LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 2: STALKING E CYBERSTALKING
L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono
La Cassazione si adegua all’evoluzione dei mezzi di comunicazione: punite le “persecuzioni online”
Che cos’è il cyberstalking?
Per darne una definizione compiuta è bene partire dalla definizione di stalking.
L’art. 7 del d.l. 23 febbraio 2009 sulle Misure urgenti in materia di pubblica sicurezza e contrasto alla violenza sessuale ha introdotto l’art. 612 bis del Codice Penale, rubricato “Atti Persecutori”, che recita:
< La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale di deve procedere d’ufficio>>.
Da una prima lettura di questa norma si rileva come lo stalking richiami condotte che già di per sé costituiscono reato (minaccia, molestia, lesioni personali, omicidio), ma proprio con lo scopo di reprimere il particolare fine criminologico dello stalker, il legislatore ha voluto prevedere una norma e un sistema sanzionatorio ad hoc accompagnato da norme accessorie.
Il nuovo istituto costituisce, quindi, una sorta di affinamento della preesistente norma sulla violenza privata: delinea infatti in modo più specifico la condotta tipica del reato e richiede che tale condotta sia reiterata nel tempo e tale da «cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura» alla vittima.
La condotta reiterata deve creare un disagio psichico, un «timore» che può benissimo tramutarsi in uno stato patologico di ansia, tale da determinare un mutamento del vivere quotidiano. Infatti, tra i vari eventi che la condotta tipica può causare, vi è l’alterazione delle proprie abitudini di vita, la quale può essere vista come una particolare ipotesi di violenza privata.
L’ulteriore bene giuridico tutelato è l’incolumità individuale, quando le minacce o le molestie provochino il “perdurante e grave stato di ansia o di paura”, che comporta la lesione del bene salute.
Etimologicamente, infatti, il termine inglese stalking, suggerito dalla letteratura scientifica specializzata anglofona in tema di molestie assillanti, intende un insieme di comportamenti molesti e continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi del domicilio o degli ambienti comunemente frequentati dalla vittima, ulteriormente reiterati da intrusioni nella sua vita privata alla ricerca di un contatto personale per mezzo di pedinamenti, telefonate oscene od indesiderate.
Lo stalking è considerato reato in diversi paesi del mondo ed ovunque le norme anti-persecuzione sono volte a tutelare le vittime di tutti quegli atti persecutori che, per la loro caratteristica di ripetitività e perduranza nel tempo, provocano nelle persone colpite stati di ansia e paura per la propria incolumità o le costringono ad alterare significativamente le proprie abitudini di vita.
In Italia la Cassazione ha dichiarato punibile con l’accusa di stalking la persecuzione di un utente con messaggi continui attraverso il noto social network Facebook.
Secondo la Corte di Cassazione è punibile per stalking ex art. 612 bis C.P. anche chi perseguita con tag su foto e video oltre che con messaggi continui sul social network.
Già a partire dalla sentenza n. 32404 del 30 agosto 2010 la Cassazione aveva infatti statuito che “la persecuzione attraverso l’invio di video e messaggi tramite Facebook è idonea a configurare reato di stalking”.
Ultimamente la Cassazione, sez. V penale, 12 aprile 2012 n. 13878, Pres. Oldi, Rel. Zaza ufficializza la nascita del cyberstalking, ossia dello stalking esercitato attraverso social network, posta elettronica e messaggi in rete.
Da notare che la condotta di disturbo non è punibile solo penalmente ma è anche risarcibile sotto il profilo civilistico, ove si tramuti in una danno alla salute e alla persona.
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