Storie (in) Serie # 16
(Qui, l’introduzione di Massimo Maugeri)
Il nuovo appuntamento dello spazio di Letteratitudine incentrato sulle Serie Tv è dedicato alla omonima manifestazione “Storie (in) Serie” (in corso di svolgimento al Teatro Kismet di Bari). Come di consueto, l’articolo è curato da Carlotta Susca, da pochi giorni in libreria con il volume “Addicted. Serie tv e dipendenze” (LiberAria)
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Il racconto del potere. Presidenti, papi, investigatori, sognatori
Storie (in) Serie, oltre al nome di questa rubrica, è anche una manifestazione multimediale sulle serie TV giunta a Bari alla seconda edizione; quest’anno è ospitata dal Teatro Kismet, da sempre aperto alle sperimentazioni e alle contaminazioni di linguaggi.
Attraverso la proiezione di spezzoni di puntate e il commento degli ospiti, gli appuntamenti di Storie (in) Serie delineano dei percorsi tematici all’interno della smisurata offerta di narrazioni seriali; il primo appuntamento dell’edizione del 2017 ha visto come ospite (accanto a Michele Casella e alla sottoscritta, direttori artistici di questa edizione) Luca Pacilio, direttore della rivista di cinema on line Gli spietati e autore di Il videoclip nell’era di YouTube (Bietti 2014), un libro imprescindibile per chi si occupi di videoclip in Italia.
Esplorando la rappresentazione seriale del concetto di potere, è stato naturale partire dal potere politico come mostrato dall’interno della Casa Bianca in House of Cards, una serie TV di estrema attualità per la recente notizia della sua cancellazione dovuta al sex gate che ha coinvolto Kevin Spacey, protagonista nei panni di Frank Underwood, che nel corso delle prime stagioni attua ogni strategia per diventare presidente degli Stati Uniti e poi continua a lottare con mezzi perlopiù illeciti per mantenere quel potere.
«È un grande spreco di talento. Preferisce i soldi al potere. In questa città è un errore che commettono in molti. I soldi sono come ville di lusso che iniziano a cadere a pezzi dopo pochi anni; il potere è la solida costruzione in pietra che dura per secoli. Non riesco a rispettare chi non vede questa differenza» dice Frank Underwood nella seconda puntata (il “Capitolo 2”) di House of Cards, mettendo in chiaro quale sia la posta in gioco per lui. Già la sigla della serie (che ha anche una versione britannica ma che nasce dal romanzo omonimo di Michael Dobbs, ex capo di gabinetto di Margaret Thatcher) rappresenta perfettamente la solidità del potere che resiste allo scorrere del tempo: lo fa mostrando inquadrature di monumenti statunitensi in time lapse, in cui il brulichio della vita quotidiana e l’alternarsi di giorno e notte mostrano il tempo che scorre mentre i simboli del potere non ne sono intaccati. Se il rapporto di House of Cards con la realtà statunitense è filtrato da una narrazione ucronica (Frank Underwood risultava candidato alle presidenziali del 2016, ed esiste anche un sito della sua campagna elettorale), più penetrante è la satira messa in atto da South Park, che ha reso Mr Garrison un Presidente dalla faccia abbronzata e la capigliatura bionda: qui viene mostrato mentre riceve istruzioni militari e commenta con «Now I can do whatever the f*** I want, right?».
Una diversa rappresentazione del potere politico è quella messa in atto da Paolo Sorrentino in The Young Pope: le inquadrature sono centrate come quelle di House of Cards, a suggerire la stabilità del potere; il “papa giovane” impersonato da Jude Law sceglie però di costruire la propria immagine per negazione, puntando su una idea di cristianità oscurantista e sottraendosi al pubblico. Nella bellissima sigla della serie, Jude Law è inquadrato in modo da dare l’impressione che fluttui invece di camminare, una tecnica che Sorrentino avrebbe mutuato dai film di Spike Lee.
Dalla rappresentazione tematica del potere, durante Storie (in) Serie si è passati a un aspetto formale: il potere delle immagini nella terza stagione di Twin Peaks, che in particolare nell’ottava puntata proietta lo spettatore in un mondo in cui sono assenti la linearità e la logica narrativa. Le immagini dell’esplosione atomica del 16 luglio 1945 in New Mexico hanno una forza e un coraggio che difficilmente potrebbero prescindere dal genio di David Lynch, il sognatore di un mondo audiovisivo in cui è facile (e bello) perdersi.
Una diversa tipologia di potere esplorata nel primo appuntamento di Storie (in) Serie è quella legata alla parola e al suo valore curativo: in In Treatment, la serie TV che ha per protagonista David Byrne nella versione statunitense e Sergio Castellitto in quella italiana (qui un video promozionale in cui Castellitto interagisce con Frank Underwood), le inquadrature statiche sono a tutto vantaggio dei dialoghi, in cui l’analista passa dal lato del paziente ogni cinque puntate, dando modo di esplorare le due facce della psicoterapia. Non ha bisogno di parole per svelare una menzogna Cal Lightman, il protagonista di Lie to me impersonato da Tim Roth (qui l’incipit della serie), che, analizzando le “microespressioni” dei suoi interlocutori riesce a smascherare le loro menzogne. Con Mindhunter, una serie TV Netflix del 2017, il terzetto di protagonisti (due agenti dell’FBI e una accademica, qui il trailer) sono alle prese con la codifica dei comportamenti criminali grazie alle interviste ad assassini seriali che saranno loro a battezzare “serial killer” (dopo un primo tentativo con “sequence killer”). La storia di Minhunter trae spunto dalla figura di John E. Douglas, ex agente speciale dell’FBI, che ha contribuito alla profilazione dei criminali.
La carrellata sui poteri mentali e il primo appuntamento della seconda edizione di Storie (in) Serie si sono chiusi con uno sguardo al “palazzo mentale” di Sherlock Holmes come mostrato nella serie della BBC One Sherlock, di Mark Gatiss e Steven Moffat: un omaggio al più famoso investigatore di sempre la cui fama continua a diffondersi grazie agli adattamenti (anche quelli seriali).
Il secondo appuntamento di Storie (in) Serie si terrà a Bari al Teatro Kismet giovedì 23 novembre alle ore 21; sarà ospite della serata Ilaria Feole (Film TV) e si parlerà di EROINE: ancelle, bugiarde, segretarie, wrestler.
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Sigle e video citati (e linkati) nell’articolo
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