovveduto. Sto leggendo “Il bacio della Medusa”, primo, stupefacente romanzo di Melania Mazzucco, ora ripubblicato con una postfazione dell’autrice in cui lei spiega genesi e fortune di questo libro, scritto – che invidia, lo confesso! – a 25 anni. Melania spiega che il romanzo quando uscì stentò ad essere etichettato come tale perché scardinava quelle che si ritengono le sbarre del genere, ma lei ribatteva ritenendo il suo libro forse troppo letterario anziché un oggetto fuori dalla letteratura. Cambiano le percezioni personali, cambia la percezione di un’intera epoca riguardo ai canoni… ne abbiamo già parlato.
Il lettore ideale dovrebbe però anche incuriosirsi di teorie della letteratura, storia letteraria, cioè studiare un po’ le mappe del continente della Letteratura, mappe aggiornate in continuazione perché mobili sono i continenti che esse rappresentano.
Cara Miriam, che lettrice creativa che sei!
Un bacio…
Io sono una lettrice onnivora e un po’ masochista, perché una volta iniziato un libro mi sento in dovere di finirlo. Anche un brutto libro. Per rispetto alla fatica dell’autore. Magari lascio, riprendo, perché – e qui concordo con Simo – c’è un libro per ogni momento e un momento per ogni libro…
@ Codice fiscale… 🙂
io adoro quei poemi maccheronici… sono deliziosi, così poco seriosi! Nelle antologie divoravo i pochi brani riportati a stento, perché, si sa, l’Italia è un paese che ha sempre temuto e snobbato ciò che è divertente…
A proposito: anni fa ci fu una diatriba sulla Triviallitteratur, letteratura di consumo. Anvedi che fiumi d’inchiostro e ancora non c’era Moccia!!!
questo intervento è in tema con il presente post ma può essere anche destinato alla camera accanto. perché di noir, si parla. anzi, si legge. e a volte, leggendo, ci si può stupire specialmente se chi scrive è solitamente “insospettabile”. Beh, io sono stato sorpreso. Piacevolmente sorpreso. E, per quel che vale, ho dato visibilità. Per me la merita. Certo, come suol dirsi, una rondine non fa primavera. Però nel post “piccoli mostri crescono” (nel mio blog), io intravedo uno spiraglio di sole.
http://enricogregori.splinder.com/
Sono stato lontano dal mondo web e volglio risponderti alla tua domanda: si io direi che sono piu del parere di Eco.
Saluti con stima.
Marilu’,
gia’, il lettore ideale dovrebbe studiare. Studiare. Altrimenti poi diventa scrittore: meglio invece che studi e legga.
A volte un libro “precede” il genere: ad esempio Tolkien con Il signore degli anelli ha letteralmente inventato il genere fantasy.
Anch’io, nel mio piccolo, faccio fatica a mettermi in un genere letterario perchè scrivo romanzi di christian fiction che io definisco un “meta-genere”, cioè un contenitore di più generi diversi (un pò giallo, un pò di fantascienza sociologica, un pò romanzo d’amore, ecc.) e, per quel che ne so, non siamo in tanti a scrivere storie così… non saprei chi prendere come modello…
Interessante questa christian fiction… sai che avevo pensato di scrivere quacosa del genere?